Sei in:
LA GENESI, I miracoli e le predizioni secondo lo Spiritismo > La Genesi
La Genesi
Capitolo I - CARATTERE DELLA RIVELAZIONE SPIRITISTA
1. Può lo Spiritismo
considerarsi come una rivelazione? In questo caso, qual è il suo
carattere? Su che cosa è fondata la sua autenticità? A chi e in quale
maniera tale rivelazione è stata fatta? La Dottrina Spiritista è una
rivelazione nel senso teologico della parola, vale a dire è in tutto e
per tutto il prodotto di un insegnamento occulto venuto dall'alto? È
essa assoluta o suscettibile di modifiche? Portando agli uomini la
verità integrale, la rivelazione non potrebbe avere l'effetto di
impedire l'uso delle loro facoltà, poiché in tal modo essi si
sottrarrebbero alla fatica della ricerca? Quale potrebbe essere
l'autorità dell'insegnamento degli Spiriti, se essi non sono né
infallibili né superiori all'umanità? Qual è l'utilità della morale
ch'essi predicano, se questa morale altra non è che quella del Cristo
che già conosciamo? Quali sono le verità nuove che essi ci portano? Ha
bisogno l'uomo di una rivelazione? E non può egli trovare in sé stesso e
nella sua coscienza tutto ciò che gli è necessario per sapere come
comportarsi? Queste sono le questioni sulle quali è importante che noi
riflettiamo.
2. Innanzi tutto, definiamo il significato della parola rivelazione.
Rivelare, dal latino revelare, la cui radice è velum, velo, letteralmente significa uscire da sotto il velo; figuratamente, quindi, significa: scoprire, far conoscere una cosa segreta o sconosciuta. Nella sua accezione comune più' generale, si dice di ogni cosa ignota che venga divulgata, di ogni idea nuova che metta sulla strada di' ciò che non si sapeva.
Da questo punto di vista, tutte le scienze che ci fanno conoscere i misteri della natura sono delle rivelazioni, e si può dire che per noi la rivelazione è incessante. L'astronomia ci ha rivelato il mondo astrale che noi non conoscevamo; la geologia, la formazione della Terra; la chimica, la legge delle affinità; la fisiologia, le funzioni dell'organismo ecc. Copernico, Galileo, Newton, Laplace, Lavoisier sono dei rivelatori.
Rivelare, dal latino revelare, la cui radice è velum, velo, letteralmente significa uscire da sotto il velo; figuratamente, quindi, significa: scoprire, far conoscere una cosa segreta o sconosciuta. Nella sua accezione comune più' generale, si dice di ogni cosa ignota che venga divulgata, di ogni idea nuova che metta sulla strada di' ciò che non si sapeva.
Da questo punto di vista, tutte le scienze che ci fanno conoscere i misteri della natura sono delle rivelazioni, e si può dire che per noi la rivelazione è incessante. L'astronomia ci ha rivelato il mondo astrale che noi non conoscevamo; la geologia, la formazione della Terra; la chimica, la legge delle affinità; la fisiologia, le funzioni dell'organismo ecc. Copernico, Galileo, Newton, Laplace, Lavoisier sono dei rivelatori.
3. Il carattere essenziale
di ogni rivelazione deve essere la verità. Rivelare un segreto significa
far conoscere un fatto; se la cosa è falsa, questo non è un fatto, e di
conseguenza non c'è rivelazione. Ogni rivelazione smentita dai fatti
non è una rivelazione; se poi essa è attribuita a Dio, non potendo Dio
né mentire né ingannarSi, essa non può provenire da Lui; bisogna
considerarla come il prodotto di una concezione umana.
4. Qual è il ruolo del
professore di fronte ai suoi allievi, se non quello di un rivelatore?
Egli insegna loro ciò ch'essi non sanno, ciò ch'essi non avrebbero né il
tempo né la possibilità di scoprire da sé stessi, perché la scienza è
l'opera collettiva dei secoli e di una moltitudine di uomini che hanno
apportato, più o meno singolarmente, il contingente delle loro
osservazioni, e di cui approfittano quelli che vengono dopo di loro.
L'insegnamento è dunque, in realtà, la rivelazione di alcune verità
scientifiche o morali, fisiche o metafisiche, fatta da uomini che le
conoscono ad altri che le ignorano e che, senza ciò, le avrebbero
ignorate per sempre.
5. Ma il professore non
insegna che quanto egli ha appreso: è un rivelatore di second'ordine.
L'uomo di genio insegna ciò che ha trovato lui stesso: è il rivelatore
originario; egli porta la luce che, a poco a poco, si propaga. Che ne
sarebbe dell'umanità senza la rivelazione degli uomini di genio che
appaiono di tanto in tanto?
Ma che cosa sono questi uomini di genio? Perché sono uomini di genio? Da dove vengono? Che cosa diventano? Notiamo che la maggior parte di essi porta in sé, nascendo, delle facoltà trascendenti e delle conoscenze innate, per cui basta un po' di lavoro perché si sviluppino. Essi appartengono realmente all'umanità, poiché nascono, vivono e muoiono proprio come noi. Dove, allora, hanno attinto queste conoscenze visto che non hanno potuto acquisirle durante la loro vita? Si dirà, come dicono i materialisti, che il caso ha dato loro materia cerebrale in maggiore quantità e di migliore qualità? In tal caso, essi non avrebbero più merito di un legume che fosse più grosso e più saporito di un altro.
Si dirà, come dicono certi spiritualisti, che Dio li ha dotati di un'anima privilegiata rispetto a quella della maggior parte degli uomini? Supposizione altrettanto illogica, poiché così si taccerebbe Dio di parzialità. La sola soluzione razionale di questo problema sta nella preesistenza dell'anima e nella pluralità delle esistenze. L'uomo di genio è uno Spirito che ha vissuto per un tempo più lungo; che, di conseguenza, ha acquisito e progredito più di quelli che sono meno avanzati. Incarnandosi egli porta con sé ciò che sa e, siccome sa molto più degli altri senza aver bisogno di apprendere, è lui quello che è detto un uomo di genio. Ma ciò ch'egli sa non è nemmeno il frutto di un lavoro anteriore né il risultato di un privilegio. Prima di rinascere, egli era dunque uno Spirito avanzato; egli si reincarna sia per far sì che gli altri approfittino di ciò ch'egli sa, sia per acquisire lui stesso altre conoscenze.
Gli uomini, indubbiamente, progrediscono da sé stessi e con gli sforzi della loro intelligenza; ma, lasciati in balia delle loro stesse forze, questo progresso è molto lento, se non sono aiutati da uomini più avanzati, come lo scolaro lo è dai suoi insegnanti. Tutti i popoli hanno avuto i loro uomini di genio, che sono venuti in diverse epoche a dare loro un 'impulso e a sottrarli alla inerzia.
Ma che cosa sono questi uomini di genio? Perché sono uomini di genio? Da dove vengono? Che cosa diventano? Notiamo che la maggior parte di essi porta in sé, nascendo, delle facoltà trascendenti e delle conoscenze innate, per cui basta un po' di lavoro perché si sviluppino. Essi appartengono realmente all'umanità, poiché nascono, vivono e muoiono proprio come noi. Dove, allora, hanno attinto queste conoscenze visto che non hanno potuto acquisirle durante la loro vita? Si dirà, come dicono i materialisti, che il caso ha dato loro materia cerebrale in maggiore quantità e di migliore qualità? In tal caso, essi non avrebbero più merito di un legume che fosse più grosso e più saporito di un altro.
Si dirà, come dicono certi spiritualisti, che Dio li ha dotati di un'anima privilegiata rispetto a quella della maggior parte degli uomini? Supposizione altrettanto illogica, poiché così si taccerebbe Dio di parzialità. La sola soluzione razionale di questo problema sta nella preesistenza dell'anima e nella pluralità delle esistenze. L'uomo di genio è uno Spirito che ha vissuto per un tempo più lungo; che, di conseguenza, ha acquisito e progredito più di quelli che sono meno avanzati. Incarnandosi egli porta con sé ciò che sa e, siccome sa molto più degli altri senza aver bisogno di apprendere, è lui quello che è detto un uomo di genio. Ma ciò ch'egli sa non è nemmeno il frutto di un lavoro anteriore né il risultato di un privilegio. Prima di rinascere, egli era dunque uno Spirito avanzato; egli si reincarna sia per far sì che gli altri approfittino di ciò ch'egli sa, sia per acquisire lui stesso altre conoscenze.
Gli uomini, indubbiamente, progrediscono da sé stessi e con gli sforzi della loro intelligenza; ma, lasciati in balia delle loro stesse forze, questo progresso è molto lento, se non sono aiutati da uomini più avanzati, come lo scolaro lo è dai suoi insegnanti. Tutti i popoli hanno avuto i loro uomini di genio, che sono venuti in diverse epoche a dare loro un 'impulso e a sottrarli alla inerzia.
6. Dal momento che si
ammette la sollecitudine di Dio verso le Sue creature, perché non si
dovrebbe ammettere che Spiriti — in grado, con la loro energia e la
superiorità delle loro cognizioni, di far progredire l'umanità —
s'incarnino, per volontà di Dio, con l'obiettivo di concorrere al
progresso in un determinato senso? Perché non ammettere che essi
ricevono una missione, così come un ambasciatore ne riceve una dal suo
sovrano? Questo è il ruolo dei grandi geni. Che cosa verrebbero a fare
se non per insegnare agli uomini verità che essi ignorano e che
avrebbero continuato a ignorare ancora per lunghi periodi? Che cosa
verrebbero a fare se non per dare loro un basamento mediante il quale
essi potranno elevarsi più rapidamente? Questi geni, che appaiono
attraverso i secoli come fulgide stelle, lasciando dietro di sé una
lunga scia luminosa sull'umanità, sono dei missionari o, se si
preferisce, dei messia. Le cose nuove ch'essi insegnano agli uomini, sia
nel campo fisico sia nel campo filosofico sono rivelazioni.
Se Dio fa nascere dei rivelatori per le verità scientifiche, Egli può, a maggior ragione, farne nascere per le verità morali, che sono tra gli elementi essenziali del progresso. Sono, questi, i filosofi, le cui idee hanno attraversato i secoli.
Se Dio fa nascere dei rivelatori per le verità scientifiche, Egli può, a maggior ragione, farne nascere per le verità morali, che sono tra gli elementi essenziali del progresso. Sono, questi, i filosofi, le cui idee hanno attraversato i secoli.
7. Nel significato specifico
della fede religiosa, si parla in modo più particolare delle cose
spirituali che l'uomo non può sapere da sé stesso, che non può scoprire
per mezzo dei suoi sensi, e la cui conoscenza gli è data da Dio, o dai
suoi messaggeri, sia per mezzo della parola diretta, sia per mezzo
dell'ispirazione. In questo caso la rivelazione è sempre fatta a uomini
privilegiati, designati col nome di profeti o messia, cioè inviati, missionari, avendo una missione da
trasmettere agli uomini. Considerata sotto questo punto di vista, la
rivelazione implica la passività assoluta; la si accetta senza verifica,
senza esame, senza discussione.
8. Tutte le religioni hanno
avuto i loro rivelatori e, benché tutti siano ben lontani dall'aver
conosciuto tutta la verità, essi avevano la loro provvidenziale ragion
d'essere. Infatti questi rivelatori erano idonei al tempo e all'ambiente
in cui vivevano, alla natura specifica dei popoli ai quali si
rivolgevano e ai quali essi erano relativamente superiori. Malgrado gli
errori delle loro dottrine, essi ne hanno almeno scosso gli spiriti e
per ciò stesso hanno seminato germi di progresso che più tardi si
sarebbero sviluppati, o si svilupperanno un giorno, alla fulgida luce
del Cristianesimo. È dunque a torto che si scagli contro di loro
l'anatema in nome dell'ortodossia, perché giorno verrà in cui tutte
queste credenze, pur così diverse nella forma, ma che poggiano in realtà
su un medesimo principio fondamentale — Dio e l'immortalità dell'anima —
si fonderanno in una grande e vasta unità allorché la ragione avrà
trionfato sui pregiudizi.
Disgraziatamente, le religioni sono state, in ogni tempo, strumenti di dominazione. Il ruolo di profeta ha sempre tentato le ambizioni secondarie degli uomini; si è vista così nascere un'infinità di pretesi rivelatori o messia i quali, avvalendosi del prestigio di questo nome, hanno sfruttato la credulità degli uomini, a vantaggio del loro orgoglio personale, della loro cupidigia o della loro pigrizia, trovando più comodo vivere a spese delle loro vittime. Anche la religione cristiana non è stata al riparo da questi parassiti. Su questo argomento, richiamiamo una seria attenzione sul capitolo XXI de Il Vangelo secondo lo Spiritismo, intitolato “Ci saranno falsi cristi e falsi profeti”.
Disgraziatamente, le religioni sono state, in ogni tempo, strumenti di dominazione. Il ruolo di profeta ha sempre tentato le ambizioni secondarie degli uomini; si è vista così nascere un'infinità di pretesi rivelatori o messia i quali, avvalendosi del prestigio di questo nome, hanno sfruttato la credulità degli uomini, a vantaggio del loro orgoglio personale, della loro cupidigia o della loro pigrizia, trovando più comodo vivere a spese delle loro vittime. Anche la religione cristiana non è stata al riparo da questi parassiti. Su questo argomento, richiamiamo una seria attenzione sul capitolo XXI de Il Vangelo secondo lo Spiritismo, intitolato “Ci saranno falsi cristi e falsi profeti”.
9. Esistono rivelazioni
dirette di Dio agli uomini? È una domanda a cui noi non oseremmo
rispondere, in maniera assoluta, né affermativamente né negativamente.
La cosa non sarebbe radicalmente impossibile, ma non c'è nulla che
potrebbe darcene una prova certa. Ciò che non potrebbe essere messo in
dubbio è il fatto che gli Spiriti più vicini a Dio, per quanto riguarda
la perfezione, si compenetrano nel Suo pensiero e possono trasmetterlo.
In quanto ai rivelatori incarnati, a seconda dell'ordine gerarchico al
quale appartengono e del loro grado di sapere personale, essi possono
attingere gli insegnamenti nelle loro stesse conoscenze, oppure
riceverle da Spiriti più elevati o addirittura direttamente da
messaggeri di Dio. Questi, parlando in nome di Dio, hanno potuto esser
presi, a volte, per Dio stesso.
Queste specie di comunicazioni non presentano niente di strano per chiunque conosca i fenomeni spiritisti e sappia in che modo si stabiliscano i rapporti tra gli incarnati e i disincarnati. Le istruzioni possono essere trasmesse in diversi modi: attraverso l'ispirazione pura e semplice, attraverso l'ascolto della parola, attraverso la visione degli Spiriti istruttori nelle apparizioni, sia in sogno sia nello stato di veglia, come se ne vedono parecchi esempi nella Bibbia, nel Vangelo e nei libri sacri presso tutti i popoli. È dunque rigorosamente esatto dire che, per la maggior parte, i rivelatori sono medium ispirati, auditivi o veggenti; da ciò non deriva, però, che tutti i medium siano dei rivelatori né, ancor meno, che lo siano gli intermediari diretti della Divinità o di Suoi messaggeri.
Queste specie di comunicazioni non presentano niente di strano per chiunque conosca i fenomeni spiritisti e sappia in che modo si stabiliscano i rapporti tra gli incarnati e i disincarnati. Le istruzioni possono essere trasmesse in diversi modi: attraverso l'ispirazione pura e semplice, attraverso l'ascolto della parola, attraverso la visione degli Spiriti istruttori nelle apparizioni, sia in sogno sia nello stato di veglia, come se ne vedono parecchi esempi nella Bibbia, nel Vangelo e nei libri sacri presso tutti i popoli. È dunque rigorosamente esatto dire che, per la maggior parte, i rivelatori sono medium ispirati, auditivi o veggenti; da ciò non deriva, però, che tutti i medium siano dei rivelatori né, ancor meno, che lo siano gli intermediari diretti della Divinità o di Suoi messaggeri.
10. Soltanto i puri Spiriti
ricevono la parola di Dio con missione di trasmetterla. Ma ora si sa che
gli Spiriti sono ben lungi dall'essere tutti perfetti e che ve ne sono
di quelli che si nascondono sotto false apparenze. È ciò che ha fatto
dire a san Giovanni: "Non credete a ogni Spirito, ma provate gli Spiriti
per sapere se sono da Dio" (1 Giovanni 4:1).
Possono dunque esservi delle rivelazioni serie e vere, come ve ne sono di apocrife e di menzognere. Il carattere essenziale della rivelazione divina è quello dell'eterna verità. Ogni rivelazione intaccata dall'errore o soggetta a cambiamento non può provenire da Dio. È così che la legge del Decalogo ha tutti i caratteri della sua origine, mentre le altre leggi mosaiche, essenzialmente transitorie, spesso in contraddizione con la legge del Sinai, sono l'opera personale e politica del legislatore ebreo. Essendosi i costumi del popolo mitigati, quelle leggi sono, da sé stesse, cadute in disuso, mentre il Decalogo è rimasto saldo ed eretto, come il faro dell'umanità. Il Cristo ne ha fatto la base del Suo edificio, mentre ha abolito le altre leggi. Se queste fossero state opera di Dio, Egli si sarebbe guardato bene dal toccarle. Cristo e Mosè sono i due grandi rivelatori che hanno cambiato la faccia del mondo, ed è qui la prova della loro missione divina. Un'opera puramente umana non avrebbe un simile potere.
Possono dunque esservi delle rivelazioni serie e vere, come ve ne sono di apocrife e di menzognere. Il carattere essenziale della rivelazione divina è quello dell'eterna verità. Ogni rivelazione intaccata dall'errore o soggetta a cambiamento non può provenire da Dio. È così che la legge del Decalogo ha tutti i caratteri della sua origine, mentre le altre leggi mosaiche, essenzialmente transitorie, spesso in contraddizione con la legge del Sinai, sono l'opera personale e politica del legislatore ebreo. Essendosi i costumi del popolo mitigati, quelle leggi sono, da sé stesse, cadute in disuso, mentre il Decalogo è rimasto saldo ed eretto, come il faro dell'umanità. Il Cristo ne ha fatto la base del Suo edificio, mentre ha abolito le altre leggi. Se queste fossero state opera di Dio, Egli si sarebbe guardato bene dal toccarle. Cristo e Mosè sono i due grandi rivelatori che hanno cambiato la faccia del mondo, ed è qui la prova della loro missione divina. Un'opera puramente umana non avrebbe un simile potere.
11. Una importante
rivelazione si sta verificando nell'epoca attuale ed è quella che ci
mostra la possibilità di comunicare con gli esseri del mondo spirituale.
Senza dubbio questa conoscenza non è affatto nuova; ma fino ai nostri
giorni era rimasta in qualche modo lettera morta, vale a dire senza
alcun vantaggio per l'umanità. L'ignoranza delle leggi che reggono
questi rapporti l'aveva sepolta sotto le superstizioni; l'uomo era
incapace di trarne una qualche salutare deduzione. Era evidentemente
riservato alla nostra epoca il compito di liberarla dei suoi ridicoli
accessori, di comprenderne l'importanza e di farne scaturire la luce che
avrebbe illuminato il cammino del futuro.
12. Lo Spiritismo, avendoci
fatto conoscere il mondo invisibile che ci circonda e in mezzo al quale
vivevamo, senza che ne sospettassimo le leggi che lo reggono, i suoi
rapporti con il mondo visibile, la natura e lo stato degli esseri che lo
abitano, e di conseguenza il destino dell'uomo dopo la morte, è una
vera rivelazione, nell'accezione scientifica del termine.
13. Per sua natura, la
rivelazione spiritista ha un doppio carattere: essa partecipa, allo
stesso tempo, della rivelazione divina e della rivelazione scientifica.
Partecipa della prima, in quanto il suo avvento è disegno della
Provvidenza e non il risultato dell'iniziativa e di un disegno
premeditato dell'uomo. E, ancora, partecipa della rivelazione divina, in
quanto i punti fondamentali della dottrina provengono dall'insegnamento
dato dagli Spiriti, incaricati da Dio di illuminare gli uomini sulle
cose che essi ignoravano, che non potevano apprendere da sé stessi, e
che è importante che essi conoscano, oggi che sono maturi per
comprenderle. La rivelazione spiritista partecipa, poi, della
rivelazione scientifica, in quanto questo insegnamento non è il
privilegio di alcuni individui in particolare, ma viene dato a tutti
attraverso la stessa via, in quanto coloro che lo trasmettono e coloro
che lo ricevono non sono affatto degli esseri passivi, dispensati
dal lavoro di osservazione e di ricerca; in quanto questi non
rinunciano alla loro opinione e al loro libero arbitrio; in quanto non è
affatto loro vietato il controllo ma, al contrario, raccomandato.
La rivelazione spiritista partecipa infine della rivelazione scientifica in quanto la dottrina non è stata dettata tutta d'un colpo, di sana pianta, né imposta alla fede cieca; in quanto essa è dedotta, attraverso il lavoro dell'uomo, dall'osservazione dei fatti che gli Spiriti mettono sotto i suoi occhi, e dagli insegnamenti che gli vengono impartiti, insegnamenti ch'egli studia, commenta, confronta e di cui egli stesso trae le conseguenze e le applicazioni. In una parola, ciò che caratterizza la rivelazione spiritista è il fatto che la sua sorgente è divina, che l'iniziativa appartiene agli Spiriti e che la sua elaborazione è frutto del lavoro dell'uomo.
La rivelazione spiritista partecipa infine della rivelazione scientifica in quanto la dottrina non è stata dettata tutta d'un colpo, di sana pianta, né imposta alla fede cieca; in quanto essa è dedotta, attraverso il lavoro dell'uomo, dall'osservazione dei fatti che gli Spiriti mettono sotto i suoi occhi, e dagli insegnamenti che gli vengono impartiti, insegnamenti ch'egli studia, commenta, confronta e di cui egli stesso trae le conseguenze e le applicazioni. In una parola, ciò che caratterizza la rivelazione spiritista è il fatto che la sua sorgente è divina, che l'iniziativa appartiene agli Spiriti e che la sua elaborazione è frutto del lavoro dell'uomo.
14. Come mezzo di
elaborazione, lo Spiritismo procede esattamente alla stessa maniera
delle scienze positive: esso applica, cioè, il metodo sperimentale. Si
presentano, per esempio, fatti di un nuovo ordine, che non possono
spiegarsi attraverso le leggi conosciute? Esso li osserva, li confronta,
li analizza e, risalendo dagli effetti alle cause, arriva alla legge
che li regge; poi ne deduce le conseguenze e ne ricerca le applicazioni
utili. Non stabilisce alcuna teoria preconcetta; pertanto,
non ha posto come ipotesi né l'esistenza e l'intervento degli Spiriti,
né il perispirito, né la reincarnazione, né alcun altro dei principi
della dottrina. Lo Spiritismo è pervenuto alla conclusione circa
l'esistenza degli Spiriti allorché questa esistenza è risultata con
evidenza dall'osservazione dei fatti. E così è stato per tutti gli altri
principi. Non sono i fatti che, a posteriori, sono venuti a confermare
la teoria, ma la teoria che è venuta successivamente a spiegare e a
riassumere i fatti. È dunque rigorosamente esatto dire che lo Spiritismo
è una scienza d'osservazione e non il prodotto dell'immaginazione. Le
scienze hanno fatto seri progressi solo dopo che si è basato il loro
studio sul metodo sperimentale. Ma fino a oggi si è creduto che questo
metodo non fosse applicabile che alla materia, mentre è egualmente
applicabile alle cose metafisiche.
15. Citiamo, ora, un
esempio. Accade, nel mondo degli Spiriti, un fatto assai singolare e
che, di certo, mai nessuno avrebbe sospettato. Il fatto si riferisce a
quello degli Spiriti che non credono di essere morti. Ebbene, gli
Spiriti superiori, che conoscono perfettamente costoro, non sono affatto
venuti a dirci anticipatamente: "Guardate che ci sono degli Spiriti che
credono di vivere ancora la vita terrena e hanno conservato i loro
gusti, le loro abitudini e i loro istinti". Essi hanno invece provocato
la manifestazione di Spiriti di questa categoria, per darci la
possibilità di osservarli. Avendo dunque visto Spiriti incerti circa la
loro condizione, o che affermavano che erano ancora di questo mondo, e
che credevano di attendere ancora alle loro ordinarie occupazioni, dagli
esempi si poté facilmente giungere alla regola. La molteplicità di
fatti analoghi ha provato che non si trattava affatto di un'eccezione,
ma di una delle fasi della vita spiritista. L'osservazione di questi
fatti ha permesso di studiare tutte le varietà e tutte le cause di
questa singolare illusione; di riconoscere che questa situazione
riguarda soprattutto gli Spiriti moralmente poco avanzati e che
appartiene particolarmente a certi generi di morte; di notare che essa è
solo temporanea, ma che può durare dei giorni, dei mesi e anche degli
anni. È così che la teoria è nata dall’osservazione. La stessa cosa vale
per tutti gli altri principi della dottrina.
16. Come la scienza
propriamente detta ha per oggetto lo studio delle leggi del principio
materiale, così l'oggetto speciale dello Spiritismo è la conoscenza
delle leggi del principio spirituale. Ora, siccome quest'ultimo
principio è una delle forze della natura, che agisce incessantemente sul
principio materiale e viceversa, ne risulta che la conoscenza dell'uno
non può essere completa senza la conoscenza dell'altro. Lo Spiritismo e la scienza si completano reciprocamente. La
scienza, senza lo Spiritismo, si trova nell'impossibilità di spiegare,
attraverso le sole leggi della materia, certi fenomeni; a sua volta, lo
Spiritismo senza la scienza mancherebbe di appoggio e di controllo. Lo
studio delle leggi della materia doveva precedere quello dello studio
della spiritualità, perché è la materia che colpisce innanzi tutto i
sensi. Se lo Spiritismo fosse venuto prima delle scoperte scientifiche
sarebbe stato un'opera fallita in partenza, come tutto ciò che
sopraggiunge prima del suo tempo.
17. Tutte le scienze si
concatenano e si succedono secondo un ordine razionale. Esse nascono le
une dalle altre, nella misura in cui trovano un punto d'appoggio nelle
idee e nelle conoscenze anteriori. L'astronomia, una delle prime scienze
che siano state coltivate dall'uomo, è rimasta ancorata ai suoi errori
dell'infanzia fino al momento in cui la fisica è venuta a rivelare la
legge delle forze degli agenti naturali. La chimica, che nulla può senza
la fisica, doveva seguirla da vicino, per poi proseguire entrambe in
accordo, l'una appoggiandosi all'altra. L'anatomia, la fisiologia, la
zoologia, la botanica e la mineralogia sono diventate scienze serie
soltanto con l'aiuto dei lumi apportati dalla fisica e dalla chimica. La
geologia, nata ieri, senza l'astronomia, la fisica, la chimica e tutte
le altre, sarebbe stata priva dei suoi veri elementi di vitalità; essa,
perciò, non poteva venire che dopo.
18. La scienza moderna ha
fatto giustizia dei quattro elementi primitivi degli Antichi e, di
osservazione in osservazione, è arrivata alla concezione di un solo elemento, generatore
di tutte le trasformazioni della materia. Ma la materia, di per sé
stessa, è inerte; essa non ha né vita né pensiero né sentimento; le
occorre l'unione con il principio spirituale. Lo Spiritismo non ha né
scoperto né inventato questo principio, ma per primo lo ha dimostrato
con prove irrefutabili; lo ha studiato, analizzato e ne ha reso l'azione
evidente. All'elemento materiale lo Spiritismo ha aggiunto l’elemento spirituale. Elemento materiale ed elemento spirituale, ecco
i due principi, le due forze vive della natura. Attraverso l'unione
indissolubile di questi due elementi, si spiega senza fatica una miriade
di fatti fino ad allora inesplicabili. [1]
Lo Spiritismo, avendo per oggetto lo studio di uno dei due elementi costitutivi dell'universo, tocca necessariamente la maggior parte delle scienze. Esso, perciò, non poteva venire che dopo la loro elaborazione, ed è nato, per forza di cose, dall'impossibilità di poter spiegare tutto con l'aiuto delle sole leggi della materia.
-------------------------
[1] Il termine elemento non è usato qui nel senso di corpo semplice, elementare, di molecole primitive, ma in quello di parte costituente di un tutto. In questo senso, si può dire che l'elemento spirituale ha una parte attiva nell'economia dell'universo, così come si dice che l'elemento civile e l'elemento militare Figurano nelnumero totale di una popolazione; che l'elemento religioso rientra nell'educazione; che in Algeria c'è l'elemento arabo e l'elemento europeo.
Lo Spiritismo, avendo per oggetto lo studio di uno dei due elementi costitutivi dell'universo, tocca necessariamente la maggior parte delle scienze. Esso, perciò, non poteva venire che dopo la loro elaborazione, ed è nato, per forza di cose, dall'impossibilità di poter spiegare tutto con l'aiuto delle sole leggi della materia.
-------------------------
[1] Il termine elemento non è usato qui nel senso di corpo semplice, elementare, di molecole primitive, ma in quello di parte costituente di un tutto. In questo senso, si può dire che l'elemento spirituale ha una parte attiva nell'economia dell'universo, così come si dice che l'elemento civile e l'elemento militare Figurano nelnumero totale di una popolazione; che l'elemento religioso rientra nell'educazione; che in Algeria c'è l'elemento arabo e l'elemento europeo.
-------------------------
19. Si accusa lo Spiritismo
di legami con la magia e la stregoneria. Ma ci si dimentica che
l'astronomia ha come antenata l'astrologia giudiziale, la quale non è
poi così lontana da noi; che la chimica è figlia dell'alchimia, della
quale nessun uomo di buon senso oserebbe oggi occuparsi. Nessuno nega,
tuttavia, che ci fu nell'astrologia e nell'alchimia il germe delle
verità da cui sono poi nate le scienze attuali. Malgrado le sue ridicole
formule, l'alchimia ci ha messo sulla strada dei corpi semplici e della
legge sulle affinità. L'astrologia si basava sulla posizione e sul
movimento degli astri che aveva studiato; ma, ignorando le vere leggi
che reggevano il meccanismo dell'universo, gli astri erano, per il
volgo, esseri misteriosi ai quali la superstizione attribuiva
un'influenza morale e un significato rivelatore. Allorché Galileo,
Newton e Keplèro ebbero fatto conoscere quelle leggi, allorché il
telescopio ebbe strappato il velo, affondando nelle profondità dello
spazio uno sguardo che alcuni giudicarono indiscreto, i pianeti ci
apparvero semplicemente come dei mondi simili al nostro, e tutto il
castello del meraviglioso crollò.
Lo stesso discorso vale per lo Spiritismo riguardo alla magia e ala stregoneria. Anche queste si basavano sulla manifestazione degli Spiriti, come l'astrologia sul movimento degli astri. Ma, nell'ignoranza delle leggi che reggono il mondo spirituale, esse mescolavano, a questi rapporti, pratiche e credenze ridicole, di cui lo Spiritismo moderno, frutto dell'esperienza e dell'osservazione, ha fatto giustizia. Sicuramente, la distanza che separa lo Spiritismo dalla magia e dalla stregoneria è maggiore di quella che esiste tra l'astronomia e l'astrologia, la chimica e l'alchimia. Volerle confondere è provare che non se ne capisce nulla.
Lo stesso discorso vale per lo Spiritismo riguardo alla magia e ala stregoneria. Anche queste si basavano sulla manifestazione degli Spiriti, come l'astrologia sul movimento degli astri. Ma, nell'ignoranza delle leggi che reggono il mondo spirituale, esse mescolavano, a questi rapporti, pratiche e credenze ridicole, di cui lo Spiritismo moderno, frutto dell'esperienza e dell'osservazione, ha fatto giustizia. Sicuramente, la distanza che separa lo Spiritismo dalla magia e dalla stregoneria è maggiore di quella che esiste tra l'astronomia e l'astrologia, la chimica e l'alchimia. Volerle confondere è provare che non se ne capisce nulla.
20. Il solo fatto di avere
la possibilità di comunicare con gli esseri del mondo spirituale
comporta conseguenze incalcolabili della più profonda gravità. È tutto
un nuovo mondo che ci si rivela ed è tanto più importante in quanto
riguarda tutti gli uomini senza alcuna eccezione. Questa conoscenza non
può mancare di apportare, estendendosi, un profondo cambiamento nei
costumi, nel carattere, nelle abitudini e nelle credenze, che hanno una
così grande influenza sui rapporti sociali. È tutta una rivoluzione che
si attua nelle idee, rivoluzione tanto più grande, tanto più potente, in
quanto non è limitata a un popolo, a una casta, ma raggiunge
simultaneamente, attraverso il cuore, tutte le classi, tutte le
nazionalità, tutti i culti.
È dunque con ragione che lo Spiritismo è considerato come la terza delle grandi rivelazioni. Vediamo in che cosa queste rivelazioni differiscono, e attraverso quale legame si collegano l'una all'altra.
È dunque con ragione che lo Spiritismo è considerato come la terza delle grandi rivelazioni. Vediamo in che cosa queste rivelazioni differiscono, e attraverso quale legame si collegano l'una all'altra.
21. Mosè, come profeta, ha
rivelato agli uomini la conoscenza di un Dio unico, sovrano Maestro e
Creatore di tutte le cose. Egli ha promulgato la legge del Sinai e ha
posto le fondamenta della vera fede. Come uomo, è stato il legislatore
di quel popolo per mezzo del quale questa fede primitiva, purificandosi,
avrebbe dovuto un giorno diffondersi su tutta la Terra.
22. Il CRISTO, prendendo
dell'antica legge ciò che è eterno e divino e scartando ciò che era
soltanto transitorio o puramente disciplinare e di concezione umana,
aggiunge la rivelazione della vita futura, di cui Mosè non aveva affatto parlato, quella delle pene e delle ricompense, che attendono l'uomo dopo la morte (vedere Rivista Spiritista, 1861, pp. 90 e 280).
23. La parte più importante
della rivelazione del Cristo — nel senso che è la prima sorgente e la
pietra angolare di tutta la sua dottrina — è il punto di vista del tutto
nuovo sotto il quale egli fa vedere la Divinità. Non è più, insomma, il
Dio, terribile, geloso e vendicativo di Mosè, il Dio crudele e
impietoso che arrossa la Terra del sangue umano, che ordina il massacro e
lo sterminio dei popoli, senza eccettuare le donne, i vecchi e i
bambini, che punisce coloro che risparmiano i designati al massacro.
Questo non è più il Dio ingiusto che punisce un intero popolo per colpe
commesse dal suo capo, che si vendica del colpevole sulla persona
dell'innocente, che colpisce i figli per le colpe dei padri. Questo è
invece un Dio clemente, sovranamente giusto e buono, pieno di mitezza e
di misericordia, che perdona al peccatore pentito e dà a ciascuno secondo le sue opere. Questo non è più il Dio di un solo popolo privilegiato, il Dio degli eserciti che
presiede ai combattimenti per sostenere la sua propria causa contro il
Dio degli altri popoli. Questo è il Padre comune del genere umano, che
estende la Sua protezione su tutti i Suoi figli e li chiama tutti a Sé.
Non è più il Dio che ricompensa e punisce attraverso i soli beni della
Terra, che fa consistere la gloria e la felicità nell'asservimento dei
popoli rivali e nella molteplicità della progenie. Questo è il Dio che
dice agli uomini: "La vostra vera patria non è in questo mondo, essa è
nel regno celeste. È qui che gli umili di cuore saranno elevati e gli
orgogliosi saranno abbassati." Questo non è più il Dio che della
vendetta fa una virtù e che ordina di rendere occhio per occhio e dente
per dente; ma è il Dio di misericordia, il quale dice: “Perdonate le
offese, se volete che vi sia perdonato; rendete bene per male; non fate
ad altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi.” Questo non è più il
Dio gretto e pedante che impone, sotto le pene più rigorose, la maniera
in cui vuole essere adorato e che si offende per l'inosservanza di una
formula. Ma è il Dio grande che bada al pensiero e non si compiace della
forma. Questo non è più, infine, il Dio che vuole essere temuto, ma il
Dio che vuole essere amato.
24. Essendo Dio il fulcro di tutte le credenze religiose e l'oggetto di tutti i culti, il carattere di tutte le religioni è conforme all'idea ch'esse danno di Dio. Le
religioni che ne fanno un Dio vendicativo e crudele credono di onorarlo
con atti di crudeltà, con i roghi e le torture. Quelle che ne fanno un
Dio parziale e geloso sono intolleranti; esse sono più o meno meticolose
nella forma, a seconda di quanto lo credono contaminato da debolezze e
grettezze umane.
25. Tutta la dottrina del
Cristo è fondata sul carattere che egli attribuisce alla Divinità. Con
un Dio imparziale, sovranamente giusto, buono e misericordioso, egli ha
potuto fare dell'amore di Dio e della carità verso il prossimo la
condizione indispensabile della salvezza, e ha potuto dire: Amate
Dio sopra tutte le cose e il vostro prossimo come voi stessi; qui sta
tutta la legge e qui stanno i profeti. Non c'è altro. Su questa sola
credenza, egli ha potuto basare il principio di eguaglianza degli
uomini davanti a Dio, e della fraternità universale. Ma sarebbe forse
stato possibile amare quel Dio di Mosè? No. Non lo si poteva che temere.
Questa rivelazione dei veri attributi della Divinità, unita a quella dell'immortalità dell'anima e della vita futura, modificava profondamente i mutui rapporti degli uomini, imponeva loro nuovi obblighi, faceva loro giudicare la vita presente sotto un'altra luce; essa doveva, per ciò stesso, influire sui costumi e sulle relazioni sociali. È incontestabilmente questo, a causa delle sue conseguenze, il punto più importante della rivelazione del Cristo, e la cui importanza non è stata abbastanza compresa. Questo è anche — dispiace dirlo — il punto da cui ci si è maggiormente allontanati; ed è anche il punto che è stato più disconosciuto nell'interpretazione dei suoi insegnamenti.
Questa rivelazione dei veri attributi della Divinità, unita a quella dell'immortalità dell'anima e della vita futura, modificava profondamente i mutui rapporti degli uomini, imponeva loro nuovi obblighi, faceva loro giudicare la vita presente sotto un'altra luce; essa doveva, per ciò stesso, influire sui costumi e sulle relazioni sociali. È incontestabilmente questo, a causa delle sue conseguenze, il punto più importante della rivelazione del Cristo, e la cui importanza non è stata abbastanza compresa. Questo è anche — dispiace dirlo — il punto da cui ci si è maggiormente allontanati; ed è anche il punto che è stato più disconosciuto nell'interpretazione dei suoi insegnamenti.
26. Il Cristo, tuttavia,
aggiunge: “Molte delle cose che io vi dico, voi non potete ancora
comprenderle, e io ne avrei molte altre da dire, che voi però non
comprendereste. È per questo che io vi parlo in parabole. Ma, più tardi io vi invierò il Consolatore, lo Spirito di Verità, il quale ristabilirà tutte le cose e ve le spiegherà tutte” (Giovanni 14 e 16; Matteo 17).
Se il Cristo non ha detto tutto quello che avrebbe potuto dire, è perché egli ha creduto di dover lasciare certe verità nell'ombra, fino a quando gli uomini non si fossero trovati in condizione di comprenderle. Per sua stessa ammissione, il suo insegnamento era dunque incompleto, dal momento che annuncia la venuta di colui che deve completarlo. Egli prevedeva dunque che ci saremmo ingannati sulle sue parole, che ci saremmo discostati dal suo insegnamento. In una parola, prevedeva che si sarebbe disfatto ciò ch'egli aveva fatto, poiché ogni cosa deve essere ristabilita. Orbene, non si ristabilisce che quanto è stato disfatto.
Se il Cristo non ha detto tutto quello che avrebbe potuto dire, è perché egli ha creduto di dover lasciare certe verità nell'ombra, fino a quando gli uomini non si fossero trovati in condizione di comprenderle. Per sua stessa ammissione, il suo insegnamento era dunque incompleto, dal momento che annuncia la venuta di colui che deve completarlo. Egli prevedeva dunque che ci saremmo ingannati sulle sue parole, che ci saremmo discostati dal suo insegnamento. In una parola, prevedeva che si sarebbe disfatto ciò ch'egli aveva fatto, poiché ogni cosa deve essere ristabilita. Orbene, non si ristabilisce che quanto è stato disfatto.
27. Perché egli chiama il nuovo Messia Consolatore? Questo
nome significativo e senza alcuna ambiguità è tutto una rivelazione.
Egli prevedeva dunque che gli uomini avrebbero avuto bisogno di
consolazioni, la qual cosa implica l'insufficienza di quelle che essi
avrebbero trovato nella fede che stavano per darsi. Mai, forse, il
Cristo è stato più chiaro e più esplicito come in quelle ultime parole,
alle quali pochi hanno badato, forse perché si è voluto evitare di
metterle in luce e di approfondirne il senso profetico.
28. Se il Cristo non ha
potuto sviluppare il suo insegnamento in maniera completa, ciò è dovuto
al fatto che mancavano agli uomini quelle conoscenze che essi avrebbero
potuto acquisire solo col tempo, e senza le quali non avrebbero potuto
comprendere tale insegnamento. Ci sono cose che sarebbero parse un
nonsenso nello stato delle conoscenze di quei tempi. Completare il suo
insegnamento deve dunque intendersi nel senso di spiegare e di sviluppare, ben
più che nel senso di aggiungere nuove verità, poiché tutto vi si trova
in germe. Solo che mancava la chiave per afferrare il senso delle sue
parole.
29. Ma chi osa permettersi d'interpretare le Sacre Scritture? Chi ha questo diritto? Chi possiede i lumi necessari se non i teologi?
Chi osa farlo? Innanzi tutto la scienza, che non chiede il permesso a nessuno per far conoscere le leggi della natura e salta a piè pari sugli errori e sui pregiudizi. Chi ha questo diritto? In questo secolo di emancipazione intellettuale e di libertà di coscienza, il diritto di esame appartiene a tutti, e le Sacre Scritture non sono più l'arca santa che nessuno osava toccare neppure con la punta delle dita, senza temere di rimanere folgorato. Riguardo ai lumi speciali necessari, senza contestare quelli dei teologi — per quanto illuminati fossero quelli del Medioevo e, in particolare, i Padri della Chiesa — essi, tuttavia, non lo erano ancora abbastanza per rifiutarsi di condannare, come eresia, il movimento della Terra e la teoria degli antipodi. Ma, senza riandare così indietro, i teologi dei giorni nostri non hanno forse lanciato l'anatema contro i periodi di formazione della Terra?
Gli uomini non hanno potuto spiegare le Sacre Scritture che con l'aiuto di ciò che sapevano, delle nozioni false o incomplete che avevano sulle leggi della natura, più tardi rivelate dalla scienza: ecco perché i teologi stessi hanno potuto ingannarsi, in perfetta buona fede, sul senso di certe parole e di certi fatti del Vangelo. Volendo a tutti i costi trovarvi la conferma di un pensiero preconcetto, essi continuavano a girare sempre nel medesimo circolo, senza abbandonare il loro punto di vista, di modo che non vi vedevano che quanto volevano vedervi. Benché dotti, quei teologi non potevano comprendere le cause dipendenti da leggi ch'essi non conoscevano.
Ma chi sarà giudice delle interpretazioni diverse e spesso contraddittorie, date al di fuori della teologia? L'avvenire, la logica e il buon senso. Gli uomini, sempre più illuminati nella misura in cui nuovi fatti e nuove leggi verranno a rivelarsi, sapranno separare dalla realtà i sistemi utopici. Ora, la scienza fa conoscere certe leggi, lo Spiritismo ne fa conoscere altre. Le une e le altre sono indispensabili per la comprensione dei testi sacri di tutte le religioni, da Confucio e Budda fino al Cristianesimo. Quanto alla teologia, essa non avrà giudiziosamente nulla da obiettare circa le contraddizioni della scienza, dal momento che spesso non è d'accordo neppure con sé stessa.
Chi osa farlo? Innanzi tutto la scienza, che non chiede il permesso a nessuno per far conoscere le leggi della natura e salta a piè pari sugli errori e sui pregiudizi. Chi ha questo diritto? In questo secolo di emancipazione intellettuale e di libertà di coscienza, il diritto di esame appartiene a tutti, e le Sacre Scritture non sono più l'arca santa che nessuno osava toccare neppure con la punta delle dita, senza temere di rimanere folgorato. Riguardo ai lumi speciali necessari, senza contestare quelli dei teologi — per quanto illuminati fossero quelli del Medioevo e, in particolare, i Padri della Chiesa — essi, tuttavia, non lo erano ancora abbastanza per rifiutarsi di condannare, come eresia, il movimento della Terra e la teoria degli antipodi. Ma, senza riandare così indietro, i teologi dei giorni nostri non hanno forse lanciato l'anatema contro i periodi di formazione della Terra?
Gli uomini non hanno potuto spiegare le Sacre Scritture che con l'aiuto di ciò che sapevano, delle nozioni false o incomplete che avevano sulle leggi della natura, più tardi rivelate dalla scienza: ecco perché i teologi stessi hanno potuto ingannarsi, in perfetta buona fede, sul senso di certe parole e di certi fatti del Vangelo. Volendo a tutti i costi trovarvi la conferma di un pensiero preconcetto, essi continuavano a girare sempre nel medesimo circolo, senza abbandonare il loro punto di vista, di modo che non vi vedevano che quanto volevano vedervi. Benché dotti, quei teologi non potevano comprendere le cause dipendenti da leggi ch'essi non conoscevano.
Ma chi sarà giudice delle interpretazioni diverse e spesso contraddittorie, date al di fuori della teologia? L'avvenire, la logica e il buon senso. Gli uomini, sempre più illuminati nella misura in cui nuovi fatti e nuove leggi verranno a rivelarsi, sapranno separare dalla realtà i sistemi utopici. Ora, la scienza fa conoscere certe leggi, lo Spiritismo ne fa conoscere altre. Le une e le altre sono indispensabili per la comprensione dei testi sacri di tutte le religioni, da Confucio e Budda fino al Cristianesimo. Quanto alla teologia, essa non avrà giudiziosamente nulla da obiettare circa le contraddizioni della scienza, dal momento che spesso non è d'accordo neppure con sé stessa.
30. Lo SPIRITISMO, partendo
dalle parole stesse del Cristo, così come questi partì da quelle di
Mosè, è una conseguenza diretta della sua dottrina.
All'idea vaga della vita futura, lo Spiritismo aggiunge la rivelazione dell'esistenza del mondo invisibile che ci circonda e che popola lo spazio. E con ciò puntualizza la fede; le dà un corpo, una consistenza, una realtà nel pensiero.
Lo Spiritismo definisce i legami che uniscono l'anima e il corpo, e solleva il velo che nascondeva agli uomini i misteri della nascita e della morte.
Attraverso lo Spiritismo, l'uomo sa da dove viene, sa dove va, perché egli è sulla Terra, perché su questa soffre temporaneamente. E dappertutto vede la giustizia di Dio.
L'uomo sa che l'anima progredisce senza sosta attraverso una serie di esistenze successive, fin quando essa non abbia raggiunto quel grado di perfezione che può avvicinarla a Dio.
L'uomo sa che tutte le anime, avendo un medesimo punto di partenza, sono create uguali, con una medesima attitudine a progredire, in virtù del libero arbitrio. Egli sa che sono tutte della medesima essenza e che tra di loro non vi è che la differenza del progresso compiuto. Egli sa che tutte hanno la medesima destinazione e che tutte raggiungeranno il medesimo fine, più o meno prontamente, a seconda del loro impegno e della loro buona volontà.
L'uomo sa che non esistono creature diseredate, né creature più favorite di altre. Sa che Dio non ne ha create di privilegiate e dispensate dal lavoro, né lo ha imposto a delle altre con lo scopo di progredire. Sa che non vi sono esseri perpetuamente votati al male e alla sofferenza. Sa che quelli designati con il nome di demoni sono Spiriti ancora arretrati e imperfetti, che commettono il male nello stato di Spiriti, come lo commettevano nello stato di uomini; ma sa anche che avanzeranno e miglioreranno. Sa che gli angeli o puri Spiriti non sono affatto degli esseri a parte nella creazione, ma Spiriti che hanno raggiunto il fine, dopo aver seguito la trafila del progresso. Sa che non esistono, perciò, creazioni multiple, né differenti categorie tra gli esseri intelligenti, ma che tutta la creazione deriva dalla grande legge d'unità che regge l'universo, e che tutti gli esseri gravitano verso un fine comune, che è la perfezione, senza che gli uni siano favoriti a spese degli altri, tutti essendo figli delle loro stesse opere.
All'idea vaga della vita futura, lo Spiritismo aggiunge la rivelazione dell'esistenza del mondo invisibile che ci circonda e che popola lo spazio. E con ciò puntualizza la fede; le dà un corpo, una consistenza, una realtà nel pensiero.
Lo Spiritismo definisce i legami che uniscono l'anima e il corpo, e solleva il velo che nascondeva agli uomini i misteri della nascita e della morte.
Attraverso lo Spiritismo, l'uomo sa da dove viene, sa dove va, perché egli è sulla Terra, perché su questa soffre temporaneamente. E dappertutto vede la giustizia di Dio.
L'uomo sa che l'anima progredisce senza sosta attraverso una serie di esistenze successive, fin quando essa non abbia raggiunto quel grado di perfezione che può avvicinarla a Dio.
L'uomo sa che tutte le anime, avendo un medesimo punto di partenza, sono create uguali, con una medesima attitudine a progredire, in virtù del libero arbitrio. Egli sa che sono tutte della medesima essenza e che tra di loro non vi è che la differenza del progresso compiuto. Egli sa che tutte hanno la medesima destinazione e che tutte raggiungeranno il medesimo fine, più o meno prontamente, a seconda del loro impegno e della loro buona volontà.
L'uomo sa che non esistono creature diseredate, né creature più favorite di altre. Sa che Dio non ne ha create di privilegiate e dispensate dal lavoro, né lo ha imposto a delle altre con lo scopo di progredire. Sa che non vi sono esseri perpetuamente votati al male e alla sofferenza. Sa che quelli designati con il nome di demoni sono Spiriti ancora arretrati e imperfetti, che commettono il male nello stato di Spiriti, come lo commettevano nello stato di uomini; ma sa anche che avanzeranno e miglioreranno. Sa che gli angeli o puri Spiriti non sono affatto degli esseri a parte nella creazione, ma Spiriti che hanno raggiunto il fine, dopo aver seguito la trafila del progresso. Sa che non esistono, perciò, creazioni multiple, né differenti categorie tra gli esseri intelligenti, ma che tutta la creazione deriva dalla grande legge d'unità che regge l'universo, e che tutti gli esseri gravitano verso un fine comune, che è la perfezione, senza che gli uni siano favoriti a spese degli altri, tutti essendo figli delle loro stesse opere.
31. Grazie ai rapporti che
l'uomo può ora stabilire con quelli che hanno lasciato la Terra, egli ha
non solo la prova materiale dell'esistenza e della individualità
dell'anima, ma comprende anche la solidarietà che lega i vivi e i morti
di questo mondo con quelli degli altri mondi. Conosce la loro situazione
nel mondo degli Spiriti, li segue nelle loro migrazioni; è testimone
delle loro gioie e dei loro affanni; sa perché sono felici o infelici, e
conosce la sorte che attende lui stesso secondo il bene o il male che
ha fatto. Questi rapporti lo iniziano alla vita futura ch'egli può
osservare in tutte le sue fasi, in tutte le sue peripezie. L'avvenire
non è più una vaga speranza: è un fatto positivo, una certezza
matematica. Allora la morte non ha più nulla di spaventoso, perché per
lui è la liberazione, la porta della vera vita.
32. Attraverso lo studio
della situazione degli Spiriti, l'uomo sa che la felicità e l'infelicità
nella vita spirituale sono inerenti al grado di perfezione e
d'imperfezione; sa che ciascuno subisce le conseguenze dirette e
naturali dei suoi errori; o, detto in altro modo, sa che è punito in
quanto ha peccato; che queste conseguenze durano tanto a lungo quanto la
causa che le ha prodotte; che, di conseguenza, il colpevole soffrirà
eternamente se egli dovesse eternamente persistere nel male, ma che la
sofferenza cessa con il pentimento e la riparazione. Ora, siccome
dipende da ciascuno di noi migliorarsi, ciascuno di noi, in virtù del
libero arbitrio, può prolungare o abbreviare le sue sofferenze, così
come il malato soffre per i suoi eccessi finché non vi pone termine.
33. Se la ragione rifiuta,
in quanto incompatibile con la bontà di Dio, l'idea delle pene
irremissibili, eterne e assolute, spesso inflitte per una sola colpa, e
rifiuta, allo stesso modo, l'idea dei supplizi dell'inferno che neppure
il pentimento più ardente e più sincero può mitigare, essa si inchina,
però, davanti a questa giustizia distributiva e imparziale, che tiene
conto di tutto, non chiude mai la porta al ripensamento e continuamente
tende la mano al naufrago, invece di respingerlo nell'abisso.
34. La pluralità delle
esistenze, di cui il Cristo ha posto il principio nel Vangelo, ma senza
definirlo più di molti altri, è una delle leggi più importanti rivelate
dallo Spiritismo, nel senso che ne dimostra la realtà e la necessità per
il progresso. Con questa legge, l'uomo si spiega tutte le apparenti
anomalie che la vita umana presenta: le differenze della posizione
sociale; le morti premature che, senza la reincarnazione, renderebbero
inutili per l'anima le esistenze brevi; l'ineguaglianza delle attitudini
intellettuali e morali; e si spiega tali apparenti anomalie attraverso
l'anzianità dello Spirito, il quale ha più o meno appreso e progredito e
porta con sé, rinascendo, quanto acquisito nelle sue esistenze
anteriori (n. 5).
35. Con la dottrina della
creazione dell'anima a ogni nascita, si ricade nel sistema delle
creazioni privilegiate: gli uomini sono estranei gli uni agli altri,
niente li unisce, e i legami familiari sono puramente carnali. Essi non
sono affatto solidali di un passato in cui non esistevano; con la
dottrina del nulla dopo la morte, ogni rapporto cessa con la vita. Essi
non sono solidali neppure dell'avvenire. Con la reincarnazione, invece,
essi sono solidali del passato e dell'avvenire; i loro rapporti si
perpetuano nel mondo spirituale e nel mondo corporeo, la fraternità ha
le stesse leggi della natura; il bene ha un fine, il male le sue
inevitabili conseguenze.
36. Con la reincarnazione
cadono i pregiudizi di razza e di casta, poiché il medesimo Spirito può
rinascere ricco o povero, gran signore o proletario, padrone o
sottoposto, libero o schiavo, uomo o donna. Di tutti gli argomenti
invocati contro l'ingiustizia della servitù e della schiavitù, contro
l'assoggettamento della donna alla legge del più forte, non ve n'è
alcuno che superi, in logica, il fatto materiale Mia reincarnazione. Se
dunque la reincarnazione fonda, su una legge della natura, il principio
della fraternità universale, essa fonda sulla stessa legge quello della
legalità dei diritti sociali e, di conseguenza, quello della libertà.
37. Private l'uomo dello
spirito libero, indipendente e che sopravvive alla materia, e voi ne
farete una macchina ben organizzata, senza né finalità né
responsabilità, senza altro freno che la legge civile, e buono da sfruttare come
un animale intelligente. Non attendendosi nulla dopo la morte, nulla lo
frena nell'accrescere le gioie del presente; se soffre, non ha come
prospettiva che la disperazione e il nulla come rifugio. Con la certezza
dell'avvenire, quella di ritrovare coloro che ha amato, e la paura anche di rivedere coloro che ha offeso, tutte
le sue idee cambiano. Non ci fosse che il fatto di aver tratto l'uomo
fuori dal dubbio riguardo alla vita futura, lo Spiritismo avrebbe già
fatto, per il miglioramento morale dell'uomo, più di tutte le leggi
disciplinari che lo imbrigliano a volte, ma non lo cambiano mai.
38. Senza la preesistenza
dell'anima, la dottrina del peccato originale non soltanto è
inconciliabile con la giustizia di Dio, che renderebbe tutti gli uomini
responsabili della colpa di uno solo, ma sarebbe anche un nonsenso.
Infatti essa è tanto meno giustificabile in quanto, secondo tale
dottrina, l'anima non esisteva all'epoca in cui si pretende di far
rimontare la sua responsabilità. Con la preesistenza, l'uomo porta con
sé, rinascendo, il germe delle sue
imperfezioni, dei difetti di cui non si è corretto, e che si traducono
nei suoi istinti nativi, nelle sue propensioni per il tale o talaltro
vizio. Questo è il suo vero peccato originale di cui egli subisce
naturalmente le conseguenze, ma con una differenza fondamentale: egli
sopporta la pena dei suoi propri errori e non la pena dell'errore di un
altro. A questa si aggiunge un'altra differenza, nello stesso tempo
consolante, incoraggiante e sovranamente equa: a ogni esistenza vengono
offerti all'uomo i mezzi per riscattarsi attraverso la riparazione, e
per progredire. Ed egli lo farà sia spogliandosi di alcune imperfezioni,
sia acquisendo nuove cognizioni. E ciò finché, essendo sufficientemente
purificato, non avrà più bisogno della vita corporale e potrà vivere
esclusivamente della vita spirituale, eterna e beata.
Per la stessa ragione, colui che ha progredito moralmente porta con sé, rinascendo, delle qualità naturali; così come colui che ha progredito intellettualmente porta con sé delle idee innate. Identificato tutto ciò con il bene, egli lo pratica senza sforzo, senza calcolo e, per così dire, senza pensarci. Colui che, invece, è obbligato a combattere con le sue cattive tendenze è ancora in piena lotta. Il primo ha già vinto, il secondo cerca di vincere. Esiste dunque una virtù originale, così come esiste un sapere originale, e anche un peccato o, meglio, un vizio originale.
Per la stessa ragione, colui che ha progredito moralmente porta con sé, rinascendo, delle qualità naturali; così come colui che ha progredito intellettualmente porta con sé delle idee innate. Identificato tutto ciò con il bene, egli lo pratica senza sforzo, senza calcolo e, per così dire, senza pensarci. Colui che, invece, è obbligato a combattere con le sue cattive tendenze è ancora in piena lotta. Il primo ha già vinto, il secondo cerca di vincere. Esiste dunque una virtù originale, così come esiste un sapere originale, e anche un peccato o, meglio, un vizio originale.
39. Lo Spiritismo
sperimentale ha studiato le proprietà dei fluidi spirituali e la loro
azione sulla materia. Esso ha dimostrato l'esistenza del perispirito, supposto fin dall'antichità e designato da san Paolo con il nome di corpo spirituale, vale
a dire di corpo fluidico dell'anima dopo la distruzione del corpo
tangibile. Oggi si sa che questo involucro è inseparabile dall'anima;
che è uno degli elementi costitutivi dell'essere umano; che è il veicolo
di trasmissione del pensiero e che, durante la vita del corpo, serve da
legame tra lo Spirito e la materia. Il perispirito gioca un molo così
importante nell'organismo e in una grande varietà di affezioni, che si
collega tanto alla fisiologia quanto alla psicologia.
40. Lo studio delle
proprietà del perispirito, dei fluidi spirituali e degli attributi
fisiologici dell'anima apre nuovi orizzonti alla scienza e dà la chiave
di una miriade di fenomeni finora incompresi, non conoscendosi la legge
che li governa. Tali fenomeni sono negati dal materialismo, perché si
ricollegano alla spiritualità, e qualificati da altri come miracoli o
sortilegi, a seconda delle credenze. Tali sono, tra gli altri, i
fenomeni della doppia vista, della visione a distanza, del sonnambulismo
naturale e artificiale, degli effetti psichici della catalessi e della
letargia, della prescienza, dei presentimenti, delle apparizioni, delle
trasfigurazioni, della trasmissione del pensiero, della fascinazione,
delle guarigioni istantanee, delle ossessioni, delle possessioni ecc.
Dimostrando che questi fenomeni poggiano su leggi naturali come, per
esempio, i fenomeni elettrici, e dimostrando le condizioni normali nelle
quali essi possono riprodursi, lo Spiritismo distrugge l'impero del
meraviglioso e del soprannaturale e, di conseguenza, la fonte della
maggior parte delle superstizioni. Se fa credere alla possibilità di
certe cose guardate da alcuni come chimeriche, esso impedisce di credere
a molte altre, di cui dimostra l'impossibilità e l'irrazionalità.
41. Lo Spiritismo, ben lungi
dal negare o distruggere il Vangelo, vieneal contrario a confermare,
spiegare e sviluppare, attraverso le nuove leggi della natura ch'esso
rivela, tutto ciò che ha detto e fatto il Cristo. Lo Spiritismo porta la
luce sui punti oscuri del Suo insegnamento, in modo tale che coloro per
i quali certe parti del Vangelo erano inintelligibili — o sembravano inammissibili —, ora,
con l'aiuto dello Spiritismo, le comprendono senza fatica e le
ammettono. Essi ne vedono meglio la portata e riescono a distinguere la
realtà dall'allegoria. Il Cristo appare loro più grande: non è più
semplicemente un filosofo, è un Messia divino.
42. Se si considera,
inoltre, il potere moralizzatore dello Spiritismo, per la finalità che
assegna a tutte le azioni della vita, per le conseguenze del bene e del
male che fa toccare con mano; se si considerano la forza morale, il
coraggio, le consolazioni ch'esso dona nelle afflizioni, con una
inalterabile fiducia nell'avvenire, con il pensiero di poter vedere
accanto a sé gli esseri che si sono amati, con la sicurezza di
rivederli, con la possibilità di intrattenersi con loro, con la
certezza, infine, che di tutto quanto si fa, di tutto quello che si
acquisisce in intelligenza, in scienza, in moralità, fino all'ultima ora della vita, nulla
è perduto; se si considera, infine che tutto contribuisce al progresso,
si riconosce allora che lo Spiritismo realizza tutte le promesse del
Cristo, riguardo all'annunciato Consolatore. Ora, siccome è lo Spirito di Verità che
presiede al grande movimento della rigenerazione, la promessa della sua
venuta si trova lo stesso realizzata, poiché di fatto è lui il vero Consolatore. [2]
-------------------------
[2] Molti padri di famiglia piangono la morte prematura dei figli, per l'educazione dei quali hanno fatto grandi sacrifici e dicono a sé stessi che tutto ciò è andato in pura perdita. Con lo Spiritismo essi non rimpiangono questi sacrifici e sarebbero pronti a farli nuovamente, anche con la certezza di veder morire i loro figli, perché sanno che, se questi ultimi non approfittano di questa educazione nel presente, essa servirà prima di tutto al loro avanzamento come Spiriti; poi, sanno che ciò sarà tanto di guadagnato per una nuova esistenza, e che, quando ritorneranno, essi avranno un bagaglio intellettuale che li renderà più idonei ad acquisire nuove conoscenze. Tali sono quei bambini che, nascendo, portano con sé delle idee innate, che sanno, per così dire, senza aver bisogno di apprendere. Se dei genitori non hanno la soddisfazione immediata di vedere i loro figli mettere questa educazione a profitto, essi ne gioiranno di certo più tardi, sia come Spiriti sia come uomini. Forse saranno di nuovo i padri dei medesimi figli, che sono detti dotati felicemente dalla natura e che devono le loro attitudini a una precedente educazione. Così pure, se dei figli sviano verso il male, in seguito alla negligenza dei loro genitori, costoro possono averne a soffrire più tardi, a causa delle angosce e dei dispiaceri, che quelli susciteranno loro in una nuova esistenza (vedere, nel Vangelo secondo lo Spiritismo, il cap. V, n. 21 “Perdita di persone amate. Morti premature”).
-------------------------
-------------------------
[2] Molti padri di famiglia piangono la morte prematura dei figli, per l'educazione dei quali hanno fatto grandi sacrifici e dicono a sé stessi che tutto ciò è andato in pura perdita. Con lo Spiritismo essi non rimpiangono questi sacrifici e sarebbero pronti a farli nuovamente, anche con la certezza di veder morire i loro figli, perché sanno che, se questi ultimi non approfittano di questa educazione nel presente, essa servirà prima di tutto al loro avanzamento come Spiriti; poi, sanno che ciò sarà tanto di guadagnato per una nuova esistenza, e che, quando ritorneranno, essi avranno un bagaglio intellettuale che li renderà più idonei ad acquisire nuove conoscenze. Tali sono quei bambini che, nascendo, portano con sé delle idee innate, che sanno, per così dire, senza aver bisogno di apprendere. Se dei genitori non hanno la soddisfazione immediata di vedere i loro figli mettere questa educazione a profitto, essi ne gioiranno di certo più tardi, sia come Spiriti sia come uomini. Forse saranno di nuovo i padri dei medesimi figli, che sono detti dotati felicemente dalla natura e che devono le loro attitudini a una precedente educazione. Così pure, se dei figli sviano verso il male, in seguito alla negligenza dei loro genitori, costoro possono averne a soffrire più tardi, a causa delle angosce e dei dispiaceri, che quelli susciteranno loro in una nuova esistenza (vedere, nel Vangelo secondo lo Spiritismo, il cap. V, n. 21 “Perdita di persone amate. Morti premature”).
-------------------------
43. Se, a questi risultati,
si aggiunge la rapidità inaudita della diffusione dello Spiritismo,
malgrado tutto ciò che si è fatto per abbatterlo, non si può non
convenire che la sua venuta non sia provvidenziale, poiché esso trionfa
su tutte le forze e su tutte le cattive volontà umane. La facilità con
cui lo Spiritismo viene accettato da un così grande numero di persone, e
ciò senza alcuna imposizione, senza altri mezzi che la potenza
dell'idea, prova ch'esso risponde a una necessità, quella di credere in
qualcosa, dopo il vuoto creato dall'incredulità, e che, di conseguenza,
esso è venuto nel momento giusto.
44. Gli afflitti sono in
gran numero. Non è, perciò, affatto sorprendente che tante persone
accolgano, di preferenza, una dottrina che consoli alle dottrine che
tolgano le speranze, poiché è ai diseredati, più che ai felici del
mondo, che si rivolge lo Spiritismo. Il malato vede arrivare il medico
con più gioia di colui che sta bene. Ora, gli afflitti sono dei malati, e
il Consolatore è il medico.
Oh, voi che combattete lo Spiritismo, se volete che lo si abbandoni per seguire voi, offrite allora più e meglio di quanto esso faccia. Guarite con maggior sicurezza le ferite dell'anima. Offrite più consolazioni, più soddisfazioni al cuore, speranze più legittime, certezze più grandi. Fate dell'avvenire un quadro più razionale e più seducente; ma non pensate, voi, di superarlo, voi con la vostra prospettiva del nulla; voi con la vostra alternativa delle fiamme dell'inferno o della beata e inutile contemplazione perpetua.
Oh, voi che combattete lo Spiritismo, se volete che lo si abbandoni per seguire voi, offrite allora più e meglio di quanto esso faccia. Guarite con maggior sicurezza le ferite dell'anima. Offrite più consolazioni, più soddisfazioni al cuore, speranze più legittime, certezze più grandi. Fate dell'avvenire un quadro più razionale e più seducente; ma non pensate, voi, di superarlo, voi con la vostra prospettiva del nulla; voi con la vostra alternativa delle fiamme dell'inferno o della beata e inutile contemplazione perpetua.
45. La prima rivelazione
aveva la sua personificazione in Mosè, la seconda nel Cristo, la terza
non l'ha in nessun individuo. Le prime due sono individuali, la terza è
collettiva; è questo un carattere essenziale di grande importanza. Essa è
collettiva in questo senso: di non esser fatta o data come privilegio
verso nessuno. Di conseguenza, nessuno può dirsi il profeta esclusivo.
Essa è stata fatta simultaneamente su tutta la Terra, a milioni di
persone, di tutte le età e di tutte le condizioni, dalla più bassa alla
più alta della scala, secondo questa predizione, riferita dall'Autore
degli Atti degli Apostoli: “Avverrà negli
ultimi giorni”, dice Dio, “che io spanderò il mio Spirito sopra ogni
persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri
giovani avranno delle visioni e i vostri vecchi sogneranno dei sogni”
(Atti 2:17). Essa non proviene da nessun culto speciale, al fine di
poter servire a tutti, un giorno, come punto d'incontro. [3]
-------------------------
[3] Il nostro ruolo personale, nel grande movimento di idee che si sta preparando da parte dello Spiritismo e che già incomincia ad attuarsi, è quello di un osservatore attento che studia i fatti, per cercarne la causa e trarne le conseguenze. Noi abbiamo confrontato tutti quei fatti che ci è stato possibile radunare. Abbiamo comparato e commentato le istruzioni date dagli Spiriti su tutti i punti del globo; poi abbiamo coordinato il tutto metodicamente. In una parola, abbiamo studiato e dato al pubblico il frutto delle nostre ricerche, senza attribuire al nostro lavoro altro valore che quello di un'opera filosofica, dedotta dall'osservazione e dall'esperienza, senza mai esserci posti a capo di una dottrina, né aver mai voluto imporre le nostre idee a nessuno. Pubblicandole, noi abbiamo usato di un diritto comune, e coloro che le hanno accettate lo hanno fatto liberamente. Se, poi, queste idee hanno ottenuto molte accondiscendenze, il fatto è che esse hanno avuto il vantaggio di rispondere alle aspirazioni di un grande numero di persone, cosa da cui noi non potremmo trarre alcun motivo di vanità, dal momento che l'origine di tali idee non ci appartiene. Il nostro più grande merito è quello della perseveranza e della dedizione alla causa che abbiamo abbracciato. In tutto ciò, noi abbiamo fatto quello che altri avrebbero potuto fare come noi. È per questo che non abbiamo mai avuto la pretesa di crederci dei profeti o dei messia né, ancor meno, di presentarci come tali.
-------------------------
-------------------------
[3] Il nostro ruolo personale, nel grande movimento di idee che si sta preparando da parte dello Spiritismo e che già incomincia ad attuarsi, è quello di un osservatore attento che studia i fatti, per cercarne la causa e trarne le conseguenze. Noi abbiamo confrontato tutti quei fatti che ci è stato possibile radunare. Abbiamo comparato e commentato le istruzioni date dagli Spiriti su tutti i punti del globo; poi abbiamo coordinato il tutto metodicamente. In una parola, abbiamo studiato e dato al pubblico il frutto delle nostre ricerche, senza attribuire al nostro lavoro altro valore che quello di un'opera filosofica, dedotta dall'osservazione e dall'esperienza, senza mai esserci posti a capo di una dottrina, né aver mai voluto imporre le nostre idee a nessuno. Pubblicandole, noi abbiamo usato di un diritto comune, e coloro che le hanno accettate lo hanno fatto liberamente. Se, poi, queste idee hanno ottenuto molte accondiscendenze, il fatto è che esse hanno avuto il vantaggio di rispondere alle aspirazioni di un grande numero di persone, cosa da cui noi non potremmo trarre alcun motivo di vanità, dal momento che l'origine di tali idee non ci appartiene. Il nostro più grande merito è quello della perseveranza e della dedizione alla causa che abbiamo abbracciato. In tutto ciò, noi abbiamo fatto quello che altri avrebbero potuto fare come noi. È per questo che non abbiamo mai avuto la pretesa di crederci dei profeti o dei messia né, ancor meno, di presentarci come tali.
-------------------------
46. Le prime due
rivelazioni, essendo esse il prodotto di un insegnamento personale, sono
state inevitabilmente localizzate, vale a dire che esse hanno avuto
luogo in un, solo punto, attorno al quale l'idea si è diffusa a poco a
poco. Ma sono occorsi molti secoli perché esse raggiungessero le
estremità del mondo, senza peraltro invaderlo interamente. La terza
rivelazione ha questo di particolare: non essendo personificata in un
individuo, essa si è prodotta simultaneamente in migliaia di punti
diversi, che sono tutti diventati dei centri, o focolai, di diffusione.
Questi centri si moltiplicano, i loro raggi si ricongiungono a poco a
poco, come i cerchi formati da una infinità di sassi gettati nell'acqua;
in tal modo, in un dato tempo, finiranno per ricoprire l'intera
superficie del globo.
Questa è una delle cause della rapida diffusione della dottrina. Se fosse nata in un solo punto, se fosse stata l'opera esclusiva di un uomo, essa avrebbe formato attorno a sé delle sette. Ma sarebbe forse trascorso mezzo secolo prima che avesse raggiunto i confini del paese in cui avesse avuto origine. Invece, dopo dieci anni, essa ha piantato le sue radici da un polo all'altro.
Questa è una delle cause della rapida diffusione della dottrina. Se fosse nata in un solo punto, se fosse stata l'opera esclusiva di un uomo, essa avrebbe formato attorno a sé delle sette. Ma sarebbe forse trascorso mezzo secolo prima che avesse raggiunto i confini del paese in cui avesse avuto origine. Invece, dopo dieci anni, essa ha piantato le sue radici da un polo all'altro.
47. Questa circostanza, che è
straordinaria nella storia delle dottrine, le dà una forza eccezionale e
un potere d'azione irresistibile. In effetti, se è possibile reprimerla
in un luogo, in un paese, è materialmente impossibile reprimerla in
tutti i luoghi, in tutti i paesi. Per un luogo in cui verrà ostacolata,
ve ne saranno a fianco mille in cui fiorirà. Molto di più. Se può essere
colpita in un individuo, non può essere colpita negli Spiriti, che ne
sono la fonte. Ora, siccome gli Spiriti sono dappertutto — e ve ne
saranno sempre — se, per un caso impossibile, si giungesse a soffocare
questa dottrina su tutto il globo, essa riapparirebbe qualche tempo
dopo, perché essa si basa su un fatto, perché questo fatto è nella natura e
perché non si possono sopprimere le leggi della natura. Ecco ciò di cui
devono persuadersi coloro che sognano l'annientamento dello Spiritismo (Rivista Spiritista, febbre. 1865, pag. 38: “Perpetuità dello Spiritismo”).
48. Tuttavia, questi centri
disseminati sulla Terra sarebbero potuti rimanere ancora per lungo tempo
isolati gli uni dagli altri, confinati come lo sono alcuni nei paesi
lontani. Occorreva tra loro un legame che li mettesse in comunione di
idee con i loro fratelli di credo, informandoli su quanto si faceva
altrove. Questo legame, che sarebbe mancato allo Spiritismo
nell'antichità, esiste oggi nelle pubblicazioni, che vanno per ogni
dove, le quali condensano sotto una forma unica, concisa e metodica,
l'insegnamento elargito ovunque sotto molteplici forme e in lingue
diverse.
49. Le prime due rivelazioni
non potevano essere che il risultato di un insegnamento diretto. Esse
dovevano imporsi attraverso la fede sotto l'autorità della parola del
Maestro, non essendo ancora gli uomini abbastanza progrediti per
contribuire alla loro elaborazione.
Notiamo tuttavia tra le due una sfumatura alquanto notevole, dovuta al progresso dei costumi e delle idee, benché siano state fatte presso il medesimo popolo e nel medesimo ambiente, ma con diciotto secoli d'intervallo. La dottrina di Mosè è assoluta e dispotica; non ammette la discussione e s'impone a tutto il popolo con la forza. Quella di Gesù è essenzialmente consiliare; viene liberamente accettata e non s'impone che con la persuasione. Essa è avversata fin da quando era ancora vivo il suo fondatore, che non disdegnava di discutere con i suoi avversari.
Notiamo tuttavia tra le due una sfumatura alquanto notevole, dovuta al progresso dei costumi e delle idee, benché siano state fatte presso il medesimo popolo e nel medesimo ambiente, ma con diciotto secoli d'intervallo. La dottrina di Mosè è assoluta e dispotica; non ammette la discussione e s'impone a tutto il popolo con la forza. Quella di Gesù è essenzialmente consiliare; viene liberamente accettata e non s'impone che con la persuasione. Essa è avversata fin da quando era ancora vivo il suo fondatore, che non disdegnava di discutere con i suoi avversari.
50. La terza rivelazione,
apparsa in un'epoca d'emancipazione e di maturità intellettuale — in cui
l'intelligenza ormai sviluppata non può rassegnarsi a un ruolo passivo,
in cui l'uomo non accetta nulla ciecamente, ma vuole vedere dove lo si
conduce, sapere il perché e il come di ogni cosa — doveva
contemporaneamente essere il prodotto di un insegnamento e il frutto del
lavoro, della ricerca e del libero esame. Gli Spiriti insegnano soltanto ciò che occorre per mettere sulla strada della verità, ma si astengono dal rivelare ciò che l'uomo può trovare da sé stesso. Lasciano
a lui il compito di discutere, di controllare e di sottoporre il tutto
al vaglio della ragione, lasciandogli spesso anche acquisire
l'esperienza a sue spese. Gli forniscono il principio, i materiali: a
lui trarne profitto e porli in opera (n. 15).
51. Poiché gli elementi
della rivelazione spiritista sono stati diffusi, simultaneamente, in una
infinità di luoghi, a uomini di ogni condizione sociale e di gradi
diversi d'istruzione, è più che evidente che le osservazioni non
potevano essere fatte ottenendo dappertutto il medesimo risultato.
Perciò le conseguenze da trarne, le deduzioni delle leggi che reggevano
quest'ordine di fenomeni, in una parola la conclusione che doveva
consolidare le idee, non potevano uscire che dall'insieme e dalla
correlazione dei fatti.
Ora, ogni centro isolato, circoscritto in una cerchia ristretta, che vedeva, il più delle volte, solo un ordine particolare di fatti, a volte apparentemente contraddittori — non avendo generalmente a che fare se non con la medesima categoria di Spiriti, e per di più ostacolato dalle influenze locali e dallo spirito di parte — si trovava nell'impossibilità materiale di abbracciare l'insieme ed era perciò impotente a ricollegare le osservazioni isolate a un principio comune. Valutando ciascuno i fatti dal punto di vista delle sue conoscenze e delle sue credenze anteriori, oppure a seconda dell'opinione particolare degli Spiriti che si manifestavano, ben presto ci sarebbero stati tanti sistemi e tante teorie quanti erano i centri. Nessuno di questi, poi, avrebbe potuto essere completo, per mancanza di elementi di confronto e di controllo. In poche parole, ciascuno si sarebbe fossilizzato nella sua rivelazione parziale, credendo di possedere tutta la verità, ignorando che in cento altri luoghi si stava ottenendo di più o di meglio.
Ora, ogni centro isolato, circoscritto in una cerchia ristretta, che vedeva, il più delle volte, solo un ordine particolare di fatti, a volte apparentemente contraddittori — non avendo generalmente a che fare se non con la medesima categoria di Spiriti, e per di più ostacolato dalle influenze locali e dallo spirito di parte — si trovava nell'impossibilità materiale di abbracciare l'insieme ed era perciò impotente a ricollegare le osservazioni isolate a un principio comune. Valutando ciascuno i fatti dal punto di vista delle sue conoscenze e delle sue credenze anteriori, oppure a seconda dell'opinione particolare degli Spiriti che si manifestavano, ben presto ci sarebbero stati tanti sistemi e tante teorie quanti erano i centri. Nessuno di questi, poi, avrebbe potuto essere completo, per mancanza di elementi di confronto e di controllo. In poche parole, ciascuno si sarebbe fossilizzato nella sua rivelazione parziale, credendo di possedere tutta la verità, ignorando che in cento altri luoghi si stava ottenendo di più o di meglio.
52. Inoltre, bisogna
osservare che in nessun luogo l'insegnamento spiritista è stato
impartito in maniera completa. Esso si riferisce a un numero così grande
di osservazioni e ad argomenti così diversi, i quali esigono sia
conoscenze sia attitudini medianiche speciali, che sarebbe stato
impossibile riunire in uno stesso punto tutte le condizioni necessarie.
Dovendo l'insegnamento essere collettivo e non individuale, gli Spiriti
hanno diviso il lavoro disseminando gli argomenti di studio e di
osservazione, così come in certe fabbriche, la fattura di ogni parte
dello stesso oggetto viene ripartita tra diversi operai.
La rivelazione è così stata fatta parzialmente, in diversi luoghi e da una moltitudine di intermediari, ed è in questa maniera che prosegue ancora in questo momento, poiché non tutto è stato ancora rivelato. Ogni centro trova negli altri centri il complemento di ciò che ottiene, ed è questo insieme e questo coordinamento di tutti gli insegnamenti parziali che hanno costituito la Dottrina Spiritista.
Era dunque necessario raggruppare i fatti sparsi per vederne la correlazione, riunire i diversi documenti e le istruzioni date dagli Spiriti in tutti i luoghi e su tutti gli argomenti, per confrontarli, analizzarli, studiarne le analogie e le differenze. Poiché le comunicazioni erano date dagli Spiriti di tutti gli ordini, più o meno illuminati, occorreva valutare il grado di fiducia che la ragione consentiva di accordare loro. Occorreva anche distinguere le idee sistematiche, individuali e isolate, da quelle che avevano avuto la sanzione dell'insegnamento generale degli Spiriti, nonché le utopie dalle idee pratiche. Bisognava scartare quelle idee che erano palesemente smentite da parte dei dati della scienza positiva e della sana logica; utilizzare egualmente gli errori e le informazioni fornite dagli Spiriti, anche del rango più basso, per la conoscenza dello stato del mondo invisibile e formarne un tutto omogeneo. Occorreva, in una parola, un centro di elaborazione, indipendente da ogni idea preconcetta, da ogni pregiudizio settario, risoluto ad accettare la verità divenuta evidente, foss'anche stata contraria alle sue opinioni personali. Questo centro si è formato da sé, per forza di cose, e senza disegni prenzeditati. [4]
-------------------------
[4] Il libro degli Spiriti, la prima opera che abbia portato Io Spiritismo sulla strada filosofica attraverso la deduzione delle conseguenze morali dei fatti, che abbia considerato tutte le parti della dottrina, toccando le questioni più importanti ch'essa solleva, è stato, fin dal suo primo apparire, il punto d'incontro verso cui sono spontaneamente confluiti i lavori individuali. È noto che la pubblicazione di quel libro segna l'inizio dell'era dello Spiritismo filosofico, rimasto fino ad allora nel dominio delle esperienze di curiosità. Se quel libro ha conquistato le simpatie della maggioranza, è perché esso era l'espressione dei sentimenti di questa stessa maggioranza e perché rispondeva alle sue aspirazioni; non solo, ma anche perché ognuno vi trovava la conferma e una spiegazione razionale di ciò che ognuno otteneva in particolare. Se quel libro fosse stato in disaccordo con l'insegnamento generale degli Spiriti, non avrebbe goduto di alcun credito e sarebbe ben presto caduto nell'oblio. Ora, qual è quel punto di convergenza? Non certo l'uomo, il quale in sé e per sé non è nulla, un semplice meccanismo che muore e scompare; ma quel punto di convergenza è l'idea di uomo, la quale non muore e non scompare, dal momento che essa proviene da una sorgente superiore all'uomo.
Questa concentrazione spontanea di forze sparse ha dato luogo a una corrispondenza immensa, monumento unico al mondo, quadro vivente della vera storia dello Spiritismo moderno, su cui si riflettono contemporaneamente i lavori parziali, i sentimenti molteplici che la dottrina ha fatto nascere, i risultati morali, le dedizioni e i fallimenti; archivi preziosi per la posterità, la quale potrà giudicare gli uomini e le cose attraverso dei documenti autentici. In presenza di queste testimonianze irrefutabili, che avverrà, con lo scorrere del tempo, di tutte le false dichiarazioni e delle diffamazioni nate dall'invidia e dalla gelosia?
-------------------------
La rivelazione è così stata fatta parzialmente, in diversi luoghi e da una moltitudine di intermediari, ed è in questa maniera che prosegue ancora in questo momento, poiché non tutto è stato ancora rivelato. Ogni centro trova negli altri centri il complemento di ciò che ottiene, ed è questo insieme e questo coordinamento di tutti gli insegnamenti parziali che hanno costituito la Dottrina Spiritista.
Era dunque necessario raggruppare i fatti sparsi per vederne la correlazione, riunire i diversi documenti e le istruzioni date dagli Spiriti in tutti i luoghi e su tutti gli argomenti, per confrontarli, analizzarli, studiarne le analogie e le differenze. Poiché le comunicazioni erano date dagli Spiriti di tutti gli ordini, più o meno illuminati, occorreva valutare il grado di fiducia che la ragione consentiva di accordare loro. Occorreva anche distinguere le idee sistematiche, individuali e isolate, da quelle che avevano avuto la sanzione dell'insegnamento generale degli Spiriti, nonché le utopie dalle idee pratiche. Bisognava scartare quelle idee che erano palesemente smentite da parte dei dati della scienza positiva e della sana logica; utilizzare egualmente gli errori e le informazioni fornite dagli Spiriti, anche del rango più basso, per la conoscenza dello stato del mondo invisibile e formarne un tutto omogeneo. Occorreva, in una parola, un centro di elaborazione, indipendente da ogni idea preconcetta, da ogni pregiudizio settario, risoluto ad accettare la verità divenuta evidente, foss'anche stata contraria alle sue opinioni personali. Questo centro si è formato da sé, per forza di cose, e senza disegni prenzeditati. [4]
-------------------------
[4] Il libro degli Spiriti, la prima opera che abbia portato Io Spiritismo sulla strada filosofica attraverso la deduzione delle conseguenze morali dei fatti, che abbia considerato tutte le parti della dottrina, toccando le questioni più importanti ch'essa solleva, è stato, fin dal suo primo apparire, il punto d'incontro verso cui sono spontaneamente confluiti i lavori individuali. È noto che la pubblicazione di quel libro segna l'inizio dell'era dello Spiritismo filosofico, rimasto fino ad allora nel dominio delle esperienze di curiosità. Se quel libro ha conquistato le simpatie della maggioranza, è perché esso era l'espressione dei sentimenti di questa stessa maggioranza e perché rispondeva alle sue aspirazioni; non solo, ma anche perché ognuno vi trovava la conferma e una spiegazione razionale di ciò che ognuno otteneva in particolare. Se quel libro fosse stato in disaccordo con l'insegnamento generale degli Spiriti, non avrebbe goduto di alcun credito e sarebbe ben presto caduto nell'oblio. Ora, qual è quel punto di convergenza? Non certo l'uomo, il quale in sé e per sé non è nulla, un semplice meccanismo che muore e scompare; ma quel punto di convergenza è l'idea di uomo, la quale non muore e non scompare, dal momento che essa proviene da una sorgente superiore all'uomo.
Questa concentrazione spontanea di forze sparse ha dato luogo a una corrispondenza immensa, monumento unico al mondo, quadro vivente della vera storia dello Spiritismo moderno, su cui si riflettono contemporaneamente i lavori parziali, i sentimenti molteplici che la dottrina ha fatto nascere, i risultati morali, le dedizioni e i fallimenti; archivi preziosi per la posterità, la quale potrà giudicare gli uomini e le cose attraverso dei documenti autentici. In presenza di queste testimonianze irrefutabili, che avverrà, con lo scorrere del tempo, di tutte le false dichiarazioni e delle diffamazioni nate dall'invidia e dalla gelosia?
-------------------------
53. Da
questo stato di cose, si è originata una doppia corrente di idee: le
une vanno dalle estremità al centro, le altre ritornano dal centro alla
circonferenza. È così che la dottrina si è rapidamente avviata verso
l'unità, malgrado la diversità delle fonti da cui essa proviene; che i
sistemi divergenti sono a poco a poco caduti, a causa del loro
isolamento e di fronte all'influenza dell'opinione della maggioranza,
nella quale non avevano incontrato echi di simpatia. Da allora, una
comunione di idee si è stabilita fra i diversi centri parziali. Parlando
la medesima lingua spirituale, essi si comprendono e simpatizzano da un
capo all'altro del mondo.
Gli Spiritisti si sono così ritrovati più forti, hanno lottato con più coraggio, sono andati avanti con passo più sicuro, quando non si sono più visti isolati, quando hanno avvertito un punto d'appoggio, un legame che li univa alla grande famiglia. I fenomeni di cui erano testimoni non sono più sembrati loro strani, anormali, contraddittori, quando hanno potuto collegarli alle generali leggi d'armonia, quando hanno potuto abbracciare con un solo colpo d'occhio tutto l'edificio e vedere in tutto questo insieme un fine grandioso e umanitario. [5]
Ma come sapere se un principio è insegnato dappertutto o se non è che il risultato di un'opinione individuale? Poiché i gruppi isolati non erano in grado di sapere ciò che si diceva altrove, era necessario che un centro raccogliesse tutte le istruzioni per fare una sorta di spoglio delle voci, e portare così a conoscenza di tutti l'opinione della maggioranza. [6]
Gli Spiritisti si sono così ritrovati più forti, hanno lottato con più coraggio, sono andati avanti con passo più sicuro, quando non si sono più visti isolati, quando hanno avvertito un punto d'appoggio, un legame che li univa alla grande famiglia. I fenomeni di cui erano testimoni non sono più sembrati loro strani, anormali, contraddittori, quando hanno potuto collegarli alle generali leggi d'armonia, quando hanno potuto abbracciare con un solo colpo d'occhio tutto l'edificio e vedere in tutto questo insieme un fine grandioso e umanitario. [5]
Ma come sapere se un principio è insegnato dappertutto o se non è che il risultato di un'opinione individuale? Poiché i gruppi isolati non erano in grado di sapere ciò che si diceva altrove, era necessario che un centro raccogliesse tutte le istruzioni per fare una sorta di spoglio delle voci, e portare così a conoscenza di tutti l'opinione della maggioranza. [6]
--------------------------
[5] Una significativa testimonianza, tanto notevole quanto toccante, di questa comunione d'idee che si stabilisce tra gli Spiritisti attraverso la conformità delle loro credenze, è data dalle domande di preghiere che ci vengono fatte dalle più lontane contrade, dal Perù fino alle estremità dell'Asia, da parte di persone di religione e nazionalità diverse, e che noi non abbiamo mai viste. Non è questo forse il preludio della grande unificazione che si sta preparando? Non è forse la prova delle forti radici che lo Spiritismo sta mettendo in ogni dove?
Degno di nota è il fatto che, di tutti i gruppi formatisi con l'intenzione premeditata di attuare una scissione, proclamando dei principi divergenti, e, allo stesso modo, di tutti coloro che, per ragioni di amor proprio o altro, e che non volendo aver l'aria di subire la legge comune, si sono creduti abbastanza forti da proseguire da soli, abbastanza illuminati da fare a meno dei consigli, di tutti costoro nessuno è arrivato a costituire un'idea preponderante e vitale. Tutti si sono estinti o hanno vegetato nell'ombra. Come poteva accadere diversamente, dal momento che per distinguersi, invece di sforzarsi di offrire un maggior numero di soddisfazioni, essi, dei principi della dottrina, rifiutavano precisamente ciò che ne fa l'attrattiva più forte, ciò che in essa v'è di più consolante, di più incoraggiante e di più razionale? Se essi avessero compreso la potenza degli elementi morali che ne hanno costituito l'unità, non si sarebbero cullati in un'illusione chimerica. Ma essi hanno preso la loro piccola cerchia per l'universo, non hanno visto negli adepti che una consorteria che poteva essere facilmente rovesciata da un'altra consorteria. Ciò voleva dire ingannarsi in modo singolare sui caratteri essenziali della dottrina, e questo errore non poteva condurre che a delusioni. Invece di rompere l'unità, essi hanno spezzato il solo legame che poteva dar loro la forza e la vita (vedere Rivista Spiritista, aprile 1866, pp. 106 e 111: "Lo Spiritismo senza gli Spiriti"; "Lo Spiritismo indipendente").
[6] Tale è l'oggetto delle nostre pubblicazioni, che possono essere considerate come il risultato di questo spoglio. Vi sono discusse tutte le opinioni, ma le questioni sono formulate in forma di principi solo dopo aver ricevuto la consacrazione di tutti i controlli, i quali sono i soli a poter dar loro la forza di legge e a permettere di affermarle. Ecco perché noi non preconizziamo senza riflettere alcuna teoria; ed è per questo che la, dottrina, procedendo dall'insegnamento generale, non è il prodotto di un sistema preconcetto. Ed è anche da questo ch'essa trae la sua forza, garantendo così il suo futuro.
-------------------------
54. Non esiste alcuna
scienza che sia uscita di sana pianta dal cervello di un uomo. Tutte,
senza eccezione, sono il prodotto di osservazioni successive che si
basano su osservazioni precedenti, come da un punto conosciuto per
arrivare a quello sconosciuto. È così che gli Spiriti hanno proceduto
per lo Spiritismo; è per questo che il loro insegnamento è graduale.
Essi affrontano le questioni soltanto via via che i principi sui quali
essi devono posarsi sono stati sufficientemente elaborati e quando
l'opinione è matura per assimilarle. Bisogna anche notare che tutte le
volte che particolari centri hanno voluto affrontare prematuramente
delle questioni, hanno soltanto ottenuto delle risposte contraddittorie e
inconcludenti. Quando, al contrario, il momento favorevole è giunto,
l'insegnamento si diffonde e si unifica nella quasi universalità dei
centri.
C'è, tuttavia, tra il progresso dello Spiritismo e quello delle scienze una differenza capitale. Il fatto è che le scienze hanno raggiunto il punto dove sono arrivate soltanto dopo lunghi intervalli, mentre allo Spiritismo sono stati sufficienti alcuni anni, per raggiungere se non proprio il punto culminante, per raccogliere almeno una quantità di osservazioni abbastanza grande da poter costituire una dottrina. Ciò dipende dalla innumerevole moltitudine di Spiriti che, per volontà di Dio, si sono manifestati simultaneamente, portando ciascuno il contributo delle sue conoscenze. Ne è risultato che tutte le parti della dottrina, invece di venire elaborate successivamente durante parecchi secoli, lo sono state pressappoco simultaneamente in pochi anni, ed è bastato poi raggrupparle per farne un tutt'uno.
Dio ha voluto che fosse così, prima di tutto perché si arrivasse al tetto dell'edificio più rapidamente, in secondo luogo, perché si potesse, attraverso la comparazione, avere un controllo per così dire immediato e permanente nell'universalità dell'insegnamento, avendo ogni sua parte valore e autorità solo attraverso la sua connessione con l'insieme, e, dovendo tutte le parti armonizzare tra loro, trovare il loro posto nello schedario generale e arrivare ciascuna a suo tempo.
Non affidando a un solo Spirito il compito della promulgazione della dottrina, Dio ha voluto, inoltre, che il più piccolo come il più grande, fra gli Spiriti come fra gli uomini, apportasse la sua pietra all'edificio, al fine di stabilire fra loro un legame cooperativo di solidarietà, legame che è mancato a tutte le dottrine provenienti da un'unica sorgente.
D'altronde, ogni Spirito, così come ogni uomo, non possiede che un bagaglio limitato di conoscenze, ragion per cui gli Spiriti, individualmente, sarebbero stati inabili a trattare in modo esauriente e con competenza le innumerevoli questioni riguardo allo Spiritismo. Ecco perché, allo stesso modo, la dottrina, in ottemperanza ai disegni del Creatore, non poteva essere l'opera né di un solo Spirito né di un solo medium. Essa poteva nascere soltanto dalla collettività dei lavori controllati gli uni dagli altri. [7]
-------------------------
[7] Vedere ne Il Vangelo secondo lo Spiritismo, "Introduzione" pp. 18-19. Vedere anche Rivista Spiritista, aprile 1864, p. 90, "Autorità della dottrina spiritista; controllo universale dell'insegnamento degli Spiriti".
-------------------------
C'è, tuttavia, tra il progresso dello Spiritismo e quello delle scienze una differenza capitale. Il fatto è che le scienze hanno raggiunto il punto dove sono arrivate soltanto dopo lunghi intervalli, mentre allo Spiritismo sono stati sufficienti alcuni anni, per raggiungere se non proprio il punto culminante, per raccogliere almeno una quantità di osservazioni abbastanza grande da poter costituire una dottrina. Ciò dipende dalla innumerevole moltitudine di Spiriti che, per volontà di Dio, si sono manifestati simultaneamente, portando ciascuno il contributo delle sue conoscenze. Ne è risultato che tutte le parti della dottrina, invece di venire elaborate successivamente durante parecchi secoli, lo sono state pressappoco simultaneamente in pochi anni, ed è bastato poi raggrupparle per farne un tutt'uno.
Dio ha voluto che fosse così, prima di tutto perché si arrivasse al tetto dell'edificio più rapidamente, in secondo luogo, perché si potesse, attraverso la comparazione, avere un controllo per così dire immediato e permanente nell'universalità dell'insegnamento, avendo ogni sua parte valore e autorità solo attraverso la sua connessione con l'insieme, e, dovendo tutte le parti armonizzare tra loro, trovare il loro posto nello schedario generale e arrivare ciascuna a suo tempo.
Non affidando a un solo Spirito il compito della promulgazione della dottrina, Dio ha voluto, inoltre, che il più piccolo come il più grande, fra gli Spiriti come fra gli uomini, apportasse la sua pietra all'edificio, al fine di stabilire fra loro un legame cooperativo di solidarietà, legame che è mancato a tutte le dottrine provenienti da un'unica sorgente.
D'altronde, ogni Spirito, così come ogni uomo, non possiede che un bagaglio limitato di conoscenze, ragion per cui gli Spiriti, individualmente, sarebbero stati inabili a trattare in modo esauriente e con competenza le innumerevoli questioni riguardo allo Spiritismo. Ecco perché, allo stesso modo, la dottrina, in ottemperanza ai disegni del Creatore, non poteva essere l'opera né di un solo Spirito né di un solo medium. Essa poteva nascere soltanto dalla collettività dei lavori controllati gli uni dagli altri. [7]
-------------------------
[7] Vedere ne Il Vangelo secondo lo Spiritismo, "Introduzione" pp. 18-19. Vedere anche Rivista Spiritista, aprile 1864, p. 90, "Autorità della dottrina spiritista; controllo universale dell'insegnamento degli Spiriti".
-------------------------
55.Un ultimo carattere della
rivelazione spiritista, che deriva dalle condizioni stesse nelle quali
essa si produce, è che, basandosi su dei fatti, essa è — né potrebbe
essere altrimenti — essenzialmente progressiva, come tutte le scienze
d'osservazione. Attraverso la sua essenza, essa si allea con la scienza
che, essendo il resoconto delle leggi della natura, in relazione a un
certo ordine di fatti, non può essere contraria alla volontà di Dio, che
è l'Autore di quelle leggi. Le scoperte della
scienza glorificano Dio anziché svalutarlo; esse distruggono solo ciò
che gli uomini hanno costruito sulle idee false che essi si sono fatti
di Dio.
Lo Spiritismo pone, dunque, come principio assoluto soltanto ciò che è dimostrato con evidenza oppure ciò che risulta in modo logico dall'osservazione. Toccando tutte le branche dell'economia sociale, alle quali offre l'appoggio delle sue stesse scoperte, assimilerà sempre tutte le dottrine progressive, di qualsiasi ordine esse siano, giunte allo stadio di verità pratiche e uscite dal dominio dell'utopia; senza ciò, esso sarebbe votato al suicidio; cessando di essere ciò che è, verrebbe meno alla sua origine e al suo fine provvidenziale. Lo Spiritismo, marciando di pari passo con il progresso, non sarà mai superato, poiché, se nuove scoperte gli dimostrassero ch'esso è in errore su un certo punto, su questo punto esso si modificherebbe. Se, poi, una nuova verità si rivela, esso l'accetta.[8]
-------------------------
[8] Di fronte a dichiarazioni così nette, e così categoriche come quelle che sono contenute in questo capitolo, cadono tutte le asserzioni di tendenza all'assolutismo e all'autocrazia dei principi, tutte le false equiparazioni, che persone prevenute o malinformate attribuiscono alla dottrina. Queste dichiarazioni, d'altronde, non sono nuove. Noi le abbiamo ripetute abbastanza spesso nei nostri scritti, per non lasciare alcun dubbio a questo riguardo. Esse ci assegnano, inoltre, il nostro vero ruolo, il solo cui noi aspiriamo: quello di semplici lavoratori.
--------------------------
Lo Spiritismo pone, dunque, come principio assoluto soltanto ciò che è dimostrato con evidenza oppure ciò che risulta in modo logico dall'osservazione. Toccando tutte le branche dell'economia sociale, alle quali offre l'appoggio delle sue stesse scoperte, assimilerà sempre tutte le dottrine progressive, di qualsiasi ordine esse siano, giunte allo stadio di verità pratiche e uscite dal dominio dell'utopia; senza ciò, esso sarebbe votato al suicidio; cessando di essere ciò che è, verrebbe meno alla sua origine e al suo fine provvidenziale. Lo Spiritismo, marciando di pari passo con il progresso, non sarà mai superato, poiché, se nuove scoperte gli dimostrassero ch'esso è in errore su un certo punto, su questo punto esso si modificherebbe. Se, poi, una nuova verità si rivela, esso l'accetta.[8]
-------------------------
[8] Di fronte a dichiarazioni così nette, e così categoriche come quelle che sono contenute in questo capitolo, cadono tutte le asserzioni di tendenza all'assolutismo e all'autocrazia dei principi, tutte le false equiparazioni, che persone prevenute o malinformate attribuiscono alla dottrina. Queste dichiarazioni, d'altronde, non sono nuove. Noi le abbiamo ripetute abbastanza spesso nei nostri scritti, per non lasciare alcun dubbio a questo riguardo. Esse ci assegnano, inoltre, il nostro vero ruolo, il solo cui noi aspiriamo: quello di semplici lavoratori.
--------------------------
56. Qual è l'utilità della
dottrina morale degli Spiriti, dal momento che altro non è se non quella
del Cristo? Ha bisogno l'uomo di una rivelazione? Non può forse trovare
in sé stesso tutto ciò che gli occorre per sapere come comportarsi?
Dal punto di vista morale, Dio ha senza dubbio dato all'uomo una guida nella stessa sua coscienza, la quale gli dice: "Non fare ad altri ciò che tu non vorresti si facesse a te". La morale naturale è certamente inscritta nel cuore degli uomini, ma sanno tutti leggerla? Non sono mai stati disconosciuti i suoi saggi precetti? Che cosa si è fatto della morale del Cristo? Come la praticano quegli stessi che la insegnano? Non se n'è forse fatta lettera morta, una bella teoria buona per gli altri, ma non per sé stessi? Rimproverereste a un padre di ripetere dieci e anche cento volte gli stessi insegnamenti ai suoi figli, se costoro non ne traggono profitto? Perché Dio dovrebbe fare meno di quanto fa un padre di famiglia? Perché non dovrebbe inviare di tanto in tanto, fra gli uomini, degli speciali messaggeri incaricati di richiamarli ai loro doveri, di rimetterli sulla retta via quando se ne allontanano, di aprire gli occhi dell'intelligenza a coloro che li hanno chiusi, così come gli uomini più progrediti inviano dei missionari presso i barbari e i selvaggi?
Gli Spiriti non insegnano altra morale che quella del Cristo, per la ragione che non ve n'è una migliore. Ma allora a che pro il loro insegnamento se dicono ciò che noi già sappiamo? Altrettanto si potrebbe dire della morale del Cristo, che fu insegnata cinquecento anni prima di lui da Socrate e da Platone, e in termini pressoché identici; e altrettanto si potrebbe dire di tutti i moralisti che ripetono le stesse cose in tutti i toni e sotto tutte le forme. Ebbene! Gli Spiriti molto semplicemente vengono ad aumentare il numero dei moralisti, con la differenza che, manifestandosi dappertutto, si fanno intendere nella capanna come nel palazzo, dagli ignoranti come dalla gente istruita.
Ciò che l'insegnamento degli Spiriti aggiunge alla morale del Cristo è la conoscenza dei principi che reggono le relazioni tra i morti e i vivi, completando così le vaghe nozioni ch'Egli aveva dato dell'anima, del suo passato e del suo avvenire, e dando come approvazione alla Sua dottrina le medesime leggi della natura. Con l'aiuto dei nuovi lumi portati dallo Spiritismo e dagli Spiriti, l'uomo comprende la solidarietà che lega tutti gli esseri; la carità e la fraternità diventano una necessità sociale; ed egli fa per convinzione ciò che prima faceva soltanto per dovere. E lo fa meglio.
Allorché gli uomini praticheranno la morale del Cristo, allora soltanto potranno dire che non hanno più bisogno di moralisti incarnati o disincarnati. Ma, allora, Dio non ne invierà più.
Dal punto di vista morale, Dio ha senza dubbio dato all'uomo una guida nella stessa sua coscienza, la quale gli dice: "Non fare ad altri ciò che tu non vorresti si facesse a te". La morale naturale è certamente inscritta nel cuore degli uomini, ma sanno tutti leggerla? Non sono mai stati disconosciuti i suoi saggi precetti? Che cosa si è fatto della morale del Cristo? Come la praticano quegli stessi che la insegnano? Non se n'è forse fatta lettera morta, una bella teoria buona per gli altri, ma non per sé stessi? Rimproverereste a un padre di ripetere dieci e anche cento volte gli stessi insegnamenti ai suoi figli, se costoro non ne traggono profitto? Perché Dio dovrebbe fare meno di quanto fa un padre di famiglia? Perché non dovrebbe inviare di tanto in tanto, fra gli uomini, degli speciali messaggeri incaricati di richiamarli ai loro doveri, di rimetterli sulla retta via quando se ne allontanano, di aprire gli occhi dell'intelligenza a coloro che li hanno chiusi, così come gli uomini più progrediti inviano dei missionari presso i barbari e i selvaggi?
Gli Spiriti non insegnano altra morale che quella del Cristo, per la ragione che non ve n'è una migliore. Ma allora a che pro il loro insegnamento se dicono ciò che noi già sappiamo? Altrettanto si potrebbe dire della morale del Cristo, che fu insegnata cinquecento anni prima di lui da Socrate e da Platone, e in termini pressoché identici; e altrettanto si potrebbe dire di tutti i moralisti che ripetono le stesse cose in tutti i toni e sotto tutte le forme. Ebbene! Gli Spiriti molto semplicemente vengono ad aumentare il numero dei moralisti, con la differenza che, manifestandosi dappertutto, si fanno intendere nella capanna come nel palazzo, dagli ignoranti come dalla gente istruita.
Ciò che l'insegnamento degli Spiriti aggiunge alla morale del Cristo è la conoscenza dei principi che reggono le relazioni tra i morti e i vivi, completando così le vaghe nozioni ch'Egli aveva dato dell'anima, del suo passato e del suo avvenire, e dando come approvazione alla Sua dottrina le medesime leggi della natura. Con l'aiuto dei nuovi lumi portati dallo Spiritismo e dagli Spiriti, l'uomo comprende la solidarietà che lega tutti gli esseri; la carità e la fraternità diventano una necessità sociale; ed egli fa per convinzione ciò che prima faceva soltanto per dovere. E lo fa meglio.
Allorché gli uomini praticheranno la morale del Cristo, allora soltanto potranno dire che non hanno più bisogno di moralisti incarnati o disincarnati. Ma, allora, Dio non ne invierà più.
57. Una delle domande più
importanti, tra quelle che sono all'inizio di questo capitolo, è la
seguente: quale autorità ha la rivelazione spiritista, dal momento che
proviene da esseri i cui lumi sono limitati e non infallibili?
L'obiezione sarebbe grave, se tale rivelazione consistesse soltanto nell'insegnamento degli Spiriti, se noi dovessimo riceverla esclusivamente da loro e accettarla a occhi chiusi. Essa è, invece, senza valore dal momento che l'uomo vi apporta il contributo della sua intelligenza e del suo giudizio; che gli Spiriti lo mettono sulla strada delle deduzioni ch'egli può trarre dall'osservazione dei fatti. Orbene, le manifestazioni nelle loro innumerevoli varietà sono dei fatti. L'uomo li studia e ne cerca la legge; ed è aiutato in questo dagli Spiriti di ogni ordine, i quali sono dei collaboratori piuttosto che dei rivelatori nel senso corrente del termine. Egli sottopone i loro giudizi al controllo della logica e del buon senso. In questo modo beneficia delle conoscenze speciali ch'essi devono alla loro posizione, senza ch'egli abdichi per questo all'uso della propria ragione.
Non essendo gli Spiriti nient'altro che le anime degli uomini, comunicando con loro, noi non usciamo fuori dall'umanità, circostanza questa fondamentale e di cui va tenuto conto. Gli uomini di genio, che sono stati le fiaccole dell'umanità, sono usciti dunque dal mondo degli Spiriti, così come vi sono rientrati lasciando la Terra. Dal momento che gli Spiriti possono comunicare con gli uomini, questi stessi geni possono dar loro delle istruzioni sotto la forma spirituale, come hanno fatto sotto la forma corporea. Possono istruirci dopo la loro morte, come facevano quand'erano vivi. Sono invisibili invece d'essere visibili: ecco tutta la differenza. La loro esperienza e il loro sapere non devono essere considerati minori. Se la loro parola, come uomini, aveva dell'autorità, non ne deve aver meno per il fatto che sono nel mondo degli Spiriti.
L'obiezione sarebbe grave, se tale rivelazione consistesse soltanto nell'insegnamento degli Spiriti, se noi dovessimo riceverla esclusivamente da loro e accettarla a occhi chiusi. Essa è, invece, senza valore dal momento che l'uomo vi apporta il contributo della sua intelligenza e del suo giudizio; che gli Spiriti lo mettono sulla strada delle deduzioni ch'egli può trarre dall'osservazione dei fatti. Orbene, le manifestazioni nelle loro innumerevoli varietà sono dei fatti. L'uomo li studia e ne cerca la legge; ed è aiutato in questo dagli Spiriti di ogni ordine, i quali sono dei collaboratori piuttosto che dei rivelatori nel senso corrente del termine. Egli sottopone i loro giudizi al controllo della logica e del buon senso. In questo modo beneficia delle conoscenze speciali ch'essi devono alla loro posizione, senza ch'egli abdichi per questo all'uso della propria ragione.
Non essendo gli Spiriti nient'altro che le anime degli uomini, comunicando con loro, noi non usciamo fuori dall'umanità, circostanza questa fondamentale e di cui va tenuto conto. Gli uomini di genio, che sono stati le fiaccole dell'umanità, sono usciti dunque dal mondo degli Spiriti, così come vi sono rientrati lasciando la Terra. Dal momento che gli Spiriti possono comunicare con gli uomini, questi stessi geni possono dar loro delle istruzioni sotto la forma spirituale, come hanno fatto sotto la forma corporea. Possono istruirci dopo la loro morte, come facevano quand'erano vivi. Sono invisibili invece d'essere visibili: ecco tutta la differenza. La loro esperienza e il loro sapere non devono essere considerati minori. Se la loro parola, come uomini, aveva dell'autorità, non ne deve aver meno per il fatto che sono nel mondo degli Spiriti.
58. Ma non sono solo gli
Spiriti superiori a mostrarsi, sono anche gli Spiriti di tutti gli altri
ordini, e ciò è necessario per iniziarci al vero carattere del mondo
spirituale, mostrandocelo in tutti i suoi aspetti. Grazie a ciò, i
rapporti tra il mondo visibile e il mondo invisibile sono più profondi, e
la connessione è più evidente; noi vediamo più chiaramente da dove
veniamo e dove andiamo. Questo è lo scopo essenziale di tali
manifestazioni. Tutti gli Spiriti, a qualsiasi livello essi siano
pervenuti, hanno perciò qualcosa da insegnarci; ma, siccome essi sono
più o meno illuminati, sta a noi discernere quanto v'è in loro di buono o
quanto di cattivo, e trarne il vantaggio che il loro insegnamento
comporta. Orbene, ogni Spirito, chiunque egli sia, può insegnarci o
rivelarci cose che noi ignoriamo e che senza di loro non potremmo
sapere.
59. I grandi Spiriti
incarnati sono delle individualità possenti e senza contraddizioni, ma
la loro azione è limitata e, per forza di cose, lenta a diffondersi.
Ammettiamo pure che uno solo di essi, foss'anche lo stesso Elia o Mosè,
Socrate o Platone, fosse venuto in questi ultimi tempi a rivelare agli
uomini lo stato del mondo spirituale, chi avrebbe provato la verità di
tali asserzioni, in questi tempi di scetticismo? Non si sarebbe, forse,
guardato a lui come a un utopista o a un sognatore? Pur ammettendo
ch'egli fosse nel vero assoluto, sarebbero dovuti scorrere dei secoli
prima che le sue idee fossero accettate dalle masse. Dio, nella Sua
saggezza, non ha voluto che fosse così. Egli ha voluto che
l'insegnamento venisse dato dagli Spiriti stessi, e
non da incarnati, al fine di convincere gli uomini della loro
esistenza. Ha voluto, poi, che tale insegnamento avesse luogo
simultaneamente su tutta la Terra, sia perché esso si propagasse più
rapidamente, sia perché gli uomini trovassero nella coincidenza
dell'insegnamento una prova della verità, avendo così ciascuno i mezzi
per convincersene da sé stesso.
60. Gli Spiriti non vengono
per affrancare l'uomo dall'impegno dello studio e della ricerca. Essi
non gli consegnano nessuna scienza bell'e fatta; e, riguardo a ciò che
egli può trovare da sé, essi lasciano che lo trovi con le sue stesse
forze. Questo, oggi, gli Spiriti lo sanno perfettamente. Da lungo tempo,
l'esperienza ha dimostrato l'errore dell'opinione che attribuisce agli
Spiriti ogni sapere e ogni saggezza, e secondo cui basta rivolgersi al
primo Spirito che si presenti, per conoscere ogni cosa. Usciti
dall'umanità, gli Spiriti ne sono uno degli aspetti. Come sulla Terra,
ve ne sono di superiori e di ordinari; molti, dunque, ne sanno di
scienze e di filosofia meno di certi uomini; dicono ciò che sanno, né
più né meno. Come fra gli uomini, gli Spiriti più progrediti possono
informarci su molte cose, offrirci dei consigli più giudiziosi di quelli
degli Spiriti arretrati. Domandare dei
consigli agli Spiriti non significa affatto rivolgersi a delle potenze
soprannaturali, ma a dei propri simili, a quegli stessi ai quali ci si
sarebbe rivolti quando erano vivi: ai propri parenti, ai propri amici o a
persone più illuminate di noi. Ecco
ciò di cui è importante persuadersi e ciò che ignorano coloro che, non
avendo studiato lo Spiritismo, si fanno una idea completamente falsa
riguardo alla natura del mondo degli Spiriti e alle relazioni
d'oltretomba.
61. Qual è allora l'utilità
di queste manifestazioni o, se si preferisce, di questa rivelazione, dal
momento che gli Spiriti non ne sanno più di noi, oppure se non dicono
tutto ciò che sanno?
Prima di tutto, come abbiamo già detto, essi si rifiutano di darci ciò che noi possiamo acquisire per mezzo del lavoro. In secondo luogo, ci sono cose che non è loro permesso di rivelare, perché il nostro grado di avanzamento non lo ammette. Ma, questo a parte, le condizioni della loro nuova esistenza allargano il cerchio delle loro percezioni. Essi vedono ora ciò che sulla Terra non vedevano; affrancati dagli ostacoli della materia, liberati dagli affanni della vita corporale, essi giudicano le cose da un punto di vista più elevato e, pertanto, più sano; la loro perspicacia abbraccia un orizzonte più vasto. Comprendono i loro errori, rettificano le loro idee e si sbarazzano dei pregiudizi umani.
È in questo che consiste la superiorità degli Spiriti, in relazione alla umanità corporea, ed è per questo che i loro consigli possono essere, tenuto conto del loro grado di avanzamento, più giudiziosi e più disinteressati dei consigli degli incarnati. L'ambiente nel quale essi si trovano permette loro, inoltre, di iniziarci alle cose della vita futura, che noi ignoriamo e che non possiamo apprendere nell'ambiente in cui ci troviamo. Finora l'uomo aveva soltanto formulato delle ipotesi sul suo futuro. Ecco perché le sue credenze su questo punto sono state suddivise in sistemi tanto numerosi e tanto divergenti, dal nichilismo fino alle fantastiche concezioni dell'inferno e del paradiso. Oggi, sono i testimoni oculari, gli interpreti stessi della vita d'oltretomba che vengono a riferirci che cosa accade. E sono i soli che possano farlo. Queste manifestazioni sono dunque servite a farci conoscere il mondo invisibile che ci circonda, e che noi non sospettavamo neppure. E già questa sola conoscenza sarebbe d'una importanza capitale, quand'anche supponessimo che gli Spiriti non fossero capaci di insegnarci niente di più.
Se andaste in un paese a voi sconosciuto, rifiutereste le indicazioni del più umile contadino in cui potreste imbattervi? Rifiutereste di interrogarlo sulle condizioni della strada, solo perché non è che un contadino? Voi, certamente, non vi attenderete da lui chiarimenti di elevatissima portata, ma uno come lui potrà, su certi punti, informarvi nella sua sfera meglio di uno scienziato che non conoscesse il paese. Voi trarrete, dalle sue indicazioni, conclusioni che lui stesso non saprebbe trarre, ma sarà pur sempre stato uno strumento utile per le vostre osservazioni; non foss'altro, egli è servito a farvi conoscere i costumi dei contadini. La stessa cosa avviene per quanto riguarda i rapporti con gli Spiriti, dove anche il più piccolo può servire a farci apprendere qualche cosa.
Prima di tutto, come abbiamo già detto, essi si rifiutano di darci ciò che noi possiamo acquisire per mezzo del lavoro. In secondo luogo, ci sono cose che non è loro permesso di rivelare, perché il nostro grado di avanzamento non lo ammette. Ma, questo a parte, le condizioni della loro nuova esistenza allargano il cerchio delle loro percezioni. Essi vedono ora ciò che sulla Terra non vedevano; affrancati dagli ostacoli della materia, liberati dagli affanni della vita corporale, essi giudicano le cose da un punto di vista più elevato e, pertanto, più sano; la loro perspicacia abbraccia un orizzonte più vasto. Comprendono i loro errori, rettificano le loro idee e si sbarazzano dei pregiudizi umani.
È in questo che consiste la superiorità degli Spiriti, in relazione alla umanità corporea, ed è per questo che i loro consigli possono essere, tenuto conto del loro grado di avanzamento, più giudiziosi e più disinteressati dei consigli degli incarnati. L'ambiente nel quale essi si trovano permette loro, inoltre, di iniziarci alle cose della vita futura, che noi ignoriamo e che non possiamo apprendere nell'ambiente in cui ci troviamo. Finora l'uomo aveva soltanto formulato delle ipotesi sul suo futuro. Ecco perché le sue credenze su questo punto sono state suddivise in sistemi tanto numerosi e tanto divergenti, dal nichilismo fino alle fantastiche concezioni dell'inferno e del paradiso. Oggi, sono i testimoni oculari, gli interpreti stessi della vita d'oltretomba che vengono a riferirci che cosa accade. E sono i soli che possano farlo. Queste manifestazioni sono dunque servite a farci conoscere il mondo invisibile che ci circonda, e che noi non sospettavamo neppure. E già questa sola conoscenza sarebbe d'una importanza capitale, quand'anche supponessimo che gli Spiriti non fossero capaci di insegnarci niente di più.
Se andaste in un paese a voi sconosciuto, rifiutereste le indicazioni del più umile contadino in cui potreste imbattervi? Rifiutereste di interrogarlo sulle condizioni della strada, solo perché non è che un contadino? Voi, certamente, non vi attenderete da lui chiarimenti di elevatissima portata, ma uno come lui potrà, su certi punti, informarvi nella sua sfera meglio di uno scienziato che non conoscesse il paese. Voi trarrete, dalle sue indicazioni, conclusioni che lui stesso non saprebbe trarre, ma sarà pur sempre stato uno strumento utile per le vostre osservazioni; non foss'altro, egli è servito a farvi conoscere i costumi dei contadini. La stessa cosa avviene per quanto riguarda i rapporti con gli Spiriti, dove anche il più piccolo può servire a farci apprendere qualche cosa.
62. Un comune esempio farà ancor meglio comprendere la situazione.
Una nave carica di emigranti parte per una lontana destinazione. Trasporta uomini di tutte le condizioni, che sono parenti e amici di coloro che restano. Un giorno si apprende che questa nave ha fatto naufragio; non ne è rimasta alcuna traccia, né alcuna notizia è pervenuta sulla sua sorte; si pensa che tutti i passeggeri siano periti; il lutto entra in tutte le famiglie. Tuttavia, l'equipaggio al completo e tutti i passeggeri, senza eccettuare un solo uomo, sono sbarcati su una terra sconosciuta, rigogliosa e fertile, dove tutti vivono felici sotto un cielo clemente. Ma di tutto ciò, nessuno sa nulla. Orbene, ecco che un giorno un'altra nave approda su questa terra e vi trova tutti i naufraghi sani e salvi. La felice notizia si diffonde con la velocità del lampo. Tutti esclamano: "Non sono perduti i nostri amici!" e ne rendono grazie a Dio. Non possono vedersi ma si corrispondono, si scambiano testimonianze d'affetto, ed ecco che la gioia succede alla tristezza.
Tale è l'immagine della vita terrena e della vita d'oltretomba, prima e dopo la rivelazione moderna. Essa, simile alla seconda nave, ci porta la buona notizia della sopravvivenza di coloro che ci sono cari, e la certezza di raggiungerli un giorno. Il dubbio sulla loro sorte e sulla nostra non esiste più. Lo scoraggiamento, davanti alla speranza, svanisce.
Ma altri risultati hanno appena resa feconda questa rivelazione. Dio, giudicando l'umanità matura per penetrare il mistero della sua destinazione e contemplare a sangue freddo le nuove meraviglie, ha permesso che il velo, che separa il mondo visibile dal mondo invisibile, fosse sollevato. Il fenomeno delle manifestazioni non ha nulla di sovrumano. È l'umanità spirituale che viene a conversare con l'umanità corporale e le dice:
"Noi esistiamo, dunque il nulla non esiste. Ecco ciò che noi siamo ed ecco ciò che voi sarete. L'avvenire è a voi come lo è a noi. Voi marciavate nelle tenebre, noi veniamo a illuminarvi il cammino e a spianarvi la strada. Procedete pure casualmente, noi vi mostreremo la meta. La vita terrena era tutto per voi, perché voi non vedevate niente al di là. Noi, mostrandovi la, vita spirituale, veniamo a dirvi: la vita terrena non è niente. La vostra vista si arrestava alla tomba, noi vi mostriamo, al di là di essa, un orizzonte splendido. Voi non sapevate perché doveste soffrire sulla Terra, ora, nella sofferenza voi vedrete la giustizia di Dio. Il bene era senza frutti evidenti per l'avvenire, d'ora in poi esso avrà uno scopo e sarà anzi una necessità. La fraternità non era che una bella teoria, ora essa poggia su una legge della natura. Sotto il dominio della credenza secondo cui tutto finisce con la vita, l'immensità è vuota, l'egoismo regna sovrano fra di voi, e la vostra parola d'ordine è: ‘Ciascuno per sé’. Con la certezza dell'avvenire, gli spazi infiniti si popolano all'infinito, il vuoto e la solitudine non sono più da nessuna parte, e la solidarietà lega tutti gli esseri al di qua e al di là della tomba. È, questo, il regno della carità, che ha per motto: 'Uno per tutti, e tutti per uno'. Infine, al termine della vita voi pronunciavate un eterno addio a quelli che vi sono cari, ora voi direte loro: ‘Arrivederci!’"
Tali sono, riassumendo, i risultati della nuova rivelazione; essa è venuta a colmare il vuoto creato dall'incredulità, a risollevare gli animi abbattuti dal dubbio o dalla prospettiva del nulla e a donare a tutte le cose una ragion d'essere. È dunque senza importanza questo risultato? Ed è senza importanza il fatto che gli Spiriti non vengano a risolvere i problemi della scienza, a offrire il sapere agli ignoranti, e ai pigri i mezzi per arricchirsi senza fatica? Tuttavia i risultati che l'uomo deve trarne non riguardano soltanto la vita futura. Egli ne gioirà sulla Terra, per la trasformazione che queste nuove credenze devono necessariamente operare sul suo carattere, sui suoi gusti, sulle sue tendenze e, di conseguenza, sulle abitudini e relazioni sociali. Mettendo fine al regno dell'egoismo, dell'orgoglio e della incredulità, esse preparano quello del bene, che è il regno di Dio annunciato dal Cristo.[9]
-------------------------
[9] L'uso dell'articolo davanti alla parola Cristo (dal greco Chirstós, unto), impiegata in senso assoluto, è più corretto, considerato che questa parola non è il nome del Messia di Nazareth, ma una qualità assunta come sostantivo. Si dirà perciò: Gesù era Cristo; egli era il Cristo annunciato; la morte del Cristo e non di Cristo; mentre si dirà: la morte di Gesù e non del Gesù. In Gesù-Cristo, le due parole riunite formano un solo nome proprio. È per la stessa ragione che si dice: il Budda; Gautama conquistò la dignità di Budda per le sue virtù e la sua austerità; la vita del Budda, così come si dice: l'armata del Faraone e non di Faraone, Enrico IV era re, il titolo di re la morte del re e non dire.
-------------------------
Una nave carica di emigranti parte per una lontana destinazione. Trasporta uomini di tutte le condizioni, che sono parenti e amici di coloro che restano. Un giorno si apprende che questa nave ha fatto naufragio; non ne è rimasta alcuna traccia, né alcuna notizia è pervenuta sulla sua sorte; si pensa che tutti i passeggeri siano periti; il lutto entra in tutte le famiglie. Tuttavia, l'equipaggio al completo e tutti i passeggeri, senza eccettuare un solo uomo, sono sbarcati su una terra sconosciuta, rigogliosa e fertile, dove tutti vivono felici sotto un cielo clemente. Ma di tutto ciò, nessuno sa nulla. Orbene, ecco che un giorno un'altra nave approda su questa terra e vi trova tutti i naufraghi sani e salvi. La felice notizia si diffonde con la velocità del lampo. Tutti esclamano: "Non sono perduti i nostri amici!" e ne rendono grazie a Dio. Non possono vedersi ma si corrispondono, si scambiano testimonianze d'affetto, ed ecco che la gioia succede alla tristezza.
Tale è l'immagine della vita terrena e della vita d'oltretomba, prima e dopo la rivelazione moderna. Essa, simile alla seconda nave, ci porta la buona notizia della sopravvivenza di coloro che ci sono cari, e la certezza di raggiungerli un giorno. Il dubbio sulla loro sorte e sulla nostra non esiste più. Lo scoraggiamento, davanti alla speranza, svanisce.
Ma altri risultati hanno appena resa feconda questa rivelazione. Dio, giudicando l'umanità matura per penetrare il mistero della sua destinazione e contemplare a sangue freddo le nuove meraviglie, ha permesso che il velo, che separa il mondo visibile dal mondo invisibile, fosse sollevato. Il fenomeno delle manifestazioni non ha nulla di sovrumano. È l'umanità spirituale che viene a conversare con l'umanità corporale e le dice:
"Noi esistiamo, dunque il nulla non esiste. Ecco ciò che noi siamo ed ecco ciò che voi sarete. L'avvenire è a voi come lo è a noi. Voi marciavate nelle tenebre, noi veniamo a illuminarvi il cammino e a spianarvi la strada. Procedete pure casualmente, noi vi mostreremo la meta. La vita terrena era tutto per voi, perché voi non vedevate niente al di là. Noi, mostrandovi la, vita spirituale, veniamo a dirvi: la vita terrena non è niente. La vostra vista si arrestava alla tomba, noi vi mostriamo, al di là di essa, un orizzonte splendido. Voi non sapevate perché doveste soffrire sulla Terra, ora, nella sofferenza voi vedrete la giustizia di Dio. Il bene era senza frutti evidenti per l'avvenire, d'ora in poi esso avrà uno scopo e sarà anzi una necessità. La fraternità non era che una bella teoria, ora essa poggia su una legge della natura. Sotto il dominio della credenza secondo cui tutto finisce con la vita, l'immensità è vuota, l'egoismo regna sovrano fra di voi, e la vostra parola d'ordine è: ‘Ciascuno per sé’. Con la certezza dell'avvenire, gli spazi infiniti si popolano all'infinito, il vuoto e la solitudine non sono più da nessuna parte, e la solidarietà lega tutti gli esseri al di qua e al di là della tomba. È, questo, il regno della carità, che ha per motto: 'Uno per tutti, e tutti per uno'. Infine, al termine della vita voi pronunciavate un eterno addio a quelli che vi sono cari, ora voi direte loro: ‘Arrivederci!’"
Tali sono, riassumendo, i risultati della nuova rivelazione; essa è venuta a colmare il vuoto creato dall'incredulità, a risollevare gli animi abbattuti dal dubbio o dalla prospettiva del nulla e a donare a tutte le cose una ragion d'essere. È dunque senza importanza questo risultato? Ed è senza importanza il fatto che gli Spiriti non vengano a risolvere i problemi della scienza, a offrire il sapere agli ignoranti, e ai pigri i mezzi per arricchirsi senza fatica? Tuttavia i risultati che l'uomo deve trarne non riguardano soltanto la vita futura. Egli ne gioirà sulla Terra, per la trasformazione che queste nuove credenze devono necessariamente operare sul suo carattere, sui suoi gusti, sulle sue tendenze e, di conseguenza, sulle abitudini e relazioni sociali. Mettendo fine al regno dell'egoismo, dell'orgoglio e della incredulità, esse preparano quello del bene, che è il regno di Dio annunciato dal Cristo.[9]
-------------------------
[9] L'uso dell'articolo davanti alla parola Cristo (dal greco Chirstós, unto), impiegata in senso assoluto, è più corretto, considerato che questa parola non è il nome del Messia di Nazareth, ma una qualità assunta come sostantivo. Si dirà perciò: Gesù era Cristo; egli era il Cristo annunciato; la morte del Cristo e non di Cristo; mentre si dirà: la morte di Gesù e non del Gesù. In Gesù-Cristo, le due parole riunite formano un solo nome proprio. È per la stessa ragione che si dice: il Budda; Gautama conquistò la dignità di Budda per le sue virtù e la sua austerità; la vita del Budda, così come si dice: l'armata del Faraone e non di Faraone, Enrico IV era re, il titolo di re la morte del re e non dire.
-------------------------
Capitolo II - DIO
Esistenza di Dio
1. Essendo Dio la causa
prima di ogni cosa, il punto di partenza di tutto e il perno sul quale
poggia l'edificio della creazione, è importante considerare innanzitutto
queste cose.
2. È principio elementare che si giudichi una causa dai suoi effetti, quand'anche la causa non si veda.
Se un uccello che fende l'aria viene raggiunto da piombo mortale, si ritiene che un abile tiratore l'abbia colpito, benché il tiratore non si veda. Non sempre, dunque, è necessario aver visto una cosa per sapere che esiste. In tutto, è osservandone gli effetti che si giunge alla conoscenza delle cause.
Se un uccello che fende l'aria viene raggiunto da piombo mortale, si ritiene che un abile tiratore l'abbia colpito, benché il tiratore non si veda. Non sempre, dunque, è necessario aver visto una cosa per sapere che esiste. In tutto, è osservandone gli effetti che si giunge alla conoscenza delle cause.
3. Un altro principio
egualmente elementare, e passato ad assioma in virtù della sua verità, è
quello secondo cui ogni effetto intelligente deve avere una causa
intelligente.
Se si domandasse chi è il costruttore di un certo ingegnoso meccanismo, che cosa si penserebbe di colui il quale rispondesse che si è fatto completamente da solo? Allorché si guardi un capolavoro dell'arte o dell'industria, si dice che questo deve essere il prodotto di un uomo di genio, perché solo un'alta intelligenza ha potuto presiedere alla sua concezione. Nondimeno si pensa che un uomo ha dovuto farlo, perché si sa che la cosa non è al di sopra della capacità umana. A nessuno, però, verrà l'idea di dire che essa è uscita dalla mente di un idiota o di un ignorante, e ancor meno ch'essa è il lavoro di un animale o il prodotto del caso.
Se si domandasse chi è il costruttore di un certo ingegnoso meccanismo, che cosa si penserebbe di colui il quale rispondesse che si è fatto completamente da solo? Allorché si guardi un capolavoro dell'arte o dell'industria, si dice che questo deve essere il prodotto di un uomo di genio, perché solo un'alta intelligenza ha potuto presiedere alla sua concezione. Nondimeno si pensa che un uomo ha dovuto farlo, perché si sa che la cosa non è al di sopra della capacità umana. A nessuno, però, verrà l'idea di dire che essa è uscita dalla mente di un idiota o di un ignorante, e ancor meno ch'essa è il lavoro di un animale o il prodotto del caso.
4. Ovunque, si riconosce la
presenza dell'uomo dalle sue opere. L'esistenza degli uomini
antidiluviani non sarebbe provata soltanto attraverso i fossili umani,
ma anche, e con altrettanta certezza, dalla presenza, nei terreni di
quell'epoca, di oggetti lavorati dagli uomini. Il frammento di un vaso,
una pietra tagliata, un'arma, un mattone basteranno per attestare la
loro presenza. Dalla rozzezza o dall'accuratezza del lavoro si
riconoscerà il grado di intelligenza e di avanzamento di coloro che
l'hanno compiuto. Se, dunque, trovandovi in un paese abitato
esclusivamente da selvaggi, scopriste una statua degna di Fidia, voi non
esitereste a dire che, poiché dei selvaggi non sarebbero stati capaci
di scolpirla, essa deve essere necessariamente l'opera di una
intelligenza superiore a quella dei selvaggi.
5. Ebbene, gettando uno
sguardo attorno a noi, sulle opere della natura, osservando la
previdenza, la saggezza e l'armonia che presiedono a tutte queste opere,
noi riconosciamo che non ve n'è nessuna che non superi i limiti
dell'intelligenza umana, a meno che non si voglia affermare che esistono
degli effetti senza causa.
6. A questo, alcuni contrappongono il ragionamento che qui riportiamo:
Le opere dette della natura sono prodotte da forze materiali che agiscono meccanicamente in base alle leggi di attrazione e di repulsione; le molecole dei corpi inerti si aggregano e si disgregano sotto il potere di queste leggi. Le piante nascono, germogliano, crescono e si moltiplicano sempre allo stesso modo, ciascuna nella sua specie, in virtù di quelle stesse leggi; ciascun soggetto è simile a quello da cui è nato. La crescita, la fioritura, la fruttificazione e la colorazione sono subordinate a cause materiali, quali il calore, l'elettricità, la luce, l'umidità ecc. Lo stesso è per gli animali. Gli astri si formano a causa dell'attrazione molecolare e si muovono perpetuamente nelle loro orbite per effetto della gravitazione. Questa regolarità meccanica nell'impiego delle forze naturali non dimostra affatto una intelligenza libera. L'uomo muove il suo braccio quando vuole e come vuole, ma colui che lo muovesse sempre nello stesso senso dalla nascita alla morte sarebbe un automa. Orbene, le forze organiche della natura sono puramente automatiche.
Tutto ciò è vero. Ma queste forze sono degli effetti che devono pur avere una causa, e nessuno pretende che esse costituiscano la Divinità. Esse sono materiali e meccaniche; di per sé stesse non so no affatto intelligenti, e questo è ancora vero. Ma vengono messe in azione, distribuite e adattate alle necessità di ogni cosa da una intelligenza che non è quella degli uomini. L'utile applicazione di queste forze è un effetto intelligente che denota una causa intelligente. Un pendolo si muove con una regolarità automatica, ed è in questa regolarità che sta il merito. È tutta materiale la forza che lo fa muovere e non ha nulla di intelligente. Ma che cosa sarebbe questo pendolo se una intelligenza non avesse combinato, calcolato e distribuito l'impiego di questa forza per farlo andare con precisione? Per il fatto che l'intelligenza non risiede nel meccanismo del pendolo, e per il fatto che non la si vede, sarebbe razionale concludere ch'essa non esiste? Giudichiamola dai suoi effetti.
L'esistenza dell'orologio attesta l'esistenza dell'orologiaio; l'ingegnosità del meccanismo attesta l'intelligenza e l'abilità dell'orologiaio. Quando un pendolo vi dà, a un determinato momento, l'indicazione di cui avete bisogno, è mai venuto in mente a qualcuno di dire: ecco un pendolo molto intelligente?
Così è per il meccanismo dell'universo: Dio non si mostra, ma si rivela attraverso le Sue opere.
Le opere dette della natura sono prodotte da forze materiali che agiscono meccanicamente in base alle leggi di attrazione e di repulsione; le molecole dei corpi inerti si aggregano e si disgregano sotto il potere di queste leggi. Le piante nascono, germogliano, crescono e si moltiplicano sempre allo stesso modo, ciascuna nella sua specie, in virtù di quelle stesse leggi; ciascun soggetto è simile a quello da cui è nato. La crescita, la fioritura, la fruttificazione e la colorazione sono subordinate a cause materiali, quali il calore, l'elettricità, la luce, l'umidità ecc. Lo stesso è per gli animali. Gli astri si formano a causa dell'attrazione molecolare e si muovono perpetuamente nelle loro orbite per effetto della gravitazione. Questa regolarità meccanica nell'impiego delle forze naturali non dimostra affatto una intelligenza libera. L'uomo muove il suo braccio quando vuole e come vuole, ma colui che lo muovesse sempre nello stesso senso dalla nascita alla morte sarebbe un automa. Orbene, le forze organiche della natura sono puramente automatiche.
Tutto ciò è vero. Ma queste forze sono degli effetti che devono pur avere una causa, e nessuno pretende che esse costituiscano la Divinità. Esse sono materiali e meccaniche; di per sé stesse non so no affatto intelligenti, e questo è ancora vero. Ma vengono messe in azione, distribuite e adattate alle necessità di ogni cosa da una intelligenza che non è quella degli uomini. L'utile applicazione di queste forze è un effetto intelligente che denota una causa intelligente. Un pendolo si muove con una regolarità automatica, ed è in questa regolarità che sta il merito. È tutta materiale la forza che lo fa muovere e non ha nulla di intelligente. Ma che cosa sarebbe questo pendolo se una intelligenza non avesse combinato, calcolato e distribuito l'impiego di questa forza per farlo andare con precisione? Per il fatto che l'intelligenza non risiede nel meccanismo del pendolo, e per il fatto che non la si vede, sarebbe razionale concludere ch'essa non esiste? Giudichiamola dai suoi effetti.
L'esistenza dell'orologio attesta l'esistenza dell'orologiaio; l'ingegnosità del meccanismo attesta l'intelligenza e l'abilità dell'orologiaio. Quando un pendolo vi dà, a un determinato momento, l'indicazione di cui avete bisogno, è mai venuto in mente a qualcuno di dire: ecco un pendolo molto intelligente?
Così è per il meccanismo dell'universo: Dio non si mostra, ma si rivela attraverso le Sue opere.
7. L'esistenza di Dio è
dunque un fatto acquisito, non soltanto attraverso la rivelazione, ma
anche attraverso l'evidenza materiale dei fatti. I popoli selvaggi non
hanno avuto alcuna rivelazione e tuttavia credono istintivamente
all'esistenza di una potenza sovrumana. Essi vedono cose che sono al di
sopra del potere umano e ne concludono che provengono da un essere che è
superiore al genere umano. Non sono forse essi più logici di quanti
pretendono che quelle cose si sono fatte da sé stesse?
Della natura divina
8. Non è concesso all'uomo di sondare la natura intima di Dio. Per comprendere Dio, ci manca ancora il senso che si acquisisce soltanto con la completa purificazione dello Spirito. Ma
se l'uomo non può penetrarne l'essenza, essendo data la Sua esistenza
come premessa, può, con il ragionamento, arrivare alla conoscenza dei
Suoi attributi necessari. Infatti, l'uomo, vedendo ch'Egli non può non
essere, senza cessare d'essere Dio, ne conclude ch'Egli deve essere.
Senza la conoscenza degli attributi di Dio, sarebbe impossibile comprendere l'opera della creazione. Questo è il punto di partenza di tutte le fedi religiose, ed è per non aver fatto riferimento a essa — come a un faro che poteva dirigerle — che parecchie religioni hanno errato nei loro dogmi. Quelle che non hanno attribuito a Dio l'onnipotenza hanno immaginato una pluralità di dei; quelle che non Gli hanno attribuito la suprema bontà, ne hanno fatto un dio geloso, collerico, parziale e vendicativo.
Senza la conoscenza degli attributi di Dio, sarebbe impossibile comprendere l'opera della creazione. Questo è il punto di partenza di tutte le fedi religiose, ed è per non aver fatto riferimento a essa — come a un faro che poteva dirigerle — che parecchie religioni hanno errato nei loro dogmi. Quelle che non hanno attribuito a Dio l'onnipotenza hanno immaginato una pluralità di dei; quelle che non Gli hanno attribuito la suprema bontà, ne hanno fatto un dio geloso, collerico, parziale e vendicativo.
9. Dio è la suprema e sovrana intelligenza. L'intelligenza
dell'uomo è limitata, poiché egli non può né fare né comprendere tutto
ciò che esiste; quella di Dio, abbracciando Egli l'infinito, deve essere
infinita. Se la si supponesse limitata su un punto qualsiasi, dovremmo
concepire un altro essere ancora più intelligente, capace di comprendere
e di fare ciò che l'altro non potrebbe fare, e così di seguito fino
all'infinito.
10. Dio è eterno, vale
a dire ch'Egli non ha avuto un inizio né avrà una fine. S'Egli avesse
avuto un inizio, significherebbe che sarebbe uscito dal nulla. Ora, non
essendo il nulla altro che nulla, nulla esso può produrre, oppure
sarebbe stato creato da un altro essere a Lui precedente, e allora Dio
sarebbe questo essere. Se gli si supponesse un inizio o una fine, si
dovrebbe allora concepire un essere che fosse esistito prima di Lui, o
che potrebbe esistere dopo di Lui. E così di seguito fino all'infinito.
11. Dio è immutabile. Se Egli fosse soggetto a dei cambiamenti, le leggi che reggono l'universo non avrebbero alcuna stabilità.
12. Dio è immateriale, vale a dire che la. Sua natura differisce da tutto ciò che noi chiamiamo materia; altrimenti non sarebbe immutabile, poiché sarebbe soggetto alle trasformazioni della materia.
Dio non ha una forma che possa essere valutata dai nostri sensi, altrimenti Egli sarebbe materia. Noi diciamo: la mano di Dio, l'occhio di Dio, la bocca di Dio, perché l'uomo, non conoscendo che sé stesso, prende sé stesso come termine di paragone di tutto ciò che non comprende. Quelle immagini, in cui si rappresenta Dio attraverso la figura di un vegliardo dalla lunga barba e avvolto in un manto, sono ridicole. Esse hanno, tra gli altri inconvenienti, quello di ridurre l'Essere supremo alle meschine proporzioni dell'umanità. Da qui, ad attribuirGli le passioni umane, a farne un Dio collerico e geloso, non c'è che un passo.
Dio non ha una forma che possa essere valutata dai nostri sensi, altrimenti Egli sarebbe materia. Noi diciamo: la mano di Dio, l'occhio di Dio, la bocca di Dio, perché l'uomo, non conoscendo che sé stesso, prende sé stesso come termine di paragone di tutto ciò che non comprende. Quelle immagini, in cui si rappresenta Dio attraverso la figura di un vegliardo dalla lunga barba e avvolto in un manto, sono ridicole. Esse hanno, tra gli altri inconvenienti, quello di ridurre l'Essere supremo alle meschine proporzioni dell'umanità. Da qui, ad attribuirGli le passioni umane, a farne un Dio collerico e geloso, non c'è che un passo.
13. Dio è onnipotente. S'Egli
non avesse la suprema potenza, si dovrebbe concepire un essere più
potente, e così di seguito fino a quando non si trovasse l'essere che
nessun altro potrebbe oltrepassare in potenza, ed è questo che sarebbe
Dio.
14. Dio è sovranamente giusto e buono. La
saggezza provvidenziale delle leggi divine si rivela nelle più piccole
cose come nelle più grandi, e questa saggezza non permette di dubitare
né della Sua giustizia né della Sua bontà.
L'infinito di una qualità esclude la possibilità dell'esistenza d'una qualità contraria che possa sminuire o annullare l'infinito di quella qualità. Un essere infinitamente buono non potrebbe avere la più piccola particella di cattiveria, né l'essere infinitamente malvagio potrebbe avere la più piccola particella di bontà; così come un oggetto non potrebbe dirsi d'un nero assoluto se avesse la più leggera sfumatura di bianco, né potrebbe dirsi d'un bianco assoluto quello che avesse la più piccola traccia di nero.
Dio non potrebbe essere allo stesso tempo buono e cattivo, perché allora, non possedendo né l'una né l'altra di queste qualità al grado supremo, non sarebbe Dio; tutte le cose sarebbero soggette al Suo capriccio, e per nessuna cosa ci sarebbe stabilità. Egli, dunque, non potrebbe che essere o infinitamehte buono o infinitamente malvagio. Ora, siccome le Sue opere testimoniano della Sua saggezza, della Sua bontà e della Sua sollecitudine, bisogna concluderne che, non potendo Egli essere contemporaneamente buono e malvagio senza cessare d'essere Dio, Egli deve essere infinitamente buono.
La sovrana bontà implica la sovrana giustizia. Infatti s'Egli agisse ingiustamente o con parzialità anche in una sola circostanza o verso una sola delle Sue creature, non sarebbe sovranamente giusto e, di conseguenza, non sarebbe sovranamente buono.
L'infinito di una qualità esclude la possibilità dell'esistenza d'una qualità contraria che possa sminuire o annullare l'infinito di quella qualità. Un essere infinitamente buono non potrebbe avere la più piccola particella di cattiveria, né l'essere infinitamente malvagio potrebbe avere la più piccola particella di bontà; così come un oggetto non potrebbe dirsi d'un nero assoluto se avesse la più leggera sfumatura di bianco, né potrebbe dirsi d'un bianco assoluto quello che avesse la più piccola traccia di nero.
Dio non potrebbe essere allo stesso tempo buono e cattivo, perché allora, non possedendo né l'una né l'altra di queste qualità al grado supremo, non sarebbe Dio; tutte le cose sarebbero soggette al Suo capriccio, e per nessuna cosa ci sarebbe stabilità. Egli, dunque, non potrebbe che essere o infinitamehte buono o infinitamente malvagio. Ora, siccome le Sue opere testimoniano della Sua saggezza, della Sua bontà e della Sua sollecitudine, bisogna concluderne che, non potendo Egli essere contemporaneamente buono e malvagio senza cessare d'essere Dio, Egli deve essere infinitamente buono.
La sovrana bontà implica la sovrana giustizia. Infatti s'Egli agisse ingiustamente o con parzialità anche in una sola circostanza o verso una sola delle Sue creature, non sarebbe sovranamente giusto e, di conseguenza, non sarebbe sovranamente buono.
15. Dio è infinitamente perfetto. È
impossibile concepire Dio senza l'infinito delle perfezioni. Senza ciò,
Egli non sarebbe Dio, perché si potrebbe sempre concepire un essere che
possedesse quanto a Lui mancasse. Perché nessun altro essere possa
superarLo, è necessario ch'Egli sia infinito in tutto.
Gli attributi di Dio, essendo infiniti, non sono suscettibili né di accrescimento né di diminuizione. Senza ciò, essi non sarebbero infiniti, e Dio non sarebbe perfetto. Se si togliesse la più piccola particella di uno solo dei Suoi attributi, non si avrebbe più Dio, poiché potrebbe esistere un essere più perfetto.
Gli attributi di Dio, essendo infiniti, non sono suscettibili né di accrescimento né di diminuizione. Senza ciò, essi non sarebbero infiniti, e Dio non sarebbe perfetto. Se si togliesse la più piccola particella di uno solo dei Suoi attributi, non si avrebbe più Dio, poiché potrebbe esistere un essere più perfetto.
16. Dio è unico. L'unicità
di Dio è conseguenza dell'infinito assoluto delle Sue perfezioni. Un
altro Dio potrebbe esistere solo a condizione di essere ugualmente
infinito in tutte le cose. Infatti, se ci fosse tra loro la più leggera
differenza, l'uno sarebbe inferiore all'altro, subordinato alla sua
potenza, e non sarebbe Dio. Se ci fosse tra loro un'eguaglianza
assoluta, ci sarebbe, da tutta l'eternità, un medesimo pensiero, una
medesima volontà, un medesimo potere. Così confusi nella loro identità,
non ci sarebbe in realtà che un solo Dio. Se ognuno di essi avesse delle
attribuzioni speciali, farebbe l'uno ciò che non farebbe l'altro e, in
questo caso, non ci sarebbe tra loro un'eguaglianza perfetta, poiché né
l'uno né l'altro avrebbe la sovrana autorità.
17. È l'ignoranza del
principio dell'infinito delle perfezioni di Dio che ha generato il
politeismo, culto di tutti i popoli primitivi. Essi hanno attribuito la
divinità a ogni potenza che fosse sembrata loro al di sopra
dell'umanità; più tardi, la ragione li ha portati a confondere queste
diverse potenze in una sola. Poi, nella misura in cui gli uomini hanno
compreso l'essenza degli attributi divini, hanno ritirato dai loro
simboli le credenze che ne erano la negazione.
18. Riassumendo, Dio non può
essere Dio che alla condizione di non essere superato in niente da un
altro essere. Infatti, l'essere che lo superasse in una qualsiasi cosa,
foss'anche il solo spessore d'un capello, sarebbe lui il vero Dio.
Appunto per questo è necessario ch'Egli sia infinito in tutte le cose.
Ed è così che, essendo l'esistenza di Dio costatata attraverso le Sue opere, si arriva, per deduzione logica, a determinare gli attributi che Lo caratterizzano.
Ed è così che, essendo l'esistenza di Dio costatata attraverso le Sue opere, si arriva, per deduzione logica, a determinare gli attributi che Lo caratterizzano.
19. Dio è dunque la suprema e sovrana intelligenza; Egli è unico, eterno, immutabile, immateriale, onnipotente, sovranamente giusto e buono, infinito in tutte le Sue perfezioni, e non può essere diverso da questo.
Questo è il cardine sul quale poggia l'edificio universale; questo è il faro i cui raggi si estendono sull'intero universo, il solo che può guidare l'uomo nella ricerca della verità; seguendolo egli non si smarrirà mai e se così spesso ha deviato è per non aver seguito la strada che gli veniva indicata.
Questo è anche il criterio infallibile di tutte le dottrine filosofiche e religiose. Per giudicarle, l'uomo ha una misura rigorosamente esatta negli attributi di Dio, e si può dire con certezza che ogni teoria, ogni principio, ogni dogma, ogni credenza, ogni pratica che fosse in contraddizione anche con uno solo di questi attributi, o che tendesse non solo ad annullarlo, ma semplicemente ad affievolirlo, non può essere nella verità.
Nella filosofia, nella psicologia, nella morale e nella religione, non c'è del vero che in ciò che non si discosta neppure di un millimetro dalle qualità essenziali della Divinità. La religione perfetta sarebbe quella in cui nessun articolo di fede fosse in opposizione con queste qualità, in cui tutti i dogmi potessero subire la prova di questo controllo, senza riceverne alcun danno.
Questo è il cardine sul quale poggia l'edificio universale; questo è il faro i cui raggi si estendono sull'intero universo, il solo che può guidare l'uomo nella ricerca della verità; seguendolo egli non si smarrirà mai e se così spesso ha deviato è per non aver seguito la strada che gli veniva indicata.
Questo è anche il criterio infallibile di tutte le dottrine filosofiche e religiose. Per giudicarle, l'uomo ha una misura rigorosamente esatta negli attributi di Dio, e si può dire con certezza che ogni teoria, ogni principio, ogni dogma, ogni credenza, ogni pratica che fosse in contraddizione anche con uno solo di questi attributi, o che tendesse non solo ad annullarlo, ma semplicemente ad affievolirlo, non può essere nella verità.
Nella filosofia, nella psicologia, nella morale e nella religione, non c'è del vero che in ciò che non si discosta neppure di un millimetro dalle qualità essenziali della Divinità. La religione perfetta sarebbe quella in cui nessun articolo di fede fosse in opposizione con queste qualità, in cui tutti i dogmi potessero subire la prova di questo controllo, senza riceverne alcun danno.
La Provvidenza
20. La Provvidenza è la
sollecitudine di Dio per, le Sue creature. Dio è dappertutto, Egli vede
tutto, Egli presiede a tutto, anche alle più piccole cose: in questo
consiste l'azione provvidenziale.
“Come può Dio, così grande, così potente, così superiore a tutto coinvolgersi in infimi particolari, preoccuparsi delle più piccole azioni e dei minimi pensieri di ciascun individuo? Questa è la domanda che si pone l'incredulo, per cui conclude che, pur ammettendo l'esistenza di Dio, la Sua azione non deve estendersi che sulle leggi generali dell'universo; che l'universo funziona da tutta l'eternità in virtù di queste leggi alle quali ogni creatura è sottoposta nella sua sfera d'azione, senza che sia necessario l'intervento incessante della Provvidenza.”
“Come può Dio, così grande, così potente, così superiore a tutto coinvolgersi in infimi particolari, preoccuparsi delle più piccole azioni e dei minimi pensieri di ciascun individuo? Questa è la domanda che si pone l'incredulo, per cui conclude che, pur ammettendo l'esistenza di Dio, la Sua azione non deve estendersi che sulle leggi generali dell'universo; che l'universo funziona da tutta l'eternità in virtù di queste leggi alle quali ogni creatura è sottoposta nella sua sfera d'azione, senza che sia necessario l'intervento incessante della Provvidenza.”
21. Nel loro attuale stato
d'inferiorità, solo molto difficilmente gli uomini possono comprendere
come Dio possa essere infinito. Poiché essi sono limitati, è per questo
che se Lo figurano limitato, proprio come sé stessi. Non solo se lo
rappresentano come un essere limitato, ma ne danno anche una immagine a
loro immagine. I nostri dipinti, che Lo ritraggono sotto sembianze
umane, contribuiscono non poco a trattenere questo errore nella mente
delle masse, che adorano in lui più la forma che il pensiero. Per la
maggior parte degli uomini, Egli è un potente sovrano, su un trono inaccessibile,
perduto nell'immensità dei Cieli. Poiché le loro facoltà e le loro
percezioni sono limitate, essi non comprendono come Dio possa o come si
degni d'intervenire direttamente nelle piccole cose.
22. Nell'impossibilità, in
cui l'uomo si trova, di comprendere l'essenza stessa della Divinità,
egli non può farsene che un'idea approssimativa con l'aiuto di paragoni
necessariamente molto imperfetti, ma che possono almeno mostrargli la
possibilità di ciò che, di primo acchito, gli sembra impossibile.
Supponiamo un fluido abbastanza sottile da penetrare tutti i corpi; questo fluido, essendo inintelligente, agisce meccanicamente attraverso le sole forze materiali. Ma se supponiamo questo fluido dotato d'intelligenza, di facoltà percettive e sensitive, esso agirà non più alla cieca ma con discernimento, con volontà e con libertà; egli vedrà, capirà e sentirà.
Supponiamo un fluido abbastanza sottile da penetrare tutti i corpi; questo fluido, essendo inintelligente, agisce meccanicamente attraverso le sole forze materiali. Ma se supponiamo questo fluido dotato d'intelligenza, di facoltà percettive e sensitive, esso agirà non più alla cieca ma con discernimento, con volontà e con libertà; egli vedrà, capirà e sentirà.
23. Le proprietà del fluido
perispiritistico possono darcene un'idea. Esso non è affatto
intelligente di per sé stesso, poiché è materia, ma è il veicolo del
pensiero, delle sensazioni e delle percezioni dello Spirito.
Il fluido perispiritistico non è il pensiero dello Spirito, ma l'agente e l'intermediario di questo pensiero. Siccome è lui a trasmettere il pensiero, ne è in qualche modo impregnato. Nell'impossibilità, in cui noi ci troviamo, di isolarlo, il pensiero sembra non fare che un tutt'uno con il fluido. Allo stesso modo, il suono sembra non fare che un tutt'uno con l'aria, dimodoché noi possiamo, per così dire, materializzarla. Così, come noi diciamo che l'aria diventa sonora, potremmo egualmente dire, prendendo l'effetto per la causa, che il fluido diventa intelligente.
Il fluido perispiritistico non è il pensiero dello Spirito, ma l'agente e l'intermediario di questo pensiero. Siccome è lui a trasmettere il pensiero, ne è in qualche modo impregnato. Nell'impossibilità, in cui noi ci troviamo, di isolarlo, il pensiero sembra non fare che un tutt'uno con il fluido. Allo stesso modo, il suono sembra non fare che un tutt'uno con l'aria, dimodoché noi possiamo, per così dire, materializzarla. Così, come noi diciamo che l'aria diventa sonora, potremmo egualmente dire, prendendo l'effetto per la causa, che il fluido diventa intelligente.
24. Che sia o non sia così,
per quanto concerne il pensiero di Dio — vale a dire, che esso agisca
direttamente o attraverso la mediazione di un fluido — per facilitarne
la comprensione alla nostra intelligenza, lo rappresenteremo sotto la
forma concreta d'un fluido intelligente, che riempie l'universo infinito
e che penetra tutte le parti della creazione: l'intera natura è immersa nel fluido divino. Ora,
— in virtù del principio per cui le parti di un tutto sono della
medesima natura e hanno le medesime proprietà del tutto — possedendo
ogni atomo di questo fluido, se ci è concesso di esprimerci così, il
pensiero, vale a dire gli attributi essenziali della Divinità, e
trovandosi questo fluido ovunque, tutto è sottoposto alla Sua azione
intelligente, alla Sua previdenza e alla Sua sollecitudine. Non c'è un
essere, per quanto infimo lo si possa immaginare, che non ne sia
saturato. Pertanto noi siamo costantemente in presenza della Divinità.
Non c'è una sola delle nostre azioni che potremmo mai sottrarre al Suo
sguardo. Il nostro pensiero è in costante contatto con il Suo pensiero,
ed è con ragione che si dice che Dio legge nelle pieghe più profonde del
nostro cuore. Noi siamo in Lui, come Egli è in noi, secondo la parola del Cristo.
Per estendere la Sua sollecitudine su tutte le Sue creature, Dio non ha bisogno di lanciare il Suo sguardo dall'alto dell'immensità. Le nostre preghiere, per essere intese da Lui, non hanno bisogno di varcare lo spazio né di essere dette con voce squillante, poiché, stando Egli di continuo al nostro fianco, i nostri pensieri si ripercuotono in Lui. I nostri pensieri sono come i rintocchi di una campana, che fanno vibrare tutte le molecole dell'aria circostante.
Per estendere la Sua sollecitudine su tutte le Sue creature, Dio non ha bisogno di lanciare il Suo sguardo dall'alto dell'immensità. Le nostre preghiere, per essere intese da Lui, non hanno bisogno di varcare lo spazio né di essere dette con voce squillante, poiché, stando Egli di continuo al nostro fianco, i nostri pensieri si ripercuotono in Lui. I nostri pensieri sono come i rintocchi di una campana, che fanno vibrare tutte le molecole dell'aria circostante.
25. Lungi da noi il pensiero
di voler materializzare la Divinità. L'immagine d'un fluido
intelligente universale non è, evidentemente, che un paragone, ma adatto
a dare un'idea di Dio più giusta di quella dei quadri, che lo
rappresentano sotto un aspetto umano. Essa ha lo scopo di far
comprendere come Dio possa essere dappertutto e occuparsi di tutto.
26. Noi abbiamo di continuo
sotto gli occhi un esempio che può darci un'idea del modo in cui
l'azione di Dio può esercitarsi sulle parti più profonde di tutti gli
esseri, e come, di conseguenza, le impressioni, anche le più sottili,
della nostra anima arrivino a Lui. Questo esempio è tratto da un
insegnamento dato da uno Spirito a questo riguardo.
27. “L'uomo è un piccolo
mondo il cui direttore è lo Spirito, mentre il principio che viene
diretto è il corpo. In questo universo, il corpo rappresenterà una
creazione il cui Spirito sarà Dio. Voi ben comprenderete che non può
esserci qui che una questione d'analogia e non d'identità. Le membra di
questo corpo, i diversi organi che lo compongono, i suoi muscoli, i suoi
nervi, le sue articolazioni sono altrettante individualità materiali,
se così si può dire, localizzate in punti speciali del corpo. Benché il
numero delle sue parti costitutive, così varie e differenti per natura,
sia considerevole, a nessuno tuttavia è lecito supporre che si possano
produrre dei movimenti, che una qualunque impressione possa aver luogo
in un punto particolare, senza che lo Spirito ne abbia coscienza.
Avvengono simultaneamente sensazioni diverse in più punti? Lo Spirito le
sente tutte, le discerne, le analizza, assegna a ciascuna la sua causa e
il suo luogo d'azione, per mezzo del fluido perispiritistico.
Un fenomeno analogo ha luogo tra la creazione e Dio. Dio è dappertutto nella natura, come lo Spirito è dappertutto nel corpo. Tutti gli elementi della creazione sono in costante rapporto con Lui, come tutte le cellule del corpo umano sono in costante rapporto con l'essere spirituale. Non c'è dunque ragione perché dei fenomeni del medesimo ordine, non si producano nello stesso modo, nell'uno e nell'altro caso.
Un arto si agita: lo Spirito lo sente; una creatura pensa: Dio lo sa. Tutte le membra sono in movimento, i diversi organi sono in vibrazione: lo Spirito avverte tutte queste manifestazioni, le distingue e le localizza. Le diverse creazioni, le diverse creature si agitano, pensano, agiscono diversamente, e Dio, che sa tutto ciò che avviene, assegna a ciascuna ciò che le è proprio.
Da ciò, si può egualmente dedurre la solidarietà della materia e dell'intelligenza, la solidarietà di tutti gli esseri di un mondo tra di loro, la solidarietà di tutti i mondi e, infine, quella della creazione e del Creatore" (Quinemant, Società di Parigi, 1867).
Un fenomeno analogo ha luogo tra la creazione e Dio. Dio è dappertutto nella natura, come lo Spirito è dappertutto nel corpo. Tutti gli elementi della creazione sono in costante rapporto con Lui, come tutte le cellule del corpo umano sono in costante rapporto con l'essere spirituale. Non c'è dunque ragione perché dei fenomeni del medesimo ordine, non si producano nello stesso modo, nell'uno e nell'altro caso.
Un arto si agita: lo Spirito lo sente; una creatura pensa: Dio lo sa. Tutte le membra sono in movimento, i diversi organi sono in vibrazione: lo Spirito avverte tutte queste manifestazioni, le distingue e le localizza. Le diverse creazioni, le diverse creature si agitano, pensano, agiscono diversamente, e Dio, che sa tutto ciò che avviene, assegna a ciascuna ciò che le è proprio.
Da ciò, si può egualmente dedurre la solidarietà della materia e dell'intelligenza, la solidarietà di tutti gli esseri di un mondo tra di loro, la solidarietà di tutti i mondi e, infine, quella della creazione e del Creatore" (Quinemant, Società di Parigi, 1867).
28. Noi comprendiamo
l'effetto, ed è già molto; dall'effetto risaliamo alla causa e
giudichiamo la Sua grandezza dalla grandezza dell'effetto. Ma la Sua
essenza intima ci sfugge, così come ci sfugge quella della causa d'una
quantità di fenomeni. Noi conosciamo gli effetti dell'elettricità, del
calore, della luce, della gravitazione; li calcoliamo e tuttavia
ignoriamo la natura intima del principio che li produce. È dunque più
razionale negare il principio divino, perché non lo comprendiamo?
29. Niente ci impedisce di
ammettere, per il principio di intelligenza sovrana, un centro d'azione,
un focolaio principale che s'irradia senza tregua, inondando l'universo
dei suoi effluvi, come il sole della sua luce. Ma dov'è questo
focolaio? Questo, nessuno può dirlo. È probabile che non sia fisso in un
punto determinato più di quanto non lo sia la sua azione, ed è anche
probabile ch'esso percorra incessantemente le regioni dello spazio senza
confini. Riempiendo Dio l’universo, si potrebbe ancora ammettere, a
titolo d'ipotesi, che questo focolaio non abbia bisogno di spostarsi, e
che si formi su tutti i punti ove la sovrana volontà giudichi opportuno
ch'esso si produca. Da tutto ciò si potrebbe dire che è ovunque e in
nessuna parte.
30. Davanti a questi
insondabili problemi, la nostra ragione deve umiliarsi. Dio esiste: noi
non dobbiamo dubitarne. Egli è infinitamente giusto e buono: questa è la
sua essenza. La Sua sollecitudine si estende su tutto: noi lo
comprendiamo. Egli, dunque, non può volere che il nostro bene: è per
questo che dobbiamo avere fiducia in Lui: ecco l'essenziale. Per il
resto, attendiamo di essere degni di comprendere.
La visione di Dio
31. Posto che Dio è
dappertutto, perché noi non lo vediamo? Quando lasceremo la Terra lo
vedremo? Queste sono le domande che quotidianamente ci poniamo.
Alla prima è facile rispondere. I nostri organi materiali hanno delle percezioni limitate, che li rendono inadatti alla visione di determinate cose, anche materiali. È così che certi fluidi sfuggono totalmente alla nostra vista e ai nostri strumenti d'analisi, e tuttavia noi non dubitiamo della loro esistenza. Noi vediamo gli effetti della peste, e non vediamo il fluido che la trasporta; noi vediamo i corpi muoversi sotto l'influenza della forza di gravità, ma non vediamo questa forza.
Alla prima è facile rispondere. I nostri organi materiali hanno delle percezioni limitate, che li rendono inadatti alla visione di determinate cose, anche materiali. È così che certi fluidi sfuggono totalmente alla nostra vista e ai nostri strumenti d'analisi, e tuttavia noi non dubitiamo della loro esistenza. Noi vediamo gli effetti della peste, e non vediamo il fluido che la trasporta; noi vediamo i corpi muoversi sotto l'influenza della forza di gravità, ma non vediamo questa forza.
32. Le cose di essenza
spirituale non possono essere percepite dagli organi materiali. Soltanto
con la visione spirituale noi possiamo vedere gli Spiriti e le cose del
mondo immateriale; solo la nostra anima può, dunque, avere la
percezione di Dio. Lo vede essa, subito dopo la morte? È quello che solo
le comunicazioni d'oltretomba possono insegnarci. Attraverso di esse
noi sappiamo che la visione di Dio è privilegio solo delle anime più
purificate, cosicché ben pochi possiedono, dopo aver lasciato il loro
involucro terreno, il grado di smaterializzazione necessario. Un comune
paragone lo renderà facilmente comprensibile.
33. Colui che si trovi al
fondo di una valle, avvolta in una densa nebbia, non vede il sole.
Tuttavia, dalla luce diffusa, egli intuisce la presenza del sole. Se
s'inerpica su per la montagna, nella misura in cui egli sale, la nebbia
si dirada, la luce diventa via via più viva, ma egli non vede ancora il
sole. È soltanto dopo essersi completamene innalzato al di sopra della
coltre brumosa, che, trovandosi in un'aria perfettamente pura, egli lo
vede in tutto il suo splendore.
La medesima cosa avviene riguardo all'anima. L'involucro perispiritistico, benché invisibile e impalpabile per noi, è per l'anima una vera materia, ancora troppo grossolana per certe percezioni. Questo involucro si spiritualizza nella misura in cui l'anima si eleva in moralità. Le imperfezioni dell'anima sono come coltri di nebbia che oscurano la sua vista. Ogni imperfezione di cui essa si disfa è una macchia in meno; ma è solo dopo essersi completamente purificata ch'essa può godere pienamente delle sue facoltà.
La medesima cosa avviene riguardo all'anima. L'involucro perispiritistico, benché invisibile e impalpabile per noi, è per l'anima una vera materia, ancora troppo grossolana per certe percezioni. Questo involucro si spiritualizza nella misura in cui l'anima si eleva in moralità. Le imperfezioni dell'anima sono come coltri di nebbia che oscurano la sua vista. Ogni imperfezione di cui essa si disfa è una macchia in meno; ma è solo dopo essersi completamente purificata ch'essa può godere pienamente delle sue facoltà.
34. Essendo Dio, l'essenza
divina per eccellenza, non può essere percepito in tutto il Suo
splendore che dagli Spiriti arrivati al più alto grado di
smaterializzazione. Se gli Spiriti imperfetti non Lo vedono, non è che
essi ne siano più lontani degli altri. Questi Spiriti, come tutti gli
esseri della natura, si trovano immersi nel fluido divino, come noi lo
siamo nella luce. Il fatto è che le loro imperfezioni sono come dei
vapori che Lo sottraggono alla loro vista. Quando la nebbia si sarà
dissipata, essi lo vedranno risplendere; per questo non avranno bisogno
né di salire, né di andare a cercarLo nelle profondità dell'Infinito.
Essendosi la vista spirituale sbarazzata delle bende morali che la
oscuravano, essi Lo vedranno in qualunque luogo si trovino, foss'anche
sulla Terra. Perché Egli è dappertutto.
35. Lo Spirito non si
purifica che col passare del tempo, e le varie incarnazioni sono gli
alambicchi nel cui fondo esso lascia ogni volta qualche impurità.
Lasciando il suo involucro corporale esso non si libera istantaneamente
delle sue imperfezioni. È per questo motivo che vi sono di quelli che,
dopo la morte, non vedono Dio più di quanto non lo vedessero da vivi; ma
nella misura in cui si purificano, essi ne hanno una intuizione più
distinta; sebbene non lo vedano, lo comprendono meglio: la luce è meno
diffusa. Pertanto, quando gli Spiriti dicono che Dio vieta loro di
rispondere a una certa domanda, non significa che Dio sia loro apparso o
abbia loro rivolto la parola per ordinare o vietare la tale o talaltra
cosa, no di certo. Ma essi lo sentono; ricevono le emanazioni del suo
pensiero, come accade a noi riguardo agli Spiriti, che ci avvolgono nel
loro fluido, quantunque noi non li vediamo affatto.
36. Nessun uomo può, dunque,
vedere Dio con gli occhi della carne. Se questa grazia fosse accordata a
qualcuno, ciò non avverrebbe che nello stato d'estasi, allorché l'anima
è tanto liberata dai legami della materia durante l'incarnazione, che
ciò diviene possibile. Un tale privilegio, d'altronde, sarebbe soltanto
delle anime elette, incarnate in missione e non per espiazione. Ma
siccome gli Spiriti dell'ordine più elevato risplendono d'un fulgore
abbagliante, può accadere che Spiriti meno elevati, incarnati o
disincarnati, colpiti dallo splendore che li circonda, abbiano creduto
di vedere Dio stesso. È come chi veda talvolta un ministro e lo prenda
per il suo sovrano.
37. Sotto quale aspetto Dio
si presenta a coloro che si sono resi degni di questo privilegio? Sotto
una forma qualsiasi? Sotto l'aspetto di una figura umana o come focolaio
risplendente di luce? È quello che la lingua umana è impossibilitata a
descrivere, perché non esiste per noi alcun termine di paragone che ce
ne possa dare un'idea; siamo come dei ciechi cui si cercherebbe invano
di far comprendere lo splendore del sole. Il nostro vocabolario è
limitato ai nostri bisogni e alla cerchia delle nostre idee; quello dei
selvaggi non potrebbe illustrare le meraviglie della civilizzazione;
quello dei popoli più civilizzati è troppo povero per descrivere lo
splendore dei cieli, la nostra intelligenza troppo limitata per
comprenderli, e la nostra vista, troppo debole, ne resterebbe
abbagliata.
Capitolo III - IL BENE E IL MALE
Origine del bene e del male
1. Essendo Dio il principio
di tutte le cose ed essendo questo principio ogni saggezza, ogni bontà,
ogni giustizia, tutto ciò che proviene da Lui deve partecipare dei Suoi
attributi, perché quanto è infinitamente saggio, giusto e buono non può
produrre nulla di irragionevole, di malvagio e di ingiusto. Il male che
osserviamo non può dunque avere la sua origine in Lui.
2. Se il male fosse nelle
attribuzioni di un essere speciale, che si chiamasse Arimane o Satana,
delle due l'una: o questo essere sarebbe uguale a Dio e, di conseguenza,
potente come Lui ed eterno come Lui oppure Gli sarebbe inferiore.
Nel primo caso ci sarebbero due potenze rivali, che lottano senza tregua, cercando ciascuna di disfare ciò che fa l'altra, e che si osteggiano vicendevolmente. Questa ipotesi è inconciliabile con l'unità di vedute che si rivela nell'ordinamento dell'universo.
Nel secondo caso, essendo questo essere inferiore a Dio, sarebbe a Lui subordinato. Non potendo esistere da tutta l'eternità, come Dio, senza essere Suo uguale, avrebbe dovuto avere un inizio. Se è stato creato, non può esserlo stato che da Dio; Dio avrebbe così creato lo Spirito del male, la qual cosa sarebbe la negazione della bontà infinita (vedere Il Cielo e l'Inferno, cap. IX, "I demoni").
Nel primo caso ci sarebbero due potenze rivali, che lottano senza tregua, cercando ciascuna di disfare ciò che fa l'altra, e che si osteggiano vicendevolmente. Questa ipotesi è inconciliabile con l'unità di vedute che si rivela nell'ordinamento dell'universo.
Nel secondo caso, essendo questo essere inferiore a Dio, sarebbe a Lui subordinato. Non potendo esistere da tutta l'eternità, come Dio, senza essere Suo uguale, avrebbe dovuto avere un inizio. Se è stato creato, non può esserlo stato che da Dio; Dio avrebbe così creato lo Spirito del male, la qual cosa sarebbe la negazione della bontà infinita (vedere Il Cielo e l'Inferno, cap. IX, "I demoni").
3. Tuttavia il male esiste e ha una causa.
I mali di ogni specie, fisici o morali, che affliggono l'umanità, formano due categorie che è importante distinguere: vi sono i mali che l'uomo può evitare e quelli che non dipendono dalla sua volontà. Fra questi ultimi, bisogna collocare i flagelli naturali.
L'uomo, le cui facoltà sono limitate, non può penetrare né abbracciare l'insieme dei disegni del Creatore. L'uomo giudica le cose dal punto di vista della sua personalità, dagli interessi fittizi e convenzionali che si è creato, e che non sono compresi nell'ordine naturale delle cose. È per questo che spesso egli trova cattivo e ingiusto ciò che troverebbe giusto e ammirevole se ne vedesse la causa, lo scopo e il risultato finale. Cercando la ragion d'essere e l'utilità di ciascuna cosa, verificherebbe che tutto porta l'impronta della saggezza infinita, e s'inchinerebbe davanti a questa saggezza, anche riguardo alle cose che non comprende.
I mali di ogni specie, fisici o morali, che affliggono l'umanità, formano due categorie che è importante distinguere: vi sono i mali che l'uomo può evitare e quelli che non dipendono dalla sua volontà. Fra questi ultimi, bisogna collocare i flagelli naturali.
L'uomo, le cui facoltà sono limitate, non può penetrare né abbracciare l'insieme dei disegni del Creatore. L'uomo giudica le cose dal punto di vista della sua personalità, dagli interessi fittizi e convenzionali che si è creato, e che non sono compresi nell'ordine naturale delle cose. È per questo che spesso egli trova cattivo e ingiusto ciò che troverebbe giusto e ammirevole se ne vedesse la causa, lo scopo e il risultato finale. Cercando la ragion d'essere e l'utilità di ciascuna cosa, verificherebbe che tutto porta l'impronta della saggezza infinita, e s'inchinerebbe davanti a questa saggezza, anche riguardo alle cose che non comprende.
4. L'uomo ha ricevuto in
sorte una intelligenza, mediante la quale egli può scongiurare del
tutto, o almeno grandemente attenuare, gli effetti di tutti i flagelli
naturali; più acquisisce conoscenza, più avanza in civilizzazione, e
meno questi flagelli saranno disastrosi. Con una organizzazione sociale
saggiamente previdente, egli potrà anche neutralizzarne le conseguenze,
allorché essi non potranno essere interamente evitati. Così, per quegli
stessi flagelli che hanno una loro utilità nell'ordine generale della
natura, e anche per il futuro, ma che colpiscono nel presente, Dio ha
dato all'uomo, attraverso le facoltà di cui ha dotato il suo Spirito, i
mezzi per paralizzarne gli effetti.
È così che l'uomo risana le terre insalubri, che neutralizza i miasmi pestiferi, che fertilizza le terre incolte e s'ingegna a preservarle dalle inondazioni. È così che si costruisce delle abitazioni più sane e più solide, che resistano ai venti, tanto necessari alla purificazione dell'atmosfera, mettendosi in tal modo al riparo dalle intemperie. È così, infine, che a poco a poco, la necessità lo ha indotto a creare le scienze, con il cui aiuto egli migliora l'abitabilità del globo e accresce il proprio benessere.
È così che l'uomo risana le terre insalubri, che neutralizza i miasmi pestiferi, che fertilizza le terre incolte e s'ingegna a preservarle dalle inondazioni. È così che si costruisce delle abitazioni più sane e più solide, che resistano ai venti, tanto necessari alla purificazione dell'atmosfera, mettendosi in tal modo al riparo dalle intemperie. È così, infine, che a poco a poco, la necessità lo ha indotto a creare le scienze, con il cui aiuto egli migliora l'abitabilità del globo e accresce il proprio benessere.
5. Dovendo l'uomo
progredire, i mali ai quali è esposto fungono da stimolo all'esercizio
sia della sua intelligenza, sia di tutte le altre sue facoltà fisiche e
morali, incitandolo alla ricerca dei mezzi atti a sottrarsi a tali mali.
Se non avesse niente da temere, nessuna necessità lo indurrebbe alla
ricerca del meglio; il suo spirito si intorpidirebbe nella inattività;
non inventerebbe niente e niente scoprirebbe. Il dolore è il pungolo che spinge l'uomo avanti, sulla via, del progresso.
6. Ma i mali più numerosi
sono quelli che l'uomo si crea con i suoi stessi vizi, quelli che
provengono dal suo orgoglio, dal suo egoismo, dalla sua ambizione, dalla
sua cupidigia, dai suoi eccessi in tutte le cose: qui sta la causa
delle guerre e delle calamità che esse si trascinano, dei dissensi,
delle ingiustizie, dell'oppressione del debole da parte del più forte;
qui sta, infine, la causa della maggior parte delle malattie.
Dio ha stabilito leggi piene di saggezza, che non hanno altro scopo che il bene. L'uomo trova in sé stesso tutto ciò che gli occorre per seguirle; la sua strada è tracciata nella sua coscienza; la legge divina è scolpita nel suo cuore. Inoltre Dio gliela ricorda di continuo attraverso i suoi messia e i suoi profeti, attraverso tutti gli Spiriti incarnati che hanno ricevuto la missione di illuminarlo, di moralizzarlo, di migliorarlo, e, in questi ultimi tempi, attraverso la moltitudine di Spiriti disincarnati che si manifestano da tutte le parti. Se l'uomo si conformasse rigorosamente alle leggi divine, senza dubbio eviterebbe i mali più intensi e vivrebbe felice sulla Terra. Se non lo fa, ciò è a causa del suo libero arbitrio, e ne subisce le conseguenze (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. V, nn. 4-6 e ss.).
Dio ha stabilito leggi piene di saggezza, che non hanno altro scopo che il bene. L'uomo trova in sé stesso tutto ciò che gli occorre per seguirle; la sua strada è tracciata nella sua coscienza; la legge divina è scolpita nel suo cuore. Inoltre Dio gliela ricorda di continuo attraverso i suoi messia e i suoi profeti, attraverso tutti gli Spiriti incarnati che hanno ricevuto la missione di illuminarlo, di moralizzarlo, di migliorarlo, e, in questi ultimi tempi, attraverso la moltitudine di Spiriti disincarnati che si manifestano da tutte le parti. Se l'uomo si conformasse rigorosamente alle leggi divine, senza dubbio eviterebbe i mali più intensi e vivrebbe felice sulla Terra. Se non lo fa, ciò è a causa del suo libero arbitrio, e ne subisce le conseguenze (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. V, nn. 4-6 e ss.).
7. Ma Dio, pieno di bontà,
ha collocato il rimedio a fianco del male, vale a dire che dal male
stesso Egli fa nascere il bene. Arriva il momento in cui l'eccesso del
male morale diviene intollerabile e Dio fa provare all'uomo il bisogno
di cambiare strada. Questi, istruito dall'esperienza, è spinto a cercare
un rimedio nel bene, sempre per effetto del suo libero arbitrio.
Allorché imbocca una strada migliore, ciò accade in effetti di sua
volontà, perché ha riconosciuto gli inconvenienti dell'altro cammino. La
necessità lo costringe dunque a migliorarsi moralmente per essere più
felice, come questa stessa necessità l'ha costretto a migliorare le
condizioni materiali della sua esistenza (n. 5).
8. Si può dire che il male è l'assenza del bene, come il freddo è l'assenzadel
calore. Così, come il freddo non è un fluido speciale, neppure il male è
un attributo distinto; l'uno è il negativo dell'altro. Là, dove non esiste il bene, esiste per forza di cose il male; non fare il male è già l'inizio del bene. Dio
non vuole che il bene; solo dall'uomo viene il male. Se, nella
creazione, ci fosse un essere preposto al male, nessuno potrebbe
evitarlo; ma, avendo l'uomo la causa del male in SÉ STESSO, avendo nello stesso tempo il suo libero arbitrio e, come guida, le leggi divine, egli potrà evitarlo quando vorrà.
Prendiamo, come esempio, un fatto comune. Il proprietario di un campo sa che al confine delle sue terre c'è un luogo pericoloso, dove chi vi si avventurasse potrebbe morire o ferirsi. Che cosa fa questi per prevenire gli incidenti? Colloca vicino al luogo un avviso che fa divieto di andare oltre, a causa di un pericolo. Ecco la legge: essa è saggia e previdente. Se, malgrado ciò, un imprudente non ne tiene conto, passa oltre e ne esce malconcio con chi può lamentarsene se non con sé stesso?
Altrettanto accade di tutto il male; l'uomo lo eviterà se osserverà le leggi divine. Per esempio, Dio ha posto un limite alla soddisfazione dei bisogni: l'uomo ne è avvertito dalla sazietà; se oltrepassa questo limite, lo fa di sua volontà. Le malattie, le infermità e la morte, che possono esserne la conseguenza, provengono dunque dalla imprevidenza dell'uomo e non da Dio.
Prendiamo, come esempio, un fatto comune. Il proprietario di un campo sa che al confine delle sue terre c'è un luogo pericoloso, dove chi vi si avventurasse potrebbe morire o ferirsi. Che cosa fa questi per prevenire gli incidenti? Colloca vicino al luogo un avviso che fa divieto di andare oltre, a causa di un pericolo. Ecco la legge: essa è saggia e previdente. Se, malgrado ciò, un imprudente non ne tiene conto, passa oltre e ne esce malconcio con chi può lamentarsene se non con sé stesso?
Altrettanto accade di tutto il male; l'uomo lo eviterà se osserverà le leggi divine. Per esempio, Dio ha posto un limite alla soddisfazione dei bisogni: l'uomo ne è avvertito dalla sazietà; se oltrepassa questo limite, lo fa di sua volontà. Le malattie, le infermità e la morte, che possono esserne la conseguenza, provengono dunque dalla imprevidenza dell'uomo e non da Dio.
9. Essendo il male il
risultato delle imperfezioni dell'uomo, ed essendo stato l'uomo creato
da Dio, Dio — si dirà — ha pur creato, se non il male, almeno la causa
del male. Se Egli avesse creato l'uomo perfetto, il male non
esisterebbe.
Se l'uomo fosse stato creato perfetto, egli sarebbe fatalmente portato al bene. Ora, in virtù del suo libero arbitrio, egli non è fatalmente portato né al bene né al male. Dio ha voluto ch'egli fosse soggetto alla legge del progresso, e che questo progresso fosse il frutto del suo stesso lavoro, affinché ne avesse lui il merito, allo stesso modo ch'egli ha la responsabilità del male che commette di sua volontà. Il problema è, dunque, quello di sapere qual è, nell'uomo, l'origine della sua propensione al male. [10]
-------------------------
[10] L'errore consiste nel pretendere che l'anima sia uscita perfetta dalle mani del Creatore, quando Egli, al contrario, ha voluto che la perfezione fosse il risultato della graduale purificazione dello Spirito e sua stessa opera. Dio ha voluto che l'anima, in virtù del suo libero arbitrio, potesse scegliere tra il bene e il male, e che arrivasse ai suoi ultimi fini attraverso una vita partecipativa e resistendo al male. Se Egli l'avesse fatta perfetta come Lui, e se, uscita dalle Sue mani, l'avesse associata alla Sua beatitudine eterna, Egli l'avrebbe fatta non a Sua immagine, ma simile a Sé stesso [Bonnamy, giudice istruttore: La raison du Spiritisme (La ragione dello Spiritismo), cap. VI].
-------------------------
Se l'uomo fosse stato creato perfetto, egli sarebbe fatalmente portato al bene. Ora, in virtù del suo libero arbitrio, egli non è fatalmente portato né al bene né al male. Dio ha voluto ch'egli fosse soggetto alla legge del progresso, e che questo progresso fosse il frutto del suo stesso lavoro, affinché ne avesse lui il merito, allo stesso modo ch'egli ha la responsabilità del male che commette di sua volontà. Il problema è, dunque, quello di sapere qual è, nell'uomo, l'origine della sua propensione al male. [10]
-------------------------
[10] L'errore consiste nel pretendere che l'anima sia uscita perfetta dalle mani del Creatore, quando Egli, al contrario, ha voluto che la perfezione fosse il risultato della graduale purificazione dello Spirito e sua stessa opera. Dio ha voluto che l'anima, in virtù del suo libero arbitrio, potesse scegliere tra il bene e il male, e che arrivasse ai suoi ultimi fini attraverso una vita partecipativa e resistendo al male. Se Egli l'avesse fatta perfetta come Lui, e se, uscita dalle Sue mani, l'avesse associata alla Sua beatitudine eterna, Egli l'avrebbe fatta non a Sua immagine, ma simile a Sé stesso [Bonnamy, giudice istruttore: La raison du Spiritisme (La ragione dello Spiritismo), cap. VI].
-------------------------
10.
Se si studiano tutte le passioni e anche tutti i vizi, si vede che essi
hanno la loro origine nell'istinto di conservazione. Questo istinto si
trova, in tutta la sua forza, negli animali e negli esseri primitivi che
più si avvicinano all'animalità. E vi domina in modo esclusivo, perché
in loro esso non ha ancora come contrappeso il senso morale; l'essere
non è ancora nato alla vita intellettuale. L'istinto si affievolisce, al
contrario, nella misura in cui l'intelligenza si sviluppa, perché è
questa che domina la materia.
La destinazione dello Spirito è la vita spirituale; ma nelle prime fasi della sua esistenza corporale, esso non ha che dei bisogni materiali da soddisfare, e a questo scopo l'esercizio delle passioni è una necessità per la conservazione della specie e degli individui, materialmente parlando. Ma, uscito da questo periodo, lo Spirito ha altri bisogni, bisogni dapprima semi morali e semi materiali, poi esclusivamente morali. Ed è allora che lo Spirito domina la materia; se si libera dal suo giogo, esso avanza sulla sua via provvidenziale e si avvicina alla sua destinazione finale. Se, al contrario, si lascia dominare da essa, rallenta, rendendosi simile al bruto. In questa situazione, ciò che un tempo era un bene, perché era una necessità di per sé stessa naturale, diventa un male, non solo perché ciò non è più una necessità, ma perché diventa nocivo alla spiritualizzazione dell'essere. Così, ciò che è qualità nel bambino diventa difetto nell'adulto. Il male è dunque relativo, e la responsabilità è proporzionale al grado di avanzamento.
Tutte le passioni hanno dunque la loro utilità provvidenziale. Senza ciò, Dio avrebbe fatto qualcosa di inutile e di nocivo. È nell'abuso che risiede il male, e l'uomo può abusare in virtù del suo libero arbitrio. Più tardi, illuminato dal suo stesso interesse, egli sceglie liberamente tra il bene e il male.
La destinazione dello Spirito è la vita spirituale; ma nelle prime fasi della sua esistenza corporale, esso non ha che dei bisogni materiali da soddisfare, e a questo scopo l'esercizio delle passioni è una necessità per la conservazione della specie e degli individui, materialmente parlando. Ma, uscito da questo periodo, lo Spirito ha altri bisogni, bisogni dapprima semi morali e semi materiali, poi esclusivamente morali. Ed è allora che lo Spirito domina la materia; se si libera dal suo giogo, esso avanza sulla sua via provvidenziale e si avvicina alla sua destinazione finale. Se, al contrario, si lascia dominare da essa, rallenta, rendendosi simile al bruto. In questa situazione, ciò che un tempo era un bene, perché era una necessità di per sé stessa naturale, diventa un male, non solo perché ciò non è più una necessità, ma perché diventa nocivo alla spiritualizzazione dell'essere. Così, ciò che è qualità nel bambino diventa difetto nell'adulto. Il male è dunque relativo, e la responsabilità è proporzionale al grado di avanzamento.
Tutte le passioni hanno dunque la loro utilità provvidenziale. Senza ciò, Dio avrebbe fatto qualcosa di inutile e di nocivo. È nell'abuso che risiede il male, e l'uomo può abusare in virtù del suo libero arbitrio. Più tardi, illuminato dal suo stesso interesse, egli sceglie liberamente tra il bene e il male.
L'istinto e l'intelligenza
11. Quale differenza c'è tra
l'istinto e l'intelligenza? Dove finisce l'uno e dove incomincia
l'altra? L'istinto è un'intelligenza rudimentale, oppure una facoltà
distinta, un attributo esclusivo della materia?
L'istinto è la forza occulta che sollecita gli esseri organici a degli atti spontanei e involontari, in vista della loro conservazione. Negli atti istintivi, non c'è né riflessione né combinazione né premeditazione. È così che la pianta cerca l'aria, si volge verso la luce, dirige le sue radici verso l'acqua e verso la terra che la nutre; è così che il fiore si apre e si chiude alternativamente secondo il bisogno; che le piante rampicanti si avvolgono attorno al sostegno e vi si aggrappano con i loro viticci. È per istinto che gli animali avvertono ciò che è loro utile da ciò che è nocivo; che si dirigono, secondo le stagioni, verso i climi a essi più propizi; che costruiscono, senza previ insegnamenti, con più o meno arte, a seconda delle specie, morbidi giacigli, ripari per la loro prole, arnesi per prendere in trappola la preda di cui si nutrono; che usano con destrezza le armi offensive e difensive di cui sono provvisti. È per istinto, infine, che i sessi si uniscono; che la madre cova i suoi piccoli e che questi cercano il seno della madre. Nell'uomo, l'istinto domina esclusivamente all'inizio della vita. È per istinto che il bambino compie i suoi primi movimenti, prende il suo nutrimento, grida per esprimere le sue necessità, imita il suono della voce, prova a parlare e a camminare. Nell'adulto stesso, certi atti sono istintivi; tali sono i movimenti spontanei per sottrarsi a un pericolo, per evitare un rischio, per mantenere l'equilibrio. Istintivi sono anche: lo sbattere delle palpebre per mitigare il bagliore della luce, l'aprirsi meccanico della bocca per respirare ecc.
L'istinto è la forza occulta che sollecita gli esseri organici a degli atti spontanei e involontari, in vista della loro conservazione. Negli atti istintivi, non c'è né riflessione né combinazione né premeditazione. È così che la pianta cerca l'aria, si volge verso la luce, dirige le sue radici verso l'acqua e verso la terra che la nutre; è così che il fiore si apre e si chiude alternativamente secondo il bisogno; che le piante rampicanti si avvolgono attorno al sostegno e vi si aggrappano con i loro viticci. È per istinto che gli animali avvertono ciò che è loro utile da ciò che è nocivo; che si dirigono, secondo le stagioni, verso i climi a essi più propizi; che costruiscono, senza previ insegnamenti, con più o meno arte, a seconda delle specie, morbidi giacigli, ripari per la loro prole, arnesi per prendere in trappola la preda di cui si nutrono; che usano con destrezza le armi offensive e difensive di cui sono provvisti. È per istinto, infine, che i sessi si uniscono; che la madre cova i suoi piccoli e che questi cercano il seno della madre. Nell'uomo, l'istinto domina esclusivamente all'inizio della vita. È per istinto che il bambino compie i suoi primi movimenti, prende il suo nutrimento, grida per esprimere le sue necessità, imita il suono della voce, prova a parlare e a camminare. Nell'adulto stesso, certi atti sono istintivi; tali sono i movimenti spontanei per sottrarsi a un pericolo, per evitare un rischio, per mantenere l'equilibrio. Istintivi sono anche: lo sbattere delle palpebre per mitigare il bagliore della luce, l'aprirsi meccanico della bocca per respirare ecc.
12. L'intelligenza si rivela attraverso degli atti volontari, ragionati, meditati, combinati a seconda dell'opportunità delle circostanze. È incontestabilmente un attributo esclusivo dell'anima.
Ogni atto meccanico è istintivo. Quello che denota riflessione, combinazione, deliberazione è un atto intelligente. L'uno è libero, l'altro non lo è.
L'istinto è una guida sicura che non s'inganna mai; l'intelligenza, per il solo fatto di essere libera, è talvolta soggetta a errori.
Se l'atto istintivo non ha il carattere dell'atto intelligente, esso nondimeno rivela una causa intelligente, essenzialmente atta a prevedere. Se si ammette che l'istinto ha la sua origine nella materia, bisogna ammettere che la materia è intelligente, anzi sicuramente più intelligente e previdente dell'anima, poiché l'istinto non s'inganna mai, mentre l'intelligenza s'inganna.
Se si considera l'istinto come un'intelligenza rudimentale, come si spiega il fatto che esso sia, in certi casi, superiore all'intelligenza raziocinante? Che esso dia la possibilità di eseguire cose che l'intelligenza non può realizzare?
Se esso è l'attributo d'uno speciale principio spirituale, che cosa diviene questo principio? Poiché l'istinto si cancella, accadrà che questo principio si distrugga? Se gli animali non sono dotati che dell'istinto, il loro avvenire è senza via d'uscita, e le loro sofferenze non hanno ricompensa. Questo non sarebbe conforme né alla giustizia né alla bontà di Dio (cap. II, n. 19).
Ogni atto meccanico è istintivo. Quello che denota riflessione, combinazione, deliberazione è un atto intelligente. L'uno è libero, l'altro non lo è.
L'istinto è una guida sicura che non s'inganna mai; l'intelligenza, per il solo fatto di essere libera, è talvolta soggetta a errori.
Se l'atto istintivo non ha il carattere dell'atto intelligente, esso nondimeno rivela una causa intelligente, essenzialmente atta a prevedere. Se si ammette che l'istinto ha la sua origine nella materia, bisogna ammettere che la materia è intelligente, anzi sicuramente più intelligente e previdente dell'anima, poiché l'istinto non s'inganna mai, mentre l'intelligenza s'inganna.
Se si considera l'istinto come un'intelligenza rudimentale, come si spiega il fatto che esso sia, in certi casi, superiore all'intelligenza raziocinante? Che esso dia la possibilità di eseguire cose che l'intelligenza non può realizzare?
Se esso è l'attributo d'uno speciale principio spirituale, che cosa diviene questo principio? Poiché l'istinto si cancella, accadrà che questo principio si distrugga? Se gli animali non sono dotati che dell'istinto, il loro avvenire è senza via d'uscita, e le loro sofferenze non hanno ricompensa. Questo non sarebbe conforme né alla giustizia né alla bontà di Dio (cap. II, n. 19).
13. Secondo altri sistemi,
l'istinto e l'intelligenza avrebbero uno stesso e solo principio. Giunto
a un certo grado di sviluppo, questo principio, che dapprima non
avrebbe avuto che le qualità dell'istinto, subirebbe una trasformazione,
la quale gli donerebbe le qualità dell'intelligenza libera.
Se così fosse, nell'uomo intelligente che perde la ragione e che è guidato solo dall'istinto, l'intelligenza ritornerebbe al suo stato primitivo; e quando egli recupera la ragione, l'istinto ritornerebbe intelligenza, e così alternativamente a ogni accesso, la qual cosa non è ammissibile.
D'altronde, l'intelligenza e l'istinto si mostrano spesso simultaneamente nel medesimo atto. Nel camminare, per esempio, il movimento delle gambe è istintivo; l'uomo mette un piede davanti all'altro macchinalmente, senza pensarci. Ma quando vuole accelerare o rallentare il passo, sollevare un piede o deviare, per evitare un ostacolo, allora v'è calcolo e combinazione: egli agisce con deliberato proposito. L'impulso involontario del movimento è l'atto istintivo; la direzione calcolata del movimento è l'atto intelligente. L'animale carnivoro è spinto dall'istinto a nutrirsi di carne; ma le precauzioni che prende e che varia, a seconda delle circostanze, per afferrare la preda, e la sua previsione dell'eventualità sono atti dell'intelligenza.
Se così fosse, nell'uomo intelligente che perde la ragione e che è guidato solo dall'istinto, l'intelligenza ritornerebbe al suo stato primitivo; e quando egli recupera la ragione, l'istinto ritornerebbe intelligenza, e così alternativamente a ogni accesso, la qual cosa non è ammissibile.
D'altronde, l'intelligenza e l'istinto si mostrano spesso simultaneamente nel medesimo atto. Nel camminare, per esempio, il movimento delle gambe è istintivo; l'uomo mette un piede davanti all'altro macchinalmente, senza pensarci. Ma quando vuole accelerare o rallentare il passo, sollevare un piede o deviare, per evitare un ostacolo, allora v'è calcolo e combinazione: egli agisce con deliberato proposito. L'impulso involontario del movimento è l'atto istintivo; la direzione calcolata del movimento è l'atto intelligente. L'animale carnivoro è spinto dall'istinto a nutrirsi di carne; ma le precauzioni che prende e che varia, a seconda delle circostanze, per afferrare la preda, e la sua previsione dell'eventualità sono atti dell'intelligenza.
14. Un'altra ipotesi, che
del resto si lega perfettamente all'idea dell'unità di principio, nasce
dal carattere essenzialmente preveggente dell'istinto, e concorda con
quanto lo Spiritismo ci insegna, affrontando i rapporti che intercorrono
tra mondo spirituale e mondo corporale.
Sappiamo, adesso, che Spiriti disincarnati hanno per missione di vegliare sugli incarnati, di cui sono i protettori e le guide. Sappiamo, adesso, che li circondano dei loro effluvi fluidici, e che l'uomo agisce spesso in modo inconscio, sotto l'azione di questi effluvi.
Sappiamo, inoltre, che l'istinto, il quale produce lui stesso degli atti inconsci, predomina sui bambini e, in generale, sugli essere la cui ragione è debole. Orbene, secondo questa ipotesi l'istinto non sarebbe un attributo né dell'anima né della materia; non apparterrebbe propriamente all'essere vivente, ma sarebbe un effetto dell'azione diretta dei protettori invisibili, i quali supplirebbero all'imperfezione dell'intelligenza, provocando essi stessi gli atti inconsci necessari alla conservazione dell'essere. Ciò assomiglierebbe un po' all'uso delle briglie per bambini, per sostenerli quando ancora non sanno camminare. Ma, allo stesso modo con cui gradualmente si elimina l'uso delle briglie, via via che il bambino si sostiene da solo, così gli Spiriti protettori lasciano a sé stessi i loro protetti nella misura in cui questi sono in grado di lasciarsi guidare dalla loro stessa intelligenza.
Così l'istinto, lungi dall'essere il prodotto di una intelligenza rudimentale e incompleta, lo sarebbe di una intelligenza estranea nel pieno della sua forza. Si tratterebbe, cioè, di un'intelligenza protettrice, suppletiva dell'insufficienza, sia di una intelligenza più giovane — che essa spingerebbe a fare inconsciamente, per il suo stesso bene, ciò che è ancora incapace di fare da sola —, sia di una intelligenza matura, ma momentaneamente ostacolata nell'uso delle sue facoltà, come accade nell'uomo durante l'infanzia e nei casi di idiozia e di affezioni mentali.
Proverbialmente si dice che c'è un dio per i bambini, per i folli e per gli ubriachi. Tale detto è più vero di quanto non si creda; questo dio altri non è che lo Spirito protettore che veglia sull'essere incapace di proteggersi con la sua stessa ragione.
Sappiamo, adesso, che Spiriti disincarnati hanno per missione di vegliare sugli incarnati, di cui sono i protettori e le guide. Sappiamo, adesso, che li circondano dei loro effluvi fluidici, e che l'uomo agisce spesso in modo inconscio, sotto l'azione di questi effluvi.
Sappiamo, inoltre, che l'istinto, il quale produce lui stesso degli atti inconsci, predomina sui bambini e, in generale, sugli essere la cui ragione è debole. Orbene, secondo questa ipotesi l'istinto non sarebbe un attributo né dell'anima né della materia; non apparterrebbe propriamente all'essere vivente, ma sarebbe un effetto dell'azione diretta dei protettori invisibili, i quali supplirebbero all'imperfezione dell'intelligenza, provocando essi stessi gli atti inconsci necessari alla conservazione dell'essere. Ciò assomiglierebbe un po' all'uso delle briglie per bambini, per sostenerli quando ancora non sanno camminare. Ma, allo stesso modo con cui gradualmente si elimina l'uso delle briglie, via via che il bambino si sostiene da solo, così gli Spiriti protettori lasciano a sé stessi i loro protetti nella misura in cui questi sono in grado di lasciarsi guidare dalla loro stessa intelligenza.
Così l'istinto, lungi dall'essere il prodotto di una intelligenza rudimentale e incompleta, lo sarebbe di una intelligenza estranea nel pieno della sua forza. Si tratterebbe, cioè, di un'intelligenza protettrice, suppletiva dell'insufficienza, sia di una intelligenza più giovane — che essa spingerebbe a fare inconsciamente, per il suo stesso bene, ciò che è ancora incapace di fare da sola —, sia di una intelligenza matura, ma momentaneamente ostacolata nell'uso delle sue facoltà, come accade nell'uomo durante l'infanzia e nei casi di idiozia e di affezioni mentali.
Proverbialmente si dice che c'è un dio per i bambini, per i folli e per gli ubriachi. Tale detto è più vero di quanto non si creda; questo dio altri non è che lo Spirito protettore che veglia sull'essere incapace di proteggersi con la sua stessa ragione.
15. In quest'ordine di idee
si può andare anche più lontano. Ma questa teoria, per quanto razionale
possa essere, non risolve tutte le difficoltà della questione.
Se si osservano gli effetti dell'istinto, si nota innanzi tutto una unità di vedute e d'insieme, una sicurezza di risultati che non esistono più appena l'istinto è sostituito dall'intelligenza libera. Inoltre, all'adeguamento così perfetto e così costante delle facoltà istintive ai bisogni di ciascuna specie, si riconosce una profonda saggezza. Questa unità di vedute non potrebbe esistere senza l'unità di pensiero, e l'unità di pensiero è incompatibile con la diversità delle attitudini individuali. Essa soltanto poteva produrre questo insieme così perfettamente armonioso che persiste fin dall'origine dei tempi e in tutti i climi, con regolarità e precisione matematiche, senza mai venir meno. L'uniformità nel risultato delle facoltà istintive è un fatto caratteristico, che per forza di cose implica l'unità della causa. Se questa causa fosse inerente a ogni individualità, ci sarebbero tante varietà di istinti quanti sono gli individui, dalla pianta fino all'uomo. Un effetto generale, uniforme e constante deve avere una causa generale, uniforme e costante; un effetto che attesti saggezza e preveggenza deve avere una causa saggia e preveggente. Pertanto, una causa saggia e preveggente essendo necessariamente intelligente, non può essere esclusivamente materiale.
Non trovando nelle creature, incarnate o disincarnate, le qualità necessarie per produrre un tale risultato, è necessario risalire più in alto, vale a dire al Creatore stesso. Se ci si riporta alla spiegazione che è stata data circa il modo in cui si può concepire l'azione provvidenziale (cap. II, n. 24), se ci si figurano tutti gli esseri pervasi dal fluido divino, sovranamente intelligente, si comprenderà la saggezza preveggente e l'unità di vedute che presiedono a tutti i movimenti istintivi, per il bene di ciascun individuo. Questa sollecitudine è tanto più attiva, quanto meno risorse l'individuo ha in sé e nella sua stessa intelligenza. È per questo che essa, negli animali e negli esseri inferiori, si mostra più grande e più assoluta che nell'uomo.
Secondo questa teoria, si comprende come l'istinto sia una guida sempre sicura. L'istinto materno, il più nobile di tutti, che il materialismo abbassa al livello delle forze attrattive della materia, si ritrova considerato e nobilitato. In ragione delle sue conseguenze, bisognava ch'esso non fosse abbandonato alle eventualità capricciose dell'intelligenza e del libero arbitrio. Attraverso la madre, Dio stesso veglia sulle Sue creature nascenti.
Se si osservano gli effetti dell'istinto, si nota innanzi tutto una unità di vedute e d'insieme, una sicurezza di risultati che non esistono più appena l'istinto è sostituito dall'intelligenza libera. Inoltre, all'adeguamento così perfetto e così costante delle facoltà istintive ai bisogni di ciascuna specie, si riconosce una profonda saggezza. Questa unità di vedute non potrebbe esistere senza l'unità di pensiero, e l'unità di pensiero è incompatibile con la diversità delle attitudini individuali. Essa soltanto poteva produrre questo insieme così perfettamente armonioso che persiste fin dall'origine dei tempi e in tutti i climi, con regolarità e precisione matematiche, senza mai venir meno. L'uniformità nel risultato delle facoltà istintive è un fatto caratteristico, che per forza di cose implica l'unità della causa. Se questa causa fosse inerente a ogni individualità, ci sarebbero tante varietà di istinti quanti sono gli individui, dalla pianta fino all'uomo. Un effetto generale, uniforme e constante deve avere una causa generale, uniforme e costante; un effetto che attesti saggezza e preveggenza deve avere una causa saggia e preveggente. Pertanto, una causa saggia e preveggente essendo necessariamente intelligente, non può essere esclusivamente materiale.
Non trovando nelle creature, incarnate o disincarnate, le qualità necessarie per produrre un tale risultato, è necessario risalire più in alto, vale a dire al Creatore stesso. Se ci si riporta alla spiegazione che è stata data circa il modo in cui si può concepire l'azione provvidenziale (cap. II, n. 24), se ci si figurano tutti gli esseri pervasi dal fluido divino, sovranamente intelligente, si comprenderà la saggezza preveggente e l'unità di vedute che presiedono a tutti i movimenti istintivi, per il bene di ciascun individuo. Questa sollecitudine è tanto più attiva, quanto meno risorse l'individuo ha in sé e nella sua stessa intelligenza. È per questo che essa, negli animali e negli esseri inferiori, si mostra più grande e più assoluta che nell'uomo.
Secondo questa teoria, si comprende come l'istinto sia una guida sempre sicura. L'istinto materno, il più nobile di tutti, che il materialismo abbassa al livello delle forze attrattive della materia, si ritrova considerato e nobilitato. In ragione delle sue conseguenze, bisognava ch'esso non fosse abbandonato alle eventualità capricciose dell'intelligenza e del libero arbitrio. Attraverso la madre, Dio stesso veglia sulle Sue creature nascenti.
16. Questa teoria non
annulla in nessun modo il ruolo degli Spiriti protettori, il cui
concorso è un fatto acquisito e provato dall'esperienza. Ma è da notare
che l'azione di questi è essenzialmente individuale, che essa si
modifica secondo le qualità proprie del protettore e del protetto e che
in nessuna parte essa ha l'uniformità e la generalità dell'istinto. Dio,
nella Sua saggezza, conduce Lui stesso i ciechi, ma affida a delle
intelligenze libere la cura di condurre i vedenti, per lasciare a
ciascuno la responsabilità delle sue azioni. La missione degli Spiriti
protettori è un dovere ch'essi accettano volontariamente e che per loro è
un mezzo d'avanzamento a seconda del modo in cui lo compiono.
17. Tutte queste maniere di
considerare l'istinto sono necessariamente ipotetiche, né alcuna di esse
ha un sufficiente carattere di autenticità per essere data come
soluzione definitiva. La questione sarà certamente risolta un giorno,
allorché si potranno riunire gli elementi di osservazione che ancora
mancano. Fino a quel giorno, bisogna limitarsi a sottoporre le diverse
opinioni al vaglio della ragione e della logica e attendere che luce sia
fatta. La soluzione che più si avvicina alla verità sarà
necessariamente quella che meglio corrisponde agli attributi di Dio,
vale a dire alla Sua sovrana bontà e alla Sua sovrana giustizia (cap.
II, n. 19).
18. Essendo l'istinto la
guida, ed essendo le passioni le molle dell'anima nel primo periodo del
suo sviluppo, queste e quello si confondono a volte nei loro effetti. Vi
sono tuttavia tra questi due principi delle differenze che è essenziale
considerare.
L'istinto è una guida sicura, sempre buona. In un determinato momento, esso può diventare inutile, ma mai nocivo. Esso, poi, si affievolisce per il predominare dell'intelligenza.
Le passioni, nelle prime età dell'anima, hanno questo in comune con l'istinto: gli esseri vi sono sollecitati con una forza egualmente inconscia. Le passioni nascono principalmente dalle necessità del corpo e dipendono, più che dall'istinto, dall'organismo. Ciò che soprattutto le distingue dall'istinto è il fatto che esse sono individuali e non producono, come quest'ultimo, degli effetti generali e uniformi. Variano, al contrario, di intensità e di natura a seconda degli individui. Esse sono utili, come stimolanti, fino allo sbocciare del senso morale, che di un essere passivo fa un essere raziocinante. Da questo momento esse diventano non più solamente inutili, ma nocive all'avanzamento dello Spirito, di cui ritardano la smaterializzazione. S'indeboliscono con lo sviluppo della ragione.
L'istinto è una guida sicura, sempre buona. In un determinato momento, esso può diventare inutile, ma mai nocivo. Esso, poi, si affievolisce per il predominare dell'intelligenza.
Le passioni, nelle prime età dell'anima, hanno questo in comune con l'istinto: gli esseri vi sono sollecitati con una forza egualmente inconscia. Le passioni nascono principalmente dalle necessità del corpo e dipendono, più che dall'istinto, dall'organismo. Ciò che soprattutto le distingue dall'istinto è il fatto che esse sono individuali e non producono, come quest'ultimo, degli effetti generali e uniformi. Variano, al contrario, di intensità e di natura a seconda degli individui. Esse sono utili, come stimolanti, fino allo sbocciare del senso morale, che di un essere passivo fa un essere raziocinante. Da questo momento esse diventano non più solamente inutili, ma nocive all'avanzamento dello Spirito, di cui ritardano la smaterializzazione. S'indeboliscono con lo sviluppo della ragione.
19.
L'uomo che agisse costantemente solo per istinto potrebbe anche essere
molto buono, ma lascerebbe dormire la sua intelligenza. Egli sarebbe
come il bambino cui non si togliessero le briglie e che non sapesse così
servirsi delle sue gambe. Colui che non domina le sue passioni può
essere molto intelligente, ma nello stesso tempo molto malvagio. L'istinto si annulla da sé, le passioni non si domano che con lo sforzo della volontà.
Distruzione degli esseri viventi, gli uni con gli altri
20. La distruzione reciproca
degli esseri viventi è una delle leggi della natura che, di primo
acchito, sembrano meno conciliarsi con la bontà di Dio. Ci si chiede
perché Egli abbia creato in loro la necessità di distruggersi
vicendevolmente, per nutrirsi gli uni a spese degli altri.
A colui che non vede che la materia, che limita la sua visione della vita a quella presente, questa sembrerebbe in effetti un'imperfezione nell'opera divina. Il fatto è che, in generale, gli uomini giudicano la perfezione di Dio dal loro punto di vista. E, misurandone la saggezza con il giudizio che di essa hanno, pensano che Dio non potrebbe fare meglio di quanto essi stessi farebbero. Non permettendo la loro corta vista di giudicare l'insieme, essi non comprendono che un bene reale può derivare da un male apparente. La conoscenza del principio spirituale, considerato nella sua vera essenza, e della grande legge di unità, che costituisce l'armonia della creazione, è la sola che possa dare all'uomo la chiave di questo mistero e mostrargli la saggezza provvidenziale e l'armonia, esattamente là dove egli non vedeva che un'anomalia e una contraddizione.
A colui che non vede che la materia, che limita la sua visione della vita a quella presente, questa sembrerebbe in effetti un'imperfezione nell'opera divina. Il fatto è che, in generale, gli uomini giudicano la perfezione di Dio dal loro punto di vista. E, misurandone la saggezza con il giudizio che di essa hanno, pensano che Dio non potrebbe fare meglio di quanto essi stessi farebbero. Non permettendo la loro corta vista di giudicare l'insieme, essi non comprendono che un bene reale può derivare da un male apparente. La conoscenza del principio spirituale, considerato nella sua vera essenza, e della grande legge di unità, che costituisce l'armonia della creazione, è la sola che possa dare all'uomo la chiave di questo mistero e mostrargli la saggezza provvidenziale e l'armonia, esattamente là dove egli non vedeva che un'anomalia e una contraddizione.
21. La
vera vita, dell'animale come dell'uomo, non sta nell'involucro corporeo
più di quanto non stia nell'abbigliamento. Essa risiede nel principio
intelligente che preesiste e sopravvive al corpo. Questo principio
ha bisogno del corpo per svilupparsi attraverso il lavoro che deve
compiere sulla materia bruta. Il corpo si logora in questo lavoro, ma lo
Spirito non si consuma affatto. Al contrario, esso ne esce ogni volta
più forte, più lucido e più capace. Che importa dunque che lo Spirito
cambi più o meno spesso involucro? Egli non è per questo meno Spirito. È
esattamente come se un uomo cambiasse cento volte l'anno il suo
abbigliamento; non cesserebbe, per questo, di essere sempre lo stesso
uomo.
Attraverso l'incessante spettacolo della distruzione, Dio insegna agli uomini la poca importanza ch'essi devono dare all'involucro materiale e suscita in loro l'idea della vita spirituale, facendogliela desiderare come un compenso.
Dio, si dirà, non poteva arrivare al medesimo risultato con altri mezzi, senza costringere gli esseri viventi a distruggersi tra loro? Se nella Sua opera tutto è saggezza, noi dobbiamo supporre che questa saggezza non deve mancare su questo punto più che sugli altri; se non comprendiamo ciò, dobbiamo attribuirne la causa al nostro scarso progresso. Tuttavia, noi possiamo provare a cercarne la ragione, prendendo come bussola questo principio: Dio deve essere infinitamente giusto e saggio. Cerchiamo, dunque, in ogni cosa la Sua giustizia e la Sua saggezza e inchiniamoci davanti a quanto oltrepassa le nostre cognizioni.
Attraverso l'incessante spettacolo della distruzione, Dio insegna agli uomini la poca importanza ch'essi devono dare all'involucro materiale e suscita in loro l'idea della vita spirituale, facendogliela desiderare come un compenso.
Dio, si dirà, non poteva arrivare al medesimo risultato con altri mezzi, senza costringere gli esseri viventi a distruggersi tra loro? Se nella Sua opera tutto è saggezza, noi dobbiamo supporre che questa saggezza non deve mancare su questo punto più che sugli altri; se non comprendiamo ciò, dobbiamo attribuirne la causa al nostro scarso progresso. Tuttavia, noi possiamo provare a cercarne la ragione, prendendo come bussola questo principio: Dio deve essere infinitamente giusto e saggio. Cerchiamo, dunque, in ogni cosa la Sua giustizia e la Sua saggezza e inchiniamoci davanti a quanto oltrepassa le nostre cognizioni.
22. Una delle prime utilità
che si presenta, riguardo a questa distruzione, è un'utilità — è vero —
puramente fisica, ed è questa: i corpi organici si mantengono solo
mediante l'aiuto delle materie organiche, che sono le sole che
contengano gli elementi nutritivi necessari alla loro trasformazione.
Poiché i corpi, strumenti d'azione del principio intelligente, hanno
bisogno di essere incessantemente rinnovati, la Provvidenza fa sì che
servano al loro mutuo sostentamento. È per questo che gli esseri si
nutrono gli uni degli altri. Avviene, perciò, che il corpo si nutra del
corpo, ma lo Spirito non ne è né annientato né alterato. È soltanto
privato del suo involucro. [11]
-------------------------
[11] Vedere Rivista Spiritista dell'agosto 1864, pag. 241, "Estinzione delle razze".
-------------------------
-------------------------
[11] Vedere Rivista Spiritista dell'agosto 1864, pag. 241, "Estinzione delle razze".
-------------------------
23. Ci sono, inoltre, delle considerazioni morali di ordine più elevato.
La lotta è necessaria allo sviluppo dello Spirito; è nella lotta ch'esso esercita le sue facoltà. Quello che attacca per avere il suo nutrimento e quello che si difende per conservare la sua vita compiono un attacco basato sull'astuzia e sull'intelligenza e aumentano così le loro forze intellettive. L'uno dei due soccombe. Ma che cosa, in realtà, il più forte o il più abile ha tolto al più debole? La sua veste di carne, niente altro. Lo Spirito, che non è morto, più tardi ne prenderà un'altra.
La lotta è necessaria allo sviluppo dello Spirito; è nella lotta ch'esso esercita le sue facoltà. Quello che attacca per avere il suo nutrimento e quello che si difende per conservare la sua vita compiono un attacco basato sull'astuzia e sull'intelligenza e aumentano così le loro forze intellettive. L'uno dei due soccombe. Ma che cosa, in realtà, il più forte o il più abile ha tolto al più debole? La sua veste di carne, niente altro. Lo Spirito, che non è morto, più tardi ne prenderà un'altra.
24. Negli esseri inferiori
della creazione, in coloro nei quali il senso morale non esiste, nei
quali l'intelligenza non ha ancora sostituito l'istinto, la lotta non
potrà avere per movente che la soddisfazione di un bisogno materiale.
Orbene, uno dei bisogni materiali più imperiosi è quello della
nutrizione; essi, dunque, lottano unicamente per vivere, vale a dire per
afferrare o difendere una preda, poiché non potrebbero essere stimolati
da un movente più elevato. È in questo periodo che l'anima si sviluppa e
si adatta alla vita.
Presso l'uomo, c'è un periodo di transizione in cui, a fatica, egli si distingue dal bruto. Nelle ere primordiali, domina in lui l'istinto animale, e la lotta ha ancora come movente la soddisfazione dei bisogni materiali; più tardi, l'istinto animale e il sentimento morale si controbilanciano. L'uomo allora lotta, non più per nutrirsi, ma per soddisfare la sua ambizione, il suo orgoglio, il suo bisogno di dominare; per questo, deve ancora distruggere. Ma, nella misura in cui il senso morale prende il sopravvento, il bisogno di distruzione diminuisce e finisce addirittura per cancellarsi. Tale bisogno diviene allora odioso all'uomo, il quale inizia ad avere in orrore il sangue.
Tuttavia, la lotta è sempre necessaria allo sviluppo dello Spirito, poiché, pur giunto a questo punto, che a noi sembra culminante, l'uomo è ben lungi dall'essere perfetto. È solo a prezzo della sua attività ch'egli acquisisce conoscenze ed esperienza e che si spoglia delle ultime tracce di animalità. Ma da questo momento, la lotta, da sanguinosa e brutale che era, diventa puramente intellettuale; l'uomo lotta contro le difficoltà e non più contro i suoi simili. [12]
-------------------------
[12] Senza voler dare prematuramente giudizi sulle conseguenze che si potrebbero trarre da questo principio, noi abbiamo soltanto voluto dimostrare, con questa spiegazione, che la distruzione degli esseri viventi, gli uni verso gli altri, non inficia in nulla la saggezza divina, e che tutto si concatena nelle leggi della natura. Questa concatenazione è necessariamente infranta se si prescinde dal principio spirituale. È per questo che tanti problemi rimangono insoluti, se si considera soltanto la materia.
Le dottrine materialiste portano in sé il principio della loro distruzione. Esse hanno contro di sé non solo il loro antagonismo, con le aspirazioni dell'universalità degli uomini, non solo le loro conseguenze morali, che faranno sì ch'esse siano respinte quali disgregatrici della società, ma anche il bisogno che si prova di rendersi conto di tutto ciò che nasce dal progresso. Lo sviluppo intellettuale porta l'uomo alla ricerca delle cause; ora, per poco ch'egli rifletta, non tarderà a riconoscere l'impossibilità del materialismo a spiegare tutto. In quale Modo, dottrine che non soddisfano né il cuore né la ragione né l'intelligenza, che lasciano insolute le questioni più vitali, potrebbero mai prevalere? Il progresso delle idee ucciderà il materialismo, così come ha ucciso il fanatismo.
--------------------------
Presso l'uomo, c'è un periodo di transizione in cui, a fatica, egli si distingue dal bruto. Nelle ere primordiali, domina in lui l'istinto animale, e la lotta ha ancora come movente la soddisfazione dei bisogni materiali; più tardi, l'istinto animale e il sentimento morale si controbilanciano. L'uomo allora lotta, non più per nutrirsi, ma per soddisfare la sua ambizione, il suo orgoglio, il suo bisogno di dominare; per questo, deve ancora distruggere. Ma, nella misura in cui il senso morale prende il sopravvento, il bisogno di distruzione diminuisce e finisce addirittura per cancellarsi. Tale bisogno diviene allora odioso all'uomo, il quale inizia ad avere in orrore il sangue.
Tuttavia, la lotta è sempre necessaria allo sviluppo dello Spirito, poiché, pur giunto a questo punto, che a noi sembra culminante, l'uomo è ben lungi dall'essere perfetto. È solo a prezzo della sua attività ch'egli acquisisce conoscenze ed esperienza e che si spoglia delle ultime tracce di animalità. Ma da questo momento, la lotta, da sanguinosa e brutale che era, diventa puramente intellettuale; l'uomo lotta contro le difficoltà e non più contro i suoi simili. [12]
-------------------------
[12] Senza voler dare prematuramente giudizi sulle conseguenze che si potrebbero trarre da questo principio, noi abbiamo soltanto voluto dimostrare, con questa spiegazione, che la distruzione degli esseri viventi, gli uni verso gli altri, non inficia in nulla la saggezza divina, e che tutto si concatena nelle leggi della natura. Questa concatenazione è necessariamente infranta se si prescinde dal principio spirituale. È per questo che tanti problemi rimangono insoluti, se si considera soltanto la materia.
Le dottrine materialiste portano in sé il principio della loro distruzione. Esse hanno contro di sé non solo il loro antagonismo, con le aspirazioni dell'universalità degli uomini, non solo le loro conseguenze morali, che faranno sì ch'esse siano respinte quali disgregatrici della società, ma anche il bisogno che si prova di rendersi conto di tutto ciò che nasce dal progresso. Lo sviluppo intellettuale porta l'uomo alla ricerca delle cause; ora, per poco ch'egli rifletta, non tarderà a riconoscere l'impossibilità del materialismo a spiegare tutto. In quale Modo, dottrine che non soddisfano né il cuore né la ragione né l'intelligenza, che lasciano insolute le questioni più vitali, potrebbero mai prevalere? Il progresso delle idee ucciderà il materialismo, così come ha ucciso il fanatismo.
--------------------------
Capitolo IV - RUOLO DELLA SCIENZA NELLA GENESI
1. La storia dell'origine di
quasi tutti i popoli antichi si confonde con quella della loro
religione: è per questo che i loro primi libri sono stati libri
religiosi. Siccome, poi, tutte le religioni si legano al principio delle
cose, che è anche quello dell'umanità, esse hanno dato, sulla
formazione e sull'assetto dell'universo, spiegazioni che sono in
rapporto con lo stato delle conoscenze del tempo e dei loro fondatori.
Ne è risultato che i primi libri sacri sono stati allo stesso tempo i
primi libri di scienza, come per lungo tempo sono stati l'unico codice
delle leggi civili.
2. Nei tempi primitivi, i
mezzi di osservazione erano necessariamente molto imperfetti, e le prime
teorie sul sistema del mondo dovevano essere disseminate di errori
grossolani. Ma anche qualora questi mezzi fossero stati completi quanto
lo sono al giorno d'oggi, gli uomini non avrebbero saputo servirsene.
Tali mezzi d'altronde non potevano essere che il frutto dello sviluppo
dell'intelligenza e della successiva conoscenza delle leggi della
natura. Nella misura in cui l'uomo è avanzato nella conoscenza di queste
leggi, ha penetrato i misteri della creazione e ha rettificato le idee
che si era fatto sull'origine delle cose.
3. L'uomo è stato
impossibilitato a risolvere il problema della creazione fino al momento
in cui non gliene ha data la chiave la scienza. È stato necessario che
l'astronomia gli aprisse le porte dello spazio infinito e gli
permettesse di immergervi lo sguardo; che, attraverso la potenza del
calcolo, potesse determinare con una precisione rigorosa il movimento,
la posizione, il volume, la natura e il ruolo dei corpi celesti; che la
fisica gli rivelasse le leggi della gravitazione, del calore, della luce
e dell'elettricità; che la chimica gli insegnasse le trasformazioni
della materia, e la mineralogia gli indicasse i materiali che formano la
crosta terrestre; che la geologia gli insegnasse a leggere negli strati
terrestri la formazione graduale di questo globo stesso. La botanica,
la zoologia, la paleontologia, l'antropologia lo avrebbero, poi,
iniziato alla filiazione e alla successione degli esseri organizzati.
Con l'archeologia, egli ha potuto seguire le tracce dell'umanità
attraverso le varie epoche. Tutte le scienze, insomma, completandosi le
une con le altre, avrebbero apportato il loro indispensabile contributo
per la conoscenza della storia del mondo. In mancanza di esse, l'uomo
non avrebbe, come guida, che le sue prime ipotesi.
Così, prima che l'uomo entrasse in possesso di questi elementi di valutazione, tutti i commentatori della Genesi, la cui ragione si bloccava di fronte a delle impossibilità materiali, si rigiravano nel medesimo cerchio senza riuscire a venirne fuori. Ci sono riusciti solo quando la scienza ha aperto la strada, facendo breccia nel vecchio edificio delle credenze. Allora tutto ha cambiato aspetto. Una volta trovato il filo conduttore, le difficoltà si sono prontamente appianate; al posto di una Genesi immaginaria, si è avuta una Genesi positiva e in qualche modo sperimentale; i confini dell'universo si sono estesi all'infinito. Si sono visti la Terra e gli astri formarsi gradualmente secondo leggi eterne e immutabili, che testimoniano della grandezza e della saggezza di Dio molto meglio di una creazione miracolosa uscita tutt'a un tratto dal nulla, come un cambiamento a scena aperta, per un'idea improvvisa della Divinità dopo un'eternità di inazione.
Poiché è impossibile concepire la Genesi senza i dati forniti dalla scienza, si può dire in tutta verità che la scienza è chiamata a costruire la vera Genesi secondo le leggi della natura.
Così, prima che l'uomo entrasse in possesso di questi elementi di valutazione, tutti i commentatori della Genesi, la cui ragione si bloccava di fronte a delle impossibilità materiali, si rigiravano nel medesimo cerchio senza riuscire a venirne fuori. Ci sono riusciti solo quando la scienza ha aperto la strada, facendo breccia nel vecchio edificio delle credenze. Allora tutto ha cambiato aspetto. Una volta trovato il filo conduttore, le difficoltà si sono prontamente appianate; al posto di una Genesi immaginaria, si è avuta una Genesi positiva e in qualche modo sperimentale; i confini dell'universo si sono estesi all'infinito. Si sono visti la Terra e gli astri formarsi gradualmente secondo leggi eterne e immutabili, che testimoniano della grandezza e della saggezza di Dio molto meglio di una creazione miracolosa uscita tutt'a un tratto dal nulla, come un cambiamento a scena aperta, per un'idea improvvisa della Divinità dopo un'eternità di inazione.
Poiché è impossibile concepire la Genesi senza i dati forniti dalla scienza, si può dire in tutta verità che la scienza è chiamata a costruire la vera Genesi secondo le leggi della natura.
4. Al punto in cui è arrivata nel diciannovesimo secolo, la scienza ha risolto tutte le difficoltà del problema della Genesi?
No di certo, ma è incontestabile che ne ha distrutto irrevocabilmente tutti gli errori capitali e che, su dati irrefutabili, ne ha gettato le basi più essenziali. I punti ancora incerti non sono, per essere esatti, che questioni di dettaglio, la cui soluzione, qualunque essa sia in futuro, non può pregiudicare l'insieme. D'altronde, malgrado tutte le risorse di cui la scienza ha potuto disporre, le è mancato finora un elemento importante, senza il quale l'opera non potrebbe mai essere completa.
No di certo, ma è incontestabile che ne ha distrutto irrevocabilmente tutti gli errori capitali e che, su dati irrefutabili, ne ha gettato le basi più essenziali. I punti ancora incerti non sono, per essere esatti, che questioni di dettaglio, la cui soluzione, qualunque essa sia in futuro, non può pregiudicare l'insieme. D'altronde, malgrado tutte le risorse di cui la scienza ha potuto disporre, le è mancato finora un elemento importante, senza il quale l'opera non potrebbe mai essere completa.
5. Di tutte le Genesi
antiche, quella che più si avvicina ai dati scientifici moderni,
nonostante gli errori ch'essa racchiude e che sono oggi dimostrati in
modo evidente, è incontestabilmente quella di Mosè. Alcuni di questi
errori sono anzi più apparenti che reali e provengono sia dalla falsa
interpretazione di certe parole — il cui significato primitivo si è
perduto passando di lingua in lingua attraverso la traduzione, oppure la
cui accezione è cambiata con i costumi dei popoli — sia dalla forma
allegorica, propria dello stile orientale, e che si è presa alla lettera
invece di cercarne lo spirito.
6. La Bibbia contiene
chiaramente dei fatti che la ragione, sviluppatasi con la scienza, non
saprebbe al giorno d'oggi accettare, e altri fatti che ci appaiono
strani e ripugnanti, perché si rifanno a usanze e costumi che non sono
più i nostri. Ma, a parte ciò, ci sarebbe della parzialità a non
riconoscere ch'essa racchiude cose grandi e belle. Nella Bibbia
l'allegoria ha un posto considerevole e, sotto questo velo, essa
nasconde verità sublimi che appaiono se si cerca il significato di
fondo, perché allora l'assurdo scompare.
Come mai, però, non si è sollevato ben prima questo velo? Da un lato, c'è la mancanza di lumi che soltanto la scienza e una sana filosofia potevano dare, dall'altro, il principio dell'immutabilità assoluta della fede, conseguenza di un rispetto troppo cieco per una lettura alla lettera — rispetto che anche la ragione doveva osservare — e, in seguito, la paura di compromettere l'impalcatura di credenze costruite sul senso letterale. Partendo queste credenze da un punto primitivo, si è temuto che, se il primo anello della catena fosse venuto a spezzarsi, tutte le maglie della rete avrebbero finito col separarsi. È per questo che si sono voluti ostinatamente chiudere gli occhi. Ma chiudere gli occhi di fronte a un pericolo non significa evitarlo. Quando un edificio sta cedendo, non è forse più prudente sostituire le pietre in cattivo stato con delle nuove, piuttosto che attendere — per rispetto verso l'antichità dell'edificio — che il danno sia senza rimedio e che si debba ricostruirlo da cima a fondo?
Come mai, però, non si è sollevato ben prima questo velo? Da un lato, c'è la mancanza di lumi che soltanto la scienza e una sana filosofia potevano dare, dall'altro, il principio dell'immutabilità assoluta della fede, conseguenza di un rispetto troppo cieco per una lettura alla lettera — rispetto che anche la ragione doveva osservare — e, in seguito, la paura di compromettere l'impalcatura di credenze costruite sul senso letterale. Partendo queste credenze da un punto primitivo, si è temuto che, se il primo anello della catena fosse venuto a spezzarsi, tutte le maglie della rete avrebbero finito col separarsi. È per questo che si sono voluti ostinatamente chiudere gli occhi. Ma chiudere gli occhi di fronte a un pericolo non significa evitarlo. Quando un edificio sta cedendo, non è forse più prudente sostituire le pietre in cattivo stato con delle nuove, piuttosto che attendere — per rispetto verso l'antichità dell'edificio — che il danno sia senza rimedio e che si debba ricostruirlo da cima a fondo?
7. La scienza, portando le
sue ricerche fin nelle viscere della Terra e nella profondità dei cieli,
ha dunque dimostrato, in maniera irrefutabile, gli errori della Genesi
mosaica presa alla lettera e l'impossibilità materiale che le cose siano
avvenute come vi sono testualmente riportate. Così procedendo, la
scienza ha nello stesso tempo scagliato un massiccio attacco ad alcune
credenze secolari. La fede ortodossa ne è stata profondamente turbata,
perché ha creduto di vedersi portar via la sua pietra miliare. Ma chi
doveva aver ragione? La scienza che andava avanti prudentemente e
progressivamente sul solido terreno delle cifre e dell'osservazione,
senza mai nulla affermare prima d'aver avuto la prova in mano, oppure
una relazione scritta in un'epoca in cui i mezzi d'osservazione
mancavano nel modo più assoluto? Chi dovrebbe vincere, in fin dei conti?
Chi dice che due più due fa cinque e si rifiuta di verificarlo o chi
dice che due più due fa quattro e lo dimostra?
8. Ma allora, si dirà, se la
Bibbia è una rivelazione divina, Dio si è dunque sbagliato? Se essa non
è una rivelazione divina non ha più autorità, e la religione, in
mancanza di una base, crolla.
Delle due, l'una: la scienza o ha torto o ha ragione; se ha ragione, essa non può fare in modo che un'opinione contraria sia vera; né c'è rivelazione che possa vincere sull'autorità dei fatti.
Incontestabilmente Dio, che è tutta verità, non può indurre gli uomini in errore, né consapevolmente né inconsapevolmente, altrimenti non sarebbe Dio. Se dunque i fatti contraddicono le parole che Gli sono attribuite, bisogna logicamente concludere che Egli non le ha pronunciate o che esse sono state erroneamente intese.
Se la religione soffre in alcune sue parti di queste contraddizioni, il torto non è da addebitare alla scienza, la quale non può far sì che quanto è non sia, ma agli uomini, per aver stabilito prematuramente dei dogmi assoluti — di cui hanno fatto una questione di vita o di morte — su delle ipotesi suscettibili d'essere smentite dall'esperienza.
Ci sono delle cose al cui sacrificio bisogna rassegnarsi, volenti o nolenti, quando non si può fare diversamente. Quando il mondo è in cammino, non può la volontà di alcuni arrestarlo. La cosa più saggia da farsi è seguirlo e adattarsi al nuovo stato di cose, piuttosto che aggrapparsi al passato che crolla, col rischio di crollare con esso.
Delle due, l'una: la scienza o ha torto o ha ragione; se ha ragione, essa non può fare in modo che un'opinione contraria sia vera; né c'è rivelazione che possa vincere sull'autorità dei fatti.
Incontestabilmente Dio, che è tutta verità, non può indurre gli uomini in errore, né consapevolmente né inconsapevolmente, altrimenti non sarebbe Dio. Se dunque i fatti contraddicono le parole che Gli sono attribuite, bisogna logicamente concludere che Egli non le ha pronunciate o che esse sono state erroneamente intese.
Se la religione soffre in alcune sue parti di queste contraddizioni, il torto non è da addebitare alla scienza, la quale non può far sì che quanto è non sia, ma agli uomini, per aver stabilito prematuramente dei dogmi assoluti — di cui hanno fatto una questione di vita o di morte — su delle ipotesi suscettibili d'essere smentite dall'esperienza.
Ci sono delle cose al cui sacrificio bisogna rassegnarsi, volenti o nolenti, quando non si può fare diversamente. Quando il mondo è in cammino, non può la volontà di alcuni arrestarlo. La cosa più saggia da farsi è seguirlo e adattarsi al nuovo stato di cose, piuttosto che aggrapparsi al passato che crolla, col rischio di crollare con esso.
9. Si sarebbe forse dovuto,
per rispetto verso quei testi considerati sacri, imporre il silenzio
della scienza? Sarebbe stata cosa tanto impossibile quanto impedire alla
Terra di girare. Le religioni, quali che siano, non hanno mai avuto
nulla da guadagnare a sostenere errori palesi. La missione della scienza
è quella di scoprire le leggi della natura. Ora, siccome queste leggi
sono l'opera di Dio, esse non possono essere contrarie alle religioni
basate sulla verità. Gettare l'anatema contro il progresso, quale
attentatore della religione, è come gettarlo contro l'opera stessa di
Dio. Inoltre, è inutile fatica, poiché tutti gli anatemi del mondo non
impediranno alla scienza di proseguire, né alla verità di farsi strada. Se la religione si rifiuta di avanzare con la scienza, la scienza marcerà da sola.
10. Soltanto le religioni
stazionarie possono temere le scoperte della scienza; queste scoperte
non sono funeste che per quelle religioni che si lasciano distanziare
dalle idee progressiste, immobilizzandosi nell'assolutismo delle loro
credenze. Esse generalmente si fanno un'idea così meschina della
Divinità, da non comprendere che assimilare le leggi della natura,
rivelate dalla scienza, è glorificare Dio nelle sue opere; ma nella loro
cecità preferiscono farne omaggio allo Spirito del male, attribuendo a
lui queste leggi. Una religione che non fosse
su nessun punto in contraddizione con le leggi della natura non avrebbe
nulla da temere dal progresso e sarebbe invulnerabile.
11. La Genesi comprende due
parti: la storia della formazione del mondo materiale e la storia della
formazione dall'umanità, considerata nel suo duplice principio corporale
e spirituale. La scienza si è limitata alla ricerca delle leggi che
reggono la materia; dell'uomo stesso essa non ha studiato che
l'involucro carnale. Da questo lato, essa è arrivata a rendersi conto,
con una precisione incontestabile, delle principali parti del meccanismo
dell'universo e dell'organismo umano. Su questo punto fondamentale,
essa ha potuto completare la Genesi di Mosè e rettificarne le parti
difettose.
Ma la storia dell'uomo, considerato come essere spirituale, si collega a uno speciale ordine di idee che non sono di dominio della scienza propriamente detta, la quale, per questo motivo, non ne ha fatto l'oggetto delle sue indagini. La filosofia che più particolarmente comprende, nelle sue attribuzioni, questo genere di studio, non ha formulato su questo punto che dei sistemi contraddittori: dalla spiritualità pura fino alla negazione del principio spirituale e di Dio stesso, senza altre basi che le idee personali dei loro autori. In assenza di una sufficiente verifica ha quindi lasciato la questione senza soluzione.
Ma la storia dell'uomo, considerato come essere spirituale, si collega a uno speciale ordine di idee che non sono di dominio della scienza propriamente detta, la quale, per questo motivo, non ne ha fatto l'oggetto delle sue indagini. La filosofia che più particolarmente comprende, nelle sue attribuzioni, questo genere di studio, non ha formulato su questo punto che dei sistemi contraddittori: dalla spiritualità pura fino alla negazione del principio spirituale e di Dio stesso, senza altre basi che le idee personali dei loro autori. In assenza di una sufficiente verifica ha quindi lasciato la questione senza soluzione.
12. Tale questione,
tuttavia, è per l'uomo la più importante, poiché tratta del problema del
suo passato e del suo avvenire; la questione del mondo materiale non lo
tocca che indirettamente. Ciò che prima di tutto gli importa sapere è
da dove viene e dove va, se ha già vissuto e se vivrà ancora, e quale
sorte gli è riservata.
Su tutte le questioni di tal genere, la scienza si mantiene muta. La filosofia non dà che delle soluzioni che arrivano a conclusioni diametralmente opposte, ma almeno essa permette di discutere, il che fa sì che molti si collochino al suo fianco, piuttosto che a quello della religione, che non discute.
Su tutte le questioni di tal genere, la scienza si mantiene muta. La filosofia non dà che delle soluzioni che arrivano a conclusioni diametralmente opposte, ma almeno essa permette di discutere, il che fa sì che molti si collochino al suo fianco, piuttosto che a quello della religione, che non discute.
13. Tutte le religioni sono
d'accordo riguardo al principio dell'esistenza dell'anima, senza
tuttavia dimostrarlo. Ma non sono d'accordo né sulla sua origine né sul
suo passato né sul suo avvenire né soprattutto, cosa che è essenziale,
sulle condizioni da cui dipende la sua sorte futura. Esse, per la
maggior parte, fanno dell'avvenire dell'anima un quadro che impongono
alla fede dei loro adepti e che non può essere da loro accettato se non
con fede cieca, dal momento che non può sostenere un esame serio. Poiché
il destino che tali religioni attribuiscono all'anima è legato, nei
loro dogmi, alle idee che del mondo materiale e del meccanismo
dell'universo erano state formulate nei tempi primitivi, tale concetto è
inconciliabile con lo stato attuale delle conoscenze. Non potendo, poi,
se non perdere con l'esame e la discussione, esse trovano più semplice
vietare sia l'uno che l'altra.
14. Da queste divergenze,
che riguardano l'avvenire dell'uomo, sono nati il dubbio e
l'incredulità. L'incredulità, tuttavia, lascia un vuoto penoso. L'uomo
guarda con ansietà all'ignoto in cui, presto o tardi, dovrà fatalmente
entrare. L'idea del nulla lo agghiaccia; la sua coscienza gli dice che
al di là del presente qualcosa gli è pur riservata: ma che cosa? La sua
ragione, ormai sviluppatasi, non gli permette più di accettare le storie
con cui si è cullata la sua infanzia e di prendere l'allegoria per la
realtà. Qual è il senso di questa allegoria? La scienza ha strappato un
angolo del velo, ma non gli ha rivelato ciò che a lui più importa
sapere. Invano egli chiede. Niente gli risponde in maniera categorica e
adeguata a placare le sue apprensioni; dappertutto trova affermazioni
che si scontrano con negazioni, senza prove positive più dall'una che
dall'altra parte. Da qui l'incertezza; e l'incertezza sulle cose della vita futura la sì che l'uomo si getti con una sorta di frenesia su quelle della vita materiale.
Tale è l'inevitabile effetto delle epoche di transizione: l'edificio del passato crolla, e quello del futuro è ancora da costruire. Questo uomo è come l'adolescente, che non ha più la fede ingenua dei suoi primi anni e non ha ancora le conoscenze dell'età matura. Egli non ha che delle vaghe aspirazioni che non sa definire.
Tale è l'inevitabile effetto delle epoche di transizione: l'edificio del passato crolla, e quello del futuro è ancora da costruire. Questo uomo è come l'adolescente, che non ha più la fede ingenua dei suoi primi anni e non ha ancora le conoscenze dell'età matura. Egli non ha che delle vaghe aspirazioni che non sa definire.
15. Se la questione
dell'uomo spirituale è rimasta, fino ai nostri giorni, allo stato di
teoria, è perché sono mancati i mezzi d'osservazione diretta, che si
sono invece avuti per costatare lo stato del mondo materiale, cosicché
il campo è rimasto aperto alle congetture dello spirito umano.
Fintantoché l'uomo non ha conosciuto le leggi che reggono la materia e
non ha potuto applicare il metodo sperimentale, egli ha errato di
sistema in sistema, da quelli che riguardano il meccanismo
dell'universo, a quelli che riguardano la formazione della Terra. È
avvenuto così nell'ordine morale come nell'ordine fisico. Per fissare le
idee è mancato l'elemento essenziale: la conoscenza delle leggi del
principio spirituale. Questa conoscenza era riservata alla nostra epoca,
come quella delle leggi della materia è stata l'opera degli ultimi due
secoli.
16. A tutt'oggi, lo studio
del principio spirituale, compreso nella metafisica, era stato puramente
speculativo e teorico. Nello Spiritismo esso è del tutto sperimentale.
Con l'aiuto della facoltà medianica, ai giorni nostri più sviluppata e
soprattutto più diffusa e meglio studiata, l'uomo si è trovato in
possesso di un nuovo strumento di osservazione. La medianità è stata,
per il mondo spirituale, ciò che il telescopio è stato per il mondo
astrale, e il microscopio per il mondo degli infinitamente piccoli. Essa
ha permesso di esplorare e di studiare, per così dire de visu, i
rapporti del mondo spirituale col mondo corporale; di isolare, nell'uomo
vivente, l'essere intelligente dall'essere materiale e di vederli agire
separatamente. Una volta stabilite delle relazioni con gli abitanti del
mondo spirituale, si è potuto seguire l'anima nel suo cammino
ascendente, nelle sue migrazioni, nelle sue trasformazioni; si è potuto,
infine, studiare l'elemento spirituale. Ecco ciò che mancava ai
precedenti commentatori della Genesi per comprenderla e rettificarne gli
errori.
17. Il mondo spirituale e il
mondo materiale, essendo in continuo contatto, sono l'un l'altro
solidali; tutti e due hanno la loro parte d'azione nella Genesi. Senza
la conoscenza delle leggi che reggono il primo, sarebbe impossibile
costituire una Genesi completa, così come impossibile è a uno scultore
dar vita a una statua. Oggi soltanto, benché né la scienza materiale né
la scienza spirituale abbiano detto la loro ultima parola, l'uomo
possiede i due elementi adatti a gettar luce su questo immenso problema.
Occorrevano assolutamente queste due chiavi per arrivare a una
soluzione, sia pure approssimativa.
Capitolo V - ANTICHI E MODERNI SISTEMI DEL MONDO
1. La prima idea che gli
uomini si fecero della Terra, del movimento degli astri e della
costituzione dell'universo dovette essere, all'origine, unicamente
basata su ciò che i sensi percepivano. Nell'ignoranza delle più
elementari leggi della fisica e delle forze della natura, non avendo che
la loro vista limitata quale mezzo di osservazione, non potevano
giudicare che sulle apparenze.
Vedendo il sole apparire al mattino da un lato dell'orizzonte e scomparire la sera dal lato opposto, si concluse naturalmente che esso girava attorno alla Terra, mentre questa restava immobile. Se allora si fosse detto agli uomini che è il contrario che avviene, essi avrebbero risposto che ciò non poteva essere: "Perché — avrebbero detto — noi vediamo il sole cambiare di posto, ma non sentiamo la Terra muoversi".
Vedendo il sole apparire al mattino da un lato dell'orizzonte e scomparire la sera dal lato opposto, si concluse naturalmente che esso girava attorno alla Terra, mentre questa restava immobile. Se allora si fosse detto agli uomini che è il contrario che avviene, essi avrebbero risposto che ciò non poteva essere: "Perché — avrebbero detto — noi vediamo il sole cambiare di posto, ma non sentiamo la Terra muoversi".
2. La
scarsa diffusione dei viaggi, che allora raramente superavano i confini
della tribù o della vallata, non poteva permettere di constatare la
sfericità della Terra. Come, d'altronde, supporre che la Terra potesse
essere una sfera? Gli uomini non avrebbero potuto stare che sul punto
più elevato; e, pur supponendola abitata su tutta la superficie, come
avrebbero potuto vivere nell'emisfero opposto? Con la testa in giù e i
piedi in su? La cosa sarebbe sembrata ancor meno possibile con un
movimento di rotazione. Quando, ancora ai giorni nostri, in cui si
conosce la legge di gravitazione, si vede gente, relativamente
illuminata, non rendersi conto di questo fenomeno, non ci si deve
stupire che gli uomini delle prime ere non l'avessero neppure supposto.
La Terra era dunque per loro una superficie piana e circolare come una macina di mulino, che si estendeva a perdita d'occhio in direzione orizzontale; da qui l'espressione usata ancor oggi: andare in capo al mondo. I suoi limiti, il suo spessore, il suo interno, la sua faccia inferiore e quanto c'era sotto, tutto ciò era l'incognito. [13]
La Terra era dunque per loro una superficie piana e circolare come una macina di mulino, che si estendeva a perdita d'occhio in direzione orizzontale; da qui l'espressione usata ancor oggi: andare in capo al mondo. I suoi limiti, il suo spessore, il suo interno, la sua faccia inferiore e quanto c'era sotto, tutto ciò era l'incognito. [13]
-------------------------
[13] "La mitologia indù insegnava che l'astro del giorno si spogliava la sera della sua luce e attraversava il cielo durante la notte, scuro in volto. La mitologia greca rappresentava il carro di Apollo trainato da quattro cavalli. Anassimandro di Mileto sosteneva, a quanto riferisce Plutarco, che il Sole era un carro pieno d'un fuoco molto vivo che usciva da un'apertura circolare. Epicuro, secondo alcuni, sarebbe stato dell'opinione che il Sole prendesse fuoco al mattino e si spegnesse la sera nelle acque dell'oceano; secondo altri, egli avrebbe fatto di questo astro una sorta di pietra pomice, riscaldata fino all'incandescenza. Anassagora guardava al Sole come a un ferro arroventato dell'estensione del Peloponneso. Osservazione tanto singolare per gli antichi, i quali erano invincibilmente portati a considerare la grandezza apparente di questo astro come reale, che perseguitarono questo temerario filosofo per aver osato attribuire un tale volume alla fiaccola del giorno. Fu necessaria tutta l'autorità di Pericle per salvarlo da una condanna a morte che fu commutata in una sentenza d'esilio." [Flammarion, Studi e letture sull'astronomia, pag. 6]
Di fronte a tali idee, profferite nel quinto secolo avanti Cristo, ai tempi più fiorenti della Grecia, non ci si può stupire di quelle che, sul sistema del mondo, nutrivano gli uomini delle prime ere.
-------------------------
3. Il cielo, apparendo in
forma concava, era, secondo la credenza popolare, realmente una volta, i
cui bordi inferiori poggiavano sulla Terra e ne segnavano i confini;
era, insomma, come una vasta cupola, il cui volume era completamente
riempito dall'aria. Senza alcuna nozione di spazio infinito, incapaci
anche solo di concepirlo, gli uomini s'immaginavano questa volta formata
da materia solida. Da qui il nome di firmamento, che è sopravvissuto alla credenza popolare e che significa fermo, resistente (dal latino firmamentum, derivato da firmus, e dal greco herma, hermatos, fermo, sostegno, supporto, punto d'appoggio).
4. Le stelle, di cui essi
non potevano supporre la natura, erano dei semplici punti luminosi, più o
meno grandi, fissati alla volta come lampade sospese, disposte su di
un'unica superficie e, di conseguenza, tutte alla medesima distanza
dalla Terra, nella stessa maniera in cui vengono rappresentate
all'interno di certe cupole dipinte di blu, per raffigurare l'azzurro
dei cieli.
Quantunque al giorno d'oggi le idee siano ben altre, l'uso delle antiche espressioni si è conservato. Si dice ancora, per esempio: la volta stellata, sotto la calotta del cielo.
Quantunque al giorno d'oggi le idee siano ben altre, l'uso delle antiche espressioni si è conservato. Si dice ancora, per esempio: la volta stellata, sotto la calotta del cielo.
5. La formazione delle
nuvole per l'evaporazione delle acque della Terra era allora egualmente
sconosciuta. A chi poteva venire in mente che la pioggia che cade dal
cielo avesse la sua origine sulla Terra, da cui nessuno vedeva l'acqua
salire? Da qui la credenza che esistessero delle acque superiori e delle acque inferiori, delle
sorgenti celesti e delle sorgenti terrestri, e dei bacini situati nelle
regioni alte, supposizione, questa, che si accordava perfettamente con
l'idea di volta solida, in grado di sostenerli. Le acque superiori,
filtrando attraverso le fessure della volta, cadevano in pioggia, e, a
seconda che queste fessure fossero più o meno larghe, la pioggia era
leggera o torrenziale e diluviale.
6. La completa ignoranza
dell'insieme dell'universo e delle leggi che lo reggono, della natura,
della costituzione e della destinazione degli astri, che d'altronde
sembravano così piccoli relativamente alla Terra, dovette
necessariamente far considerare questa come la cosa principale, lo scopo
unico della creazione, e gli astri come degli accessori creati
unicamente in favore dei suoi abitanti. Questo pregiudizio si è
perpetuato fino ai nostri giorni, malgrado le scoperte della scienza,
che hanno cambiato, per l'uomo, l'aspetto del mondo. Quanta gente crede
ancora che le stelle siano degli ornamenti del cielo per deliziare la
vista degli abitanti della Terra!
7. Non si tardò, però, ad
accorgersi dell'apparente moto delle stelle, che si muovono in massa da
oriente a occidente, levandosi la sera e scomparendo al mattino,
conservando le loro rispettive posizioni. Questa osservazione non ebbe
per lungo tempo altra conseguenza che quella di confermare l'idea di una
volta solida, che trascinava le stelle nel suo movimento di rotazione.
Queste idee originarie, molto semplicistiche, hanno costituito, per lunghi e secolari periodi, la base delle credenze religiose e sono anche servite di base a tutte le cosmogonie antiche.
Queste idee originarie, molto semplicistiche, hanno costituito, per lunghi e secolari periodi, la base delle credenze religiose e sono anche servite di base a tutte le cosmogonie antiche.
8. Più tardi si comprese,
attraverso le direzion del movimento delle stelle e del loro ritorno
periodico nel medesimo ordine, che la volta celeste non poteva essere
semplicemente una semisfera poggiata sulla Terra, bensì una sfera intera
e cava, al centro della quale si trovava la Terra. Questa era
immaginata sempre piatta o tutt'al più convessa e abitata soltanto sulla
superficie superiore. Era già un progresso.
Ma su che cosa era poggiata la Terra? Sarebbe inutile riferire tutte le ridicole supposizioni enfatizzate dall'immaginazione, a partire da quella degli indiani, i quali raccontavano che fosse portata da quattro elefanti bianchi e che questi fossero a loro volta trasportati sulle ali di un immenso avvoltoio. I più saggi ammettevano che, loro, non ne sapevano nulla.
Ma su che cosa era poggiata la Terra? Sarebbe inutile riferire tutte le ridicole supposizioni enfatizzate dall'immaginazione, a partire da quella degli indiani, i quali raccontavano che fosse portata da quattro elefanti bianchi e che questi fossero a loro volta trasportati sulle ali di un immenso avvoltoio. I più saggi ammettevano che, loro, non ne sapevano nulla.
9. Tuttavia un'opinione abbastanza diffusa nelle teogonie pagane collocava nei luoghi bassi, in altre parole nelle profondità della Terra, o al di sotto — non se ne sapeva tropo — la dimora dei malvagi, chiamata inferno, cioè luoghi inferiori; mentre nei luoghi alti, al di là della regione delle stelle, collocava la dimora dei beati. La parola inferno si
è mantenuta fino ai nostri giorni, quantunque abbia perduto il suo
significato etimologico, dopo che la geologia ha sgombrato il luogo
degli eterni supplizi dalle viscere della Terra, e dopo che l'astronomia
ha dimostrato che nello spazio infinito non esiste né alto né basso.
10. Sotto il terso cielo
della Caldea, dell'India e dell'Egitto, culla delle più antiche civiltà,
si poté osservare il movimento degli astri con tanta precisione quanta
ne permetteva la mancanza di speciali strumenti. Si vide, per prima
cosa, che alcune stelle avevano un movimento proprio, indipendente dalla
massa, il che non permetteva di supporre ch'esse fossero attaccate alla
volta celeste. Furono chiamate stelle erranti o pianeti per distinguerle dalle stelle fisse. Furono calcolati i loro movimenti e i loro ritorni periodici.
Nel movimento diurno della sfera stellata, si notò l'immobilità della stella polare, intorno alla quale le altre stelle descrivevano, in ventiquattro ore, dei cerchi obliqui paralleli più o meno grandi, a seconda della loro distanza dalla stella centrale. Questo fu il primo passo verso la conoscenza dell'obliquità dell'asse del mondo. Viaggi più lunghi permisero di osservare la differenza degli aspetti del cielo, secondo le latitudini e le stagioni. La verifica del fatto che l'elevazione della stella polare al di sopra dell'orizzonte variava con la latitudine aprì la strada alla percezione della sfericità della Terra. È così che, a poco a poco, ci si fece un'idea più giusta del sistema del mondo.
Verso l'anno 600 a.C., Talete da Mileto (Asia Minore) scoprì la sfericità della Terra, l'obliquità dell'eclittica e la causa delle eclissi.
Un secolo più tardi, Pitagora da Samo scopre il moto diurno della Terra sul suo asse, il suo moto annuale intorno al Sole e annette i pianeti e le comete al sistema solare.
Nel 160 a.C., Ipparco d'Alessandria d'Egitto inventa l'astrolabio, calcola e predice le eclissi, osserva le macchie solari, determina l'anno tropico e la durata delle rivoluzioni della Luna.
Per quanto preziose fossero queste scoperte per il progresso della scienza, esse ci misero quasi duemila anni per divulgarsi. Le idee nuove, non avendo allora, per diffondersi, nient'altro che dei rari manoscritti, restavano appannaggio di alcuni filosofi, i quali le trasmettevano a degli allievi privilegiati. Le masse, che nessuno quasi mai si sognava di illuminare, non ne traevano alcun beneficio e continuavano a nutrirsi delle vecchie credenze.
Nel movimento diurno della sfera stellata, si notò l'immobilità della stella polare, intorno alla quale le altre stelle descrivevano, in ventiquattro ore, dei cerchi obliqui paralleli più o meno grandi, a seconda della loro distanza dalla stella centrale. Questo fu il primo passo verso la conoscenza dell'obliquità dell'asse del mondo. Viaggi più lunghi permisero di osservare la differenza degli aspetti del cielo, secondo le latitudini e le stagioni. La verifica del fatto che l'elevazione della stella polare al di sopra dell'orizzonte variava con la latitudine aprì la strada alla percezione della sfericità della Terra. È così che, a poco a poco, ci si fece un'idea più giusta del sistema del mondo.
Verso l'anno 600 a.C., Talete da Mileto (Asia Minore) scoprì la sfericità della Terra, l'obliquità dell'eclittica e la causa delle eclissi.
Un secolo più tardi, Pitagora da Samo scopre il moto diurno della Terra sul suo asse, il suo moto annuale intorno al Sole e annette i pianeti e le comete al sistema solare.
Nel 160 a.C., Ipparco d'Alessandria d'Egitto inventa l'astrolabio, calcola e predice le eclissi, osserva le macchie solari, determina l'anno tropico e la durata delle rivoluzioni della Luna.
Per quanto preziose fossero queste scoperte per il progresso della scienza, esse ci misero quasi duemila anni per divulgarsi. Le idee nuove, non avendo allora, per diffondersi, nient'altro che dei rari manoscritti, restavano appannaggio di alcuni filosofi, i quali le trasmettevano a degli allievi privilegiati. Le masse, che nessuno quasi mai si sognava di illuminare, non ne traevano alcun beneficio e continuavano a nutrirsi delle vecchie credenze.
11. Verso l'anno 140 dell'era cristiana, Tolomeo, uno
degli uomini più illustri della Scuola Alessandrina, unendo le sue idee
con le credenze popolari e con alcune delle più recenti scoperte
astronomiche, compose un sistema che potremmo chiamare misto, il quale
porta il suo nome e, per quasi quindici secoli, fu il solo a essere
adottato nel mondo civilizzato.
Secondo il Sistema Tolemaico, la Terra è una sfera al centro dell'universo.Essa si componeva di quattro elementi: la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco. C'era una prima regione, che era detta elementare. La seconda regione, detta eterea, comprendeva undici cieli, o sfere concentriche, che giravano attorno alla Terra, e cioè: il cielo della Luna, i cieli di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, di Giove, di Saturno, delle stelle fisse, del primo cristallino, sfera solida trasparente; poi, del secondo cristallino e, infine, del primo mobile, che dava il movimento a tutti i cieli inferiori e faceva loro compiere una rivoluzione ogni ventiquattro ore. Al di là degli undici cieli stava, l’Empireo, dimora dei beati, così chiamato dal greco par, che significa fuoco, poiché si credeva che questa regione risplendesse di luce come il fuoco.
La credenza in molti cieli sovrapposti ha per lungo tempo prevalso; ma si variava sul numero. Il settimo cielo era generalmente considerato come il più elevato; da qui l'espressione: essere estasiato fino al settimo cielo. San Paolo ha detto ch'egli era stato innalzato al terzo cielo.
Indipendentemente dal movimento comune, gli astri avevano, secondo Tolomeo, dei movimenti propri, più o meno ampi, a seconda della loro distanza dal centro. Le stelle fisse compivano una rivoluzione in 25.816 anni. Quest'ultima valutazione denota la conoscenza della precessione degli equinozi, che si compie in effetti in 25.868 anni.
Secondo il Sistema Tolemaico, la Terra è una sfera al centro dell'universo.Essa si componeva di quattro elementi: la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco. C'era una prima regione, che era detta elementare. La seconda regione, detta eterea, comprendeva undici cieli, o sfere concentriche, che giravano attorno alla Terra, e cioè: il cielo della Luna, i cieli di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, di Giove, di Saturno, delle stelle fisse, del primo cristallino, sfera solida trasparente; poi, del secondo cristallino e, infine, del primo mobile, che dava il movimento a tutti i cieli inferiori e faceva loro compiere una rivoluzione ogni ventiquattro ore. Al di là degli undici cieli stava, l’Empireo, dimora dei beati, così chiamato dal greco par, che significa fuoco, poiché si credeva che questa regione risplendesse di luce come il fuoco.
La credenza in molti cieli sovrapposti ha per lungo tempo prevalso; ma si variava sul numero. Il settimo cielo era generalmente considerato come il più elevato; da qui l'espressione: essere estasiato fino al settimo cielo. San Paolo ha detto ch'egli era stato innalzato al terzo cielo.
Indipendentemente dal movimento comune, gli astri avevano, secondo Tolomeo, dei movimenti propri, più o meno ampi, a seconda della loro distanza dal centro. Le stelle fisse compivano una rivoluzione in 25.816 anni. Quest'ultima valutazione denota la conoscenza della precessione degli equinozi, che si compie in effetti in 25.868 anni.
12. All'inizio del sedicesimo, Copernico, celebre
astronomo, nato a Thorn (Prussia) nel 1472, morto nel 1543, riprese le
idee di Pitagora. Egli pubblicò un sistema che, confermato ogni giorno
dalle nuove osservazioni, fu favorevolmente accolto e non tardò a
rovesciare quello di Tolomeo. Secondo questo sistema, il Sole è al
centro, e i pianeti descrivono delle orbite circolari attorno a questo
astro, essendo la Luna un satellite della Terra.
Circa un secolo più tardi, nel 1609, Galileo, nato a Firenze, inventa il telescopio. Nel 1610 scopre i quattro satelliti di Giove e calcola le loro rivoluzioni; riconosce che i pianeti non hanno luce propria come le stelle, ma sono illuminati dal Sole; constata che sono delle sfere simili alla Terra; osserva le loro fasi e ne determina la durata della rotazione sul loro asse. Egli conferma così definitivamente, attraverso prove materiali, il sistema di Copernico.
Da allora la costruzione dei cieli sovrapposti crollò del tutto. I pianeti furono riconosciuti come mondi simili alla Terra e, come la Terra, senza dubbio abitati; le stelle come innumerevoli soli, probabili centri di altrettanti sistemi planetari; e il Sole, anch'esso, fu riconosciuto come una stella, centro di un turbinio di pianeti che gli sono soggetti. Le stelle non sono più confinate in una zona della sfera celeste ma irregolarmente disseminate nello spazio senza limiti. Quelle che sembrano sfiorarsi si trovano a distanze incommensurabili le une dalle altre; le più piccole in apparenza sono le più lontane da noi; le più grandi, quelle che sono le più vicine, sono ancora a centinaia di miliardi di leghe da noi.
I gruppi ai quali si è dato il nome di costellazioni non sono, in realtà, che dei raggruppamenti apparenti, dovuti dalla distanza; le loro figure sono effetti della prospettiva, come ne formano, alla vista di chi si trovi in un certo punto, delle luci sparse in una vasta pianura o degli alberi in una foresta. Ma questi raggruppamenti, in realtà, non esistono. Se ci si potesse trasportare nella regione di una di queste costellazioni, via via che ci si avvicinasse, quella figura scomparirebbe, e nuovi raggruppamenti si disegnerebbero di fronte a noi.
Dal momento che questi raggruppamenti esistono solo in apparenza, il significato che una popolare credenza superstiziosa attribuisce loro è illusorio, e la loro influenza non potrebbe esistere che nella immaginazione.
Per distinguere le costellazioni, si sono dati loro nomi quali: Leone, Toro, Gemelli, Vergine, Bilancia, Capricorno, Cancro, Orione, Ercole, Orsa Maggiore o Grande Carro, Orsa Minore o Piccolo Carro, Lira ecc. Sono state rappresentate con le figure che richiamano questi nomi, per la maggior parte di fantasia, ma che, in ogni caso, non hanno alcun rapporto con la forma apparente del gruppo di stelle. Sarebbe perciò inutile che si cercassero queste figure nel cielo.
La credenza nell'influenza delle costellazioni, di quelle soprattutto che costituiscono i dodici segni dello zodiaco, viene dall'idea legata ai nomi ch'esse portano. Se quella chiamata leone fosse stata chiamata asino o agnello certamente le sarebbe stato attribuito tutt'altro influsso.
Circa un secolo più tardi, nel 1609, Galileo, nato a Firenze, inventa il telescopio. Nel 1610 scopre i quattro satelliti di Giove e calcola le loro rivoluzioni; riconosce che i pianeti non hanno luce propria come le stelle, ma sono illuminati dal Sole; constata che sono delle sfere simili alla Terra; osserva le loro fasi e ne determina la durata della rotazione sul loro asse. Egli conferma così definitivamente, attraverso prove materiali, il sistema di Copernico.
Da allora la costruzione dei cieli sovrapposti crollò del tutto. I pianeti furono riconosciuti come mondi simili alla Terra e, come la Terra, senza dubbio abitati; le stelle come innumerevoli soli, probabili centri di altrettanti sistemi planetari; e il Sole, anch'esso, fu riconosciuto come una stella, centro di un turbinio di pianeti che gli sono soggetti. Le stelle non sono più confinate in una zona della sfera celeste ma irregolarmente disseminate nello spazio senza limiti. Quelle che sembrano sfiorarsi si trovano a distanze incommensurabili le une dalle altre; le più piccole in apparenza sono le più lontane da noi; le più grandi, quelle che sono le più vicine, sono ancora a centinaia di miliardi di leghe da noi.
I gruppi ai quali si è dato il nome di costellazioni non sono, in realtà, che dei raggruppamenti apparenti, dovuti dalla distanza; le loro figure sono effetti della prospettiva, come ne formano, alla vista di chi si trovi in un certo punto, delle luci sparse in una vasta pianura o degli alberi in una foresta. Ma questi raggruppamenti, in realtà, non esistono. Se ci si potesse trasportare nella regione di una di queste costellazioni, via via che ci si avvicinasse, quella figura scomparirebbe, e nuovi raggruppamenti si disegnerebbero di fronte a noi.
Dal momento che questi raggruppamenti esistono solo in apparenza, il significato che una popolare credenza superstiziosa attribuisce loro è illusorio, e la loro influenza non potrebbe esistere che nella immaginazione.
Per distinguere le costellazioni, si sono dati loro nomi quali: Leone, Toro, Gemelli, Vergine, Bilancia, Capricorno, Cancro, Orione, Ercole, Orsa Maggiore o Grande Carro, Orsa Minore o Piccolo Carro, Lira ecc. Sono state rappresentate con le figure che richiamano questi nomi, per la maggior parte di fantasia, ma che, in ogni caso, non hanno alcun rapporto con la forma apparente del gruppo di stelle. Sarebbe perciò inutile che si cercassero queste figure nel cielo.
La credenza nell'influenza delle costellazioni, di quelle soprattutto che costituiscono i dodici segni dello zodiaco, viene dall'idea legata ai nomi ch'esse portano. Se quella chiamata leone fosse stata chiamata asino o agnello certamente le sarebbe stato attribuito tutt'altro influsso.
13. A partire da Copernico e
da Galileo, le vecchie cosmogonie sono per sempre distrutte.
L'astronomia poteva soltanto avanzare e non arretrare. La storia narra
le lotte che questi uomini di genio dovettero sostenere contro i
pregiudizi e soprattutto contro lo spirito di setta, interessato al
mantenimento degli errori sui quali si erano fondate delle credenze che
si immaginava poggiassero su una base incrollabile. È stata sufficiente
l'invenzione di uno strumento ottico per far crollare una costruzione di
molte migliaia di anni. Ma nulla potrebbe prevalere su una verità
riconosciuta tale. Grazie alla stampa, il pubblico, iniziato alle nuove
idee, incominciava a non cullarsi più nelle illusioni e prendeva parte
alla lotta. Non bisognava più combattere contro qualche individuo, ma
contro l'opinione generale che si schierava dalla parte della verità.
Quanto grande è l'universo in confronto alle meschine proporzioni che gli assegnavano i nostri padri! Quanto sublime è l'opera di Dio, allorché vediamo ch'essa si realizza secondo le eterne leggi della natura! Ma anche quanto tempo, quanti sforzi di genio, quanta abnegazione sono stati necessari per aprire gli occhi agli uomini e strappar loro la benda dell'ignoranza!
Quanto grande è l'universo in confronto alle meschine proporzioni che gli assegnavano i nostri padri! Quanto sublime è l'opera di Dio, allorché vediamo ch'essa si realizza secondo le eterne leggi della natura! Ma anche quanto tempo, quanti sforzi di genio, quanta abnegazione sono stati necessari per aprire gli occhi agli uomini e strappar loro la benda dell'ignoranza!
14. Era ormai aperta la
strada dove illustri e numerosi scienziati stavano per entrare al fine
di completare l'opera abbozzata. Keplero, in Germania, scopre le celebri
leggi — che portano il suo nome —, con l'aiuto delle quali scopre che i
pianeti descrivono non delle orbite circolari ma delle ellissi, di cui
il Sole occupa uno dei fuochi. Newton, in Inghilterra, scopre la legge
di gravitazione universale. Laplace, in Francia, crea la meccanica
celeste. Finalmente, l'astronomia non è più un sistema fondato su
congetture o probabilità, ma una scienza fissata sulle più rigorose basi
del calcolo e della geometria. Così è stata posta una delle pietre
fondamentali della Genesi, tremila e trecento anni circa dopo Mosè.
Capitolo VI - URANOGRAFIA GENERALE
Lo spazio e il tempo
1. Dello spazio sono state
date parecchie definizioni, la principale delle quali è questa: lo
spazio è l'estensione che separa due corpi. Da ciò certi sofisti hanno
dedotto che là, dove non c'erano corpi, non c'era neppure spazio. È su
questo che si sono basati alcuni dottori in teologia per stabilire che
lo spazio era necessariamente limitato, adducendo il fatto che un certo
limitato numero di corpi non avrebbe potuto formarne una serie infinita;
e che là, dove i corpi si arrestavano, lo spazio si arrestava
anch'esso. Si è anche definito lo spazio in questo modo: il luogo in cui
si muovono i mondi, il vuoto dove si agita la materia ecc. Ma lasciamo
riposare nei trattati tutte queste definizioni che, in realtà, non
definiscono un bel nulla.
Spazio è una di quelle parole che rappresentano una idea primitiva e assiomatica, di per sé stessa evidente, e che le diverse definizioni — che di essa si possono dare — non servono che a oscurare. Noi tutti sappiamo che cos'è lo spazio, e io voglio stabilire la sua infinità, affinché nostri ulteriori studi non abbiano alcuna barriera che si opponga alle investigazioni del nostro sguardo. Orbene, io dico che lo spazio è infinito, per la semplice ragione che non è possibile supporne alcun limite e che, nonostante la difficoltà che noi abbiamo di concepire l’infinito, ci è tuttavia più facile andare col pensiero eternamente nello spazio, piuttosto che arrestarci in un luogo qualsiasi, dopo il quale non incontreremmo più un'estensione da percorrere.
Per figurarci, per quanto è nelle nostre limitate facoltà, l'infinità dello spazio, supponiamo di partire dalla Terra, sperduta in mezzo all'infinito, verso un punto qualsiasi dell'universo, e questo con la prodigiosa velocità della scintilla elettrica che supera migliaia di leghe al secondo. Abbiamo appena lasciato questo globo che già abbiamo percorso milioni di leghe e ci troviamo in un luogo dal quale la Terra non ci appare che sotto l'aspetto d'una pallida stella. Un istante dopo, seguendo sempre la medesima direzione, ci avviciniamo a quelle stelle lontane che a stento voi distinguete dal vostro osservatorio terrestre. E di là, non solo la Terra è, al nostro sguardo, interamente perduta nelle profondità del cielo, ma il Sole stesso, con tutto il suo splendore, si è eclissato per la distanza che ci separa da lui. Sempre animati dalla medesima velocità del lampo, superiamo, a ogni passo che muoviamo nell'immensa distesa, sistemi di mondi, isole di luce eterea, vie stellifere, paraggi sontuosi nei quali Dio ha seminato i mondi con la medesima profusione con cui ha disseminato di piante le praterie della Terra.
Orbene, camminiamo da appena alcuni minuti e già centinaia di milioni e milioni di leghe ci separano dalla Terra, miliardi di mondi sono passati sotto il nostro sguardo, eppure — ascoltate! — noi non siamo, in realtà, avanzati di un solo passo nell'universo.
Se continuiamo così per anni, per secoli, per migliaia di secoli, per milioni di periodi cento volte secolari e incessantemente con la medesima velocità del lampo, noi non saremo avanzati di più! E questo accade da qualsiasi parte noi andiamo, verso qualsiasi punto ci dirigiamo, dopo aver lasciato quel granello invisibile che si chiama Terra!
Ecco che cos'è lo spazio!
Spazio è una di quelle parole che rappresentano una idea primitiva e assiomatica, di per sé stessa evidente, e che le diverse definizioni — che di essa si possono dare — non servono che a oscurare. Noi tutti sappiamo che cos'è lo spazio, e io voglio stabilire la sua infinità, affinché nostri ulteriori studi non abbiano alcuna barriera che si opponga alle investigazioni del nostro sguardo. Orbene, io dico che lo spazio è infinito, per la semplice ragione che non è possibile supporne alcun limite e che, nonostante la difficoltà che noi abbiamo di concepire l’infinito, ci è tuttavia più facile andare col pensiero eternamente nello spazio, piuttosto che arrestarci in un luogo qualsiasi, dopo il quale non incontreremmo più un'estensione da percorrere.
Per figurarci, per quanto è nelle nostre limitate facoltà, l'infinità dello spazio, supponiamo di partire dalla Terra, sperduta in mezzo all'infinito, verso un punto qualsiasi dell'universo, e questo con la prodigiosa velocità della scintilla elettrica che supera migliaia di leghe al secondo. Abbiamo appena lasciato questo globo che già abbiamo percorso milioni di leghe e ci troviamo in un luogo dal quale la Terra non ci appare che sotto l'aspetto d'una pallida stella. Un istante dopo, seguendo sempre la medesima direzione, ci avviciniamo a quelle stelle lontane che a stento voi distinguete dal vostro osservatorio terrestre. E di là, non solo la Terra è, al nostro sguardo, interamente perduta nelle profondità del cielo, ma il Sole stesso, con tutto il suo splendore, si è eclissato per la distanza che ci separa da lui. Sempre animati dalla medesima velocità del lampo, superiamo, a ogni passo che muoviamo nell'immensa distesa, sistemi di mondi, isole di luce eterea, vie stellifere, paraggi sontuosi nei quali Dio ha seminato i mondi con la medesima profusione con cui ha disseminato di piante le praterie della Terra.
Orbene, camminiamo da appena alcuni minuti e già centinaia di milioni e milioni di leghe ci separano dalla Terra, miliardi di mondi sono passati sotto il nostro sguardo, eppure — ascoltate! — noi non siamo, in realtà, avanzati di un solo passo nell'universo.
Se continuiamo così per anni, per secoli, per migliaia di secoli, per milioni di periodi cento volte secolari e incessantemente con la medesima velocità del lampo, noi non saremo avanzati di più! E questo accade da qualsiasi parte noi andiamo, verso qualsiasi punto ci dirigiamo, dopo aver lasciato quel granello invisibile che si chiama Terra!
Ecco che cos'è lo spazio!
2. Il tempo, come lo spazio,
è una parola che si definisce da sé stessa. Ci se ne può fare un'idea
più esatta stabilendo una sua relazione con il tutto infinito.
Il tempo è la successione delle cose. Esso è legato all'eternità allo stesso modo in cui queste cose sono legate all'infinito. Figuriamoci all'origine del nostro mondo, in quell'epoca primitiva in cui la Terra ancora non si equilibrava sotto il divino impulso; in una parola, agli inizi della Genesi. Qui il tempo non è ancora uscito dalla misteriosa culla della natura. Nessuno può dirci in quale epoca secolare noi ci troviamo, poiché il bilanciere dei secoli non è ancora in movimento.
Ma silenzio! Scocca, al suono eterno di una campana, la prima ora di una Terra isolata; il pianeta si muove nello spazio e da allora c'è sera e mattino. Al di là della Terra, l'eternità resta impassibile e immobile,quantunque il tempo marci per molti altri mondi. Sulla Terra, il tempo sostituisce l'eternità, e durante una determinata serie di generazioni si conteranno gli anni e i secoli.
Trasportiamoci ora all'ultimo giorno di questo mondo, all'ora in cui, curva sotto il peso della vecchiaia, la Terra si cancellerà dal libro della vita per non ricomparirvi mai più: a questo punto la successione degli avvenimenti si arresta; i movimenti terrestri che misuravano il tempo s'interrompono, e con essi finisce anche il tempo.
Questa semplice esposizione di eventi naturali, che danno origine al tempo, lo nutrono e lo lasciano morire, è sufficiente a dimostrare che, visto dal punto in cui noi dobbiamo porci per i nostri studi, il tempo è una goccia d'acqua che cade da una nuvola nel mare, e la cui caduta viene misurata.
Tanti i mondi nella vasta estensione, tanti i tempi, diversi e incompatibili. Al di fuori dei mondi, la sola eternità sostituisce queste successioni effimere e serenamente riempie della sua luce immobile l'immensità dei cieli. Immensità senza confini ed eternità senza limiti, tali sono le due grandi proprietà della natura universale.
L'occhio dell'osservatore che attraversa, senza mai incontrare sosta, le distanze incommensurabili dello spazio, e quello del geologo che risale al di là dei limiti delle età o che discende nelle profondità dell'eternità dalle fauci spalancate, in cui entrambi si perderanno un giorno, agiscono di comune accordo, ciascuno nella sua direzione, per acquisire questa duplice funzione dell'infinito: estensione e durata.
Ora, mantenendo quest'ordine di idee, ci sarà facile comprendere che il tempo non è che il rapporto delle cose transitorie e che dipende unicamente dalle cose che si misurano. Orbene, se prendessimo come unità di misura i secoli terrestri e li ammucchiassimo a migliaia su migliaia per formarne un numero colossale, questo numero non rappresenterà mai nient'altro che un punto nell'eternità ; allo stesso modo che migliaia di leghe unite a migliaia di leghe non sono che un punto nell'infinita superficie.
Così, per esempio, essendo i secoli al di fuori della vita eterea dell'anima, noi potremmo scrivere un numero lungo tanto quanto l'equatore terrestre e immaginarci invecchiati per quel numero di secoli, senza che in realtà la nostra anima conti un solo giorno di più. Se poi aggiungessimo a questo numero indefinibile di secoli una serie, lunga come da qui al Sole, di numeri simili o ancor più considerevoli, e immaginassimo di vivere per tutta la prodigiosa successione di periodi secolari rappresentati dall'addizione di tali numeri, allorché giungessimo al termine, l'inconcepibile accumulo di secoli, che peserebbe sulle nostre teste, sarebbe come se non ci fosse: resterebbe sempre, davanti a noi, tutta intera l'eternità.
Il tempo non è che una misura relativa della successione delle cose transitorie. L'eternità non è suscettibile di alcuna misura dal punto di vista della durata. Per l'eternità non esiste né inizio né fine. Tutto è al presente per l'eternità.
Se i secoli dei secoli sono meno di un secondo in rapporto all'eternità, che cos'è la durata della vita umana!
Il tempo è la successione delle cose. Esso è legato all'eternità allo stesso modo in cui queste cose sono legate all'infinito. Figuriamoci all'origine del nostro mondo, in quell'epoca primitiva in cui la Terra ancora non si equilibrava sotto il divino impulso; in una parola, agli inizi della Genesi. Qui il tempo non è ancora uscito dalla misteriosa culla della natura. Nessuno può dirci in quale epoca secolare noi ci troviamo, poiché il bilanciere dei secoli non è ancora in movimento.
Ma silenzio! Scocca, al suono eterno di una campana, la prima ora di una Terra isolata; il pianeta si muove nello spazio e da allora c'è sera e mattino. Al di là della Terra, l'eternità resta impassibile e immobile,quantunque il tempo marci per molti altri mondi. Sulla Terra, il tempo sostituisce l'eternità, e durante una determinata serie di generazioni si conteranno gli anni e i secoli.
Trasportiamoci ora all'ultimo giorno di questo mondo, all'ora in cui, curva sotto il peso della vecchiaia, la Terra si cancellerà dal libro della vita per non ricomparirvi mai più: a questo punto la successione degli avvenimenti si arresta; i movimenti terrestri che misuravano il tempo s'interrompono, e con essi finisce anche il tempo.
Questa semplice esposizione di eventi naturali, che danno origine al tempo, lo nutrono e lo lasciano morire, è sufficiente a dimostrare che, visto dal punto in cui noi dobbiamo porci per i nostri studi, il tempo è una goccia d'acqua che cade da una nuvola nel mare, e la cui caduta viene misurata.
Tanti i mondi nella vasta estensione, tanti i tempi, diversi e incompatibili. Al di fuori dei mondi, la sola eternità sostituisce queste successioni effimere e serenamente riempie della sua luce immobile l'immensità dei cieli. Immensità senza confini ed eternità senza limiti, tali sono le due grandi proprietà della natura universale.
L'occhio dell'osservatore che attraversa, senza mai incontrare sosta, le distanze incommensurabili dello spazio, e quello del geologo che risale al di là dei limiti delle età o che discende nelle profondità dell'eternità dalle fauci spalancate, in cui entrambi si perderanno un giorno, agiscono di comune accordo, ciascuno nella sua direzione, per acquisire questa duplice funzione dell'infinito: estensione e durata.
Ora, mantenendo quest'ordine di idee, ci sarà facile comprendere che il tempo non è che il rapporto delle cose transitorie e che dipende unicamente dalle cose che si misurano. Orbene, se prendessimo come unità di misura i secoli terrestri e li ammucchiassimo a migliaia su migliaia per formarne un numero colossale, questo numero non rappresenterà mai nient'altro che un punto nell'eternità ; allo stesso modo che migliaia di leghe unite a migliaia di leghe non sono che un punto nell'infinita superficie.
Così, per esempio, essendo i secoli al di fuori della vita eterea dell'anima, noi potremmo scrivere un numero lungo tanto quanto l'equatore terrestre e immaginarci invecchiati per quel numero di secoli, senza che in realtà la nostra anima conti un solo giorno di più. Se poi aggiungessimo a questo numero indefinibile di secoli una serie, lunga come da qui al Sole, di numeri simili o ancor più considerevoli, e immaginassimo di vivere per tutta la prodigiosa successione di periodi secolari rappresentati dall'addizione di tali numeri, allorché giungessimo al termine, l'inconcepibile accumulo di secoli, che peserebbe sulle nostre teste, sarebbe come se non ci fosse: resterebbe sempre, davanti a noi, tutta intera l'eternità.
Il tempo non è che una misura relativa della successione delle cose transitorie. L'eternità non è suscettibile di alcuna misura dal punto di vista della durata. Per l'eternità non esiste né inizio né fine. Tutto è al presente per l'eternità.
Se i secoli dei secoli sono meno di un secondo in rapporto all'eternità, che cos'è la durata della vita umana!
La materia
3. A prima vista, niente
parrebbe tanto profondamente variato, tanto essenzialmente distinto
quanto le diverse sostanze che compongono il mondo. Tra gli oggetti, che
l'arte o la natura fanno quotidianamente passare sotto il nostro
sguardo, ne esistono forse due che mostrino una perfetta identità o
soltanto una parità di composizione? Quale differenza, dal punto di
vista della solidità, della compressibilità, del peso e delle proprietà
multiple dei corpi, tra i gas atmosferici e una rete d'oro! Quale
differenza tra la molecola acquosa della nuvola e quella del minerale
che forma la struttura ossea del globo! Quale diversità tra il tessuto
chimico delle varie piante che arricchiscono il regno vegetale e quello
dei rappresentanti, non meno numerosi, del regno animale sulla Terra!
Tuttavia, noi possiamo asserire, in via di principio assoluto, che, qualsiasi differenza possano presentare tutte le sostanze conosciute e sconosciute, sia dal punto di vista della loro costituzione interna, sia in rapporto alla loro azione reciproca, non sono, in effetti, che dei modi diversi sotto cui la materia si presenta; sono, insomma delle varietà nelle quali la materia si è trasformata sotto la direzione delle innumerevoli forze che la governano.
Tuttavia, noi possiamo asserire, in via di principio assoluto, che, qualsiasi differenza possano presentare tutte le sostanze conosciute e sconosciute, sia dal punto di vista della loro costituzione interna, sia in rapporto alla loro azione reciproca, non sono, in effetti, che dei modi diversi sotto cui la materia si presenta; sono, insomma delle varietà nelle quali la materia si è trasformata sotto la direzione delle innumerevoli forze che la governano.
4. La chimica, i cui
progressi sono stati così rapidi dopo la mia epoca, e che gli stessi
seguaci relegavano ancora nel dominio segreto della magia, questa nuova
scienza, dunque, si può a giusto titolo considerare come la figlia del
secolo dell'osservazione e come unicamente basata, ben più solidamente
delle sue sorelle maggiori, sul metodo sperimentale. La chimica, dico,
ha fatto tabula rasa dei quattro elementi primitivi che gli Antichi
avevano concordato di riconoscere nella natura. La chimica ha dimostrato
che l'elemento terrestre non è che la combinazione di sostanze diverse
variate all'infinito; ha dimostrato che l'aria e l'acqua sono egualmente
scomponibili e sono il prodotto di un certo numero di gas equivalenti;
che il fuoco, lungi dall'essere anch'esso un elemento principale, non è
che uno stato della materia, risultante dal movimento universale al
quale essa è sottoposta, e da una combustione sensibile o latente.
In compenso essa ha scoperto un numero considerevole di principi fino ad allora sconosciuti, che le è subito parso possibile potessero formare, attraverso loro determinate combinazioni, le diverse sostanze e i diversi corpi che essa ha studiato, e che agiscono simultaneamente, secondo certe leggi e in certe proporzioni, nei lavori che si realizzano nel grande laboratorio della natura. Questi principi sono stati dalla chimica denominati corpi semplici, precisando così ch'essa li considera primitivi e indecomponibili e che nessuna operazione, fino a oggi, potrebbe ridurli in parti relativamente più semplici di quanto essi stessi già non siano. [15]
-------------------------
[15] I principali corpi semplici sono: tra i corpi non metallici, l'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto, il cloro, il carbonio, il fosforo, lo zolfo, lo iodio; fra i corpi metallici, l'oro, l'argento, il platino, il mercurio, il piombo, lo stagno, lo zinco, il ferro, il rame, l'arsenico, il sodio, il potassio, il calcio, l'alluminio ecc.
-------------------------
In compenso essa ha scoperto un numero considerevole di principi fino ad allora sconosciuti, che le è subito parso possibile potessero formare, attraverso loro determinate combinazioni, le diverse sostanze e i diversi corpi che essa ha studiato, e che agiscono simultaneamente, secondo certe leggi e in certe proporzioni, nei lavori che si realizzano nel grande laboratorio della natura. Questi principi sono stati dalla chimica denominati corpi semplici, precisando così ch'essa li considera primitivi e indecomponibili e che nessuna operazione, fino a oggi, potrebbe ridurli in parti relativamente più semplici di quanto essi stessi già non siano. [15]
-------------------------
[15] I principali corpi semplici sono: tra i corpi non metallici, l'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto, il cloro, il carbonio, il fosforo, lo zolfo, lo iodio; fra i corpi metallici, l'oro, l'argento, il platino, il mercurio, il piombo, lo stagno, lo zinco, il ferro, il rame, l'arsenico, il sodio, il potassio, il calcio, l'alluminio ecc.
-------------------------
5. Ma là, dove si arrestano
le valutazioni dell'uomo, sia pure aiutato dai più impressionabili
sensori, l'opera della natura continua. Là dove il volgo prende
l'apparenza per realtà, là dove l'esperto solleva il velo e percepisce
l'inizio delle cose, l'occhio di colui che ha potuto afferrare il modo
di agire della natura non vede altro, nei materiali costitutivi del
mondo, che la materia cosmica primitiva,
semplice e una, differenziata in certe regioni all'epoca della loro
nascita, suddivisa in corpi tra di essi solidali durante la loro vita,
materiali un giorno smembrati, per effetto della decomposizione, nel
ricettacolo dell'infinita estensione.
6.
Vi sono questioni tali che noi stessi, Spiriti amanti della scienza, non
sapremmo approfondire e sulle quali non potremmo emettere che delle
opinioni personali più o meno congetturali. Su problemi di tal genere, o
tacerò o giustificherò il mio modo di vedere; ma questo qui non
appartiene a questo numero. A
coloro che fossero tentati di scorgere nelle mie parole soltanto una
teoria azzardata, dirò: "Avvolgete, se è possibile, in uno sguardo
investigatore, la molteplicità delle operazioni della natura, e
riconoscerete che, se non si ammette l'unità della materia, è
impossibile spiegare, non dirò soltanto i soli e le sfere, ma — senza
andare così lontano — neppure la germinazione di un seme sotto terra o
la produzione di un insetto".
7. Se
nella materia si osserva una tale diversità è perché, essendo in numero
illimitato sia le forze che hanno presieduto alle sue trasformazioni,
sia le condizioni nelle quali tali trasformazioni si sono prodotte, le
varie combinazioni della materia non potevano che essere illimitate esse
stesse.
Dunque, che la sostanza che si considera appartenga ai fluidi propriamente detti, vale a dire ai corpi imponderabili, o che essa sia rivestita dei caratteri e delle proprietà ordinarie della materia, non c'è, in tutto l'universo, che una sola sostanza primitiva: il cosmo o materia cosmica degli uranografi.
Dunque, che la sostanza che si considera appartenga ai fluidi propriamente detti, vale a dire ai corpi imponderabili, o che essa sia rivestita dei caratteri e delle proprietà ordinarie della materia, non c'è, in tutto l'universo, che una sola sostanza primitiva: il cosmo o materia cosmica degli uranografi.
Le leggi e le forze
8.
Se uno di quegli esseri sconosciuti che consumano la loro
effimeraesistenza nelle profondità delle tenebrose regioni dell'oceano,
se uno di quei poligastrici, se una di quelle nereidi — miseri animali
microscopici che della natura non conoscono che i pesci ittiofagi e le
foreste sottomarine — ricevesse tutt'a un tratto il dono
dell'intelligenza, la facoltà di studiare il proprio mondo e di
stabilire sulle sue valutazioni un ragionamento congetturale esteso alla
universalità delle cose, quale idea si farebbe della natura vivente che
si sviluppa nel suo ambiente, e quale idea del mondo terrestre che non
appartiene al campo delle sue osservazioni?
Se, tuttavia, per un effetto meraviglioso della sua nuova potenza, quello stesso essere giungesse a elevarsi al di sopra delle sue tenebre eterne, fino alla superficie del mare, non lontano dalle rive lussureggianti di un'isola dalla vegetazione splendida, dal sole fecondo, dispensatore d'un benefico calore, quale giudizio esso darebbe allora delle sue anticipate teorie sulla creazione universale, teorie ch'esso ben presto cancellerebbe attraverso una più ampia valutazione, ma ancora relativamente incompleta quanto la prima? Tale, o uomini, è l'immagine della vostra scienza interamente speculativa! [16]
-------------------------
[16] Tale è anche la situazione dei negatori del mondo degli Spiriti allorché, dopo aver abbandonato il loro involucro carnale, si offrono ai loro occhi gli orizzonti di quel mondo. Essi comprendono allora il vuoto delle teorie con le quali pretendevano di spiegare tutto attraverso la sola materia. Tuttavia, questi orizzonti hanno ancora per loro dei misteri che si dissolveranno solo successivamente, nella misura in cui essi si eleveranno attraverso la purificazione. Ma, fin dai loro primi passi in questo nuovo mondo, essi sono costretti a riconoscere la loro cecità e quanto fossero lontani dalla verità.
-------------------------
Se, tuttavia, per un effetto meraviglioso della sua nuova potenza, quello stesso essere giungesse a elevarsi al di sopra delle sue tenebre eterne, fino alla superficie del mare, non lontano dalle rive lussureggianti di un'isola dalla vegetazione splendida, dal sole fecondo, dispensatore d'un benefico calore, quale giudizio esso darebbe allora delle sue anticipate teorie sulla creazione universale, teorie ch'esso ben presto cancellerebbe attraverso una più ampia valutazione, ma ancora relativamente incompleta quanto la prima? Tale, o uomini, è l'immagine della vostra scienza interamente speculativa! [16]
-------------------------
[16] Tale è anche la situazione dei negatori del mondo degli Spiriti allorché, dopo aver abbandonato il loro involucro carnale, si offrono ai loro occhi gli orizzonti di quel mondo. Essi comprendono allora il vuoto delle teorie con le quali pretendevano di spiegare tutto attraverso la sola materia. Tuttavia, questi orizzonti hanno ancora per loro dei misteri che si dissolveranno solo successivamente, nella misura in cui essi si eleveranno attraverso la purificazione. Ma, fin dai loro primi passi in questo nuovo mondo, essi sono costretti a riconoscere la loro cecità e quanto fossero lontani dalla verità.
-------------------------
9.
Giungo così a trattare qui della questione delle leggi e delle forze che
reggono l'universo, io che, come voi, non sono che un essere
relativamente ignorante in confronto alla scienza reale, nonostante
l'apparente superiorità che mi dà, sui miei fratelli della Terra, la
possibilità di studiare delle questioni naturali, possibilità che, nella
loro posizione, è loro interdetta. Il mio scopo è soltanto quello di
esporvi la nozione generale delle leggi universali, senza spiegare in
dettaglio il modo di agire e la natura delle forze speciali che ne
dipendono.
10. C'è un fluido etereo che riempie lo spazio e penetra i corpi. Questo fluido è l'etere o materia cosmica primitiva,
generatrice del mondo e degli esseri. Sono inerenti all'etere le forze
che hanno presieduto alle metamorfosi della materia, le leggi immutabili
e necessarie che reggono il mondo. Queste forme multiple,
indefinitamente variate a seconda delle combinazioni della materia,
localizzate a seconda delle masse, diversificate nei loro modi di agire a
seconda delle circostanze e degli ambienti, sono conosciute sulla Terra
sotto i nomi di gravità, coesione, affinità, attrazione, magnetismo, elettricità attiva. I movimenti vibratori dell'agente sono conosciuti sotto i nomi di suono, calore, luce ecc.
In altri mondi queste forme si presentano sotto altri aspetti, rivelano
altri caratteri sconosciuti sulla Terra, e, nell'immensa distesa dei
cieli, forze in numero indefinito si sono sviluppate su una scala
inimmaginabile, di cui noi siamo incapaci di valutare la grandezza, come
il crostaceo, nelle profondità dell'oceano, è incapace di abbracciare
l'universalità dei fenomeni terrestri. [17]
Ora, come non c'è che una sola sostanza semplice, primitiva, generatrice di tutti i corpi, ma diversificata nelle sue combinazioni, così tutte queste forze dipendono da una legge universale diversificata nei suoi effetti e che, nei decreti eterni, è stata sovranamente imposta alla creazione per costituirne l'armonia e la stabilità.
Ora, come non c'è che una sola sostanza semplice, primitiva, generatrice di tutti i corpi, ma diversificata nelle sue combinazioni, così tutte queste forze dipendono da una legge universale diversificata nei suoi effetti e che, nei decreti eterni, è stata sovranamente imposta alla creazione per costituirne l'armonia e la stabilità.
-------------------------
[17] Noi rapportiamo tutto a ciò che conosciamo, e di ciò che sfugge alla percezione dei nostri sensi non comprendiamo più di quanto il cieco dalla nascita non comprenda gli effetti della luce e l'utilità degli occhi. È possibile dunque che, in altri ambienti, il fluido cosmico abbia delle proprietà, delle combinazioni di cui noi non abbiamo alcuna idea, degli effetti appropriati a bisogni che ci sono sconosciuti, dando luogo a delle nuove percezioni o ad altri modi di percepire. Noi non comprendiamo, per esempio, che si possa vedere senza gli occhi del corpo e senza la luce. Ma chi ci dice che non esistano altri agenti, oltre alla luce, ai quali sono adeguati organismi speciali? La vista sonnambolica, che non viene arrestata né dalla distanza né dagli ostacoli materiali né dall'oscurità, ce ne offre un esempio. Supponiamo che, in un mondo qualsiasi, gli esseri siano normalmente quello che i nostri sonnambuli sono solo eccezionalmente; essi non avranno bisogno né della nostra luce né dei nostri occhi, e tuttavia essi vedranno ciò che noi non possiamo vedere. La medesima cosa è per tutte le altre sensazioni. Le condizioni di vitalità e di percettibilità, le sensazioni e i bisogni variano secondo gli ambienti.
-------------------------
11.
La natura non si pone mai in opposizione a sé stessa. Il blasone
dell'universo non ha che una sola divisa: unità/varietà. Risalendo la
scala dei mondi, si trova l'unità d'armonia
e di creazione, e nel medesimo tempo una varietà infinita in
quell'immenso giardino di stelle. Percorrendo i gradini della vita,
dall'ultimo degli esseri fino a Dio, la grande legge di continuità si
rende palese. Considerando le forze in sé stesse, se ne può formare una
serie, la cui risultante, confondendosi con la generatrice, è la legge
universale.
Voi non potreste apprezzare questa legge in tutto il suo valore, poiché le forze che la rappresentano nel vostro campo d'osservazione sono ristrette e limitate. Tuttavia, la gravitazione e l'elettricità possono essere considerate come una vasta applicazione della legge primordiale che regna al di là dei cieli.
Tutte queste leggi sono eterne — spiegheremo, poi, questa parola — e universali come la creazione. Essendo esse inerenti al fluido cosmico, agiscono necessariamente in tutto e dappertutto, modificando la loro azione attraverso la loro simultaneità o la loro successione; qui predominando, più lontano cancellandosi; potenti e attive in certi punti, latenti od occulte in altri; ma, infine, preparando, dirigendo, conservando e distruggendo i mondi nei loro diversi periodi di vita, governando i lavori meravigliosi della natura in qualsiasi punto essi si realizzino, assicurando per sempre l'eterno splendore della creazione.
Voi non potreste apprezzare questa legge in tutto il suo valore, poiché le forze che la rappresentano nel vostro campo d'osservazione sono ristrette e limitate. Tuttavia, la gravitazione e l'elettricità possono essere considerate come una vasta applicazione della legge primordiale che regna al di là dei cieli.
Tutte queste leggi sono eterne — spiegheremo, poi, questa parola — e universali come la creazione. Essendo esse inerenti al fluido cosmico, agiscono necessariamente in tutto e dappertutto, modificando la loro azione attraverso la loro simultaneità o la loro successione; qui predominando, più lontano cancellandosi; potenti e attive in certi punti, latenti od occulte in altri; ma, infine, preparando, dirigendo, conservando e distruggendo i mondi nei loro diversi periodi di vita, governando i lavori meravigliosi della natura in qualsiasi punto essi si realizzino, assicurando per sempre l'eterno splendore della creazione.
La creazione primaria
12. Dopo aver considerato
l'universo dai punti di vista generali della sua composizione, delle sue
leggi e delle sue proprietà, possiamo ora estendere i nostri studi a
quei modi della formazione che danno origine ai mondi e agli esseri. Ci
addentreremo in seguito nello studio della creazione della Terra in
particolare e del suo stato attuale nell'universalità delle cose; da
qui, prendendo questo globo come punto di partenza e come unità
relativa, procederemo nei nostri studi planetari e siderali.
13. Se abbiamo ben compreso
il rapporto, o piuttosto l'opposizione dell'eternità con il tempo, se
abbiamo familiarizzato con questa idea, secondo cui il tempo nient'altro
è se non una misura relativa della successione delle cose transitorie,
mentre l'eternità è essenzialmente una, immobile, permanente e non
suscettibile di alcuna misura dal punto di vista della durata, noi ben
comprenderemo che, per essa, non c'è né inizio né fine. D'altronde, se
ci facciamo una idea giusta, benché necessariamente debole,
dell'infinità del potere divino, noi comprenderemo come è possibile che
l'universo sia sempre stato e sempre sia. Dal momento in cui Dio fu, le
Sue perfezioni eterne parlarono. Prima che i tempi fossero nati,
l'eternità incommensurabile ricevette la parola divina e fecondò lo
spazio, eterno come lei.
14. Dio, esistendo per Sua
natura da tutta l'eternità, ha creato da tutta l'eternità, e non poteva
essere diversamente. Infatti, a qualsiasi lontana epoca noi spostiamo i
supposti limiti della creazione, al di là di questo limite resterà
sempre una eternità — pesate bene questo pensiero —, una eternità
durante la quale le divine ipostasi, le volizioni infinite sarebbero
rimaste sepolte in una muta, inattiva e infeconda' letargia, un'eternità
di morte apparente per il Padre Eterno che dà vita agli esseri,
d'indifferente mutismo per il Verbo che li governa, di fredda ed
egoistica sterilità per lo Spirito di amore e di vivificazione.
Cerchiamo, ora, di comprendere meglio la grandezza dell'azione divina e la sua perennità sotto la mano dell'Essere assoluto! Dio è il sole degli esseri; è la luce del mondo. Ora, l'apparizione del sole dà istantaneamente origine a fiotti di luce, che vanno spandendosi da tutte le parti, nella infinita distesa. Egualmente l'universo, nato dall'Eterno, risale ai periodi inimmaginabili dell'infinito di durata; al Fiat lux! dell'inizio.
Cerchiamo, ora, di comprendere meglio la grandezza dell'azione divina e la sua perennità sotto la mano dell'Essere assoluto! Dio è il sole degli esseri; è la luce del mondo. Ora, l'apparizione del sole dà istantaneamente origine a fiotti di luce, che vanno spandendosi da tutte le parti, nella infinita distesa. Egualmente l'universo, nato dall'Eterno, risale ai periodi inimmaginabili dell'infinito di durata; al Fiat lux! dell'inizio.
15. Il principio assoluto
delle cose risale dunque a Dio. Le loro successive apparizioni nel
dominio dell'esistenza costituiscono l'ordine della creazione perpetua.
Quale mortale potrebbe mai dire delle magnificenze sconosciute e superbamente velate sotto la notte dei tempi, che si svilupparono in quelle antiche ere, in cui nessuna delle meraviglie dell'universo attuale esisteva; in quell'epoca primitiva, in cui — essendosi la voce del Signore fatta sentire — i materiali, che in avvenire si sarebbero aggregati simmetricamente e da sé stessi per formare il tempio. della natura, si trovarono improvvisamente in seno a vuoti infiniti; allorché, a quella voce misteriosa, che ogni creatura venera e ama come quella d'una madre, si produssero delle note armoniosamente varie, per andare a vibrare insieme e modulare il concerto dei vasti cieli!
Il mondo, al suo nascere, non si presentò affatto nella sua virilità e nella sua pienezza di vita. No! Il potere creatore non si contraddice mai, e, come tutte le cose, l'universo nacque bambino. Rivestita delle leggi più sopra menzionate e dell'impulso iniziale, inerenti alla sua stessa formazione, la materia cosmica diede successivamente origine a vortici, ad agglomerati di questo fluido diffuso, ad ammassi di materia nebulosa che si divisero essi stessi all'infinito per dar vita, nelle incommensurabili regioni dello spazio, a diversi centri di creazione simultanei o successivi.
In ragione delle forze che predominarono sull'uno o sull'altro e delle ulteriori circostanze che presiedettero ai loro sviluppi, questi centri primitivi diventarono i focolai di una vita speciale: gli uni, meno disseminati nello spazio e più ricchi in forze e principi attivi, incominciarono fin da quel momento la loro particolare vita astrale; gli altri, che occupavano una distesa illimitata, non s'ingrandirono che con estrema lentezza oppure si divisero di nuovo in altri centri secondari.
Quale mortale potrebbe mai dire delle magnificenze sconosciute e superbamente velate sotto la notte dei tempi, che si svilupparono in quelle antiche ere, in cui nessuna delle meraviglie dell'universo attuale esisteva; in quell'epoca primitiva, in cui — essendosi la voce del Signore fatta sentire — i materiali, che in avvenire si sarebbero aggregati simmetricamente e da sé stessi per formare il tempio. della natura, si trovarono improvvisamente in seno a vuoti infiniti; allorché, a quella voce misteriosa, che ogni creatura venera e ama come quella d'una madre, si produssero delle note armoniosamente varie, per andare a vibrare insieme e modulare il concerto dei vasti cieli!
Il mondo, al suo nascere, non si presentò affatto nella sua virilità e nella sua pienezza di vita. No! Il potere creatore non si contraddice mai, e, come tutte le cose, l'universo nacque bambino. Rivestita delle leggi più sopra menzionate e dell'impulso iniziale, inerenti alla sua stessa formazione, la materia cosmica diede successivamente origine a vortici, ad agglomerati di questo fluido diffuso, ad ammassi di materia nebulosa che si divisero essi stessi all'infinito per dar vita, nelle incommensurabili regioni dello spazio, a diversi centri di creazione simultanei o successivi.
In ragione delle forze che predominarono sull'uno o sull'altro e delle ulteriori circostanze che presiedettero ai loro sviluppi, questi centri primitivi diventarono i focolai di una vita speciale: gli uni, meno disseminati nello spazio e più ricchi in forze e principi attivi, incominciarono fin da quel momento la loro particolare vita astrale; gli altri, che occupavano una distesa illimitata, non s'ingrandirono che con estrema lentezza oppure si divisero di nuovo in altri centri secondari.
16. Riportandoci soltanto ad
alcuni milioni di secoli al di là dell’epoca attuale, verifichiamo che
la nostra Terra ancora non esiste, e neppure lo stesso sistema solare ha
ancora iniziato le evoluzioni della vita planetaria. E tuttavia già
splendidi soli illuminano l'etere; già pianeti abitati danno la vita e
l'esistenza a una moltitudine di esseri che ci hanno preceduto nella
carriera umana; le produzioni opulente di una natura sconosciuta e i
fenomeni meravigliosi del cielo sviluppano, sotto altri sguardi, i
quadri dell'immensa creazione. Ma che cosa dico?! Già hanno cessato di
esistere splendori che un tempo hanno fatto palpitare il cuore di altri
mortali all'idea dell'infinita potenza! E noi, poveri piccoli esseri che
veniamo dopo un'eternità di vita, noi ci crediamo contemporanei della
creazione!
Ancora una volta, cerchiamo di comprendere meglio la natura. Sappiamo che l'eternità sta dietro di noi, come davanti a noi, che lo spazio è teatro di una successione e di una simultaneità inimmaginabile di creazioni. Certe nebulose, che a stento noi distinguiamo nei più lontani punti del cielo, sono degli agglomerati di soli in via di formazione; certe altre sono vie lattee di mondi abitati; altre ancora, infine, sono sede di catastrofi o di deperimenti. Sappiamo anche che, come siamo collocati in mezzo a un'infinità di mondi, allo stesso modo siamo collocati in mezzo a una duplice infinità di durate anteriori e ulteriori. Sappiamo, infine, che la creazione universale non è affatto limitata a noi e che non possiamo applicare questa espressione alla formazione isolata del nostro piccolo globo.
Ancora una volta, cerchiamo di comprendere meglio la natura. Sappiamo che l'eternità sta dietro di noi, come davanti a noi, che lo spazio è teatro di una successione e di una simultaneità inimmaginabile di creazioni. Certe nebulose, che a stento noi distinguiamo nei più lontani punti del cielo, sono degli agglomerati di soli in via di formazione; certe altre sono vie lattee di mondi abitati; altre ancora, infine, sono sede di catastrofi o di deperimenti. Sappiamo anche che, come siamo collocati in mezzo a un'infinità di mondi, allo stesso modo siamo collocati in mezzo a una duplice infinità di durate anteriori e ulteriori. Sappiamo, infine, che la creazione universale non è affatto limitata a noi e che non possiamo applicare questa espressione alla formazione isolata del nostro piccolo globo.
La creazione universale
17. Dopo essere risaliti,
per quanto lo permetteva la nostra fragilità, verso la fonte occulta da
cui si dipartono i mondi, come da un fiume le gocce d'acqua,
consideriamo la marcia delle creazioni successive e dei loro sviluppi
seriali.
La materia cosmica primitiva conteneva gli elementi materiali, fluidici e vitali di tutti gli universi che distendono le loro magnificenze davanti all'eternità. Essa è la madre feconda di tutte le cose, la prima antenata e, soprattutto, l'eterna generatrice. Non è affatto scomparsa quella sostanza da cui provengono le sfere siderali; non è affatto morta quella potenza, poiché essa ancora, incessantemente, dà alla luce nuove creature e, incessantemente, riceve i principi ricostituiti dei mondi che si cancellano dal libro eterno.
La materia eterea, più o meno rarefatta, che discende fra gli spazi interplanetari; questo fluido cosmico che riempie il mondo, più o meno rarefatto nelle regioni immense, ricche di agglomerati di stelle, più o meno condensato là dove il cielo astrale ancora non brilla, più o meno modificato da diverse combinazioni a seconda delle località dello spazio, altro non è che la sostanza primitiva in cui risiedono le forze universali, da cui la natura ha tratto tutte le cose. [18]
-------------------------
[18] Se ci domandassero qual è il principio di queste forze e come può questo principio trovarsi nella, sostanza stessa che lo produce, noi risponderemmo che la meccanica ce ne offre numerosi esempi. L'elasticità, la quale fa sì che una molla si tenda, non si trova forse nella molla stessa e non dipende forse dal modo di aggregazione delle molecole? Il corpo che obbedisce alla forza centrifuga riceve il suo impulso dal movimento primitivo che gli è stato impresso.
-------------------------
La materia cosmica primitiva conteneva gli elementi materiali, fluidici e vitali di tutti gli universi che distendono le loro magnificenze davanti all'eternità. Essa è la madre feconda di tutte le cose, la prima antenata e, soprattutto, l'eterna generatrice. Non è affatto scomparsa quella sostanza da cui provengono le sfere siderali; non è affatto morta quella potenza, poiché essa ancora, incessantemente, dà alla luce nuove creature e, incessantemente, riceve i principi ricostituiti dei mondi che si cancellano dal libro eterno.
La materia eterea, più o meno rarefatta, che discende fra gli spazi interplanetari; questo fluido cosmico che riempie il mondo, più o meno rarefatto nelle regioni immense, ricche di agglomerati di stelle, più o meno condensato là dove il cielo astrale ancora non brilla, più o meno modificato da diverse combinazioni a seconda delle località dello spazio, altro non è che la sostanza primitiva in cui risiedono le forze universali, da cui la natura ha tratto tutte le cose. [18]
-------------------------
[18] Se ci domandassero qual è il principio di queste forze e come può questo principio trovarsi nella, sostanza stessa che lo produce, noi risponderemmo che la meccanica ce ne offre numerosi esempi. L'elasticità, la quale fa sì che una molla si tenda, non si trova forse nella molla stessa e non dipende forse dal modo di aggregazione delle molecole? Il corpo che obbedisce alla forza centrifuga riceve il suo impulso dal movimento primitivo che gli è stato impresso.
-------------------------
18. Questo fluido penetra
nei corpi come un immenso oceano. È in esso che risiede il principio
vitale, che dà origine alla vita degli esseri e la perpetua su ciascun
globo a seconda della sua condizione, principio allo stato latente, che
sonnecchia quando la voce di un essere non lo chiama. Ogni creatura,
minerale, vegetale, animale o altro – perché ci sono ben altri regni
naturali di cui voi neppure sospettate l'esistenza – sa, in virtù di
questo principio vitale e universale, appropriarsi delle condizioni
della sua esistenza e della sua durata.
Le molecole del minerale hanno una certa parte di questa vita, come pure il seme e l'embrione, e si raggruppano, come nell'organismo, in figure simmetriche, le quali costituiscono gli individui.
È molto importante rendersi ben conto di questa nozione: la materia cosmica primitiva era investita non solo dalle leggi che assicurano la stabilità dei mondi, ma anche dal principio vitale universale che forma generazioni spontanee su ogni mondo, nella misura in cui si manifestano le condizioni della conseguente esistenza degli esseri e quando scocca l'ora della comparsa dei figli della vita durante il periodo creatore.
Si effettua così la creazione universale. È dunque giusto dire che, essendo le operazioni della natura l'espressione della volontà divina, Dio ha sempre creato, creato senza tregua e sempre creerà.
Le molecole del minerale hanno una certa parte di questa vita, come pure il seme e l'embrione, e si raggruppano, come nell'organismo, in figure simmetriche, le quali costituiscono gli individui.
È molto importante rendersi ben conto di questa nozione: la materia cosmica primitiva era investita non solo dalle leggi che assicurano la stabilità dei mondi, ma anche dal principio vitale universale che forma generazioni spontanee su ogni mondo, nella misura in cui si manifestano le condizioni della conseguente esistenza degli esseri e quando scocca l'ora della comparsa dei figli della vita durante il periodo creatore.
Si effettua così la creazione universale. È dunque giusto dire che, essendo le operazioni della natura l'espressione della volontà divina, Dio ha sempre creato, creato senza tregua e sempre creerà.
19. Ma fin qui abbiamo fatto passare sotto silenzio il mondo spirituale, che fa parte anch'esso della creazione e realizza i suoi destini secondo le auguste prescrizioni del Maestro.
Riguardo al modo con cui sono stati creati gli Spiriti, tenuto anche conto della mia stessa ignoranza, io non posso dare che informazioni molto limitate. Inoltre, devo anche tacere su certe questioni, benché mi sia stato dato il permesso di approfondirle.
A coloro che sono religiosamente desiderosi di conoscenza e di sapere e che sono umili davanti a Dio, supplicandoli tuttavia di non basare sulle mie parole alcun sistema prematuro, io dirò: lo Spirito non giunge a ricevere l'illuminazione divina — che gli dà, nello stesso tempo, con il libero arbitrio e con la coscienza, anche la nozione dei suoi altri destini — senza prima essere passato attraverso la serie divinamente fatale degli esseri inferiori, fra i quali si elabora lentamente l'opera della sua individualità. È soltanto a decorrere dal giorno in cui il Signore imprime sulla sua fronte il Suo augusto sigillo, che lo Spirito prende posto in seno alle umanità.
Ancora una volta vi invito a non basare assolutamente sulle mie parole _ i vostri ragionamenti, così tristemente celebri nella storia della metafisica. Mille volte preferirei tacere su delle questioni così elevate, tanto al disopra delle nostre ordinarie meditazioni, piuttosto che farvi correre il pericolo di snaturare il senso del mio insegnamento e di gettarvi, per colpa mia, nei dedali inestricabili del deismo o del fatalismo.
Riguardo al modo con cui sono stati creati gli Spiriti, tenuto anche conto della mia stessa ignoranza, io non posso dare che informazioni molto limitate. Inoltre, devo anche tacere su certe questioni, benché mi sia stato dato il permesso di approfondirle.
A coloro che sono religiosamente desiderosi di conoscenza e di sapere e che sono umili davanti a Dio, supplicandoli tuttavia di non basare sulle mie parole alcun sistema prematuro, io dirò: lo Spirito non giunge a ricevere l'illuminazione divina — che gli dà, nello stesso tempo, con il libero arbitrio e con la coscienza, anche la nozione dei suoi altri destini — senza prima essere passato attraverso la serie divinamente fatale degli esseri inferiori, fra i quali si elabora lentamente l'opera della sua individualità. È soltanto a decorrere dal giorno in cui il Signore imprime sulla sua fronte il Suo augusto sigillo, che lo Spirito prende posto in seno alle umanità.
Ancora una volta vi invito a non basare assolutamente sulle mie parole _ i vostri ragionamenti, così tristemente celebri nella storia della metafisica. Mille volte preferirei tacere su delle questioni così elevate, tanto al disopra delle nostre ordinarie meditazioni, piuttosto che farvi correre il pericolo di snaturare il senso del mio insegnamento e di gettarvi, per colpa mia, nei dedali inestricabili del deismo o del fatalismo.
I soli e i pianeti
20. Orbene, successe che in
un punto dell'universo, sperduto fra le miriadi di mondi, la materia
cosmica si condensò sotto forma di una immensa nebulosa. Questa nebulosa
era animata dalle leggi universali che reggono la materia; in virtù di
queste leggi e soprattutto della forza molecolare d'attrazione, essa
prese la forma di uno sferoide, la sola forma che una massa di materia
isolata nello spazio possa primitivamente prendere.
Il movimento circolare, prodotto dalla gravitazione rigorosamente uguale di tutte le zone molecolari verso il centro, modificò ben presto la sfera primitiva per condurla, di movimento in movimento, verso la forma lenticolare. Stiamo parlando dell'insieme della nebulosa.
Il movimento circolare, prodotto dalla gravitazione rigorosamente uguale di tutte le zone molecolari verso il centro, modificò ben presto la sfera primitiva per condurla, di movimento in movimento, verso la forma lenticolare. Stiamo parlando dell'insieme della nebulosa.
21. Nuove forme sorsero, in
seguito, da questo moto di rotazione: la forza centripeta e la forza
centrifuga; la prima tende a riunire tutte le parti al centro, la
seconda tende ad allontanarle. Ora, accelerandosi il movimento nella
misura in cui la nebulosa si condensa, e aumentando il suo raggio nella
misura in cui essa si avvicina alla forma lenticolare, la forza
centrifuga, incessantemente sviluppata dalle sue due cause, ben presto
predominò sull'attrazione centrale.
Allo stesso modo che un movimento troppo veloce della fionda ne spezza la corda e ne lancia lontano il proiettile, così la predominanza della forza centrifuga distaccò il cerchio equatoriale della nebulosa, e da quell'anello si formò una nuova massa, isolata dalla prima, ma tuttavia sottoposta al suo dominio. Questa massa ha conservato il suo movimento equatoriale che, modificato, diviene il suo movimento di traslazione attorno all'astro solare. Inoltre, il suo nuovo stato le dà un movimento di rotazione attorno al suo proprio centro.
Allo stesso modo che un movimento troppo veloce della fionda ne spezza la corda e ne lancia lontano il proiettile, così la predominanza della forza centrifuga distaccò il cerchio equatoriale della nebulosa, e da quell'anello si formò una nuova massa, isolata dalla prima, ma tuttavia sottoposta al suo dominio. Questa massa ha conservato il suo movimento equatoriale che, modificato, diviene il suo movimento di traslazione attorno all'astro solare. Inoltre, il suo nuovo stato le dà un movimento di rotazione attorno al suo proprio centro.
22. La nebulosa generatrice,
che ha dato origine a questo nuovo mondo, si è condensata e ha ripreso
la forma sferica. Ma poiché il calore primitivo, sviluppato dai suoi
diversi movimenti, non si attenua che con una estrema lentezza, il
fenomeno che abbiamo appena descritto si riprodurrà spesso e durante un
lungo periodo, finché questa nebulosa non sarà divenuta densa e
abbastanza solida da opporre un'efficace resistenza alle modificazioni
di forma, che il suo movimento di rotazione le imprime successivamente.
La nebulosa quindi non avrà dato origine a un solo astro, ma a centinaia di mondi distaccatisi dal focolaio centrale, da essa generati secondo il modo di formazione più sopra menzionato. Ora, ciascuno di questi mondi, investito come il mondo primitivo dalle forze naturali che presiedono alla creazione degli universi, genererà in seguito nuovi globi che d'ora in avanti graviteranno intorno a lui, come esso gravita unitamente ai suoi fratelli intorno al focolaio della loro esistenza e della loro vita. Ciascuno di questi mondi sarà un sole, centro di un sistema di pianeti distaccatisi in seguito dal suo equatore. Questi pianeti riceveranno una vita speciale, particolare, benché dipendente dal loro astro generatore.
La nebulosa quindi non avrà dato origine a un solo astro, ma a centinaia di mondi distaccatisi dal focolaio centrale, da essa generati secondo il modo di formazione più sopra menzionato. Ora, ciascuno di questi mondi, investito come il mondo primitivo dalle forze naturali che presiedono alla creazione degli universi, genererà in seguito nuovi globi che d'ora in avanti graviteranno intorno a lui, come esso gravita unitamente ai suoi fratelli intorno al focolaio della loro esistenza e della loro vita. Ciascuno di questi mondi sarà un sole, centro di un sistema di pianeti distaccatisi in seguito dal suo equatore. Questi pianeti riceveranno una vita speciale, particolare, benché dipendente dal loro astro generatore.
23. I pianeti sono dunque
formati da masse di materia condensata, ma non ancora solidificata, che
si sono staccate dalla massa centrale per l'azione della forza
centrifuga, e che, in virtù delle leggi di movimento, prendono la forma
sferoidale più o meno ellittica, a seconda del grado di fluidità che
tali masse hanno conservato. Uno di questi pianeti sarà la Terra che,
prima di essersi raffreddata e rivestita di una crosta solida, darà
origine alla Luna attraverso il medesimo modo di formazione astrale cui
essa deve la sua stessa esistenza. La Terra, ormai iscritta nel libro
della vita, è la culla di creature la cui fragilità si trova sotto l'ala
protettrice della divina Provvidenza, ed è la novella corda posta
sull'arpa infinita, che deve vibrare, nel luogo che occupa, nel concerto
universale dei mondi.
I satelliti
24. Prima che le masse
planetarie avessero raggiunto un grado di raffreddamento tale perché se
ne verificasse la solidificazione, masse più piccole, veri e propri
globuli liquidi, si sono distaccate da alcune di esse nel piano
equatoriale, piano nel quale la forza centrifuga è massima; e, in virtù
delle medesime leggi, hanno acquistato un movimento di traslazione
attorno al loro pianeta generatore, come è successo a questi in
relazione dell'astro centrale che li ha generati.
È così che la Terra ha dato origine alla Luna, la cui massa, meno considerevole, ha dovuto subire un raffreddamento più rapido. Ora, le leggi e le forze, che presiedettero al suo distacco dall'equatore terrestre, e il suo movimento di traslazione in questo stesso piano si effettuarono in modo tale che questo mondo, invece di assumere la forma sferoidale, assunse quella d'un globo ovoidale — vale a dire la forma allungata che ha l'uovo — il cui centro di gravità è fissato nella parte inferiore.
È così che la Terra ha dato origine alla Luna, la cui massa, meno considerevole, ha dovuto subire un raffreddamento più rapido. Ora, le leggi e le forze, che presiedettero al suo distacco dall'equatore terrestre, e il suo movimento di traslazione in questo stesso piano si effettuarono in modo tale che questo mondo, invece di assumere la forma sferoidale, assunse quella d'un globo ovoidale — vale a dire la forma allungata che ha l'uovo — il cui centro di gravità è fissato nella parte inferiore.
25. Le condizioni nelle
quali si effettuò la scissione della Luna a stento le permisero di
allontanarsi dalla Terra e la costrinsero a restare perpetuamente
sospesa nel suo cielo. Essa è, dunque, come una figura ovoidale le cui
parti più pesanti formarono la faccia inferiore rivolta verso la Terra,
mentre le parti meno dense ne costituirono la sommità, se con questo
termine si designa la faccia che, dal lato opposto alla Terra, si eleva
verso il cielo. Ciò fa sì che questo astro ci presenti sempre la
medesima faccia. Esso potrebbe essere paragonato — per meglio far
comprendere il suo stato geologico — a un globo di sughero, la cui base
rivolta verso la Terra fosse costituita da piombo.
Da qui, le due nature essenzialmente distinte sulla superficie del mondo lunare. L'una, senza alcuna possibile analogia con il mondo terrestre, poiché i corpi fluidici ed eterei le sono sconosciuti; l'altra, leggera rispetto alla Terra, poiché tutte le sostanze meno dense si portarono su questo emisfero. La prima perpetuamente volta verso la Terra, senza acqua e senza atmosfera, se non talvolta ai limiti di questo emisfero sub terrestre; l'altra ricca di fluidi, perpetuamente opposta al nostro mondo. [19]
-------------------------
[19] Questa teoria della Luna, completamente nuova, spiega attraverso la legge della gravitazione, la ragione per la quale questo astro presenti alla Terra sempre la medesima faccia. Il suo centro di gravità, invece di essere al centro della sfera, si trova su uno dei punti della sua superficie e, di conseguenza, esso è attirato verso la Terra da una forza maggiore di quella delle parti più leggere. La Luna produrrebbe così l'effetto di quelle figure chiamate misirizzi, che costantemente si raddrizzano sulla loro base, mentre i pianeti, il cui centro di gravità è a uguale distanza dalla superficie, girano regolarmente sul loro asse. I fluidi vivificanti, gassosi o liquidi, grazie alla loro leggerezza specifica, si troverebbero accumulati nell'emisfero superiore, costantemente opposto alla Terra. L'emisfero inferiore, il solo che noi vediamo, ne sarebbe privo e, di conseguenza, inadatto alla vita, mentre questa regnerebbe sull'altro. Se, dunque, l'emisfero superiore è abitato, i suoi abitanti non hanno mai visto la Terra, a meno che non facciano delle escursioni nell'altro emisfero, cosa, però, che sarebbe loro impossibile, dal momento che non vi sono le condizioni necessarie alla vivibilità.
Siccome questa teoria, quantunque sia razionale e scientifica, non ha ancoera potuto essere confermata da alcuna osservazione diretta, essa non può essere accettata che a titolo d'ipotesi, potendo, come idea, servire da punto base alla scienza. Ma si deve convenire che questa teoria è la sola, finora, che dà una spiegazione soddisfacente delle particolarità che presenta questo globo.
-------------------------
Da qui, le due nature essenzialmente distinte sulla superficie del mondo lunare. L'una, senza alcuna possibile analogia con il mondo terrestre, poiché i corpi fluidici ed eterei le sono sconosciuti; l'altra, leggera rispetto alla Terra, poiché tutte le sostanze meno dense si portarono su questo emisfero. La prima perpetuamente volta verso la Terra, senza acqua e senza atmosfera, se non talvolta ai limiti di questo emisfero sub terrestre; l'altra ricca di fluidi, perpetuamente opposta al nostro mondo. [19]
-------------------------
[19] Questa teoria della Luna, completamente nuova, spiega attraverso la legge della gravitazione, la ragione per la quale questo astro presenti alla Terra sempre la medesima faccia. Il suo centro di gravità, invece di essere al centro della sfera, si trova su uno dei punti della sua superficie e, di conseguenza, esso è attirato verso la Terra da una forza maggiore di quella delle parti più leggere. La Luna produrrebbe così l'effetto di quelle figure chiamate misirizzi, che costantemente si raddrizzano sulla loro base, mentre i pianeti, il cui centro di gravità è a uguale distanza dalla superficie, girano regolarmente sul loro asse. I fluidi vivificanti, gassosi o liquidi, grazie alla loro leggerezza specifica, si troverebbero accumulati nell'emisfero superiore, costantemente opposto alla Terra. L'emisfero inferiore, il solo che noi vediamo, ne sarebbe privo e, di conseguenza, inadatto alla vita, mentre questa regnerebbe sull'altro. Se, dunque, l'emisfero superiore è abitato, i suoi abitanti non hanno mai visto la Terra, a meno che non facciano delle escursioni nell'altro emisfero, cosa, però, che sarebbe loro impossibile, dal momento che non vi sono le condizioni necessarie alla vivibilità.
Siccome questa teoria, quantunque sia razionale e scientifica, non ha ancoera potuto essere confermata da alcuna osservazione diretta, essa non può essere accettata che a titolo d'ipotesi, potendo, come idea, servire da punto base alla scienza. Ma si deve convenire che questa teoria è la sola, finora, che dà una spiegazione soddisfacente delle particolarità che presenta questo globo.
-------------------------
26. Il numero e lo stato dei
satelliti di ciascun pianeta presentano variazioni a seconda delle
condizioni speciali in cui si sono formati. Alcuni non hanno dato
origine ad alcun astro secondario, quali Mercurio, Venere e Marte,
mentre altri ne hanno formato uno o parecchi, come la Terra, Giove,
Saturno ecc.
27. Oltre ai suoi satelliti o
lune, il pianeta Saturno presenta il fenomeno speciale dell'anello che,
visto da lontano, sembra circondarlo a mo' di bianca aureola. Questo
anello è, in effetti, il risultato di un distacco che si è operato, ai
tempi primitivi, nell'equatore di Saturno, allo stesso modo che una zona
equatoriale si è staccata dalla Terra per formare il suo satellite. La
differenza sta nel fatto che l'anello di Saturno si trovò formato, in
tutte le sue parti, da molecole omogenee, probabilmente già in un certo
stato di condensazione, e poté in questo modo continuare il suo moto di
rotazione nel medesimo senso e in un tempo pressappoco uguale a quello
che anima il pianeta. Se uno dei punti di questo anello fosse stato più
denso di un altro, prontamente si sarebbero operati uno o più
agglomerati di sostanza, e Saturno avrebbe contato parecchi satelliti in
più. Dall'epoca della sua formazione, questo anello si è solidificato
allo stesso modo degli altri corpi planetari.
Le comete
28. Astri erranti, più
ancora dei pianeti che hanno conservato la denominazione etimologica, le
comete saranno le guide che ci aiuteranno a superare i limiti del
sistema cui appartiene la Terra per portarci verso le lontane regione
della infinita distesa siderale.
Ma, prima di esplorare, con l'aiuto di queste viaggiatrici dell'universo, i domini celesti, sarà bene far conoscere, tanto quanto sarà possibile, la loro natura intrinseca e il loro ruolo nell'economia planetaria.
Ma, prima di esplorare, con l'aiuto di queste viaggiatrici dell'universo, i domini celesti, sarà bene far conoscere, tanto quanto sarà possibile, la loro natura intrinseca e il loro ruolo nell'economia planetaria.
29. Si sono spesso visti, in
questi astri chiomati, mondi nascenti elaborare, nei loro caos
primitivi, le condizioni di vita e di esistenza spettanti alle terre
abitate. Altri hanno immaginato che questi corpi straordinari fossero
dei mondi in fase di annientamento; inoltre il loro aspetto singolare fu
per molti oggetto di erronee valutazioni circa la loro natura. Ciò a
tal punto che non c'è nessuno — perfino nell'astrologia giudiziale — che
non li abbia considerati presagi di disgrazie, inviati alla Terra
stupefatta e tremante, da disegni provvidenziali.
30. La legge di varietà è
applicata con una tale profusione nei lavori della natura, che ci si
domanda come i naturalisti, gli astronomi o i filosofi abbiano
costituito tanti sistemi per assimilare le comete agli astri planetari, e
per vedere in esse solo astri a un grado più o meno grande di sviluppo o
di caducità. I quadri della natura, tuttavia, dovrebbero ampiamente
bastare per sollevare l'osservatore dalla preoccupazione di ricercare
rapporti che non esistono, e per lasciare alle comete il ruolo modesto
ma utile di astri erranti, che servono come esploratori dei domini
solari. I corpi celesti di cui qui si tratta sono, infatti, ben altro
dai corpi planetari; essi non hanno affatto, come questi, per
destinazione di servire come soggiorno alle umanità. Esse vanno in
ordine successivo di sole in sole — arricchendosi talvolta lungo la
strada di frammenti planetari ridotti allo stato di vapori — per
attingere dai loro focolai i principi vivificanti e rinnovatori che
riversano sui mondi terrestri (cap. IX, n. 12).
31. Se, quando uno di questi
astri si avvicina al nostro piccolo globo, per attraversarne l'orbita e
ritornare al suo apogeo, situato a una distanza incommensurabile dal
Sole, noi lo seguissimo col pensiero per visitare con esso le contrade
siderali, valicheremmo quella prodigiosa estensione di materia eterea
che separa il Sole dalle stelle più vicine. Osservando poi i movimenti
combinati di questo astro che si supporrebbe disperso nel deserto
dell'infinito, noi troveremmo lì ancora una prova eloquente
dell'universalità delle leggi della natura, che si esercitano a delle
distanze che l'immaginazione, anche la più attiva, a stento può
concepire.
Lì, la forma ellittica passa alla forma parabolica, e la marcia diventa tanto lenta che la cometa non riesce a percorrere più di qualche metro, nel medesimo tempo durante il quale, nel suo perigeo, percorreva molte migliaia di leghe. Forse un sole più potente di quello che ha appena lasciato esercita su questa cometa un'azione preponderante tanto da accoglierla nella schiera dei suoi sudditi. Allora, sulla vostra piccola Terra, invano le creature, attonite, ne attenderanno il ritorno, che avevano predetto basandosi su osservazioni incomplete. In questo caso, noi, che con il pensiero abbiamo accompagnato in quelle regioni sconosciute la cometa errante, ne incontreremo una, che gli occhi terreni non possono incontrare, inimmaginabile per gli Spiriti che abitano la Terra, inconcepibile perfino per le loro menti, poiché sarà teatro di inesplorate meraviglie.
Siamo giunti nel mondo astrale, in quel mondo abbagliante di immensisoli, che risplendono nello spazio infinito e che sono i fiori delmagnifico giardino della creazione. Là giunti, sapremo che cos'è la Terra.
Lì, la forma ellittica passa alla forma parabolica, e la marcia diventa tanto lenta che la cometa non riesce a percorrere più di qualche metro, nel medesimo tempo durante il quale, nel suo perigeo, percorreva molte migliaia di leghe. Forse un sole più potente di quello che ha appena lasciato esercita su questa cometa un'azione preponderante tanto da accoglierla nella schiera dei suoi sudditi. Allora, sulla vostra piccola Terra, invano le creature, attonite, ne attenderanno il ritorno, che avevano predetto basandosi su osservazioni incomplete. In questo caso, noi, che con il pensiero abbiamo accompagnato in quelle regioni sconosciute la cometa errante, ne incontreremo una, che gli occhi terreni non possono incontrare, inimmaginabile per gli Spiriti che abitano la Terra, inconcepibile perfino per le loro menti, poiché sarà teatro di inesplorate meraviglie.
Siamo giunti nel mondo astrale, in quel mondo abbagliante di immensisoli, che risplendono nello spazio infinito e che sono i fiori delmagnifico giardino della creazione. Là giunti, sapremo che cos'è la Terra.
La Via Lattea
32. Nelle belle notti
stellate e senza luna, tutti hanno contemplato quella fascia biancastra,
che attraversa il cielo da una estremità all'altra, e che gli Antichi
denominarono Via Lattea a causa del suo aspetto lattiginoso. Quel
chiarore diffuso, in tempi moderni, è stato a lungo esplorato
dall'occhio del telescopio. Quella strada di polvere d'oro, quel
ruscello di latte della mitologia antica si è trasformato in un vasto
campo di inimmaginabili meraviglie. Le ricerche degli osservatori hanno
portato alla conoscenza della sua natura e hanno rivelato che lì, dove
l'occhio errante a stento percepiva una fioca luminosità c'erano milioni
di soli più luminosi e più importanti di quello che ci illumina la
Terra.
33. La Via Lattea è una
pianura ornata di fiori solari e planetari che brillano nella sua
immensa distesa. Il nostro Sole e tutti i corpi che lo accompagnano
fanno parte di questo insieme di globi radiosi che costituiscono la Via
Lattea. Malgrado, però, le sue proporzioni gigantesche, rispetto alla
Terra e alla grandezza del suo dominio, esso, il Sole, occupa un posto
irrilevante in tale smisurata creazione. È possibile contare circa una
trentina di milioni di soli che, a somiglianza del nostro, gravitano in
questa immensa regione, distanti gli uni dagli altri più di centomila
volte il raggio dell'orbita terrestre. [20]
-------------------------
[20] Più di 3 trilioni e 400 bilioni di leghe.
-------------------------
-------------------------
[20] Più di 3 trilioni e 400 bilioni di leghe.
-------------------------
34. Da questo calcolo
approssimativo si può giudicare l'estensione di tale regione siderale e
la relazione che esiste tra il nostro sistema planetario e
l'universalità dei sistemi che essa contiene. Si può egualmente
giudicare l'esiguità del dominio solare e, a fortiori, come sia niente la nostra piccola Terra. Che cosa accadrebbe allora se si considerassero gli esseri che lo popolano?
Ho detto "niente" perché le nostre determinazioni riguardano non solo l'estensione materiale e fisica dei corpi che studiamo — il che sarebbe poco —, ma anche, e soprattutto, il loro stato etico come abitazione, e il grado che occupano nell'eterna gerarchia degli esseri.
La creazione si mostra qui in tutta la sua maestà, creando e propagando, tutt'attorno al mondo solare e in ciascuno dei sistemi che l'attorniano da ogni parte, le manifestazioni della vita e dell'intelligenza.
Ho detto "niente" perché le nostre determinazioni riguardano non solo l'estensione materiale e fisica dei corpi che studiamo — il che sarebbe poco —, ma anche, e soprattutto, il loro stato etico come abitazione, e il grado che occupano nell'eterna gerarchia degli esseri.
La creazione si mostra qui in tutta la sua maestà, creando e propagando, tutt'attorno al mondo solare e in ciascuno dei sistemi che l'attorniano da ogni parte, le manifestazioni della vita e dell'intelligenza.
35. Si viene a conoscere, in
questo modo, la posizione occupata dal nostro Sole o dalla Terra nel
mondo delle stelle. Queste considerazioni acquisteranno un peso ancor
più grande, se ci si sofferma sullo stato stesso della Via Lattea che,
nell'immensità delle creazioni siderali, non rappresenta che un punto
insignificante e del tutto irrilevante, vista da lontano; essa, infatti,
non è altro che una nebulosa stellare, come nello spazio ne esistono
migliaia di migliaia. Se ci appare più vasta e più ricca di altre, è per
questa sola ragione: essa ci circonda e si sviluppa, sotto i nostri
occhi, in tutta la sua estensione; le altre, invece, perdute nelle
profondità insondabili, si lasciano a stento intravedere.
36. Ora, se si sa che la
Terra è niente o quasi niente nel sistema solare; che questo è niente o
quasi niente nella Via Lattea; che questa è niente o quasi niente
nell'universalità delle nebulose; e che questa stessa universalità è ben
poca cosa nell'incommensurabile infinito, allora si incomincerà a
comprendere che cos'è il globo terrestre.
Le stelle fisse
37. Le stelle che vengono
dette fisse e che costellano i due emisferi del firmamento non sono
affatto isolate da ogni attrazione esteriore, come generalmente si
suppone. Al contrariò, esse appartengono tutte a un medesimo agglomerato
di astri stellari. Questo agglomerato non è altro che la grande
nebulosa di cui noi facciamo parte e il cui piano equatoriale, che si
proietta nel cielo, ha ricevuto il nome di Via Lattea: Tutti
i soli che la compongono sono solidali; le loro multiple influenze
reagiscono perpetuamente l'una sull'altra, e la gravitazione universale
riunisce tutti questi soli in una medesima famiglia.
38. Questi diversi soli per
la maggior parte sono, come il nostro, circondati da mondi secondari,
illuminati e fecondati da essi attraverso le medesime leggi che
presiedono alla vita del nostro sistema planetario. Alcuni, come Sirio,
sono migliaia di volte più straordinari, per dimensioni e ricchezze, del
nostro; il loro molo nell'universo è più importante,poiché li
circondano pianeti in maggior numero e superiori ai nostri. Altri sono
molto dissimili per le loro funzioni astrali. così che un certo numero
di questi soli, veri gemelli dell'ordine siderale, sono accompagnati dai
loro fratelli della stessa età e formano nello spazio sistemi binari,
ai quali la natura ha elargito tutt'altre funzioni, diverse cioè da
quelle che appartengono al nostro Sole. [21]
Là, gli anni non si misurano più secondo gli stessi periodi, né i giorni secondo gli stessi soli, e quei mondi illuminati da una doppia fiamma hanno ricevuto in sorte delle condizioni d'esistenza inimmaginabili per coloro che ancora non sono usciti da questo piccolo mondo terrestre.
Altri astri, senza corteggi, privi di pianeti, hanno ricevuto i migliori elementi di abitabilità che non sono mai stati conferiti a nessun altro. Le leggi della natura sono diversificate nella loro immensità, e se l'unità è la grande espressione dell'universo, non meno la varietà infinita ne è l'eterno attributo.
Là, gli anni non si misurano più secondo gli stessi periodi, né i giorni secondo gli stessi soli, e quei mondi illuminati da una doppia fiamma hanno ricevuto in sorte delle condizioni d'esistenza inimmaginabili per coloro che ancora non sono usciti da questo piccolo mondo terrestre.
Altri astri, senza corteggi, privi di pianeti, hanno ricevuto i migliori elementi di abitabilità che non sono mai stati conferiti a nessun altro. Le leggi della natura sono diversificate nella loro immensità, e se l'unità è la grande espressione dell'universo, non meno la varietà infinita ne è l'eterno attributo.
-------------------------
[21] È ciò cui, in astronomia, si dà il nome di "stelle doppie". Si tratta di due soli di cui l'uno gira attorno all'altro, come un pianeta attorno al suo sole. Di quale singolare e magnifico spettacolo devono godere gli abitanti dei mondi che compongono questi sistemi illuminati da un doppio sole! Ma, anche, quanto diverse devono essere lì le condizioni della vitalità!
In una comunicazione data ulteriormente, lo Spirito di Galileo aggiunge: "Ci sono perfino sistemi più complicati, nei quali differenti soli esplicano, l'uno di fronte all'altro, il ruolo di satelliti. Si producono allora degli effetti di luce meravigliosi per gli abitanti dei globi che essi illuminano; tanto più che, malgrado la loro apparente vicinanza, mondi abitati possono circolare tra di loro e ricevere alternativamente onde di luce diversamente colorate, la cui riunione ricompone la luce bianca".
-------------------------
39. Nonostante il numero
prodigioso di queste stelle e dei loro sistemi, nonostante le distanze
incommensurabili che le separano, esse appartengono tutte alla medesima
nebulosa stellare, che l'occhio dei più potenti telescopi può a stento
attraversare, e che le più ardite concezioni dell'immaginazione possono a
stento superare. Nondimeno, questa nebulosa non è che un'unità
nell'ordine delle nebulose che compongono il mondo astrale.
40. Le stelle cosiddette
fisse non sono affatto immobili nello spazio infinito. Le costellazioni
che si sono raffigurate sulla volta del firmamento non sono creazioni
simboliche reali. La distanza dalla Terra e
la prospettiva sotto cui si misura l'universo, da questa postazione
terrestre, sono le due cause di questa duplice illusione ottica (cap. V,
n. 12).
41. Noi abbiamo visto che la
totalità degli astri che scintillano nella cupola azzurra è racchiusa
in un medesimo agglomerato cosmico, che voi chiamate Via Lattea. Ma,
per quanto appartengano tutti al medesimo gruppo, questi astri sono
animati, ciascuno, di un moto proprio di traslazione nello spazio: il
riposo assoluto non esiste da nessuna parte. Gli astri sono retti dalle
leggi universali della gravitazione e roteano nello spazio illimitato
sotto l'impulso incessante di questa forza immensa. Essi roteano, non
seguendo corsi tracciati a caso, ma seguendo orbite chiuse, il cui
centro è occupato da un astro superiore. Per rendere le mie parole più
comprensibili, attraverso un esempio, parlerò in modo particolare del
vostro Sole.
42. Si sa, a seguito delle
moderne osservazioni, che il Sole non è né fisso né centrale, come si
credeva nei primi tempi della nuova astronomia, ma che avanza nello
spazio trascinando con sé il suo vasto sistema di pianeti, di satelliti e
di comete.
Ora, questa marcia non è affatto fortuita, ed esso non se ne va, errando nei vuoti infiniti, a smarrire lontano dalle regioni che gli sono assegnate i suoi figli e i suoi sudditi. No di certo. La sua orbita è determinata e, unitamente ad altri soli del suo stesso ordine e circondati come lui da un certo numero di terre abitate, esso gravita attorno a un sole centrale. Il suo moto di gravitazione, come quello dei soli suoi fratelli, non è valutabile attraverso delle osservazioni annuali, perché periodi secolari in grande numero sarebbero a stento sufficienti a marcare il tempo di uno di questi anni astrali.
Ora, questa marcia non è affatto fortuita, ed esso non se ne va, errando nei vuoti infiniti, a smarrire lontano dalle regioni che gli sono assegnate i suoi figli e i suoi sudditi. No di certo. La sua orbita è determinata e, unitamente ad altri soli del suo stesso ordine e circondati come lui da un certo numero di terre abitate, esso gravita attorno a un sole centrale. Il suo moto di gravitazione, come quello dei soli suoi fratelli, non è valutabile attraverso delle osservazioni annuali, perché periodi secolari in grande numero sarebbero a stento sufficienti a marcare il tempo di uno di questi anni astrali.
43. Il sole centrale di cui
abbiamo appena parlato è lui stesso un globo secondario rispetto a un
altro ancora più importante, attorno al quale esso perpetua una marcia
lenta e misurata in compagnia di altri soli del medesimo ordine.
Noi potremmo costatare questa subordinazione consecutiva di soli ad altri soli fin quando la nostra immaginazione non sia stanca di inerpicarsi su per una tale gerarchia; perché — non dimentichiamolo — nella Via Lattea, si può contare un numero tondo di circa trenta milioni di soli, subordinati gli uni agli altri come giganteschi ingranaggi di un immenso sistema.
Noi potremmo costatare questa subordinazione consecutiva di soli ad altri soli fin quando la nostra immaginazione non sia stanca di inerpicarsi su per una tale gerarchia; perché — non dimentichiamolo — nella Via Lattea, si può contare un numero tondo di circa trenta milioni di soli, subordinati gli uni agli altri come giganteschi ingranaggi di un immenso sistema.
44. E questi astri, in
numero innumerabile, vivono ciascuno d'una vita solidale; come nulla è
isolato nell'economia del vostro piccolo mondo terrestre, così nulla è
isolato nell'incommensurabile universo.
Questi sistemi di sistemi apparirebbero, da lontano, all'occhio investigatore del filosofo che sapesse abbracciare il quadro sviluppato dallo spazio e dal tempo, come una polvere di perle d'oro sollevata in vortici, sotto il soffio divino che fa volare i mondi siderali nei cieli, come i granelli di sabbia sulle dune del deserto.
Non c'è, in nessuna parte, né immobilità né silenzio né notte! Il grandioso spettacolo che si dispiegherebbe in tal modo davanti ai nostri sguardi sarebbe dunque la creazione reale, immensa e piena della vita eterea, che lo sguardo infinito del Creatore abbraccia nel suo insieme immenso.
Ma noi fin qui non abbiamo parlato che di una nebulosa. Sei milioni di soli, sei milioni di terre abitate non formano, come già abbiamo detto, che un'isola nell'arcipelago infinito.
Questi sistemi di sistemi apparirebbero, da lontano, all'occhio investigatore del filosofo che sapesse abbracciare il quadro sviluppato dallo spazio e dal tempo, come una polvere di perle d'oro sollevata in vortici, sotto il soffio divino che fa volare i mondi siderali nei cieli, come i granelli di sabbia sulle dune del deserto.
Non c'è, in nessuna parte, né immobilità né silenzio né notte! Il grandioso spettacolo che si dispiegherebbe in tal modo davanti ai nostri sguardi sarebbe dunque la creazione reale, immensa e piena della vita eterea, che lo sguardo infinito del Creatore abbraccia nel suo insieme immenso.
Ma noi fin qui non abbiamo parlato che di una nebulosa. Sei milioni di soli, sei milioni di terre abitate non formano, come già abbiamo detto, che un'isola nell'arcipelago infinito.
I deserti dello spazio
45. Un deserto immenso,
senza limiti, si estende al di là dell’agglomerato di stelle, di cui
abbiamo appena parlato, e lo avvolge. Solitudini si succedono a
solitudini, e le incommensurabili pianure del vuoto si estendono in
lontananza. Poiché gli ammassi di materia cosmica si trovano isolati
nello spazio, come le isole fluttuanti d'un immenso arcipelago, se si
vuole in qualche modo concepire l'idea dell'enorme distanza che separa
l'ammasso di stelle, di cui noi facciamo parte, dagli agglomerati più
vicini, bisogna sapere che queste isole stellari sono rare e sono
disseminate nel vasto oceano dei cieli. Inoltre, la distanza che le
separa le une dalle altre è incomparabilmente maggiore di quanto
misurino le loro rispettive dimensioni.
Ora, si ricordi che la nebulosa stellare misura, in numero tondo, mille volte la distanza delle più vicine stelle, presa come unità di misura, vale a dire qualche centinaio di migliaia di trilioni di leghe. La distanza che si estende tra di esse, essendo di gran lunga maggiore, non potrebbe essere espressa con dei numeri accessibili alla comprensione del nostro spirito. Solo l'immaginazione, nelle sue più alte concezioni, è atta a valicare questa immensità prodigiosa, queste solitudini mute e prive di ogni apparenza di vita, e a considerare in qualche modo l'idea di questa infinità relativa.
Ora, si ricordi che la nebulosa stellare misura, in numero tondo, mille volte la distanza delle più vicine stelle, presa come unità di misura, vale a dire qualche centinaio di migliaia di trilioni di leghe. La distanza che si estende tra di esse, essendo di gran lunga maggiore, non potrebbe essere espressa con dei numeri accessibili alla comprensione del nostro spirito. Solo l'immaginazione, nelle sue più alte concezioni, è atta a valicare questa immensità prodigiosa, queste solitudini mute e prive di ogni apparenza di vita, e a considerare in qualche modo l'idea di questa infinità relativa.
46. Questo deserto celeste,
tuttavia, che avvolge il nostro universo siderale e che sembra
estendersi come se rappresentasse i confini remoti del nostro mondo
astrale, è abbracciato dallo sguardo e dalla potenza infinita
dell'Altissimo che, al di là di questi cieli dei nostri cieli, sviluppò
la trama della Sua illimitata creazione.
47. Al di là di quelle vaste
solitudini, infatti, nella loro magnificenza risplendono dei mondi,
proprio come nelle regioni accessibili alle investigazioni umane. Al di
là di quei deserti, splendide oasi vagano nel limpido etere e rinnovano
incessantemente le scene meravigliose dell'esistenza e della vita. Là si
dispiegano i lontani aggregati di sostanza cosmica, che l'occhio
profondo del telescopio percepisce attraverso le regioni trasparenti del
nostro cielo, a cui voi date il nome di nebulose irresolubili, e
che vi appaiono come leggere nuvole di polvere bianca, sperdute in un
punto sconosciuto dello spazio etereo. Là si rivelano e si sviluppano
mondi nuovi, le cui condizioni, varie e diverse da quelle che sono
peculiari al vostro globo, donano loro una vita che le vostre concezioni
non possono immaginare, né i vostri studi costatare. È là che risplende
in tutta la sua pienezza la potenza creatrice. Per colui che viene
dalle regioni occupate dal vostro sistema, là sono in azione altre
leggi, le cui forze reggono le manifestazioni della vita. E i nuovi
cammini, che ci si presentano in così singolari regioni, ci dischiudono
sorprendenti prospettive. [22]
-------------------------
[22] Si dà, in astronomia, il nome di nebulose irresolubili a quelle di cui non si sono ancora potute distinguere le stelle che le compongono. In principio, erano state considerate come degli ammassi di materia cosmica in via di condensazione per formare dei mondi; ma oggi, in generale, si pensa che questa apparenza sia dovuta alla distanza e che, con strumenti abbastanza potenti, tutte sarebbero risolubili.
Un paragone familiare può dare un'idea, sebbene molto imperfetta, delle nebulose risolubili: sono i gruppi di scintille proiettate dai fuochi d'artificio, al momento della loro esplosione. Ciascuna di queste scintille rappresenterà una stella, e l'insieme di esse sarà la nebulosa o gruppo di stelle riunite in un punto dello spazio e sottoposte a una legge comune d'attrazione e di movimento. Viste da una certa distanza, queste scintille si distinguono a malapena, e il loro gruppo ha l'apparenza di una piccola nuvola di fumo. Questo paragone non reggerebbe se si trattasse di masse di materia cosmica condensata.
La nostra Via Lattea è una di queste nebulose. Essa conta quasi 30 milioni di stelle o soli, che non occupano meno di alcune centinaia di trilioni di leghe d'estensione, e tuttavia non è la più grande. Supponiamo soltanto una media di 20 pianeti abitati che girano attorno a ciascun sole. Si tratterebbe di circa 600 milioni di mondi per il nostro solo gruppo.
Se potessimo trasferirci dalla nostra nebulosa in un'altra, noi saremmo come nel mezzo della nostra Via Lattea, ma con un cielo stellato di tutt'altro aspetto. Questa, inoltre, nonostante le sue colossali dimensioni rispetto a noi, da lontano ci apparirebbe come un piccolo batuffolo lenticolare perduto nell'infinito. Ma prima di raggiungere la nuova nebulosa, noi saremmo come un viaggiatore che lasci una città e percorra una vasta regione disabitata prima di giungere in un'altra città. Noi, in tal caso, avremmo varcato spazi incommensurabili privi di stelle e di mondi, ciò insomma che Galileo chiama i deserti dello spazio. Via via che noi avanzassimo, vedremmo la nostra nebulosa fuggire dietro di noi, diminuendo di estensione ai nostri occhi. Nello stesso tempo, davanti a noi, si presenterebbe quella verso la quale noi ci dirigiamo, sempre più distinta, simile alla massa di scintille dei fuochi d'artificio. Trasportandoci con la mente nelle regioni dello spazio, al di là dell'arcipelago della nostra nebulosa, noi vedremo tutt'intorno a noi milioni di arcipelaghi e di forme diverse, ognuno dei quali racchiude milioni di soli e centinai di milioni di mondi abitati.
Tutto ciò che ci permette di assimilare l'immensità dell'estensione spaziale alla struttura dell'universo è utile all'ampliamento delle nostre idee, così ristrette a causa delle credenze popolari. Dio aumenta la Sua grandezza ai nostri occhi, nella misura in cui meglio comprendiamo la grandezza delle Sue opere e la nostra infimità. Noi siamo lontani, come ben si vede, da quella credenza stabilita dalla Genesi mosaica, la quale fa della nostra piccola e impercettibile Terra la creazione principale di Dio, e dei suoi abitanti i soli oggetti della Sua sollecitudine. Noi comprendiamo la vanità di quegli uomini, i quali credono che tutto è stato fatto per loro nell'universo, e anche di quelli che osano mettere in discussione l'esistenza dell'Essere supremo. Fra alcuni secoli, ci si stupirà che una religione fatta per glorificare Dio Lo abbia ridotto a così meschine proporzioni e che abbia respinto, come se fossero concezioni dello Spirito del male, quelle scoperte che avrebbero invece potuto aumentare la nostra ammirazione per la Sua onnipotenza, iniziandoci così ai grandiosi misteri della creazione. Ancor di più ci se ne stupirà, quando si saprà che tali scoperte sono state respinte, perché avrebbero dovuto emancipare lo spirito degli uomini e togliere così il predominio a coloro che si ritenevano i rappresentanti di Dio sulla Terra.
--------------------------
-------------------------
[22] Si dà, in astronomia, il nome di nebulose irresolubili a quelle di cui non si sono ancora potute distinguere le stelle che le compongono. In principio, erano state considerate come degli ammassi di materia cosmica in via di condensazione per formare dei mondi; ma oggi, in generale, si pensa che questa apparenza sia dovuta alla distanza e che, con strumenti abbastanza potenti, tutte sarebbero risolubili.
Un paragone familiare può dare un'idea, sebbene molto imperfetta, delle nebulose risolubili: sono i gruppi di scintille proiettate dai fuochi d'artificio, al momento della loro esplosione. Ciascuna di queste scintille rappresenterà una stella, e l'insieme di esse sarà la nebulosa o gruppo di stelle riunite in un punto dello spazio e sottoposte a una legge comune d'attrazione e di movimento. Viste da una certa distanza, queste scintille si distinguono a malapena, e il loro gruppo ha l'apparenza di una piccola nuvola di fumo. Questo paragone non reggerebbe se si trattasse di masse di materia cosmica condensata.
La nostra Via Lattea è una di queste nebulose. Essa conta quasi 30 milioni di stelle o soli, che non occupano meno di alcune centinaia di trilioni di leghe d'estensione, e tuttavia non è la più grande. Supponiamo soltanto una media di 20 pianeti abitati che girano attorno a ciascun sole. Si tratterebbe di circa 600 milioni di mondi per il nostro solo gruppo.
Se potessimo trasferirci dalla nostra nebulosa in un'altra, noi saremmo come nel mezzo della nostra Via Lattea, ma con un cielo stellato di tutt'altro aspetto. Questa, inoltre, nonostante le sue colossali dimensioni rispetto a noi, da lontano ci apparirebbe come un piccolo batuffolo lenticolare perduto nell'infinito. Ma prima di raggiungere la nuova nebulosa, noi saremmo come un viaggiatore che lasci una città e percorra una vasta regione disabitata prima di giungere in un'altra città. Noi, in tal caso, avremmo varcato spazi incommensurabili privi di stelle e di mondi, ciò insomma che Galileo chiama i deserti dello spazio. Via via che noi avanzassimo, vedremmo la nostra nebulosa fuggire dietro di noi, diminuendo di estensione ai nostri occhi. Nello stesso tempo, davanti a noi, si presenterebbe quella verso la quale noi ci dirigiamo, sempre più distinta, simile alla massa di scintille dei fuochi d'artificio. Trasportandoci con la mente nelle regioni dello spazio, al di là dell'arcipelago della nostra nebulosa, noi vedremo tutt'intorno a noi milioni di arcipelaghi e di forme diverse, ognuno dei quali racchiude milioni di soli e centinai di milioni di mondi abitati.
Tutto ciò che ci permette di assimilare l'immensità dell'estensione spaziale alla struttura dell'universo è utile all'ampliamento delle nostre idee, così ristrette a causa delle credenze popolari. Dio aumenta la Sua grandezza ai nostri occhi, nella misura in cui meglio comprendiamo la grandezza delle Sue opere e la nostra infimità. Noi siamo lontani, come ben si vede, da quella credenza stabilita dalla Genesi mosaica, la quale fa della nostra piccola e impercettibile Terra la creazione principale di Dio, e dei suoi abitanti i soli oggetti della Sua sollecitudine. Noi comprendiamo la vanità di quegli uomini, i quali credono che tutto è stato fatto per loro nell'universo, e anche di quelli che osano mettere in discussione l'esistenza dell'Essere supremo. Fra alcuni secoli, ci si stupirà che una religione fatta per glorificare Dio Lo abbia ridotto a così meschine proporzioni e che abbia respinto, come se fossero concezioni dello Spirito del male, quelle scoperte che avrebbero invece potuto aumentare la nostra ammirazione per la Sua onnipotenza, iniziandoci così ai grandiosi misteri della creazione. Ancor di più ci se ne stupirà, quando si saprà che tali scoperte sono state respinte, perché avrebbero dovuto emancipare lo spirito degli uomini e togliere così il predominio a coloro che si ritenevano i rappresentanti di Dio sulla Terra.
--------------------------
Eterna successione dei mondi
48. Abbiamo visto che una
sola legge primordiale e generale è stata data all'universo per
assicurarne la stabilità eterna, e che questa legge generale è
percepibile dai nostri sensi attraverso numerose azioni particolari, che
chiamiamo forze direttrici della natura. Ora mostreremo che l'armonia
del mondo intero, considerata sotto il duplice aspetto dell'eternità e
dello spazio, è assicurata da questa legge suprema.
49. In effetti, se risaliamo
all'origine primaria dei primordiali agglomerati di sostanza cosmica,
noteremo che già, sotto il dominio di questa legge, la materia subisce
le trasformazioni necessarie che portano dal germe al frutto maturo e
che, sotto l'impulso delle diverse forze nate da questa legge, essa
percorre la scala delle sue rivoluzioni periodiche. All'inizio, è centro
fluidico dei movimenti; in seguito, generatore dei mondi; più tardi,
nucleo centrale e attrattivo delle sfere che hanno preso origine nel suo
seno.
Noi sappiamo già che queste leggi presiedono alla storia del Cosmo. Ciò che ora importa sapere è come esse presiedano egualmente alla distruzione degli astri, poiché la morte non è solo una metamorfosi dell'essere vivente, ma anche una trasformazione della materia inanimata. E se è vero dire, in senso letterale, che soltanto la vita è accessibile alla falce della morte, è anche esatto aggiungere che la sostanza deve in tutta necessità subire le trasformazioni inerenti alla sua costituzione.
Noi sappiamo già che queste leggi presiedono alla storia del Cosmo. Ciò che ora importa sapere è come esse presiedano egualmente alla distruzione degli astri, poiché la morte non è solo una metamorfosi dell'essere vivente, ma anche una trasformazione della materia inanimata. E se è vero dire, in senso letterale, che soltanto la vita è accessibile alla falce della morte, è anche esatto aggiungere che la sostanza deve in tutta necessità subire le trasformazioni inerenti alla sua costituzione.
50. Ecco qui un mondo che,
dai sui primordi, ha percorso tutta la sequenza degli anni che la sua
speciale organizzazione gli permetteva di percorrere. Il focolaio
interiore della sua esistenza si è spento, e i suoi stessi elementi
hanno perduto la loro virtù iniziale. I fenomeni della natura che
reclamavano, Per prodursi, la presenza e l'azione delle forze devolute a
questo mondo, ormai non possono più presentarsi, perché la leva della
loro attività non ha più il punto d'appoggio che le dava tutta la sua
forza.
Ora, si penserà forse che questa terra spenta e senza vita continuerà a gravitare negli spazi celesti, senza scopo, e passerà come un'inutile cenere nel vortice dei cieli? Si penserà forse che essa rimarrà iscritta nel libro della vita universale, dal momento che è diventata lettera morta e priva di senso? No, di certo. Le medesime leggi che l'hanno elevata al di sopra del caos tenebroso e che l'hanno gratificata degli splendori della vita, le medesime forze che l'hanno governata durante i secoli della sua adolescenza, che l'hanno sostenuta nei primi passi della sua esistenza e che l'hanno condotta all'età matura e alla vecchiaia, quelle medesime leggi presiederanno alla disgregazione dei suoi elementi costitutivi per renderli al laboratorio, dove la potenza creatrice attinge senza tregua le condizioni della stabilità generale. Questi elementi ritorneranno a quella massa comune dell'etere, per assimilarsi ad altri corpi o per rigenerare altri soli. E questa morte non sarà un avvenimento inutile né per questa Terra né per le sue sorelle: essa rinnoverà, in altre regioni, altre creazioni d'una natura differente, e là, dove sistemi di mondi sono svaniti, presto rinascerà un altro giardino di fiori più splendenti e più profumati.
Ora, si penserà forse che questa terra spenta e senza vita continuerà a gravitare negli spazi celesti, senza scopo, e passerà come un'inutile cenere nel vortice dei cieli? Si penserà forse che essa rimarrà iscritta nel libro della vita universale, dal momento che è diventata lettera morta e priva di senso? No, di certo. Le medesime leggi che l'hanno elevata al di sopra del caos tenebroso e che l'hanno gratificata degli splendori della vita, le medesime forze che l'hanno governata durante i secoli della sua adolescenza, che l'hanno sostenuta nei primi passi della sua esistenza e che l'hanno condotta all'età matura e alla vecchiaia, quelle medesime leggi presiederanno alla disgregazione dei suoi elementi costitutivi per renderli al laboratorio, dove la potenza creatrice attinge senza tregua le condizioni della stabilità generale. Questi elementi ritorneranno a quella massa comune dell'etere, per assimilarsi ad altri corpi o per rigenerare altri soli. E questa morte non sarà un avvenimento inutile né per questa Terra né per le sue sorelle: essa rinnoverà, in altre regioni, altre creazioni d'una natura differente, e là, dove sistemi di mondi sono svaniti, presto rinascerà un altro giardino di fiori più splendenti e più profumati.
51. Così
l'eternità reale ed effettiva dell'universo è assicurata dalle medesime
leggi che dirigono le operazioni del tempo. Così i mondi si succedono
ai mondi, i soli ai soli, senza che l'immenso meccanismo dei vasti cieli
venga mai colpito nelle sue gigantesche molle.
Là dove i vostri occhi, sotto la volta della notte, ammirano splendide stelle, là dove il vostro spirito contempla magnifici irraggiamenti che risplendono in lontani spazi, là da molto tempo il dito della morte ha spento quegli splendori, da molto tempo il vuoto è succeduto a quei bagliori e ha, anzi, ricevuto nuove creazioni ancora sconosciute. La distanza immensa di quegli astri — per cui la luce che essi ci inviano impiega migliaia di anni per giungere fino a noi — fa sì che noi riceviamo soltanto oggi i raggi che essi ci hanno inviato molto tempo prima della creazione della Terra, e che ammireremo ancora per migliaia di anni dopo la loro reale sparizione. [23]
Che cosa sono i seimila anni dell'umanità storica, di fronte ai periodi secolari? Dei secondi nei vostri secoli. Che cosa sono le vostre osservazioni astronomiche di fronte allo stato assoluto del mondo? L'ombra eclissata dal Sole.
Là dove i vostri occhi, sotto la volta della notte, ammirano splendide stelle, là dove il vostro spirito contempla magnifici irraggiamenti che risplendono in lontani spazi, là da molto tempo il dito della morte ha spento quegli splendori, da molto tempo il vuoto è succeduto a quei bagliori e ha, anzi, ricevuto nuove creazioni ancora sconosciute. La distanza immensa di quegli astri — per cui la luce che essi ci inviano impiega migliaia di anni per giungere fino a noi — fa sì che noi riceviamo soltanto oggi i raggi che essi ci hanno inviato molto tempo prima della creazione della Terra, e che ammireremo ancora per migliaia di anni dopo la loro reale sparizione. [23]
Che cosa sono i seimila anni dell'umanità storica, di fronte ai periodi secolari? Dei secondi nei vostri secoli. Che cosa sono le vostre osservazioni astronomiche di fronte allo stato assoluto del mondo? L'ombra eclissata dal Sole.
-------------------------
[23] Questo è un effetto del tempo che la luce impiega per attraversare lo spazio. Essendo la sua velocità di 70.000 leghe al secondo, essa ci arriva dal Sole in 8 minuti e 13 secondi. Ne consegue che, se sulla superficie del Sole si verifica un fenomeno, noi lo percepiamo soltanto 8 minuti più tardi e, per la medesima ragione, lo vedremo ancora 8 minuti dopo la sua scomparsa. Se, in ragione della sua lontananza, la luce di una stella impiega mille anni per giungere fino a noi, noi non vedremo questa stella che mille anni dopo la sua formazione (vedere, per la spiegazione 'e la descrizione completa di questo fenomeno, la Rivista Spiritista di marzo e maggio 1867, p. 93 e p. 151; recensione di Lumen, attraverso il medium Camilo Flammarion).
-------------------------
52. Dunque, qui come in
altri nostri studi, riconosciamo che la Terra e l'uomo non sono
nient'altro che nulla in confronto a ciò che è. Riconosciamo anche che
le più colossali operazioni del nostro pensiero non si estendono,
finora, che in un campo impercettibile in confronto all'immensità e
all'eternità di un universo che non finirà mai.
E quando questi periodi della nostra immortalità saranno passati sopra le nostre teste, quando la storia attuale della Terra ci apparirà come una vaga ombra in fondo ai nostri ricordi; e se avremo abitato, per secoli incalcolabili, questi diversi gradi della nostra gerarchia cosmologica; e se i più lontani domini delle età future saranno stati perlustrati in innumerevoli peregrinazioni, avremo davanti a noi la successione illimitata dei mondi e come prospettiva l'immobile eternità.
E quando questi periodi della nostra immortalità saranno passati sopra le nostre teste, quando la storia attuale della Terra ci apparirà come una vaga ombra in fondo ai nostri ricordi; e se avremo abitato, per secoli incalcolabili, questi diversi gradi della nostra gerarchia cosmologica; e se i più lontani domini delle età future saranno stati perlustrati in innumerevoli peregrinazioni, avremo davanti a noi la successione illimitata dei mondi e come prospettiva l'immobile eternità.
La vita universale
53. Questa immortalità delle
anime, di cui il sistema del mondo fisico è la base, agli occhi di
certi pensatori prevenuti è parsa immaginaria. Costoro l'hanno
ironicamente qualificata come immortalità viaggiante e non hanno
compreso ch'essa sola è vera di fronte allo spettacolo della creazione.
Tuttavia è possibile farne comprendere tutta la grandezza, direi quasi
tutta la perfezione.
54. Che le opere di Dio
siano create per il pensiero e per l’intelligenza; che i mondi siano la
dimora di esseri i quali le contemplano e scoprono sotto il loro velo la
potenza e la saggezza di Colui che le ha formate, questa è una
questione che per noi non ha più dubbi. Ma che le anime che popolano
quei mondi siano solidali, è questo che è importante conoscere.
55. In effetti,
l'intelligenza umana a stento riesce a considerare quei globi radiosi,
che scintillano nella vasta distesa, come semplici masse di materia
inerte e senza vita; a stento riesce a pensare che, in quelle lontane
regioni, ci sono magnifici crepuscoli e notti splendide, soli fecondi e
giorni pieni di luce, vallate e montagne dove i molteplici prodotti
della natura hanno sviluppato tutto il loro lussureggiante sfarzo; a
stento riesce — dico io — a immaginare che lo spettacolo divino, dove
l'anima può ritemprarsi come nella sua stessa vita, sia spogliato
dell'esistenza e privato d'ogni essere pensante che possa conoscerlo.
56. Ma, a questa idea
eminentemente giusta della creazione, bisogna aggiungere quella
dell'umanità solidale, ed è in questo che consiste il mistero
dell'eternità futura.
Una medesima famiglia umana è stata creata nell'universalità dei mondi, e i legami di una fraternità, da parte vostra non ancora apprezzati, sono stati attribuiti a questi mondi. Se questi astri, che si armonizzano nei loro vasti sistemi, sono abitati da intelligenze, non lo sono da esseri sconosciuti gli uni agli altri, ma al contrario da esseri marcati in fronte dal medesimo destino, che devono incontrarsi momentaneamente secondo le loro funzioni di vita, e ritrovarsi secondo le loro mutue simpatie. È la grande famiglia degli Spiriti, che popolano le terre celesti. È il grande irraggiamento dello Spirito divino che abbraccia la vastità dei cieli e che permane come genere primitivo e finale della perfezione spirituale.
Una medesima famiglia umana è stata creata nell'universalità dei mondi, e i legami di una fraternità, da parte vostra non ancora apprezzati, sono stati attribuiti a questi mondi. Se questi astri, che si armonizzano nei loro vasti sistemi, sono abitati da intelligenze, non lo sono da esseri sconosciuti gli uni agli altri, ma al contrario da esseri marcati in fronte dal medesimo destino, che devono incontrarsi momentaneamente secondo le loro funzioni di vita, e ritrovarsi secondo le loro mutue simpatie. È la grande famiglia degli Spiriti, che popolano le terre celesti. È il grande irraggiamento dello Spirito divino che abbraccia la vastità dei cieli e che permane come genere primitivo e finale della perfezione spirituale.
57. Per quale strana
aberrazione si è creduto di dover rifiutare l'immortalità alle vaste
regioni dell'etere, quando la si racchiudeva entro un limite
inammissibile e in una dualità assoluta? Il vero sistema del mondo
dovrebbe dunque precedere la vera dottrina dogmatica, e la scienza
precedere la teologia? E questa si fuorvierà finché poggerà la sua base
sulla metafisica? La risposta è facile e ci mostra che la nuova
filosofia siederà trionfante sulle rovine di quella antica, perché la
sua base si sarà innalzata vittoriosa sugli antichi errori.
Diversità dei mondi
58. Voi ci avete seguito
nelle nostre escursioni celesti e avete visitato con noi le immense
regioni dello spazio. Sotto i nostri sguardi, i soli si sono succeduti
ai soli, i sistemi ai sistemi, le nebulose alle nebulose. Il panorama
splendido dell'armonia del Cosmo si è dispiegato davanti ai nostri
passi. E noi abbiamo così ricevuto in anticipo un'idea dell'infinito,
che potremo comprendere in tutta la sua vastità soltanto secondo la
nostra perfettibilità futura. I misteri dell'etere hanno disvelato il
loro enigma, finora indecifrabile, e noi abbiamo almeno concepito l'idea
dell'universalità delle cose. È importante ora che ci fermiamo e
riflettiamo.
59. È bello, senza dubbio,
aver riconosciuto l'inferiorità della Terra e la sua mediocre importanza
nella gerarchia dei mondi. È bello aver abbassato la presunzione umana,
che tanto ci è cara, ed esserci umiliati davanti alla grandezza
assoluta; ancora più bello sarà interpretare in senso morale lo
spettacolo di cui siamo stati testimoni. Io voglio parlare del potere
infinito della natura e dell'idea che dobbiamo farci del suo modo di
agire nelle diverse regioni del vasto universo.
60. Abituati come siamo, a
giudicare le cose dalla nostra povera piccola dimora, noi pensiamo che
la natura non ha potuto o non ha dovuto agire sugli altri mondi, se non
secondo le regole che noi abbiamo riconosciuto sulla Terra. Orbene, è
precisamente in questo che è importante correggere il nostro giudizio.
Gettate per un istante lo sguardo su una qualsiasi regione del vostro globo e su una delle produzioni della vostra natura: non vi riconoscete forse il sigillo di una varietà infinita e la prova di un'attività senza eguali? Non vedete forse, sull'ala di un passerotto delle Canarie, sul petalo di un bocciolo di rosa appena schiuso, la prestigiosa fecondità di questa bella natura?
Che i vostri studi si applichino agli esseri che si librano nell'aria, che essi discendano fino alla violetta dei boschi, che s'inabissino nelle profondità dell'oceano, in tutto e dappertutto voi leggerete questa verità universale: la natura onnipotente agisce secondo le leggi, i tempi e le circostanze. Essa è una nella sua armonia generale, ma multipla nelle sue produzioni; essa si prende gioco di un sole come di una goccia d'acqua; essa popola di esseri viventi un mondo immenso con la medesima facilità con cui fa schiudere l'uovo deposto dalla farfalla d'autunno.
Gettate per un istante lo sguardo su una qualsiasi regione del vostro globo e su una delle produzioni della vostra natura: non vi riconoscete forse il sigillo di una varietà infinita e la prova di un'attività senza eguali? Non vedete forse, sull'ala di un passerotto delle Canarie, sul petalo di un bocciolo di rosa appena schiuso, la prestigiosa fecondità di questa bella natura?
Che i vostri studi si applichino agli esseri che si librano nell'aria, che essi discendano fino alla violetta dei boschi, che s'inabissino nelle profondità dell'oceano, in tutto e dappertutto voi leggerete questa verità universale: la natura onnipotente agisce secondo le leggi, i tempi e le circostanze. Essa è una nella sua armonia generale, ma multipla nelle sue produzioni; essa si prende gioco di un sole come di una goccia d'acqua; essa popola di esseri viventi un mondo immenso con la medesima facilità con cui fa schiudere l'uovo deposto dalla farfalla d'autunno.
61. Ora, se tale è la
varietà che la natura ci ha potuto esporre in tutti luoghi su questo
piccolo mondo, così stretto, così limitato, quanto più dovete estendere
questo modo di agire della natura pensando alle prospettive dei vasti
mondi! Quanto più dovete sviluppare e riconoscere la potente estensione
della natura applicandola a questi mondi meravigliosi che, ben più della
Terra, attestano la loro inconoscibile perfezione!
Non cercate di vedere, attorno a ciascun sole dello spazio, sistemi simili al vostro sistema planetario. Non cercate di vedere su questi pianeti sconosciuti i tre regni della natura che brillano attorno a voi. Ma pensate che, come non c'è un volto d'uomo che assomigli, nell'intero genere umano, a un altro volto, così una diversità prodigiosa e inimmaginabile è stata disseminata nelle dimore eteree che vagano in seno allo spazio.
Per il fatto che la vostra natura animata incominci nello zoofito per terminare nell'uomo, per il fatto che l'atmosfera alimenti la vita terrestre, per il fatto che l'elemento liquido la rinnovi incessantemente, per il fatto che le vostre stagioni facciano sì che in questa vita si avvicendino i fenomeni che le distinguono, non deducetene che i milioni di milioni di terre che vagano nell'immensa distesa siano simili alla Terra. Al contrario esse differiscono secondo le diverse condizioni che sono state loro assegnate e secondo il loro rispettivo ruolo sulla scena del mondo. Sono le gemme variegate di un immenso mosaico, i diversi fiori di un meraviglioso giardino.
Non cercate di vedere, attorno a ciascun sole dello spazio, sistemi simili al vostro sistema planetario. Non cercate di vedere su questi pianeti sconosciuti i tre regni della natura che brillano attorno a voi. Ma pensate che, come non c'è un volto d'uomo che assomigli, nell'intero genere umano, a un altro volto, così una diversità prodigiosa e inimmaginabile è stata disseminata nelle dimore eteree che vagano in seno allo spazio.
Per il fatto che la vostra natura animata incominci nello zoofito per terminare nell'uomo, per il fatto che l'atmosfera alimenti la vita terrestre, per il fatto che l'elemento liquido la rinnovi incessantemente, per il fatto che le vostre stagioni facciano sì che in questa vita si avvicendino i fenomeni che le distinguono, non deducetene che i milioni di milioni di terre che vagano nell'immensa distesa siano simili alla Terra. Al contrario esse differiscono secondo le diverse condizioni che sono state loro assegnate e secondo il loro rispettivo ruolo sulla scena del mondo. Sono le gemme variegate di un immenso mosaico, i diversi fiori di un meraviglioso giardino.
Capitolo VII - ABBOZZO GEOLOGICO DELLA TERRA
Periodi geologici
1. La Terra conserva in sé
le tracce evidenti della sua formazione. Si seguono le fasi di questa
formazione, con una precisione matematica, nei differenti terreni che ne
compongono l'ossatura. L'insieme di questi studi costituisce la scienza
chiamata geologia, scienza nata in questo
secolo XIX, e che ha gettato la luce sulla questione così controversa
della sua origine e di quella degli esseri viventi che l'abitano. Qui
non si tratta di ipotesi. Qui c'è il risultato rigoroso
dell'osservazione dei fatti, e in presenza dei fatti il dubbio non è più
permesso. La storia della formazione del globo sta scritta negli strati
geologici in maniera ben altrimenti certa che nei libri basati su
preconcetti, perché qui è la natura stessa che parla, che si mette a
nudo, e non l'immaginazione degli uomini che crea i sistemi. Dove si
vedono le tracce del fuoco, si può affermare con certezza che là il
fuoco è esistito; dove si vedono quelle dell'acqua con non minore
certezza si può dire che là vi è stata l'acqua; dove si vedono tracce di
animali, con certezza si può dire che là hanno vissuto degli animali.
La geologia è dunque una scienza tutta d'osservazione. Essa non trae conseguenze se non da ciò che vede; sui punti dubbi, essa non afferma nulla: emette soltanto delle opinioni da discutere, per la cui soluzione definitiva si dovranno attendere osservazioni più complete. Senza le scoperte della geologia, come pure senza quelle dell'astronomia, Genesi del mondo sarebbe ancora nelle tenebre della leggenda. Grazie alla geologia, oggi l'uomo conosce la storia della sua dimora, e il castello di favole che circondava la sua origine è crollato, per non riemergere mai più.
La geologia è dunque una scienza tutta d'osservazione. Essa non trae conseguenze se non da ciò che vede; sui punti dubbi, essa non afferma nulla: emette soltanto delle opinioni da discutere, per la cui soluzione definitiva si dovranno attendere osservazioni più complete. Senza le scoperte della geologia, come pure senza quelle dell'astronomia, Genesi del mondo sarebbe ancora nelle tenebre della leggenda. Grazie alla geologia, oggi l'uomo conosce la storia della sua dimora, e il castello di favole che circondava la sua origine è crollato, per non riemergere mai più.
2. Dappertutto nel terreno,
ove esistano fenditure, scavi naturali o praticati dall'uomo, si possono
osservare quelle che sono chiamate stratificazioni, cioè strati sovrapposti. I terreni che presentano questa disposizione sono designati con il nome di terreni stratificati. Gli
strati, di uno spessore molto variabile, da alcuni centimetri fino a
100 metri e più, si distinguono l'uno dall'altro, per il colore e la
natura delle sostanze di cui si compongono. I lavori d'arte, le
perforazioni dei pozzi, lo sfruttamento delle cave e soprattutto delle
miniere hanno permesso di osservarli fino a una profondità abbastanza
grande.
3. Gli strati sono
generalmente omogenei, vale a dire che ogni strato è formato da una
medesima sostanza, oppure da diverse sostanze che sono esistite insieme e
che hanno formato un tutto compatto. La linea di separazione che li
isola gli uni dagli altri è sempre delineata nettamente, come nei vari
livelli di una costruzione. Non si vedrà mai che una parte si mescoli o
si perda l'una nell'altra per quanto concerne i rispettivi confini, come
invece, per esempio, nei colori del prisma e nell'arcobaleno.
Da questi caratteri si deduce che tali strati si sono formati consecutivamente, depositandosi l'uno sull'altro in condizioni e per cause differenti. Naturalmente, i più profondi si sono formati per primi, i più superficiali posteriormente. L'ultimo di tutti, quello che si trova in superficie, è lo strato di terra vegetale, che deve le sue caratteristiche ai detriti delle materie organiche provenienti dalle piante e dagli animali.
Da questi caratteri si deduce che tali strati si sono formati consecutivamente, depositandosi l'uno sull'altro in condizioni e per cause differenti. Naturalmente, i più profondi si sono formati per primi, i più superficiali posteriormente. L'ultimo di tutti, quello che si trova in superficie, è lo strato di terra vegetale, che deve le sue caratteristiche ai detriti delle materie organiche provenienti dalle piante e dagli animali.
4. Gli strati inferiori, situati al di sotto dello strato vegetale, hanno ricevuto in geologia il nome di rocce, termine
che, in questa accezione, non sempre implica l'idea di una sostanza
pietrosa, ma significa un letto o banco, costituito da una sostanza
minerale qualsiasi. Alcune sono formate da sabbia, da argilla o creta,
da marna, da massi erratici; altre, da pietre propriamente dette, più o
meno dure, quali le arenarie, i marmi, il gesso, i calcari o pietre da
calce, le pietre molari, i carboni fossili, gli asfalti ecc. Si dice che
una roccia sia più o meno possente a seconda che il suo spessore sia
più o meno considerevole.
Attraverso l'analisi della natura di queste rocce o strati, si può riconoscere, da determinati segni, che alcuni strati provengono da materiali fusi e, a volte, vetrificati dall'azione del fuoco; che altri provengono da sostanze terrose depositate dalle acque e che alcune di queste sostanze si sono conservate disgregate come, per esempio, le sabbie; che altri strati ancora, in principio allo stato pastoso, sotto l'azione di certi agenti chimici o per altre cause, si sono induriti e hanno acquisito, a lungo andare, la consistenza della pietra. I banchi di pietre sovrapposte rivelano depositi successivi. Il fuoco e l'acqua hanno dunque avuto la loro parte attiva nella formazione dei materiali che compongono la struttura solida del globo.
Attraverso l'analisi della natura di queste rocce o strati, si può riconoscere, da determinati segni, che alcuni strati provengono da materiali fusi e, a volte, vetrificati dall'azione del fuoco; che altri provengono da sostanze terrose depositate dalle acque e che alcune di queste sostanze si sono conservate disgregate come, per esempio, le sabbie; che altri strati ancora, in principio allo stato pastoso, sotto l'azione di certi agenti chimici o per altre cause, si sono induriti e hanno acquisito, a lungo andare, la consistenza della pietra. I banchi di pietre sovrapposte rivelano depositi successivi. Il fuoco e l'acqua hanno dunque avuto la loro parte attiva nella formazione dei materiali che compongono la struttura solida del globo.
5. La posizione normale
degli strati terrosi o pietrosi che provengono da depositi acquei è la
direzione orizzontale. Quando si vedono quelle immense pianure, che si
stendono talvolta a perdita d'occhio, dalla orizzontalità perfetta,
uniformi come se fossero state livellate con un rullo compressore, o
quei fondivalle pianeggianti quanto la superficie di un lago, si può
esser certi che in un'epoca più o meno remota, quei luoghi sono stati
per lungo tempo coperti da acque tranquille che, ritirandosi, hanno
lasciato a secco quella terra che esse avevano depositata durante il
loro soggiorno. Dopo la ritirata delle acque, quelle terre si sono
ricoperte di vegetazione. Quando, invece che terre grasse, fangose,
argillose o marnose, atte ad assimilare i principi nutritivi, le acque
non hanno depositato che sabbie silicee e senza aggregazione, abbiamo
allora pianure sabbiose e aride che costituiscono le lande e i deserti. I
depositi che rilasciano le inondazioni parziali e quelli che le
alluvioni formano alle foci dei fiumi possono, in proporzioni ridotte,
darne un'idea.
6. Benché l'orizzontalità
sia la posizione normale e anche la più diffusa delle formazioni
acquose, spesso tuttavia su estensioni molto vaste, nei paesi di
montagna, possiamo osservare che rocce dure — la cui natura indica che
sono state formate dalle acque — si trovano in posizione inclinata e, a
volte, perfino verticale. Ora, siccome secondo le leggi dell'equilibrio
dei liquidi e del peso, i depositi acquosi possono formarsi soltanto su
piani orizzontali — dato che quelli che hanno luogo su piani inclinati
vengono trascinati in basso dalle correnti e dal loro stesso peso —
resta evidente che questi depositi hanno dovuto essere sollevati da una
qualsivoglia forza, dopo la loro solidificazione o trasformazione in
pietre.
Da queste considerazioni, si può concludere con certezza che tutti gli strati pietrosi provenienti da depositi acquosi, in una posizione perfettamente orizzontale, sono stati formati nel corso dei secoli da acque tranquille; mentre tutte le volte che tali strati hanno una posizione inclinata, è perché il suolo è stato tormentato e dislocato posteriormente da sconvolgimenti generali o parziali più o meno considerevoli.
Da queste considerazioni, si può concludere con certezza che tutti gli strati pietrosi provenienti da depositi acquosi, in una posizione perfettamente orizzontale, sono stati formati nel corso dei secoli da acque tranquille; mentre tutte le volte che tali strati hanno una posizione inclinata, è perché il suolo è stato tormentato e dislocato posteriormente da sconvolgimenti generali o parziali più o meno considerevoli.
7.
Un fatto caratteristico di grandissima importanza, per la testimonianza
irrefutabile che fornisce, consiste nel ritrovamento di resti fossili
di animali e di vegetali che si incontrano in quantità notevoli nei
diversi strati. Siccome questi resti si trovano anche nelle pietre più
dure, bisogna dedurre che l'esistenza di quegli esseri è anteriore alla
formazione di quelle pietre stesse. Ora, se si considera il numero
prodigioso di secoli che sono accorsi per effettuarne l'indurimento e
per portarle allo stato in cui esse si trovano da tempo immemorabile, si
arriva all'inevitabile conclusione secondo cui l'apparizione degli
esseri organici sulla Terra si perde nella notte dei tempi e, di
conseguenza, essa è molto anteriore alla data assegnata dalla Genesi.
[24]
-------------------------
[24] Fossile, dal latino fossíle, derivato di fóssus, part. pass. di fodére “scavare”. Questo termine si impiega, in geologia, per indicare corpi o relitti di corpi organici provenienti da esseri che erano vissuti anteriormente ai tempi storici. Per estensione, questo termine si impiega egualmente per indicare delle sostanze minerali che portano le tracce della presenza di esseri organici, quali le impronte di vegetali o di animali.
Il termine pietrificazione si usa soltanto per i corpi trasformati in pietra attraverso l'infiltrazione di materie silicee o calcaree nei tessuti organici. Tutte le pietrificazioni sono necessariamente dei fossili, ma non tutti i fossili sono delle pietrificazioni.
Gli oggetti che si rivestono di uno strato pietroso, quando sono immersi in talune acque cariche di sostanze calcaree, come quelle del ruscello di Saint-Allyre, presso Clermont, in Alvernia, non sono delle pietrificazioni propriamente dette, ma delle semplici incrostazioni.
I monumenti, le iscrizioni e gli oggetti che provengono dalla fabbricazione umana appartengono alla archeologia.
-------------------------
8. Fra questi resti di
vegetali o di animali, ve ne sono di quelli che sono stati penetrati in
tutti i punti della loro sostanza — senza che la loro forma ne sia stata
alterata — da materie silicee o calcaree, che li hanno trasformati in
pietre, alcune delle quali hanno la durezza del marmo. Sono, queste, le
pietrificazioni propriamente dette. Altri resti, invece, sono stati
semplicemente avvolti dalla materia, allo stato di malleabilità; li si
ritrova intatti, e alcuni nella loro interezza, nelle pietre più dure.
Altri resti, infine, non hanno lasciato che delle impronte, ma di una
nitidezza e di una delicatezza perfette. All'interno di certe pietre,
sono state perfino trovate le orme di passi, e dalla forma del piede,
delle dita e delle unghie, si è riusciti a riconoscere a quale specie di
animale appartenessero.
9. I fossili di animali non
comprendono quasi mai altro — e questo è facile da comprendere — se non
le parti solide e resistenti, cioè le ossa, le scaglie e le corna; non
di rado si trovano anche scheletri completi. Il più delle volte, però,
si trovano solo parti distaccate, di cui è tuttavia facile riconoscere
la provenienza. Analizzando una mascella o un dente si vede subito se
appartengono a un animale erbivoro o carnivoro. Siccome tutte le parti
dell'animale hanno una inevitabile correlazione, la forma della testa,
di una scapola, dell'osso di una zampa, di un piede, è sufficiente per
determinare la taglia, la forma in generale, il genere di vita
dell'animale. [25] Gli animali terrestri hanno una organizzazione che ci
impedisce di confonderli con gli animali acquatici. I pesci e le
conchiglie fossili sono oltremodo numerosi; le sole conchiglie formano a
volte interi banchi di grande spessore. Dalla loro natura, si riconosce
senza difficoltà se si tratta di animali marini o di acqua dolce.
-------------------------
[25] Al livello in cui Georges Cuvier ha portato la scienza paleontologica, spesso è sufficiente un solo osso per determinare il genere, la specie, la forma di un animale e le sue abitudini, e ricostruirlo così tutto intero.
-------------------------
-------------------------
[25] Al livello in cui Georges Cuvier ha portato la scienza paleontologica, spesso è sufficiente un solo osso per determinare il genere, la specie, la forma di un animale e le sue abitudini, e ricostruirlo così tutto intero.
-------------------------
10. I ciottoli arrotondati,
che in certe zone costituiscono rocce poderose, sono un indice
inequivocabile della loro origine. Essi sono arrotondati come i
sassolini in riva al mare, segno certo dello sfregamento che essi hanno
subito per effetto delle acque. I luoghi, dove vengono trovati interrati
in masse considerevoli, sono stati incontestabilmente occupati
dall'oceano, oppure da altre acque o per un tempo molto lungo o
violentemente agitate.
11. I terreni delle diverse
formazioni sono, inoltre, caratterizzati dalla natura stessa dei fossili
che essi racchiudono. I più antichi contengono delle specie animali o
vegetali che sono del tutto scomparse dalla superficie del globo. Alcune
specie più recenti sono egualmente scomparse, ma hanno conservato i
loro analoghi, i quali differiscono dai loro capostipiti soltanto per la
grandezza e qualche sfumatura di forma. Altre specie, infine, di cui
noi vediamo gli ultimi rappresentanti, tendono a sparire in un avvenire
più o meno prossimo, come gli elefanti, i rinoceronti, gli ippopotami
ecc. Così, nella misura in cui gli strati terrestri si avvicinano alla
nostra epoca, anche le specie animali e vegetali si avvicinano a quelle
che esistono al giorno d'oggi.
Le perturbazioni e i cataclismi, che hanno avuto luogo sulla Terra fin dalla sua origine, ne hanno dunque cambiato le condizioni di capacità verso il sostentamento della vita e hanno fatto scomparire generazioni intere di esseri viventi.
Le perturbazioni e i cataclismi, che hanno avuto luogo sulla Terra fin dalla sua origine, ne hanno dunque cambiato le condizioni di capacità verso il sostentamento della vita e hanno fatto scomparire generazioni intere di esseri viventi.
12. Esaminando la natura
degli strati geologici, si viene a sapere nella maniera più positiva se,
all'epoca della loro formazione, la regione che li conserva era
occupata dal mare, da laghi, o da foreste e pianure popolate da animali
terrestri. Se, dunque, in una stessa zona, si trova una serie di strati
sovrapposti, contenenti alternativamente fossili marini, terrestri e
d'acqua dolce, parecchie volte ripetuti, questa è una prova irrefutabile
del fatto che quella stessa zona è stata numerose volte invasa dal
mare, coperta da laghi e messa a secco.
E quanti secoli di secoli, certamente, e quante migliaia di secoli, forse, sono accorsi a ciascun periodo per completarsi?! E quale possente forza è occorsa per spostare e rispostare l'oceano, sollevare le montagne?! Quante rivoluzione fisiche, quanti violenti sconvolgimenti la Terra ha dovuto attraversare prima di essere come noi la vediamo dall'inizio dei tempi storici?! E si vorrebbe che tutto questo fosse opera eseguita in meno tempo di quanto ne occorrerebbe per far spuntare una pianta!
E quanti secoli di secoli, certamente, e quante migliaia di secoli, forse, sono accorsi a ciascun periodo per completarsi?! E quale possente forza è occorsa per spostare e rispostare l'oceano, sollevare le montagne?! Quante rivoluzione fisiche, quanti violenti sconvolgimenti la Terra ha dovuto attraversare prima di essere come noi la vediamo dall'inizio dei tempi storici?! E si vorrebbe che tutto questo fosse opera eseguita in meno tempo di quanto ne occorrerebbe per far spuntare una pianta!
13. Lo studio degli strati
geologici attesta, come già è stato detto, formazioni susseguenti che
hanno cambiato l'aspetto del globo e dividono la sua storia in numerosi
periodi, che vengono chiamati periodi geologici, la
cui conoscenza è essenziale per la determinazione della Genesi. Se ne
contano sei principali, che sono stati designati con i nomi di periodo
primario, di transizione, secondario, terziario, diluviale,
postdiluviale o attuale. I terreni formatisi nel corso di ogni periodo
si chiamano perciò: terreni primitivi, di transizione, secondari ecc. Si
dice anche: il tale o talaltro strato, o roccia; il tale o talaltro
fossile si trova nei terreni del tale o talaltro periodo.
14. È essenziale osservare
che il numero di questi periodi non è affatto assoluto, e che esso
dipende dai sistemi di classificazione. Nelle sei epoche principali,
sopracitate, vengono comprese soltanto quelle che sono segnate da un
cambiamento notevole e generale nello stato del globo. Ma l'osservazione
prova che numerose formazioni successive si sono operate nel corso di
ogni periodo; ed è per questo motivo che si è proceduto a una ulteriore
divisione in sottoperiodi, caratterizzati dalla natura dei terreni, e
che portano a ventisei il numero delle formazioni generali ben
caratterizzate, senza contare poi quelle che provengono da modificazioni
dovute a cause puramente locali.
Stato primitivo del globo
15. Lo schiacciamento dei
poli e altri fenomeni decisivi sono indici certi che la Terra ha dovuto
essere, alla sua origine, in uno stato di fluidità o di malleabilità.
Questo stato poteva avere come causa la materia o liquefatta dal fuoco o
diluita dall'acqua.
Dice il proverbio: "Non c'è fumo senza fuoco". Questa frase rigorosamente vera, è un'applicazione del principio: non c'è effetto senza causa. Per la medesima ragione, si può dire: non c'è fuoco senza focolaio. Ora, attraverso i fatti che scorrono sotto i nostri occhi, non si tratta solo del fumo che viene prodotto, ma del fuoco molto reale, che deve avere un suo focolaio. Venendo questo fuoco dall'interno del pianeta e non dall'alto, interno deve essere il focolaio; ed essendo permanente il fuoco, egualmente deve esserlo il focolaio.
Il calore, che aumenta nella misura in cui si penetra nell'interno della Terra e che, a una certa distanza dalla superficie, raggiunge una temperatura altissima; le sorgenti termali, tanto più calde quanto maggiore è la profondità da cui provengono; i fuochi e le masse di materie fuse e infuocate, che erompono dai vulcani come da immensi sfiatatoi, o dalle fenditure del suolo, provocate da certi sconvolgimenti della Terra, non possono lasciare alcun dubbio sull'esistenza di un fuoco interiore.
Dice il proverbio: "Non c'è fumo senza fuoco". Questa frase rigorosamente vera, è un'applicazione del principio: non c'è effetto senza causa. Per la medesima ragione, si può dire: non c'è fuoco senza focolaio. Ora, attraverso i fatti che scorrono sotto i nostri occhi, non si tratta solo del fumo che viene prodotto, ma del fuoco molto reale, che deve avere un suo focolaio. Venendo questo fuoco dall'interno del pianeta e non dall'alto, interno deve essere il focolaio; ed essendo permanente il fuoco, egualmente deve esserlo il focolaio.
Il calore, che aumenta nella misura in cui si penetra nell'interno della Terra e che, a una certa distanza dalla superficie, raggiunge una temperatura altissima; le sorgenti termali, tanto più calde quanto maggiore è la profondità da cui provengono; i fuochi e le masse di materie fuse e infuocate, che erompono dai vulcani come da immensi sfiatatoi, o dalle fenditure del suolo, provocate da certi sconvolgimenti della Terra, non possono lasciare alcun dubbio sull'esistenza di un fuoco interiore.
16. L'esperienza dimostra
che la temperatura si eleva di 1 grado ogni 30 metri di profondità; da
ciò consegue che a una profondità di 300 metri l'aumento della
temperatura è di 10 gradi; a 3.000 metri, di 100 gradi, temperatura
dell'acqua bollente; a 30.000 metri, come dire da 7 a 8 leghe, la
temperatura è di 1.000 gradi; a 25 leghe, di 3.300 gradi e più,
temperatura alla quale nessuna materia conosciuta resiste alla fusione.
Da qui fino al centro c'è ancora uno spazio di oltre 1.400 leghe, con un
diametro cioè di 2.800 leghe, spazio che si suppone occupato da materie
fuse.
Benché questa sia soltanto una congettura, deducendo la causa attraverso l'effetto, essa ha tutti i caratteri della probabilità e si giunge così alla conclusione secondo cui la Terra è ancora una massa incandescente ricoperta d'una crosta solida dello spessore di 25 leghe tutt'al più, il che è appena la centoventesima parte del suo diametro. In proporzione, ciò sarebbe molto meno dello spessore della più sottile scorza d'arancia.
Del resto lo spessore della crosta terrestre è molto variabile, poiché vi sono zone, soprattutto nei terreni vulcanici, in cui il calore e la flessibilità del suolo indicano che non è affatto considerevole. L'alta temperatura delle acque termali è egualmente indice della vicinanza del fuoco centrale.
Benché questa sia soltanto una congettura, deducendo la causa attraverso l'effetto, essa ha tutti i caratteri della probabilità e si giunge così alla conclusione secondo cui la Terra è ancora una massa incandescente ricoperta d'una crosta solida dello spessore di 25 leghe tutt'al più, il che è appena la centoventesima parte del suo diametro. In proporzione, ciò sarebbe molto meno dello spessore della più sottile scorza d'arancia.
Del resto lo spessore della crosta terrestre è molto variabile, poiché vi sono zone, soprattutto nei terreni vulcanici, in cui il calore e la flessibilità del suolo indicano che non è affatto considerevole. L'alta temperatura delle acque termali è egualmente indice della vicinanza del fuoco centrale.
17. Stando così le cose,
diventa evidente che lo stato primitivo di fluidità o di malleabilità
della Terra deve aver avuto la sua causa nell'azione del calore e non in
quella dell'acqua. La Terra era dunque, alla sua origine, una massa
incandescente. Poi, in seguito all'irradiazione del calore, è accaduto
ciò che accade a ogni materia in fusione: a poco a poco essa si è
raffreddata, e il raffreddamento è naturalmente incominciato dalla
superficie, la quale si è indurita mentre all'interno è rimasta fluida.
Si può, quindi, paragonare la Terra a un blocco di carbone che esca
incandescente dalla fornace, e la cui superficie si spenga e si
raffreddi a contatto dell'aria; ma allorché lo si spezzi, si troverà
l'interno ancora ardente.
18. All'epoca in cui il
globo terrestre era una massa incandescente non conteneva né un atomo in
più né uno in meno di oggi. Solo che, sotto l'influenza di quell'alta
temperatura, la maggior parte di quelle sostanze che lo compongono e che
noi vediamo sotto forma di liquidi o di solidi, di terra, di pietre, di
metalli e di cristalli, si trovava in uno stato ben differente. Quelle
sostanze non hanno fatto altro che subire una trasformazione. In seguito
al raffreddamento e al loro mescolarsi, gli elementi hanno formato
nuove combinazioni. L'aria, considerevolmente dilatata, doveva
estendersi a una distanza immensa; tutta l'acqua, forzatamente ridotta
in vapore, era mescolata all'aria; tutte le materie suscettibili di
volatilizzazione, quali i metalli, lo zolfo, il carbone, si trovavano
allo stato di gas. Lo stato dell'atmosfera non aveva dunque niente di
paragonabile a ciò che è al giorno d'oggi; la densità di tutti questi
vapori le dava una opacità che non poteva essere attraversata da nessun
raggio di sole. Se un essere vivente avesse potuto esistere sulla
superficie del globo a quell'epoca, non sarebbe stato illuminato se non
dal bagliore sinistro della fornace, collocata sotto ai suoi piedi, e
dal bagliore dell'atmosfera infuocata. L'esistenza del Sole,
quell'essere vivente, non avrebbe neppure potuto immaginarla.
Periodo primario
19. Il primo effetto del
raffreddamento fu la solidificazione della superficie esteriore della
massa in fusione e la formazione di una crosta resistente, che, dapprima
sottile, si ispessì a poco a poco. Questa crosta, costituita da una
pietra chiamata granito, è di estrema
durezza ed è così denominata per il suo aspetto granulare. Vi si
distinguono tre sostanze principali: il feldspato, il quarzo o cristallo
di rocca e la mica; quest'ultima ha brillantezza metallica, quantunque
non sia un metallo.
Lo strato granitico è dunque il primo che si sia formato sul globo; esso lo avviluppa nella sua interezza e ne costituisce in qualche modo la struttura ossea; è il prodotto diretto della materia in fusione solidificatasi. È su questo strato e nelle cavità che presentava la sua superficie tormentata che si sono successivamente depositati gli strati degli altri terreni formatisi posteriormente. Lo strato granitico si distingue da questi ultimi per l'assenza di qualsiasi stratificazione, esso cioè forma una massa compatta e uniforme in tutto il suo spessore e non è disposto a strati. L'effervescenza della materia incandescente vi avrebbe prodotto numerose e profonde fenditure, attraverso cui tale materia si espandeva.
Lo strato granitico è dunque il primo che si sia formato sul globo; esso lo avviluppa nella sua interezza e ne costituisce in qualche modo la struttura ossea; è il prodotto diretto della materia in fusione solidificatasi. È su questo strato e nelle cavità che presentava la sua superficie tormentata che si sono successivamente depositati gli strati degli altri terreni formatisi posteriormente. Lo strato granitico si distingue da questi ultimi per l'assenza di qualsiasi stratificazione, esso cioè forma una massa compatta e uniforme in tutto il suo spessore e non è disposto a strati. L'effervescenza della materia incandescente vi avrebbe prodotto numerose e profonde fenditure, attraverso cui tale materia si espandeva.
20. Il secondo effetto del
raffreddamento fu la liquefazione di alcune delle materie contenute
nell'aria allo stato di vapore e che precipitarono sulla superficie del
suolo. Si formarono allora piogge e laghi di zolfo e bitume, veri
ruscelli di ferro, di rame, di piombo e di altri metalli fusi. Queste
materie, infiltrandosi nelle fenditure, hanno costituito le vene e i
filoni metallici.
Sotto l'influenza di questi diversi agenti, la superficie granitica subì alternative alterazioni. Si produssero dei miscugli che formarono i terreni primitivi propriamente detti, che, sebbene distinti dalla roccia granitica, si presentavano tuttavia in masse confuse e senza stratificazioni regolari.
Vennero in seguito le acque che, cadendo su un suolo ardente, vaporizzavano di nuovo, ricadevano in piogge torrenziali e così di seguito, fin quando la temperatura non permise loro di rimanere sul suolo allo stato liquido.
È con la formazione dei terreni granitici che si dà inizio alla serie dei periodi geologici, ai quali converrebbe aggiungere quello dello stato primitivo dell'incandescenza del globo.
Sotto l'influenza di questi diversi agenti, la superficie granitica subì alternative alterazioni. Si produssero dei miscugli che formarono i terreni primitivi propriamente detti, che, sebbene distinti dalla roccia granitica, si presentavano tuttavia in masse confuse e senza stratificazioni regolari.
Vennero in seguito le acque che, cadendo su un suolo ardente, vaporizzavano di nuovo, ricadevano in piogge torrenziali e così di seguito, fin quando la temperatura non permise loro di rimanere sul suolo allo stato liquido.
È con la formazione dei terreni granitici che si dà inizio alla serie dei periodi geologici, ai quali converrebbe aggiungere quello dello stato primitivo dell'incandescenza del globo.
21. Tale fu l'aspetto di questo primo periodo, vero caos di
tutti gli elementi confusi, che cercavano il loro assetto, e in cui
nessun essere vivente avrebbe potuto esistere. Così uno dei suoi
caratteri distintivi, in geologia, è l'assenza di ogni traccia di vita
animale e vegetale.
È impossibile assegnare una determinata durata a questo primo periodo, non più che ai periodi seguenti. Ma, tenuto conto del tempo che occorre a una sfera di un dato volume, riscaldata al calore bianco perché la sua superficie si raffreddi al punto che una goccia d'acqua possa restarvi allo stato liquido, si è calcolato che, se questa sfera avesse il volume della Terra, occorrerebbe più di un milione di anni.
È impossibile assegnare una determinata durata a questo primo periodo, non più che ai periodi seguenti. Ma, tenuto conto del tempo che occorre a una sfera di un dato volume, riscaldata al calore bianco perché la sua superficie si raffreddi al punto che una goccia d'acqua possa restarvi allo stato liquido, si è calcolato che, se questa sfera avesse il volume della Terra, occorrerebbe più di un milione di anni.
Periodo di transizione
22. All'inizio del periodo
di transizione, la crosta solida granitica non aveva ancora che un
ridotto spessore e non offriva che una debolissima resistenza
all'effervescenza delle materie infuocate, che quella ricopriva e
comprimeva. Nella crosta si producevano allora dei rigonfiamenti, ma
anche numerose fenditure dalle quali fuoriusciva, spandendosi sulla
superficie, la lava interiore. Poco considerevoli erano le ineguaglianze
che il suolo presentava.
Le acque, poco profonde, ricoprivano quasi tutta la superficie del globo, fatta eccezione delle parti sollevate che formavano delle terre basse, frequentemente sommerse.
L'aria si era a poco a poco purificata dalle materie più pesanti, momentaneamente allo stato gassoso, le quali, condensandosi per effetto del raffreddamento, erano precipitate sulla superficie del suolo ed erano poi state trascinate via e dissolte dalle acque.
Quando si parla di raffreddamento riferito a quell'epoca, bisogna interpretare questa parola in senso relativo, cioè in rapporto allo stato primitivo, perché la temperatura doveva essere ancora ardente.
I densi vapori acquei, che si levavano da ogni parte dell'immensa superficie liquida, ricadevano in piogge abbondanti e calde e oscuravano l'aria. Tuttavia, attraverso quell'atmosfera brumosa, incominciavano ad apparire i raggi del sole.
Una delle ultime sostanze da cui l'aria dovette purificarsi, poiché il suo stato naturale è quello gassoso, fu l'acido carbonico, che ne formava allora una delle sue parti costitutive.
Le acque, poco profonde, ricoprivano quasi tutta la superficie del globo, fatta eccezione delle parti sollevate che formavano delle terre basse, frequentemente sommerse.
L'aria si era a poco a poco purificata dalle materie più pesanti, momentaneamente allo stato gassoso, le quali, condensandosi per effetto del raffreddamento, erano precipitate sulla superficie del suolo ed erano poi state trascinate via e dissolte dalle acque.
Quando si parla di raffreddamento riferito a quell'epoca, bisogna interpretare questa parola in senso relativo, cioè in rapporto allo stato primitivo, perché la temperatura doveva essere ancora ardente.
I densi vapori acquei, che si levavano da ogni parte dell'immensa superficie liquida, ricadevano in piogge abbondanti e calde e oscuravano l'aria. Tuttavia, attraverso quell'atmosfera brumosa, incominciavano ad apparire i raggi del sole.
Una delle ultime sostanze da cui l'aria dovette purificarsi, poiché il suo stato naturale è quello gassoso, fu l'acido carbonico, che ne formava allora una delle sue parti costitutive.
23. In quell'epoca
incominciarono a formarsi gli strati di terreni di sedimento, depositati
dalle acque cariche di limo e di altre diverse materie adatte alla vita
organica.
Appaiono allora i primi esseri viventi del regno vegetale e del regno animale. Dapprima in piccolo numero, se ne trovano poi tracce sempre più frequenti, nella misura in cui si sale negli strati di questa formazione. È degno di nota il fatto che, dappertutto, la vita si manifesti non appena le condizioni le sono propizie, nascendo ogni specie non appena si realizzano le condizioni adatte alla sua esistenza.
Appaiono allora i primi esseri viventi del regno vegetale e del regno animale. Dapprima in piccolo numero, se ne trovano poi tracce sempre più frequenti, nella misura in cui si sale negli strati di questa formazione. È degno di nota il fatto che, dappertutto, la vita si manifesti non appena le condizioni le sono propizie, nascendo ogni specie non appena si realizzano le condizioni adatte alla sua esistenza.
24. I primi esseri organici
apparsi sulla Terra sono i vegetali, quelli dall'organizzazione meno
complessa, designati in botanica con i nomi di crittogame, acotiledoni,
monocotiledoni, vale a dire i licheni, i funghi, i muschi, le felci e le
piante erbacee. Ancora non si vedono assolutamente alberi con fusto
legnoso, ma soltanto piante del genere palma il cui fusto spugnoso è
simile a quello delle erbe.
Gli animali di questo periodo, succeduti ai primi vegetali, sono esclusivamente marini: in principio sono polipi, raggiati e zoofiti, animali il cui organismo semplice e, per così dire, rudimentale si avvicina maggiormente a quello dei vegetali. Più tardi verranno crostacei e pesci le cui specie, però, non esistono più al giorno d'oggi.
Gli animali di questo periodo, succeduti ai primi vegetali, sono esclusivamente marini: in principio sono polipi, raggiati e zoofiti, animali il cui organismo semplice e, per così dire, rudimentale si avvicina maggiormente a quello dei vegetali. Più tardi verranno crostacei e pesci le cui specie, però, non esistono più al giorno d'oggi.
25.
Sotto il dominio del calore e dell'umidità e in seguito all'accesso di
acido carbonico diffuso nell'aria — gas inadatto alla respirazione degli
animali terrestri, ma necessario alle piante — i terreni esposti si
coprirono rapidamente di una possente vegetazione e, nello stesso tempo,
le piante acquatiche si moltiplicarono nelle paludi. Piante del genere
di quelle che, ai nostri giorni, sono semplici erbe di qualche
centimetro, raggiungevano un'altezza e una grossezza prodigiose. È così
che apparvero foreste di felci arborescenti di 8 o 10 metri di altezza e
grossezza in proporzione; apparvero anche i licopodi ("piede di lupo",
un genere di muschio) della medesima taglia; gli equiseti [26] di 4 o 5
metri, che oggi a stento raggiungono il metro; e una infinità di specie
che non esistono più. Sul finire di questo periodo incominciarono ad
apparire alcuni alberi appartenenti al genere delle conifere o pinacee.
-------------------------
[26] Pianta palustre, volgarmente chiamata coda di cavallo.
-------------------------
26.
A seguito dello spostamento delle acque, le terre che producevano
queste masse di vegetali furono a più riprese sommerse e ricoperte di
nuovi sedimenti terrosi, mentre le terre che venivano messe a secco si
ricoprivano a loro volta di una analoga vegetazione. Ci furono così
numerose generazioni di vegetali che alternativamente si annientavano e
si rinnovavano. Non accadde lo stesso per gli animali, i quali, essendo
tutti acquatici, non erano soggetti a queste alternanze.
Questi detriti, accumulatisi durante una lunga serie di secoli, formarono degli strati di grande spessore. Sotto l'azione del calore, dell’umidità, della pressione esercitata dai depositi terrosi posteriori e, senza dubbio, sotto l'azione dei diversi agenti chimici, dei gas, degli acidi e dei sali, prodotti dalla combinazione degli elementi primitivi, queste materie vegetali subirono una fermentazione che le convertì in carbon fossile o litantrace. Le miniere di carbon fossile sono dunque il prodotto diretto della decomposizione di ammassi di vegetali accumulatisi durante il periodo di transizione. È per questo che lo si trova in quasi tutti i paesi. [27]
Questi detriti, accumulatisi durante una lunga serie di secoli, formarono degli strati di grande spessore. Sotto l'azione del calore, dell’umidità, della pressione esercitata dai depositi terrosi posteriori e, senza dubbio, sotto l'azione dei diversi agenti chimici, dei gas, degli acidi e dei sali, prodotti dalla combinazione degli elementi primitivi, queste materie vegetali subirono una fermentazione che le convertì in carbon fossile o litantrace. Le miniere di carbon fossile sono dunque il prodotto diretto della decomposizione di ammassi di vegetali accumulatisi durante il periodo di transizione. È per questo che lo si trova in quasi tutti i paesi. [27]
-------------------------
[27] La torba si è formata alla stessa maniera, per la decomposizione di ammassi di vegetali in terreni paludosi; ma con questa differenza: essendo molto più recente e trovandosi senza dubbio in altre condizioni, non ha avuto il tempo di carbonizzarsi.
-------------------------
27.
Trovandosi oggi i resti fossili della poderosa vegetazione di questo
periodo sotto i ghiacci delle terre polari, come pure nella zona
torrida, se ne deduce che, poiché la vegetazione era uniforme,
altrettanto doveva esserlo la temperatura. I poli non erano dunque
ricoperti di ghiacci, come ora. Il fatto è che allora la Terra traeva il
suo calore da sé stessa, dal fuoco centrale che riscaldava in modo
omogeneo tutto lo strato solido, ancora poco spesso. Questo calore era
di gran lunga superiore a quello che potevano dare i raggi solari,
indeboliti d'altronde dalla densità dell'atmosfera. Soltanto più tardi,
quando il calore centrale non poté esercitare sulla superficie esteriore
del globo che un'azione scarsa o addirittura nulla, il calore del Sole
divenne preponderante. Pertanto, le regioni polari, le quali ricevevano
soltanto dei raggi solari obliqui che davano assai poco calore, si
coprirono di ghiacci. Si comprende così che, all'epoca di cui stiamo
parlando e per lungo tempo dopo, il ghiaccio non era ancora conosciuto
sulla Terra.
Questo periodo ha dovuto essere molto lungo, a giudicare dal numero degli strati carboniferi e dal loro spessore. [28]
Supponendo solo mille anni per la formazione di ciascuno di questi livelli, sarebbero già 68.000 anni solo per questo strato carbonifero.
Questo periodo ha dovuto essere molto lungo, a giudicare dal numero degli strati carboniferi e dal loro spessore. [28]
Supponendo solo mille anni per la formazione di ciascuno di questi livelli, sarebbero già 68.000 anni solo per questo strato carbonifero.
-------------------------
[28] Nella baia di Fundy (Nuova Scozia), il geologo scozzese Lyell ha trovato, in uno strato di carbon fossile dello spessore di 400 metri, 68 livelli differenti, che presentavano tracce evidenti di numerosi suoli di foreste. I tronchi degli alberi avevano ancora le loro radici (L. Figuier).
-------------------------
Periodo secondario
28. Con il periodo di
transizione scompaiono la vegetazione colossale e gli animali che
caratterizzavano questo periodo, sia perché le condizioni atmosferiche
non erano più le stesse, sia perché una serie di cataclismi aveva
annientato tutto ciò che aveva vita sulla Terra. È probabile che le due
cause abbiano entrambe contribuito a questo cambiamento, poiché da una
parte lo studio dei terreni, che indicano la fine di questo periodo,
attesta grandi sconvolgimenti causati dai sollevamenti e dalle eruzioni,
che hanno riversato sul suolo grandi quantità di lava, mentre
dall'altra parte vengono attestati i notevoli cambiamenti che si sono
operati nei tre regni.
29. Il periodo secondario è
caratterizzato, sotto l'aspetto minerale, da strati numerosi e possenti
che attestano una formazione lenta in seno alle acque e marcano epoche
differenti ben caratterizzate.
La vegetazione è meno rapida e meno colossale che nel periodo precedente, senza dubbio in seguito alla diminuzione del calore e dell'umidità e in seguito a modificazioni sopraggiunte negli elementi costitutivi dell'atmosfera. Alle piante erbacce e polpose si aggiungono quelle dal fusto legnoso e i primi alberi propriamente detti.
La vegetazione è meno rapida e meno colossale che nel periodo precedente, senza dubbio in seguito alla diminuzione del calore e dell'umidità e in seguito a modificazioni sopraggiunte negli elementi costitutivi dell'atmosfera. Alle piante erbacce e polpose si aggiungono quelle dal fusto legnoso e i primi alberi propriamente detti.
30.
Gli animali sono ancora acquatici o tutt'al più anfibi; la vita animale
sulla terra arida fa pochi progressi. Una prodigiosa quantità di
animali con conchiglia si sviluppa in seno ai mari in seguito alla
formazione delle materie calcaree; prendono vita nuovi pesci,
dall'organismo più perfezionato di quello del periodo precedente; si
vedono apparire i primi cetacei. Gli animali più caratteristici di
questo periodo sono i rettili mostruosi. Qui di seguito diamo un breve
elenco dei principali.
L'ittiosauro, specie di pesce-lucertola che giungeva fino ai 10 metri di lunghezza, e le cui mascelle, prodigiosamente allungate, erano armate di 180 denti. In generale la sua forma ricorda un po' quella di un coccodrillo, ma senza la corazza scagliosa. I suoi occhi avevano il volume della testa di un uomo; aveva pinne natatorie come la balena e, come la balena, rigettava l'acqua dagli sfiatatoi.
Il plesiosauro, altro rettile marino, grande quanto l'ittiosauro, aveva un collo lungo in modo abnorme, che si snodava come quello di un cigno, dandogli l'aspetto di un enorme serpente attaccato a un corpo di tartaruga. Aveva la testa di una lucertola e i denti di un coccodrillo; la sua pelle doveva essere liscia come quella dell'ittiosauro, poiché non è stata trovata traccia né di scaglie né di carapace. [29]
Il teleosauro si avvicina molto agli attuali coccodrilli, i quali sembrano esserne le copie ridotte. Come questi ultimi, aveva una corazza scagliosa e viveva sia nell'acqua sia sulla terra; la sua lunghezza era intorno ai 10 metri, di cui ben 3 o 4 solo per la testa; le fauci, enormi, avevano un'apertura di 2 metri.
Il megalosauro, grande lucertola, era una specie di coccodrillo di 14 o 15 metri di lunghezza, essenzialmente carnivoro, nutrendosi di rettili, di piccoli coccodrilli e di tartarughe. La sua formidabile mascella era armata di denti a forma di lama di roncola a doppio taglio, curvati all'indietro, di modo che, una volta penetrati nella preda, a questa non era più possibile di liberarsi.
L' iguanodonte, la più grande delle lucertole che siano mai esistite sulla Terra, misurava tra i 20 e i 25 metri, dalla testa all'estremità della coda. Il suo muso era sormontato da un corno osseo simile a quello dell'iguana dei giorni nostri, dalla quale sembra differire solo per la taglia, raggiungendo quest'ultima appena 1 metro di lunghezza. La forma dei denti prova che era erbivoro, e quella dei piedi che era un animale terrestre.
Lo pterodattilo era uno strano animale della grandezza d'un cigno, che aveva nello stesso tempo il corpo di un rettile e la testa di un uccello. Una membrana carnosa, simile a quella dei pipistrelli, gli univa le dita, che erano di una prodigiosa lunghezza. Di tale membrana si serviva come di un paracadute, quando si precipitava sulla preda dall'alto di un albero o di una roccia. Non aveva affatto ‘un becco corneo come gli uccelli, ma le ossa delle mascelle, lunghe quanto la metà del corpo e dotate di denti, terminavano a punta come un becco.
-------------------------
[29] I primo fossile di questo animale è stato scoperto in Inghilterra nel 1823. Dopo, ne sono stati trovati altri in Francia e in Germania.
-------------------------
L'ittiosauro, specie di pesce-lucertola che giungeva fino ai 10 metri di lunghezza, e le cui mascelle, prodigiosamente allungate, erano armate di 180 denti. In generale la sua forma ricorda un po' quella di un coccodrillo, ma senza la corazza scagliosa. I suoi occhi avevano il volume della testa di un uomo; aveva pinne natatorie come la balena e, come la balena, rigettava l'acqua dagli sfiatatoi.
Il plesiosauro, altro rettile marino, grande quanto l'ittiosauro, aveva un collo lungo in modo abnorme, che si snodava come quello di un cigno, dandogli l'aspetto di un enorme serpente attaccato a un corpo di tartaruga. Aveva la testa di una lucertola e i denti di un coccodrillo; la sua pelle doveva essere liscia come quella dell'ittiosauro, poiché non è stata trovata traccia né di scaglie né di carapace. [29]
Il teleosauro si avvicina molto agli attuali coccodrilli, i quali sembrano esserne le copie ridotte. Come questi ultimi, aveva una corazza scagliosa e viveva sia nell'acqua sia sulla terra; la sua lunghezza era intorno ai 10 metri, di cui ben 3 o 4 solo per la testa; le fauci, enormi, avevano un'apertura di 2 metri.
Il megalosauro, grande lucertola, era una specie di coccodrillo di 14 o 15 metri di lunghezza, essenzialmente carnivoro, nutrendosi di rettili, di piccoli coccodrilli e di tartarughe. La sua formidabile mascella era armata di denti a forma di lama di roncola a doppio taglio, curvati all'indietro, di modo che, una volta penetrati nella preda, a questa non era più possibile di liberarsi.
L' iguanodonte, la più grande delle lucertole che siano mai esistite sulla Terra, misurava tra i 20 e i 25 metri, dalla testa all'estremità della coda. Il suo muso era sormontato da un corno osseo simile a quello dell'iguana dei giorni nostri, dalla quale sembra differire solo per la taglia, raggiungendo quest'ultima appena 1 metro di lunghezza. La forma dei denti prova che era erbivoro, e quella dei piedi che era un animale terrestre.
Lo pterodattilo era uno strano animale della grandezza d'un cigno, che aveva nello stesso tempo il corpo di un rettile e la testa di un uccello. Una membrana carnosa, simile a quella dei pipistrelli, gli univa le dita, che erano di una prodigiosa lunghezza. Di tale membrana si serviva come di un paracadute, quando si precipitava sulla preda dall'alto di un albero o di una roccia. Non aveva affatto ‘un becco corneo come gli uccelli, ma le ossa delle mascelle, lunghe quanto la metà del corpo e dotate di denti, terminavano a punta come un becco.
-------------------------
[29] I primo fossile di questo animale è stato scoperto in Inghilterra nel 1823. Dopo, ne sono stati trovati altri in Francia e in Germania.
-------------------------
31. Durante questo periodo,
che dovette essere assai lungo, come attestano il numero e la possanza
degli strati geologici, la vita animale assume un enorme sviluppo in
seno alle acque, così come lo era stato della vegetazione nel periodo
precedente. L'aria, maggiormente purificata e più adatta alla
respirazione, incomincia a permettere ad alcuni animali di vivere sulla
terra. Il mare si è spostato più volte, ma senza scosse violente. Con
questo periodo scompaiono a loro volta quelle razze di giganteschi
animali acquatici, sostituiti più tardi da specie analoghe, dalle forme
meno sproporzionate e di minor taglia.
32. L'orgoglio ha fatto dire
all'uomo che tutti gli animali erano stati creati a suo beneficio e per
i suoi bisogni. Ma quanto vale il numero di quegli animali che lo
servono direttamente e che egli ha potuto assoggettare, paragonato al
numero incalcolabile• di quelli con cui non ha mai avuto, né avrà mai,
alcun rapporto? Come sostenere una simile tesi, in presenza di quelle
innumerevoli specie che sono state le sole a popolare la Terra per
migliaia e migliaia di secoli — prima che l'uomo stesso vi apparisse — e
che poi sono scomparse? Si può forse dire che quelle specie furono
create a suo vantaggio? Tuttavia, quelle specie avevano tutte la loro
ragione di esistere, la loro utilità. Dio non ha potuto crearle per un
capriccio della Sua volontà e per dare a Sé Stesso, in seguito, il
piacere di annientarle, dal momento che tutte avevano la vita, gli
istinti, il sentimento del dolore e del benessere. Per quale fine
l'avrebbe fatto? Sovranamente saggio deve essere questo fine, quantunque
noi ancora non siamo in grado di comprenderlo. Forse un giorno sarà
concesso all'uomo di conoscerlo, per mortificarne l'orgoglio. Ma, nel
frattempo, quanto le sue idee si allargano di fronte a questi nuovi
orizzonti, nei quali oggi gli è permesso di immergere lo sguardo! Di
fronte allo spettacolo imponente di questa creazione, così maestosa
nella sua lentezza, così mirabile nella sua previdenza, così puntuale,
così precisa e così invariabile nei suoi risultati!
Periodo terziario
33. Con il periodo
terziario, incomincia per la Terra un nuovo ordine di cose: lo stato
della sua superficie cambia completamente aspetto; le condizioni di
vitalità sono profondamente cambiate e si avvicinano a quelle dello
stato attuale. I primi tempi di questo periodo sono contrassegnati da un
arresto nella produzione vegetale e animale; tutto porta le tracce di
un annientamento quasi generale degli esseri viventi, e allora appaiono
via via nuove specie, il cui organismo, più perfetto, è idoneo alla
natura dell'ambiente dove esse sono chiamate a vivere.
34. Durante i periodi
precedenti, la crosta solida del globo, a causa del suo scarso spessore,
presentava, come è stato detto, una assai debole resistenza all'azione
del fuoco interiore. Questo involucro, che si era facilmente squarciato,
faceva sì che le materie in fusione si spandessero liberamente sulla
superficie del suolo. Non fu più così quando la crosta solida ebbe
acquisito un certo spessore. Le materie infuocate, compresse da tutte le
parti, come acqua in ebollizione dentro un contenitore chiuso, finirono
per produrre una specie di esplosione. La massa granitica,
violentemente squarciata su una infinita di punti, fu solcata da
crepacci come un vaso incrinato. Lungo il percorso di questi crepacci, la
crosta solida, sollevatasi e innalzatasi formò i picchi, le catene di
montagne e le loro ramificazioni. Certe parti dell'involucro, non
lacerate, furono sollevate semplicemente, mentre su altri punti si
produssero affossamenti e depressioni.
La superficie del suolo divenne allora molto ineguale. Le acque che, fino ad allora, lo ricoprivano in maniera quasi uniforme nella maggior parte della sua estensione, furono respinte nelle parti più basse lasciando in secca o vasti continenti o sommità di montagne isolate dando così origine alle isole.
Questo è il grande fenomeno che si è verificato nel periodo terziari e che ha trasformato l'aspetto del globo. Esso non è avvenuto né istantaneamente né simultaneamente su tutti i punti del globo, ma in fasi susseguenti e in epoche più o meno distanziate.
La superficie del suolo divenne allora molto ineguale. Le acque che, fino ad allora, lo ricoprivano in maniera quasi uniforme nella maggior parte della sua estensione, furono respinte nelle parti più basse lasciando in secca o vasti continenti o sommità di montagne isolate dando così origine alle isole.
Questo è il grande fenomeno che si è verificato nel periodo terziari e che ha trasformato l'aspetto del globo. Esso non è avvenuto né istantaneamente né simultaneamente su tutti i punti del globo, ma in fasi susseguenti e in epoche più o meno distanziate.
35. Una delle prime
conseguenze di questi sollevamenti fu, come si è detto, l'inclinazione
degli strati di sedimento primitivamente orizzontali e che rimasero in
quest'ultima posizione ovunque il suolo non fosse stato sconvolto. È
dunque sui fianchi e nelle vicinanze delle montagne che queste
inclinazioni sono più pronunciate.
36.
Nei luoghi dove gli strati di sedimento hanno conservato la loro
orizzontalità, per raggiungere quelli di prima formazione bisogna
attraversare tutti gli altri, spesso a una profondità considerevole,
alla fine della quale si trova inevitabilmente la roccia granitica. Ma,
quando questi strati si sono sollevati in montagne, essi sono stati
portati al di sopra del loro livello normale e, talvolta, a una
elevatissima altezza, dimodoché, se si praticasse una fenditura
verticale nel fianco della montagna, gli strati si mostrerebbero a
giorno in tutto il loro spessore e sovrapposti come i piani di una
costruzione.
È così che, a grandi altezze, si trovano considerevoli banchi di conchiglie, formatisi originariamente in fondo ai mari. È al giorno d'oggi perfettamente riconosciuto che in nessuna epoca il mare ha potuto raggiungere una tale altezza, poiché non basterebbero tutte le acque che esistono sulla terra, quand'anche ce ne fossero cento volte di più. Sarebbe necessario dunque supporre che la quantità d'acqua è diminuita, e allora ci si domanderebbe che ne è stato della parte scomparsa. I sollevamenti, che sono al giorno d'oggi un fatto incontestabile, spiegano in maniera tanto logica quanto rigorosa i depositi marini che si incontrano su certe montagne. [30]
È così che, a grandi altezze, si trovano considerevoli banchi di conchiglie, formatisi originariamente in fondo ai mari. È al giorno d'oggi perfettamente riconosciuto che in nessuna epoca il mare ha potuto raggiungere una tale altezza, poiché non basterebbero tutte le acque che esistono sulla terra, quand'anche ce ne fossero cento volte di più. Sarebbe necessario dunque supporre che la quantità d'acqua è diminuita, e allora ci si domanderebbe che ne è stato della parte scomparsa. I sollevamenti, che sono al giorno d'oggi un fatto incontestabile, spiegano in maniera tanto logica quanto rigorosa i depositi marini che si incontrano su certe montagne. [30]
-------------------------
[30] Si sono trovati strati di calcare conchilifero sulle Ande d'America, a 5.000 metri sul livello dell'Oceano.
-------------------------
37. Nei luoghi dove il
sollevamento della roccia primitiva ha prodotto una spaccatura completa
del suolo — sia per la rapidità del fenomeno, sia per forma, altezza, e
volume della massa sollevata — il granito si è mostrato a nudo, come un dente che trapassi la gengiva. Gli
strati che lo coprivano, sollevati, spezzati e rialzati, sono stati
portati allo scoperto. È così che terreni appartenenti alle formazioni
più antiche e che, nella loro posizione primitiva, si trovavano a una
grande profondità, formano al giorno d'oggi il suolo di certe regioni.
38. La massa granitica,
dislocata per effetto dei sollevamenti, ha lasciato in alcune zone delle
fenditure da cui sfugge il fuoco interiore e da cui, spandendosi, si
riversano le materie in fusione: sono i vulcani. I vulcani possono
considerarsi le ciminiere di questa immensa fornace o, meglio ancora,
sono come degli sfiatatoi di sicurezza, i
quali, dando sfogo all'eccesso delle materie ignee, preservano da
sconvolgimenti ben altrimenti terribili. Perciò possiamo dire che il
numero dei vulcani in attività è motivo di sicurezza per l'insieme della
superficie del suolo.
Possiamo farci un'idea dell'intensità di questo fuoco, considerando che alcuni vulcani si aprono perfino in seno al mare, e che la massa d'acqua, che li ricopre e penetra in essi, non basta a spegnerli.
Possiamo farci un'idea dell'intensità di questo fuoco, considerando che alcuni vulcani si aprono perfino in seno al mare, e che la massa d'acqua, che li ricopre e penetra in essi, non basta a spegnerli.
39. I sollevamenti
effettuatisi nella massa solida hanno necessariamente spostato le acque,
che sono state così spinte nelle parti cave, diventate ancora più
profonde per l'innalzamento delle zone emerse e per gli affossamenti. Ma
questi stessi bassi fondali, sollevatisi a loro volta, ora in un punto
ora in un altro, hanno espulso le acque che sono rifluite altrove, e
così di seguito finché i territori occupati dalle acque non hanno potuto
assumere un assetto più stabile.
I successivi spostamenti di questa massa liquida hanno forzatamente travagliato e tormentato la superficie del suolo. Le acque, scorrendo, hanno trascinato con sé una parte dei terreni di formazione anteriore, messi allo scoperto dai sollevamenti; hanno denudato certe montagne che da esse erano ricoperte; hanno messo in luce la loro base granitica o calcarea; hanno scavato profonde vallate e altre ne hanno colmate.
Ci sono dunque montagne formate direttamente dall'azione del fuoco centrale: si tratta soprattutto delle montagne granitiche. Altre, invece, sono dovute all'azione delle acque che, trascinando con sé le terre mobili e le materie solubili, hanno scavato delle valli attorno a una base resistente, calcarea o di altra natura.
Le materie trascinate dalla corrente delle acque hanno formato gli strati del periodo terziario, i quali si distinguono facilmente da quelli dei periodi precedenti, più per la loro disposizione che per la loro composizione, la quale risulta essere quasi la stessa.
Gli strati del periodo primario, di transizione e secondario, formatisi su una superficie poco accidentata, sono uniformi su quasi tutta la Terra. Quelli del periodo terziario, al contrario, formatisi su una base molto ineguale e anche per la furia delle acque, presentano un carattere più locale. Dappertutto, scavando a una certa profondità, si trovano tutti gli strati anteriori e nell'ordine della loro formazione; non dappertutto, invece, è facile trovare terreno del periodo terziario, né di questo terreno sono reperibili tutti gli strati.
I successivi spostamenti di questa massa liquida hanno forzatamente travagliato e tormentato la superficie del suolo. Le acque, scorrendo, hanno trascinato con sé una parte dei terreni di formazione anteriore, messi allo scoperto dai sollevamenti; hanno denudato certe montagne che da esse erano ricoperte; hanno messo in luce la loro base granitica o calcarea; hanno scavato profonde vallate e altre ne hanno colmate.
Ci sono dunque montagne formate direttamente dall'azione del fuoco centrale: si tratta soprattutto delle montagne granitiche. Altre, invece, sono dovute all'azione delle acque che, trascinando con sé le terre mobili e le materie solubili, hanno scavato delle valli attorno a una base resistente, calcarea o di altra natura.
Le materie trascinate dalla corrente delle acque hanno formato gli strati del periodo terziario, i quali si distinguono facilmente da quelli dei periodi precedenti, più per la loro disposizione che per la loro composizione, la quale risulta essere quasi la stessa.
Gli strati del periodo primario, di transizione e secondario, formatisi su una superficie poco accidentata, sono uniformi su quasi tutta la Terra. Quelli del periodo terziario, al contrario, formatisi su una base molto ineguale e anche per la furia delle acque, presentano un carattere più locale. Dappertutto, scavando a una certa profondità, si trovano tutti gli strati anteriori e nell'ordine della loro formazione; non dappertutto, invece, è facile trovare terreno del periodo terziario, né di questo terreno sono reperibili tutti gli strati.
40. È facilmente intuibile
come, durante gli sconvolgimenti del suolo, che si sono verificati
all'inizio di questo periodo, la vita organica abbia dovuto subire una
battuta d'arresto, cosa che si riconosce dall'indagine di tali terreni,
privi di fossili. Ma appena sopraggiunse un periodo più calmo, i
vegetali e gli animali riapparvero. Essendo ambiate le condizioni di
vitalità, essendo l'atmosfera divenuta più pura, si videro formarsi
nuove specie, dall'organismo più perfetto. Le piante, riguardo alla loro
struttura, differivano poco da quelle dei giorni nostri.
41. Durante i due periodi
precedenti, i terreni non coperti dalle acque offrivano poca estensione
ed erano inoltre paludosi e frequentemente sommersi; è per questo che vi
erano soltanto animali acquatici o anfibi. Il periodo terziario, che ha
visto formarsi vasti continenti, è caratterizzato dalla comparsa degli
animali terrestri. Come il periodo di transizione ha visto nascere una
vegetazione colossale e il periodo secondario rettili mostruosi, questo
vede prodursi mammiferi giganteschi quali l'elefante, il rinoceronte, l’ippopotamo, il paleoterio, il megaterio, il dinoterio, il mastodonte, il mammut ecc.
Questi ultimi due, varietà dell'elefante, avevano dai 5 ai 6 metri di
altezza, e le loro zanne raggiungevano anche i 4 metri di lunghezza.
Questo periodo ha visto nascere anche gli uccelli, come pure la maggior
parte delle specie che ancora vivono ai giorni nostri. Alcune delle
specie di questo periodo sono sopravvissute ai cataclismi posteriori;
altre, che sono designate con la denominazione generica di animali antidiluviani, sono
completamente scomparse oppure sono state sostituite da specie analoghe
dalle forme meno pesanti e meno massicce, i cui primi esemplari sono
stati come degli abbozzi. Tali, per esempio, il Felsi spela, animale carnivoro della grandezza di un toro, con le caratteristiche anatomiche della tigre e del leone; il Cervus megaceron, una varietà del cervo, i cui palchi, di 3 metri di lunghezza, erano spaziati, alle estremità, di 3 o 4 metri.
Periodo diluviale
42. Questo periodo è
contrassegnato da uno dei più grandi cataclismi che abbiano mai
sconvolto il globo, cambiato ancora una volta l'aspetto della sua
superficie e distrutto per sempre una quantità di specie viventi di cui
non si ritrovano che i resti. Dappertutto questo cataclisma ha lasciato
tracce che attestano la sua universale estensione. Le acque,
violentemente buttate fuori dai loro letti, hanno invaso i continenti,
trascinando con sé le terre e le rocce, denudando le montagne,
sradicando le foreste secolari. I nuovi depositi che son venuti a
formarsi sono designati, in geologia, con il nome di terreni diluviali.
43. Una delle tracce più significative di questo immane cataclisma sono le rocce dette massi erratici. Vengono
chiamate così quelle rocce di granito che si trovano isolate nelle
pianure dei terreni del periodo terziario e al centro di terreni
diluviali, a volte a parecchie centinaia di leghe dalle montagne da cui
sono state strappate. È evidente che questi massi erratici non hanno
potuto essere trasportati a così grandi distanze che dalla violenza
delle correnti. [31]
--------------------------
[31] È uno di questi blocchi, evidentemente proveniente, per la sua composizione, dalle montagne della Norvegia, che serve da piedistallo alla statua di Pietro il Grande, a San Pietroburgo.
-------------------------
44. Un fatto non meno
caratteristico, di cui non ci si spiega ancora la causa, è che nei
terreni diluviali sono stati trovati i primi aeroliti. Poiché
è soltanto in questo periodo che essi hanno incominciato a cadere, ne
consegue che anteriormente non esisteva la causa che li produce.
45.
È ancora intorno a questo periodo che i poli incominciano a coprirsi di
ghiacci e che si formano i ghiacciai delle montagne, la qual cosa
indica un cambiamento notevole nella temperatura del globo. Questo
cambiamento dovette essere improvviso, perché, se si fosse verificato
gradualmente, animali come gli elefanti che oggi vivono solo nei climi
caldi — e che,' in gran numero, si trovano allo stato fossile nelle
terre polari — avrebbero avuto il tempo di ritirarsi a poco a poco verso
le regioni più temperate. Tutto prova, al contrario, che essi dovettero
essere colti bruscamente da un grande freddo e avviluppati dai ghiacci.
[32]
-------------------------
[32] Nel 1771, il naturalista russo Pallas ha trovato in mezzo ai ghiacci del Nord il corpo integrale di un mammut rivestito della pelle, e che conservava ancora una parte delle carni. Nel 1799, se ne scoprì un altro, anch'esso racchiuso in un enorme blocco di ghiaccio, alla foce della Lena, in Siberia, e fu descritto dal naturalista Adams. Gli Iacuti dei dintorni ne fecero a pezzi le carni per nutrire i loro cani. La pelle era coperta da crini neri e il collo era guarnito da una folta criniera. La testa, senza tener conto delle zanne che misuravano più di 3 metri, pesava più di 400 libbre. Il suo scheletro è ora nel museo di San Pietroburgo. Nelle isole e sulle coste del Mar Glaciale si trova una tale quantità di zanne, tanto da essere oggetto di un considerevole commercio sotto la denominazione di avorio fossile o della Siberia.
-------------------------
46. Questo, dunque, fu il
vero diluvio universale. Sulle cause che hanno potuto scatenarlo, le
opinioni sono divise, ma, quali che siano, non per questo il fatto cessa
di esistere.
Si suppone, abbastanza generalmente, che un brusco cambiamento abbia avuto luogo nella posizione dell'asse e dei poli della Terra: da qui un rovescio violento e generale delle acque sulla superficie terrestre. Se quel cambiamento si fosse verificato con lentezza, le acque si sarebbero spostate gradualmente, senza scosse; tutto, invece, indica una scossa violenta e improvvisa. Stante l'ignoranza assoluta della vera causa, non si possono fare che ipotesi.
Lo spostamento improvviso delle acque può anche essere stato causato dal sollevamento di alcune parti della crosta solida e dalla formazione di nuove montagne in seno ai mari, come è accaduto agli inizi del periodo terziario; ma oltre al fatto che allora il cataclisma non fu generale, questo non spiegherebbe il cambiamento improvviso della temperatura dei poli.
Si suppone, abbastanza generalmente, che un brusco cambiamento abbia avuto luogo nella posizione dell'asse e dei poli della Terra: da qui un rovescio violento e generale delle acque sulla superficie terrestre. Se quel cambiamento si fosse verificato con lentezza, le acque si sarebbero spostate gradualmente, senza scosse; tutto, invece, indica una scossa violenta e improvvisa. Stante l'ignoranza assoluta della vera causa, non si possono fare che ipotesi.
Lo spostamento improvviso delle acque può anche essere stato causato dal sollevamento di alcune parti della crosta solida e dalla formazione di nuove montagne in seno ai mari, come è accaduto agli inizi del periodo terziario; ma oltre al fatto che allora il cataclisma non fu generale, questo non spiegherebbe il cambiamento improvviso della temperatura dei poli.
47.
Nel disastro causato dallo sconvolgimento delle acque sono periti molti
animali. Altri, per sfuggire all'inondazione, si sono ritirati sulle
alture, nelle caverne e nei crepacci, dove sono morti in massa, sia per
fame, sia divorandosi l'un l'altro, sia, forse, anche per l'irruzione
delle acque nei luoghi dove si erano rintanati e da cui non erano
riusciti a fuggire. Così si spiega la grande quantità di ossa di animali
diversi, non solo carnivori, che si trovano alla rinfusa in certe
caverne, chiamate per questa ragione brecce o caverne ossifere, e
rintracciabili il più delle volte sotto le stalagmiti. In alcune, le
ossa sembrano esservi state trascinate dalla corrente delle acque. [33]
-------------------------
[33] Si conoscono in gran numero simili caverne, alcune delle quali hanno un'estensione considerevole. Ne esistono alcune in Messico che misurano parecchie leghe; quella di Adelsberg – nome tedesco della città di Postumia –nella Carniola (Austria), non misura meno di tre leghe. Una delle più notevoli è quella di Gailenreuth, nel Wiirtemberg. Ve ne sono parecchie in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Sicilia e in altri paesi dell'Europa.
-------------------------
Periodo postdiluviale o attuale - Nascita dell'uomo
48. Una volta ristabilitosi
l'equilibrio sulla superficie del globo, la vita animale e vegetale ha
prontamente ripreso il suo corso. Il suolo, consolidatosi, aveva assunto
un aspetto più stabile. L'aria, purificatasi, era ora adatta a
organismi più delicati. Il sole, che brillava in tutto il suo splendore
attraverso un'atmosfera limpida, spandeva, insieme alla luce, un calore
meno soffocante di quello della fornace interiore e più vivificante. La
Terra si popolava di animali meno feroci e più socievoli; le
vegetazioni, più succulente, offrivano un'alimentazione meno grossolana.
Tutto, infine, era pronto sulla Terra per il nuovo ospite che avrebbe
dovuto abitarla. È allora che apparve l’uomo, l'ultimo
essere della creazione, quello la cui intelligenza avrebbe, d'ora in
poi, concorso al progresso generale, progredendo lui stesso.
49. L'uomo
non compare realmente sulla Terra che dopo il periodo diluviale, oppure
appare prima di questo periodo? Tale questione è oggi molto
controversa, ma la soluzione, qualunque essa sia, non cambierebbe nulla
all'insieme dei fatti stabiliti, e l'apparizione della specie umana non
sarebbe meno di molte migliaia di anni anteriore alla data assegnatale
dalla Genesi biblica.
Ciò che aveva indotto a pensare che l'apparizione degli uomini fosse posteriore al diluvio è il fatto che non si era trovata alcuna autentica traccia della loro esistenza durante il periodo anteriore. Le ossa scoperte in diversi luoghi e che hanno fatto credere all'esistenza d'una pretesa razza di giganti antidiluviani sono state riconosciute come ossa di elefanti.
Non è messo in dubbio, invece, il fatto che l'uomo non esistesse né nel periodo primario né in quello di transizione e neppure nel periodo secondario, non solo perché non se ne trovano assolutamente tracce, ma perché allora non esistevano per l'uomo le condizioni di vitalità. Se è comparso nel periodo terziario, ciò non può essere che verso la fine, e tuttavia doveva essere ben poco diffuso.
Del resto, il periodo diluviale, essendo stato breve, non ha apportato notevoli cambiamenti nelle condizioni atmosferiche; gli animali e i vegetali erano gli stessi tanto prima quanto dopo. Non è dunque impossibile che l'apparizione dell'uomo abbia preceduto quel grande cataclisma. La presenza della scimmia in quel periodo è oggi comprovata, e recenti scoperte sembrerebbero confermare quella dell'uomo. [34]
In ogni modo, che l'uomo sia o non sia comparso prima del grande diluvio universale, certo è che il suo ruolo umanitario ha incominciato a disegnarsi realmente solo nel periodo postdiluviale. Questo è dunque il periodo che può considerarsi caratterizzato dalla sua presenza.
Ciò che aveva indotto a pensare che l'apparizione degli uomini fosse posteriore al diluvio è il fatto che non si era trovata alcuna autentica traccia della loro esistenza durante il periodo anteriore. Le ossa scoperte in diversi luoghi e che hanno fatto credere all'esistenza d'una pretesa razza di giganti antidiluviani sono state riconosciute come ossa di elefanti.
Non è messo in dubbio, invece, il fatto che l'uomo non esistesse né nel periodo primario né in quello di transizione e neppure nel periodo secondario, non solo perché non se ne trovano assolutamente tracce, ma perché allora non esistevano per l'uomo le condizioni di vitalità. Se è comparso nel periodo terziario, ciò non può essere che verso la fine, e tuttavia doveva essere ben poco diffuso.
Del resto, il periodo diluviale, essendo stato breve, non ha apportato notevoli cambiamenti nelle condizioni atmosferiche; gli animali e i vegetali erano gli stessi tanto prima quanto dopo. Non è dunque impossibile che l'apparizione dell'uomo abbia preceduto quel grande cataclisma. La presenza della scimmia in quel periodo è oggi comprovata, e recenti scoperte sembrerebbero confermare quella dell'uomo. [34]
In ogni modo, che l'uomo sia o non sia comparso prima del grande diluvio universale, certo è che il suo ruolo umanitario ha incominciato a disegnarsi realmente solo nel periodo postdiluviale. Questo è dunque il periodo che può considerarsi caratterizzato dalla sua presenza.
-------------------------
[34] Vedere: rhomme antédiluvien (L'uomo antidiluviano) di Boucher de Perthes; Des outils de pierre (Utensili di pietra) dello stesso Autore, Casa Editrice Truttel. Discours sur les révolutions du globe (Discorso sulle rivoluzioni del globo) di Georges Cuvier, con note del dottor Hcefer, Casa Editrice Firmin Didot.
-------------------------
[34] Vedere: rhomme antédiluvien (L'uomo antidiluviano) di Boucher de Perthes; Des outils de pierre (Utensili di pietra) dello stesso Autore, Casa Editrice Truttel. Discours sur les révolutions du globe (Discorso sulle rivoluzioni del globo) di Georges Cuvier, con note del dottor Hcefer, Casa Editrice Firmin Didot.
-------------------------
Capitolo VIII - TEORIE SULLA FORMAZIONE DELLA TERRA
Teoria della proiezione
1. Di tutte le teorie che
riguardano l'origine della Terra, la teoria che ha goduto del maggior
credito in questi ultimi tempi è quella di Buffon, sia a causa della posizione del suo autore nel mondo scientifico, sia perché a quell'epoca non se ne sapeva molto di più.
Vedendo tutti i pianeti muoversi nella medesima direzione, da occidente a oriente e nel medesimo piano, percorrendo delle orbite la cui inclinazione non oltrepassa i 7 gradi e mezzo, Buffon concluse, da questa uniformità, che essi dovevano venir messi in movimento dalla medesima causa.
Essendo il Sole, secondo Buffon, una massa incandescente in fusione, egli suppose che una cometa, avendolo urtato obliquamente, ne avesse, sfiorandone la superficie, distaccata una parte, la quale, proiettata nello spazio dalla violenza del colpo, si divise in più frammenti. Questi frammenti hanno formato i pianeti, i quali hanno continuato a muoversi circolarmente, per la combinazione della forza centripeta e della forza centrifuga, nel senso impresso dalla direzione del colpo primitivo, cioè sul piano dell'eclittica.
I pianeti sarebbero così parti della sostanza incandescente del Sole e, di conseguenza, sarebbero stati, alla loro origine, incandescenti essi stessi. Per raffreddarsi e consolidarsi ci avrebbero messo un tempo proporzionato al loro volume. Temperatura permettendo, la vita avrebbe poi preso origine sulla loro superficie.
In seguito all'abbassamento graduale del calore centrale, la Terra arriverebbe, in un determinato tempo, a uno stato di raffreddamento completo; la massa liquida diventerebbe completamente congelata, e l'aria, sempre più condensata, finirebbe per sparire. L'abbassamento della temperatura, rendendo impossibile la vita, condurrebbe alla diminuzione e poi alla sparizione completa di tutti gli esseri organizzati. Il raffreddamento, che avrebbe avuto inizio ai poli, guadagnerebbe successivamente tutte le terre fino a raggiungere l'equatore.
Questo, secondo Buffon, è lo stato attuale della Luna, che, più piccola della Terra, sarebbe oggi un mondo spento, dal quale la vita sarebbe ormai esclusa. Anche lo stesso Sole seguirebbe un giorno la medesima sorte. Secondo i suoi calcoli, la Terra avrebbe impiegato 74.000 anni circa per raggiungere la sua attuale temperatura e tra 93.000 anni vedrebbe la fine dell'esistenza della natura organizzata.
Vedendo tutti i pianeti muoversi nella medesima direzione, da occidente a oriente e nel medesimo piano, percorrendo delle orbite la cui inclinazione non oltrepassa i 7 gradi e mezzo, Buffon concluse, da questa uniformità, che essi dovevano venir messi in movimento dalla medesima causa.
Essendo il Sole, secondo Buffon, una massa incandescente in fusione, egli suppose che una cometa, avendolo urtato obliquamente, ne avesse, sfiorandone la superficie, distaccata una parte, la quale, proiettata nello spazio dalla violenza del colpo, si divise in più frammenti. Questi frammenti hanno formato i pianeti, i quali hanno continuato a muoversi circolarmente, per la combinazione della forza centripeta e della forza centrifuga, nel senso impresso dalla direzione del colpo primitivo, cioè sul piano dell'eclittica.
I pianeti sarebbero così parti della sostanza incandescente del Sole e, di conseguenza, sarebbero stati, alla loro origine, incandescenti essi stessi. Per raffreddarsi e consolidarsi ci avrebbero messo un tempo proporzionato al loro volume. Temperatura permettendo, la vita avrebbe poi preso origine sulla loro superficie.
In seguito all'abbassamento graduale del calore centrale, la Terra arriverebbe, in un determinato tempo, a uno stato di raffreddamento completo; la massa liquida diventerebbe completamente congelata, e l'aria, sempre più condensata, finirebbe per sparire. L'abbassamento della temperatura, rendendo impossibile la vita, condurrebbe alla diminuzione e poi alla sparizione completa di tutti gli esseri organizzati. Il raffreddamento, che avrebbe avuto inizio ai poli, guadagnerebbe successivamente tutte le terre fino a raggiungere l'equatore.
Questo, secondo Buffon, è lo stato attuale della Luna, che, più piccola della Terra, sarebbe oggi un mondo spento, dal quale la vita sarebbe ormai esclusa. Anche lo stesso Sole seguirebbe un giorno la medesima sorte. Secondo i suoi calcoli, la Terra avrebbe impiegato 74.000 anni circa per raggiungere la sua attuale temperatura e tra 93.000 anni vedrebbe la fine dell'esistenza della natura organizzata.
2.
La teoria di Buffon, contraddetta dalle nuove scoperte della scienza, è
oggi quasi completamente abbandonata, per i motivi che qui di seguito
elenchiamo.
1°) Per lungo tempo si è creduto che le comete fossero dei corpi solidi, il cui scontro con un pianeta avrebbe potuto condurre alla distruzione di quest'ultimo. Secondo questa ipotesi, la teoria di Buffon non aveva nulla d'improbabile. Ma ora sappiamo che le comete sono formate da una materia gassosa condensata, tuttavia abbastanza rarefatta da poter noi scorgere, attraverso il loro nucleo, le stelle di media grandezza. In queste condizioni, offrendo una minor resistenza di quella del Sole, è impossibile che un colpo violento sia stato in grado di scagliare lontano una qualche parte della massa solare.
2°) La natura incandescente del Sole è ugualmente una ipotesi, che nulla, almeno finora, viene a confermare, e che, al contrario, le osservazioni sembrano smentire. Benché non si sia ancora completamente certi circa la sua natura, la potenza dei mezzi di osservazione di cui oggi si dispone ha permesso di studiarlo meglio. È ora generalmente ammesso dalla scienza che il Sole è un globo composto di materia solida, circondato da un'atmosfera luminosa, o fotosfera, la quale non è in contatto con la sua superficie. [35]
-------------------------
[35] Si troverà una dissertazione, completa e all'altezza della scienza moderna, sulla natura del Sole e delle comete, in Études et lectures sur l'astronomie (Studi e letture sull'astronomia) di Camille Flammarion, Casa Editrice Gauthier-Villars.
--------------------------
3°) Ai tempi di Buffon, si conoscevano soltanto i sei pianeti conosciuti dagli Antichi: Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove e Saturno. In seguito se n'è scoperto un gran numero, di cui tre principalmente — Giunone, Cerere e Pallade — hanno le loro orbite inclinate di 13, 10 e 34 gradi, il che non si accorda con l'ipotesi di un movimento unico di proiezione.
4°) I calcoli di Buffon sul raffreddamento sono stati riconosciuti del tutto inesatti, dopo la scoperta della legge sul decremento del calore, fatta da M. Fourier. Non sono 74.000 gli anni occorsi alla Terra per arrivare alla sua temperatura attuale, ma milioni di anni.
5°) Buffon ha considerato soltanto il calore centrale del globo, senza tener conto di quello dei raggi solari. Ora, è riconosciuto al giorno d'oggi, attraverso dati scientifici d'una precisione rigorosa e basati sull'esperienza, che in virtù dello spessore della crosta terrestre, il calore interno del globo non ha, da molto tempo ormai, che una influenza insignificante sulla temperatura della superficie esteriore. Le variazioni che questa atmosfera subisce sono periodiche e sono dovute all'azione preponderante del calore solare (cap. VII, n. 25). Essendo permanente l'effetto di questa causa, mentre l'effetto del calore centrale è nullo o quasi nullo, la diminuzione di quest'ultimo non può apportare alla superficie della Terra modifiche sensibili. Perché la Terra diventasse inabitabile a causa del raffreddamento generale, occorrerebbe l'estinzione del Sole. [36]
-------------------------
[36] Vedere, per maggiori dettagli su questo argomento e per la legge del decremento del calore: Lettres sur les révolutions du globe (Lettere sulle rivoluzioni del globo) del dottor Bertrand, già allievo de 1'École polytechnique. Quest'opera, all'altezza della scienza moderna, scritta con semplicità e senza alcuno spirito di sistema, presenta uno studio geologico di grande interesse.
-------------------------
1°) Per lungo tempo si è creduto che le comete fossero dei corpi solidi, il cui scontro con un pianeta avrebbe potuto condurre alla distruzione di quest'ultimo. Secondo questa ipotesi, la teoria di Buffon non aveva nulla d'improbabile. Ma ora sappiamo che le comete sono formate da una materia gassosa condensata, tuttavia abbastanza rarefatta da poter noi scorgere, attraverso il loro nucleo, le stelle di media grandezza. In queste condizioni, offrendo una minor resistenza di quella del Sole, è impossibile che un colpo violento sia stato in grado di scagliare lontano una qualche parte della massa solare.
2°) La natura incandescente del Sole è ugualmente una ipotesi, che nulla, almeno finora, viene a confermare, e che, al contrario, le osservazioni sembrano smentire. Benché non si sia ancora completamente certi circa la sua natura, la potenza dei mezzi di osservazione di cui oggi si dispone ha permesso di studiarlo meglio. È ora generalmente ammesso dalla scienza che il Sole è un globo composto di materia solida, circondato da un'atmosfera luminosa, o fotosfera, la quale non è in contatto con la sua superficie. [35]
-------------------------
[35] Si troverà una dissertazione, completa e all'altezza della scienza moderna, sulla natura del Sole e delle comete, in Études et lectures sur l'astronomie (Studi e letture sull'astronomia) di Camille Flammarion, Casa Editrice Gauthier-Villars.
--------------------------
3°) Ai tempi di Buffon, si conoscevano soltanto i sei pianeti conosciuti dagli Antichi: Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove e Saturno. In seguito se n'è scoperto un gran numero, di cui tre principalmente — Giunone, Cerere e Pallade — hanno le loro orbite inclinate di 13, 10 e 34 gradi, il che non si accorda con l'ipotesi di un movimento unico di proiezione.
4°) I calcoli di Buffon sul raffreddamento sono stati riconosciuti del tutto inesatti, dopo la scoperta della legge sul decremento del calore, fatta da M. Fourier. Non sono 74.000 gli anni occorsi alla Terra per arrivare alla sua temperatura attuale, ma milioni di anni.
5°) Buffon ha considerato soltanto il calore centrale del globo, senza tener conto di quello dei raggi solari. Ora, è riconosciuto al giorno d'oggi, attraverso dati scientifici d'una precisione rigorosa e basati sull'esperienza, che in virtù dello spessore della crosta terrestre, il calore interno del globo non ha, da molto tempo ormai, che una influenza insignificante sulla temperatura della superficie esteriore. Le variazioni che questa atmosfera subisce sono periodiche e sono dovute all'azione preponderante del calore solare (cap. VII, n. 25). Essendo permanente l'effetto di questa causa, mentre l'effetto del calore centrale è nullo o quasi nullo, la diminuzione di quest'ultimo non può apportare alla superficie della Terra modifiche sensibili. Perché la Terra diventasse inabitabile a causa del raffreddamento generale, occorrerebbe l'estinzione del Sole. [36]
-------------------------
[36] Vedere, per maggiori dettagli su questo argomento e per la legge del decremento del calore: Lettres sur les révolutions du globe (Lettere sulle rivoluzioni del globo) del dottor Bertrand, già allievo de 1'École polytechnique. Quest'opera, all'altezza della scienza moderna, scritta con semplicità e senza alcuno spirito di sistema, presenta uno studio geologico di grande interesse.
-------------------------
Teoria della condensazione
3. La teoria della
formazione della Terra attraverso la condensazione della materia cosmica
è quella che al giorno d'oggi prevale nella scienza, essendo quella che
è massimamente giustificata dall'osservazione, quella che risolve il
maggior numero di difficoltà e quella che si basa, più di tutte le
altre, sul grande principio dell'unità universale. È la teoria che
abbiamo descritta nel capitolo VI, intitolato "Uranografia generale".
Come si vede, queste due teorie portano al medesimo risultato: lo stato primitivo d'incandescenza del globo, la formazione di uma crosta solida attraverso il raffreddamento, l'esistenza del fuoco centrale, l'apparizione della vita organica non appena la temperatura la rende possibile. Nondimeno esse differiscono nei punti essenziali, ed è probabile che, se Buffon fosse vissuto ai giorni nostri, avrebbe avuto altre idee.
La geologia studia la Terra nel punto in cui l'osservazione diretta è possibile. Il suo stato anteriore, sfuggendo alla sperimentazione, non può essere che congetturale. Ora, tra due ipotesi, il buon senso suggerisce che bisogna scegliere quella che è suffragata dalla logica e che meglio concorda con i fatti osservati.
Come si vede, queste due teorie portano al medesimo risultato: lo stato primitivo d'incandescenza del globo, la formazione di uma crosta solida attraverso il raffreddamento, l'esistenza del fuoco centrale, l'apparizione della vita organica non appena la temperatura la rende possibile. Nondimeno esse differiscono nei punti essenziali, ed è probabile che, se Buffon fosse vissuto ai giorni nostri, avrebbe avuto altre idee.
La geologia studia la Terra nel punto in cui l'osservazione diretta è possibile. Il suo stato anteriore, sfuggendo alla sperimentazione, non può essere che congetturale. Ora, tra due ipotesi, il buon senso suggerisce che bisogna scegliere quella che è suffragata dalla logica e che meglio concorda con i fatti osservati.
Teoria dell'incrostazione
4. Noi non tralasciamo di
menzionare questa teoria che a puro titolo informativo, visto che non ha
nulla di scientifico, ma anche perché essa ha avuto una certa risonanza
in questi ultimi tempi, seducendo non poche persone. Tale teoria è
riassunta nella lettera che qui di seguito riproduciamo.
“Dio, secondo la Bibbia, creò il mondo in sei giorni, quattromila anni prima dell'era cristiana. È quello che i geologi contestano attraverso lo studio dei fossili e le migliaia di caratteri incontestabili di antichità, che fanno risalire l'origine della Terra a milioni di anni addietro. Tuttavia le Sacre Scritture hanno detto la verità e anche i geologi, ed è un semplice contadino [37] che li mette d'accordo, insegnandoci che la nostra Terra non è che un pianeta incrostato molto moderno, costituito da materie molto antiche.
Dopo la scomparsa del pianeta sconosciuto, giunto a maturità o in armonia con il pianeta che esisteva al posto di quello che abitiamo noi oggi, l'anima della Terra ricevette l'ordine di riunire i suoi satelliti per formare il nostro globo attuale, in tutto e per tutto secondo le regole del progresso. Soltanto quattro di questi astri acconsentirono all'associazione che veniva loro proposta. La sola Luna persistette nella sua autonomia, perché anche i globi hanno il loro libero arbitrio. Per procedere a questa fusione, l'anima della Terra diresse verso i satelliti un raggio magnetico attrattivo che pose in stato catalettico tutto il loro patrimonio vegetale, animale e umano, che essi apportarono alla comunità. L'operazione non ebbe per testimoni che l'anima della Terra e i grandi messaggeri celesti, che l'aiutarono in questa grande opera, aprendo tali globi per mettere le loro viscere in comune. Praticata la saldatura, le acque fluirono nei vuoti lasciati dall'assenza della Luna. Le atmosfere si confusero, e il risveglio o la resurrezione dei germi ch'erano stati catalizzati ebbe inizio. L'uomo fu l'ultimo a essere tratto dal suo stato d'ipnosi e si vide circondato dalla vegetazione lussureggiante del paradiso terrestre, e dagli animali che pacificamente si aggiravano intorno a lui. Tutto questo poteva farsi in sei giorni grazie a dei collaboratori tanto potenti come quelli che Dio aveva incaricati all'uopo. Il pianeta Asia ci portò la razza gialla, quella più anticamente civilizzata; l'Africa, la razza nera; l'Europa, la razza bianca; l'America, la razza rossa. La Luna ci avrebbe forse portato la razza verde o blu.
Così, certi animali, di cui non si trovano che i resti, non sarebbero mai vissuti sulla nostra Terra attuale, ma sarebbero stati portati da altri mondi, sfasciatisi per vecchiezza. I fossili, che si incontrano in climi dove non avrebbero mai potuto esistere qui sulla Terra, vivevano senza dubbio in zone ben differenti, su globi dove essi sono nati. Ai poli della nostra Terra si ritrovano resti di animali che dovevano esser vissuti all'equatore del loro globo.”
-------------------------
[37] M. Michel de Figagnères, autore de La clef de la vie (La chiave della vita).
-------------------------
“Dio, secondo la Bibbia, creò il mondo in sei giorni, quattromila anni prima dell'era cristiana. È quello che i geologi contestano attraverso lo studio dei fossili e le migliaia di caratteri incontestabili di antichità, che fanno risalire l'origine della Terra a milioni di anni addietro. Tuttavia le Sacre Scritture hanno detto la verità e anche i geologi, ed è un semplice contadino [37] che li mette d'accordo, insegnandoci che la nostra Terra non è che un pianeta incrostato molto moderno, costituito da materie molto antiche.
Dopo la scomparsa del pianeta sconosciuto, giunto a maturità o in armonia con il pianeta che esisteva al posto di quello che abitiamo noi oggi, l'anima della Terra ricevette l'ordine di riunire i suoi satelliti per formare il nostro globo attuale, in tutto e per tutto secondo le regole del progresso. Soltanto quattro di questi astri acconsentirono all'associazione che veniva loro proposta. La sola Luna persistette nella sua autonomia, perché anche i globi hanno il loro libero arbitrio. Per procedere a questa fusione, l'anima della Terra diresse verso i satelliti un raggio magnetico attrattivo che pose in stato catalettico tutto il loro patrimonio vegetale, animale e umano, che essi apportarono alla comunità. L'operazione non ebbe per testimoni che l'anima della Terra e i grandi messaggeri celesti, che l'aiutarono in questa grande opera, aprendo tali globi per mettere le loro viscere in comune. Praticata la saldatura, le acque fluirono nei vuoti lasciati dall'assenza della Luna. Le atmosfere si confusero, e il risveglio o la resurrezione dei germi ch'erano stati catalizzati ebbe inizio. L'uomo fu l'ultimo a essere tratto dal suo stato d'ipnosi e si vide circondato dalla vegetazione lussureggiante del paradiso terrestre, e dagli animali che pacificamente si aggiravano intorno a lui. Tutto questo poteva farsi in sei giorni grazie a dei collaboratori tanto potenti come quelli che Dio aveva incaricati all'uopo. Il pianeta Asia ci portò la razza gialla, quella più anticamente civilizzata; l'Africa, la razza nera; l'Europa, la razza bianca; l'America, la razza rossa. La Luna ci avrebbe forse portato la razza verde o blu.
Così, certi animali, di cui non si trovano che i resti, non sarebbero mai vissuti sulla nostra Terra attuale, ma sarebbero stati portati da altri mondi, sfasciatisi per vecchiezza. I fossili, che si incontrano in climi dove non avrebbero mai potuto esistere qui sulla Terra, vivevano senza dubbio in zone ben differenti, su globi dove essi sono nati. Ai poli della nostra Terra si ritrovano resti di animali che dovevano esser vissuti all'equatore del loro globo.”
-------------------------
[37] M. Michel de Figagnères, autore de La clef de la vie (La chiave della vita).
-------------------------
5. Questa teoria ha contro
di sé i dati più positivi della scienza sperimentale, oltre al fatto che
lascia intatta la questione stessa che essa pretende di risolvere, cioè
la questione dell'origine. Essa spiega come la Terra si sarebbe
formata, ma non spiega come si sono formati i quattro mondi che si sono
riuniti per formarla.
Se le cose si fossero verificate veramente così, come si spiegherebbe il fatto che non si trovano da nessuna parte le tracce di quelle immense suture che scenderebbero fino nelle viscere del globo? Poiché ognuno di quei mondi avrebbe apportato i suoi propri materiali, l'Asia, l'Africa, l'Europa e l'America avrebbero, ognuna, una geologia particolare e differente, cosa che non è. Per prima cosa si nota, al contrario, il nucleo granitico uniforme, di composizione omogenea in tutte le parti del globo, senza soluzione di continuità. Oltre a ciò, gli strati geologici di medesima formazione, identici nella loro costituzione, dappertutto sovrapposti nel medesimo ordine, si susseguono senza interruzione da una costa all'altra dei mari, dall'Europa all'Asia, all'Africa, all'America e viceversa. Questi strati, che offrono testimonianza delle trasformazioni del globo, attestano che queste trasformazioni si sono verificate su tutta la sua superficie e non soltanto su una parte. Essi ci mostrano i periodi di apparizione, esistenza ed estinzione delle medesime specie di animali e vegetali egualmente avvenute nelle differenti parti del mondo. Ci mostrano la fauna e la flora di questi passati periodi procedere dappertutto simultaneamente, sotto l'influenza di una temperatura uniforme, e cambiare dappertutto di carattere nella misura in cui la temperatura si modifica. Un tale stato di cose è inconciliabile con la formazione della Terra attraverso l'aggregazione di più mondi diversi.
Ci si chiede d'altronde che cosa sarebbe avvenuto del mare, che occupa il vuoto lasciato dalla Luna, se questa non si fosse rifiutata di unirsi alle sue sorelle. E che cosa accadrebbe della Terra attuale, se un giorno la Luna avesse la fantasia di venire a riprendersi il suo posto, scacciandone via il mare?
Se le cose si fossero verificate veramente così, come si spiegherebbe il fatto che non si trovano da nessuna parte le tracce di quelle immense suture che scenderebbero fino nelle viscere del globo? Poiché ognuno di quei mondi avrebbe apportato i suoi propri materiali, l'Asia, l'Africa, l'Europa e l'America avrebbero, ognuna, una geologia particolare e differente, cosa che non è. Per prima cosa si nota, al contrario, il nucleo granitico uniforme, di composizione omogenea in tutte le parti del globo, senza soluzione di continuità. Oltre a ciò, gli strati geologici di medesima formazione, identici nella loro costituzione, dappertutto sovrapposti nel medesimo ordine, si susseguono senza interruzione da una costa all'altra dei mari, dall'Europa all'Asia, all'Africa, all'America e viceversa. Questi strati, che offrono testimonianza delle trasformazioni del globo, attestano che queste trasformazioni si sono verificate su tutta la sua superficie e non soltanto su una parte. Essi ci mostrano i periodi di apparizione, esistenza ed estinzione delle medesime specie di animali e vegetali egualmente avvenute nelle differenti parti del mondo. Ci mostrano la fauna e la flora di questi passati periodi procedere dappertutto simultaneamente, sotto l'influenza di una temperatura uniforme, e cambiare dappertutto di carattere nella misura in cui la temperatura si modifica. Un tale stato di cose è inconciliabile con la formazione della Terra attraverso l'aggregazione di più mondi diversi.
Ci si chiede d'altronde che cosa sarebbe avvenuto del mare, che occupa il vuoto lasciato dalla Luna, se questa non si fosse rifiutata di unirsi alle sue sorelle. E che cosa accadrebbe della Terra attuale, se un giorno la Luna avesse la fantasia di venire a riprendersi il suo posto, scacciandone via il mare?
6. Questo
sistema ha sedotto un po' di persone, perché sembra spiegare la
presenza di differenti razze di uomini sulla Terra e la loro
localizzazione. Ma, una volta che queste razze hanno potuto proliferare
in mondi separati, perché non avrebbero potuto farlo su punti diversi
del medesimo globo? È voler risolvere una difficoltà con una difficoltà
molto più grande. In effetti, con qualsiasi rapidità e qualsiasi destrezza si fosse effettuata 1'operazione, questa
connessione non si sarebbe potuta fare senza violenti scosse. Quanto
più rapida essa fosse stata, tanto più i cataclismi avrebbero dovuto
essere disastrosi. Sembra quindi impossibile che degli esseri semplicemente addormentati in un sonno catalettico abbiamo
potuto resistervi, per risvegliarsi in seguito tranquillamente. Se non
erano altro che dei germi, in che cosa consistevano? Come degli esseri
del tutto formati sarebbero stati ridotti allo stato di germi?
Resterebbe poi sempre il problema di sapere come questi germi si
sarebbero sviluppati di nuovo. Ci sarebbe comunque ancora la Terra
formata per via miracolosa, seppure con altro procedimento, meno poetico
e meno grandioso di quello della Genesi biblica, mentre le leggi
naturali danno della sua formazione una spiegazione molto più completa e
soprattutto più razionale, dedotta dall'osservazione. [38]
La concordanza che, con questo sistema, si pretende di stabilire tra la Genesi biblica e la scienza, è completamente illusoria, poiché è contraddetta dalla scienza stessa.
L'autore della lettera sopracitata, uomo di gran sapere, sedotto per un istante da questa teoria, ne vide ben presto i lati vulnerabili e non tardò a combatterla con le armi della scienza.
-------------------------
[38] Quando un tale sistema si lega a tutta una cosmogonia, c'è da chiedersi su quale base razionale può riposare il resto.
-------------------------
La concordanza che, con questo sistema, si pretende di stabilire tra la Genesi biblica e la scienza, è completamente illusoria, poiché è contraddetta dalla scienza stessa.
L'autore della lettera sopracitata, uomo di gran sapere, sedotto per un istante da questa teoria, ne vide ben presto i lati vulnerabili e non tardò a combatterla con le armi della scienza.
-------------------------
[38] Quando un tale sistema si lega a tutta una cosmogonia, c'è da chiedersi su quale base razionale può riposare il resto.
-------------------------
Anima della Terra
7.
L’anima della Terra gioca uno dei ruoli principali nella teoria
dell'incrostazione. Vediamo se questa idea ha un miglior fondamento.
Lo sviluppo organico è sempre in rapporto con lo sviluppo del principio intellettivo. L'organismo si completa nella misura in cui le facoltà dell'anima si moltiplicano. La scala organica segue costantemente, in tutti gli esseri, la progressione dell'intelligenza, dal polipo fino all'uomo. Né poteva essere altrimenti, poiché all'anima occorre uno strumento adatto all'importanza delle funzioni ch'essa deve compiere. A che cosa servirebbe all'ostrica possedere l'intelligenza della scimmia senza gli organi necessari alla sua manifestazione? Se dunque la Terra fosse un essere animato, servendo essa da corpo a un'anima speciale, quest'anima, per effetto stesso della sua costituzione, dovrebbe essere ancora più rudimentale di quella del polipo, visto che la Terra non ha nemmeno la vitalità della pianta. Invece, per via del ruolo che viene attribuito a quest'anima, si fa della Terra un essere dotato di ragione e del più completo libero arbitrio, in breve, uno Spirito superiore, il che non è razionale, perché mai uno Spirito è stato più disgraziato e più imprigionato. L'idea dell'anima della Terra, intesa in questo senso, deve dunque essere confinata fra le concezioni sistematiche e chimeriche.
Per anima della Terra, si può intendere, più razionalmente, la collettività degli Spiriti incaricati della elaborazione e della direzione dei suoi elementi costitutivi, il che presuppone già un certo grado di sviluppo intellettivo. Oppure, e meglio ancora, lo Spirito a cui è affidata l'alta direzione dei destini morali e del progresso dei suoi abitanti riceve una missione, la quale non può essere destinata che a un essere eminentemente superiore riguardo a sapere e saggezza. In tal caso, questo Spirito non è, per essere esatti, l'anima della Terra, perché non è in essa incarnato, né subordinato al suo stato materiale; è un capo preposto alla sua direzione, come un generale è preposto al comando di un esercito.
Uno Spirito, incaricato d'una missione così importante, quale quella del governo di un mondo, non potrebbe avere dei capricci, oppure dovremmo riconoscere a Dio l'imprevidenza di affidare l'esecuzione delle sue leggi a degli esseri capaci di contravvenirvi per loro stessa cattiva volontà. Ora, secondo la dottrina della incrostazione, sarebbe la cattiva volontà dell'anima della Luna la causa per cui la Terra è rimasta incompleta. Ci sono idee che si negano da sé stesse (Rivista Spiritista del settembre 1868, pag. 261).
Lo sviluppo organico è sempre in rapporto con lo sviluppo del principio intellettivo. L'organismo si completa nella misura in cui le facoltà dell'anima si moltiplicano. La scala organica segue costantemente, in tutti gli esseri, la progressione dell'intelligenza, dal polipo fino all'uomo. Né poteva essere altrimenti, poiché all'anima occorre uno strumento adatto all'importanza delle funzioni ch'essa deve compiere. A che cosa servirebbe all'ostrica possedere l'intelligenza della scimmia senza gli organi necessari alla sua manifestazione? Se dunque la Terra fosse un essere animato, servendo essa da corpo a un'anima speciale, quest'anima, per effetto stesso della sua costituzione, dovrebbe essere ancora più rudimentale di quella del polipo, visto che la Terra non ha nemmeno la vitalità della pianta. Invece, per via del ruolo che viene attribuito a quest'anima, si fa della Terra un essere dotato di ragione e del più completo libero arbitrio, in breve, uno Spirito superiore, il che non è razionale, perché mai uno Spirito è stato più disgraziato e più imprigionato. L'idea dell'anima della Terra, intesa in questo senso, deve dunque essere confinata fra le concezioni sistematiche e chimeriche.
Per anima della Terra, si può intendere, più razionalmente, la collettività degli Spiriti incaricati della elaborazione e della direzione dei suoi elementi costitutivi, il che presuppone già un certo grado di sviluppo intellettivo. Oppure, e meglio ancora, lo Spirito a cui è affidata l'alta direzione dei destini morali e del progresso dei suoi abitanti riceve una missione, la quale non può essere destinata che a un essere eminentemente superiore riguardo a sapere e saggezza. In tal caso, questo Spirito non è, per essere esatti, l'anima della Terra, perché non è in essa incarnato, né subordinato al suo stato materiale; è un capo preposto alla sua direzione, come un generale è preposto al comando di un esercito.
Uno Spirito, incaricato d'una missione così importante, quale quella del governo di un mondo, non potrebbe avere dei capricci, oppure dovremmo riconoscere a Dio l'imprevidenza di affidare l'esecuzione delle sue leggi a degli esseri capaci di contravvenirvi per loro stessa cattiva volontà. Ora, secondo la dottrina della incrostazione, sarebbe la cattiva volontà dell'anima della Luna la causa per cui la Terra è rimasta incompleta. Ci sono idee che si negano da sé stesse (Rivista Spiritista del settembre 1868, pag. 261).
Capitolo IX - RIVOLUZIONI DEL GLOBO
Rivoluzioni generali o parziali
1. I periodi geologici
segnano le fasi dell'aspetto generale del globo, in seguito alle sue
trasformazioni. Ma se si eccettua il periodo diluviale, che possiede le
caratteristiche dello sconvolgimento improvviso, tutti gli altri periodi
sono trascorsi lentamente e senza brusche transizioni. Per tutto il
tempo che gli elementi costitutivi del globo hanno impiegato ad assumere
il loro assetto definitivo, i cambiamenti devono essere stati generali.
Una volta consolidatasi la base, non devono essersi prodotte che delle
modifiche parziali sulla superficie.
2. Oltre alle rivoluzioni
generali, la Terra ha sperimentato un gran numero di perturbazioni
locali, che hanno mutato l'aspetto di certe regioni. Come per le altre
perturbazioni, due sono le cause che vi hanno contribuito: il fuoco e
l'acqua.
Il fuoco vi ha contribuito: sia a causa delle eruzioni vulcaniche, che hanno sepolto sotto spessi strati di cenere e lava le terre circostanti, facendo scomparire le città e i loro abitanti; sia a causa dei terremoti o dei sollevamenti della crosta solida, i quali hanno convogliato le acque verso le zone più basse; sia a causa dell'affossamento di questa stessa crosta in certe zone di estensione più o meno grande, dove le acque sono precipitate, lasciando allo scoperto altri terreni. È così che alcune isole sono sorte in mezzo all'Oceano, mentre altre sono scomparse; che porzioni di continenti sono stati separati e hanno formato delle isole; che bracci di mare, messi in secca, hanno riunito alcune isole ai continenti.
L'acqua vi ha contribuito: sia a causa dell'irruzione o del ritrarsi del mare su certe coste; sia a causa delle frane che, arrestando i corsi d'acqua, hanno formato dei laghi; sia a causa degli straripamenti e delle inondazioni; sia, infine, a causa degli interramenti formatisi alla foce dei fiumi. Questi interramenti, respingendo il mare, hanno creato nuovi territori: tale è l'origine del delta del Nilo o Basso Egitto, del delta del Rodano o Camargue.
Il fuoco vi ha contribuito: sia a causa delle eruzioni vulcaniche, che hanno sepolto sotto spessi strati di cenere e lava le terre circostanti, facendo scomparire le città e i loro abitanti; sia a causa dei terremoti o dei sollevamenti della crosta solida, i quali hanno convogliato le acque verso le zone più basse; sia a causa dell'affossamento di questa stessa crosta in certe zone di estensione più o meno grande, dove le acque sono precipitate, lasciando allo scoperto altri terreni. È così che alcune isole sono sorte in mezzo all'Oceano, mentre altre sono scomparse; che porzioni di continenti sono stati separati e hanno formato delle isole; che bracci di mare, messi in secca, hanno riunito alcune isole ai continenti.
L'acqua vi ha contribuito: sia a causa dell'irruzione o del ritrarsi del mare su certe coste; sia a causa delle frane che, arrestando i corsi d'acqua, hanno formato dei laghi; sia a causa degli straripamenti e delle inondazioni; sia, infine, a causa degli interramenti formatisi alla foce dei fiumi. Questi interramenti, respingendo il mare, hanno creato nuovi territori: tale è l'origine del delta del Nilo o Basso Egitto, del delta del Rodano o Camargue.
Età delle montagne
3. L'analisi
dei terreni squarciati dal sollevamento delle montagne e quella degli
strati che ne formano i contrafforti permette di determinare la loro età
geologica. Per età geologica delle montagne non bisogna intendere il
numero di anni della loro esistenza, ma il periodo durante il quale esse
si sono formate e, pertanto, la loro relativa anzianità. Sarebbe un
errore credere che questa anzianità sia in ragione della loro altezza
oppure della loro natura esclusivamente granitica, visto che la massa di
granito, sollevandosi, può avere perforato e separato gli strati
sovrapposti.
Si è così costatato, attraverso l'osservazione, che i monti dei Vosgi, della Bretagna e della Costa d'Oro, in Francia, che non sono affatto elevati, appartengono alle più antiche formazioni. Essi datano dal periodo di transizione e sono anteriori ai depositi carboniferi. Il Giura si è formato verso la metà del periodo secondario ed è contemporaneo dei rettili giganteschi. I Pirenei si sono formati più tardi, all'inizio del periodo terziario. Il Monte Bianco e il gruppo delle Alpi occidentali sono posteriori ai Pirenei e datano dalla metà del periodo terziario. Le Alpi orientali, che comprendono le montagne del Tirolo, sono ancora più recenti, perché non si sono forniate che verso la fine del periodo terziario. Alcune montagne dell'Asia sono posteriori o contemporanee al periodo diluviale. Questi sollevamenti hanno senz'altro dovuto dar luogo a grandi perturbazioni locali e a inondazioni più o meno considerevoli, a causa dello spostamento delle acque, dell'interruzione e del cambiamento del corso dei fiumi. [39]
-------------------------
[39] Il secolo passato offre un notevole esempio di un fenomeno di questo genere. A sei giorni di marcia da Città del Messico, si trovava, nel 1750, una zona fertile e ben coltivata, dove crescevano in abbondanza il riso, il mais e le banane. Nel mese di giugno, spaventosi terremoti sconvolsero il suolo e si ripeterono senza tregua per due mesi interi. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre, la terra ebbe una violentissima scossa. Un terreno di parecchie leghe di estensione si sollevò a poco a poco e finì per raggiungere un'altezza di 500 piedi, su una superficie di 10 leghe quadrate. Il terreno ondeggiava come le onde del mare sotto il mugghiare della tempesta; migliaia di cumuli di terreno si sollevavano e s'inabissavano di volta in volta. Alla fine si spalancò un crepaccio di quasi 3 leghe; fumo, fuoco, pietre roventi e cenere furono lanciati a un'altezza incredibile. Da questa immensa voragine sorsero sei montagne, fra le quali un vulcano, cui è stato dato il nome di Jorullo, si eleva oggi a 550 metri sopra l'antica pianura. Nel momento in cui incominciarono le vibrazioni del suolo, i due fiumi Cuitimba e San Pedro, rifluendo all'indietro, inondarono tutta la pianura occupata oggi dal vulcano Jorullo; ma nel suolo che sempre s'innalzava, si aprì una voragine e li inghiottì. Essi riapparvero a ovest, in un punto molto distante dal loro antico letto (Louis Figuier, La Terra prima del diluvio).
-------------------------
Si è così costatato, attraverso l'osservazione, che i monti dei Vosgi, della Bretagna e della Costa d'Oro, in Francia, che non sono affatto elevati, appartengono alle più antiche formazioni. Essi datano dal periodo di transizione e sono anteriori ai depositi carboniferi. Il Giura si è formato verso la metà del periodo secondario ed è contemporaneo dei rettili giganteschi. I Pirenei si sono formati più tardi, all'inizio del periodo terziario. Il Monte Bianco e il gruppo delle Alpi occidentali sono posteriori ai Pirenei e datano dalla metà del periodo terziario. Le Alpi orientali, che comprendono le montagne del Tirolo, sono ancora più recenti, perché non si sono forniate che verso la fine del periodo terziario. Alcune montagne dell'Asia sono posteriori o contemporanee al periodo diluviale. Questi sollevamenti hanno senz'altro dovuto dar luogo a grandi perturbazioni locali e a inondazioni più o meno considerevoli, a causa dello spostamento delle acque, dell'interruzione e del cambiamento del corso dei fiumi. [39]
-------------------------
[39] Il secolo passato offre un notevole esempio di un fenomeno di questo genere. A sei giorni di marcia da Città del Messico, si trovava, nel 1750, una zona fertile e ben coltivata, dove crescevano in abbondanza il riso, il mais e le banane. Nel mese di giugno, spaventosi terremoti sconvolsero il suolo e si ripeterono senza tregua per due mesi interi. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre, la terra ebbe una violentissima scossa. Un terreno di parecchie leghe di estensione si sollevò a poco a poco e finì per raggiungere un'altezza di 500 piedi, su una superficie di 10 leghe quadrate. Il terreno ondeggiava come le onde del mare sotto il mugghiare della tempesta; migliaia di cumuli di terreno si sollevavano e s'inabissavano di volta in volta. Alla fine si spalancò un crepaccio di quasi 3 leghe; fumo, fuoco, pietre roventi e cenere furono lanciati a un'altezza incredibile. Da questa immensa voragine sorsero sei montagne, fra le quali un vulcano, cui è stato dato il nome di Jorullo, si eleva oggi a 550 metri sopra l'antica pianura. Nel momento in cui incominciarono le vibrazioni del suolo, i due fiumi Cuitimba e San Pedro, rifluendo all'indietro, inondarono tutta la pianura occupata oggi dal vulcano Jorullo; ma nel suolo che sempre s'innalzava, si aprì una voragine e li inghiottì. Essi riapparvero a ovest, in un punto molto distante dal loro antico letto (Louis Figuier, La Terra prima del diluvio).
-------------------------
Diluvio biblico
4. Il diluvio biblico,
designato anche con il nome di "grande diluvio asiatico", è un fatto la
cui esistenza non può essere contestata. Esso dovrebbe essere stato
causato dal sollevamento d'una parte delle montagne di quella regione,
come quello del Messico. Ciò che viene in appoggio a questa tesi è
l'esistenza di un mare interno che si estendeva un tempo dal Mar Nero
all'Oceano Boreale, esistenza attestata dalle osservazioni geologiche.
Il mare d'Azov, il mar Caspio — le cui acque sono salate, benché non
comunichino con nessun altro mare —, il lago Aral, gli innumerevoli
laghi sparsi nelle immense pianure della Tartaria e le steppe della
Russia sembrano essere resti di quell'antico mare. All'epoca del
sollevamento delle montagne del Caucaso, posteriore al diluvio
universale, una parte di queste acque fu respinta a nord, verso l'Oceano
Boreale; l'altra a sud, verso l'Oceano Indiano. E fu proprio questa
massa d'acque che inondò e devastò la Mesopotamia e tutta la zona
abitata dagli antenati del popolo ebraico. Benché questo diluvio si sia
abbattuto su una superficie abbastanza estesa, un punto è stato
attualmente accertato: esso non fu che un fenomeno locale. Né poté
essere stato causato, tale diluvio, dalla pioggia, perché, per quanto
questa fosse caduta abbondante e continua per quaranta giorni, i calcoli
provano che la quantità d'acqua caduta non poteva essere tale da
coprire tutta la Terra, fino a sommergere le più elevate montagne.
Per gli uomini di allora, che non conoscevano che una estensione assai limitata del globo e che non avevano alcuna idea della sua configurazione, dal momento che l'inondazione aveva invaso i paesi fino ad allora conosciuti, per loro si trattava naturalmente dell'intera Terra. Se a questa credenza si aggiunge la forma fantasiosa e iperbolica, tipica dello stile orientale, non ci si potrà più meravigliare dell'esagerazione del racconto biblico.
Per gli uomini di allora, che non conoscevano che una estensione assai limitata del globo e che non avevano alcuna idea della sua configurazione, dal momento che l'inondazione aveva invaso i paesi fino ad allora conosciuti, per loro si trattava naturalmente dell'intera Terra. Se a questa credenza si aggiunge la forma fantasiosa e iperbolica, tipica dello stile orientale, non ci si potrà più meravigliare dell'esagerazione del racconto biblico.
5. Il diluvio asiatico è
evidentemente posteriore all'apparizione dell'uomo sulla Terra, poiché
se n'è conservata la memoria, attraverso la tradizione, presso tutti i
popoli di quella parte del mondo, i quali l'hanno consacrato nelle loro
teogonie. [40]
[40] La leggenda indiana sul diluvio narra, secondo il libro dei Veda, che il dio Brahma, trasformatosi in pesce, si rivolse al pio monarca Vaivaswata e gli disse: "Il momento della dissoluzione dell'universo è ormai giunto. Ben presto tutto ciò che esiste sulla Terra sarà distrutto. Bisogna che tu costruisca una nave sulla quale t'imbarcherai, dopo aver preso con te i semi di tutti i vegetali. Mi attenderai su questa nave, e io verrò da te e avrò sulla testa un corno per far sì che tu mi riconosca". Il santo monarca obbedì. Costruì una nave, vi s'imbarcò e attaccò una fune molto resistente al corno del pesce. La nave fu trascinata pei parecchi anni, con una velocità estrema, in mezzo alle tenebre di una spaventosa tempesta, finché approdò sulla sommità del monte Himawat (Himalaya). Il dio Brahma raccomandò quindi a Vaivaswata di creare tutti gli esseri e di ripopolare la Terra. L'analogia di questa leggenda con il racconto biblico di Noè è straordinaria. Dall'India era passata in Egitto, così come un'infinità di altre credenze. Ora, siccome il libro dei Veda è anteriore a quello di Mosè, il racconto che vi si trova sul diluvio non può essere a imitazione di quest'ultimo. È probabile, perciò, che Mosè, il quale aveva studiato le dottrine dei sacerdoti egiziani, abbia tratto da quelle la sua descrizione.
Esso è ugualmente posteriore al grande diluvio universale che segnò l'inizio dell'attuale periodo geologico. Quando si parla di uomini e di animali antidiluviani, il riferimento è sempre rivolto a quel primo cataclisma.
[40] La leggenda indiana sul diluvio narra, secondo il libro dei Veda, che il dio Brahma, trasformatosi in pesce, si rivolse al pio monarca Vaivaswata e gli disse: "Il momento della dissoluzione dell'universo è ormai giunto. Ben presto tutto ciò che esiste sulla Terra sarà distrutto. Bisogna che tu costruisca una nave sulla quale t'imbarcherai, dopo aver preso con te i semi di tutti i vegetali. Mi attenderai su questa nave, e io verrò da te e avrò sulla testa un corno per far sì che tu mi riconosca". Il santo monarca obbedì. Costruì una nave, vi s'imbarcò e attaccò una fune molto resistente al corno del pesce. La nave fu trascinata pei parecchi anni, con una velocità estrema, in mezzo alle tenebre di una spaventosa tempesta, finché approdò sulla sommità del monte Himawat (Himalaya). Il dio Brahma raccomandò quindi a Vaivaswata di creare tutti gli esseri e di ripopolare la Terra. L'analogia di questa leggenda con il racconto biblico di Noè è straordinaria. Dall'India era passata in Egitto, così come un'infinità di altre credenze. Ora, siccome il libro dei Veda è anteriore a quello di Mosè, il racconto che vi si trova sul diluvio non può essere a imitazione di quest'ultimo. È probabile, perciò, che Mosè, il quale aveva studiato le dottrine dei sacerdoti egiziani, abbia tratto da quelle la sua descrizione.
Esso è ugualmente posteriore al grande diluvio universale che segnò l'inizio dell'attuale periodo geologico. Quando si parla di uomini e di animali antidiluviani, il riferimento è sempre rivolto a quel primo cataclisma.
Rivoluzioni periodiche
6. Oltre al suo movimento
annuale intorno al Sole, che dà luogo alle stagioni, oltre al suo
movimento di rotazione su sé stessa in 24 ore, che dà luogo al giorno e
alla notte, la Terra ha un terzo movimento che si compie in circa 25.000
anni (più esattamente in 25.868 anni) e che dà luogo al fenomeno
designato in astronomia con il nome di precessione degli equinozi (cap. V, n. 11).
Questo movimento, che sarebbe impossibile spiegare in breve, senza l'ausilio di disegni e senza una dimostrazione geometrica, consiste in una sorta di oscillazione circolare che è stata paragonata a quella di una trottola piroettante sul punto di fermarsi. A seguito di tale movimento, l'asse della Terra, cambiando inclinazione, descrive un doppio cono, il cui vertice sta nel centro della Terra e le cui basi abbracciano la superficie circoscritta dai circoli polari, cioè un'ampiezza di 23 gradi e mezzo di raggio.
Questo movimento, che sarebbe impossibile spiegare in breve, senza l'ausilio di disegni e senza una dimostrazione geometrica, consiste in una sorta di oscillazione circolare che è stata paragonata a quella di una trottola piroettante sul punto di fermarsi. A seguito di tale movimento, l'asse della Terra, cambiando inclinazione, descrive un doppio cono, il cui vertice sta nel centro della Terra e le cui basi abbracciano la superficie circoscritta dai circoli polari, cioè un'ampiezza di 23 gradi e mezzo di raggio.
7. L'equinozio è l'istante
in cui il Sole, passando da un emisfero all'altro, si trova
perpendicolare all'equatore, cosa che avviene due volte l'anno: verso il
21 marzo, quando il Sole ritorna nell'emisfero boreale, e verso il 22
settembre, quando ritorna nell'emisfero australe.
Ma, in seguito al graduale spostamento nell'obliquità dell'asse — il che porta a un altro spostamento nell'obliquità dell'equatore sull'eclittica — l'istante dell'equinozio si trova anticipato, ogni anno, di alcuni minuti (25 minuti e 7 secondi). Questo anticipo è detto precessione degli equinozi (dal latino praecedere, marciare in avanti, composto da prae, avanti, e cedere, andare).
Questi pochi minuti, con il passar del tempo, diventano ore, giorni, mesi e anni. Ne deriva così che l'equinozio di primavera, che ora cade a marzo, cadrà in un dato tempo a febbraio, poi a gennaio, quindi a dicembre. E allora nel mese di dicembre si avrà la temperatura del mese di marzo e nel mese di marzo quella di giugno, e così di seguito finché, ritornando nel mese di marzo, le cose si ritroveranno nello stato attuale, il che avverrà tra 25.868 anni, per ricominciare la medesima rivoluzione indefinitamente. [41]
-------------------------
[41] La precessione degli equinozi causa un altro cambiamento, quello che si verifica nella posizione dei segni dello zodiaco. Impiegandoci la Terra per girare attorno al Sole un anno, nella misura in cui essa avanza, il Sole si trova ogni mese di fronte a una nuova costellazione. Tali costellazioni sono dodici, e precisamente: Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario, Pesci. Sono chiamate costellazioni zodiacali o segni dello zodiaco e formano un cerchio sul piano dell'equatore terrestre. Secondo il mese della nascita di un individuo, si diceva che era nato sotto il tale o talaltro segno: da qui i pronostici dell'astrologia. Ma, a causa della precessione degli equinozi, accade che i mesi non corrispondano più alle medesime costellazioni. Uno che nasca nel mese di luglio, per esempio, non è più sotto il segno del Leone, ma sotto quello del Cancro. Cade così l'idea superstiziosa legata all'influenza dei segni (cap. V, n. 12).
-------------------------
Ma, in seguito al graduale spostamento nell'obliquità dell'asse — il che porta a un altro spostamento nell'obliquità dell'equatore sull'eclittica — l'istante dell'equinozio si trova anticipato, ogni anno, di alcuni minuti (25 minuti e 7 secondi). Questo anticipo è detto precessione degli equinozi (dal latino praecedere, marciare in avanti, composto da prae, avanti, e cedere, andare).
Questi pochi minuti, con il passar del tempo, diventano ore, giorni, mesi e anni. Ne deriva così che l'equinozio di primavera, che ora cade a marzo, cadrà in un dato tempo a febbraio, poi a gennaio, quindi a dicembre. E allora nel mese di dicembre si avrà la temperatura del mese di marzo e nel mese di marzo quella di giugno, e così di seguito finché, ritornando nel mese di marzo, le cose si ritroveranno nello stato attuale, il che avverrà tra 25.868 anni, per ricominciare la medesima rivoluzione indefinitamente. [41]
-------------------------
[41] La precessione degli equinozi causa un altro cambiamento, quello che si verifica nella posizione dei segni dello zodiaco. Impiegandoci la Terra per girare attorno al Sole un anno, nella misura in cui essa avanza, il Sole si trova ogni mese di fronte a una nuova costellazione. Tali costellazioni sono dodici, e precisamente: Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario, Pesci. Sono chiamate costellazioni zodiacali o segni dello zodiaco e formano un cerchio sul piano dell'equatore terrestre. Secondo il mese della nascita di un individuo, si diceva che era nato sotto il tale o talaltro segno: da qui i pronostici dell'astrologia. Ma, a causa della precessione degli equinozi, accade che i mesi non corrispondano più alle medesime costellazioni. Uno che nasca nel mese di luglio, per esempio, non è più sotto il segno del Leone, ma sotto quello del Cancro. Cade così l'idea superstiziosa legata all'influenza dei segni (cap. V, n. 12).
-------------------------
8. Da questo movimento
conico dell'asse, risulta che i poli della Terra non guardano
costantemente i medesimi punti del cielo; che la Stella Polare non sarà
sempre una stella polare; che i poli gradualmente si inclinano più o
meno verso il Sole, ricevendone raggi più o meno diretti. Da ciò si
deduce che l'Islanda e la Lapponia, per esempio, che si trovano sotto il
circolo polare, potranno, in un dato tempo, ricevere i raggi solari
come se si trovassero alla latitudine della Spagna e dell'Italia, mentre
nella posizione dell'estremo opposto, la Spagna e l'Italia potranno
avere la temperatura dell'Islanda e della Lapponia, e così di seguito a
ogni rinnovarsi del periodo di 25.000 anni. [42]
-------------------------
[42] Lo spostamento graduale delle linee isotermiche — fenomeno riconosciuto dalla scienza in modo positivo come quello dello spostamento del mare — è un fatto materiale che poggia questa teoria.
-------------------------
-------------------------
[42] Lo spostamento graduale delle linee isotermiche — fenomeno riconosciuto dalla scienza in modo positivo come quello dello spostamento del mare — è un fatto materiale che poggia questa teoria.
-------------------------
9. Non è stato ancora
possibile determinare con precisione le conseguenze di questo movimento,
poiché si è potuta osservare solo una piccolissima parte di questa
rivoluzione. Non si sono fatte a questo riguardo che delle supposizioni,
alcune delle quali con qualche appannaggio di probabilità.
Tra queste conseguenze, due sono quelle che consideriamo principali e che passiamo qui di seguito a osservare.
1° Il riscaldamento e il raffreddamento alternativo dei poli e, di conseguenza, la fusione dei ghiacci polari durante la metà del periodo di 25.000 anni e la loro nuova formazione, durante l'altra metà di questo periodo, fanno supporre che i poli non sarebbero affatto condannati a una sterilità perpetua, ma godrebbero a turno dei benefici della fertilità.
2° Il graduale spostamento del mare, che invade a poco a poco alcune terre e ne pone allo scoperto altre, per nuovamente abbandonarle e rientrare nel suo antico letto, è un movimento periodico, indefinitamente rinnovato, che costituirebbe una vera marea universale di 25.000 anni.
La lentezza con cui questo movimento del mare si verifica fa sì che esso sia per generazioni e generazioni quasi impercettibile, divenendo sensibile in capo ad alcuni secoli. Il fenomeno non può causare nessun cataclisma improvviso, perché gli uomini, di generazione in generazione, si ritirano man mano che il mare avanza e si spostano su quelle terre da cui il mare si ritira. È a questa causa, più che probabile, che alcuni scienziati attribuiscono l'arretrare del mare su certe coste e la sua invasione su certe altre.
Tra queste conseguenze, due sono quelle che consideriamo principali e che passiamo qui di seguito a osservare.
1° Il riscaldamento e il raffreddamento alternativo dei poli e, di conseguenza, la fusione dei ghiacci polari durante la metà del periodo di 25.000 anni e la loro nuova formazione, durante l'altra metà di questo periodo, fanno supporre che i poli non sarebbero affatto condannati a una sterilità perpetua, ma godrebbero a turno dei benefici della fertilità.
2° Il graduale spostamento del mare, che invade a poco a poco alcune terre e ne pone allo scoperto altre, per nuovamente abbandonarle e rientrare nel suo antico letto, è un movimento periodico, indefinitamente rinnovato, che costituirebbe una vera marea universale di 25.000 anni.
La lentezza con cui questo movimento del mare si verifica fa sì che esso sia per generazioni e generazioni quasi impercettibile, divenendo sensibile in capo ad alcuni secoli. Il fenomeno non può causare nessun cataclisma improvviso, perché gli uomini, di generazione in generazione, si ritirano man mano che il mare avanza e si spostano su quelle terre da cui il mare si ritira. È a questa causa, più che probabile, che alcuni scienziati attribuiscono l'arretrare del mare su certe coste e la sua invasione su certe altre.
10. Lo
spostamento lento, graduale e periodico del mare è un fatto comprovato
dall'esperienza e attestato da numerosi esempi su tutti i punti del
globo. Esso ha come conseguenza il mantenimento delle forze produttive
della Terra. Questa lunga immersione è un periodo di riposo durante il
quale le terre sommerse recuperano i principi vitali perduti attraverso
una non meno lunga produzione. Gli immensi depositi di materie
organiche, formatisi per la permanenza delle acque durante secoli e
secoli, sono dei fertilizzanti naturali periodicamente rinnovati. Ma le
generazioni si succedono le une alle altre senza accorgersi di tali
cambiamenti. [43]
--------------------------
[43] Tra i fatti che provano lo spostamento del mare, se ne possono citare alcuni appartenenti alla fenomenologia più recente. Nel golfo di Guascogna, tra il vecchio Soulac e la Torre di Cordouan, quando il mare è calmo, si possono scorgere, sul fondo delle acque, dei tratti di muraglia: sono i resti dell'antica e grande città di Noviomagus, invasa dai flutti nel 580. Lo scoglio di Cordouan, che allora si trovava unito alla riva, ora è a 12 chilometri da essa. Nel mare della Manica, sulla costa di Le Havre, le acque guadagnano terreno ogni giorno e minacciano i faraglioni di Sainte-Adresse, che cedono poco a poco. A 2 chilometri dalla costa, tra Sainte-Adresse e il capo di Hève, esiste il banco dell'Éclat, un tempo in vista e unito alla terraferma. Antichi documenti attestano che in quel luogo, su cui oggi si naviga, c'era il villaggio di Saint-Denis-chef-de-Caux. Quando, nel quattordicesimo secolo, le acque invasero quella terra, la chiesa, nel 1378, venne inghiottita. Si dice che, con il bel tempo e il mare calmo, se ne vedano i resti sul fondo del mare.
Su quasi tutta la distesa del litorale dell'Olanda, il mare è trattenuto solo a forza di dighe, che di quando in quando cedono. L'antico lago Flevo, che si riunì al mare nel 1225, forma oggi il Golfo di Zuyderzée. Questa irruzione dell'Oceano inghiottì parecchi villaggi. Per cui, il territorio di Parigi e della Francia tutta sarebbe un giorno nuovamente occupato dal mare, come lo è già stato parecchie volte, secondo quanto attestano le osservazioni geologiche. Le parti montagnose formeranno allora delle isole, come lo sono ora le isole Jersey, Guernesey e l'Inghilterra stessa, un tempo contigue al continente. Si navigherà sopra regioni che attualmente si percorrono in treno; a Montmartre, sul monte Valérien e sulle coste di Saint-Cloud e di Meudon approderanno le navi; i boschi e le foreste, dove ora si passeggia, saranno sepolti sotto le acque, saranno ricoperti di limo e popolati di pesci che sostituiranno gli uccelli. Il diluvio biblico non può aver avuta questa causa, poiché l'invasione delle acque fu repentina, e la loro permanenza di breve durata, mentre, diversamente, essa sarebbe stata di parecchie migliaia di anni — e durerebbe ancora — e gli uomini non se ne sarebbero neppure accorti.
-------------------------
--------------------------
[43] Tra i fatti che provano lo spostamento del mare, se ne possono citare alcuni appartenenti alla fenomenologia più recente. Nel golfo di Guascogna, tra il vecchio Soulac e la Torre di Cordouan, quando il mare è calmo, si possono scorgere, sul fondo delle acque, dei tratti di muraglia: sono i resti dell'antica e grande città di Noviomagus, invasa dai flutti nel 580. Lo scoglio di Cordouan, che allora si trovava unito alla riva, ora è a 12 chilometri da essa. Nel mare della Manica, sulla costa di Le Havre, le acque guadagnano terreno ogni giorno e minacciano i faraglioni di Sainte-Adresse, che cedono poco a poco. A 2 chilometri dalla costa, tra Sainte-Adresse e il capo di Hève, esiste il banco dell'Éclat, un tempo in vista e unito alla terraferma. Antichi documenti attestano che in quel luogo, su cui oggi si naviga, c'era il villaggio di Saint-Denis-chef-de-Caux. Quando, nel quattordicesimo secolo, le acque invasero quella terra, la chiesa, nel 1378, venne inghiottita. Si dice che, con il bel tempo e il mare calmo, se ne vedano i resti sul fondo del mare.
Su quasi tutta la distesa del litorale dell'Olanda, il mare è trattenuto solo a forza di dighe, che di quando in quando cedono. L'antico lago Flevo, che si riunì al mare nel 1225, forma oggi il Golfo di Zuyderzée. Questa irruzione dell'Oceano inghiottì parecchi villaggi. Per cui, il territorio di Parigi e della Francia tutta sarebbe un giorno nuovamente occupato dal mare, come lo è già stato parecchie volte, secondo quanto attestano le osservazioni geologiche. Le parti montagnose formeranno allora delle isole, come lo sono ora le isole Jersey, Guernesey e l'Inghilterra stessa, un tempo contigue al continente. Si navigherà sopra regioni che attualmente si percorrono in treno; a Montmartre, sul monte Valérien e sulle coste di Saint-Cloud e di Meudon approderanno le navi; i boschi e le foreste, dove ora si passeggia, saranno sepolti sotto le acque, saranno ricoperti di limo e popolati di pesci che sostituiranno gli uccelli. Il diluvio biblico non può aver avuta questa causa, poiché l'invasione delle acque fu repentina, e la loro permanenza di breve durata, mentre, diversamente, essa sarebbe stata di parecchie migliaia di anni — e durerebbe ancora — e gli uomini non se ne sarebbero neppure accorti.
-------------------------
Cataclismi futuri
11. I grandi sconvolgimenti
tellurici si sono verificati nelle epoche in cui la crosta solida della
Terra, a causa del suo fragile spessore, non offriva quasi nessuna
resistenza all'effervescenza delle materie incandescenti dell'interno
del globo. Si è osservato che tali sconvolgimenti sono diminuiti per
intensità e continuità nella misura in cui la crosta terrestre è andata
consolidandosi. Numerosi vulcani sono ormai spenti, altri sono stati
ricoperti da terreni di formazione posteriore.
Potranno certamente ancora prodursi delle perturbazioni locali, in seguito a eruzioni vulcaniche, all'apertura di qualche nuovo cratere vulcanico, a inondazioni improvvise di certi territori; potranno sorgere dal mare alcune isole e altre inabissarvisi; ma il tempo dei cataclismi generali, come quelli che hanno segnato i grandi periodi geologici, è passato. La Terra ha raggiunto una stabilità che, senza essere del tutto invariabile, mette d'ora in avanti il genere umano al riparo dalle perturbazioni generali, a meno che non intervengano cause ignote, estranee al nostro globo e che in nessun modo si possano prevedere.
Potranno certamente ancora prodursi delle perturbazioni locali, in seguito a eruzioni vulcaniche, all'apertura di qualche nuovo cratere vulcanico, a inondazioni improvvise di certi territori; potranno sorgere dal mare alcune isole e altre inabissarvisi; ma il tempo dei cataclismi generali, come quelli che hanno segnato i grandi periodi geologici, è passato. La Terra ha raggiunto una stabilità che, senza essere del tutto invariabile, mette d'ora in avanti il genere umano al riparo dalle perturbazioni generali, a meno che non intervengano cause ignote, estranee al nostro globo e che in nessun modo si possano prevedere.
12. Quanto alle comete, oggi
siamo perfettamente tranquillizzati circa la loro influenza, più
salutare che nociva, in quanto esse sembrano destinate a rinvigorire —
se ci si può esprimere così — i mondi, apportandovi quei principi vitali
che esse hanno raccolto durante la loro corsa attraverso lo spazio e
nelle vicinanze dei soli. Esse sarebbero, dunque, fonti di prosperità
piuttosto che messaggere di disgrazie. In virtù della loro natura
fluidica, oggi ben comprovata (cap. VI, n. 28 e ss.), nel caso di uno
scontro violento non vi è nulla da temere. Infatti, se una di esse si
scontrasse con la Terra, sarebbe quest'ultima ad attraversare la cometa,
come se passasse attraverso una nebbia.
Né più temibile è la loro coda. Questa altro non è che il riflesso della luce solare nell'immensa atmosfera che le circonda, poiché essa è costantemente rivolta in direzione opposta a quella del Sole e cambia direzione secondo la posizione di questo astro. Questa materia gassosa potrebbe anche, a causa della rapidità con cui esse si muovono, formare una specie di chioma, come la scia al seguito di una nave o il fumo al seguito di una locomotiva. Del resto, molte comete si sono già avvicinate alla Terra senza produrvi alcun danno. E, in virtù della loro rispettiva densità, la Terra eserciterebbe sulla cometa un'attrazione maggiore di quella che la cometa eserciterebbe sulla Terra. Soltanto alcuni brandelli dei vecchi pregiudizi possono ispirare timori circa la loro presenza. [44]
-------------------------
[44] La cometa del 1861 ha attraversato l'orbita della Terra in un punto dal quale questa si trovava a una distanza di venti ore soltanto. La Terra era dunque immersa nell'atmosfera della cometa, senza che da ciò sia scaturito alcun incidente.
-------------------------
Né più temibile è la loro coda. Questa altro non è che il riflesso della luce solare nell'immensa atmosfera che le circonda, poiché essa è costantemente rivolta in direzione opposta a quella del Sole e cambia direzione secondo la posizione di questo astro. Questa materia gassosa potrebbe anche, a causa della rapidità con cui esse si muovono, formare una specie di chioma, come la scia al seguito di una nave o il fumo al seguito di una locomotiva. Del resto, molte comete si sono già avvicinate alla Terra senza produrvi alcun danno. E, in virtù della loro rispettiva densità, la Terra eserciterebbe sulla cometa un'attrazione maggiore di quella che la cometa eserciterebbe sulla Terra. Soltanto alcuni brandelli dei vecchi pregiudizi possono ispirare timori circa la loro presenza. [44]
-------------------------
[44] La cometa del 1861 ha attraversato l'orbita della Terra in un punto dal quale questa si trovava a una distanza di venti ore soltanto. La Terra era dunque immersa nell'atmosfera della cometa, senza che da ciò sia scaturito alcun incidente.
-------------------------
13. Egualmente bisogna
relegare tra le ipotesi chimeriche la possibilità di uno scontro della
Terra con un altro pianeta. La regolarità e la invariabilità delle leggi
che presiedono ai movimenti dei corpi celesti rendono privo di ogni
probabilità questo scontro.
La Terra, tuttavia, avrà una fine. Come? Questo è ancora nel campo delle congetture. Ma, siccome essa è ancora lontana dalla perfezione, che è nelle sue potenzialità raggiungere, e lontana da quella vetustà che sarebbe un segno di declino, i suoi attuali abitanti possono star certi che un tale accadimento non apparterrà al loro tempo (cap. VI, n. 48 e ss.).
La Terra, tuttavia, avrà una fine. Come? Questo è ancora nel campo delle congetture. Ma, siccome essa è ancora lontana dalla perfezione, che è nelle sue potenzialità raggiungere, e lontana da quella vetustà che sarebbe un segno di declino, i suoi attuali abitanti possono star certi che un tale accadimento non apparterrà al loro tempo (cap. VI, n. 48 e ss.).
14. Fisicamente, la Terra ha
avuto le convulsioni della sua infanzia. Essa è ormai entrata in un
periodo di relativa stabilità: in quello del progresso pacifico, che
avviene con il ritorno regolare dei medesimi fenomeni fisici e con il
concorso intelligente dell'uomo. Ma essa è ancora in piena era gestazionale del progresso morale. Qui risiederà la causa dei suoi più grandi sconvolgimenti. Finché l'umanità non sarà
sufficientemente cresciuta in perfezione, attraverso l'intelligenza e
la messa in pratica delle leggi divine, le perturbazioni maggiori
saranno causate dagli uomini più che dalla natura, saranno cioè morali e sociali piuttosto che fisiche.
Aumento o diminuzione del volume della Terra
15. Il volume della Terra aumenta, diminuisce o è stazionario?
A sostegno dell'aumento del volume della Terra, alcuni si basano sul fatto che le piante rendano al terreno più di quanto ne traggano, cosa che è vera in un senso, ma non nell'altro. Le piante si nutrono tanto — e anche di più — delle sostanze gassose che attingono nell'atmosfera, quanto di quelle sostanze che aspirano attraverso le loro radici. Orbene, l'atmosfera fa parte integrante del globo; i gas che la costituiscono provengono dalla decomposizione dei corpi solidi, e questi, ricomponendosi, le riprendono ciò che le avevano dato. È questo uno scambio o piuttosto una trasformazione perpetua, dimodoché — attuandosi l'accrescimento dei vegetali e degli animali per mezzo degli elementi costitutivi del globo —, i loro resti, per quanto considerevoli possano essere, non aggiungono un solo atomo alla massa. Se la parte solida del globo aumentasse per questa causa in maniera permanente, ciò sarebbe a scapito dell'atmosfera che diminuirebbe altrettanto e finirebbe per essere inadatta alla vita. Ma essa recupera, attraverso la decomposizione dei corpi solidi, ciò che perde attraverso la loro composizione.
All'origine della Terra, i primi strati geologici si sono formati con materie solide momentaneamente volatilizzatesi per effetto dell'alta temperatura, e che più tardi, condensatesi per il raffreddamento, sono precipitate. Tali materie hanno incontestabilmente elevato un poco la superficie del suolo, ma senza nulla aggiungere alla massa totale, poiché ciò altro non era che uno spostamento di materia. Allorché l'atmosfera, purificata dagli elementi estranei che tratteneva in sospensione, si è trovata nel suo stato normale, le cose hanno seguito il corso regolare che hanno avuto successivamente. Oggi, la minima modifica nella costituzione dell'atmosfera condurrebbe, per forza di cose, all'annientamento degli attuali abitanti della Terra. Ma anche così, probabilmente, si formerebbero delle nuove razze in condizioni diverse.
Considerata da questo punto di vista, la massa del globo, vale a dire la somma delle molecole che compongono l'insieme delle sue parti solide, liquide e gassose, è incontestabilmente la medesima, fin dalla sua origine. Se il globo terrestre subisse una dilatazione o una condensazione, il suo volume aumenterebbe o diminuirebbe, ma la massa non subirebbe alcuna alterazione. Se, dunque, la Terra aumentasse la sua massa, ciò avverrebbe per effetto di una causa estranea, poiché non è possibile ch'essa attinga in sé stessa gli elementi necessari al suo aumento.
Secondo un'altra opinione, il globo aumenterebbe di massa e di volume per l'afflusso della materia cosmica interplanetaria. Questa idea non ha nulla d'irrazionale, ma è troppo ipotetica per essere ammessa come principio. Questo non è che un sistema combattuto da sistemi contrari, sui quali la scienza non ha ancora stabilito nulla. Su questo argomento, riportiamo qui di seguito l'opinione dell'eminente Spirito che ha dettato i sapienti studi uranografici, inseriti più indietro, precisamente nel capitolo VI.
"I mondi invecchiano, si esauriscono e tendono a dissolversi per servire da elementi di formazione ad altri universi. Essi, a poco a poco, rendono al fluido cosmico universale dello spazio ciò che ne hanno tratto per formarsi. Inoltre, tutti i corpi si usurano per attrito; il movimento rapido e incessante del globo attraverso il fluido cosmico ha come effetto quello di diminuirne costantemente la massa, benché di una quantità inapprezzabile in un determinato tempo. [45]
L'esistenza dei mondi può, secondo me, dividersi in tre periodi. — Primo periodo: condensazione della materia. Durante questo periodo il volume del globo diminuisce considerevolmente mentre la massa resta la stessa. È il periodo dell'infanzia. — Secondo periodo: contrazione e solidificazione della scorza; schiusa dei germi, sviluppo della vita fino all'apparizione del tipo più perfettibile. In questo momento il globo è in tutta la sua pienezza. È il periodo della virilità, e il globo perde, ma in maniera molto blanda, i suoi elementi costitutivi. — Nella misura in cui i suoi abitanti progrediscono spiritualmente, esso passa al periodo di decrescita materiale. Subisce delle perdite non soltanto in seguito all'attrito, ma anche per la disgregazione delle molecole, come una pietra dura che, corrosa dal tempo, finisca ridotta in polvere. Nel suo duplice movimento di rotazione e traslazione, il globo rilascia allo spazio particelle fluidificate della sua sostanza, fino al momento in cui la sua dissoluzione sarà completa.
Ma allora, siccome il potere d'attrazione è in ragione della massa — non dico del volume —, diminuita la massa del globo, si modificano le sue condizioni di equilibrio nello spazio. Dominato da pianeti più potenti, ai quali non può più fare da contrappeso, ne conseguono delle deviazioni nei suoi movimenti e, quindi, anche dei profondi cambiamenti nelle condizioni di vita nella sua superficie. Così, nascita, vita e morte, oppure infanzia, virilità e decrepitezza sono le tre fasi attraverso le quali passa ogni agglomerato di materia organica o inorganica. Solo lo Spirito, che non è materia, è indistruttibile." (Galileo, Società di Parigi, 1868)
--------------------------
[45] Nel suo movimento di traslazione attorno al Sole, la velocità della Terra è di 400 leghe al minuto. Essendo la sua circonferenza di 9.000 leghe, nel suo movimento di rotazione sul suo asse, ogni punto dell'equatore percorre 9.000 leghe in 24 ore, cioè 6,3 leghe al minuto.
-------------------------
A sostegno dell'aumento del volume della Terra, alcuni si basano sul fatto che le piante rendano al terreno più di quanto ne traggano, cosa che è vera in un senso, ma non nell'altro. Le piante si nutrono tanto — e anche di più — delle sostanze gassose che attingono nell'atmosfera, quanto di quelle sostanze che aspirano attraverso le loro radici. Orbene, l'atmosfera fa parte integrante del globo; i gas che la costituiscono provengono dalla decomposizione dei corpi solidi, e questi, ricomponendosi, le riprendono ciò che le avevano dato. È questo uno scambio o piuttosto una trasformazione perpetua, dimodoché — attuandosi l'accrescimento dei vegetali e degli animali per mezzo degli elementi costitutivi del globo —, i loro resti, per quanto considerevoli possano essere, non aggiungono un solo atomo alla massa. Se la parte solida del globo aumentasse per questa causa in maniera permanente, ciò sarebbe a scapito dell'atmosfera che diminuirebbe altrettanto e finirebbe per essere inadatta alla vita. Ma essa recupera, attraverso la decomposizione dei corpi solidi, ciò che perde attraverso la loro composizione.
All'origine della Terra, i primi strati geologici si sono formati con materie solide momentaneamente volatilizzatesi per effetto dell'alta temperatura, e che più tardi, condensatesi per il raffreddamento, sono precipitate. Tali materie hanno incontestabilmente elevato un poco la superficie del suolo, ma senza nulla aggiungere alla massa totale, poiché ciò altro non era che uno spostamento di materia. Allorché l'atmosfera, purificata dagli elementi estranei che tratteneva in sospensione, si è trovata nel suo stato normale, le cose hanno seguito il corso regolare che hanno avuto successivamente. Oggi, la minima modifica nella costituzione dell'atmosfera condurrebbe, per forza di cose, all'annientamento degli attuali abitanti della Terra. Ma anche così, probabilmente, si formerebbero delle nuove razze in condizioni diverse.
Considerata da questo punto di vista, la massa del globo, vale a dire la somma delle molecole che compongono l'insieme delle sue parti solide, liquide e gassose, è incontestabilmente la medesima, fin dalla sua origine. Se il globo terrestre subisse una dilatazione o una condensazione, il suo volume aumenterebbe o diminuirebbe, ma la massa non subirebbe alcuna alterazione. Se, dunque, la Terra aumentasse la sua massa, ciò avverrebbe per effetto di una causa estranea, poiché non è possibile ch'essa attinga in sé stessa gli elementi necessari al suo aumento.
Secondo un'altra opinione, il globo aumenterebbe di massa e di volume per l'afflusso della materia cosmica interplanetaria. Questa idea non ha nulla d'irrazionale, ma è troppo ipotetica per essere ammessa come principio. Questo non è che un sistema combattuto da sistemi contrari, sui quali la scienza non ha ancora stabilito nulla. Su questo argomento, riportiamo qui di seguito l'opinione dell'eminente Spirito che ha dettato i sapienti studi uranografici, inseriti più indietro, precisamente nel capitolo VI.
"I mondi invecchiano, si esauriscono e tendono a dissolversi per servire da elementi di formazione ad altri universi. Essi, a poco a poco, rendono al fluido cosmico universale dello spazio ciò che ne hanno tratto per formarsi. Inoltre, tutti i corpi si usurano per attrito; il movimento rapido e incessante del globo attraverso il fluido cosmico ha come effetto quello di diminuirne costantemente la massa, benché di una quantità inapprezzabile in un determinato tempo. [45]
L'esistenza dei mondi può, secondo me, dividersi in tre periodi. — Primo periodo: condensazione della materia. Durante questo periodo il volume del globo diminuisce considerevolmente mentre la massa resta la stessa. È il periodo dell'infanzia. — Secondo periodo: contrazione e solidificazione della scorza; schiusa dei germi, sviluppo della vita fino all'apparizione del tipo più perfettibile. In questo momento il globo è in tutta la sua pienezza. È il periodo della virilità, e il globo perde, ma in maniera molto blanda, i suoi elementi costitutivi. — Nella misura in cui i suoi abitanti progrediscono spiritualmente, esso passa al periodo di decrescita materiale. Subisce delle perdite non soltanto in seguito all'attrito, ma anche per la disgregazione delle molecole, come una pietra dura che, corrosa dal tempo, finisca ridotta in polvere. Nel suo duplice movimento di rotazione e traslazione, il globo rilascia allo spazio particelle fluidificate della sua sostanza, fino al momento in cui la sua dissoluzione sarà completa.
Ma allora, siccome il potere d'attrazione è in ragione della massa — non dico del volume —, diminuita la massa del globo, si modificano le sue condizioni di equilibrio nello spazio. Dominato da pianeti più potenti, ai quali non può più fare da contrappeso, ne conseguono delle deviazioni nei suoi movimenti e, quindi, anche dei profondi cambiamenti nelle condizioni di vita nella sua superficie. Così, nascita, vita e morte, oppure infanzia, virilità e decrepitezza sono le tre fasi attraverso le quali passa ogni agglomerato di materia organica o inorganica. Solo lo Spirito, che non è materia, è indistruttibile." (Galileo, Società di Parigi, 1868)
--------------------------
[45] Nel suo movimento di traslazione attorno al Sole, la velocità della Terra è di 400 leghe al minuto. Essendo la sua circonferenza di 9.000 leghe, nel suo movimento di rotazione sul suo asse, ogni punto dell'equatore percorre 9.000 leghe in 24 ore, cioè 6,3 leghe al minuto.
-------------------------
Capitolo X — GENESI ORGANICA
Prima formazione degli esseri viventi.
1. Ci fu un tempo in cui gli animali non esistevano; essi dunque hanno avuto un inizio Se n'è vista apparire ogni specie nella misura in cui il globo acquisiva le condizioni necessarie alla sua esistenza: ecco quello che è certo. Come si sono formati i primi individui di ogni specie? Ben si comprende come, esistendo una prima coppia, gli individui si siano moltiplicati. Ma questa prima coppia da dove è venuta fuori? Si tratta di uno di quei misteri che attengono al principio delle cose e sui quali non si possono fare che delle ipotesi. Se la scienza non può ancora risolvere completamente il problema, essa può tuttavia mettere almeno sulla giusta via.
2. Una delle prime domande che ci si presentano è questa: ogni specie animale proviene da una prima coppia oppure da parecchie coppie create o — se si vuole — germogliate simultaneamente in luoghi differenti?
Questa ultima supposizione è la più probabile, e si può anche dire che essa nasce dall'osservazione. In effetti, lo studio degli strati geologici attesta, nei terreni della medesima formazione, e ciò in proporzioni enormi, la presenza della medesima specie nei punti più lontani del globo. Questa moltiplicazione così generale e, in qualche modo, contemporanea sarebbe stata impossibile con un tipo primitivo unico.
D'altronde, la vita di un individuo, soprattutto la vita di un individuo nascente, è sottoposta a tante e tali vicissitudini che tutta una creazione, senza la pluralità dei tipi, avrebbe potuto essere compromessa. Ciò, inoltre, implicherebbe una imprevidenza inammissibile da parte del sovrano Creatore. D'altro canto se un tipo ha potuto formarsi su un punto, esso potrebbe essersi formato su parecchi altri punti per effetto della medesima causa.
Tutto concorre, dunque, a provare che vi è stata una creazione simultanea e multipla delle prime coppie di ciascuna specie animale e vegetale.
Questa ultima supposizione è la più probabile, e si può anche dire che essa nasce dall'osservazione. In effetti, lo studio degli strati geologici attesta, nei terreni della medesima formazione, e ciò in proporzioni enormi, la presenza della medesima specie nei punti più lontani del globo. Questa moltiplicazione così generale e, in qualche modo, contemporanea sarebbe stata impossibile con un tipo primitivo unico.
D'altronde, la vita di un individuo, soprattutto la vita di un individuo nascente, è sottoposta a tante e tali vicissitudini che tutta una creazione, senza la pluralità dei tipi, avrebbe potuto essere compromessa. Ciò, inoltre, implicherebbe una imprevidenza inammissibile da parte del sovrano Creatore. D'altro canto se un tipo ha potuto formarsi su un punto, esso potrebbe essersi formato su parecchi altri punti per effetto della medesima causa.
Tutto concorre, dunque, a provare che vi è stata una creazione simultanea e multipla delle prime coppie di ciascuna specie animale e vegetale.
3. La formazione dei primi esseri viventi può dedursi, per analogia, dalla medesima legge secondo la quale i corpi inorganici si sono formati e si formano tutti i giorni. Nella misura in cui si approfondisce lo studio delle leggi della natura, si vedono i suoi ingranaggi, che di primo acchito sembrano così complicati, semplificarsi e confondersi nella grande legge di unità che presiede a tutta l'opera della creazione. Ciò si comprenderà meglio quando ci si sarà resi conto della formazione dei corpi inorganici, che ne è il primo gradino.
4. La chimica considera come elementari un certo numero di sostanze, quali l'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto, il carbonio, il cloro, lo iodio, il fluoro, lo zolfo, il fosforo e tutti i metalli. Combinandosi tra loro, essi formano i corpi composti: gli ossidi, gli acidi, gli alcali, i sali e le innumerevoli varietà che risultano dalla combinazione di questi.
La combinazione di due corpi per formarne un terzo esige uno speciale concorso di circostanze: sia un determinato grado di calore, di secchezza o di umidità, sia il movimento o il riposo, sia una corrente elettrica ecc. Se non esistono queste condizioni, la combinazione non si attuerà.
La combinazione di due corpi per formarne un terzo esige uno speciale concorso di circostanze: sia un determinato grado di calore, di secchezza o di umidità, sia il movimento o il riposo, sia una corrente elettrica ecc. Se non esistono queste condizioni, la combinazione non si attuerà.
5. Quando una combinazione si verifica, i corpi componenti perdono le loro proprietà caratteristiche, mentre il composto che da essi risulta ne possiede di nuove, differenti dalle proprietà dei componenti. È così, per esempio, che l'ossigeno e l'idrogeno, che sono gas invisibili, combinandosi chimicamente, formano l'acqua, che è liquida, solida o aeriforme, a seconda della temperatura. Nell'acqua non ci sono più, per essere esatti, né ossigeno né idrogeno, ma un nuovo corpo. Decomposta quest'acqua, i due gas, ridivenuti liberi, ritrovano le loro proprietà, e l'acqua non c'è più. La medesima quantità d'acqua può essere così alternativamente decomposta e ricomposta all'infinito.
6. La composizione e la decomposizione dei corpi si verificano in virtù del grado di affinità che i principi elementari hanno gli uni verso gli altri. La formazione dell'acqua, per esempio, risulta dall'affinità reciproca dell'ossigeno e dell'idrogeno. Ma se si mette a contatto con l'acqua un corpo che abbia per l'ossigeno più affinità di quanta questo ne abbia per l'idrogeno, l'acqua si decompone. L'ossigeno viene assorbito, l'idrogeno diviene libero, e l'acqua non c'è più.
7. I corpi composti vengono sempre formati secondo proporzioni definite, vale a dire attraverso la combinazione di una determinata quantità dei principi costituenti. Così, per formare l'acqua occorrono una parte di ossigeno e due d'idrogeno. Se due parti di ossigeno sono combinate con due d'idrogeno, invece dell'acqua si ottiene il perossido d'idrogeno, liquido corrosivo, eppure formato dagli stessi elementi dell'acqua, ma in proporzioni diverse.
8. Tale è, in breve, la legge che presiede alla formazione di tutti i corpi della natura. L'innumerevole varietà di questi corpi risulta da un piccolissimo numero di principi elementari combinati in proporzioni differenti.
Così l'ossigeno, combinato secondo certe proporzioni con il carbonio, lo zolfo e il fosforo, forma l'acido carbonico, l'acido solforico e l'acido fosforico. L'ossigeno e il ferro formano l'ossido di ferro o ruggine. L'ossigeno e il piombo, tutti e due innocui, danno luogo agli ossidi di piombo, quali il litargirio, la biacca e il minio, che sono velenosi. L'ossigeno, con metalli quali il calcio, il sodio e il potassio, forma la calce, la soda, la potassa. La calce unita all'acido carbonico forma i carbonati di calcio, o pietre calcaree, come il marmo, il gesso, la pietra da costruzione, le stalattiti delle grotte. Unita all'acido solforico, la calce forma il solfato di calce, o gesso, e l'alabastro; unita all'acido fosforico forma il fosfato di calcio, base solida delle ossa. Il cloro e l'idrogeno danno luogo all'acido cloridrico o idroclorico; il cloro e il sodio formano il cloruro di sodio o sale marino.
Così l'ossigeno, combinato secondo certe proporzioni con il carbonio, lo zolfo e il fosforo, forma l'acido carbonico, l'acido solforico e l'acido fosforico. L'ossigeno e il ferro formano l'ossido di ferro o ruggine. L'ossigeno e il piombo, tutti e due innocui, danno luogo agli ossidi di piombo, quali il litargirio, la biacca e il minio, che sono velenosi. L'ossigeno, con metalli quali il calcio, il sodio e il potassio, forma la calce, la soda, la potassa. La calce unita all'acido carbonico forma i carbonati di calcio, o pietre calcaree, come il marmo, il gesso, la pietra da costruzione, le stalattiti delle grotte. Unita all'acido solforico, la calce forma il solfato di calce, o gesso, e l'alabastro; unita all'acido fosforico forma il fosfato di calcio, base solida delle ossa. Il cloro e l'idrogeno danno luogo all'acido cloridrico o idroclorico; il cloro e il sodio formano il cloruro di sodio o sale marino.
9. Tutte queste combinazioni, e migliaia di altre che si ottengono artificialmente in piccole quantità nei laboratori di chimica, si verificano spontaneamente su vasta scala nel grande laboratorio della natura.
La Terra, alla sua origine, non conteneva queste materie in combinazione, ma soltanto i loro principi costituenti volatilizzati. Quando le terre calcaree e altre, divenute poi col tempo pietrose, si sono depositate sulla sua superficie, quelle materie non erano ancora del tutto formate. Ma nell'aria, allo stato gassoso, si trovavano tutte le sostanze primitive. Queste sostanze, precipitate per effetto del raffreddamento, sotto l'influenza di circostanze favorevoli, si sono combinate secondo il grado della loro affinità molecolare. Ed è allora che si sono formate le differenti varietà di carbonati, di solfati ecc., dapprima in dissoluzione nelle acque, in seguito depositate sulla superficie del suolo.
Supponiamo che, per una causa qualsiasi, la Terra ritornasse al suo stato primitivo d'incandescenza: tutto ciò si decomporrebbe. Gli elementi si separerebbero; tutte le sostanze fusibili si fonderebbero; tutte quelle che sono volatilizzabili si volatilizzerebbero. Poi un secondo raffreddamento porterebbe con sé una nuova precipitazione, e le antiche combinazioni si formerebbero di nuovo.
La Terra, alla sua origine, non conteneva queste materie in combinazione, ma soltanto i loro principi costituenti volatilizzati. Quando le terre calcaree e altre, divenute poi col tempo pietrose, si sono depositate sulla sua superficie, quelle materie non erano ancora del tutto formate. Ma nell'aria, allo stato gassoso, si trovavano tutte le sostanze primitive. Queste sostanze, precipitate per effetto del raffreddamento, sotto l'influenza di circostanze favorevoli, si sono combinate secondo il grado della loro affinità molecolare. Ed è allora che si sono formate le differenti varietà di carbonati, di solfati ecc., dapprima in dissoluzione nelle acque, in seguito depositate sulla superficie del suolo.
Supponiamo che, per una causa qualsiasi, la Terra ritornasse al suo stato primitivo d'incandescenza: tutto ciò si decomporrebbe. Gli elementi si separerebbero; tutte le sostanze fusibili si fonderebbero; tutte quelle che sono volatilizzabili si volatilizzerebbero. Poi un secondo raffreddamento porterebbe con sé una nuova precipitazione, e le antiche combinazioni si formerebbero di nuovo.
10. Queste considerazioni provano quanto la chimica fosse necessaria per la comprensione della Genesi. Prima della conoscenza delle leggi sull'affinità molecolare, era impossibile comprendere la formazione della Terra. Questa scienza ha illuminato d'una luce del tutto nuova la questione, come l'astronomia e la geologia l'hanno fatto da altri punti di vista.
11. Nella formazione dei corpi solidi, uno dèi fenomeni più notevoli è quello della cristallizzazione, la quale consiste nella forma regolare che assumono certe sostanze al momento del loro passaggio dallo stato liquido o gassoso allo stato solido. Questa forma, che varia secondo la natura della sostanza, è generalmente quella di solidi geometrici, quali il prisma, il romboide, il cubo, la piramide. Tutti conoscono i cristalli di zucchero candito; i cristalli di rocca, o silice cristallizzata, sono prismi a sei facce che terminano in una piramide egualmente esagonale; il diamante è carbonio puro, o carbone cristallizzato; i disegni che, d'inverno, si producono sui vetri sono dovuti alla cristallizzazione del vapore acqueo, durante la congelazione, sotto forma di aghi prismatici.
La disposizione regolare dei cristalli corrisponde alla forma particolare delle molecole di ciascun corpo. Queste particelle, infinitamente piccole per noi, ma che non tralasciano per questo di occupare un certo spazio, sollecitate le une verso le altre dall'attrazione molecolare, si sistemano e si giustappongono, secondo l'esigenza della loro forma, in maniera da prendere ciascuna il suo posto attorno al nucleo, o primo centro d'attrazione, e formare così un insieme simmetrico.
La cristallizzazione si attua soltanto sotto l'influenza di determinate circostanze favorevoli, in assenza delle quali essa non può aver luogo. Costituiscono condizioni essenziali il grado della temperatura e lo stato di quiescenza. Ben si comprende come un calore troppo forte, mantenendo le molecole distanziate, non permetterebbe loro di condensarsi. Inoltre, opponendosi l'agitazione alla loro disposizione simmetrica, esse non formerebbero che una massa confusa e irregolare, e non, pertanto, una cristallizzazione propriamente detta.
La disposizione regolare dei cristalli corrisponde alla forma particolare delle molecole di ciascun corpo. Queste particelle, infinitamente piccole per noi, ma che non tralasciano per questo di occupare un certo spazio, sollecitate le une verso le altre dall'attrazione molecolare, si sistemano e si giustappongono, secondo l'esigenza della loro forma, in maniera da prendere ciascuna il suo posto attorno al nucleo, o primo centro d'attrazione, e formare così un insieme simmetrico.
La cristallizzazione si attua soltanto sotto l'influenza di determinate circostanze favorevoli, in assenza delle quali essa non può aver luogo. Costituiscono condizioni essenziali il grado della temperatura e lo stato di quiescenza. Ben si comprende come un calore troppo forte, mantenendo le molecole distanziate, non permetterebbe loro di condensarsi. Inoltre, opponendosi l'agitazione alla loro disposizione simmetrica, esse non formerebbero che una massa confusa e irregolare, e non, pertanto, una cristallizzazione propriamente detta.
12. La legge che presiede alla formazione dei minerali conduce naturalmente alla formazione dei corpi organici.
L'analisi chimica dimostra che tutte le sostanze vegetali e animali sono composte dai medesimi elementi che compongono i corpi inorganici. Di questi elementi, quelli che svolgono il ruolo principale sono l'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto e il carbonio; gli altri non vi rientrano che accessoriamente. Come nel regno minerale, anche nel regno animale e vegetale la differenza di proporzione nella combinazione di quegli elementi produce tutte le varietà di sostanze organiche e le loro proprietà diverse, quali i muscoli, le ossa, il sangue, la bile, i nervi, la materia cerebrale, il grasso, presso gli animali; mentre presso i vegetali produce la linfa, il legno, le foglie, i frutti, le essenze, gli oli, le resine ecc. Così nella formazione degli animali e delle piante non entra alcun corpo speciale che non si incontri altrettanto nel regno minerale.*
* La tabella dell'analisi di alcune sostanze, che qui sotto riportiamo, mostra la differenza delle proprietà che risulta dalla sola differenza nella proporzione degli elementi costituenti. Su 100 parti abbiamo:
L'analisi chimica dimostra che tutte le sostanze vegetali e animali sono composte dai medesimi elementi che compongono i corpi inorganici. Di questi elementi, quelli che svolgono il ruolo principale sono l'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto e il carbonio; gli altri non vi rientrano che accessoriamente. Come nel regno minerale, anche nel regno animale e vegetale la differenza di proporzione nella combinazione di quegli elementi produce tutte le varietà di sostanze organiche e le loro proprietà diverse, quali i muscoli, le ossa, il sangue, la bile, i nervi, la materia cerebrale, il grasso, presso gli animali; mentre presso i vegetali produce la linfa, il legno, le foglie, i frutti, le essenze, gli oli, le resine ecc. Così nella formazione degli animali e delle piante non entra alcun corpo speciale che non si incontri altrettanto nel regno minerale.*
* La tabella dell'analisi di alcune sostanze, che qui sotto riportiamo, mostra la differenza delle proprietà che risulta dalla sola differenza nella proporzione degli elementi costituenti. Su 100 parti abbiamo:
Carbonio |
Idrogeno |
Ossigeno |
Azoto |
|
Zucchero di canna |
42.470 |
6.900 |
50.530 |
- |
Zucchero d’uva |
36.710 |
6.780 |
56.510 |
- |
Alcol |
51.980 |
13.700 |
34.320 |
- |
Olio d’oliva |
77.210 |
13.360 |
9.430 |
- |
Olio di noce |
79.774 |
10.570 |
9.122 |
0,534 |
Grasso |
78.996 |
11.700 |
9.304 |
- |
Fibrina |
53.360 |
7.021 |
19.686 |
19.934 |
13. Alcuni comuni esempi faranno comprendere le trasformazioni che si verificano nel regno organico attraverso la sola modificazione degli elementi costitutivi.
Nel succo d'uva non ci sono ancora né vino né alcol, ma semplicemente dell'acqua e dello zucchero. Quando questo succo è arrivato a maturazione e si trova nelle condizioni propizie, si produce in esso una trasformazione interna, alla quale si dà il nome di fermentazione. In questo travaglio, una parte dello zucchero si decompone; l'ossigeno, l'idrogeno e il carbonio si separano e si combinano nelle proporzioni necessarie a produrre l'alcol. Cosicché, bevendo del succo d'uva, in realtà non si beve affatto dell'alcol, dal momento che questo ancora non esiste: esso andrà formandosi con le parti costituenti dell'acqua e dello zucchero, senza che vi sia una molecola in più o in meno.
Nel pane e nei legumi che noi mangiamo non ci sono certamente né carne né sangue né ossi né bile né materia cerebrale; tuttavia quegli stessi alimenti, decomponendosi e ricomponendosi attraverso il lavoro della digestione, producono queste diverse sostanze attraverso la sola trasformazione dei loro elementi costitutivi.
Nel seme di un albero non vi sono né legno né foglie né fiori né frutti, e sarebbe puerile credere che l'intero albero, in forma microscopica, si trovi nel seme. Non c'è in questo seme, neppure lontanamente, la quantità d'ossigeno, d'idrogeno e di carbonio necessaria a formare una foglia di quell'albero. Il seme racchiude un germe che si schiude quando si trova in condizioni favorevoli; questo germe cresce attraverso i succhi che attinge dalla terra e i gas che aspira dall'aria. Questi succhi, che non sono né del legno né delle foglie né dei fiori né dei frutti, infiltrandosi nella pianta, ne formano la linfa, così come gli alimenti, presso gli animali, ne formano il sangue. Questa linfa, trasportata per mezzo della circolazione in tutte le parti del vegetale, si trasforma — a seconda degli organi in cui giunge e nei quali subisce una elaborazione particolare — in legno, foglie, frutti, proprio come il sangue si trasforma in carne, ossa, bile ecc. E, nondimeno, sono sempre i medesimi elementi: ossigeno, idrogeno, azoto e carbonio diversamente combinati.
Nel succo d'uva non ci sono ancora né vino né alcol, ma semplicemente dell'acqua e dello zucchero. Quando questo succo è arrivato a maturazione e si trova nelle condizioni propizie, si produce in esso una trasformazione interna, alla quale si dà il nome di fermentazione. In questo travaglio, una parte dello zucchero si decompone; l'ossigeno, l'idrogeno e il carbonio si separano e si combinano nelle proporzioni necessarie a produrre l'alcol. Cosicché, bevendo del succo d'uva, in realtà non si beve affatto dell'alcol, dal momento che questo ancora non esiste: esso andrà formandosi con le parti costituenti dell'acqua e dello zucchero, senza che vi sia una molecola in più o in meno.
Nel pane e nei legumi che noi mangiamo non ci sono certamente né carne né sangue né ossi né bile né materia cerebrale; tuttavia quegli stessi alimenti, decomponendosi e ricomponendosi attraverso il lavoro della digestione, producono queste diverse sostanze attraverso la sola trasformazione dei loro elementi costitutivi.
Nel seme di un albero non vi sono né legno né foglie né fiori né frutti, e sarebbe puerile credere che l'intero albero, in forma microscopica, si trovi nel seme. Non c'è in questo seme, neppure lontanamente, la quantità d'ossigeno, d'idrogeno e di carbonio necessaria a formare una foglia di quell'albero. Il seme racchiude un germe che si schiude quando si trova in condizioni favorevoli; questo germe cresce attraverso i succhi che attinge dalla terra e i gas che aspira dall'aria. Questi succhi, che non sono né del legno né delle foglie né dei fiori né dei frutti, infiltrandosi nella pianta, ne formano la linfa, così come gli alimenti, presso gli animali, ne formano il sangue. Questa linfa, trasportata per mezzo della circolazione in tutte le parti del vegetale, si trasforma — a seconda degli organi in cui giunge e nei quali subisce una elaborazione particolare — in legno, foglie, frutti, proprio come il sangue si trasforma in carne, ossa, bile ecc. E, nondimeno, sono sempre i medesimi elementi: ossigeno, idrogeno, azoto e carbonio diversamente combinati.
14. Le differenti combinazioni degli elementi, per la formazione delle sostanze minerali, vegetali e animali, non possono dunque verificarsi se non nelle circostanze e negli ambienti propizi; al di fuori di questi casi, i principi elementari si trovano in una sorta d'inerzia. Ma, non appena le circostanze sono favorevoli, ha inizio un lavoro di elaborazione: le molecole entrano in movimento. Esse si agitano e, in virtù della legge delle affinità, si attirano, si avvicinano, si separano, quindi, attraverso le loro molteplici combinazioni, compongono l'infinita varietà delle sostanze. Queste condizioni cessano, e il lavoro viene improvvisamente interrotto, per ricominciare quando le condizioni propizie si presenteranno di nuovo. È così che la vegetazione si attiva, rallenta, s'interrompe e riprende, sotto l'azione del calore, della luce, dell'umidità, del freddo o della siccità; è così che la tal pianta prospera in un dato clima o in un dato terreno, mentre avvizzisce o muore in altri.
15. Ciò che avviene quotidianamente sotto i nostri occhi può metterci sulla strada di ciò che avvenne all'origine dei tempi, poiché le leggi della natura sono invariabili.
Siccome gli elementi costitutivi degli esseri organici e inorganici sono i medesimi; siccome noi li vediamo formare incessantemente, sotto l'influenza di certe circostanze, le pietre, le piante e i frutti, possiamo concludere che i corpi dei primi esseri viventi si sono formati, come le prime pietre, attraverso l'unione di molecole elementari grazie alla legge di affinità, nella misura in cui le condizioni di vitalità del globo terrestre sono state propizie alla tale o talaltra specie.
La similitudine di forma e di colore, nella riproduzione degli individui di ciascuna specie, può essere paragonata alla similitudine della forma di ogni specie di cristallo. Le molecole, giustapponendosi, sotto l'influenza della medesima legge, producono un insieme analogo.
Siccome gli elementi costitutivi degli esseri organici e inorganici sono i medesimi; siccome noi li vediamo formare incessantemente, sotto l'influenza di certe circostanze, le pietre, le piante e i frutti, possiamo concludere che i corpi dei primi esseri viventi si sono formati, come le prime pietre, attraverso l'unione di molecole elementari grazie alla legge di affinità, nella misura in cui le condizioni di vitalità del globo terrestre sono state propizie alla tale o talaltra specie.
La similitudine di forma e di colore, nella riproduzione degli individui di ciascuna specie, può essere paragonata alla similitudine della forma di ogni specie di cristallo. Le molecole, giustapponendosi, sotto l'influenza della medesima legge, producono un insieme analogo.
Principio vitale.
17. Il principio vitale è forse qualcosa di distinto, qualcosa che ha una esistenza propria? Oppure, integrato nel sistema dell'unità dell'elemento generatore, non è che uno stato speciale, una delle modificazioni del fluido cosmico universale che diventa principio di vita, come diventa luce, fuoco, calore, elettricità? È in quest'ultimo senso che il problema viene risolto dalle comunicazioni che sono state più indietro riportate (cap. VI, "Uranografia generale").
Ma qualunque sia l'opinione che ci si possa fare sulla natura del principio vitale, esso esiste, poiché se ne vedono gli effetti. Si può dunque logicamente ammettere che, formandosi, gli esseri organici abbiano assimilato il principio vitale che era necessario alla loro destinazione. Oppure, se si vuole, si può affermare che questo principio si è sviluppato in ogni individuo, per l'effetto stesso della combinazione degli elementi, come vediamo svilupparsi, sotto l'influsso di determinate circostanze, il calore, la luce e l'elettricità.
Ma qualunque sia l'opinione che ci si possa fare sulla natura del principio vitale, esso esiste, poiché se ne vedono gli effetti. Si può dunque logicamente ammettere che, formandosi, gli esseri organici abbiano assimilato il principio vitale che era necessario alla loro destinazione. Oppure, se si vuole, si può affermare che questo principio si è sviluppato in ogni individuo, per l'effetto stesso della combinazione degli elementi, come vediamo svilupparsi, sotto l'influsso di determinate circostanze, il calore, la luce e l'elettricità.
18. L'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto e il carbonio, combinandosi senza il principio vitale, non avrebbero formato che un solo minerale o corpo inorganico; il principio vitale, modificando la costituzione molecolare di questo corpo, gli dà proprietà speciali. Invece di una molecola minerale, si ha una molecola di materia organica.
L'attività del principio vitale è alimentata durante la vita dall'azione del funzionamento degli organi, allo stesso modo che il calore è mantenuto dal movimento di rotazione di una ruota. Quando questa azione cessa con la morte, il principio vitale si spegne, come avviene per il calore quando la ruota cessa di girare. Ma l'effetto prodotto sullo stato molecolare del corpo, attraverso il principio vitale, sussiste anche dopo l'estinzione di questo principio, come la carbonizzazione del legno persiste dopo l'estinzione del calore. Nell'analisi dei corpi organici, la chimica ne ritrova gli elementi costitutivi: ossigeno, idrogeno, azoto e carbonio; ma non può ricostituirli, perché, non esistendo più la causa, essa non può riprodurre l'effetto, mentre può ricostituire una pietra.
L'attività del principio vitale è alimentata durante la vita dall'azione del funzionamento degli organi, allo stesso modo che il calore è mantenuto dal movimento di rotazione di una ruota. Quando questa azione cessa con la morte, il principio vitale si spegne, come avviene per il calore quando la ruota cessa di girare. Ma l'effetto prodotto sullo stato molecolare del corpo, attraverso il principio vitale, sussiste anche dopo l'estinzione di questo principio, come la carbonizzazione del legno persiste dopo l'estinzione del calore. Nell'analisi dei corpi organici, la chimica ne ritrova gli elementi costitutivi: ossigeno, idrogeno, azoto e carbonio; ma non può ricostituirli, perché, non esistendo più la causa, essa non può riprodurre l'effetto, mentre può ricostituire una pietra.
19. Abbiamo preso come termine di paragone il calore sviluppato dal movimento di una ruota, poiché è un effetto comune, conosciuto da tutti e più facile da comprendere; ma sarebbe stato più esatto dire che nella combinazione degli elementi per formare i corpi organici, si sviluppa dell'elettricità. I corpi organici sarebbero così delle vere pile elettriche, che funzionano finché gli elementi di queste pile si trovano nelle condizioni necessarie per produrre l'elettricità: è la vita; esse cessano di funzionare, quanto tali condizioni spariscono: è la morte.
Secondo questo modo di vedere, il principio vitale non sarebbe altro che quella specie particolare di elettricità, denominata elettricità animale, liberata durante la vita dall'azione degli organi, e la cui produzione viene arrestata alla morte dalla cessazione di questa azione.
Secondo questo modo di vedere, il principio vitale non sarebbe altro che quella specie particolare di elettricità, denominata elettricità animale, liberata durante la vita dall'azione degli organi, e la cui produzione viene arrestata alla morte dalla cessazione di questa azione.
Generazione spontanea.
20. Ci si domanda, naturalmente, perché non si formino più esseri viventi nelle medesime condizioni in cui si formarono i primi che apparvero sulla Terra.
La questione della generazione spontanea, di cui oggi tanto s'interessa la scienza, benché ancora presenti varie e differenti soluzioni, non può mancare di gettare una luce su questa argomentazione. Il problema da affrontare è questo: si formano ancora spontaneamente, ai nostri giorni, esseri organici attraverso la sola unione degli elementi costitutivi, senza germi previamente prodotti secondo il modo ordinario di generare, altrimenti detto senza né padri né madri?
I sostenitori della generazione spontanea rispondono affermativamente, appoggiandosi su osservazioni dirette che sembrano risolutive. Altri invece pensano che tutti gli esseri viventi si riproducono gli uni attraverso gli altri, e si basano sul fatto, comprovato dalla esperienza, secondo cui i germi di certe specie vegetali e animali, anche dispersi, possono conservare una vitalità latente per un tempo considerevole, fin quando le circostanze non siano favorevoli al loro schiudersi. Questa opinione lascia sempre sussistere la questione della formazione dei primi tipi di ciascuna specie.
La questione della generazione spontanea, di cui oggi tanto s'interessa la scienza, benché ancora presenti varie e differenti soluzioni, non può mancare di gettare una luce su questa argomentazione. Il problema da affrontare è questo: si formano ancora spontaneamente, ai nostri giorni, esseri organici attraverso la sola unione degli elementi costitutivi, senza germi previamente prodotti secondo il modo ordinario di generare, altrimenti detto senza né padri né madri?
I sostenitori della generazione spontanea rispondono affermativamente, appoggiandosi su osservazioni dirette che sembrano risolutive. Altri invece pensano che tutti gli esseri viventi si riproducono gli uni attraverso gli altri, e si basano sul fatto, comprovato dalla esperienza, secondo cui i germi di certe specie vegetali e animali, anche dispersi, possono conservare una vitalità latente per un tempo considerevole, fin quando le circostanze non siano favorevoli al loro schiudersi. Questa opinione lascia sempre sussistere la questione della formazione dei primi tipi di ciascuna specie.
21. Senza discutere i due sistemi, conviene sottolineare che il principio della generazione spontanea non può evidentemente applicarsi che agli esseri degli ordini più infimi del regno vegetale e del regno animale, a quelli nei quali la vita incomincia a sorgere, e il cui organismo, estremamente semplice, è, in certo modo, rudimentale. Sono stati questi, in effetti, i primi ad apparire sulla Terra, e la loro formazione dovette essere spontanea. Assisteremmo così a una creazione permanente, analoga a quella che ebbe luogo nelle prime età del mondo.
22. Ma allora perché non vediamo formarsi alla stessa maniera gli esseri dagli organismi complessi? Questi esseri non sono sempre esistiti — questo è un fatto certo — quindi hanno avuto un inizio. Se il muschio, il lichene, lo zoofito, l'infusorio, i vermi intestinali e altri organismi possono prodursi spontaneamente perché non avviene la stessa cosa per gli alberi, i pesci, i cani, i cavalli?
Qui, per il momento, s'interrompono le indagini; si perde il filo conduttore, e, finché non lo si sarà trovato, il campo resta aperto alle ipotesi. Sarebbe quindi imprudente e prematuro presentare puri sistemi come verità assolute.
Qui, per il momento, s'interrompono le indagini; si perde il filo conduttore, e, finché non lo si sarà trovato, il campo resta aperto alle ipotesi. Sarebbe quindi imprudente e prematuro presentare puri sistemi come verità assolute.
23. Se la generazione spontanea è un fatto dimostrato, per quanto limitato possa essere, non cessa comunque di costituire un fatto fondamentale, un punto base che può mettere sulla strada di nuove osservazioni. Se gli esseri organici complessi non si producono in questa maniera, chi può sapere come essi abbiano avuto inizio? Chi conosce il segreto di tutte le trasformazioni? Quando mai si vede la quercia uscire dalla ghianda? Chi può dire che non esista un legame misterioso tra il polipo e l'elefante? (n. 25).
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, noi non possiamo stabilire la teoria della generazione spontanea permanente se non come una ipotesi probabile e che, forse un giorno, potrà prendere posto tra le verità scientifiche riconosciute.*
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, noi non possiamo stabilire la teoria della generazione spontanea permanente se non come una ipotesi probabile e che, forse un giorno, potrà prendere posto tra le verità scientifiche riconosciute.*
* Rivista Spiritista, luglio 1868, pag. 201: "Sviluppo della teoria della generazione spontanea".
Scala degli esseri organici.
24. Tra il regno vegetale e il regno animale non esiste una delimitazione nettamente tracciata. Ai confini di questi due regni ci sono gli zoofiti o animali-piante, il cui nome sta a indicare ch'essi fanno parte dell'uno e dell'altro regno: è questo l'anello di congiunzione.
Come gli animali, anche le piante nascono, vivono, crescono, si nutrono, respirano, si riproducono e muoiono. Come gli animali, per vivere esse hanno bisogno di luce, di calore e di acqua; se ne vengono private, appassiscono e muoiono; l'assorbimento di aria viziata e di sostanze deleterie le avvelena. Il loro carattere distintivo più accentuato è quello di essere fissate al suolo e di trarre da esso il loro nutrimento senza spostarsi.
Lo zoofito ha l'aspetto esteriore di una pianta; come pianta si mantiene fisso al suolo, mentre come animale, la vita in esso è più accentuata e trae il suo nutrimento dall'ambiente.
Un gradino più su, l'animale è libero e va a cercarsi il nutrimento: vediamo in primo luogo le innumerevoli varietà di polipi dal corpo gelatinoso, senza organi ben distinti, e che differiscono dalle piante solo per la loro facoltà di movimento. Seguono poi, secondo l'ordine di sviluppo degli organi, dell'attività vitale e dell'istinto, gli elminti o vermi intestinali; i molluschi, animali carnosi, senza ossa, alcuni dei quali sono nudi, come le limacce, i polpi o piovre, mentre altri sono provvisti di conchiglia, come le chiocciole e le ostriche; i crostacei, la cui pelle è rivestita da una crosta dura, come i gamberi e le aragoste; gli insetti, presso i quali la vita assume un'attività prodigiosa, e si manifesta l'istinto industrioso, come nella formica, nell'ape e nel ragno. Alcuni di questi insetti subiscono una metamorfosi, come il bruco che si trasforma in elegante farfalla. Viene poi l'ordine dei vertebrati, animali con struttura ossea, che comprende i pesci, i rettili, gli uccelli. Seguono, infine, i mammiferi, la cui organizzazione è la più completa.
Come gli animali, anche le piante nascono, vivono, crescono, si nutrono, respirano, si riproducono e muoiono. Come gli animali, per vivere esse hanno bisogno di luce, di calore e di acqua; se ne vengono private, appassiscono e muoiono; l'assorbimento di aria viziata e di sostanze deleterie le avvelena. Il loro carattere distintivo più accentuato è quello di essere fissate al suolo e di trarre da esso il loro nutrimento senza spostarsi.
Lo zoofito ha l'aspetto esteriore di una pianta; come pianta si mantiene fisso al suolo, mentre come animale, la vita in esso è più accentuata e trae il suo nutrimento dall'ambiente.
Un gradino più su, l'animale è libero e va a cercarsi il nutrimento: vediamo in primo luogo le innumerevoli varietà di polipi dal corpo gelatinoso, senza organi ben distinti, e che differiscono dalle piante solo per la loro facoltà di movimento. Seguono poi, secondo l'ordine di sviluppo degli organi, dell'attività vitale e dell'istinto, gli elminti o vermi intestinali; i molluschi, animali carnosi, senza ossa, alcuni dei quali sono nudi, come le limacce, i polpi o piovre, mentre altri sono provvisti di conchiglia, come le chiocciole e le ostriche; i crostacei, la cui pelle è rivestita da una crosta dura, come i gamberi e le aragoste; gli insetti, presso i quali la vita assume un'attività prodigiosa, e si manifesta l'istinto industrioso, come nella formica, nell'ape e nel ragno. Alcuni di questi insetti subiscono una metamorfosi, come il bruco che si trasforma in elegante farfalla. Viene poi l'ordine dei vertebrati, animali con struttura ossea, che comprende i pesci, i rettili, gli uccelli. Seguono, infine, i mammiferi, la cui organizzazione è la più completa.
25. Se si considerano soltanto i due punti estremi della catena, senza dubbio non si riscontrerà alcuna analogia apparente; ma se si passa da un anello all'altro, senza soluzione di continuità, si arriva, senza brusche transizioni, dalla pianta agli animali vertebrati. Ben si comprende allora che gli animali a organizzazione complessa possono essere soltanto una trasformazione o, se si vuole, un'evoluzione graduale, dapprima insensibile, della specie immediatamente inferiore, e così, progressivamente fino al primitivo essere elementare. Fra la ghianda e la quercia, grande è la differenza. Tuttavia, se si segue passo a passo lo sviluppo della ghianda, si arriva alla quercia e non ci si stupisce più che essa provenga da un così piccolo seme. Se dunque la ghianda racchiude in modo latente gli elementi atti alla formazione di un albero gigantesco, perché non potrebbe avvenire egualmente dall'acaro all'elefante? (n. 23).
Secondo quanto detto, ben si comprende come non esista una generazione spontanea se non per gli esseri organici elementari. Le specie superiori sarebbero il prodotto delle trasformazioni successive di questi stessi esseri, nella misura in cui le condizioni climatiche fossero divenute loro propizie. Acquisendo ogni specie la facoltà di riprodursi, gli incroci hanno portato a innumerevoli varietà. E poi, una volta installata la specie, in condizioni durature di vitalità, chi ci dice che i germi primitivi, da cui essa è sorta, non siano spariti per sempre, come ormai inutili? Chi ci dice che il nostro attuale acaro sia lo stesso che, di trasformazione in trasformazione, ha prodotto l'elefante? Si spiegherebbe così perché non esiste generazione spontanea tra gli animali a organizzazione complessa.
Questa teoria, senza essere stata ancora ammessa in maniera definitiva, è quella che tende evidentemente a. predominare al giorno d'oggi in seno alla scienza. Essa è accolta dagli osservatori seri come la più razionale.
Secondo quanto detto, ben si comprende come non esista una generazione spontanea se non per gli esseri organici elementari. Le specie superiori sarebbero il prodotto delle trasformazioni successive di questi stessi esseri, nella misura in cui le condizioni climatiche fossero divenute loro propizie. Acquisendo ogni specie la facoltà di riprodursi, gli incroci hanno portato a innumerevoli varietà. E poi, una volta installata la specie, in condizioni durature di vitalità, chi ci dice che i germi primitivi, da cui essa è sorta, non siano spariti per sempre, come ormai inutili? Chi ci dice che il nostro attuale acaro sia lo stesso che, di trasformazione in trasformazione, ha prodotto l'elefante? Si spiegherebbe così perché non esiste generazione spontanea tra gli animali a organizzazione complessa.
Questa teoria, senza essere stata ancora ammessa in maniera definitiva, è quella che tende evidentemente a. predominare al giorno d'oggi in seno alla scienza. Essa è accolta dagli osservatori seri come la più razionale.
L'uomo corporeo.
29. Qualunque cosa possa venire a costare al suo orgoglio, l'uomo deve rassegnarsi a vedere nel suo colpo materiale null'altro che l'ultimo anello dell'animalità sulla Terra. Sta qui l'inesorabile argomento dei fatti, contro il quale egli protesterebbe invano.
Ma quanto più il corpo diminuisce di valore ai suoi occhi, tanto più il principio spirituale aumenta d'importanza. Se il primo lo mette al livello del bruto, il secondo lo eleva a un'altezza incommensurabile. Noi vediamo il cerchio dentro il quale l'animale si arresta; ma non vediamo il limite a cui può giungere lo Spirito dell'uomo.
Ma quanto più il corpo diminuisce di valore ai suoi occhi, tanto più il principio spirituale aumenta d'importanza. Se il primo lo mette al livello del bruto, il secondo lo eleva a un'altezza incommensurabile. Noi vediamo il cerchio dentro il quale l'animale si arresta; ma non vediamo il limite a cui può giungere lo Spirito dell'uomo.
27. Nella classe dei mammiferi, l'uomo appartiene all'ordine dei Bimani. Immediatamenteal di sotto vengono i Quadrumani (animali a quattro mani), o scimmie, alcuni dei quali, come l'orangutango e lo scimpanzé, hanno talune delle condotte dell'uomo, a tal punto che per lungo tempo li si è designati con il nome di uomini delle foreste. Come l'uomo, camminano eretti, si servono del bastone, si costruiscono delle capanne, si portano il cibo alla bocca con le mani; tutti segni caratteristici.
28. Per poco che si osservi la scala degli esseri viventi dal punto di vista dell'organismo, si riconosce che, dal lichene fino all'albero e dallo zoofito fino all'uomo, c'è una catena che sale per gradi senza soluzione di continuità, e i cui anelli hanno tutti un punto di contatto con l'anello precedente. Seguendo passo a passo la serie degli esseri, si direbbe che ogni specie è un perfezionamento, una trasformazione della specie immediatamente inferiore. Poiché il corpo dell'uomo si trova nelle condizioni identiche a quelle degli altricorpi, sia chimicamente sia costituzionalmente, poiché egli nasce, vive e muore nel medesimo modo, egli deve anche essersi formato nelle medesime condizioni.
29. Qualunque cosa possa venire a costare al suo orgoglio, l'uomo deve rassegnarsi a vedere nel suo colpo materiale null'altro che l'ultimo anello dell'animalità sulla Terra. Sta qui l'inesorabile argomento dei fatti, contro il quale egli protesterebbe invano.
Ma quanto più il corpo diminuisce di valore ai suoi occhi, tanto più il principio spirituale aumenta d'importanza. Se il primo lo mette al livello del bruto, il secondo lo eleva a un'altezza incommensurabile. Noi vediamo il cerchio dentro il quale l'animale si arresta; ma non vediamo il limite a cui può giungere lo Spirito dell'uomo.
Ma quanto più il corpo diminuisce di valore ai suoi occhi, tanto più il principio spirituale aumenta d'importanza. Se il primo lo mette al livello del bruto, il secondo lo eleva a un'altezza incommensurabile. Noi vediamo il cerchio dentro il quale l'animale si arresta; ma non vediamo il limite a cui può giungere lo Spirito dell'uomo.
30. Il materialismo può vedere da qui che lo Spiritismo, lungi dal temere le scoperte della scienza e il suo positivismo, va loro incontro e anzi li provoca, perché è certo che il principio spirituale, che ha una sua propria esistenza, non può soffrire alcun danno.
Lo Spiritismo avanza di pari passo con il materialismo sul terreno della materia. Esso ammette tutto ciò che il materialismo ammette; ma là, dove il materialismo si arresta, lo Spiritismo va oltre. Lo Spiritismo e il materialismo sono come due viaggiatori che procedano insieme, partendo da un medesimo punto; da qui, arrivati a una certa distanza, uno dei due dice: "Io non posso andare più lontano". L'altro continua la sua strada e scopre un mondo nuovo. Perché dunque il primo dice che il secondo è pazzo? Per il fatto, forse, che questi, intravedendo nuovi orizzonti decide di superare il limite dove all'altro conviene fermarsi? Cristoforo Colombo non fu forse anche lui trattato da folle, perché credeva a un mondo al di là dell'oceano? Quanti la storia ne annovera di tali pazzi sublimi, che hanno fatto avanzare l'umanità, e sui quali si intrecciano corone d'alloro, dopo aver loro gettato tanto fango!
Ebbene, lo Spiritismo, questa follia del diciannovesimo secolo, secondo quelli che si ostinano a rimanere sul ciglio terrestre, ci disvela tutto un mondo, un mondo ben più importante, per l'uomo, dell'America! Gli uomini, infatti, non vanno tutti in America, mentre tutti, senza eccezioni, vanno nel mondo degli Spiriti, facendo incessanti traversate dall'uno all'altro.
Giunti al punto della Genesi in cui siamo arrivati, il materialismo si arresta, mentre lo Spiritismo prosegue le sue ricerche nel campo della Genesi spirituale.
Lo Spiritismo avanza di pari passo con il materialismo sul terreno della materia. Esso ammette tutto ciò che il materialismo ammette; ma là, dove il materialismo si arresta, lo Spiritismo va oltre. Lo Spiritismo e il materialismo sono come due viaggiatori che procedano insieme, partendo da un medesimo punto; da qui, arrivati a una certa distanza, uno dei due dice: "Io non posso andare più lontano". L'altro continua la sua strada e scopre un mondo nuovo. Perché dunque il primo dice che il secondo è pazzo? Per il fatto, forse, che questi, intravedendo nuovi orizzonti decide di superare il limite dove all'altro conviene fermarsi? Cristoforo Colombo non fu forse anche lui trattato da folle, perché credeva a un mondo al di là dell'oceano? Quanti la storia ne annovera di tali pazzi sublimi, che hanno fatto avanzare l'umanità, e sui quali si intrecciano corone d'alloro, dopo aver loro gettato tanto fango!
Ebbene, lo Spiritismo, questa follia del diciannovesimo secolo, secondo quelli che si ostinano a rimanere sul ciglio terrestre, ci disvela tutto un mondo, un mondo ben più importante, per l'uomo, dell'America! Gli uomini, infatti, non vanno tutti in America, mentre tutti, senza eccezioni, vanno nel mondo degli Spiriti, facendo incessanti traversate dall'uno all'altro.
Giunti al punto della Genesi in cui siamo arrivati, il materialismo si arresta, mentre lo Spiritismo prosegue le sue ricerche nel campo della Genesi spirituale.
Capitolo XI - GENESI SPIRITUALE
Principio spirituale
1. L'esistenza del principio
spirituale è un fatto che non ha, per così dire, bisogno di
dimostrazione più di quanta non ne abbia il principio materiale. In un
certo senso è una verità assiomatica. Esso si afferma per i suoi
effetti, come la materia per quelli che le sono propri.
Secondo il principio: "Avendo ogni effetto una causa, ogni effetto intelligente deve avere una causa intelligente", non c'è nessuno che non riesca a fare una distinzione tra il movimento meccanico di una campana agitata dal vento e il movimento, di questa medesima campana, destinato a dare un segnale, un avvertimento, attestando proprio per questa ragione un pensiero, un'intenzione. Orbene, siccome non può venire in niente a nessuno di attribuire il pensiero alla materia della campana, se ne conclude che essa è mossa da una intelligenza alla quale essa serve come strumento per manifestarsi.
Per la stessa ragione, nessuno ha l'idea di attribuire il pensiero al corpo di un uomo morto. Se l'uomo da vivo pensa, è perché c'è in lui qualcosa che non c'è più quando è morto. La differenza che esiste tra lui e la campana è dunque la seguente: l'intelligenza che fa muovere questa è al di fuori di essa, mentre l'intelligenza che fa agire l'uomo è in lui stesso.
Secondo il principio: "Avendo ogni effetto una causa, ogni effetto intelligente deve avere una causa intelligente", non c'è nessuno che non riesca a fare una distinzione tra il movimento meccanico di una campana agitata dal vento e il movimento, di questa medesima campana, destinato a dare un segnale, un avvertimento, attestando proprio per questa ragione un pensiero, un'intenzione. Orbene, siccome non può venire in niente a nessuno di attribuire il pensiero alla materia della campana, se ne conclude che essa è mossa da una intelligenza alla quale essa serve come strumento per manifestarsi.
Per la stessa ragione, nessuno ha l'idea di attribuire il pensiero al corpo di un uomo morto. Se l'uomo da vivo pensa, è perché c'è in lui qualcosa che non c'è più quando è morto. La differenza che esiste tra lui e la campana è dunque la seguente: l'intelligenza che fa muovere questa è al di fuori di essa, mentre l'intelligenza che fa agire l'uomo è in lui stesso.
2. Il principio spirituale è
il corollario dell'esistenza di Dio. Senza questo principio, Dio non
avrebbe ragione di esistere, perché non si potrebbe concepire che la
sovrana intelligenza regnasse per tutta l'eternità sulla sola materia
bruta, più di quanto non si potrebbe concepire che un monarca terrestre
regnasse per tutta la sua vita soltanto su delle pietre. Siccome non si
può ammettere Dio senza gli attributi essenziali della Divinità, che
sono la giustizia e la bontà, queste qualità sarebbero inutili se
dovessero esercitarsi soltanto sulla materia.
3. D’altra parte, non si
potrebbe concepire un Dio sovranamente giusto e buono, che creasse degli
esseri intelligenti e sensibili per destinarli al nulla dopo alcuni
giorni di sofferenze senza compensazioni, rallegrandosi alla vista di
questa successione indefinita di esseri che nascono senza averlo
domandato, che pensano un istante per conoscere solo il dolore, che si
spengono per sempre, dopo una esistenza effimera.
Senza la sopravvivenza dell'essere pensante, le sofferenze della vita sarebbero, da parte di Dio, una crudeltà senza alcun fine. Ecco perché il materialismo e l'ateismo sono i corollari l'uno dell'altro; negando la causa, essi non possono ammettere l'effetto; negando l'effetto, essi non possono ammettere la causa. Il materialismo è dunque coerente con sé stesso, sebbene non lo sia con la ragione.
Senza la sopravvivenza dell'essere pensante, le sofferenze della vita sarebbero, da parte di Dio, una crudeltà senza alcun fine. Ecco perché il materialismo e l'ateismo sono i corollari l'uno dell'altro; negando la causa, essi non possono ammettere l'effetto; negando l'effetto, essi non possono ammettere la causa. Il materialismo è dunque coerente con sé stesso, sebbene non lo sia con la ragione.
4. L'idea della perpetuità
dell'essere spirituale è innata nell'uomo. Questa idea si trova in lui
allo stato d'intuizione e di aspirazione. L'uomo comprende che soltanto
in essa è la compensazione alle miserie della vita: ecco perché ci sono
sempre stati e ci saranno sempre più spiritualisti che materialisti e
più credenti che atei.
All'idea intuitiva e alla potenza del ragionamento, lo Spiritismo aggiunge la convalida dei fatti, la prova materiale dell'esistenza dell'essere spirituale, della sua sopravvivenza, della sua immortalità e della sua individualità; inoltre, precisa e definisce ciò che questo pensiero aveva di vago e di astratto. Ci dimostra che l'essere intelligente agisce al di fuori della materia, sia durante la vita del corpo, sia dopo.
All'idea intuitiva e alla potenza del ragionamento, lo Spiritismo aggiunge la convalida dei fatti, la prova materiale dell'esistenza dell'essere spirituale, della sua sopravvivenza, della sua immortalità e della sua individualità; inoltre, precisa e definisce ciò che questo pensiero aveva di vago e di astratto. Ci dimostra che l'essere intelligente agisce al di fuori della materia, sia durante la vita del corpo, sia dopo.
5. Il principio spirituale e il principio vitale sono una sola e medesima cosa?
Partendo, come sempre, dall'osservazione dei fatti, diremo che, se il principio vitale fosse inseparabile dal principio intelligente, vi sarebbe qualche motivo per confonderli. Ma poiché si vede che esseri, come le piante, vivono e non pensano; che i corpi umani sono ancora animati dalla vita organica, quando non esiste più alcuna manifestaziorie del pensiero; che, nell'essere vivente, si producono dei movimenti vitali indipendenti da ogni atto della volontà; che durante il sonno, la vita organica permane in tutta la sua attività, mentre la vita intellettuale non si manifesta attraverso alcun segno, esteriore, allora è proprio il caso di ammettere che la vita organica risiede in un principio inerente alla materia, indipendente dalla vita spirituale la quale è inerente allo Spirito. Dal momento che la materia ha una vitalità indipendente dallo Spirito, e che lo Spirito ha una vitalità indipendente dalla materia, resta evidente che questa doppia vitalità poggia su due principi differenti (cap. X, nn. 16-19).
Partendo, come sempre, dall'osservazione dei fatti, diremo che, se il principio vitale fosse inseparabile dal principio intelligente, vi sarebbe qualche motivo per confonderli. Ma poiché si vede che esseri, come le piante, vivono e non pensano; che i corpi umani sono ancora animati dalla vita organica, quando non esiste più alcuna manifestaziorie del pensiero; che, nell'essere vivente, si producono dei movimenti vitali indipendenti da ogni atto della volontà; che durante il sonno, la vita organica permane in tutta la sua attività, mentre la vita intellettuale non si manifesta attraverso alcun segno, esteriore, allora è proprio il caso di ammettere che la vita organica risiede in un principio inerente alla materia, indipendente dalla vita spirituale la quale è inerente allo Spirito. Dal momento che la materia ha una vitalità indipendente dallo Spirito, e che lo Spirito ha una vitalità indipendente dalla materia, resta evidente che questa doppia vitalità poggia su due principi differenti (cap. X, nn. 16-19).
6. Il principio spirituale
avrebbe quindi la sua origine nell'elemento cosmico universale? Non
sarebbe dunque che una trasformazione, una maniera di esistere di questo
elemento, come la luce, l'elettricità, il calore ecc.?
Se così fosse, il principio spirituale subirebbe le vicissitudini della materia. Si estinguerebbe per la disgregazione come il principio vitale. L'essere intelligente non avrebbe che un'esistenza temporanea come quella del corpo e alla morte ritornerebbe nel nulla, oppure, il che sarebbe uguale, nel tutto universale. Sarebbe, in una parola, la sanzione delle dottrine materialiste.
Le proprietà sui generis, che vengono riconosciute al principio spirituale, provano che esso ha una sua propria esistenza indipendente, poiché, se avesse la sua origine nella materia, non avrebbe queste proprietà. Dal momento che l'intelligenza e il pensiero non possono essere degli attributi della materia, risalendo dagli effetti alle cause, si giunge alla conclusione secondo cui l'elemento materiale e l'elemento spirituale sono i due principi costitutivi dell'universo. Individualizzato, l'elemento spirituale costituisce gli esseri chiamati Spiriti, così come, individualizzato, l'elemento materiale costituisce i differenti corpi della natura, organici e inorganici.
Se così fosse, il principio spirituale subirebbe le vicissitudini della materia. Si estinguerebbe per la disgregazione come il principio vitale. L'essere intelligente non avrebbe che un'esistenza temporanea come quella del corpo e alla morte ritornerebbe nel nulla, oppure, il che sarebbe uguale, nel tutto universale. Sarebbe, in una parola, la sanzione delle dottrine materialiste.
Le proprietà sui generis, che vengono riconosciute al principio spirituale, provano che esso ha una sua propria esistenza indipendente, poiché, se avesse la sua origine nella materia, non avrebbe queste proprietà. Dal momento che l'intelligenza e il pensiero non possono essere degli attributi della materia, risalendo dagli effetti alle cause, si giunge alla conclusione secondo cui l'elemento materiale e l'elemento spirituale sono i due principi costitutivi dell'universo. Individualizzato, l'elemento spirituale costituisce gli esseri chiamati Spiriti, così come, individualizzato, l'elemento materiale costituisce i differenti corpi della natura, organici e inorganici.
7. Ammesso l'essere spirituale e non potendo egli provenire dalla materia, qual è la sua origine, quale il suo punto di partenza?
Qui i mezzi d'indagine fanno assolutamente difetto, come in tutto ciò che attiene all'origine delle cose. L'uomo può costatare solo ciò che esiste; su tutto il resto egli può emettere solo delle ipotesi. E, sia che questa conoscenza oltrepassi la portata della sua intelligenza attuale, sia che il possederla non presenti al momento, per lui, alcuna utilità o convenienza, Dio non gliela concede, neppure attraverso la rivelazione.
Quanto Dio permette che i Suoi messaggeri gli dicano, e quanto d'altronde l'uomo stesso potrebbe dedurre dal principio della sovrana giustizia, che è uno degli attributi essenziali della Divinità, è che tutti hanno un medesimo punto di partenza; che tutti sono creati semplici e ignoranti, con una eguale attitudine per progredire, attraverso la propria attività individuale; che tutti raggiungeranno il grado di perfezione, compatibile con la creatura umana, attraverso i propri sforzi personali; che tutti, essendo i figli di un medesimo Padre, sono oggetto di un'eguale sollecitudine; che non ve n'è alcuno maggiormente favorito, o meglio dotato di altri, né dispensato dal lavoro che sarebbe imposto ad altri per raggiungere lo scopo.
Qui i mezzi d'indagine fanno assolutamente difetto, come in tutto ciò che attiene all'origine delle cose. L'uomo può costatare solo ciò che esiste; su tutto il resto egli può emettere solo delle ipotesi. E, sia che questa conoscenza oltrepassi la portata della sua intelligenza attuale, sia che il possederla non presenti al momento, per lui, alcuna utilità o convenienza, Dio non gliela concede, neppure attraverso la rivelazione.
Quanto Dio permette che i Suoi messaggeri gli dicano, e quanto d'altronde l'uomo stesso potrebbe dedurre dal principio della sovrana giustizia, che è uno degli attributi essenziali della Divinità, è che tutti hanno un medesimo punto di partenza; che tutti sono creati semplici e ignoranti, con una eguale attitudine per progredire, attraverso la propria attività individuale; che tutti raggiungeranno il grado di perfezione, compatibile con la creatura umana, attraverso i propri sforzi personali; che tutti, essendo i figli di un medesimo Padre, sono oggetto di un'eguale sollecitudine; che non ve n'è alcuno maggiormente favorito, o meglio dotato di altri, né dispensato dal lavoro che sarebbe imposto ad altri per raggiungere lo scopo.
8. Nel medesimo tempo in cui
Dio ha creato dei mondi materiali da tutta una eternità, Egli ha
egualmente creato degli esseri spirituali da tutta una eternità: senza
di ciò, i mondi materiali sarebbero stati senza scopo. Concepire gli
esseri spirituali senza i mondi materiali sarebbe più facile che
concepire questi ultimi senza gli esseri spirituali. Sono i mondi
materiali che dovrebbero fornire agli esseri spirituali degli elementi
di attività per lo sviluppo della loro intelligenza.
9. Il progresso è la
condizione normale degli esseri spirituali, e la perfezione relativa è
lo scopo ch'essi devono raggiungere. Ora, avendo Dio creato da tutta una
eternità, e creando ininterrottamente, da tutta una eternità, ci sono
perciò esseri i quali hanno raggiunto il punto culminante della scala.
Prima che esistesse la Terra, mondi si erano succeduti ai mondi, e quando la Terra uscì dal caos degli elementi, lo spazio era popolato da esseri spirituali a tutti i gradi di avanzamento, da quelli che si affacciavano alla vita, fino a quelli che, da tutta una eternità, avevano preso posto tra i puri Spiriti, comunemente chiamati angeli.
Prima che esistesse la Terra, mondi si erano succeduti ai mondi, e quando la Terra uscì dal caos degli elementi, lo spazio era popolato da esseri spirituali a tutti i gradi di avanzamento, da quelli che si affacciavano alla vita, fino a quelli che, da tutta una eternità, avevano preso posto tra i puri Spiriti, comunemente chiamati angeli.
Unione del principio spirituale con la materia
10. Dovendo essere la
materia l'oggetto del lavoro dello Spirito per lo sviluppo delle sue
facoltà, era necessario ch'egli potesse agire su di essa, ed è per
questo ch'egli è venuto ad abitarla, così come il boscaiolo abita la
foresta. Dovendo la materia essere allo stesso tempo il fine e lo
strumento del lavoro, Dio, invece di unire lo Spirito alla pietra
rigida, creò, per il suo uso, dei corpi organizzati flessibili, capaci
di ricevere tutti gli impulsi della sua volontà e di prestarsi a tutti i
suoi movimenti.
Il corpo è dunque allo stesso tempo l'involucro e lo strumento dello Spirito e, nella misura in cui questi acquisisce nuove attitudini, esso riveste un involucro appropriato al nuovo genere di lavoro che deve compiere, così come a un operaio si danno arnesi meno grossolani, man mano ch'egli diventa capace di eseguire un'opera più accurata.
Il corpo è dunque allo stesso tempo l'involucro e lo strumento dello Spirito e, nella misura in cui questi acquisisce nuove attitudini, esso riveste un involucro appropriato al nuovo genere di lavoro che deve compiere, così come a un operaio si danno arnesi meno grossolani, man mano ch'egli diventa capace di eseguire un'opera più accurata.
11. Per essere più esatti,
bisogna dire che è lo Spirito stesso che modella il suo involucro e lo
adatta alle sue nuove necessità. Egli lo perfeziona, ne sviluppa e ne
completa l'organismo nella misura in cui sente la necessità di
manifestare nuove facoltà; in una parola, lo rimodella secondo la sua
intelligenza. Dio gli fornisce i materiali: sta a lui metterli in opera.
È per questo che le razze progredite hanno un organismo o, se si vuole,
un sistema cerebrale più perfezionato di quello delle razze primitive.
In questo modo ugualmente si spiega il sigillo speciale che il carattere
dello Spirito imprime ai tratti della fisionomia e alle linee del corpo
(cap. VIII, n. 7, "Anima della Terra").
12. Fin dal momento in cui
nasce alla vita spirituale, uno Spirito deve, per progredire, fare uso
delle sue facoltà, all'inizio rudimentali. È per questo ch'egli si
riveste di un involucro corporeo adatto al suo stato d'infanzia
intellettuale, involucro che abbandona per prenderne un altro man mano
che le sue forze aumentano. Ora, siccome in tutti i tempi ci sono stati
dei mondi, e siccome questi mondi hanno dato origine a corpi organizzati
adatti a ricevere degli Spiriti, in tutti i tempi gli Spiriti hanno
trovato, qualunque fosse il loro grado di avanzamento, gli elementi
necessari alla loro vita carnale.
13. Il corpo, essendo
esclusivamente materiale, subisce le vicissitudini della materia. Dopo
aver funzionato per un certo tempo, esso si disorganizza e si decompone;
il principio vitale, non trovando più elementi per la sua attività, si
spegne, e il corpo muore. Lo Spirito, per il quale il corpo privo di
vita non ha più ormai alcuna utilità, lo abbandona, così come si
abbandona una casa in rovina o un abito fuori moda.
14. Il corpo, dunque, altro
non è che un involucro destinato a ricevere lo Spirito. Di conseguenza,
poco importano la sua origine e i materiali con cui viene costruito. Che
il corpo dell'uomo sia o non sia una creazione speciale, resta pur
sempre vero che è formato dai medesimi elementi di quello degli animali,
animato dal medesimo principio vitale o, come dicono altri, scaldato
dal medesimo fuoco, così com'è illuminato dalla medesima luce, soggetto
alle medesime vicissitudini e alle medesime esigenze. Ed è questo un
punto sul quale non ci sono contestazioni.
Considerando soltanto la materia e prescindendo dallo Spirito, l'uomo dunque non ha nulla che lo distingua dall'animale. Ma tutto cambia aspetto se si fa una distinzione tra l'abitazione e l'abitante.
Dentro una capanna o rivestito del rozzo panno del contadino, un vero signore resta pur sempre un vero signore. Egualmente avviene per l'uomo: non è la sua veste di carne che lo eleva al di sopra del bruto e ne fa un essere a parte, ma è il suo essere spirituale, il suo Spirito.
Considerando soltanto la materia e prescindendo dallo Spirito, l'uomo dunque non ha nulla che lo distingua dall'animale. Ma tutto cambia aspetto se si fa una distinzione tra l'abitazione e l'abitante.
Dentro una capanna o rivestito del rozzo panno del contadino, un vero signore resta pur sempre un vero signore. Egualmente avviene per l'uomo: non è la sua veste di carne che lo eleva al di sopra del bruto e ne fa un essere a parte, ma è il suo essere spirituale, il suo Spirito.
Ipotesi sull'origine del corpo umano
15. Dalla somiglianza delle
forme esteriori che esiste tra il corpo dell'uomo e quello della
scimmia, alcuni fisiologi hanno concluso che il primo non era che una
trasformazione della seconda. In questo non c'è nulla d'impossibile,
senza che — se così fosse — la dignità dell'uomo abbia a soffrirne.
Corpi di scimmie hanno potuto benissimo servire come abiti ai primi
Spiriti umani, necessariamente poco avanzati, che sono venuti a
incarnarsi sulla Terra. Quelle vesti, infatti, erano le più adatte alle
loro esigenze e più appropriate del corpo di qualsiasi altro animale
all'esercizio delle loro facoltà. Anziché confezionare una veste
speciale per lo Spirito, se ne sarebbe trovata una già pronta. Egli ha
dunque potuto vestire la pelle della scimmia, senza cessare d'essere uno
Spirito umano, come l'uomo indossa a volte la pelle di certi animali
senza cessare d'essere uomo.
Sia ben inteso che qui non si tratta che di una ipotesi, la quale non è assolutamente posta come principio, ma è data soltanto per dimostrare che l'origine del corpo non pregiudica affatto lo Spirito. È questo l'essere principale, e la somiglianza del corpo dell'uomo con il corpo della scimmia non implica parità tra il suo Spirito e quello della scimmia.
Sia ben inteso che qui non si tratta che di una ipotesi, la quale non è assolutamente posta come principio, ma è data soltanto per dimostrare che l'origine del corpo non pregiudica affatto lo Spirito. È questo l'essere principale, e la somiglianza del corpo dell'uomo con il corpo della scimmia non implica parità tra il suo Spirito e quello della scimmia.
16. Ammettendo questa
ipotesi, si può dire che, sotto l'influenza e per effetto dell'attività
intellettuale del suo nuovo abitante, l'involucro si è modificato,
ingentilito nei dettagli, pur conservando nel suo complesso la forma
generale (n. 11). Quei corpi migliorati, attraverso la procreazione, si
sono riprodotti nelle medesime condizioni, come avviene per gli alberi
innestati. Essi hanno dato origine a una nuova specie, che si è
allontanata a poco a poco dal tipo primitivo, nella misura in cui lo
Spirito ha progredito. Lo Spirito scimmia, che non è stato annientato,
ha continuato a procreare corpi di scimmie per il proprio uso, così come
il frutto dell'albero selvatico riproduce alberi selvatici, e lo
Spirito umano ha procreato corpi di uomini, varianti della prima forma
in cui si è stabilito. La stirpe si è biforcata; ha prodotto un
discendente, e questo discendente è divenuto a sua volta stirpe.
Siccome nella natura non esistono transizioni brusche, è probabile che i primi uomini che sono apparsi sulla Terra differissero poco dalla scimmia nella forma esteriore e senza dubbio non molto di più nell'intelligenza.
Vi sono ancora, ai giorni nostri, dei selvaggi che, per la lunghezza delle braccia e dei piedi, per la conformazione della testa, hanno talmente l'aspetto della scimmia, che manca loro soltanto d'essere villosi per completare,la somiglianza.
Siccome nella natura non esistono transizioni brusche, è probabile che i primi uomini che sono apparsi sulla Terra differissero poco dalla scimmia nella forma esteriore e senza dubbio non molto di più nell'intelligenza.
Vi sono ancora, ai giorni nostri, dei selvaggi che, per la lunghezza delle braccia e dei piedi, per la conformazione della testa, hanno talmente l'aspetto della scimmia, che manca loro soltanto d'essere villosi per completare,la somiglianza.
Incarnazione degli Spiriti
17. Lo Spiritismo ci insegna in quale maniera si effettua l'unione dello Spirito e del corpo nell'incarnazione.
Lo Spirito, per la sua essenza spirituale, è un essere indefinito, astratto, che non può avere un'azione diretta sulla materia: gli occorreva un intermediario. Questo intermediario è l'involucro fluidico che è, in qualche modo, parte integrante dello Spirito. Esso è un involucro semi materiale, che attiene cioè alla materia per la sua origine e alla spiritualità per la sua natura eterea. Come ogni materia, esso è tratto dal fluido cosmico universale, che subisce in questa circostanza una modifica particolare. Questo involucro, designato col nome di perispirito, fa di un essere astratto, cioè dello Spirito, un essere concreto e definito, percepibile attraverso il pensiero; lo rende inoltre atto ad agire sulla materia tangibile, conformemente a quanto avviene con tutti i fluidi imponderabili, che sono, come si sa, i motori più potenti.
Il fluido del perispirito è dunque l'anello di congiunzione tra lo Spirito e la materia. Durante la sua unione con il corpo, è il veicolo del suo pensiero, per trasmettere il movimento alle diverse parti, dell’organismo, le quali agiscono sotto la sua volontà, e per far sì che ripercuotano sullo Spirito le sensazioni prodotte dagli agenti esteriori. Tale fluido ha per fili conduttori i nervi, come nel telegrafo il fluido elettrico ha per conduttore il filo metallico.
Lo Spirito, per la sua essenza spirituale, è un essere indefinito, astratto, che non può avere un'azione diretta sulla materia: gli occorreva un intermediario. Questo intermediario è l'involucro fluidico che è, in qualche modo, parte integrante dello Spirito. Esso è un involucro semi materiale, che attiene cioè alla materia per la sua origine e alla spiritualità per la sua natura eterea. Come ogni materia, esso è tratto dal fluido cosmico universale, che subisce in questa circostanza una modifica particolare. Questo involucro, designato col nome di perispirito, fa di un essere astratto, cioè dello Spirito, un essere concreto e definito, percepibile attraverso il pensiero; lo rende inoltre atto ad agire sulla materia tangibile, conformemente a quanto avviene con tutti i fluidi imponderabili, che sono, come si sa, i motori più potenti.
Il fluido del perispirito è dunque l'anello di congiunzione tra lo Spirito e la materia. Durante la sua unione con il corpo, è il veicolo del suo pensiero, per trasmettere il movimento alle diverse parti, dell’organismo, le quali agiscono sotto la sua volontà, e per far sì che ripercuotano sullo Spirito le sensazioni prodotte dagli agenti esteriori. Tale fluido ha per fili conduttori i nervi, come nel telegrafo il fluido elettrico ha per conduttore il filo metallico.
18. Quando lo Spirito deve
incarnarsi in un corpo umano in via di formazione, un legame fluidico,
che altro non è se non un'espansione del suo perispirito, lo lega al
germe verso il quale egli si trova attratto da una forza irresistibile,
al momento della concezione. Nella misura in cui il germe si sviluppa,
il legame diviene più stretto. Sotto l'influenza del principio vitale materiale del germe, il perispirito, che possiede alcune proprietà della materia, si unisce molecola su molecola al
corpo in via di formazione. In seguito a ciò, si può dire che lo
Spirito, attraverso la mediazione del suo perispirito, mette in un certo
senso radici in quel germe, come una
pianta nella terra. Quando il germe è interamente sviluppato, l'unione è
completa, e allora esso nasce alla vita esteriore.
Per un effetto contrario, questa unione del perispirito e della materia carnale — che si era effettuata sotto l'influenza del principio vitale del germe — cessa quando questo principio cessa di agire in conseguenza della disorganizzazione del corpo. Tale unione, che era mantenuta soltanto da una forza attiva, si disfa non appena questa forza cessa di agire. Allora il perispirito si distacca, molecola su molecola, così come si era unito, e allo Spirito è restituita la libertà. Così, non è la dipartita dello Spirito che causa la morte del corpo, ma è la morte del corpo che causa la dipartita dello Spirito.
Dal momento che, l'integrità dello Spirito è completa; che le sue facoltà acquisiscono anzi un maggior potere di penetrazione, mentre spento è il principio di vita nel corpo, qui sta la prova evidente che il principio vitale e il principio spirituale sono due cose distinte.
Per un effetto contrario, questa unione del perispirito e della materia carnale — che si era effettuata sotto l'influenza del principio vitale del germe — cessa quando questo principio cessa di agire in conseguenza della disorganizzazione del corpo. Tale unione, che era mantenuta soltanto da una forza attiva, si disfa non appena questa forza cessa di agire. Allora il perispirito si distacca, molecola su molecola, così come si era unito, e allo Spirito è restituita la libertà. Così, non è la dipartita dello Spirito che causa la morte del corpo, ma è la morte del corpo che causa la dipartita dello Spirito.
Dal momento che, l'integrità dello Spirito è completa; che le sue facoltà acquisiscono anzi un maggior potere di penetrazione, mentre spento è il principio di vita nel corpo, qui sta la prova evidente che il principio vitale e il principio spirituale sono due cose distinte.
19. Lo Spiritismo ci fa
conoscere, per mezzo dei fatti che esso ci mette in grado di osservare, i
fenomeni che accompagnano questa separazione; la quale è a volte
rapida, facile, dolce e insensibile; altre volte è lenta, laboriosa,
orribilmente dolorosa, a seconda dello stato morale dello Spirito, e può
durare mesi interi.
20. Un fenomeno particolare,
egualmente indicato dall'osservazione, accompagna sempre l'incarnazione
dello Spirito. Non appena questi è afferrato dal legame fluidico che lo
unisce al germe, uno stato di turbamento s'impadronisce di lui. Questo
turbamento cresce nella misura in cui il legame si restringe, e lo
Spirito, negli ultimi momenti, perde ogni coscienza di sé stesso,
dimodoché non è mai testimone cosciente della sua nascita. Nel momento
in cui la creatura incomincia a respirare, lo Spirito incomincia a
recuperare le sue facoltà, che si sviluppano man mano che si formano,
mentre gli organi che devono servire alla manifestazione di tali facoltà
si consolidano.
21. Ma, nel medesimo tempo
in cui recupera la coscienza di sé stesso, lo Spirito perde il ricordo
del suo passato, senza perdere però le facoltà, le qualità e le
attitudini acquisite anteriormente, le quali erano temporaneamente
rimaste allo stato latente. Esse, riprendendo la loro attività, lo
aiuteranno a fare di più e meglio di quanto non abbia fatto
precedentemente. Egli rinasce quale è divenuto attraverso il suo lavoro
anteriore; questo è per lui un nuovo punto di partenza, un nuovo gradino
da salire. Qui ancora, si manifesta la bontà del Creatore. Infatti il
ricordo di un passato, sovente doloroso o umiliante, aggiungendosi alle
amarezze della sua nuova esistenza, potrebbe turbarlo e ostacolarlo. Lo
Spirito non si ricorda che di quanto ha appreso, perché ciò gli è utile.
Se, degli avvenimenti passati, conserva talvolta una vaga intuizione, è
come se ricordasse un fuggevole sogno. È questo, dunque, un uomo nuovo,
per quanto antico possa essere il suo Spirito; adotta nuovi metodi,
aiutato da ciò che ha acquisito. Quando ritorna alla vita spirituale, il
suo passato si snoda davanti ai suoi occhi, ed egli giudica se ha
impiegato bene o male il suo tempo.
22. Non vi è dunque continuità di soluzione nella vita spirituale, nonostante l'oblio del passato. Lo Spirito è sempre sé stesso, prima,
durante e dopo l'incarnazione; l'incarnazione è soltanto una fase
particolare della sua esistenza. Questo oblio, anzi, ha luogo solo
durante la vita esteriore di relazione; infatti durante il sonno, lo
Spirito, liberato in parte dai legami carnali, restituito alla libertà e
alla vita spirituale, ricorda; la sua vista spirituale non è più tanto
oscurata dalla materia.
23. Se si considera
l'umanità al suo livello più infimo della scala intellettiva, presso i
più arretrati selvaggi, ci si chiede se è qui il punto di partenza
dell'anima umana.
Secondo l'opinione di alcuni filosofi spiritualisti, il principio intelligente, distinto dal principio materiale, s'individualizza e si elabora, passando attraverso i vari gradi dell'animalità. È qui che l'anima si prepara alla vita e sviluppa le sue prime facoltà attraverso l'esercizio; questo sarebbe, per così dire, il suo periodo d'incubazione. Giunta al grado di sviluppo che questo stato comporta, essa riceve le facoltà speciali che costituiscono l'anima umana. Ci sarebbe così una filiazione spirituale dall'animale all'uomo, come c'è una filiazione corporale.
Questo sistema, fondato sulla grande legge di unità che presiede alla creazione, corrisponde — bisogna convenirne — alla giustizia e alla bontà del Creatore. Egli dà una via d'uscita, uno scopo, una destinazione agli animali, i quali non sono più degli esseri diseredati, poiché trovano, nell'avvenire che è loro riservato, una compensazione alle loro sofferenze. Ciò che costituisce l'uomo spirituale non è la sua origine, ma sono gli attributi speciali di cui egli è dotato al suo ingresso nell'umanità, attributi che lo trasformano, rendendolo un essere distinto, come un frutto pieno di sapore è ben diverso dalla radice amara che gli ha dato origine. Per essere passato attraverso la filiera dell'animalità, l'uomo non sarebbe per questo meno uomo; né sarebbe più animale di quanto il frutto non sia radice, così come lo scienziato non è l'informe feto che ha debuttato nel mondo.
Ma questo sistema solleva numerose questioni i cui pro e contro non è opportuno discutere qui, non più di quanto sia opportuno esaminare qui le differenti ipotesi che sono state fatte su questo argomento. Senza, dunque, ricercare l'origine dell'anima e le filiere attraverso le quali è dovuta passare, noi la prendiamo al suo ingresso nell'umanità, al punto in cui, dotata del senso morale e del libero arbitrio, essa si imbatte nella responsabilità dei suoi atti.
Secondo l'opinione di alcuni filosofi spiritualisti, il principio intelligente, distinto dal principio materiale, s'individualizza e si elabora, passando attraverso i vari gradi dell'animalità. È qui che l'anima si prepara alla vita e sviluppa le sue prime facoltà attraverso l'esercizio; questo sarebbe, per così dire, il suo periodo d'incubazione. Giunta al grado di sviluppo che questo stato comporta, essa riceve le facoltà speciali che costituiscono l'anima umana. Ci sarebbe così una filiazione spirituale dall'animale all'uomo, come c'è una filiazione corporale.
Questo sistema, fondato sulla grande legge di unità che presiede alla creazione, corrisponde — bisogna convenirne — alla giustizia e alla bontà del Creatore. Egli dà una via d'uscita, uno scopo, una destinazione agli animali, i quali non sono più degli esseri diseredati, poiché trovano, nell'avvenire che è loro riservato, una compensazione alle loro sofferenze. Ciò che costituisce l'uomo spirituale non è la sua origine, ma sono gli attributi speciali di cui egli è dotato al suo ingresso nell'umanità, attributi che lo trasformano, rendendolo un essere distinto, come un frutto pieno di sapore è ben diverso dalla radice amara che gli ha dato origine. Per essere passato attraverso la filiera dell'animalità, l'uomo non sarebbe per questo meno uomo; né sarebbe più animale di quanto il frutto non sia radice, così come lo scienziato non è l'informe feto che ha debuttato nel mondo.
Ma questo sistema solleva numerose questioni i cui pro e contro non è opportuno discutere qui, non più di quanto sia opportuno esaminare qui le differenti ipotesi che sono state fatte su questo argomento. Senza, dunque, ricercare l'origine dell'anima e le filiere attraverso le quali è dovuta passare, noi la prendiamo al suo ingresso nell'umanità, al punto in cui, dotata del senso morale e del libero arbitrio, essa si imbatte nella responsabilità dei suoi atti.
24. L'obbligo, per lo
Spirito incarnato, di provvedere alla nutrizione del corpo, alla sua
sicurezza, al suo benessere, lo costringe ad applicare le sue facoltà
nella ricerca, a esercitarle e a svilupparle. La sua unione con la
materia è dunque utile al suo avanzamento: ecco perché l'incarnazione è una necessità. Inoltre,
con il lavoro intelligente che effettua a suo profitto sulla materia,
lo Spirito concorre alla trasformazione e al progresso materiale del
globo ch'egli abita. Ed è così che, progredendo, egli concorre all'opera
del Creatore, del quale diventa l'agente inconscio.
25. Ma l'incarnazione dello
Spirito non è né costante né perpetua; essa è soltanto transitoria.
Lasciando un corpo, egli non ne prende un altro istantaneamente. Durante
un lasso di tempo più o meno considerevole, vive della vita spirituale,
che è la sua vita normale. Cosicché la somma del tempo passato nelle
diverse incarnazioni è poca cosa, paragonata a quella del tempo ch'egli
passa nello stato di Spirito libero.
Negli intervalli delle sue incarnazioni, lo Spirito progredisce egualmente, nel senso ch'egli mette a profitto, per il suo avanzamento, le conoscenze e l'esperienza acquisite durante la vita corporale; esamina ciò che ha fatto durante la sua permanenza sulla Terra, passa in rassegna ciò che ha appreso, riconosce i suoi errori, migliora i suoi piani e prende delle risoluzioni, secondo le quali intende comportarsi in una nuova esistenza, cercando di agire meglio. È così che ogni esistenza si trova un passo avanti sulla strada del progresso, una specie di scuola di applicazione.
Negli intervalli delle sue incarnazioni, lo Spirito progredisce egualmente, nel senso ch'egli mette a profitto, per il suo avanzamento, le conoscenze e l'esperienza acquisite durante la vita corporale; esamina ciò che ha fatto durante la sua permanenza sulla Terra, passa in rassegna ciò che ha appreso, riconosce i suoi errori, migliora i suoi piani e prende delle risoluzioni, secondo le quali intende comportarsi in una nuova esistenza, cercando di agire meglio. È così che ogni esistenza si trova un passo avanti sulla strada del progresso, una specie di scuola di applicazione.
26. L'incarnazione, dunque,
normalmente non è affatto una punizione per lo Spirito, come alcuni
hanno pensato, ma una condizione inerente alla inferiorità dello Spirito
e un mezzo per progredire (Il Cielo e l'Inferno, cap. III, n. 8 e ss.).
Nella misura in cui lo Spirito progredisce moralmente, si smaterializza, vale a dire che, sottraendosi all'influenza della materia, si purifica; la sua vita si spiritualizza e si approfondiscono le sue facoltà e percezioni. La sua felicità è in ragione del progresso compiuto. Ma, siccome egli agisce in virtù del suo libero arbitrio, può per negligenza o cattiva volontà, ritardare il suo avanzamento. Egli prolunga, di conseguenza, la durata delle sue incarnazioni materiali, che diventano allora per lui una punizione, poiché, per sua stessa colpa, rimane nei ranghi inferiori, obbligato a ricominciare il medesimo compito. Dipende dunque dallo Spirito abbreviare, con il suo lavoro di purificazione su sé stesso, la durata del periodo delle incarnazioni.
Nella misura in cui lo Spirito progredisce moralmente, si smaterializza, vale a dire che, sottraendosi all'influenza della materia, si purifica; la sua vita si spiritualizza e si approfondiscono le sue facoltà e percezioni. La sua felicità è in ragione del progresso compiuto. Ma, siccome egli agisce in virtù del suo libero arbitrio, può per negligenza o cattiva volontà, ritardare il suo avanzamento. Egli prolunga, di conseguenza, la durata delle sue incarnazioni materiali, che diventano allora per lui una punizione, poiché, per sua stessa colpa, rimane nei ranghi inferiori, obbligato a ricominciare il medesimo compito. Dipende dunque dallo Spirito abbreviare, con il suo lavoro di purificazione su sé stesso, la durata del periodo delle incarnazioni.
27. Il progresso materiale
di un globo segue il progresso morale dei suoi abitanti. Ora, poiché la
creazione dei mondi e degli Spiriti è incessante, poiché questi
progrediscono più o meno rapidamente in virtù del loro libero arbitrio,
ne consegue che ci sono mondi più o meno antichi, con gradi differenti
di avanzamento fisico e morale, nei quali l'incarnazione è più o meno
materiale e nei quali, di conseguenza, il lavoro per gli Spiriti è più o
meno difficile. Da questo punto di vista, la Terra è uno dei mondi meno
avanzati; è popolata da Spiriti relativamente inferiori, e la vita
corporale è qui più dolorosa che in altri. Vi sono mondi, però, ancora
più arretrati, dove la vita è più dolorosa che sulla Terra, e al
confronto dei quali la Terra sarebbe un mondo relativamente felice.
28. Quando gli Spiriti hanno
acquisito, in un mondo, la somma di progresso che lo stato di quel
mondo comporta, essi lo abbandonano per incarnarsi in un altro mondo più
avanzato dove acquisiscono nuove conoscenze, e così di seguito, fino a
quando, non essendo più utile l'incarnazione in un corpo materiale, essi
vivono esclusivamente di una vita spirituale, dove progrediscono
ancora, ma in un altro senso e con altri mezzi. Arrivati al punto
culminante del progresso, godono della suprema felicità. Ammessi nei
consigli dell'Onnipotente, ne conoscono il pensiero, diventano Suoi
messaggeri e Suoi ministri diretti per il governo dei mondi e hanno ai
loro ordini gli Spiriti di diversi gradi di avanzamento.
Così tutti gli Spiriti, incarnati o disincarnati, a qualsiasi grado della gerarchia appartengano, dal più infimo al più elevato, hanno le loro attribuzioni nel grande meccanismo dell'universo. Tutti sono utili all'insieme e nello stesso tempo sono utili a sé stessi; ai meno avanzati, come a dei semplici manovali, viene affidato un compito materiale, svolto dapprima in modo inconsapevole e poi, gradualmente, in modo intelligente. In ogni parte, nel mondo spirituale, c'è attività, in nessuna parte l'inutile oziosità.
La collettività degli Spiriti è in qualche modo l'anima dell'universo; è l'elemento spirituale che agisce su tutto e dappertutto, sotto l'impulso del pensiero divino. Senza questo elemento, non c'è che la materia inerte, senza scopo, senza intelligenza, senza altro motore se non le forze materiali, le quali lasciano insoluti innumerevoli problemi. Invece, attraverso l'azione dell'elemento spirituale individualizzato, tutto ha uno scopo, tutto ha una ragion d'essere, tutto si spiega. Ecco perché, senza la spiritualità, si urta contro difficoltà insormontabili.
Così tutti gli Spiriti, incarnati o disincarnati, a qualsiasi grado della gerarchia appartengano, dal più infimo al più elevato, hanno le loro attribuzioni nel grande meccanismo dell'universo. Tutti sono utili all'insieme e nello stesso tempo sono utili a sé stessi; ai meno avanzati, come a dei semplici manovali, viene affidato un compito materiale, svolto dapprima in modo inconsapevole e poi, gradualmente, in modo intelligente. In ogni parte, nel mondo spirituale, c'è attività, in nessuna parte l'inutile oziosità.
La collettività degli Spiriti è in qualche modo l'anima dell'universo; è l'elemento spirituale che agisce su tutto e dappertutto, sotto l'impulso del pensiero divino. Senza questo elemento, non c'è che la materia inerte, senza scopo, senza intelligenza, senza altro motore se non le forze materiali, le quali lasciano insoluti innumerevoli problemi. Invece, attraverso l'azione dell'elemento spirituale individualizzato, tutto ha uno scopo, tutto ha una ragion d'essere, tutto si spiega. Ecco perché, senza la spiritualità, si urta contro difficoltà insormontabili.
29. Quando la Terra si è
trovata nelle condizioni climatiche adatte all'esistenza della specie
umana, Spiriti umani vi si sono incarnati. Da dove venivano? Che questi
Spiriti siano stati creati in quel momento, che siano venuti del tutto
formati dalla Terra, dallo spazio o da altri mondi, la loro presenza a
partire da una certa epoca è un fatto, poiché prima di loro non c'erano
che animali. Essi si sono rivestiti di corpi appropriati ai loro
speciali bisogni, alle loro attitudini, che fisiologicamente
appartengono all'animalità. Sotto la loro influenza e attraverso
l'esercizio delle loro facoltà, questi corpi si sono modificati e
perfezionati: ecco ciò che risulta dall'osservazione. Lasciamo dunque da
parte la questione dell'origine che per il momento è ancora insolubile.
Consideriamo lo Spirito, non al suo punto di partenza, ma nel momento
in cui — manifestandosi in lui i primi germi del libero arbitrio e del
senso morale — lo vediamo svolgere il suo ruolo umanitario, senza
preoccuparci dell'ambiente in cui ha trascorso il periodo della sua
infanzia o, se si vuole, della sua incubazione. Malgrado l'analogia del
suo involucro con quello degli animali, noi sapremmo distinguerlo da
questi ultimi per le facoltà intellettive e morali che lo
caratterizzano, così come sotto il medesimo abito di rozzo panno
distinguiamo l'uomo primitivo dall'uomo civilizzato.
30. Benché i primi venuti
fossero per forza di cose poco avanzati, anche per il fatto che dovevano
incarnarsi in corpi molto imperfetti, dovevano esserci tra di loro
differenze sensibili nei caratteri e nelle attitudini. Gli Spiriti tra
di loro simili si sono naturalmente raggruppati per analogia e simpatia.
La Terra si è così ritrovata popolata da differenti categorie di
Spiriti più o meno idonei o ribelli al progresso. Ricevendo i corpi
l'impronta del carattere dallo Spirito e generandosi questi corpi
secondo il loro rispettivo, ne sono risultate razze differenti sia
riguardo al fisico sia riguardo al morale (n. 11). Continuando a
incarnarsi di preferenza tra quelli a loro somiglianti, gli Spiriti
simili hanno perpetuato il carattere distintivo fisico e morale delle
razze e dei popoli, carattere che scompare soltanto con il tempo,
mediante la loro fusione e il progresso degli Spiriti (Rivista Spiritista,luglio 1860, p. 198, "Frenologia e fisiognomonia").
31. Si possono paragonare
gli Spiriti che sono venuti a popolare la Terra a quei gruppi di
emigranti, di origini diverse, che vanno a stabilirsi su una terra
vergine. Lì trovano il legno e la pietra per costruire le loro
abitazioni, e ciascun gruppo dà alla sua un carattere diverso, a seconda
del grado delle sue conoscenze e del suo particolare genio. Riunendosi
per analogia di origini e di gusti, questi gruppi finiscono per formare
delle tribù e poi dei popoli, che hanno ciascuno costumi e caratteri
propri.
32. Il progresso non è stato
dunque uniforme in tutta la specie umana; le razze più intelligenti
hanno naturalmente superato le altre, senza poi tener conto che Spiriti,
nati recentemente alla vita spirituale, essendo venuti a incarnarsi
sulla Terra subito dopo i primi arrivati, rendono ancora più sensibile
la differenza del progresso. Sarebbe impossibile, in effetti, attribuire
la medesima anzianità di creazione ai selvaggi, che appena appena si
distinguono dalle scimmie, e ai cinesi e ancor meno agli europei
civilizzati.
Tuttavia, gli Spiriti di quei selvaggi fanno anch'essi parte dell'umanità. Un giorno essi raggiungeranno il livello in cui si trovano i loro fratelli più vecchi. Ma ciò non sarà certamente nei corpi della medesima razza fisica, inadatti a un certo sviluppo intellettivo e morale. Quando lo strumento non sarà più in rapporto con il loro sviluppo, essi emigreranno da quell'ambiente per incarnarsi in un altro più elevato, e così di seguito fino a quando non abbiano conquistato tutti i livelli terrestri, dopo di che lasceranno la Terra per passare a mondi via via più avanzati (Rivista Spiritista, aprile 1862, pag. 97, "Perfettibilità della razza negra").
Tuttavia, gli Spiriti di quei selvaggi fanno anch'essi parte dell'umanità. Un giorno essi raggiungeranno il livello in cui si trovano i loro fratelli più vecchi. Ma ciò non sarà certamente nei corpi della medesima razza fisica, inadatti a un certo sviluppo intellettivo e morale. Quando lo strumento non sarà più in rapporto con il loro sviluppo, essi emigreranno da quell'ambiente per incarnarsi in un altro più elevato, e così di seguito fino a quando non abbiano conquistato tutti i livelli terrestri, dopo di che lasceranno la Terra per passare a mondi via via più avanzati (Rivista Spiritista, aprile 1862, pag. 97, "Perfettibilità della razza negra").
Reincarnazioni
33. Il principio della
reincarnazione è una conseguenza necessaria della legge del progresso.
Senza la reincarnazione, come spiegare la differenza che esiste tra lo
stato sociale attuale e quello dei tempi della barbarie? Se le anime
sono create nello stesso tempo in cui sono creati i corpi, quelle che
nascono oggi sono altrettanto nuove, altrettanto primitive di quelle che
vivevano mille anni fa. Aggiungiamo che tra loro non ci sarebbe alcuna
connessione né alcuna relazione necessaria e che sarebbero completamente
indipendenti le une dalle altre. Perché, dunque, le anime di oggi
dovrebbero essere da Dio meglio dotate di quelle che le hanno precedute?
Perché comprendono meglio? Perché hanno istinti più purificati e
costumi più amabili? Perché di certe cose posseggono l'intuizione senza
averle mai apprese? Dubitiamo che possa esservi qualcuno capace di
uscire da questi dilemmi, a meno che non si ammetta che Dio crea delle
anime di diverse qualità, a seconda dei tempi e dei luoghi, proposizione
inconciliabile con l'idea di una giustizia sovrana (cap. II, n. 19).
Ammettete, al contrario, che le anime di oggi hanno già vissuto nei tempi passati; che hanno potuto essere barbare come il loro secolo, ma che hanno progredito; che apportano a ogni nuova esistenza quanto acquisito nelle esistenze anteriori; che, di conseguenza, le anime dei tempi civilizzati sono anime non certo create più perfette, ma che si sono perfezionate da sé stesse con il passare del tempo. In questo modo, avrete l'unica spiegazione plausibile della causa del progresso sociale (Il libro degli Spiriti, cap. IV e V).
Ammettete, al contrario, che le anime di oggi hanno già vissuto nei tempi passati; che hanno potuto essere barbare come il loro secolo, ma che hanno progredito; che apportano a ogni nuova esistenza quanto acquisito nelle esistenze anteriori; che, di conseguenza, le anime dei tempi civilizzati sono anime non certo create più perfette, ma che si sono perfezionate da sé stesse con il passare del tempo. In questo modo, avrete l'unica spiegazione plausibile della causa del progresso sociale (Il libro degli Spiriti, cap. IV e V).
34. Alcune
persone pensano che le differenti esistenze dell'anima si compiano di
mondo in mondo e non su un medesimo globo, dove ogni Spirito non
comparirebbe che un'unica volta.
Questa dottrina sarebbe ammissibile, se tutti gli abitanti della Terra si trovassero esattamente allo stesso livello intellettivo e morale. Essi, allora, non potrebbero progredire se non spostandosi in un altro mondo, e la loro reincarnazione sulla Terra sarebbe senza alcuna utilità. Orbene, Dio non fa mai nulla di inutile. Dal momento che sulla Terra si trovano tutti i gradi d'intelligenza e moralità, dalla brutalità che sfiora l'animalesco fino alla civilizzazione più avanzata, è evidente che questo mondo offre un vasto campo al progresso. Ci si chiederebbe allora perché mai il selvaggio sarebbe obbligato ad andare a cercare altrove il grado di progresso superiore a quello in cui egli vive, quando se lo trova al fianco e progressivamente. Perché mai l'uomo avanzato non avrebbe potuto fare le sue prime tappe se non nei mondi inferiori, quando gli analoghi di tutti quei mondi sono attorno a lui, quando ci sono gradi differenti di avanzamento non solo da popolo a popolo, ma nel medesimo popolo e nella medesima famiglia? Se così fosse, Dio avrebbe fatto qualcosa d'inutile collocando fianco a fianco l'ignoranza e il sapere, la barbarie e la civilizzazione, il bene e il male, mentre è proprio questo contatto che fa sì che i ritardatari avanzino.
Non vi è dunque alcuna necessità perché gli uomini mutino di mondo a ogni tappa di perfezionamento, almeno non più di quanta ve ne sia perché uno studente cambi collegio a ogni classe. Ben lungi dall'essere ciò un vantaggio per il progresso, sarebbe anzi un ostacolo, perché lo Spirito verrebbe privato dell'esempio che gli offre la vista dei gradi superiori, nonché la possibilità di riparare ai suoi errori nello stesso ambiente e nei confronti di coloro ch'egli ha offeso. È, questa, una possibilità che costituisce, per lui, il più potente mezzo di avanzamento morale. Dopo una breve coabitazione, allorché gli Spiriti si disperdono e diventano estranei gli uni agli altri, i legami di famiglia e di amicizia, non avendo avuto il tempo di consolidarsi, si spezzerebbero.
All'inconveniente morale si aggiungerebbe un inconveniente materiale. La natura degli elementi, le leggi organiche, le condizioni dell'esistenza variano a seconda dei mondi: sotto questo aspetto, non ve ne sono due che siano perfettamente identici. I nostri trattati di fisica, di chimica, di anatomia, di medicina, di botanica ecc. non servirebbero a niente negli altri mondi, e tuttavia ciò che si apprende non è mai perduto. Non soltanto ciò sviluppa l'intelligenza, ma le idee che vi si attingono aiutano ad acquisirne di nuove (cap. VI, n. 61 e ss.). Se lo Spirito non facesse che una sola apparizione, spesso di breve durata, nello stesso mondo, a ogni migrazione si troverebbe in condizioni totalmente differenti. Egli opererebbe ogni volta su elementi nuovi, con forze e secondo leggi a lui sconosciute, prima di aver avuto il tempo di elaborare gli elementi conosciuti, di studiarli, di esercitarvisi. Ogni volta sarebbe come dover fare un nuovo apprendistato, e questi incessanti cambiamenti sarebbero un ostacolo al progresso. Lo Spirito deve dunque restare nello stesso mondo fino a quando non vi abbia acquisito la somma di conoscenze e il grado di perfezione che questo mondo comporta (n. 31).
Che gli Spiriti abbandonino per un mondo più avanzato quello sul quale non possono acquisire più nulla, così dev'essere e così è: tale è il principio. Se accade che alcuni lo lascino prima, è senza dubbio per delle cause individuali che Dio pesa secondo la Sua saggezza.
Tutto ha uno scopo nella creazione, altrimenti Dio non sarebbe né prudente né saggio. Ora, se la Terra dovesse essere la sola tappa per il progresso di ogni individuo, quale utilità ci sarebbe per i bambini che muoiono in tenera età di venirvi a passare alcuni anni, alcuni mesi, alcune ore, un tempo, insomma, durante il quale non possono acquisirvi nulla? Lo stesso è per gli handicappati. Una teoria è ritenuta buona solo a condizione che risolva tutti i problemi che i essa si collegano. La questione delle morti premature è stata la pietra d'intralcio per tutte le dottrine, eccetto che per la Dottrina Spiritista, che, unica, l'ha risolta in maniera razionale e completa.
Per il progresso di coloro che svolgono sulla Terra una missione normale, c'è un vantaggio reale nel ritrovarsi nello stesso ambiente, per continuarvi ciò che avevano lasciato incompiuto, spesso nella medesima famiglia, o in contatto con le stesse persone, cui si è fatto del male, e poterlo così riparare, o per subirvi la pena del taglione.
Questa dottrina sarebbe ammissibile, se tutti gli abitanti della Terra si trovassero esattamente allo stesso livello intellettivo e morale. Essi, allora, non potrebbero progredire se non spostandosi in un altro mondo, e la loro reincarnazione sulla Terra sarebbe senza alcuna utilità. Orbene, Dio non fa mai nulla di inutile. Dal momento che sulla Terra si trovano tutti i gradi d'intelligenza e moralità, dalla brutalità che sfiora l'animalesco fino alla civilizzazione più avanzata, è evidente che questo mondo offre un vasto campo al progresso. Ci si chiederebbe allora perché mai il selvaggio sarebbe obbligato ad andare a cercare altrove il grado di progresso superiore a quello in cui egli vive, quando se lo trova al fianco e progressivamente. Perché mai l'uomo avanzato non avrebbe potuto fare le sue prime tappe se non nei mondi inferiori, quando gli analoghi di tutti quei mondi sono attorno a lui, quando ci sono gradi differenti di avanzamento non solo da popolo a popolo, ma nel medesimo popolo e nella medesima famiglia? Se così fosse, Dio avrebbe fatto qualcosa d'inutile collocando fianco a fianco l'ignoranza e il sapere, la barbarie e la civilizzazione, il bene e il male, mentre è proprio questo contatto che fa sì che i ritardatari avanzino.
Non vi è dunque alcuna necessità perché gli uomini mutino di mondo a ogni tappa di perfezionamento, almeno non più di quanta ve ne sia perché uno studente cambi collegio a ogni classe. Ben lungi dall'essere ciò un vantaggio per il progresso, sarebbe anzi un ostacolo, perché lo Spirito verrebbe privato dell'esempio che gli offre la vista dei gradi superiori, nonché la possibilità di riparare ai suoi errori nello stesso ambiente e nei confronti di coloro ch'egli ha offeso. È, questa, una possibilità che costituisce, per lui, il più potente mezzo di avanzamento morale. Dopo una breve coabitazione, allorché gli Spiriti si disperdono e diventano estranei gli uni agli altri, i legami di famiglia e di amicizia, non avendo avuto il tempo di consolidarsi, si spezzerebbero.
All'inconveniente morale si aggiungerebbe un inconveniente materiale. La natura degli elementi, le leggi organiche, le condizioni dell'esistenza variano a seconda dei mondi: sotto questo aspetto, non ve ne sono due che siano perfettamente identici. I nostri trattati di fisica, di chimica, di anatomia, di medicina, di botanica ecc. non servirebbero a niente negli altri mondi, e tuttavia ciò che si apprende non è mai perduto. Non soltanto ciò sviluppa l'intelligenza, ma le idee che vi si attingono aiutano ad acquisirne di nuove (cap. VI, n. 61 e ss.). Se lo Spirito non facesse che una sola apparizione, spesso di breve durata, nello stesso mondo, a ogni migrazione si troverebbe in condizioni totalmente differenti. Egli opererebbe ogni volta su elementi nuovi, con forze e secondo leggi a lui sconosciute, prima di aver avuto il tempo di elaborare gli elementi conosciuti, di studiarli, di esercitarvisi. Ogni volta sarebbe come dover fare un nuovo apprendistato, e questi incessanti cambiamenti sarebbero un ostacolo al progresso. Lo Spirito deve dunque restare nello stesso mondo fino a quando non vi abbia acquisito la somma di conoscenze e il grado di perfezione che questo mondo comporta (n. 31).
Che gli Spiriti abbandonino per un mondo più avanzato quello sul quale non possono acquisire più nulla, così dev'essere e così è: tale è il principio. Se accade che alcuni lo lascino prima, è senza dubbio per delle cause individuali che Dio pesa secondo la Sua saggezza.
Tutto ha uno scopo nella creazione, altrimenti Dio non sarebbe né prudente né saggio. Ora, se la Terra dovesse essere la sola tappa per il progresso di ogni individuo, quale utilità ci sarebbe per i bambini che muoiono in tenera età di venirvi a passare alcuni anni, alcuni mesi, alcune ore, un tempo, insomma, durante il quale non possono acquisirvi nulla? Lo stesso è per gli handicappati. Una teoria è ritenuta buona solo a condizione che risolva tutti i problemi che i essa si collegano. La questione delle morti premature è stata la pietra d'intralcio per tutte le dottrine, eccetto che per la Dottrina Spiritista, che, unica, l'ha risolta in maniera razionale e completa.
Per il progresso di coloro che svolgono sulla Terra una missione normale, c'è un vantaggio reale nel ritrovarsi nello stesso ambiente, per continuarvi ciò che avevano lasciato incompiuto, spesso nella medesima famiglia, o in contatto con le stesse persone, cui si è fatto del male, e poterlo così riparare, o per subirvi la pena del taglione.
Emigrazioni e immigrazioni degli Spiriti
35. Nell'intervallo delle
loro esistenze corporali, gli Spiriti si trovano in stato di erraticità e
compongono la popolazione spirituale dell'ambiente Terra. Attraverso le
morti e le nascite, queste due popolazioni si riversano incessantemente
l'una nell'altra. Ci sono dunque giornalmente delle emigrazioni dal
mondo corporale verso il mondo spirituale e delle immigrazioni dal mondo
spirituale verso il mondo corporale: è lo stato normale.
36. In certe epoche,
determinate dalla saggezza divina, queste emigrazioni e queste
immigrazioni si effettuano in masse più o meno considerevoli, in
conseguenza delle grandi rivoluzioni che ne causano la partenza
simultanea di quantità enormi, le quali sono ben presto rimpiazzate da
quantità equivalenti di incarnazioni. Bisogna quindi considerare i
flagelli distruttori e i cataclismi come occasioni di partenze e arrivi
collettivi, di mezzi provvidenziali per rinnovare la popolazione
corporale del globo e per ritemprarla con l'introduzione di nuovi
elementi spirituali più purificati. Se in queste catastrofi c'è la
distruzione di un grande numero di corpi, ciò non è da considerarsi
altro che una lacerazione di indumenti, ma nessuno Spirito perisce.
Essi non fanno altro che cambiare ambiente; poi, invece di partire isolatamente, partono in gran numero. Questa è tutta la differenza, dal momento che, si parta per una causa o per un'altra, resta pur sempre il fatto che tutti si deve fatalmente partire presto o tardi.
I rinnovamenti rapidi e quasi istantanei che si operano nell'elemento spirituale della popolazione, in seguito ai flagelli distruttori, accelerano il progresso sociale. Senza le emigrazioni e le immigrazioni che vengono di quando in quando a dargli un violento impulso, il progresso avanzerebbe con estrema lentezza.
È da notare che tutte le grandi calamità che decimano le popolazioni sono sempre seguite da un'era di progresso nell'ordine fisico, intellettuale o morale e, di conseguenza, nello stato sociale delle nazioni in cui tali calamità avvengono. Il fatto è che esse hanno come scopo di effettuare un rimodellamento nella popolazione spirituale, che è la popolazione normale e attiva del globo.
Essi non fanno altro che cambiare ambiente; poi, invece di partire isolatamente, partono in gran numero. Questa è tutta la differenza, dal momento che, si parta per una causa o per un'altra, resta pur sempre il fatto che tutti si deve fatalmente partire presto o tardi.
I rinnovamenti rapidi e quasi istantanei che si operano nell'elemento spirituale della popolazione, in seguito ai flagelli distruttori, accelerano il progresso sociale. Senza le emigrazioni e le immigrazioni che vengono di quando in quando a dargli un violento impulso, il progresso avanzerebbe con estrema lentezza.
È da notare che tutte le grandi calamità che decimano le popolazioni sono sempre seguite da un'era di progresso nell'ordine fisico, intellettuale o morale e, di conseguenza, nello stato sociale delle nazioni in cui tali calamità avvengono. Il fatto è che esse hanno come scopo di effettuare un rimodellamento nella popolazione spirituale, che è la popolazione normale e attiva del globo.
37. Questo mescolamento, che
avviene tra la popolazione incarnata e la popolazione disincarnata di
uno stesso pianeta, egualmente avviene tra i mondi, sia individualmente
nelle condizioni normali, sia in massa nelle circostanze speciali. Ci
sono dunque delle emigrazioni e delle immigrazioni collettive da un
mondo all'altro. Ne deriva l'introduzione, nella popolazione di uno di
essi, di elementi completamente nuovi; di nuove razze di Spiriti che,
venendo a mescolarsi alle razze esistenti, costituiscono nuove razze di
uomini. Ora, siccome gli Spiriti non perdono mai ciò che hanno
acquisito, essi portano con sé l'intelligenza e l'intuizione delle
conoscenze che possiedono. Di conseguenza, imprimono il loro carattere
alla razza corporea che vengono ad animare. Non hanno bisogno per questo
che nuovi corpi siano creati in modo specifico per loro; poiché la
specie corporea esiste, essi trovano sempre corpi pronti ad accoglierli.
Sono, dunque, semplicemente dei nuovi abitanti; arrivando sulla Terra,
essi fanno dapprima parte della sua popolazione spirituale, poi
s'incarnano come gli altri.
Razza adamitica
38. Secondo l'insegnamento degli Spiriti, è una di queste grandi immigrazioni o, se si preferisce, una di queste colonie di Spiriti, venuti da un'altra sfera, ad aver dato origine alla razza simbolizzata nella persona di Adamo e, per questa ragione, chiamata razza adamitica. Quando questa è arrivata, la Terra era popolata da tempo immemorabile, come l'America quando vi sono giunti gli europei.
La razza adamitica, più avanzata delle razze che l'avevano preceduta sulla Terra, è in effetti la più intelligente ed è quella che spinge al progresso tutte le altre. La Genesi ce la mostra, fin dai suoi inizi, industriosa, atta alle arti e alle scienze, senza esser passata attraverso l'infanzia intellettuale, la qual cosa non è caratteristica delle razze primitive, ma concorda con l'opinione 'secondo cui si componeva di Spiriti che erano già progrediti. Tutto prova che tale razza non è affatto antica sulla Terra, e nulla si oppone all'ipotesi che essa si trovi qui soltanto da alcune migliaia di anni. Ciò non sarebbe in contraddizione né con le prove geologiche né con le osservazioni antropologiche, anzi tenderebbe, al contrario, a confermarle.
La razza adamitica, più avanzata delle razze che l'avevano preceduta sulla Terra, è in effetti la più intelligente ed è quella che spinge al progresso tutte le altre. La Genesi ce la mostra, fin dai suoi inizi, industriosa, atta alle arti e alle scienze, senza esser passata attraverso l'infanzia intellettuale, la qual cosa non è caratteristica delle razze primitive, ma concorda con l'opinione 'secondo cui si componeva di Spiriti che erano già progrediti. Tutto prova che tale razza non è affatto antica sulla Terra, e nulla si oppone all'ipotesi che essa si trovi qui soltanto da alcune migliaia di anni. Ciò non sarebbe in contraddizione né con le prove geologiche né con le osservazioni antropologiche, anzi tenderebbe, al contrario, a confermarle.
39. La dottrina che fa
procedere tutto il genere umano da una sola individualità, da seimila
anni, non è ammissibile allo stato attuale delle conoscenze.
Riassumeremo ora i vari punti delle principali considerazioni, che
contraddicono tale dottrina, tratte dall'ordine fisico e dall'ordine
morale.
Dal punto di vista fisiologico, certe razze presentano particolari tipi caratteristici che non consentono di assegnare loro una origine comune. Ci sono differenze che non sono, in modo evidente l'effetto del clima, poiché i bianchi che si riproducono nel paese dei negri non diventano neri, e viceversa. L'ardore del sole brucia e abbronza l'epidermide, ma non ha mai trasformato un bianco in negro, non ha mai appiattito il naso, cambiato la linea dei tratti della fisionomia, né reso crespi e lanosi dei capelli lunghi e setosi. Si sa oggi che il colore della pelle del negro proviene da un particolare tessuto sottocutaneo che attiene alla specie.
Bisogna, perciò, considerare le razze negre, mongoliche, caucasiche come razze che hanno una loro propria origine e che hanno tratto origine simultaneamente o successivamente su differenti parti del globo; il loro incrocio ha prodotto le razze miste secondarie. I caratteri fisiologici delle razze primitive sono l'indice evidente che esse provengono da tipi speciali. Le stesse considerazioni si applicano, di conseguenza, all'uomo come agli animali, per quanto concerne la pluralità delle stirpi (cap. X, n. 2 e ss.).
Dal punto di vista fisiologico, certe razze presentano particolari tipi caratteristici che non consentono di assegnare loro una origine comune. Ci sono differenze che non sono, in modo evidente l'effetto del clima, poiché i bianchi che si riproducono nel paese dei negri non diventano neri, e viceversa. L'ardore del sole brucia e abbronza l'epidermide, ma non ha mai trasformato un bianco in negro, non ha mai appiattito il naso, cambiato la linea dei tratti della fisionomia, né reso crespi e lanosi dei capelli lunghi e setosi. Si sa oggi che il colore della pelle del negro proviene da un particolare tessuto sottocutaneo che attiene alla specie.
Bisogna, perciò, considerare le razze negre, mongoliche, caucasiche come razze che hanno una loro propria origine e che hanno tratto origine simultaneamente o successivamente su differenti parti del globo; il loro incrocio ha prodotto le razze miste secondarie. I caratteri fisiologici delle razze primitive sono l'indice evidente che esse provengono da tipi speciali. Le stesse considerazioni si applicano, di conseguenza, all'uomo come agli animali, per quanto concerne la pluralità delle stirpi (cap. X, n. 2 e ss.).
40. Adamo e i suoi
discendenti sono rappresentati nella Genesi come uomini essenzialmente
intelligenti, poiché, fin dalla seconda generazione, costruiscono città,
coltivano la terra, lavorano i metalli. Rapidi e costanti nel tempo
sono i loro progressi nelle arti e nelle scienze. Non si potrebbe,
pertanto, concepire che questa stirpe abbia avuto per discendenti popoli
numerosi così arretrati, d'una intelligenza tanto rudimentale, che
ancor oggi essi sfiorano l'animalità; popoli che avrebbero perduto ogni
traccia e perfino il minimo ricordo di ciò che facevano i loro padri.
Una differenza così radicale nelle attitudini intellettive e nello
sviluppo morale attesta, con non meno evidenza, una differenza
d'origine.
41. Indipendentemente dai
fatti geologici, la prova dell'esistenza dell'uomo sulla Terra prima
dell'epoca fissata dalla Genesi è tratta dalla popolazione del globo.
Senza parlare della cronologia cinese, che risale, si dice, a trentamila anni fa, documenti più autentici attestano che l'Egitto, l'India e altri paesi erano popolati e fiorenti almeno tremila anni prima dell'era cristiana e, di conseguenza, mille anni dopo la creazione del primo uomo, secondo la cronologia biblica. Documenti e osservazioni recenti non lasciano oggi alcun dubbio sui rapporti che sono esistiti tra l'America e gli antichi Egizi. Da ciò, bisogna concludere che quel paese, a quell'epoca, era già popolato. Bisognerebbe allora ammettere che in mille anni la posterità di un solo uomo ha potuto coprire la maggior parte della Terra. Orbene, una simile fecondità sarebbe in antagonismo con tutte le leggi antropologiche. [48]
"Non è opportuno pubblicare prematuramente le scoperte fatte, dal punto di vista della storia dell'uomo, dalla recente spedizione scientifica del Messico. Tuttavia nulla si oppone affinché il pubblico sappia, fin d'ora, che l'esplorazione ha segnalato l'esistenza di un gran numero di città, con il tempo scomparse, ma che il piccone e l'incendio possono trarre dalla loro tomba. Gli scavi hanno dappertutto portato alla luce tre strati di civilizzazione che sembrano dare al mondo americano un'antichità favolosa".
È così che, ogni giorno, la scienza viene a dare la smentita dei fatti alla dottrina che limita a 6000 anni fa l'apparizione dell'uomo sulla Terra e pretende di farlo derivare da un'unica stirpe.
-------------------------
[48] L'Esposizione Universale del 1867 ha presentato delle antichità provenienti dal Messico, che non lasciano alcun dubbio sui rapporti che i popoli di questo paese hanno avuto con gli antichi Egizi. Léon Méchedin, in una nota affissa nel tempio messicano dell'Esposizione, si esprimeva così:
-------------------------
Senza parlare della cronologia cinese, che risale, si dice, a trentamila anni fa, documenti più autentici attestano che l'Egitto, l'India e altri paesi erano popolati e fiorenti almeno tremila anni prima dell'era cristiana e, di conseguenza, mille anni dopo la creazione del primo uomo, secondo la cronologia biblica. Documenti e osservazioni recenti non lasciano oggi alcun dubbio sui rapporti che sono esistiti tra l'America e gli antichi Egizi. Da ciò, bisogna concludere che quel paese, a quell'epoca, era già popolato. Bisognerebbe allora ammettere che in mille anni la posterità di un solo uomo ha potuto coprire la maggior parte della Terra. Orbene, una simile fecondità sarebbe in antagonismo con tutte le leggi antropologiche. [48]
"Non è opportuno pubblicare prematuramente le scoperte fatte, dal punto di vista della storia dell'uomo, dalla recente spedizione scientifica del Messico. Tuttavia nulla si oppone affinché il pubblico sappia, fin d'ora, che l'esplorazione ha segnalato l'esistenza di un gran numero di città, con il tempo scomparse, ma che il piccone e l'incendio possono trarre dalla loro tomba. Gli scavi hanno dappertutto portato alla luce tre strati di civilizzazione che sembrano dare al mondo americano un'antichità favolosa".
È così che, ogni giorno, la scienza viene a dare la smentita dei fatti alla dottrina che limita a 6000 anni fa l'apparizione dell'uomo sulla Terra e pretende di farlo derivare da un'unica stirpe.
-------------------------
[48] L'Esposizione Universale del 1867 ha presentato delle antichità provenienti dal Messico, che non lasciano alcun dubbio sui rapporti che i popoli di questo paese hanno avuto con gli antichi Egizi. Léon Méchedin, in una nota affissa nel tempio messicano dell'Esposizione, si esprimeva così:
-------------------------
42. L'impossibilità diventa ancora più evidente se si ammette, con la Genesi, che il diluvio ha distrutto tutto il genere umano, a
eccezione di Noè e della sua famiglia, che non era numerosa, nell'anno
del mondo 1656, ossia 2348 anni prima dell'era cristiana. In realtà
sarebbe, dunque, soltanto da Noè che daterebbe il popolamento del globo.
Ora, quando gli Ebrei si stabilirono in Egitto, 612 anni dopo il
diluvio, c'era già un potente impero, che sarebbe stato popolato — senza
parlare degli altri paesi —, in meno di sei secoli, dai soli
discendenti di Noè, la qual cosa non è ammissibile.
Osserviamo, incidentalmente, che gli Egizi accolsero gli Ebrei come stranieri. Ci sarebbe da meravigliarsi che avessero perduto il ricordo di una comunanza di origine così vicina, mentre conservavano religiosamente i monumenti della loro storia.
Una logica rigorosa, corroborata dai fatti, dimostra quindi nella maniera più perentoria che l'uomo è sulla Terra da un tempo indeterminato, molto anteriore all'epoca assegnata dalla Genesi. Lo stesso accadde per quanto riguarda la diversità delle stirpi primitive: infatti, dimostrare l'impossibilità di una proposizione significa dimostrare la proposizione contraria. Se la geologia scopre tracce autentiche della presenza dell'uomo prima del grande periodo diluviale, la dimostrazione sarà ancora più assoluta.
Osserviamo, incidentalmente, che gli Egizi accolsero gli Ebrei come stranieri. Ci sarebbe da meravigliarsi che avessero perduto il ricordo di una comunanza di origine così vicina, mentre conservavano religiosamente i monumenti della loro storia.
Una logica rigorosa, corroborata dai fatti, dimostra quindi nella maniera più perentoria che l'uomo è sulla Terra da un tempo indeterminato, molto anteriore all'epoca assegnata dalla Genesi. Lo stesso accadde per quanto riguarda la diversità delle stirpi primitive: infatti, dimostrare l'impossibilità di una proposizione significa dimostrare la proposizione contraria. Se la geologia scopre tracce autentiche della presenza dell'uomo prima del grande periodo diluviale, la dimostrazione sarà ancora più assoluta.
Dottrina degli angeli decaduti e del paradiso perduto
Dottrina degli angeli decaduti e del paradiso perduto [49]
-------------------------
[49] Quando, nella Rivista Spiritista del gennaio 1862, noi abbiamo pubblicato un articolo sulla interpretazione della dottrina degli angeli decaduti, abbiamo presentato questa teoria solo come ipotesi, avendo noi solo l'autorità di una opinione personale controvertibile, perché difettavamo allora di elementi sufficientemente completi per un'affermazione assoluta. Noi l'abbiamo esposta a titolo di saggio, con l'intenzione di provocarne l'analisi, ben determinati ad abbandonarla o a modificarla, se fosse stato necessario. Oggi, questa teoria ha subito la prova del controllo universale. Non solo essa è stata accolta, dalla grande maggioranza degli Spiritisti, quale la più razionale e la più conforme alla sovrana giustizia di Dio, ma è stata anche confermata dalla generalità delle istruzioni date dagli Spiriti su questo argomento. La stessa cosa si è verificata con quanto concerne l'origine della razza adamitica.
-------------------------
43. I mondi progrediscono fisicamente attraverso l'elaborazione della materia e moralmente attraverso la purificazione degli Spiriti che tali mondi abitano. La felicità in essi è direttamente proporzionale al predominio del bene sul male, e il predominio del bene è il risultato dell'avanzamento morale degli Spiriti. Il progresso intellettuale non è sufficiente, poiché con la sola intelligenza essi possono anche fare del male.
Quando, dunque, un mondo è giunto in uno dei suoi periodi di trasformazione, al fine di salire nella gerarchia dei mondi, nella sua popolazione incarnata e disincarnata si operano dei mutamenti; è allora che avvengono le grandi emigrazioni e immigrazioni (nn. 34 e 35). Coloro che, malgrado la loro intelligenza e il loro sapere, hanno perseverato nel male, nella loro ribellione contro Dio e contro le sue leggi, sarebbero ormai un ostacolo per l'ulteriore progresso morale, una permanente causa di turbamento per la tranquillità e la felicità dei buoni. Ed è appunto per questo che ne vengono esclusi e inviati in mondi meno avanzati. Qui essi applicheranno la loro intelligenza e l'intuizione delle conoscenze che hanno acquisite, al progresso di coloro tra i quali sono chiamati a vivere. Nello stesso tempo, espieranno così, in una serie di esistenze dolorose e con un duro lavoro, le loro colpe passate e il loro volontario indurimento.
Che cosa saranno mai tali esseri, fra quelle popolazioni, nuove per loro e che ancora sono nello stato d'infanzia della barbarie, se non degli angeli o Spiriti decaduti inviati in espiazione? La terra da cui essi sono stati espulsi non è forse per loro un paradiso perduto? Non era forse per loro un luogo di delizie, in confronto all'ambiente ingrato in cui vanno a trovarsi, relegati per migliaia di secoli, fino a quando non avranno meritato la loro liberazione? Il vago ricordo intuitivo, che della terra da dove sono venuti custodiscono, è come un lontano miraggio che ricorda loro quanto per loro stessa colpa hanno perduto.
44. Ma i malvagi, nel tempo
stesso in cui si allontanano dal mondo che abitavano, vengono sostituiti
da Spiriti migliori, provenienti sia dall'erraticità, concernente
questo stesso mondo, sia da un mondo meno avanzato che essi hanno
meritato di lasciare: per questi la nuova residenza è una ricompensa.
Venendo così la popolazione spirituale rinnovata e purificata dei suoi
peggiori elementi, lo stato morale del mondo, dopo qualche tempo, si
trova migliorato.
Questi mutamenti sono alcune volte parziali, cioè limitati a un popolo, a una razza; altre volte sono generali, quando, cioè, è arrivato per il globo il periodo del rinnovamento.
Questi mutamenti sono alcune volte parziali, cioè limitati a un popolo, a una razza; altre volte sono generali, quando, cioè, è arrivato per il globo il periodo del rinnovamento.
45. La razza adamitica ha
tutti i caratteri di una razza colpita da proscrizione. Gli Spiriti che
di essa fanno parte sono stati esiliati sulla Terra, che era già
popolata, ma da uomini ancora primitivi, immersi nell'ignoranza. Questi
Spiriti esiliati hanno avuto come missione quella di far progredire la
Terra, apportando fra quei primitivi i lumi di una intelligenza
sviluppata. Non è forse questo, in effetti, il ruolo che tale razza ha
svolto fino a oggi? La loro superiorità intellettuale prova che il mondo
da cui provenivano era più avanzato della Terra. Ma dovendo quel mondo
entrare in una nuova fase di progresso, e non avendo saputo tali
Spiriti, data la loro ostinazione, porsi all'altezza di quel progresso,
vi si sarebbero trovati fuori posto e avrebbero costituito un ostacolo
alla marcia provvidenziale delle cose. È per questo che ne sono stati
esclusi, mentre altri hanno meritato di sostituirli.
Relegando quella razza su questa terra di fatiche e di sofferenze, con ragione Dio ha detto: "Da essa tu trarrai il tuo nutrimento col sudore della tua fronte". Nella Sua bontà Egli ha promesso all'uomo di quella razza che gli avrebbe inviato un Salvatore, colui cioè che lo avrebbe illuminato sul cammino da seguire per uscire da quel luogo di miseria, da quell'inferno, e giungere alla felicità degli eletti. Questo Salvatore glielo ha inviato nella persona del Cristo, che ha insegnato la legge d'amore e di carità da quell'uomo sconosciuta e che sarebbe stata la vera ancora di salvezza.
È ugualmente con l'obiettivo di far avanzare l'umanità in un determinato senso che Spiriti superiori, pur senza avere le qualità del Cristo, s'incarnano di quando in quando sulla Terra per compiervi missioni speciali, che sono di vantaggio, nel tempo stesso, al loro personale avanzamento, se essi le compiono in accordo con i disegni del Creatore.
Relegando quella razza su questa terra di fatiche e di sofferenze, con ragione Dio ha detto: "Da essa tu trarrai il tuo nutrimento col sudore della tua fronte". Nella Sua bontà Egli ha promesso all'uomo di quella razza che gli avrebbe inviato un Salvatore, colui cioè che lo avrebbe illuminato sul cammino da seguire per uscire da quel luogo di miseria, da quell'inferno, e giungere alla felicità degli eletti. Questo Salvatore glielo ha inviato nella persona del Cristo, che ha insegnato la legge d'amore e di carità da quell'uomo sconosciuta e che sarebbe stata la vera ancora di salvezza.
È ugualmente con l'obiettivo di far avanzare l'umanità in un determinato senso che Spiriti superiori, pur senza avere le qualità del Cristo, s'incarnano di quando in quando sulla Terra per compiervi missioni speciali, che sono di vantaggio, nel tempo stesso, al loro personale avanzamento, se essi le compiono in accordo con i disegni del Creatore.
46. Senza la reincarnazione,
la missione del Cristo sarebbe un nonsenso, così come la promessa fatta
da Dio. Supponiamo, infatti, che l'anima di ogni uomo sia creata al
momento della nascita del suo corpo e che non faccia che apparire e
scomparire sulla Terra: nessuna relazione ci sarebbe allora tra quelle
che sono venute dopo Adamo fino a Gesù Cristo, né tra quelle che sono
venute dopo. Esse sono tutte estranee le une alle altre. La promessa di
un Salvatore, fatta da Dio, non si sarebbe potuta estendere ai
discendenti di Adamo, se le loro anime non fossero state ancora create.
Perché la missione del Cristo potesse corrispondere alle parole di Dio,
era necessario che si potesse applicare alle stesse anime. Se tali anime
sono nuove, non possono essere macchiate dalla colpa del primo padre,
che è solo il padre carnale e non il padre spirituale; altrimenti Dio
avrebbe creato delle anime macchiate da una
colpa che non poteva estendersi su di loro, poiché esse non esistevano.
La dottrina comune del peccato originale implica, quindi, la necessità
di una relazione tra le anime del tempo del Cristo e quelle del tempo di
Adamo e, di conseguenza, la reincarnazione.
Ammettete che tutte queste anime facevano parte della colonia di Spiriti esiliati sulla Terra al tempo di Adamo; che esse erano macchiate dai vizi che le avevano fatte escludere da un mondo migliore, e voi avrete la sola interpretazione razionale del peccato originale, peccato peculiare di ogni individuo e non il risultato della responsabilità della colpa di un altro, che egli non ha mai conosciuto. Ammettete che queste anime o Spiriti rinascono alla vita corporale sulla Terra, a diverse riprese, per progredire e purificarsi; che il Cristo è venuto a illuminare queste stesse anime non soltanto per le loro vite passate, ma per le loro vite successive, e solo allora voi darete alla sua missione uno scopo serio e reale, accettabile dalla ragione.
Ammettete che tutte queste anime facevano parte della colonia di Spiriti esiliati sulla Terra al tempo di Adamo; che esse erano macchiate dai vizi che le avevano fatte escludere da un mondo migliore, e voi avrete la sola interpretazione razionale del peccato originale, peccato peculiare di ogni individuo e non il risultato della responsabilità della colpa di un altro, che egli non ha mai conosciuto. Ammettete che queste anime o Spiriti rinascono alla vita corporale sulla Terra, a diverse riprese, per progredire e purificarsi; che il Cristo è venuto a illuminare queste stesse anime non soltanto per le loro vite passate, ma per le loro vite successive, e solo allora voi darete alla sua missione uno scopo serio e reale, accettabile dalla ragione.
47. Un noto esempio, che colpisce per la sua analogia, farà ancor meglio comprendere i principi che sono stati appena esposti.
Il 24 maggio 1861, la fregata Iphigénie trasportò nella Nuova Caledonia una compagnia disciplinare composta da 291 uomini. All'arrivo, il comandante della colonia, rivolse loro un ordine del giorno così concepito:
“Mettendo piede su questa terra lontana, voi avete già compreso il molo che a voi è riservato.
Sull'esempio dei bravi soldati della nostra marina, che servono sotto il vostro sguardo, voi ci aiuterete a portare con fulgore, in mezzo alle tribù selvagge della Nuova Caledonia, la fiaccola della civilizzazione. Io vi chiedo: non è forse questa una bella e nobile missione? Voi la porterete a termine degnamente.
Ascoltate la voce e i consigli dei vostri capi. Io sono alla loro testa. Che le mie parole siano ben comprese.
La scelta del vostro comandante, dei vostri ufficiali, dei vostri sottufficiali e dei vostri caporali costituisce una sicura garanzia che tutti gli sforzi saranno tentati per fare di voi degli eccellenti soldati. Dirò di più: per elevarvi all'altezza di buoni cittadini e per trasformarvi in rispettabili coloni, se voi lo desiderate.
La vostra disciplina sarà severa. Deve esserlo. Affidata nelle nostre mani, essa sarà ferma e inflessibile, sappiatelo; così come sarà anche giusta e paterna, e saprà distinguere l'errore dal vizio e dalla degradazione..."
Ecco dunque degli uomini espulsi, per la loro cattiva condotta, e inviati per punizione in mezzo a un popolo barbaro. Che cosa dice il loro capo?: "Voi avete infranto le leggi del vostro paese; là siete stati causa di perturbazione e di scandalo e ne siete stati cacciati. Siete stati inviati qui, ma voi qui potete riscattare il vostro passato. Voi potete, con il lavoro, crearvi qui una posizione rispettabile e divenire così degli onesti cittadini. Voi avete una bella missione da compiere, quella di portare la civilizzazione fra queste tribù selvagge. La disciplina sarà severa, ma giusta, e noi sapremo distinguere coloro che si condurranno bene. La vostra sorte è nelle vostre mani. Voi potete migliorarla, se lo desiderate, perché avete il vostro libero arbitrio".
Per questi uomini gettati in mezzo a tribù di selvaggi, la madre patria non è forse un paradiso perduto per loro colpa, per la loro ribellione alla legge? Su questa terra lontana, non sono essi degli angeli decaduti? Il linguaggio del comandante non è forse quello che usò Dio parlando agli Spiriti esiliati sulla Terra?: "Voi avete disobbedito — Egli disse — alle mie leggi, ed è per questo che vi ho cacciato via dal mondo dove avreste potuto vivere felici e in pace. Qui voi sarete condannati al lavoro, ma potrete, con la vostra buona condotta, meritare il perdono e riconquistare la patria, che per vostra colpa avete perduta, cioè il cielo".
Il 24 maggio 1861, la fregata Iphigénie trasportò nella Nuova Caledonia una compagnia disciplinare composta da 291 uomini. All'arrivo, il comandante della colonia, rivolse loro un ordine del giorno così concepito:
“Mettendo piede su questa terra lontana, voi avete già compreso il molo che a voi è riservato.
Sull'esempio dei bravi soldati della nostra marina, che servono sotto il vostro sguardo, voi ci aiuterete a portare con fulgore, in mezzo alle tribù selvagge della Nuova Caledonia, la fiaccola della civilizzazione. Io vi chiedo: non è forse questa una bella e nobile missione? Voi la porterete a termine degnamente.
Ascoltate la voce e i consigli dei vostri capi. Io sono alla loro testa. Che le mie parole siano ben comprese.
La scelta del vostro comandante, dei vostri ufficiali, dei vostri sottufficiali e dei vostri caporali costituisce una sicura garanzia che tutti gli sforzi saranno tentati per fare di voi degli eccellenti soldati. Dirò di più: per elevarvi all'altezza di buoni cittadini e per trasformarvi in rispettabili coloni, se voi lo desiderate.
La vostra disciplina sarà severa. Deve esserlo. Affidata nelle nostre mani, essa sarà ferma e inflessibile, sappiatelo; così come sarà anche giusta e paterna, e saprà distinguere l'errore dal vizio e dalla degradazione..."
Ecco dunque degli uomini espulsi, per la loro cattiva condotta, e inviati per punizione in mezzo a un popolo barbaro. Che cosa dice il loro capo?: "Voi avete infranto le leggi del vostro paese; là siete stati causa di perturbazione e di scandalo e ne siete stati cacciati. Siete stati inviati qui, ma voi qui potete riscattare il vostro passato. Voi potete, con il lavoro, crearvi qui una posizione rispettabile e divenire così degli onesti cittadini. Voi avete una bella missione da compiere, quella di portare la civilizzazione fra queste tribù selvagge. La disciplina sarà severa, ma giusta, e noi sapremo distinguere coloro che si condurranno bene. La vostra sorte è nelle vostre mani. Voi potete migliorarla, se lo desiderate, perché avete il vostro libero arbitrio".
Per questi uomini gettati in mezzo a tribù di selvaggi, la madre patria non è forse un paradiso perduto per loro colpa, per la loro ribellione alla legge? Su questa terra lontana, non sono essi degli angeli decaduti? Il linguaggio del comandante non è forse quello che usò Dio parlando agli Spiriti esiliati sulla Terra?: "Voi avete disobbedito — Egli disse — alle mie leggi, ed è per questo che vi ho cacciato via dal mondo dove avreste potuto vivere felici e in pace. Qui voi sarete condannati al lavoro, ma potrete, con la vostra buona condotta, meritare il perdono e riconquistare la patria, che per vostra colpa avete perduta, cioè il cielo".
48. Di
primo acchito, l'idea della caduta sembra in contraddizione con il
principio secondo cui gli Spiriti non possono retrocedere. Ma si deve
considerare che in questo caso non si tratta affatto di un ritorno allo
stato primitivo: lo Spirito, benché in una posizione inferiore, non
perde nulla di quanto ha acquisito; il suo sviluppo morale e
intellettivo è il medesimo, qualunque sia l'ambiente dove egli si trovi
collocato. Lo Spirito è nella posizione dell'uomo del mondo condannato
al bagno penale per i suoi misfatti. Di certo, egli è degradato,
decaduto dal punto di vista sociale, ma non diventa né più stupido né
più ignorante.
49. Si crede forse, ora, che
quegli uomini inviati nella Nuova Caledonia si trasformeranno
improvvisamente in modelli di virtù? Che, di colpo, rinnegheranno i loro
passati errori? Si dovrebbe non conoscere l'umanità per supporlo. Per
la medesima ragione, gli Spiriti della razza adamitica, una volta
trapiantati sulle terra d'esilio, non hanno istantaneamente deposto il
loro orgoglio e i loro istinti malvagi. Per lungo tempo ancora, essi
hanno conservato le tendenze della loro origine, un resto del vecchio
fermento. Orbene, non è forse questo il peccato originale?
Capitolo XII - GENESI MOSAICA
I sei giorni
1. CAPITOLO I – 1. Nel principio Dio creò i cieli e la terra. – 2. La
terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso, e
lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. – 3. Dio disse: "Sia luce!" E luce fu. – 4. Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. – 5. Dio chiamò la luce "giorno" e le tenebre "notte". Fu sera, poi fu mattina: primo giorno.
6. Poi Dio disse: "Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque". – 7. Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa. E così fu. – 8. Dio chiamò la distesa "cielo". Fu sera, poi fu mattina: secondo giorno.
9. Poi Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia l'asciutto". E così fu. – 10. Dio chiamò l'asciutto "terra" e chiamò la raccolta delle acque "mari". Dio vide che questo era buono. – 11. Poi Dio disse: "Produca la terra della vegetazione, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra". E così fu. – 12. La terra produsse della vegetazione, delle erbe che facevano seme secondo la loro specie e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie. Dio vide che questo era buono. – 13. Fu sera, poi fu mattina: terzo giorno.
14. Poi Dio disse: "Vi siano delle luci nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni; – 15. facciano luce nella distesa dei cieli per illuminare la terra". E così fu. – 16 Dio fece le due grandi luci: la luce maggiore per presiedere al giorno e la luce minore per presiedere alla notte; e fece pure le stelle. – 17. Dio le mise nella distesa dei cieli per illuminare la terra, – 18. per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. Dio vide che questo era buono. – 19. Fu sera, poi fu mattina: quarto giorno.
20. Poi Dio disse: "Producano le acque in abbondanza esseri viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo". –21. Dio creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, e che le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie, e ogni volatile secondo la sua specie. Dio vide che questo era buono. – 22. Dio li benedisse dicendo: "Crescete, moltiplicatevi e riempite le acque dei mari, e si moltiplichino gli uccelli sulla Terra". – 23. Fu sera, poi fu mattina: quinto giorno.
24. Poi Dio disse: "Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la loro specie". E così fu. – 25. Dio fece gli animali selvatici della terra secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie e tutti i rettili della terra secondo le loro specie. Dio vide che questo era buono.
26. Poi Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". – 27. Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. – 28. Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra". – 29. Dio disse: "Ecco io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero, che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. – 30. A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento". E così fu. – 31. Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Fu sera, poi fu mattina: sesto giorno.
CAPITUOLO II – 1. Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l'esercito loro. – 2. Il settimo giorno, Dio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. – 3. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta.
4. Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati. Nel giorno che Dio il Signore fece la terra e i cieli, – 5. non c'era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo; – 6. ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo. – 7. Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente.
6. Poi Dio disse: "Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque". – 7. Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa. E così fu. – 8. Dio chiamò la distesa "cielo". Fu sera, poi fu mattina: secondo giorno.
9. Poi Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia l'asciutto". E così fu. – 10. Dio chiamò l'asciutto "terra" e chiamò la raccolta delle acque "mari". Dio vide che questo era buono. – 11. Poi Dio disse: "Produca la terra della vegetazione, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra". E così fu. – 12. La terra produsse della vegetazione, delle erbe che facevano seme secondo la loro specie e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie. Dio vide che questo era buono. – 13. Fu sera, poi fu mattina: terzo giorno.
14. Poi Dio disse: "Vi siano delle luci nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni; – 15. facciano luce nella distesa dei cieli per illuminare la terra". E così fu. – 16 Dio fece le due grandi luci: la luce maggiore per presiedere al giorno e la luce minore per presiedere alla notte; e fece pure le stelle. – 17. Dio le mise nella distesa dei cieli per illuminare la terra, – 18. per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. Dio vide che questo era buono. – 19. Fu sera, poi fu mattina: quarto giorno.
20. Poi Dio disse: "Producano le acque in abbondanza esseri viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo". –21. Dio creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, e che le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie, e ogni volatile secondo la sua specie. Dio vide che questo era buono. – 22. Dio li benedisse dicendo: "Crescete, moltiplicatevi e riempite le acque dei mari, e si moltiplichino gli uccelli sulla Terra". – 23. Fu sera, poi fu mattina: quinto giorno.
24. Poi Dio disse: "Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la loro specie". E così fu. – 25. Dio fece gli animali selvatici della terra secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie e tutti i rettili della terra secondo le loro specie. Dio vide che questo era buono.
26. Poi Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". – 27. Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. – 28. Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra". – 29. Dio disse: "Ecco io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero, che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. – 30. A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento". E così fu. – 31. Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Fu sera, poi fu mattina: sesto giorno.
CAPITUOLO II – 1. Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l'esercito loro. – 2. Il settimo giorno, Dio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. – 3. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta.
4. Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati. Nel giorno che Dio il Signore fece la terra e i cieli, – 5. non c'era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo; – 6. ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo. – 7. Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente.
2. Dopo le spiegazioni
contenute nei capitoli precedenti sull'origine e sulla costituzione
dell'universo, secondo i dati forniti dalla scienza per la parte
materiale e secondo lo Spiritismo per la parte spirituale, non si poteva
non mettere a confronto con tutto questo il testo stesso della Genesi
di Mosè, affinché ognuno potesse stabilire un paragone e giudicare con
conoscenza di causa. Saranno sufficienti alcune spiegazioni
complementari per far comprendere le parti che hanno bisogno di speciali
chiarimenti.
3. Su alcuni punti c'è senza
dubbio una notevole concordanza tra la Genesi di Mosè e la dottrina
scientifica. Ma sarebbe un errore credere che basti sostituire i sei
giorni di ventiquattro ore della creazione con sei periodi
indeterminati, per trovare un'analogia completa. Ed errore non meno
grande sarebbe il credere che, salvo il senso allegorico di alcuni
termini, la Genesi e la scienza marcino affiancate e che siano soltanto
la parafrasi l'una dell'altra.
4. Osserviamo prima di
tutto, come è già stato detto (cap. VII, n. 14), che il numero di sei
periodi geologici è arbitrario, poiché si contano più di venticinque
formazioni ben caratterizzate. Questo numero indica soltanto le grandi
fasi generali. Esso è stato adottato in principio solo per adattare le
cose il più possibile al testo biblico, in un'epoca, poco lontana del
resto, in cui si credeva di dover controllare la scienza attraverso la
Bibbia. È per questo che gli autori della maggior parte delle teorie
cosmogoniche, col proposito di farsi più facilmente accettare, si sono
sforzati di porsi in accordo col testo sacro. Quando la scienza si è
basata sul metodo sperimentale, allora si è sentita più forte e si è
emancipata. Al giorno d'oggi è la Bibbia che viene controllata
attraverso la scienza.
D'altra parte, la geologia, prendendo come punto di partenza soltanto la formazione dei terreni granitici, non tiene conto, nel numero dei periodi della Terra, dello stato primitivo di questa. Essa non si occupa neppure del Sole, della Luna e delle stelle, né dell'insieme dell'universo, che appartengono all'astronomia. Per rientrare nel quadro della Genesi, è necessario perciò aggiungere un primo periodo che abbraccia quest'ordine di fenomeni e che potrebbe chiamarsi periodo astronomico.
Inoltre il periodo diluviale non da tutti i geologi è considerato come costituente un periodo distinto, ma come un fatto transitorio e passeggero, che non ha cambiato in modo apprezzabile lo stato climatico del globo, né ha segnato una nuova fase nelle specie vegetali e animali, poiché, a parte poche eccezioni, le medesime specie si ritrovano prima e dopo il diluvio. Di tale periodo diluviale si può dunque non tener conto, senza che per questo ci si allontani troppo dalla verità.
D'altra parte, la geologia, prendendo come punto di partenza soltanto la formazione dei terreni granitici, non tiene conto, nel numero dei periodi della Terra, dello stato primitivo di questa. Essa non si occupa neppure del Sole, della Luna e delle stelle, né dell'insieme dell'universo, che appartengono all'astronomia. Per rientrare nel quadro della Genesi, è necessario perciò aggiungere un primo periodo che abbraccia quest'ordine di fenomeni e che potrebbe chiamarsi periodo astronomico.
Inoltre il periodo diluviale non da tutti i geologi è considerato come costituente un periodo distinto, ma come un fatto transitorio e passeggero, che non ha cambiato in modo apprezzabile lo stato climatico del globo, né ha segnato una nuova fase nelle specie vegetali e animali, poiché, a parte poche eccezioni, le medesime specie si ritrovano prima e dopo il diluvio. Di tale periodo diluviale si può dunque non tener conto, senza che per questo ci si allontani troppo dalla verità.
5. La
tabella comparativa, qui di seguito riportata, nella quale sono
riassunti i fenomeni che caratterizzano ciascuno dei sei periodi,
permette di abbracciare l'insieme e di giudicare i rapporti e le
differenze che esistono tra questi e la Genesi biblica.
SCIENZA | GENESI |
I. PERIODO ASTRONOMICO — Agglomerazione della materia cosmica
universale su un punto dello spazio, in una nebulosa che ha dato
origine, attraverso la condensazione della materia su diversi punti,
alle stelle, al Sole, alla Terra, alla Luna e a tutti i pianeti. Stato primitivo fluidico e incandescente della Terra. — Immensa atmosfera carica di tutta l'acqua allo stato di vapore, e di tutte le materie volatilizzabili. | 1º GIORNO — Il Cielo e la Terra. — La luce. |
II. PERIODO PRIMÁRIO. — Indurimento della superficie della Terra, a
causa del raffreddamento; formazione degli strati granitici. —
Atmosfera densa e ardente, impenetrabile ai raggi del Sole. —
Precipitazione graduale dell'acqua e delle materie solide
volatilizzatesi nell'aria. — Assenza completa di vita organica. |
2º GIORNO — Il Firmamento. — Separazione dele acque che stanno al
di sopra del Firmamento da quelle che stanno al di sotto. |
III. PERIODO DE TRANSIZIONE. — Le acque coprono tutta la superficie
del globo. — Primi depositi di sedimento formati dalle acque. — Calore
umido. — Il Sole incomincia a perforare l'atmosfera brumosa. — Primi
esseri organizzati della più rudimentale costituzione. — Licheni,
muschi, felci, licopodi, piante erbacee. Vegetazione colossale. —Primi
animali marini: zoofiti, polipi, crostacei. —Depositi carboniferi. |
3º GIORNO. — Le acque che stanno sotto il Firmamento si riuniscono:
appare l’elemento arido. — La terra e i mari. — Le piante. |
IV. PERIODO SECUNDARIO. — Superficie della Terra poco accidentata;
acque poco profonde e paludose. Temperatura meno ardente; atmosfera
più depurata. Considerevoli depositi di calcare attraverso le acque. —
Vegetazioni meno colossali; nuove specie; piante legnose; primi
alberi. — Pesci; cetacei; animali con guscio; grandi rettili acquatici e
anfibi. | 4º GIORNO. — Il Sole, la Luna e le stelle. |
V. PERIODO TERZIARIO. — Grandi sollevamenti della crosta solida;
formazione dei continenti. Ritirata delle acque verso i luoghi bassi;
formazione dei mari. — Atmosfera depurata; temperatura attuale grazie al
calore solare. — Animali terrestri giganteschi. Vegetazioni e animali
attuali. Uccelli. DILUVIO UNIVERSALE | 5º GIORNO. — I pesci e gli uccelli. |
VI. PERIODO QUATERNARIO OU POSTDILUVIANO. — Terreni alluvionali. — Vegetali e anima li attuali. — L’uomo. | 6º GIORNO. — Gli animali terrestri. — L’uomo. |
6. Il primo fatto che
emerge, dalla tabella comparativa qui sopra, è che l'opera di ciascuno
dei sei giorni non corrisponde in maniera rigorosa, come molti credono, a
ciascuno dei sei periodi geologici. La concordanza più notevole è
quella della successione degli esseri organici, che è più o meno la
stessa, e quella dell'apparizione, da ultimo, dell'uomo. Orbene, questo è
un fatto importante.
Ugualmente c'è una coincidenza, non con l'ordine numerico dei periodi, ma per il fatto in sé, nel passo in cui si dice che il terzo giorno, "le acque che stanno sotto il firmamento si riunirono in un sol luogo e apparve l'elemento arido". Questa è l'espressione di ciò che ebbe luogo nel periodo terziario, quando i sollevamenti della crosta solida misero allo scoperto i continenti e respinsero le acque che avrebbero formato i mari. È soltanto allora che apparvero gli animali terrestri, secondo la geologia e secondo Mosè.
Ugualmente c'è una coincidenza, non con l'ordine numerico dei periodi, ma per il fatto in sé, nel passo in cui si dice che il terzo giorno, "le acque che stanno sotto il firmamento si riunirono in un sol luogo e apparve l'elemento arido". Questa è l'espressione di ciò che ebbe luogo nel periodo terziario, quando i sollevamenti della crosta solida misero allo scoperto i continenti e respinsero le acque che avrebbero formato i mari. È soltanto allora che apparvero gli animali terrestri, secondo la geologia e secondo Mosè.
7. Quando Mosè dice che la
creazione fu fatta in sei giorni, avrà voluto parlare di giorni di
ventiquattr'ore o avrà usato questo termine nel senso di periodo, di
durata? La prima ipotesi è la più probabile, se ci si riferisce al testo
stesso; prima di tutto perché tale è il senso proprio della parola
ebraica k3m, che si traduce con giorno; poi,
il riferimento alla sera e al mattino, come limitazione di ciascuno dei
sei giorni, permette di supporre tranquillamente ch'egli abbia voluto
alludere a giorni ordinari. Né si può nutrire alcun dubbio a questo
proposito, quando, al versetto 5, egli dice: "Alla luce diede il nome di
giorno e alle tenebre il nome di notte; e della sera e del mattino si
fece il primo giorno". Questo concetto non può evidentemente applicarsi
che al giorno di ventiquattr'ore, divise tra la luce e le tenebre. Il
senso è ancora più preciso quando dice, al versetto 17, parlando del
Sole, della Luna e delle stelle: "Egli li collocò nel firmamento del
cielo perché risplendessero sulla Terra, perché presiedessero al giorno e
alla notte e separassero la luce dalle tenebre. E della sera e del
mattino si fece il quarto giorno".
D'altronde tutto, nella creazione, era miracoloso. E dal momento che si entra nella strada dei miracoli, si può perfettamente credere che la Terra sia stata fatta in sei volte ventiquattr'ore, soprattutto quando si ignorano le prime leggi naturali. Questa credenza è stata pienamente condivisa da tutti i popoli civilizzati fino al momento in cui la geologia, documenti alla mano, è venuta a dimostrarne l'impossibilità.
D'altronde tutto, nella creazione, era miracoloso. E dal momento che si entra nella strada dei miracoli, si può perfettamente credere che la Terra sia stata fatta in sei volte ventiquattr'ore, soprattutto quando si ignorano le prime leggi naturali. Questa credenza è stata pienamente condivisa da tutti i popoli civilizzati fino al momento in cui la geologia, documenti alla mano, è venuta a dimostrarne l'impossibilità.
8. Uno dei punti che sono
stati massimamente criticati nella Genesi è la creazione del sole dopo
la luce. Si è cercato di spiegare ciò, secondo i dati stessi forniti
dalla geologia, affermando che nei primi tempi della sua formazione,
l'atmosfera terrestre, essendo carica di vapori densi e opachi, non
permetteva di vedere il sole, che, di conseguenza, per la Terra non
esisteva. Questa ragione sarebbe potuta apparire ammissibile se, a
quell'epoca, ci fossero stati degli abitanti, che avessero potuto così
verificare la presenza o l'assenza del sole. Ora, secondo lo stesso
Mosè, non vi erano che piante, le quali, tuttavia, non sarebbero potute
crescere e moltiplicarsi senza l'azione del calore solare.
C'è dunque evidentemente un anacronismo nell'ordine che Mosè assegna alla creazione del sole. Ma, involontariamente o no, egli non ha commesso errori dicendo che la luce aveva preceduto il sole.
Il sole non è affatto il principio della luce universale, ma una concentrazione dell'elemento luminoso su un punto, altrimenti detto fluido che, in determinate circostanze, acquisisce le proprietà luminose. Questo fluido, che è la causa, doveva necessariamente precedere il sole, che è solo un effetto. Il sole è pertanto causa relativamente alla luce che irradia, ma è effetto in rapporto a quella che ha ricevuto.
In una camera buia, una candela accesa è un piccolo sole. Che cosa si è fatto per accendere la candela? Si è sviluppata la proprietà illuminante del fluido luminoso e si è concentrato questo fluido su un punto; la candela è la causa della luce diffusa nella camera, ma se il principio luminoso non fosse esistito prima della candela, questa non si sarebbe potuta accendere.
Lo stesso avviene con il sole. L'errore proviene dalla falsa idea, che è stata per lungo tempo alimentata, secondo cui tutto l'intero universo sia cominciato con la Terra e non si suppone che il sole possa essere stato creato dopo la luce. Oggi si sa che, prima del nostro Sole e della nostra Terra, sono esistiti milioni di soli e milioni di terre, i quali, di conseguenza, hanno goduto della luce. L'asserzione di Mosè è dunque perfettamente esatta in linea di massima; ma è falsa in quanto egli fa credere che la Terra sia stata creata prima del Sole. Essendo la Terra assoggettata al Sole nel suo movimento di traslazione, necessariamente dovette esser stata formata dopo quest'ultimo. È questo che Mosè non poteva sapere, dal momento che ignorava la legge di gravitazione.
Il medesimo pensiero si trova nella Genesi degli antichi Persiani. Nel primo capitolo del Vendedad, Ormuzd, raccontando l'origine del mondo, dice: "Io ho creato la luce che avrebbe illuminato il Sole, la Luna e le stelle" (Dizionario universale di mitologia). Qui la forma è certamente più chiara e più scientifica che in Mosè e non ha bisogno di commento.
C'è dunque evidentemente un anacronismo nell'ordine che Mosè assegna alla creazione del sole. Ma, involontariamente o no, egli non ha commesso errori dicendo che la luce aveva preceduto il sole.
Il sole non è affatto il principio della luce universale, ma una concentrazione dell'elemento luminoso su un punto, altrimenti detto fluido che, in determinate circostanze, acquisisce le proprietà luminose. Questo fluido, che è la causa, doveva necessariamente precedere il sole, che è solo un effetto. Il sole è pertanto causa relativamente alla luce che irradia, ma è effetto in rapporto a quella che ha ricevuto.
In una camera buia, una candela accesa è un piccolo sole. Che cosa si è fatto per accendere la candela? Si è sviluppata la proprietà illuminante del fluido luminoso e si è concentrato questo fluido su un punto; la candela è la causa della luce diffusa nella camera, ma se il principio luminoso non fosse esistito prima della candela, questa non si sarebbe potuta accendere.
Lo stesso avviene con il sole. L'errore proviene dalla falsa idea, che è stata per lungo tempo alimentata, secondo cui tutto l'intero universo sia cominciato con la Terra e non si suppone che il sole possa essere stato creato dopo la luce. Oggi si sa che, prima del nostro Sole e della nostra Terra, sono esistiti milioni di soli e milioni di terre, i quali, di conseguenza, hanno goduto della luce. L'asserzione di Mosè è dunque perfettamente esatta in linea di massima; ma è falsa in quanto egli fa credere che la Terra sia stata creata prima del Sole. Essendo la Terra assoggettata al Sole nel suo movimento di traslazione, necessariamente dovette esser stata formata dopo quest'ultimo. È questo che Mosè non poteva sapere, dal momento che ignorava la legge di gravitazione.
Il medesimo pensiero si trova nella Genesi degli antichi Persiani. Nel primo capitolo del Vendedad, Ormuzd, raccontando l'origine del mondo, dice: "Io ho creato la luce che avrebbe illuminato il Sole, la Luna e le stelle" (Dizionario universale di mitologia). Qui la forma è certamente più chiara e più scientifica che in Mosè e non ha bisogno di commento.
9. Mosè condivideva
evidentemente le credenze più primitive sulla cosmogonia. Come gli
uomini del suo tempo, egli credeva alla solidità della volta celeste e a
serbatoi per le acque, situati nella parte al di sopra della volta.
Questo pensiero è espresso senza allegorie né ambiguità in questo passo
(versetto 6 e seguenti): "Dio disse: Che il firmamento sia fatto in
mezzo alle acque, e che separi le acque dalle acque. Dio fece il
firmamento e separò le acque che erano al di sotto del firmamento da
quelle che erano al di sopra del firmamento" (vedere cap. V, "Antichi e
moderni sistemi del mondo", nn. 3-5).
Un'antica credenza faceva considerare l'acqua come il principio, come l'elemento generatore primitivo; per questo Mosè non parla della creazione delle acque, che sembra fossero già esistite. "Le tenebre coprivano l'abisso", cioè le profondità dello spazio, che la mente immaginava vagamente occupato dalle acque e immerso nelle tenebre, prima della creazione della luce. Ecco perché Mosè disse: "Lo Spirito di Dio era portato (o planava) sulle acque". Poiché si riteneva che la Terra si fosse formata in mezzo alle acque, occorreva isolarla. Si suppose, dunque, che Dio avesse fatto il firmamento, costituito da una volta solida, per separare le acque che stavano in alto da quelle che erano sulla Terra.
Per comprendere certe parti della Genesi, bisogna necessariamente porsi dal punto di vista delle idee cosmogoniche del tempo, di cui essa è il riflesso.
Un'antica credenza faceva considerare l'acqua come il principio, come l'elemento generatore primitivo; per questo Mosè non parla della creazione delle acque, che sembra fossero già esistite. "Le tenebre coprivano l'abisso", cioè le profondità dello spazio, che la mente immaginava vagamente occupato dalle acque e immerso nelle tenebre, prima della creazione della luce. Ecco perché Mosè disse: "Lo Spirito di Dio era portato (o planava) sulle acque". Poiché si riteneva che la Terra si fosse formata in mezzo alle acque, occorreva isolarla. Si suppose, dunque, che Dio avesse fatto il firmamento, costituito da una volta solida, per separare le acque che stavano in alto da quelle che erano sulla Terra.
Per comprendere certe parti della Genesi, bisogna necessariamente porsi dal punto di vista delle idee cosmogoniche del tempo, di cui essa è il riflesso.
10.
Dopo i progressi della fisica e dell'astronomia, una simile dottrina è
insostenibile. [50] Tuttavia Mosè attribuisce queste parole a Dio
stesso. Ora, poiché esse esprimono un fatto notoriamente falso, delle
due cose l'una: o Dio si è ingannato nel racconto ch'Egli fa della Sua
opera, o questo racconto non è affatto una rivelazione divina. Non
essendo la prima supposizione ammissibile, bisogna concludere che Mosè
ha espresso semplicemente le sue proprie idee (cap. I, n. 3).
-------------------------
[50] Per quanto grossolano sia l'errore di una tale credenza, con essa ancora ai nostri giorni si cullano i fanciulli, come se si trattasse di una sacra verità. È soltanto tremando che gli educatori osano azzardare una timida interpretazione. Come pretendere che ciò non ne faccia più tardi degli increduli?
--------------------------
11.
Mosè è più nel vero, quando dice che Dio ha formato l'uomo con il fango
della terra. [51] La scienza ci dimostra infatti (cap. X) che il corpo dell'uomo è composto di elementi tratti dalla materia inorganica, vale a dire dal limo della terra.
La donna formata con una costola di Adamo è un'allegoria, apparentemente puerile se presa alla lettera, ma profonda quanto al senso. Tale allegoria ha lo scopo di dimostrare che la donna è della medesima natura dell'uomo, di conseguenza sua eguale davanti a Dio e non una creatura a parte, fatta per essere asservita e trattata come una schiava. Essendo ella uscita dalla carne stessa dell'uomo, l'immagine dell'uguaglianza è molto più pregnante di quanto potrebbe essere se la donna fosse stata formata separatamente sia pure col medesimo limo. Ciò equivale a dire all'uomo che ella è sua eguale e non la sua schiava, e che deve amarla come una parte di sé stesso.
La donna formata con una costola di Adamo è un'allegoria, apparentemente puerile se presa alla lettera, ma profonda quanto al senso. Tale allegoria ha lo scopo di dimostrare che la donna è della medesima natura dell'uomo, di conseguenza sua eguale davanti a Dio e non una creatura a parte, fatta per essere asservita e trattata come una schiava. Essendo ella uscita dalla carne stessa dell'uomo, l'immagine dell'uguaglianza è molto più pregnante di quanto potrebbe essere se la donna fosse stata formata separatamente sia pure col medesimo limo. Ciò equivale a dire all'uomo che ella è sua eguale e non la sua schiava, e che deve amarla come una parte di sé stesso.
-------------------------
[51] Il termine ebraico haadam, uomo, da cui si è fatto derivare Adamo, e il termine haadama, terra, hanno la stessa radice.
-------------------------
12. Per degli Spiriti
incolti, senza alcuna idea delle leggi generali, incapaci di abbracciare
l'insieme e di concepire l'infinito, questa creazione miracolosa e
istantanea aveva qualcosa di fantastico che colpiva l'immaginazione. Il
quadro dell'universo tratto dal nulla in pochi giorni, attraverso un
solo atto della volontà creatrice, era per loro il segno più evidente
della potenza di Dio. Quale raffigurazione di tale potenza, infatti,
avrebbe potuto essere più sublime e più poetica di queste parole: "Dio
disse: Che la luce sia, e la luce fu!"? Dio che crea l'universo secondo
l'attuazione lenta e graduale delle leggi della natura, sarebbe sembrato
loro meno grande e meno potente. C'era bisogno per quegli Spiriti di
qualcosa di meraviglioso, che si allontanasse dalle vie ordinarie,
altrimenti essi avrebbero potuto dire che Dio non era affatto più abile
degli uomini. Una teoria scientifica e ragionata della creazione li
avrebbe lasciati freddi e indifferenti.
Non rigettiamo, dunque, le Genesi biblica. Al contrario, studiamola, così come si studia la storia dell'infanzia dei popoli. È un'epoca ricca di allegorie di cui bisogna ricercare il significato nascosto; che bisogna commentare e spiegare con l'aiuto dei lumi della ragione e della scienza. Facendone risaltare la bellezza poetica e gli insegnamenti celati sotto la forma fantasiosa, bisogna nel contempo dimostrarne fermamente gli errori, nell'interesse stesso della religione. Sarà questa maggiormente rispettata quando tali errori cesseranno di essere imposti alla fede come delle verità; e Dio non potrà che apparirne più grande e più postente allorché il suo nome non sarà più mescolato a fatti controversi.
Non rigettiamo, dunque, le Genesi biblica. Al contrario, studiamola, così come si studia la storia dell'infanzia dei popoli. È un'epoca ricca di allegorie di cui bisogna ricercare il significato nascosto; che bisogna commentare e spiegare con l'aiuto dei lumi della ragione e della scienza. Facendone risaltare la bellezza poetica e gli insegnamenti celati sotto la forma fantasiosa, bisogna nel contempo dimostrarne fermamente gli errori, nell'interesse stesso della religione. Sarà questa maggiormente rispettata quando tali errori cesseranno di essere imposti alla fede come delle verità; e Dio non potrà che apparirne più grande e più postente allorché il suo nome non sarà più mescolato a fatti controversi.
Il paradiso perduto
13. CAPITOLO II. – 9. Dio il
Signore fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi
e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al
giardino [53] e l'albero della conoscenza del bene e del male. [Fece uscire, Jéhovah Eloim, dalla terra (min haadama) ogni albero bello a vedersi e buono a mangiarsi, e l'albero di vita (vehetz hachayim)al centro del giardino, e l'albero dellà scienza del bene e del male.]
15. Dio il Signore prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. – 16. Dio il Signore ordinò all'uomo: "Mangia pure da ogni albero del giardino, [Ordinò, Jéhovah Eloim, all'uomo (hal haadam), dicendo: Da ogni albero del giardino (hagan) tu puoi mangiare] – 17. ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai" [e dell'albero della Scienza del bene e del male (oumehetz hadaat tob vara) tu non ne mangerai, perché il giorno in cui ne mangerai, tu morrai].
-------------------------
[52] Accanto ad alcuni versetti si è posta la traduzione letterale del testo ebraico, che esprime più fedelmente il pensiero primitivo. E il senso allegorico ne risalta così più chiaramente.
[53] II giardino è il paradiso, nome derivato dal latino paradisus, derivato a sua volta dal greco paradeisos, giardino, orto, luogo piantato ad alberi. Il corrispondente termine ebraico usato nella Genesi è hagan.
-------------------------
15. Dio il Signore prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. – 16. Dio il Signore ordinò all'uomo: "Mangia pure da ogni albero del giardino, [Ordinò, Jéhovah Eloim, all'uomo (hal haadam), dicendo: Da ogni albero del giardino (hagan) tu puoi mangiare] – 17. ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai" [e dell'albero della Scienza del bene e del male (oumehetz hadaat tob vara) tu non ne mangerai, perché il giorno in cui ne mangerai, tu morrai].
-------------------------
[52] Accanto ad alcuni versetti si è posta la traduzione letterale del testo ebraico, che esprime più fedelmente il pensiero primitivo. E il senso allegorico ne risalta così più chiaramente.
[53] II giardino è il paradiso, nome derivato dal latino paradisus, derivato a sua volta dal greco paradeisos, giardino, orto, luogo piantato ad alberi. Il corrispondente termine ebraico usato nella Genesi è hagan.
-------------------------
14. CAPITOLO III. – 1. Il
serpente era il più astuto di tutti gli animali dei campi che Dio il
Signore aveva fatti. Esso disse alla donna: "Come! Dio vi ha detto di
non mangiare da nessun albero del giardino?" [E il serpente (nâhâsch) era più astuto di tutti gli animali terrestri che Jéhovah Eloim aveva fatto; esso disse alla donna (el haischa): È questo che ha detto Eloim: Voi non mangerete da alcun albero del giardino?] – 2. La donna rispose al serpente: "Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; [Ella, la donna, disse al serpente: Il frutto (miperi) degli alberi del giardino noi possiamo mangiare.] – 3. ma del frutto dell'albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: 'Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete'". – 4. Il serpente disse alla donna: "No, non morirete affatto; – 5. ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenzadel bene e del male".
6. La donna osservò che l'albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l'albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò. [Ella, la donna, vide che esso, l'albero, era buono come nutrimento e che l'albero era incomparabile per comprendere (leaskil), ed ella prese del suo frutto ecc.]
8.Poi udirono la voce di Dio il Signore, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il Signore fra gli alberi del giardino.
9. Dio il Signore chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?" – 10. Egli rispose: "Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto". – 11. Dio disse: "Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto dell'albero, che ti avevo comandato di non mangiare?" – 12. L'uomo rispose: "La donna che tu mi hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell'albero, e io ne ho mangiato." – 13. Dio il Signore disse alla donna: "Perché hai fatto questo?" La donna rispose: "Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato".
14. Allora Dio il Signore disse al serpente: "Poiché hai fatto questo, sarai il maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le bestie selvatiche! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. – 15. Io porrò inimicizia fra te e là donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno".
16. Alla donna disse: "Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te". – 17. Ad Adamo disse: "Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. – 18. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; – 19. mangerai il pane con il sudore del tuo volto,finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai".
20. L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché è stata la madre di tutti i viventi.
21. Dio il Signore fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì. – 22. Poi Dio il Signore disse: "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre". [Disse Jéhovah Eloim: Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi per la conoscenza del bene e del male; e ora può tendere la mano e prendere dall'albero della vita (veata pen ischlach yado velakach mehetz hachayim); egli ne mangerà e vivrà eternamente.]
23. Perciò Dio il Signore mandò via l'uomo dal giardino d'Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. – 24. Così egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d’Eden i cherubini [54] che vibravano da ogni parte uma spada fiammeggiante per custodire la via dell'albero della vita.
6. La donna osservò che l'albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l'albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò. [Ella, la donna, vide che esso, l'albero, era buono come nutrimento e che l'albero era incomparabile per comprendere (leaskil), ed ella prese del suo frutto ecc.]
8.Poi udirono la voce di Dio il Signore, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il Signore fra gli alberi del giardino.
9. Dio il Signore chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?" – 10. Egli rispose: "Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto". – 11. Dio disse: "Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto dell'albero, che ti avevo comandato di non mangiare?" – 12. L'uomo rispose: "La donna che tu mi hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell'albero, e io ne ho mangiato." – 13. Dio il Signore disse alla donna: "Perché hai fatto questo?" La donna rispose: "Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato".
14. Allora Dio il Signore disse al serpente: "Poiché hai fatto questo, sarai il maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le bestie selvatiche! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. – 15. Io porrò inimicizia fra te e là donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno".
16. Alla donna disse: "Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te". – 17. Ad Adamo disse: "Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. – 18. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; – 19. mangerai il pane con il sudore del tuo volto,finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai".
20. L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché è stata la madre di tutti i viventi.
21. Dio il Signore fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì. – 22. Poi Dio il Signore disse: "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre". [Disse Jéhovah Eloim: Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi per la conoscenza del bene e del male; e ora può tendere la mano e prendere dall'albero della vita (veata pen ischlach yado velakach mehetz hachayim); egli ne mangerà e vivrà eternamente.]
23. Perciò Dio il Signore mandò via l'uomo dal giardino d'Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. – 24. Così egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d’Eden i cherubini [54] che vibravano da ogni parte uma spada fiammeggiante per custodire la via dell'albero della vita.
-------------------------
[54] Dall'ebraico cherub, keroub, bue, charab, lavorare: angeli del secondo coro della prima gerarchia, che erano rappresentati con quattro ali, quattro facce e con zampe di bue.
-------------------------
15. Sotto un'immagine
puerile e talvolta ridicola, se ci si limita alla forma, l'allegoria
nasconde spesso le più grandi verità. È forse questa, a prima vista, una
favola più assurda di quella di Saturno, un dio che divora pietre,
ch'egli scambia per suoi figli? Ma, contemporaneamente, che cosa di più
profondamente filosofico e vero di questa figura, se ne cerchiamo il
senso morale? Saturno è la personificazione del tempo. Essendo tutte le
cose opera del tempo, egli è il padre di tutto ciò che esiste, nondimeno
tutto si distrugge con il tempo. Saturno che divora pietre è l'emblema
della distruzione, attraverso il tempo, dei corpi più duri, che sono
suoi figli, poiché essi si sono formati con il tempo. E chi sfugge a
tale distruzione secondo questa stessa allegoria? Giove, l'emblema
dell'intelligenza superiore, del principio spirituale che è
indistruttibile. Quella immagine del tempo è anzi così naturale che, nel
linguaggio attuale, senza allusione alcuna alla Favola antica, di una
cosa che si è deteriorata a lungo andare si dice che è stata divorata
dal tempo, erosa e devastata dal tempo.
Tutta la mitologia pagana non è, in realtà, che un vasto quadro allegorico dei diversi aspetti buoni e cattivi dell'umanità. Per chi ne cerca lo spirito, è un corso completo della più alta filosofia, come accade con le nostre favole moderne. L'assurdo stava nel prendere la forma per la sostanza.
Tutta la mitologia pagana non è, in realtà, che un vasto quadro allegorico dei diversi aspetti buoni e cattivi dell'umanità. Per chi ne cerca lo spirito, è un corso completo della più alta filosofia, come accade con le nostre favole moderne. L'assurdo stava nel prendere la forma per la sostanza.
16. Altrettanto
avviene con la Genesi, dove bisogna vedere grandi verità morali sotto
delle figure materiali, che, se prese alla lettera, sarebbero tanto
assurde quanto se, nelle nostre favole, si prendessero alla lettera le
scene e i dialoghi attribuiti agli animali.
Adamo è la personificazione dell'umanità. La sua colpa individualizza la fragilità dell'uomo, nel quale predominano gli istinti materiali a cui egli non sa resistere. [55]
L'albero, come albero di vita, è l'emblema della vita spirituale; come albero della scienza è l'emblema della coscienza del bene e del male che l'uomo acquisisce, attraverso lo sviluppo della sua intelligenza e quello del libero arbitrio, in virtù del quale egli sceglie tra l'uno e l'altro. Esso indica il punto in cui l'anima dell'uomo, cessando di essere guidata dai soli istinti, prende possesso della sua libertà e s'imbatte nella responsabilità dei suoi atti.
Il frutto dell'albero è l'emblema dell'oggetto dei desideri materiali dell'uomo; è l'allegoria della cupidigia e della concupiscenza; esso riassume in un'unica figura i motivi che trascinano al male. Mangiarne vuol dire soccombere alla tentazione. L'albero si erge in mezzo al giardino di delizie, per dimostrare che la seduzione si trova in seno ai piaceri stessi e per ricordare che, se l'uomo privilegia maggiormente le gioie materiali, si lega alla Terra e si allontana dal suo destino spirituale. [56]
La morte di cui l'uomo è minacciato, nel caso egli infranga la proibizione che gli è stata rivolta, è un avvertimento circa le inevitabili conseguenze fisiche e morali, che la violazione delle leggi divine comporta, leggi che Dio ha scolpito nella sua coscienza. È ben evidente che qui non si tratta della morte corporale, poiché dopo la sua colpa Adamo visse ancora assai a lungo, bensì della morte spirituale, ovverossia della perdita dei beni che risultano dall'avanzamento morale, perdita di cui la sua espulsione dal giardino di delizie è l'immagine.
Adamo è la personificazione dell'umanità. La sua colpa individualizza la fragilità dell'uomo, nel quale predominano gli istinti materiali a cui egli non sa resistere. [55]
L'albero, come albero di vita, è l'emblema della vita spirituale; come albero della scienza è l'emblema della coscienza del bene e del male che l'uomo acquisisce, attraverso lo sviluppo della sua intelligenza e quello del libero arbitrio, in virtù del quale egli sceglie tra l'uno e l'altro. Esso indica il punto in cui l'anima dell'uomo, cessando di essere guidata dai soli istinti, prende possesso della sua libertà e s'imbatte nella responsabilità dei suoi atti.
Il frutto dell'albero è l'emblema dell'oggetto dei desideri materiali dell'uomo; è l'allegoria della cupidigia e della concupiscenza; esso riassume in un'unica figura i motivi che trascinano al male. Mangiarne vuol dire soccombere alla tentazione. L'albero si erge in mezzo al giardino di delizie, per dimostrare che la seduzione si trova in seno ai piaceri stessi e per ricordare che, se l'uomo privilegia maggiormente le gioie materiali, si lega alla Terra e si allontana dal suo destino spirituale. [56]
La morte di cui l'uomo è minacciato, nel caso egli infranga la proibizione che gli è stata rivolta, è un avvertimento circa le inevitabili conseguenze fisiche e morali, che la violazione delle leggi divine comporta, leggi che Dio ha scolpito nella sua coscienza. È ben evidente che qui non si tratta della morte corporale, poiché dopo la sua colpa Adamo visse ancora assai a lungo, bensì della morte spirituale, ovverossia della perdita dei beni che risultano dall'avanzamento morale, perdita di cui la sua espulsione dal giardino di delizie è l'immagine.
-------------------------
[55] È oggi perfettamente riconosciuto che la parola ebraica haadam non è un nome proprio; essa infatti significa l'uomo in generale, l'umanità, la qual cosa distrugge completamente l'impalcatura costruita sulla personalità di Adamo.
[56] In nessun testo, il frutto è individualizzato nella mela; questo termine si trova soltanto nelle versioni infantili. Il termine del testo ebraico è peri, che ha le medesime accezioni che in francese, senza alcuna specificazione della specie cui il frutto appartiene, e può essere preso in senso materiale, morale e allegorico, in senso proprio e figurato. Presso gli Israeliti, non c'è un'interpretazione obbligatoria; quando una parola ha molte accezioni, ciascuno la intende come vuole, purché l'interpretazione non sia contraria alle regole grammaticali. La parola peri è stata tradotta in latino con malum, che si applica tanto a mela quanto a qualsiasi altra specie di frutto. Malum deriva dal greco mélon, participio del verbo mélo, interessare, curare, attirare.
-------------------------
[56] In nessun testo, il frutto è individualizzato nella mela; questo termine si trova soltanto nelle versioni infantili. Il termine del testo ebraico è peri, che ha le medesime accezioni che in francese, senza alcuna specificazione della specie cui il frutto appartiene, e può essere preso in senso materiale, morale e allegorico, in senso proprio e figurato. Presso gli Israeliti, non c'è un'interpretazione obbligatoria; quando una parola ha molte accezioni, ciascuno la intende come vuole, purché l'interpretazione non sia contraria alle regole grammaticali. La parola peri è stata tradotta in latino con malum, che si applica tanto a mela quanto a qualsiasi altra specie di frutto. Malum deriva dal greco mélon, participio del verbo mélo, interessare, curare, attirare.
-------------------------
17.
Il serpente, al giorno d'oggi, è ben lontano dal passare per il simbolo
dell'astuzia. Qui è più in rapporto alla sua sagoma che al suo
carattere; qui esso è un'allusione alla perfidia dei cattivi consigli
che, come il serpente, s'insinuano, e di cui sovente, proprio per questa
ragione, non si diffida. D'altronde, se il serpente, per aver ingannato
la donna, è stato condannato a strisciare sul ventre, ciò vorrebbe dire
che prima esso aveva delle zampe. E, allora, non si trattava più di un
serpente. Perché dunque imporre alla fede semplice e ingenua dei
bambini, come fossero delle verità, allegorie tanto evidenti, le quali
falsando il loro giudizio, fanno sì ch'essi più tardi guarderanno alla
Bibbia come a un tessuto di favole assurde?
È da notare, inoltre, che la parola ebraica nâhâsch,tradotta con la parola serpente, viene dalla radice nâhâsch che significa: fare incantesimi, divinare le cose occulte, potendo poi significare: incantatore, indovino. La si trova, in questa accezione, nella stessa Genesi, capitolo XLIV, versetti 5 e 15, a proposito della coppa, che Giuseppe fece nascondere nel sacco di Beniamino: "Non è quella la coppa dalla quale il mio signore beve e di cui si serve per trarre presagi (nâhâsch)? [57] Avete fatto male a fare questo!" — "Che azione è questa che avete fatto? Non lo sapete che un uomo come me ha il potere di indovinare (nâhâsch)?" — Nel libro dei Numeri, capitolo XXIII, versetto 23: "In Giacobbe non c'è magia, in Israele non c'è divinazione; a suo tempo viene detto a Giacobbe e a Israele qual è l'opera che Dio compie". In seguito, la parola nâhâsch ha preso anche il significatodi serpente, rettile che gli incantatori pretendevano di incantare, o di cui essi si servivano nei loro incantesimi.
È soltanto nella versione dei Settanta, — i quali, secondo Hutcheson, hanno corrotto il testo ebraico in molti punti, — scritta in greco nel secondo secolo prima dell'era cristiana, che la parola nâhâsch è stata tradotta con serpente. Le inesattezze di questa versione sono dovute, senza dubbio, alle modifiche che la lingua ebraica aveva nel frattempo subite. Infatti, l'ebraico di Mosè era a quel tempo una lingua morta, che differiva dall'ebraico volgare, così come il greco antico e l'arabo letterario differiscono dal greco e dall'arabo moderni. [58]
È perciò probabile che Mosè volesse rappresentare, come seduttore della donna, il desiderio indiscreto di conoscere le cose occulte, desiderio suscitato dallo Spirito di divinazione, il che si accorda con il significato primitivo della parola nâhâsch, divinare. E, d'altronde, ciò si accorda anche con queste parole: "Dio sa che non appena avrete mangiato di questo frutto, i vostri occhi si apriranno, e voi sarete come degli dei. Ella, la donna, vide che era invidiabile quell'albero per comprendere (léaskil), e prese del suo frutto". Non bisogna dimenticare che Mosè voleva proscrivere, presso gli Ebrei, l'arte della divinazione — che era in uso tra gli Egizi — come dimostra la sua proibizione di interrogare i morti e lo Spirito di Pitone (Il Cielo e l'Inferno, cap. XI).
È da notare, inoltre, che la parola ebraica nâhâsch,tradotta con la parola serpente, viene dalla radice nâhâsch che significa: fare incantesimi, divinare le cose occulte, potendo poi significare: incantatore, indovino. La si trova, in questa accezione, nella stessa Genesi, capitolo XLIV, versetti 5 e 15, a proposito della coppa, che Giuseppe fece nascondere nel sacco di Beniamino: "Non è quella la coppa dalla quale il mio signore beve e di cui si serve per trarre presagi (nâhâsch)? [57] Avete fatto male a fare questo!" — "Che azione è questa che avete fatto? Non lo sapete che un uomo come me ha il potere di indovinare (nâhâsch)?" — Nel libro dei Numeri, capitolo XXIII, versetto 23: "In Giacobbe non c'è magia, in Israele non c'è divinazione; a suo tempo viene detto a Giacobbe e a Israele qual è l'opera che Dio compie". In seguito, la parola nâhâsch ha preso anche il significatodi serpente, rettile che gli incantatori pretendevano di incantare, o di cui essi si servivano nei loro incantesimi.
È soltanto nella versione dei Settanta, — i quali, secondo Hutcheson, hanno corrotto il testo ebraico in molti punti, — scritta in greco nel secondo secolo prima dell'era cristiana, che la parola nâhâsch è stata tradotta con serpente. Le inesattezze di questa versione sono dovute, senza dubbio, alle modifiche che la lingua ebraica aveva nel frattempo subite. Infatti, l'ebraico di Mosè era a quel tempo una lingua morta, che differiva dall'ebraico volgare, così come il greco antico e l'arabo letterario differiscono dal greco e dall'arabo moderni. [58]
È perciò probabile che Mosè volesse rappresentare, come seduttore della donna, il desiderio indiscreto di conoscere le cose occulte, desiderio suscitato dallo Spirito di divinazione, il che si accorda con il significato primitivo della parola nâhâsch, divinare. E, d'altronde, ciò si accorda anche con queste parole: "Dio sa che non appena avrete mangiato di questo frutto, i vostri occhi si apriranno, e voi sarete come degli dei. Ella, la donna, vide che era invidiabile quell'albero per comprendere (léaskil), e prese del suo frutto". Non bisogna dimenticare che Mosè voleva proscrivere, presso gli Ebrei, l'arte della divinazione — che era in uso tra gli Egizi — come dimostra la sua proibizione di interrogare i morti e lo Spirito di Pitone (Il Cielo e l'Inferno, cap. XI).
-------------------------
[57] Da questo fatto si potrebbe dedurre che la medianità per mezzo della coppa d'acqua fosse conosciuta dagli Egiziani (Rivista Spiritista, giugno 1868, p. 161).
[58] II termine nâhâsch esisteva nella lingua egiziana, con il significato di negro, probabilmente perché i negri avevano il dono degli incantesimi e della divinazione. È forse anche per questo che le sfingi, di origine assira, venivano rappresentate in figura di negro.
[58] II termine nâhâsch esisteva nella lingua egiziana, con il significato di negro, probabilmente perché i negri avevano il dono degli incantesimi e della divinazione. È forse anche per questo che le sfingi, di origine assira, venivano rappresentate in figura di negro.
-------------------------
18. Il passo in cui è detto:
"Il Signore passeggiava nel paradiso, dopo mezzogiorno, mentre si
levava un dolce vento" è un'immagine ingenua e alquanto puerile, come la
critica non ha mancato di segnalare. Ma tale immagine non ha nulla che
debba sorprenderci, se ci si riporta all'idea che gli Ebrei dei tempi
primitivi si facevano della Divinità. Per quelle intelligenze rozze,
incapaci di concepire delle astrazioni, Dio doveva rivestire una forma
concreta, e di tutto perciò essi facevano riferimento all'umanità,
poiché era il solo punto da essi conosciuto. Mosè perciò parlava loro
come a dei fanciulli, attraverso immagini percettibili. Nel caso di cui
si tratta, Dio era la potenza sovrana personificata, come i Pagani
personificavano, sotto figure allegoriche, le virtù, i vizi e le idee
astratte. Più tardi gli uomini hanno spogliato della sua forma l'idea,
come il bambino, divenuto adulto, cerca il senso morale nei racconti con
cui lo si è cullato Occorre dunque considerare quel passo come
un'allegoria in cui la Divinità sorveglia di persona gli oggetti della
Sua creazione. Il grande rabbino Wogue lo traduce così: "Essi udirono la voce dell'Eterno Dio, percorrere il giardino dal lato donde viene il giorno".
19. Se la colpa di Adamo è
letteralmente quella di aver mangiato un frutto, essa non potrebbe
incontestabilmente — per la sua natura quasi puerile — giustificare il
rigore con cui tale colpa è stata punita. Né, più razionalmente, si
potrebbe ammettere che questo sia proprio il fatto quale generalmente si
suppone; altrimenti Dio, considerando questo fatto come un crimine
imperdonabile, avrebbe condannato la sua stessa opera, poiché Egli aveva
creato l'uomo per la propagazione.
Se Adamo avesse inteso in questo senso la proibizione di toccare il frutto di quell'albero e vi si fosse scrupolosamente attenuto, dove sarebbe l'umanità e che ne sarebbe stato dei disegni del Creatore?
Dio non aveva creato Adamo ed Eva perché restassero soli sulla Terra. E prova ne sono le parole stesse ch'Egli indirizza loro immediatamente dopo che erano stati formati, quando si trovavano ancora nel paradiso terrestre: "Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta" (Genesi 1:28). Poiché la moltiplicazione dell'uomo era una legge già nel paradiso terrestre, la loro espulsione non può aver avuto come causa il fatto supposto.
Ciò che ha dato credito a questa supposizione è il sentimento di vergogna da cui Adamo ed Eva sono stati presi alla vista di Dio e che li ha portati a nascondersi. Ma questa stessa vergogna è una figura di comparazione: essa simboleggia la confusione che ogni colpevole prova in presenza di colui che egli ha offeso.
Se Adamo avesse inteso in questo senso la proibizione di toccare il frutto di quell'albero e vi si fosse scrupolosamente attenuto, dove sarebbe l'umanità e che ne sarebbe stato dei disegni del Creatore?
Dio non aveva creato Adamo ed Eva perché restassero soli sulla Terra. E prova ne sono le parole stesse ch'Egli indirizza loro immediatamente dopo che erano stati formati, quando si trovavano ancora nel paradiso terrestre: "Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta" (Genesi 1:28). Poiché la moltiplicazione dell'uomo era una legge già nel paradiso terrestre, la loro espulsione non può aver avuto come causa il fatto supposto.
Ciò che ha dato credito a questa supposizione è il sentimento di vergogna da cui Adamo ed Eva sono stati presi alla vista di Dio e che li ha portati a nascondersi. Ma questa stessa vergogna è una figura di comparazione: essa simboleggia la confusione che ogni colpevole prova in presenza di colui che egli ha offeso.
20. Qual è allora, in
definitiva, questa colpa così grande che ha potuto colpire con la
dannazione eterna tutti i discendenti di colui che l'ha commessa? Caino,
il fratricida, non fu trattato così severamente. Nessun teologo ha
potuto definire tale colpa logicamente, perché tutti, non allontanandosi
dal testo alla lettera, si sono ritrovati a girare in un circolo
vizioso.
Oggi noi sappiamo che questa colpa non è un atto isolato, una colpa personale limitata a un solo individuo, ma che essa comprende, sotto un unico gesto allegorico, l'insieme delle prevaricazioni di cui può rendersi colpevole l'umanità ancora imperfetta della Terra, e che si possono riassumere in queste parole: infrazione alla legge di Dio. Ecco perché la colpa del primo uomo, simbolizzando egli l'umanità, è simbolizzata essa stessa da un atto di disobbedienza.
Oggi noi sappiamo che questa colpa non è un atto isolato, una colpa personale limitata a un solo individuo, ma che essa comprende, sotto un unico gesto allegorico, l'insieme delle prevaricazioni di cui può rendersi colpevole l'umanità ancora imperfetta della Terra, e che si possono riassumere in queste parole: infrazione alla legge di Dio. Ecco perché la colpa del primo uomo, simbolizzando egli l'umanità, è simbolizzata essa stessa da un atto di disobbedienza.
21. Dicendo ad Adamo ch'egli
trarrà il suo nutrimento dalla terra, col sudore della sua fronte, Dio
simbolizza l'obbligo del lavoro. Ma perché Dio fa del lavoro una
punizione? Che ne sarebbe dell'intelligenza dell'uomo, se egli non la
sviluppasse attraverso il lavoro? Che ne sarebbe della terra, se essa
non fosse fecondata, trasformata, bonificata dal lavoro intelligente
dell'uomo?
È detto (Genesi 2:5): "Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo". Queste parole, accostate a queste altre: Riempite la Terra, dimostrano che l'uomo era, fin dall'origine, destinato a occupare tutta la Terra e a coltivarla; e dimostrano inoltre che il paradiso non era un luogo circoscritto su un angolo del globo. Se la coltivazione della terra doveva essere una conseguenza della colpa di Adamo, ne sarebbe risultato che, se Adamo non avesse peccato, la Terra sarebbe rimasta incolta, e i progetti di Dio non sarebbero stati realizzati.
Perché Dio dice alla donna che, poiché ha commesso l'errore, partorirà nel dolore? Com'è possibile che il dolore del parto sia un castigo, dal momento che è una conseguenza dell'organismo e che è fisiologicamente provato che tale dolore è necessario? In che modo una cosa, che è secondo le leggi della natura, può essere una punizione? È ciò che i teologi non hanno ancora spiegato, ed è ciò che non potranno spiegare fin quando non abbandoneranno il punto di vista in cui si sono collocati. Tuttavia quelle, parole, che sembrano così contraddittorie, possono essere giustificate.
È detto (Genesi 2:5): "Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo". Queste parole, accostate a queste altre: Riempite la Terra, dimostrano che l'uomo era, fin dall'origine, destinato a occupare tutta la Terra e a coltivarla; e dimostrano inoltre che il paradiso non era un luogo circoscritto su un angolo del globo. Se la coltivazione della terra doveva essere una conseguenza della colpa di Adamo, ne sarebbe risultato che, se Adamo non avesse peccato, la Terra sarebbe rimasta incolta, e i progetti di Dio non sarebbero stati realizzati.
Perché Dio dice alla donna che, poiché ha commesso l'errore, partorirà nel dolore? Com'è possibile che il dolore del parto sia un castigo, dal momento che è una conseguenza dell'organismo e che è fisiologicamente provato che tale dolore è necessario? In che modo una cosa, che è secondo le leggi della natura, può essere una punizione? È ciò che i teologi non hanno ancora spiegato, ed è ciò che non potranno spiegare fin quando non abbandoneranno il punto di vista in cui si sono collocati. Tuttavia quelle, parole, che sembrano così contraddittorie, possono essere giustificate.
22. Prima di tutto
osserviamo che se, al momento della creazione di Adamo ed Eva, la loro
anima fosse stata appena tratta dal nulla, come ci viene insegnato, essi
avrebbero dovuto essere dei novizi in tutte le cose; non avrebbero cioè
dovuto sapere che cosa vuol dire morire. Poiché erano soli sulla
Terra, fin tanto che vissero nel paradiso terrestre, essi non avevano
visto nessuno morire. Come, dunque, avrebbero potuto comprendere in che
cosa consisteva la minaccia di morte che Dio faceva loro? Come Eva
avrebbe potuto comprendere che partorire nel dolore sarebbe stata una
punizione, dal momento che, essendo appena nata alla vita, ella non
aveva mai avuto figli ed era anche la sola donna al mondo?
Le parole di Dio non dovevano perciò avere alcun senso per Adamo ed Eva. Appena tratti dal nulla, essi certamente non sapevano né perché né come ne fossero usciti. E certamente non comprendevano né il Creatore né lo scopo della proibizione che veniva loro fatta. Senza alcuna esperienza delle condizioni della vita, essi hanno peccato come dei bambini, i quali agiscono senza discernimento. Ciò rende ancora più incomprensibile la terribile responsabilità che Dio ha fatto pesare su di loro e sull'umanità tutta intera.
Le parole di Dio non dovevano perciò avere alcun senso per Adamo ed Eva. Appena tratti dal nulla, essi certamente non sapevano né perché né come ne fossero usciti. E certamente non comprendevano né il Creatore né lo scopo della proibizione che veniva loro fatta. Senza alcuna esperienza delle condizioni della vita, essi hanno peccato come dei bambini, i quali agiscono senza discernimento. Ciò rende ancora più incomprensibile la terribile responsabilità che Dio ha fatto pesare su di loro e sull'umanità tutta intera.
23. Ciò che per la teologia è
un vicolo cieco, viene dallo Spiritismo spiegato, senza alcuna
difficoltà e in maniera razionale, attraverso l'anteriorità dell'anima e
la pluralità delle esistenze. Senza questa legge tutto è mistero e
anomalia nella vita dell'uomo. Infatti, ammettiamo che Adamo ed Eva
abbiano già vissuto, tutto allora si trova giustificato: Dio non parla
loro come a dei fanciulli, ma come a degli esseri in condizioni di
comprenderLo e che Lo comprendono, prova evidente ch'essi hanno
un'esperienza anteriore. Ammettiamo, inoltre, ch'essi abbiano vissuto in
un mondo più avanzato e meno materiale del nostro, dove il lavoro dello
Spirito suppliva al lavoro del corpo. Ammettiamo che, per la loro
ribellione alla legge di Dio, rappresentata dalla disobbedienza, essi ne
siano stati esclusi ed esiliati, per punizione, sulla Terra, dove
l'uomo, in conseguenza della natura del globo, è costretto a un lavoro
corporale. Ammettendo tutto ciò, Dio aveva ragione di dir loro: Nel
mondo in cui tu andrai ormai a vivere, "Il suolo sarà maledetto per
causa tua; ne mangerai il frutto con affanno... Mangerai il pane con il
sudore del tuo volto..." e rivolto alla donna: "Con dolore partorirai
figli," perché tale è la condizione di quel mondo (vedere cap. XI, n. 31
e ss.).
Il paradiso terrestre, di cui inutilmente si sono cercate le tracce sulla Terra, era dunque il simbolo del mondo felice dove aveva vissuto Adamo, o piuttosto la razza degli Spiriti di cui egli è la personificazione. La cacciata dal paradiso segna dunque sia il momento in cui questi Spiriti sono venuti a incarnarsi fra gli abitanti di questo mondo, sia il cambiamento di situazione che ne è stato la conseguenza. L'angelo armato di una spada fiammeggiante, che difende l'entrata del paradiso, simboleggia l'impossibilità in cui si trovano gli Spiriti dei mondi inferiori di penetrare nei mondi superiori prima di avere meritato ciò attraverso la loro purificazione (vedere più avanti il cap. XIV, n. 8 e ss.).
Il paradiso terrestre, di cui inutilmente si sono cercate le tracce sulla Terra, era dunque il simbolo del mondo felice dove aveva vissuto Adamo, o piuttosto la razza degli Spiriti di cui egli è la personificazione. La cacciata dal paradiso segna dunque sia il momento in cui questi Spiriti sono venuti a incarnarsi fra gli abitanti di questo mondo, sia il cambiamento di situazione che ne è stato la conseguenza. L'angelo armato di una spada fiammeggiante, che difende l'entrata del paradiso, simboleggia l'impossibilità in cui si trovano gli Spiriti dei mondi inferiori di penetrare nei mondi superiori prima di avere meritato ciò attraverso la loro purificazione (vedere più avanti il cap. XIV, n. 8 e ss.).
24. Caino (dopo la morte di
Abele) disse al Signore: "Il mio castigo è troppo grande perché io possa
sopportarlo. —Tu oggi mi scacci da questo suolo e io sarò nascosto
lontano dalla tua presenza, sarò vagabondo e fuggiasco per la terra,
così chiunque mi troverà, mi ucciderà". — Ma il Signore gli disse:
"Ebbene, chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte più di lui".
'Il Signore mise un segno su Caino, perché nessuno, trovandolo, lo
uccidesse.
Caino si allontanò dalla presenza del Signore e si stabilì nel paese di Nod, a oriente di Eden. Poi Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc. Quindi si mise a costruire una città, a cui diede il nome di Enoc, dal nome di suo figlio. (Genesi 4:13-17)
Caino si allontanò dalla presenza del Signore e si stabilì nel paese di Nod, a oriente di Eden. Poi Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc. Quindi si mise a costruire una città, a cui diede il nome di Enoc, dal nome di suo figlio. (Genesi 4:13-17)
25.
Se ci si riferisce alla traduzione alla lettera della Genesi, ecco a
quali conseguenze si arriva: Adamo ed Eva erano soli nel mondo, dopo la
loro espulsione dal paradiso terrestre; solo posteriormente ebbero i due
figli Caino e Abele. Orbene Caino, dopo aver ucciso suo fratello ed
essersi ritirato in un'altra regione, non rivide più suo padre e sua
madre, i quali rimasero di nuovo soli. È solo molto tempo dopo che,
all'età di centotrent'anni, Adamo ebbe un terzo figlio, chiamato Seth.
Dopo la nascita di Seth, egli visse ancora, secondo la genealogia
biblica, ottocento anni, ed ebbe figli e figlie.
Quando Caino andò a stabilirsi a oriente dell'Eden, non c'erano dunque sulla Terra che tre persone: suo padre e sua madre, e lui che, dal canto suo, stava solo. Tuttavia egli ebbe una donna e un bambino. Quale poteva mai essere questa donna e dove egli aveva potuto trovarla? Il testo ebraico dice: Egli stava costruendo una città, e non costruì, la qual cosa indica un'azione presente e non ulteriore. Ma una città presuppone degli abitanti, poiché non è da supporre che Caino l'abbia costruita per sé, per sua moglie e per suo figlio, né che abbia potuto edificarla da solo.
Bisogna quindi dedurre, da questo racconto, che la regione fosse popolata. Però non poteva esserlo da parte dei discendenti di Adamo, che allora non aveva altri che Caino.
La presenza di altri abitanti risulta egualmente da queste parole di Caino: "Sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà mi ucciderà", e dalla risposta che gli dà Dio. Da chi poteva egli temere d'essere ucciso? E a che pro il segno che Dio mise su di lui per proteggerlo, dal momento che non avrebbe dovuto incontrare nessuno? Se dunque sulla Terra c'erano altri uomini al di fuori della famiglia di Adamo, il fatto è che c'erano prima di lui. Da ciò si deduce questa conseguenza, tratta dallo stesso testo della Genesi: Adamo non è né il primo né l'unico padre del genere umano (vedere cap. XI, n. 34). [59]
Quando Caino andò a stabilirsi a oriente dell'Eden, non c'erano dunque sulla Terra che tre persone: suo padre e sua madre, e lui che, dal canto suo, stava solo. Tuttavia egli ebbe una donna e un bambino. Quale poteva mai essere questa donna e dove egli aveva potuto trovarla? Il testo ebraico dice: Egli stava costruendo una città, e non costruì, la qual cosa indica un'azione presente e non ulteriore. Ma una città presuppone degli abitanti, poiché non è da supporre che Caino l'abbia costruita per sé, per sua moglie e per suo figlio, né che abbia potuto edificarla da solo.
Bisogna quindi dedurre, da questo racconto, che la regione fosse popolata. Però non poteva esserlo da parte dei discendenti di Adamo, che allora non aveva altri che Caino.
La presenza di altri abitanti risulta egualmente da queste parole di Caino: "Sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà mi ucciderà", e dalla risposta che gli dà Dio. Da chi poteva egli temere d'essere ucciso? E a che pro il segno che Dio mise su di lui per proteggerlo, dal momento che non avrebbe dovuto incontrare nessuno? Se dunque sulla Terra c'erano altri uomini al di fuori della famiglia di Adamo, il fatto è che c'erano prima di lui. Da ciò si deduce questa conseguenza, tratta dallo stesso testo della Genesi: Adamo non è né il primo né l'unico padre del genere umano (vedere cap. XI, n. 34). [59]
-------------------------
[59] Questa idea non è nuova. La Peyrère, saggio teologo del diciassettesimo secolo, nel suo libro sui Preadamiti, scritto
in latino e pubblicato nel 1655, ha tratto dal testo stesso della
Bibbia, snaturato dalle traduzioni, la prova evidente che la Terra era
popolata prima della venuta di Adamo. Questa è, al giorno d'oggi,
l'opinione di molti illuminati ecclesiastici.
-------------------------
26. Occorrevano le
conoscenze che lo Spiritismo ha apportato — abbordando i rapporti del
principio spirituale e del principio materiale — riguardo alla natura
dell'anima, alla sua creazione in stato di semplicità e ignoranza, alla
sua unione con il corpo, al suo cammino progressivo e indefinito
attraverso esistenze consecutive e attraverso i mondi che sono
altrettanti gradini sulla via del perfezionamento, al suo affrancamento
graduale dall'influenza della materia attraverso l'uso del suo libero
arbitrio, alla causa delle sue inclinazioni buone o cattive e delle
attitudini, al fenomeno della nascita e della morte, allo stato dello
Spirito nella erraticità e, infine, riguardo all'avvenire che è il
premio dei suoi sforzi per migliorarsi e della sua perseveranza nel
bene: occorrevano queste conoscenze per gettare la luce su tutte le
parti della Genesi spirituale.
Grazie a questa luce, l'uomo sa ormai da dove viene e dove va, perché è sulla Terra e perché soffre. Sa che il suo avvenire è nelle sue mani e che la durata della sua prigionia sulla Terra dipende da lui stesso. La Genesi, allontanatasi dall'allegoria limitata e gretta, gli appare grande e degna della maestà, della bontà e della giustizia del Creatore. Considerata da questo punto di vista, la Genesi turberà l'incredulità e trionferà.
Grazie a questa luce, l'uomo sa ormai da dove viene e dove va, perché è sulla Terra e perché soffre. Sa che il suo avvenire è nelle sue mani e che la durata della sua prigionia sulla Terra dipende da lui stesso. La Genesi, allontanatasi dall'allegoria limitata e gretta, gli appare grande e degna della maestà, della bontà e della giustizia del Creatore. Considerata da questo punto di vista, la Genesi turberà l'incredulità e trionferà.