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Capitolo XII - GENESI MOSAICA
I sei giorni
1. CAPITOLO I – 1. Nel principio Dio creò i cieli e la terra. – 2. La
terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso, e
lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. – 3. Dio disse: "Sia luce!" E luce fu. – 4. Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. – 5. Dio chiamò la luce "giorno" e le tenebre "notte". Fu sera, poi fu mattina: primo giorno.
6. Poi Dio disse: "Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque". – 7. Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa. E così fu. – 8. Dio chiamò la distesa "cielo". Fu sera, poi fu mattina: secondo giorno.
9. Poi Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia l'asciutto". E così fu. – 10. Dio chiamò l'asciutto "terra" e chiamò la raccolta delle acque "mari". Dio vide che questo era buono. – 11. Poi Dio disse: "Produca la terra della vegetazione, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra". E così fu. – 12. La terra produsse della vegetazione, delle erbe che facevano seme secondo la loro specie e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie. Dio vide che questo era buono. – 13. Fu sera, poi fu mattina: terzo giorno.
14. Poi Dio disse: "Vi siano delle luci nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni; – 15. facciano luce nella distesa dei cieli per illuminare la terra". E così fu. – 16 Dio fece le due grandi luci: la luce maggiore per presiedere al giorno e la luce minore per presiedere alla notte; e fece pure le stelle. – 17. Dio le mise nella distesa dei cieli per illuminare la terra, – 18. per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. Dio vide che questo era buono. – 19. Fu sera, poi fu mattina: quarto giorno.
20. Poi Dio disse: "Producano le acque in abbondanza esseri viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo". –21. Dio creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, e che le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie, e ogni volatile secondo la sua specie. Dio vide che questo era buono. – 22. Dio li benedisse dicendo: "Crescete, moltiplicatevi e riempite le acque dei mari, e si moltiplichino gli uccelli sulla Terra". – 23. Fu sera, poi fu mattina: quinto giorno.
24. Poi Dio disse: "Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la loro specie". E così fu. – 25. Dio fece gli animali selvatici della terra secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie e tutti i rettili della terra secondo le loro specie. Dio vide che questo era buono.
26. Poi Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". – 27. Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. – 28. Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra". – 29. Dio disse: "Ecco io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero, che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. – 30. A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento". E così fu. – 31. Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Fu sera, poi fu mattina: sesto giorno.
CAPITUOLO II – 1. Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l'esercito loro. – 2. Il settimo giorno, Dio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. – 3. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta.
4. Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati. Nel giorno che Dio il Signore fece la terra e i cieli, – 5. non c'era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo; – 6. ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo. – 7. Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente.
6. Poi Dio disse: "Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque". – 7. Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa. E così fu. – 8. Dio chiamò la distesa "cielo". Fu sera, poi fu mattina: secondo giorno.
9. Poi Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia l'asciutto". E così fu. – 10. Dio chiamò l'asciutto "terra" e chiamò la raccolta delle acque "mari". Dio vide che questo era buono. – 11. Poi Dio disse: "Produca la terra della vegetazione, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra". E così fu. – 12. La terra produsse della vegetazione, delle erbe che facevano seme secondo la loro specie e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie. Dio vide che questo era buono. – 13. Fu sera, poi fu mattina: terzo giorno.
14. Poi Dio disse: "Vi siano delle luci nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni; – 15. facciano luce nella distesa dei cieli per illuminare la terra". E così fu. – 16 Dio fece le due grandi luci: la luce maggiore per presiedere al giorno e la luce minore per presiedere alla notte; e fece pure le stelle. – 17. Dio le mise nella distesa dei cieli per illuminare la terra, – 18. per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. Dio vide che questo era buono. – 19. Fu sera, poi fu mattina: quarto giorno.
20. Poi Dio disse: "Producano le acque in abbondanza esseri viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo". –21. Dio creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, e che le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie, e ogni volatile secondo la sua specie. Dio vide che questo era buono. – 22. Dio li benedisse dicendo: "Crescete, moltiplicatevi e riempite le acque dei mari, e si moltiplichino gli uccelli sulla Terra". – 23. Fu sera, poi fu mattina: quinto giorno.
24. Poi Dio disse: "Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la loro specie". E così fu. – 25. Dio fece gli animali selvatici della terra secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie e tutti i rettili della terra secondo le loro specie. Dio vide che questo era buono.
26. Poi Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". – 27. Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. – 28. Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra". – 29. Dio disse: "Ecco io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero, che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. – 30. A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento". E così fu. – 31. Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Fu sera, poi fu mattina: sesto giorno.
CAPITUOLO II – 1. Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l'esercito loro. – 2. Il settimo giorno, Dio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. – 3. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta.
4. Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati. Nel giorno che Dio il Signore fece la terra e i cieli, – 5. non c'era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo; – 6. ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo. – 7. Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente.
2. Dopo le spiegazioni
contenute nei capitoli precedenti sull'origine e sulla costituzione
dell'universo, secondo i dati forniti dalla scienza per la parte
materiale e secondo lo Spiritismo per la parte spirituale, non si poteva
non mettere a confronto con tutto questo il testo stesso della Genesi
di Mosè, affinché ognuno potesse stabilire un paragone e giudicare con
conoscenza di causa. Saranno sufficienti alcune spiegazioni
complementari per far comprendere le parti che hanno bisogno di speciali
chiarimenti.
3. Su alcuni punti c'è senza
dubbio una notevole concordanza tra la Genesi di Mosè e la dottrina
scientifica. Ma sarebbe un errore credere che basti sostituire i sei
giorni di ventiquattro ore della creazione con sei periodi
indeterminati, per trovare un'analogia completa. Ed errore non meno
grande sarebbe il credere che, salvo il senso allegorico di alcuni
termini, la Genesi e la scienza marcino affiancate e che siano soltanto
la parafrasi l'una dell'altra.
4. Osserviamo prima di
tutto, come è già stato detto (cap. VII, n. 14), che il numero di sei
periodi geologici è arbitrario, poiché si contano più di venticinque
formazioni ben caratterizzate. Questo numero indica soltanto le grandi
fasi generali. Esso è stato adottato in principio solo per adattare le
cose il più possibile al testo biblico, in un'epoca, poco lontana del
resto, in cui si credeva di dover controllare la scienza attraverso la
Bibbia. È per questo che gli autori della maggior parte delle teorie
cosmogoniche, col proposito di farsi più facilmente accettare, si sono
sforzati di porsi in accordo col testo sacro. Quando la scienza si è
basata sul metodo sperimentale, allora si è sentita più forte e si è
emancipata. Al giorno d'oggi è la Bibbia che viene controllata
attraverso la scienza.
D'altra parte, la geologia, prendendo come punto di partenza soltanto la formazione dei terreni granitici, non tiene conto, nel numero dei periodi della Terra, dello stato primitivo di questa. Essa non si occupa neppure del Sole, della Luna e delle stelle, né dell'insieme dell'universo, che appartengono all'astronomia. Per rientrare nel quadro della Genesi, è necessario perciò aggiungere un primo periodo che abbraccia quest'ordine di fenomeni e che potrebbe chiamarsi periodo astronomico.
Inoltre il periodo diluviale non da tutti i geologi è considerato come costituente un periodo distinto, ma come un fatto transitorio e passeggero, che non ha cambiato in modo apprezzabile lo stato climatico del globo, né ha segnato una nuova fase nelle specie vegetali e animali, poiché, a parte poche eccezioni, le medesime specie si ritrovano prima e dopo il diluvio. Di tale periodo diluviale si può dunque non tener conto, senza che per questo ci si allontani troppo dalla verità.
D'altra parte, la geologia, prendendo come punto di partenza soltanto la formazione dei terreni granitici, non tiene conto, nel numero dei periodi della Terra, dello stato primitivo di questa. Essa non si occupa neppure del Sole, della Luna e delle stelle, né dell'insieme dell'universo, che appartengono all'astronomia. Per rientrare nel quadro della Genesi, è necessario perciò aggiungere un primo periodo che abbraccia quest'ordine di fenomeni e che potrebbe chiamarsi periodo astronomico.
Inoltre il periodo diluviale non da tutti i geologi è considerato come costituente un periodo distinto, ma come un fatto transitorio e passeggero, che non ha cambiato in modo apprezzabile lo stato climatico del globo, né ha segnato una nuova fase nelle specie vegetali e animali, poiché, a parte poche eccezioni, le medesime specie si ritrovano prima e dopo il diluvio. Di tale periodo diluviale si può dunque non tener conto, senza che per questo ci si allontani troppo dalla verità.
5. La
tabella comparativa, qui di seguito riportata, nella quale sono
riassunti i fenomeni che caratterizzano ciascuno dei sei periodi,
permette di abbracciare l'insieme e di giudicare i rapporti e le
differenze che esistono tra questi e la Genesi biblica.
SCIENZA | GENESI |
I. PERIODO ASTRONOMICO — Agglomerazione della materia cosmica
universale su un punto dello spazio, in una nebulosa che ha dato
origine, attraverso la condensazione della materia su diversi punti,
alle stelle, al Sole, alla Terra, alla Luna e a tutti i pianeti. Stato primitivo fluidico e incandescente della Terra. — Immensa atmosfera carica di tutta l'acqua allo stato di vapore, e di tutte le materie volatilizzabili. | 1º GIORNO — Il Cielo e la Terra. — La luce. |
II. PERIODO PRIMÁRIO. — Indurimento della superficie della Terra, a
causa del raffreddamento; formazione degli strati granitici. —
Atmosfera densa e ardente, impenetrabile ai raggi del Sole. —
Precipitazione graduale dell'acqua e delle materie solide
volatilizzatesi nell'aria. — Assenza completa di vita organica. |
2º GIORNO — Il Firmamento. — Separazione dele acque che stanno al
di sopra del Firmamento da quelle che stanno al di sotto. |
III. PERIODO DE TRANSIZIONE. — Le acque coprono tutta la superficie
del globo. — Primi depositi di sedimento formati dalle acque. — Calore
umido. — Il Sole incomincia a perforare l'atmosfera brumosa. — Primi
esseri organizzati della più rudimentale costituzione. — Licheni,
muschi, felci, licopodi, piante erbacee. Vegetazione colossale. —Primi
animali marini: zoofiti, polipi, crostacei. —Depositi carboniferi. |
3º GIORNO. — Le acque che stanno sotto il Firmamento si riuniscono:
appare l’elemento arido. — La terra e i mari. — Le piante. |
IV. PERIODO SECUNDARIO. — Superficie della Terra poco accidentata;
acque poco profonde e paludose. Temperatura meno ardente; atmosfera
più depurata. Considerevoli depositi di calcare attraverso le acque. —
Vegetazioni meno colossali; nuove specie; piante legnose; primi
alberi. — Pesci; cetacei; animali con guscio; grandi rettili acquatici e
anfibi. | 4º GIORNO. — Il Sole, la Luna e le stelle. |
V. PERIODO TERZIARIO. — Grandi sollevamenti della crosta solida;
formazione dei continenti. Ritirata delle acque verso i luoghi bassi;
formazione dei mari. — Atmosfera depurata; temperatura attuale grazie al
calore solare. — Animali terrestri giganteschi. Vegetazioni e animali
attuali. Uccelli. DILUVIO UNIVERSALE | 5º GIORNO. — I pesci e gli uccelli. |
VI. PERIODO QUATERNARIO OU POSTDILUVIANO. — Terreni alluvionali. — Vegetali e anima li attuali. — L’uomo. | 6º GIORNO. — Gli animali terrestri. — L’uomo. |
6. Il primo fatto che
emerge, dalla tabella comparativa qui sopra, è che l'opera di ciascuno
dei sei giorni non corrisponde in maniera rigorosa, come molti credono, a
ciascuno dei sei periodi geologici. La concordanza più notevole è
quella della successione degli esseri organici, che è più o meno la
stessa, e quella dell'apparizione, da ultimo, dell'uomo. Orbene, questo è
un fatto importante.
Ugualmente c'è una coincidenza, non con l'ordine numerico dei periodi, ma per il fatto in sé, nel passo in cui si dice che il terzo giorno, "le acque che stanno sotto il firmamento si riunirono in un sol luogo e apparve l'elemento arido". Questa è l'espressione di ciò che ebbe luogo nel periodo terziario, quando i sollevamenti della crosta solida misero allo scoperto i continenti e respinsero le acque che avrebbero formato i mari. È soltanto allora che apparvero gli animali terrestri, secondo la geologia e secondo Mosè.
Ugualmente c'è una coincidenza, non con l'ordine numerico dei periodi, ma per il fatto in sé, nel passo in cui si dice che il terzo giorno, "le acque che stanno sotto il firmamento si riunirono in un sol luogo e apparve l'elemento arido". Questa è l'espressione di ciò che ebbe luogo nel periodo terziario, quando i sollevamenti della crosta solida misero allo scoperto i continenti e respinsero le acque che avrebbero formato i mari. È soltanto allora che apparvero gli animali terrestri, secondo la geologia e secondo Mosè.
7. Quando Mosè dice che la
creazione fu fatta in sei giorni, avrà voluto parlare di giorni di
ventiquattr'ore o avrà usato questo termine nel senso di periodo, di
durata? La prima ipotesi è la più probabile, se ci si riferisce al testo
stesso; prima di tutto perché tale è il senso proprio della parola
ebraica k3m, che si traduce con giorno; poi,
il riferimento alla sera e al mattino, come limitazione di ciascuno dei
sei giorni, permette di supporre tranquillamente ch'egli abbia voluto
alludere a giorni ordinari. Né si può nutrire alcun dubbio a questo
proposito, quando, al versetto 5, egli dice: "Alla luce diede il nome di
giorno e alle tenebre il nome di notte; e della sera e del mattino si
fece il primo giorno". Questo concetto non può evidentemente applicarsi
che al giorno di ventiquattr'ore, divise tra la luce e le tenebre. Il
senso è ancora più preciso quando dice, al versetto 17, parlando del
Sole, della Luna e delle stelle: "Egli li collocò nel firmamento del
cielo perché risplendessero sulla Terra, perché presiedessero al giorno e
alla notte e separassero la luce dalle tenebre. E della sera e del
mattino si fece il quarto giorno".
D'altronde tutto, nella creazione, era miracoloso. E dal momento che si entra nella strada dei miracoli, si può perfettamente credere che la Terra sia stata fatta in sei volte ventiquattr'ore, soprattutto quando si ignorano le prime leggi naturali. Questa credenza è stata pienamente condivisa da tutti i popoli civilizzati fino al momento in cui la geologia, documenti alla mano, è venuta a dimostrarne l'impossibilità.
D'altronde tutto, nella creazione, era miracoloso. E dal momento che si entra nella strada dei miracoli, si può perfettamente credere che la Terra sia stata fatta in sei volte ventiquattr'ore, soprattutto quando si ignorano le prime leggi naturali. Questa credenza è stata pienamente condivisa da tutti i popoli civilizzati fino al momento in cui la geologia, documenti alla mano, è venuta a dimostrarne l'impossibilità.
8. Uno dei punti che sono
stati massimamente criticati nella Genesi è la creazione del sole dopo
la luce. Si è cercato di spiegare ciò, secondo i dati stessi forniti
dalla geologia, affermando che nei primi tempi della sua formazione,
l'atmosfera terrestre, essendo carica di vapori densi e opachi, non
permetteva di vedere il sole, che, di conseguenza, per la Terra non
esisteva. Questa ragione sarebbe potuta apparire ammissibile se, a
quell'epoca, ci fossero stati degli abitanti, che avessero potuto così
verificare la presenza o l'assenza del sole. Ora, secondo lo stesso
Mosè, non vi erano che piante, le quali, tuttavia, non sarebbero potute
crescere e moltiplicarsi senza l'azione del calore solare.
C'è dunque evidentemente un anacronismo nell'ordine che Mosè assegna alla creazione del sole. Ma, involontariamente o no, egli non ha commesso errori dicendo che la luce aveva preceduto il sole.
Il sole non è affatto il principio della luce universale, ma una concentrazione dell'elemento luminoso su un punto, altrimenti detto fluido che, in determinate circostanze, acquisisce le proprietà luminose. Questo fluido, che è la causa, doveva necessariamente precedere il sole, che è solo un effetto. Il sole è pertanto causa relativamente alla luce che irradia, ma è effetto in rapporto a quella che ha ricevuto.
In una camera buia, una candela accesa è un piccolo sole. Che cosa si è fatto per accendere la candela? Si è sviluppata la proprietà illuminante del fluido luminoso e si è concentrato questo fluido su un punto; la candela è la causa della luce diffusa nella camera, ma se il principio luminoso non fosse esistito prima della candela, questa non si sarebbe potuta accendere.
Lo stesso avviene con il sole. L'errore proviene dalla falsa idea, che è stata per lungo tempo alimentata, secondo cui tutto l'intero universo sia cominciato con la Terra e non si suppone che il sole possa essere stato creato dopo la luce. Oggi si sa che, prima del nostro Sole e della nostra Terra, sono esistiti milioni di soli e milioni di terre, i quali, di conseguenza, hanno goduto della luce. L'asserzione di Mosè è dunque perfettamente esatta in linea di massima; ma è falsa in quanto egli fa credere che la Terra sia stata creata prima del Sole. Essendo la Terra assoggettata al Sole nel suo movimento di traslazione, necessariamente dovette esser stata formata dopo quest'ultimo. È questo che Mosè non poteva sapere, dal momento che ignorava la legge di gravitazione.
Il medesimo pensiero si trova nella Genesi degli antichi Persiani. Nel primo capitolo del Vendedad, Ormuzd, raccontando l'origine del mondo, dice: "Io ho creato la luce che avrebbe illuminato il Sole, la Luna e le stelle" (Dizionario universale di mitologia). Qui la forma è certamente più chiara e più scientifica che in Mosè e non ha bisogno di commento.
C'è dunque evidentemente un anacronismo nell'ordine che Mosè assegna alla creazione del sole. Ma, involontariamente o no, egli non ha commesso errori dicendo che la luce aveva preceduto il sole.
Il sole non è affatto il principio della luce universale, ma una concentrazione dell'elemento luminoso su un punto, altrimenti detto fluido che, in determinate circostanze, acquisisce le proprietà luminose. Questo fluido, che è la causa, doveva necessariamente precedere il sole, che è solo un effetto. Il sole è pertanto causa relativamente alla luce che irradia, ma è effetto in rapporto a quella che ha ricevuto.
In una camera buia, una candela accesa è un piccolo sole. Che cosa si è fatto per accendere la candela? Si è sviluppata la proprietà illuminante del fluido luminoso e si è concentrato questo fluido su un punto; la candela è la causa della luce diffusa nella camera, ma se il principio luminoso non fosse esistito prima della candela, questa non si sarebbe potuta accendere.
Lo stesso avviene con il sole. L'errore proviene dalla falsa idea, che è stata per lungo tempo alimentata, secondo cui tutto l'intero universo sia cominciato con la Terra e non si suppone che il sole possa essere stato creato dopo la luce. Oggi si sa che, prima del nostro Sole e della nostra Terra, sono esistiti milioni di soli e milioni di terre, i quali, di conseguenza, hanno goduto della luce. L'asserzione di Mosè è dunque perfettamente esatta in linea di massima; ma è falsa in quanto egli fa credere che la Terra sia stata creata prima del Sole. Essendo la Terra assoggettata al Sole nel suo movimento di traslazione, necessariamente dovette esser stata formata dopo quest'ultimo. È questo che Mosè non poteva sapere, dal momento che ignorava la legge di gravitazione.
Il medesimo pensiero si trova nella Genesi degli antichi Persiani. Nel primo capitolo del Vendedad, Ormuzd, raccontando l'origine del mondo, dice: "Io ho creato la luce che avrebbe illuminato il Sole, la Luna e le stelle" (Dizionario universale di mitologia). Qui la forma è certamente più chiara e più scientifica che in Mosè e non ha bisogno di commento.
9. Mosè condivideva
evidentemente le credenze più primitive sulla cosmogonia. Come gli
uomini del suo tempo, egli credeva alla solidità della volta celeste e a
serbatoi per le acque, situati nella parte al di sopra della volta.
Questo pensiero è espresso senza allegorie né ambiguità in questo passo
(versetto 6 e seguenti): "Dio disse: Che il firmamento sia fatto in
mezzo alle acque, e che separi le acque dalle acque. Dio fece il
firmamento e separò le acque che erano al di sotto del firmamento da
quelle che erano al di sopra del firmamento" (vedere cap. V, "Antichi e
moderni sistemi del mondo", nn. 3-5).
Un'antica credenza faceva considerare l'acqua come il principio, come l'elemento generatore primitivo; per questo Mosè non parla della creazione delle acque, che sembra fossero già esistite. "Le tenebre coprivano l'abisso", cioè le profondità dello spazio, che la mente immaginava vagamente occupato dalle acque e immerso nelle tenebre, prima della creazione della luce. Ecco perché Mosè disse: "Lo Spirito di Dio era portato (o planava) sulle acque". Poiché si riteneva che la Terra si fosse formata in mezzo alle acque, occorreva isolarla. Si suppose, dunque, che Dio avesse fatto il firmamento, costituito da una volta solida, per separare le acque che stavano in alto da quelle che erano sulla Terra.
Per comprendere certe parti della Genesi, bisogna necessariamente porsi dal punto di vista delle idee cosmogoniche del tempo, di cui essa è il riflesso.
Un'antica credenza faceva considerare l'acqua come il principio, come l'elemento generatore primitivo; per questo Mosè non parla della creazione delle acque, che sembra fossero già esistite. "Le tenebre coprivano l'abisso", cioè le profondità dello spazio, che la mente immaginava vagamente occupato dalle acque e immerso nelle tenebre, prima della creazione della luce. Ecco perché Mosè disse: "Lo Spirito di Dio era portato (o planava) sulle acque". Poiché si riteneva che la Terra si fosse formata in mezzo alle acque, occorreva isolarla. Si suppose, dunque, che Dio avesse fatto il firmamento, costituito da una volta solida, per separare le acque che stavano in alto da quelle che erano sulla Terra.
Per comprendere certe parti della Genesi, bisogna necessariamente porsi dal punto di vista delle idee cosmogoniche del tempo, di cui essa è il riflesso.
10.
Dopo i progressi della fisica e dell'astronomia, una simile dottrina è
insostenibile. [50] Tuttavia Mosè attribuisce queste parole a Dio
stesso. Ora, poiché esse esprimono un fatto notoriamente falso, delle
due cose l'una: o Dio si è ingannato nel racconto ch'Egli fa della Sua
opera, o questo racconto non è affatto una rivelazione divina. Non
essendo la prima supposizione ammissibile, bisogna concludere che Mosè
ha espresso semplicemente le sue proprie idee (cap. I, n. 3).
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[50] Per quanto grossolano sia l'errore di una tale credenza, con essa ancora ai nostri giorni si cullano i fanciulli, come se si trattasse di una sacra verità. È soltanto tremando che gli educatori osano azzardare una timida interpretazione. Come pretendere che ciò non ne faccia più tardi degli increduli?
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11.
Mosè è più nel vero, quando dice che Dio ha formato l'uomo con il fango
della terra. [51] La scienza ci dimostra infatti (cap. X) che il corpo dell'uomo è composto di elementi tratti dalla materia inorganica, vale a dire dal limo della terra.
La donna formata con una costola di Adamo è un'allegoria, apparentemente puerile se presa alla lettera, ma profonda quanto al senso. Tale allegoria ha lo scopo di dimostrare che la donna è della medesima natura dell'uomo, di conseguenza sua eguale davanti a Dio e non una creatura a parte, fatta per essere asservita e trattata come una schiava. Essendo ella uscita dalla carne stessa dell'uomo, l'immagine dell'uguaglianza è molto più pregnante di quanto potrebbe essere se la donna fosse stata formata separatamente sia pure col medesimo limo. Ciò equivale a dire all'uomo che ella è sua eguale e non la sua schiava, e che deve amarla come una parte di sé stesso.
La donna formata con una costola di Adamo è un'allegoria, apparentemente puerile se presa alla lettera, ma profonda quanto al senso. Tale allegoria ha lo scopo di dimostrare che la donna è della medesima natura dell'uomo, di conseguenza sua eguale davanti a Dio e non una creatura a parte, fatta per essere asservita e trattata come una schiava. Essendo ella uscita dalla carne stessa dell'uomo, l'immagine dell'uguaglianza è molto più pregnante di quanto potrebbe essere se la donna fosse stata formata separatamente sia pure col medesimo limo. Ciò equivale a dire all'uomo che ella è sua eguale e non la sua schiava, e che deve amarla come una parte di sé stesso.
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[51] Il termine ebraico haadam, uomo, da cui si è fatto derivare Adamo, e il termine haadama, terra, hanno la stessa radice.
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12. Per degli Spiriti
incolti, senza alcuna idea delle leggi generali, incapaci di abbracciare
l'insieme e di concepire l'infinito, questa creazione miracolosa e
istantanea aveva qualcosa di fantastico che colpiva l'immaginazione. Il
quadro dell'universo tratto dal nulla in pochi giorni, attraverso un
solo atto della volontà creatrice, era per loro il segno più evidente
della potenza di Dio. Quale raffigurazione di tale potenza, infatti,
avrebbe potuto essere più sublime e più poetica di queste parole: "Dio
disse: Che la luce sia, e la luce fu!"? Dio che crea l'universo secondo
l'attuazione lenta e graduale delle leggi della natura, sarebbe sembrato
loro meno grande e meno potente. C'era bisogno per quegli Spiriti di
qualcosa di meraviglioso, che si allontanasse dalle vie ordinarie,
altrimenti essi avrebbero potuto dire che Dio non era affatto più abile
degli uomini. Una teoria scientifica e ragionata della creazione li
avrebbe lasciati freddi e indifferenti.
Non rigettiamo, dunque, le Genesi biblica. Al contrario, studiamola, così come si studia la storia dell'infanzia dei popoli. È un'epoca ricca di allegorie di cui bisogna ricercare il significato nascosto; che bisogna commentare e spiegare con l'aiuto dei lumi della ragione e della scienza. Facendone risaltare la bellezza poetica e gli insegnamenti celati sotto la forma fantasiosa, bisogna nel contempo dimostrarne fermamente gli errori, nell'interesse stesso della religione. Sarà questa maggiormente rispettata quando tali errori cesseranno di essere imposti alla fede come delle verità; e Dio non potrà che apparirne più grande e più postente allorché il suo nome non sarà più mescolato a fatti controversi.
Non rigettiamo, dunque, le Genesi biblica. Al contrario, studiamola, così come si studia la storia dell'infanzia dei popoli. È un'epoca ricca di allegorie di cui bisogna ricercare il significato nascosto; che bisogna commentare e spiegare con l'aiuto dei lumi della ragione e della scienza. Facendone risaltare la bellezza poetica e gli insegnamenti celati sotto la forma fantasiosa, bisogna nel contempo dimostrarne fermamente gli errori, nell'interesse stesso della religione. Sarà questa maggiormente rispettata quando tali errori cesseranno di essere imposti alla fede come delle verità; e Dio non potrà che apparirne più grande e più postente allorché il suo nome non sarà più mescolato a fatti controversi.
Il paradiso perduto
13. CAPITOLO II. – 9. Dio il
Signore fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi
e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al
giardino [53] e l'albero della conoscenza del bene e del male. [Fece uscire, Jéhovah Eloim, dalla terra (min haadama) ogni albero bello a vedersi e buono a mangiarsi, e l'albero di vita (vehetz hachayim)al centro del giardino, e l'albero dellà scienza del bene e del male.]
15. Dio il Signore prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. – 16. Dio il Signore ordinò all'uomo: "Mangia pure da ogni albero del giardino, [Ordinò, Jéhovah Eloim, all'uomo (hal haadam), dicendo: Da ogni albero del giardino (hagan) tu puoi mangiare] – 17. ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai" [e dell'albero della Scienza del bene e del male (oumehetz hadaat tob vara) tu non ne mangerai, perché il giorno in cui ne mangerai, tu morrai].
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[52] Accanto ad alcuni versetti si è posta la traduzione letterale del testo ebraico, che esprime più fedelmente il pensiero primitivo. E il senso allegorico ne risalta così più chiaramente.
[53] II giardino è il paradiso, nome derivato dal latino paradisus, derivato a sua volta dal greco paradeisos, giardino, orto, luogo piantato ad alberi. Il corrispondente termine ebraico usato nella Genesi è hagan.
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15. Dio il Signore prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. – 16. Dio il Signore ordinò all'uomo: "Mangia pure da ogni albero del giardino, [Ordinò, Jéhovah Eloim, all'uomo (hal haadam), dicendo: Da ogni albero del giardino (hagan) tu puoi mangiare] – 17. ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai" [e dell'albero della Scienza del bene e del male (oumehetz hadaat tob vara) tu non ne mangerai, perché il giorno in cui ne mangerai, tu morrai].
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[52] Accanto ad alcuni versetti si è posta la traduzione letterale del testo ebraico, che esprime più fedelmente il pensiero primitivo. E il senso allegorico ne risalta così più chiaramente.
[53] II giardino è il paradiso, nome derivato dal latino paradisus, derivato a sua volta dal greco paradeisos, giardino, orto, luogo piantato ad alberi. Il corrispondente termine ebraico usato nella Genesi è hagan.
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14. CAPITOLO III. – 1. Il
serpente era il più astuto di tutti gli animali dei campi che Dio il
Signore aveva fatti. Esso disse alla donna: "Come! Dio vi ha detto di
non mangiare da nessun albero del giardino?" [E il serpente (nâhâsch) era più astuto di tutti gli animali terrestri che Jéhovah Eloim aveva fatto; esso disse alla donna (el haischa): È questo che ha detto Eloim: Voi non mangerete da alcun albero del giardino?] – 2. La donna rispose al serpente: "Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; [Ella, la donna, disse al serpente: Il frutto (miperi) degli alberi del giardino noi possiamo mangiare.] – 3. ma del frutto dell'albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: 'Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete'". – 4. Il serpente disse alla donna: "No, non morirete affatto; – 5. ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenzadel bene e del male".
6. La donna osservò che l'albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l'albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò. [Ella, la donna, vide che esso, l'albero, era buono come nutrimento e che l'albero era incomparabile per comprendere (leaskil), ed ella prese del suo frutto ecc.]
8.Poi udirono la voce di Dio il Signore, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il Signore fra gli alberi del giardino.
9. Dio il Signore chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?" – 10. Egli rispose: "Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto". – 11. Dio disse: "Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto dell'albero, che ti avevo comandato di non mangiare?" – 12. L'uomo rispose: "La donna che tu mi hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell'albero, e io ne ho mangiato." – 13. Dio il Signore disse alla donna: "Perché hai fatto questo?" La donna rispose: "Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato".
14. Allora Dio il Signore disse al serpente: "Poiché hai fatto questo, sarai il maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le bestie selvatiche! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. – 15. Io porrò inimicizia fra te e là donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno".
16. Alla donna disse: "Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te". – 17. Ad Adamo disse: "Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. – 18. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; – 19. mangerai il pane con il sudore del tuo volto,finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai".
20. L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché è stata la madre di tutti i viventi.
21. Dio il Signore fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì. – 22. Poi Dio il Signore disse: "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre". [Disse Jéhovah Eloim: Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi per la conoscenza del bene e del male; e ora può tendere la mano e prendere dall'albero della vita (veata pen ischlach yado velakach mehetz hachayim); egli ne mangerà e vivrà eternamente.]
23. Perciò Dio il Signore mandò via l'uomo dal giardino d'Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. – 24. Così egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d’Eden i cherubini [54] che vibravano da ogni parte uma spada fiammeggiante per custodire la via dell'albero della vita.
6. La donna osservò che l'albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l'albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò. [Ella, la donna, vide che esso, l'albero, era buono come nutrimento e che l'albero era incomparabile per comprendere (leaskil), ed ella prese del suo frutto ecc.]
8.Poi udirono la voce di Dio il Signore, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il Signore fra gli alberi del giardino.
9. Dio il Signore chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?" – 10. Egli rispose: "Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto". – 11. Dio disse: "Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto dell'albero, che ti avevo comandato di non mangiare?" – 12. L'uomo rispose: "La donna che tu mi hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell'albero, e io ne ho mangiato." – 13. Dio il Signore disse alla donna: "Perché hai fatto questo?" La donna rispose: "Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato".
14. Allora Dio il Signore disse al serpente: "Poiché hai fatto questo, sarai il maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le bestie selvatiche! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. – 15. Io porrò inimicizia fra te e là donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno".
16. Alla donna disse: "Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te". – 17. Ad Adamo disse: "Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. – 18. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; – 19. mangerai il pane con il sudore del tuo volto,finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai".
20. L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché è stata la madre di tutti i viventi.
21. Dio il Signore fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì. – 22. Poi Dio il Signore disse: "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre". [Disse Jéhovah Eloim: Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi per la conoscenza del bene e del male; e ora può tendere la mano e prendere dall'albero della vita (veata pen ischlach yado velakach mehetz hachayim); egli ne mangerà e vivrà eternamente.]
23. Perciò Dio il Signore mandò via l'uomo dal giardino d'Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. – 24. Così egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d’Eden i cherubini [54] che vibravano da ogni parte uma spada fiammeggiante per custodire la via dell'albero della vita.
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[54] Dall'ebraico cherub, keroub, bue, charab, lavorare: angeli del secondo coro della prima gerarchia, che erano rappresentati con quattro ali, quattro facce e con zampe di bue.
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15. Sotto un'immagine
puerile e talvolta ridicola, se ci si limita alla forma, l'allegoria
nasconde spesso le più grandi verità. È forse questa, a prima vista, una
favola più assurda di quella di Saturno, un dio che divora pietre,
ch'egli scambia per suoi figli? Ma, contemporaneamente, che cosa di più
profondamente filosofico e vero di questa figura, se ne cerchiamo il
senso morale? Saturno è la personificazione del tempo. Essendo tutte le
cose opera del tempo, egli è il padre di tutto ciò che esiste, nondimeno
tutto si distrugge con il tempo. Saturno che divora pietre è l'emblema
della distruzione, attraverso il tempo, dei corpi più duri, che sono
suoi figli, poiché essi si sono formati con il tempo. E chi sfugge a
tale distruzione secondo questa stessa allegoria? Giove, l'emblema
dell'intelligenza superiore, del principio spirituale che è
indistruttibile. Quella immagine del tempo è anzi così naturale che, nel
linguaggio attuale, senza allusione alcuna alla Favola antica, di una
cosa che si è deteriorata a lungo andare si dice che è stata divorata
dal tempo, erosa e devastata dal tempo.
Tutta la mitologia pagana non è, in realtà, che un vasto quadro allegorico dei diversi aspetti buoni e cattivi dell'umanità. Per chi ne cerca lo spirito, è un corso completo della più alta filosofia, come accade con le nostre favole moderne. L'assurdo stava nel prendere la forma per la sostanza.
Tutta la mitologia pagana non è, in realtà, che un vasto quadro allegorico dei diversi aspetti buoni e cattivi dell'umanità. Per chi ne cerca lo spirito, è un corso completo della più alta filosofia, come accade con le nostre favole moderne. L'assurdo stava nel prendere la forma per la sostanza.
16. Altrettanto
avviene con la Genesi, dove bisogna vedere grandi verità morali sotto
delle figure materiali, che, se prese alla lettera, sarebbero tanto
assurde quanto se, nelle nostre favole, si prendessero alla lettera le
scene e i dialoghi attribuiti agli animali.
Adamo è la personificazione dell'umanità. La sua colpa individualizza la fragilità dell'uomo, nel quale predominano gli istinti materiali a cui egli non sa resistere. [55]
L'albero, come albero di vita, è l'emblema della vita spirituale; come albero della scienza è l'emblema della coscienza del bene e del male che l'uomo acquisisce, attraverso lo sviluppo della sua intelligenza e quello del libero arbitrio, in virtù del quale egli sceglie tra l'uno e l'altro. Esso indica il punto in cui l'anima dell'uomo, cessando di essere guidata dai soli istinti, prende possesso della sua libertà e s'imbatte nella responsabilità dei suoi atti.
Il frutto dell'albero è l'emblema dell'oggetto dei desideri materiali dell'uomo; è l'allegoria della cupidigia e della concupiscenza; esso riassume in un'unica figura i motivi che trascinano al male. Mangiarne vuol dire soccombere alla tentazione. L'albero si erge in mezzo al giardino di delizie, per dimostrare che la seduzione si trova in seno ai piaceri stessi e per ricordare che, se l'uomo privilegia maggiormente le gioie materiali, si lega alla Terra e si allontana dal suo destino spirituale. [56]
La morte di cui l'uomo è minacciato, nel caso egli infranga la proibizione che gli è stata rivolta, è un avvertimento circa le inevitabili conseguenze fisiche e morali, che la violazione delle leggi divine comporta, leggi che Dio ha scolpito nella sua coscienza. È ben evidente che qui non si tratta della morte corporale, poiché dopo la sua colpa Adamo visse ancora assai a lungo, bensì della morte spirituale, ovverossia della perdita dei beni che risultano dall'avanzamento morale, perdita di cui la sua espulsione dal giardino di delizie è l'immagine.
Adamo è la personificazione dell'umanità. La sua colpa individualizza la fragilità dell'uomo, nel quale predominano gli istinti materiali a cui egli non sa resistere. [55]
L'albero, come albero di vita, è l'emblema della vita spirituale; come albero della scienza è l'emblema della coscienza del bene e del male che l'uomo acquisisce, attraverso lo sviluppo della sua intelligenza e quello del libero arbitrio, in virtù del quale egli sceglie tra l'uno e l'altro. Esso indica il punto in cui l'anima dell'uomo, cessando di essere guidata dai soli istinti, prende possesso della sua libertà e s'imbatte nella responsabilità dei suoi atti.
Il frutto dell'albero è l'emblema dell'oggetto dei desideri materiali dell'uomo; è l'allegoria della cupidigia e della concupiscenza; esso riassume in un'unica figura i motivi che trascinano al male. Mangiarne vuol dire soccombere alla tentazione. L'albero si erge in mezzo al giardino di delizie, per dimostrare che la seduzione si trova in seno ai piaceri stessi e per ricordare che, se l'uomo privilegia maggiormente le gioie materiali, si lega alla Terra e si allontana dal suo destino spirituale. [56]
La morte di cui l'uomo è minacciato, nel caso egli infranga la proibizione che gli è stata rivolta, è un avvertimento circa le inevitabili conseguenze fisiche e morali, che la violazione delle leggi divine comporta, leggi che Dio ha scolpito nella sua coscienza. È ben evidente che qui non si tratta della morte corporale, poiché dopo la sua colpa Adamo visse ancora assai a lungo, bensì della morte spirituale, ovverossia della perdita dei beni che risultano dall'avanzamento morale, perdita di cui la sua espulsione dal giardino di delizie è l'immagine.
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[55] È oggi perfettamente riconosciuto che la parola ebraica haadam non è un nome proprio; essa infatti significa l'uomo in generale, l'umanità, la qual cosa distrugge completamente l'impalcatura costruita sulla personalità di Adamo.
[56] In nessun testo, il frutto è individualizzato nella mela; questo termine si trova soltanto nelle versioni infantili. Il termine del testo ebraico è peri, che ha le medesime accezioni che in francese, senza alcuna specificazione della specie cui il frutto appartiene, e può essere preso in senso materiale, morale e allegorico, in senso proprio e figurato. Presso gli Israeliti, non c'è un'interpretazione obbligatoria; quando una parola ha molte accezioni, ciascuno la intende come vuole, purché l'interpretazione non sia contraria alle regole grammaticali. La parola peri è stata tradotta in latino con malum, che si applica tanto a mela quanto a qualsiasi altra specie di frutto. Malum deriva dal greco mélon, participio del verbo mélo, interessare, curare, attirare.
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[56] In nessun testo, il frutto è individualizzato nella mela; questo termine si trova soltanto nelle versioni infantili. Il termine del testo ebraico è peri, che ha le medesime accezioni che in francese, senza alcuna specificazione della specie cui il frutto appartiene, e può essere preso in senso materiale, morale e allegorico, in senso proprio e figurato. Presso gli Israeliti, non c'è un'interpretazione obbligatoria; quando una parola ha molte accezioni, ciascuno la intende come vuole, purché l'interpretazione non sia contraria alle regole grammaticali. La parola peri è stata tradotta in latino con malum, che si applica tanto a mela quanto a qualsiasi altra specie di frutto. Malum deriva dal greco mélon, participio del verbo mélo, interessare, curare, attirare.
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17.
Il serpente, al giorno d'oggi, è ben lontano dal passare per il simbolo
dell'astuzia. Qui è più in rapporto alla sua sagoma che al suo
carattere; qui esso è un'allusione alla perfidia dei cattivi consigli
che, come il serpente, s'insinuano, e di cui sovente, proprio per questa
ragione, non si diffida. D'altronde, se il serpente, per aver ingannato
la donna, è stato condannato a strisciare sul ventre, ciò vorrebbe dire
che prima esso aveva delle zampe. E, allora, non si trattava più di un
serpente. Perché dunque imporre alla fede semplice e ingenua dei
bambini, come fossero delle verità, allegorie tanto evidenti, le quali
falsando il loro giudizio, fanno sì ch'essi più tardi guarderanno alla
Bibbia come a un tessuto di favole assurde?
È da notare, inoltre, che la parola ebraica nâhâsch,tradotta con la parola serpente, viene dalla radice nâhâsch che significa: fare incantesimi, divinare le cose occulte, potendo poi significare: incantatore, indovino. La si trova, in questa accezione, nella stessa Genesi, capitolo XLIV, versetti 5 e 15, a proposito della coppa, che Giuseppe fece nascondere nel sacco di Beniamino: "Non è quella la coppa dalla quale il mio signore beve e di cui si serve per trarre presagi (nâhâsch)? [57] Avete fatto male a fare questo!" — "Che azione è questa che avete fatto? Non lo sapete che un uomo come me ha il potere di indovinare (nâhâsch)?" — Nel libro dei Numeri, capitolo XXIII, versetto 23: "In Giacobbe non c'è magia, in Israele non c'è divinazione; a suo tempo viene detto a Giacobbe e a Israele qual è l'opera che Dio compie". In seguito, la parola nâhâsch ha preso anche il significatodi serpente, rettile che gli incantatori pretendevano di incantare, o di cui essi si servivano nei loro incantesimi.
È soltanto nella versione dei Settanta, — i quali, secondo Hutcheson, hanno corrotto il testo ebraico in molti punti, — scritta in greco nel secondo secolo prima dell'era cristiana, che la parola nâhâsch è stata tradotta con serpente. Le inesattezze di questa versione sono dovute, senza dubbio, alle modifiche che la lingua ebraica aveva nel frattempo subite. Infatti, l'ebraico di Mosè era a quel tempo una lingua morta, che differiva dall'ebraico volgare, così come il greco antico e l'arabo letterario differiscono dal greco e dall'arabo moderni. [58]
È perciò probabile che Mosè volesse rappresentare, come seduttore della donna, il desiderio indiscreto di conoscere le cose occulte, desiderio suscitato dallo Spirito di divinazione, il che si accorda con il significato primitivo della parola nâhâsch, divinare. E, d'altronde, ciò si accorda anche con queste parole: "Dio sa che non appena avrete mangiato di questo frutto, i vostri occhi si apriranno, e voi sarete come degli dei. Ella, la donna, vide che era invidiabile quell'albero per comprendere (léaskil), e prese del suo frutto". Non bisogna dimenticare che Mosè voleva proscrivere, presso gli Ebrei, l'arte della divinazione — che era in uso tra gli Egizi — come dimostra la sua proibizione di interrogare i morti e lo Spirito di Pitone (Il Cielo e l'Inferno, cap. XI).
È da notare, inoltre, che la parola ebraica nâhâsch,tradotta con la parola serpente, viene dalla radice nâhâsch che significa: fare incantesimi, divinare le cose occulte, potendo poi significare: incantatore, indovino. La si trova, in questa accezione, nella stessa Genesi, capitolo XLIV, versetti 5 e 15, a proposito della coppa, che Giuseppe fece nascondere nel sacco di Beniamino: "Non è quella la coppa dalla quale il mio signore beve e di cui si serve per trarre presagi (nâhâsch)? [57] Avete fatto male a fare questo!" — "Che azione è questa che avete fatto? Non lo sapete che un uomo come me ha il potere di indovinare (nâhâsch)?" — Nel libro dei Numeri, capitolo XXIII, versetto 23: "In Giacobbe non c'è magia, in Israele non c'è divinazione; a suo tempo viene detto a Giacobbe e a Israele qual è l'opera che Dio compie". In seguito, la parola nâhâsch ha preso anche il significatodi serpente, rettile che gli incantatori pretendevano di incantare, o di cui essi si servivano nei loro incantesimi.
È soltanto nella versione dei Settanta, — i quali, secondo Hutcheson, hanno corrotto il testo ebraico in molti punti, — scritta in greco nel secondo secolo prima dell'era cristiana, che la parola nâhâsch è stata tradotta con serpente. Le inesattezze di questa versione sono dovute, senza dubbio, alle modifiche che la lingua ebraica aveva nel frattempo subite. Infatti, l'ebraico di Mosè era a quel tempo una lingua morta, che differiva dall'ebraico volgare, così come il greco antico e l'arabo letterario differiscono dal greco e dall'arabo moderni. [58]
È perciò probabile che Mosè volesse rappresentare, come seduttore della donna, il desiderio indiscreto di conoscere le cose occulte, desiderio suscitato dallo Spirito di divinazione, il che si accorda con il significato primitivo della parola nâhâsch, divinare. E, d'altronde, ciò si accorda anche con queste parole: "Dio sa che non appena avrete mangiato di questo frutto, i vostri occhi si apriranno, e voi sarete come degli dei. Ella, la donna, vide che era invidiabile quell'albero per comprendere (léaskil), e prese del suo frutto". Non bisogna dimenticare che Mosè voleva proscrivere, presso gli Ebrei, l'arte della divinazione — che era in uso tra gli Egizi — come dimostra la sua proibizione di interrogare i morti e lo Spirito di Pitone (Il Cielo e l'Inferno, cap. XI).
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[57] Da questo fatto si potrebbe dedurre che la medianità per mezzo della coppa d'acqua fosse conosciuta dagli Egiziani (Rivista Spiritista, giugno 1868, p. 161).
[58] II termine nâhâsch esisteva nella lingua egiziana, con il significato di negro, probabilmente perché i negri avevano il dono degli incantesimi e della divinazione. È forse anche per questo che le sfingi, di origine assira, venivano rappresentate in figura di negro.
[58] II termine nâhâsch esisteva nella lingua egiziana, con il significato di negro, probabilmente perché i negri avevano il dono degli incantesimi e della divinazione. È forse anche per questo che le sfingi, di origine assira, venivano rappresentate in figura di negro.
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18. Il passo in cui è detto:
"Il Signore passeggiava nel paradiso, dopo mezzogiorno, mentre si
levava un dolce vento" è un'immagine ingenua e alquanto puerile, come la
critica non ha mancato di segnalare. Ma tale immagine non ha nulla che
debba sorprenderci, se ci si riporta all'idea che gli Ebrei dei tempi
primitivi si facevano della Divinità. Per quelle intelligenze rozze,
incapaci di concepire delle astrazioni, Dio doveva rivestire una forma
concreta, e di tutto perciò essi facevano riferimento all'umanità,
poiché era il solo punto da essi conosciuto. Mosè perciò parlava loro
come a dei fanciulli, attraverso immagini percettibili. Nel caso di cui
si tratta, Dio era la potenza sovrana personificata, come i Pagani
personificavano, sotto figure allegoriche, le virtù, i vizi e le idee
astratte. Più tardi gli uomini hanno spogliato della sua forma l'idea,
come il bambino, divenuto adulto, cerca il senso morale nei racconti con
cui lo si è cullato Occorre dunque considerare quel passo come
un'allegoria in cui la Divinità sorveglia di persona gli oggetti della
Sua creazione. Il grande rabbino Wogue lo traduce così: "Essi udirono la voce dell'Eterno Dio, percorrere il giardino dal lato donde viene il giorno".
19. Se la colpa di Adamo è
letteralmente quella di aver mangiato un frutto, essa non potrebbe
incontestabilmente — per la sua natura quasi puerile — giustificare il
rigore con cui tale colpa è stata punita. Né, più razionalmente, si
potrebbe ammettere che questo sia proprio il fatto quale generalmente si
suppone; altrimenti Dio, considerando questo fatto come un crimine
imperdonabile, avrebbe condannato la sua stessa opera, poiché Egli aveva
creato l'uomo per la propagazione.
Se Adamo avesse inteso in questo senso la proibizione di toccare il frutto di quell'albero e vi si fosse scrupolosamente attenuto, dove sarebbe l'umanità e che ne sarebbe stato dei disegni del Creatore?
Dio non aveva creato Adamo ed Eva perché restassero soli sulla Terra. E prova ne sono le parole stesse ch'Egli indirizza loro immediatamente dopo che erano stati formati, quando si trovavano ancora nel paradiso terrestre: "Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta" (Genesi 1:28). Poiché la moltiplicazione dell'uomo era una legge già nel paradiso terrestre, la loro espulsione non può aver avuto come causa il fatto supposto.
Ciò che ha dato credito a questa supposizione è il sentimento di vergogna da cui Adamo ed Eva sono stati presi alla vista di Dio e che li ha portati a nascondersi. Ma questa stessa vergogna è una figura di comparazione: essa simboleggia la confusione che ogni colpevole prova in presenza di colui che egli ha offeso.
Se Adamo avesse inteso in questo senso la proibizione di toccare il frutto di quell'albero e vi si fosse scrupolosamente attenuto, dove sarebbe l'umanità e che ne sarebbe stato dei disegni del Creatore?
Dio non aveva creato Adamo ed Eva perché restassero soli sulla Terra. E prova ne sono le parole stesse ch'Egli indirizza loro immediatamente dopo che erano stati formati, quando si trovavano ancora nel paradiso terrestre: "Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta" (Genesi 1:28). Poiché la moltiplicazione dell'uomo era una legge già nel paradiso terrestre, la loro espulsione non può aver avuto come causa il fatto supposto.
Ciò che ha dato credito a questa supposizione è il sentimento di vergogna da cui Adamo ed Eva sono stati presi alla vista di Dio e che li ha portati a nascondersi. Ma questa stessa vergogna è una figura di comparazione: essa simboleggia la confusione che ogni colpevole prova in presenza di colui che egli ha offeso.
20. Qual è allora, in
definitiva, questa colpa così grande che ha potuto colpire con la
dannazione eterna tutti i discendenti di colui che l'ha commessa? Caino,
il fratricida, non fu trattato così severamente. Nessun teologo ha
potuto definire tale colpa logicamente, perché tutti, non allontanandosi
dal testo alla lettera, si sono ritrovati a girare in un circolo
vizioso.
Oggi noi sappiamo che questa colpa non è un atto isolato, una colpa personale limitata a un solo individuo, ma che essa comprende, sotto un unico gesto allegorico, l'insieme delle prevaricazioni di cui può rendersi colpevole l'umanità ancora imperfetta della Terra, e che si possono riassumere in queste parole: infrazione alla legge di Dio. Ecco perché la colpa del primo uomo, simbolizzando egli l'umanità, è simbolizzata essa stessa da un atto di disobbedienza.
Oggi noi sappiamo che questa colpa non è un atto isolato, una colpa personale limitata a un solo individuo, ma che essa comprende, sotto un unico gesto allegorico, l'insieme delle prevaricazioni di cui può rendersi colpevole l'umanità ancora imperfetta della Terra, e che si possono riassumere in queste parole: infrazione alla legge di Dio. Ecco perché la colpa del primo uomo, simbolizzando egli l'umanità, è simbolizzata essa stessa da un atto di disobbedienza.
21. Dicendo ad Adamo ch'egli
trarrà il suo nutrimento dalla terra, col sudore della sua fronte, Dio
simbolizza l'obbligo del lavoro. Ma perché Dio fa del lavoro una
punizione? Che ne sarebbe dell'intelligenza dell'uomo, se egli non la
sviluppasse attraverso il lavoro? Che ne sarebbe della terra, se essa
non fosse fecondata, trasformata, bonificata dal lavoro intelligente
dell'uomo?
È detto (Genesi 2:5): "Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo". Queste parole, accostate a queste altre: Riempite la Terra, dimostrano che l'uomo era, fin dall'origine, destinato a occupare tutta la Terra e a coltivarla; e dimostrano inoltre che il paradiso non era un luogo circoscritto su un angolo del globo. Se la coltivazione della terra doveva essere una conseguenza della colpa di Adamo, ne sarebbe risultato che, se Adamo non avesse peccato, la Terra sarebbe rimasta incolta, e i progetti di Dio non sarebbero stati realizzati.
Perché Dio dice alla donna che, poiché ha commesso l'errore, partorirà nel dolore? Com'è possibile che il dolore del parto sia un castigo, dal momento che è una conseguenza dell'organismo e che è fisiologicamente provato che tale dolore è necessario? In che modo una cosa, che è secondo le leggi della natura, può essere una punizione? È ciò che i teologi non hanno ancora spiegato, ed è ciò che non potranno spiegare fin quando non abbandoneranno il punto di vista in cui si sono collocati. Tuttavia quelle, parole, che sembrano così contraddittorie, possono essere giustificate.
È detto (Genesi 2:5): "Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo". Queste parole, accostate a queste altre: Riempite la Terra, dimostrano che l'uomo era, fin dall'origine, destinato a occupare tutta la Terra e a coltivarla; e dimostrano inoltre che il paradiso non era un luogo circoscritto su un angolo del globo. Se la coltivazione della terra doveva essere una conseguenza della colpa di Adamo, ne sarebbe risultato che, se Adamo non avesse peccato, la Terra sarebbe rimasta incolta, e i progetti di Dio non sarebbero stati realizzati.
Perché Dio dice alla donna che, poiché ha commesso l'errore, partorirà nel dolore? Com'è possibile che il dolore del parto sia un castigo, dal momento che è una conseguenza dell'organismo e che è fisiologicamente provato che tale dolore è necessario? In che modo una cosa, che è secondo le leggi della natura, può essere una punizione? È ciò che i teologi non hanno ancora spiegato, ed è ciò che non potranno spiegare fin quando non abbandoneranno il punto di vista in cui si sono collocati. Tuttavia quelle, parole, che sembrano così contraddittorie, possono essere giustificate.
22. Prima di tutto
osserviamo che se, al momento della creazione di Adamo ed Eva, la loro
anima fosse stata appena tratta dal nulla, come ci viene insegnato, essi
avrebbero dovuto essere dei novizi in tutte le cose; non avrebbero cioè
dovuto sapere che cosa vuol dire morire. Poiché erano soli sulla
Terra, fin tanto che vissero nel paradiso terrestre, essi non avevano
visto nessuno morire. Come, dunque, avrebbero potuto comprendere in che
cosa consisteva la minaccia di morte che Dio faceva loro? Come Eva
avrebbe potuto comprendere che partorire nel dolore sarebbe stata una
punizione, dal momento che, essendo appena nata alla vita, ella non
aveva mai avuto figli ed era anche la sola donna al mondo?
Le parole di Dio non dovevano perciò avere alcun senso per Adamo ed Eva. Appena tratti dal nulla, essi certamente non sapevano né perché né come ne fossero usciti. E certamente non comprendevano né il Creatore né lo scopo della proibizione che veniva loro fatta. Senza alcuna esperienza delle condizioni della vita, essi hanno peccato come dei bambini, i quali agiscono senza discernimento. Ciò rende ancora più incomprensibile la terribile responsabilità che Dio ha fatto pesare su di loro e sull'umanità tutta intera.
Le parole di Dio non dovevano perciò avere alcun senso per Adamo ed Eva. Appena tratti dal nulla, essi certamente non sapevano né perché né come ne fossero usciti. E certamente non comprendevano né il Creatore né lo scopo della proibizione che veniva loro fatta. Senza alcuna esperienza delle condizioni della vita, essi hanno peccato come dei bambini, i quali agiscono senza discernimento. Ciò rende ancora più incomprensibile la terribile responsabilità che Dio ha fatto pesare su di loro e sull'umanità tutta intera.
23. Ciò che per la teologia è
un vicolo cieco, viene dallo Spiritismo spiegato, senza alcuna
difficoltà e in maniera razionale, attraverso l'anteriorità dell'anima e
la pluralità delle esistenze. Senza questa legge tutto è mistero e
anomalia nella vita dell'uomo. Infatti, ammettiamo che Adamo ed Eva
abbiano già vissuto, tutto allora si trova giustificato: Dio non parla
loro come a dei fanciulli, ma come a degli esseri in condizioni di
comprenderLo e che Lo comprendono, prova evidente ch'essi hanno
un'esperienza anteriore. Ammettiamo, inoltre, ch'essi abbiano vissuto in
un mondo più avanzato e meno materiale del nostro, dove il lavoro dello
Spirito suppliva al lavoro del corpo. Ammettiamo che, per la loro
ribellione alla legge di Dio, rappresentata dalla disobbedienza, essi ne
siano stati esclusi ed esiliati, per punizione, sulla Terra, dove
l'uomo, in conseguenza della natura del globo, è costretto a un lavoro
corporale. Ammettendo tutto ciò, Dio aveva ragione di dir loro: Nel
mondo in cui tu andrai ormai a vivere, "Il suolo sarà maledetto per
causa tua; ne mangerai il frutto con affanno... Mangerai il pane con il
sudore del tuo volto..." e rivolto alla donna: "Con dolore partorirai
figli," perché tale è la condizione di quel mondo (vedere cap. XI, n. 31
e ss.).
Il paradiso terrestre, di cui inutilmente si sono cercate le tracce sulla Terra, era dunque il simbolo del mondo felice dove aveva vissuto Adamo, o piuttosto la razza degli Spiriti di cui egli è la personificazione. La cacciata dal paradiso segna dunque sia il momento in cui questi Spiriti sono venuti a incarnarsi fra gli abitanti di questo mondo, sia il cambiamento di situazione che ne è stato la conseguenza. L'angelo armato di una spada fiammeggiante, che difende l'entrata del paradiso, simboleggia l'impossibilità in cui si trovano gli Spiriti dei mondi inferiori di penetrare nei mondi superiori prima di avere meritato ciò attraverso la loro purificazione (vedere più avanti il cap. XIV, n. 8 e ss.).
Il paradiso terrestre, di cui inutilmente si sono cercate le tracce sulla Terra, era dunque il simbolo del mondo felice dove aveva vissuto Adamo, o piuttosto la razza degli Spiriti di cui egli è la personificazione. La cacciata dal paradiso segna dunque sia il momento in cui questi Spiriti sono venuti a incarnarsi fra gli abitanti di questo mondo, sia il cambiamento di situazione che ne è stato la conseguenza. L'angelo armato di una spada fiammeggiante, che difende l'entrata del paradiso, simboleggia l'impossibilità in cui si trovano gli Spiriti dei mondi inferiori di penetrare nei mondi superiori prima di avere meritato ciò attraverso la loro purificazione (vedere più avanti il cap. XIV, n. 8 e ss.).
24. Caino (dopo la morte di
Abele) disse al Signore: "Il mio castigo è troppo grande perché io possa
sopportarlo. —Tu oggi mi scacci da questo suolo e io sarò nascosto
lontano dalla tua presenza, sarò vagabondo e fuggiasco per la terra,
così chiunque mi troverà, mi ucciderà". — Ma il Signore gli disse:
"Ebbene, chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte più di lui".
'Il Signore mise un segno su Caino, perché nessuno, trovandolo, lo
uccidesse.
Caino si allontanò dalla presenza del Signore e si stabilì nel paese di Nod, a oriente di Eden. Poi Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc. Quindi si mise a costruire una città, a cui diede il nome di Enoc, dal nome di suo figlio. (Genesi 4:13-17)
Caino si allontanò dalla presenza del Signore e si stabilì nel paese di Nod, a oriente di Eden. Poi Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc. Quindi si mise a costruire una città, a cui diede il nome di Enoc, dal nome di suo figlio. (Genesi 4:13-17)
25.
Se ci si riferisce alla traduzione alla lettera della Genesi, ecco a
quali conseguenze si arriva: Adamo ed Eva erano soli nel mondo, dopo la
loro espulsione dal paradiso terrestre; solo posteriormente ebbero i due
figli Caino e Abele. Orbene Caino, dopo aver ucciso suo fratello ed
essersi ritirato in un'altra regione, non rivide più suo padre e sua
madre, i quali rimasero di nuovo soli. È solo molto tempo dopo che,
all'età di centotrent'anni, Adamo ebbe un terzo figlio, chiamato Seth.
Dopo la nascita di Seth, egli visse ancora, secondo la genealogia
biblica, ottocento anni, ed ebbe figli e figlie.
Quando Caino andò a stabilirsi a oriente dell'Eden, non c'erano dunque sulla Terra che tre persone: suo padre e sua madre, e lui che, dal canto suo, stava solo. Tuttavia egli ebbe una donna e un bambino. Quale poteva mai essere questa donna e dove egli aveva potuto trovarla? Il testo ebraico dice: Egli stava costruendo una città, e non costruì, la qual cosa indica un'azione presente e non ulteriore. Ma una città presuppone degli abitanti, poiché non è da supporre che Caino l'abbia costruita per sé, per sua moglie e per suo figlio, né che abbia potuto edificarla da solo.
Bisogna quindi dedurre, da questo racconto, che la regione fosse popolata. Però non poteva esserlo da parte dei discendenti di Adamo, che allora non aveva altri che Caino.
La presenza di altri abitanti risulta egualmente da queste parole di Caino: "Sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà mi ucciderà", e dalla risposta che gli dà Dio. Da chi poteva egli temere d'essere ucciso? E a che pro il segno che Dio mise su di lui per proteggerlo, dal momento che non avrebbe dovuto incontrare nessuno? Se dunque sulla Terra c'erano altri uomini al di fuori della famiglia di Adamo, il fatto è che c'erano prima di lui. Da ciò si deduce questa conseguenza, tratta dallo stesso testo della Genesi: Adamo non è né il primo né l'unico padre del genere umano (vedere cap. XI, n. 34). [59]
Quando Caino andò a stabilirsi a oriente dell'Eden, non c'erano dunque sulla Terra che tre persone: suo padre e sua madre, e lui che, dal canto suo, stava solo. Tuttavia egli ebbe una donna e un bambino. Quale poteva mai essere questa donna e dove egli aveva potuto trovarla? Il testo ebraico dice: Egli stava costruendo una città, e non costruì, la qual cosa indica un'azione presente e non ulteriore. Ma una città presuppone degli abitanti, poiché non è da supporre che Caino l'abbia costruita per sé, per sua moglie e per suo figlio, né che abbia potuto edificarla da solo.
Bisogna quindi dedurre, da questo racconto, che la regione fosse popolata. Però non poteva esserlo da parte dei discendenti di Adamo, che allora non aveva altri che Caino.
La presenza di altri abitanti risulta egualmente da queste parole di Caino: "Sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà mi ucciderà", e dalla risposta che gli dà Dio. Da chi poteva egli temere d'essere ucciso? E a che pro il segno che Dio mise su di lui per proteggerlo, dal momento che non avrebbe dovuto incontrare nessuno? Se dunque sulla Terra c'erano altri uomini al di fuori della famiglia di Adamo, il fatto è che c'erano prima di lui. Da ciò si deduce questa conseguenza, tratta dallo stesso testo della Genesi: Adamo non è né il primo né l'unico padre del genere umano (vedere cap. XI, n. 34). [59]
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[59] Questa idea non è nuova. La Peyrère, saggio teologo del diciassettesimo secolo, nel suo libro sui Preadamiti, scritto
in latino e pubblicato nel 1655, ha tratto dal testo stesso della
Bibbia, snaturato dalle traduzioni, la prova evidente che la Terra era
popolata prima della venuta di Adamo. Questa è, al giorno d'oggi,
l'opinione di molti illuminati ecclesiastici.
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26. Occorrevano le
conoscenze che lo Spiritismo ha apportato — abbordando i rapporti del
principio spirituale e del principio materiale — riguardo alla natura
dell'anima, alla sua creazione in stato di semplicità e ignoranza, alla
sua unione con il corpo, al suo cammino progressivo e indefinito
attraverso esistenze consecutive e attraverso i mondi che sono
altrettanti gradini sulla via del perfezionamento, al suo affrancamento
graduale dall'influenza della materia attraverso l'uso del suo libero
arbitrio, alla causa delle sue inclinazioni buone o cattive e delle
attitudini, al fenomeno della nascita e della morte, allo stato dello
Spirito nella erraticità e, infine, riguardo all'avvenire che è il
premio dei suoi sforzi per migliorarsi e della sua perseveranza nel
bene: occorrevano queste conoscenze per gettare la luce su tutte le
parti della Genesi spirituale.
Grazie a questa luce, l'uomo sa ormai da dove viene e dove va, perché è sulla Terra e perché soffre. Sa che il suo avvenire è nelle sue mani e che la durata della sua prigionia sulla Terra dipende da lui stesso. La Genesi, allontanatasi dall'allegoria limitata e gretta, gli appare grande e degna della maestà, della bontà e della giustizia del Creatore. Considerata da questo punto di vista, la Genesi turberà l'incredulità e trionferà.
Grazie a questa luce, l'uomo sa ormai da dove viene e dove va, perché è sulla Terra e perché soffre. Sa che il suo avvenire è nelle sue mani e che la durata della sua prigionia sulla Terra dipende da lui stesso. La Genesi, allontanatasi dall'allegoria limitata e gretta, gli appare grande e degna della maestà, della bontà e della giustizia del Creatore. Considerata da questo punto di vista, la Genesi turberà l'incredulità e trionferà.