LA GENESI, I miracoli e le predizioni secondo lo Spiritismo

Allan Kardec

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Capitolo VII - ABBOZZO GEOLOGICO DELLA TERRA



Periodi geologici

1. La Terra conserva in sé le tracce evidenti della sua formazione. Si seguono le fasi di questa formazione, con una precisione matematica, nei differenti terreni che ne compongono l'ossatura. L'insieme di questi studi costituisce la scienza chiamata geologia, scienza nata in questo secolo XIX, e che ha gettato la luce sulla questione così controversa della sua origine e di quella degli esseri viventi che l'abitano. Qui non si tratta di ipotesi. Qui c'è il risultato rigoroso dell'osservazione dei fatti, e in presenza dei fatti il dubbio non è più permesso. La storia della formazione del globo sta scritta negli strati geologici in maniera ben altrimenti certa che nei libri basati su preconcetti, perché qui è la natura stessa che parla, che si mette a nudo, e non l'immaginazione degli uomini che crea i sistemi. Dove si vedono le tracce del fuoco, si può affermare con certezza che là il fuoco è esistito; dove si vedono quelle dell'acqua con non minore certezza si può dire che là vi è stata l'acqua; dove si vedono tracce di animali, con certezza si può dire che là hanno vissuto degli animali.

La geologia è dunque una scienza tutta d'osservazione. Essa non trae conseguenze se non da ciò che vede; sui punti dubbi, essa non afferma nulla: emette soltanto delle opinioni da discutere, per la cui soluzione definitiva si dovranno attendere osservazioni più complete. Senza le scoperte della geologia, come pure senza quelle dell'astronomia, Genesi del mondo sarebbe ancora nelle tenebre della leggenda. Grazie alla geologia, oggi l'uomo conosce la storia della sua dimora, e il castello di favole che circondava la sua origine è crollato, per non riemergere mai più.

2. Dappertutto nel terreno, ove esistano fenditure, scavi naturali o praticati dall'uomo, si possono osservare quelle che sono chiamate stratificazioni, cioè strati sovrapposti. I terreni che presentano questa disposizione sono designati con il nome di terreni stratificati. Gli strati, di uno spessore molto variabile, da alcuni centimetri fino a 100 metri e più, si distinguono l'uno dall'altro, per il colore e la natura delle sostanze di cui si compongono. I lavori d'arte, le perforazioni dei pozzi, lo sfruttamento delle cave e soprattutto delle miniere hanno permesso di osservarli fino a una profondità abbastanza grande.

3. Gli strati sono generalmente omogenei, vale a dire che ogni strato è formato da una medesima sostanza, oppure da diverse sostanze che sono esistite insieme e che hanno formato un tutto compatto. La linea di separazione che li isola gli uni dagli altri è sempre delineata nettamente, come nei vari livelli di una costruzione. Non si vedrà mai che una parte si mescoli o si perda l'una nell'altra per quanto concerne i rispettivi confini, come invece, per esempio, nei colori del prisma e nell'arcobaleno.

Da questi caratteri si deduce che tali strati si sono formati consecutivamente, depositandosi l'uno sull'altro in condizioni e per cause differenti. Naturalmente, i più profondi si sono formati per primi, i più superficiali posteriormente. L'ultimo di tutti, quello che si trova in superficie, è lo strato di terra vegetale, che deve le sue caratteristiche ai detriti delle materie organiche provenienti dalle piante e dagli animali.

4. Gli strati inferiori, situati al di sotto dello strato vegetale, hanno ricevuto in geologia il nome di rocce, termine che, in questa accezione, non sempre implica l'idea di una sostanza pietrosa, ma significa un letto o banco, costituito da una sostanza minerale qualsiasi. Alcune sono formate da sabbia, da argilla o creta, da marna, da massi erratici; altre, da pietre propriamente dette, più o meno dure, quali le arenarie, i marmi, il gesso, i calcari o pietre da calce, le pietre molari, i carboni fossili, gli asfalti ecc. Si dice che una roccia sia più o meno possente a seconda che il suo spessore sia più o meno considerevole.

Attraverso l'analisi della natura di queste rocce o strati, si può riconoscere, da determinati segni, che alcuni strati provengono da materiali fusi e, a volte, vetrificati dall'azione del fuoco; che altri provengono da sostanze terrose depositate dalle acque e che alcune di queste sostanze si sono conservate disgregate come, per esempio, le sabbie; che altri strati ancora, in principio allo stato pastoso, sotto l'azione di certi agenti chimici o per altre cause, si sono induriti e hanno acquisito, a lungo andare, la consistenza della pietra. I banchi di pietre sovrapposte rivelano depositi successivi. Il fuoco e l'acqua hanno dunque avuto la loro parte attiva nella formazione dei materiali che compongono la struttura solida del globo.

5. La posizione normale degli strati terrosi o pietrosi che provengono da depositi acquei è la direzione orizzontale. Quando si vedono quelle immense pianure, che si stendono talvolta a perdita d'occhio, dalla orizzontalità perfetta, uniformi come se fossero state livellate con un rullo compressore, o quei fondivalle pianeggianti quanto la superficie di un lago, si può esser certi che in un'epoca più o meno remota, quei luoghi sono stati per lungo tempo coperti da acque tranquille che, ritirandosi, hanno lasciato a secco quella terra che esse avevano depositata durante il loro soggiorno. Dopo la ritirata delle acque, quelle terre si sono ricoperte di vegetazione. Quando, invece che terre grasse, fangose, argillose o marnose, atte ad assimilare i principi nutritivi, le acque non hanno depositato che sabbie silicee e senza aggregazione, abbiamo allora pianure sabbiose e aride che costituiscono le lande e i deserti. I depositi che rilasciano le inondazioni parziali e quelli che le alluvioni formano alle foci dei fiumi possono, in proporzioni ridotte, darne un'idea.

6. Benché l'orizzontalità sia la posizione normale e anche la più diffusa delle formazioni acquose, spesso tuttavia su estensioni molto vaste, nei paesi di montagna, possiamo osservare che rocce dure — la cui natura indica che sono state formate dalle acque — si trovano in posizione inclinata e, a volte, perfino verticale. Ora, siccome secondo le leggi dell'equilibrio dei liquidi e del peso, i depositi acquosi possono formarsi soltanto su piani orizzontali — dato che quelli che hanno luogo su piani inclinati vengono trascinati in basso dalle correnti e dal loro stesso peso — resta evidente che questi depositi hanno dovuto essere sollevati da una qualsivoglia forza, dopo la loro solidificazione o trasformazione in pietre.

Da queste considerazioni, si può concludere con certezza che tutti gli strati pietrosi provenienti da depositi acquosi, in una posizione perfettamente orizzontale, sono stati formati nel corso dei secoli da acque tranquille; mentre tutte le volte che tali strati hanno una posizione inclinata, è perché il suolo è stato tormentato e dislocato posteriormente da sconvolgimenti generali o parziali più o meno considerevoli.

7. Un fatto caratteristico di grandissima importanza, per la testimonianza irrefutabile che fornisce, consiste nel ritrovamento di resti fossili di animali e di vegetali che si incontrano in quantità notevoli nei diversi strati. Siccome questi resti si trovano anche nelle pietre più dure, bisogna dedurre che l'esistenza di quegli esseri è anteriore alla formazione di quelle pietre stesse. Ora, se si considera il numero prodigioso di secoli che sono accorsi per effettuarne l'indurimento e per portarle allo stato in cui esse si trovano da tempo immemorabile, si arriva all'inevitabile conclusione secondo cui l'apparizione degli esseri organici sulla Terra si perde nella notte dei tempi e, di conseguenza, essa è molto anteriore alla data assegnata dalla Genesi. [24]

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[24] Fossile, dal latino fossíle, derivato di fóssus, part. pass. di fodére “scavare”. Questo termine si impiega, in geologia, per indicare corpi o relitti di corpi organici provenienti da esseri che erano vissuti anteriormente ai tempi storici. Per estensione, questo termine si impiega egualmente per indicare delle sostanze minerali che portano le tracce della presenza di esseri organici, quali le impronte di vegetali o di animali.

Il termine pietrificazione si usa soltanto per i corpi trasformati in pietra attraverso l'infiltrazione di materie silicee o calcaree nei tessuti organici. Tutte le pietrificazioni sono necessariamente dei fossili, ma non tutti i fossili sono delle pietrificazioni.

Gli oggetti che si rivestono di uno strato pietroso, quando sono immersi in talune acque cariche di sostanze calcaree, come quelle del ruscello di Saint-Allyre, presso Clermont, in Alvernia, non sono delle pietrificazioni propriamente dette, ma delle semplici incrostazioni.

I monumenti, le iscrizioni e gli oggetti che provengono dalla fabbricazione umana appartengono alla archeologia.
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8. Fra questi resti di vegetali o di animali, ve ne sono di quelli che sono stati penetrati in tutti i punti della loro sostanza — senza che la loro forma ne sia stata alterata — da materie silicee o calcaree, che li hanno trasformati in pietre, alcune delle quali hanno la durezza del marmo. Sono, queste, le pietrificazioni propriamente dette. Altri resti, invece, sono stati semplicemente avvolti dalla materia, allo stato di malleabilità; li si ritrova intatti, e alcuni nella loro interezza, nelle pietre più dure. Altri resti, infine, non hanno lasciato che delle impronte, ma di una nitidezza e di una delicatezza perfette. All'interno di certe pietre, sono state perfino trovate le orme di passi, e dalla forma del piede, delle dita e delle unghie, si è riusciti a riconoscere a quale specie di animale appartenessero.

9. I fossili di animali non comprendono quasi mai altro — e questo è facile da comprendere — se non le parti solide e resistenti, cioè le ossa, le scaglie e le corna; non di rado si trovano anche scheletri completi. Il più delle volte, però, si trovano solo parti distaccate, di cui è tuttavia facile riconoscere la provenienza. Analizzando una mascella o un dente si vede subito se appartengono a un animale erbivoro o carnivoro. Siccome tutte le parti dell'animale hanno una inevitabile correlazione, la forma della testa, di una scapola, dell'osso di una zampa, di un piede, è sufficiente per determinare la taglia, la forma in generale, il genere di vita dell'animale. [25] Gli animali terrestri hanno una organizzazione che ci impedisce di confonderli con gli animali acquatici. I pesci e le conchiglie fossili sono oltremodo numerosi; le sole conchiglie formano a volte interi banchi di grande spessore. Dalla loro natura, si riconosce senza difficoltà se si tratta di animali marini o di acqua dolce.

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[25] Al livello in cui Georges Cuvier ha portato la scienza paleontologica, spesso è sufficiente un solo osso per determinare il genere, la specie, la forma di un animale e le sue abitudini, e ricostruirlo così tutto intero.
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10. I ciottoli arrotondati, che in certe zone costituiscono rocce poderose, sono un indice inequivocabile della loro origine. Essi sono arrotondati come i sassolini in riva al mare, segno certo dello sfregamento che essi hanno subito per effetto delle acque. I luoghi, dove vengono trovati interrati in masse considerevoli, sono stati incontestabilmente occupati dall'oceano, oppure da altre acque o per un tempo molto lungo o violentemente agitate.

11. I terreni delle diverse formazioni sono, inoltre, caratterizzati dalla natura stessa dei fossili che essi racchiudono. I più antichi contengono delle specie animali o vegetali che sono del tutto scomparse dalla superficie del globo. Alcune specie più recenti sono egualmente scomparse, ma hanno conservato i loro analoghi, i quali differiscono dai loro capostipiti soltanto per la grandezza e qualche sfumatura di forma. Altre specie, infine, di cui noi vediamo gli ultimi rappresentanti, tendono a sparire in un avvenire più o meno prossimo, come gli elefanti, i rinoceronti, gli ippopotami ecc. Così, nella misura in cui gli strati terrestri si avvicinano alla nostra epoca, anche le specie animali e vegetali si avvicinano a quelle che esistono al giorno d'oggi.

Le perturbazioni e i cataclismi, che hanno avuto luogo sulla Terra fin dalla sua origine, ne hanno dunque cambiato le condizioni di capacità verso il sostentamento della vita e hanno fatto scomparire generazioni intere di esseri viventi.

12. Esaminando la natura degli strati geologici, si viene a sapere nella maniera più positiva se, all'epoca della loro formazione, la regione che li conserva era occupata dal mare, da laghi, o da foreste e pianure popolate da animali terrestri. Se, dunque, in una stessa zona, si trova una serie di strati sovrapposti, contenenti alternativamente fossili marini, terrestri e d'acqua dolce, parecchie volte ripetuti, questa è una prova irrefutabile del fatto che quella stessa zona è stata numerose volte invasa dal mare, coperta da laghi e messa a secco.

E quanti secoli di secoli, certamente, e quante migliaia di secoli, forse, sono accorsi a ciascun periodo per completarsi?! E quale possente forza è occorsa per spostare e rispostare l'oceano, sollevare le montagne?! Quante rivoluzione fisiche, quanti violenti sconvolgimenti la Terra ha dovuto attraversare prima di essere come noi la vediamo dall'inizio dei tempi storici?! E si vorrebbe che tutto questo fosse opera eseguita in meno tempo di quanto ne occorrerebbe per far spuntare una pianta!

13. Lo studio degli strati geologici attesta, come già è stato detto, formazioni susseguenti che hanno cambiato l'aspetto del globo e dividono la sua storia in numerosi periodi, che vengono chiamati periodi geologici, la cui conoscenza è essenziale per la determinazione della Genesi. Se ne contano sei principali, che sono stati designati con i nomi di periodo primario, di transizione, secondario, terziario, diluviale, postdiluviale o attuale. I terreni formatisi nel corso di ogni periodo si chiamano perciò: terreni primitivi, di transizione, secondari ecc. Si dice anche: il tale o talaltro strato, o roccia; il tale o talaltro fossile si trova nei terreni del tale o talaltro periodo.

14. È essenziale osservare che il numero di questi periodi non è affatto assoluto, e che esso dipende dai sistemi di classificazione. Nelle sei epoche principali, sopracitate, vengono comprese soltanto quelle che sono segnate da un cambiamento notevole e generale nello stato del globo. Ma l'osservazione prova che numerose formazioni successive si sono operate nel corso di ogni periodo; ed è per questo motivo che si è proceduto a una ulteriore divisione in sottoperiodi, caratterizzati dalla natura dei terreni, e che portano a ventisei il numero delle formazioni generali ben caratterizzate, senza contare poi quelle che provengono da modificazioni dovute a cause puramente locali.




Stato primitivo del globo

15. Lo schiacciamento dei poli e altri fenomeni decisivi sono indici certi che la Terra ha dovuto essere, alla sua origine, in uno stato di fluidità o di malleabilità. Questo stato poteva avere come causa la materia o liquefatta dal fuoco o diluita dall'acqua.

Dice il proverbio: "Non c'è fumo senza fuoco". Questa frase rigorosamente vera, è un'applicazione del principio: non c'è effetto senza causa. Per la medesima ragione, si può dire: non c'è fuoco senza focolaio. Ora, attraverso i fatti che scorrono sotto i nostri occhi, non si tratta solo del fumo che viene prodotto, ma del fuoco molto reale, che deve avere un suo focolaio. Venendo questo fuoco dall'interno del pianeta e non dall'alto, interno deve essere il focolaio; ed essendo permanente il fuoco, egualmente deve esserlo il focolaio.

Il calore, che aumenta nella misura in cui si penetra nell'interno della Terra e che, a una certa distanza dalla superficie, raggiunge una temperatura altissima; le sorgenti termali, tanto più calde quanto maggiore è la profondità da cui provengono; i fuochi e le masse di materie fuse e infuocate, che erompono dai vulcani come da immensi sfiatatoi, o dalle fenditure del suolo, provocate da certi sconvolgimenti della Terra, non possono lasciare alcun dubbio sull'esistenza di un fuoco interiore.

16. L'esperienza dimostra che la temperatura si eleva di 1 grado ogni 30 metri di profondità; da ciò consegue che a una profondità di 300 metri l'aumento della temperatura è di 10 gradi; a 3.000 metri, di 100 gradi, temperatura dell'acqua bollente; a 30.000 metri, come dire da 7 a 8 leghe, la temperatura è di 1.000 gradi; a 25 leghe, di 3.300 gradi e più, temperatura alla quale nessuna materia conosciuta resiste alla fusione. Da qui fino al centro c'è ancora uno spazio di oltre 1.400 leghe, con un diametro cioè di 2.800 leghe, spazio che si suppone occupato da materie fuse.

Benché questa sia soltanto una congettura, deducendo la causa attraverso l'effetto, essa ha tutti i caratteri della probabilità e si giunge così alla conclusione secondo cui la Terra è ancora una massa incandescente ricoperta d'una crosta solida dello spessore di 25 leghe tutt'al più, il che è appena la centoventesima parte del suo diametro. In proporzione, ciò sarebbe molto meno dello spessore della più sottile scorza d'arancia.

Del resto lo spessore della crosta terrestre è molto variabile, poiché vi sono zone, soprattutto nei terreni vulcanici, in cui il calore e la flessibilità del suolo indicano che non è affatto considerevole. L'alta temperatura delle acque termali è egualmente indice della vicinanza del fuoco centrale.

17. Stando così le cose, diventa evidente che lo stato primitivo di fluidità o di malleabilità della Terra deve aver avuto la sua causa nell'azione del calore e non in quella dell'acqua. La Terra era dunque, alla sua origine, una massa incandescente. Poi, in seguito all'irradiazione del calore, è accaduto ciò che accade a ogni materia in fusione: a poco a poco essa si è raffreddata, e il raffreddamento è naturalmente incominciato dalla superficie, la quale si è indurita mentre all'interno è rimasta fluida. Si può, quindi, paragonare la Terra a un blocco di carbone che esca incandescente dalla fornace, e la cui superficie si spenga e si raffreddi a contatto dell'aria; ma allorché lo si spezzi, si troverà l'interno ancora ardente.

18. All'epoca in cui il globo terrestre era una massa incandescente non conteneva né un atomo in più né uno in meno di oggi. Solo che, sotto l'influenza di quell'alta temperatura, la maggior parte di quelle sostanze che lo compongono e che noi vediamo sotto forma di liquidi o di solidi, di terra, di pietre, di metalli e di cristalli, si trovava in uno stato ben differente. Quelle sostanze non hanno fatto altro che subire una trasformazione. In seguito al raffreddamento e al loro mescolarsi, gli elementi hanno formato nuove combinazioni. L'aria, considerevolmente dilatata, doveva estendersi a una distanza immensa; tutta l'acqua, forzatamente ridotta in vapore, era mescolata all'aria; tutte le materie suscettibili di volatilizzazione, quali i metalli, lo zolfo, il carbone, si trovavano allo stato di gas. Lo stato dell'atmosfera non aveva dunque niente di paragonabile a ciò che è al giorno d'oggi; la densità di tutti questi vapori le dava una opacità che non poteva essere attraversata da nessun raggio di sole. Se un essere vivente avesse potuto esistere sulla superficie del globo a quell'epoca, non sarebbe stato illuminato se non dal bagliore sinistro della fornace, collocata sotto ai suoi piedi, e dal bagliore dell'atmosfera infuocata. L'esistenza del Sole, quell'essere vivente, non avrebbe neppure potuto immaginarla.




Periodo primario

19. Il primo effetto del raffreddamento fu la solidificazione della superficie esteriore della massa in fusione e la formazione di una crosta resistente, che, dapprima sottile, si ispessì a poco a poco. Questa crosta, costituita da una pietra chiamata granito, è di estrema durezza ed è così denominata per il suo aspetto granulare. Vi si distinguono tre sostanze principali: il feldspato, il quarzo o cristallo di rocca e la mica; quest'ultima ha brillantezza metallica, quantunque non sia un metallo.

Lo strato granitico è dunque il primo che si sia formato sul globo; esso lo avviluppa nella sua interezza e ne costituisce in qualche modo la struttura ossea; è il prodotto diretto della materia in fusione solidificatasi. È su questo strato e nelle cavità che presentava la sua superficie tormentata che si sono successivamente depositati gli strati degli altri terreni formatisi posteriormente. Lo strato granitico si distingue da questi ultimi per l'assenza di qualsiasi stratificazione, esso cioè forma una massa compatta e uniforme in tutto il suo spessore e non è disposto a strati. L'effervescenza della materia incandescente vi avrebbe prodotto numerose e profonde fenditure, attraverso cui tale materia si espandeva.

20. Il secondo effetto del raffreddamento fu la liquefazione di alcune delle materie contenute nell'aria allo stato di vapore e che precipitarono sulla superficie del suolo. Si formarono allora piogge e laghi di zolfo e bitume, veri ruscelli di ferro, di rame, di piombo e di altri metalli fusi. Queste materie, infiltrandosi nelle fenditure, hanno costituito le vene e i filoni metallici.

Sotto l'influenza di questi diversi agenti, la superficie granitica subì alternative alterazioni. Si produssero dei miscugli che formarono i terreni primitivi propriamente detti, che, sebbene distinti dalla roccia granitica, si presentavano tuttavia in masse confuse e senza stratificazioni regolari.

Vennero in seguito le acque che, cadendo su un suolo ardente, vaporizzavano di nuovo, ricadevano in piogge torrenziali e così di seguito, fin quando la temperatura non permise loro di rimanere sul suolo allo stato liquido.

È con la formazione dei terreni granitici che si dà inizio alla serie dei periodi geologici, ai quali converrebbe aggiungere quello dello stato primitivo dell'incandescenza del globo.

21. Tale fu l'aspetto di questo primo periodo, vero caos di tutti gli elementi confusi, che cercavano il loro assetto, e in cui nessun essere vivente avrebbe potuto esistere. Così uno dei suoi caratteri distintivi, in geologia, è l'assenza di ogni traccia di vita animale e vegetale.

È impossibile assegnare una determinata durata a questo primo periodo, non più che ai periodi seguenti. Ma, tenuto conto del tempo che occorre a una sfera di un dato volume, riscaldata al calore bianco perché la sua superficie si raffreddi al punto che una goccia d'acqua possa restarvi allo stato liquido, si è calcolato che, se questa sfera avesse il volume della Terra, occorrerebbe più di un milione di anni.




Periodo di transizione

22. All'inizio del periodo di transizione, la crosta solida granitica non aveva ancora che un ridotto spessore e non offriva che una debolissima resistenza all'effervescenza delle materie infuocate, che quella ricopriva e comprimeva. Nella crosta si producevano allora dei rigonfiamenti, ma anche numerose fenditure dalle quali fuoriusciva, spandendosi sulla superficie, la lava interiore. Poco considerevoli erano le ineguaglianze che il suolo presentava.

Le acque, poco profonde, ricoprivano quasi tutta la superficie del globo, fatta eccezione delle parti sollevate che formavano delle terre basse, frequentemente sommerse.

L'aria si era a poco a poco purificata dalle materie più pesanti, momentaneamente allo stato gassoso, le quali, condensandosi per effetto del raffreddamento, erano precipitate sulla superficie del suolo ed erano poi state trascinate via e dissolte dalle acque.

Quando si parla di raffreddamento riferito a quell'epoca, bisogna interpretare questa parola in senso relativo, cioè in rapporto allo stato primitivo, perché la temperatura doveva essere ancora ardente.

I densi vapori acquei, che si levavano da ogni parte dell'immensa superficie liquida, ricadevano in piogge abbondanti e calde e oscuravano l'aria. Tuttavia, attraverso quell'atmosfera brumosa, incominciavano ad apparire i raggi del sole.

Una delle ultime sostanze da cui l'aria dovette purificarsi, poiché il suo stato naturale è quello gassoso, fu l'acido carbonico, che ne formava allora una delle sue parti costitutive.

23. In quell'epoca incominciarono a formarsi gli strati di terreni di sedimento, depositati dalle acque cariche di limo e di altre diverse materie adatte alla vita organica.

Appaiono allora i primi esseri viventi del regno vegetale e del regno animale. Dapprima in piccolo numero, se ne trovano poi tracce sempre più frequenti, nella misura in cui si sale negli strati di questa formazione. È degno di nota il fatto che, dappertutto, la vita si manifesti non appena le condizioni le sono propizie, nascendo ogni specie non appena si realizzano le condizioni adatte alla sua esistenza.

24. I primi esseri organici apparsi sulla Terra sono i vegetali, quelli dall'organizzazione meno complessa, designati in botanica con i nomi di crittogame, acotiledoni, monocotiledoni, vale a dire i licheni, i funghi, i muschi, le felci e le piante erbacee. Ancora non si vedono assolutamente alberi con fusto legnoso, ma soltanto piante del genere palma il cui fusto spugnoso è simile a quello delle erbe.

Gli animali di questo periodo, succeduti ai primi vegetali, sono esclusivamente marini: in principio sono polipi, raggiati e zoofiti, animali il cui organismo semplice e, per così dire, rudimentale si avvicina maggiormente a quello dei vegetali. Più tardi verranno crostacei e pesci le cui specie, però, non esistono più al giorno d'oggi.

25. Sotto il dominio del calore e dell'umidità e in seguito all'accesso di acido carbonico diffuso nell'aria — gas inadatto alla respirazione degli animali terrestri, ma necessario alle piante — i terreni esposti si coprirono rapidamente di una possente vegetazione e, nello stesso tempo, le piante acquatiche si moltiplicarono nelle paludi. Piante del genere di quelle che, ai nostri giorni, sono semplici erbe di qualche centimetro, raggiungevano un'altezza e una grossezza prodigiose. È così che apparvero foreste di felci arborescenti di 8 o 10 metri di altezza e grossezza in proporzione; apparvero anche i licopodi ("piede di lupo", un genere di muschio) della medesima taglia; gli equiseti [26] di 4 o 5 metri, che oggi a stento raggiungono il metro; e una infinità di specie che non esistono più. Sul finire di questo periodo incominciarono ad apparire alcuni alberi appartenenti al genere delle conifere o pinacee.

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[26] Pianta palustre, volgarmente chiamata coda di cavallo.

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26. A seguito dello spostamento delle acque, le terre che producevano queste masse di vegetali furono a più riprese sommerse e ricoperte di nuovi sedimenti terrosi, mentre le terre che venivano messe a secco si ricoprivano a loro volta di una analoga vegetazione. Ci furono così numerose generazioni di vegetali che alternativamente si annientavano e si rinnovavano. Non accadde lo stesso per gli animali, i quali, essendo tutti acquatici, non erano soggetti a queste alternanze.

Questi detriti, accumulatisi durante una lunga serie di secoli, formarono degli strati di grande spessore. Sotto l'azione del calore, dell’umidità, della pressione esercitata dai depositi terrosi posteriori e, senza dubbio, sotto l'azione dei diversi agenti chimici, dei gas, degli acidi e dei sali, prodotti dalla combinazione degli elementi primitivi, queste materie vegetali subirono una fermentazione che le convertì in carbon fossile o litantrace. Le miniere di carbon fossile sono dunque il prodotto diretto della decomposizione di ammassi di vegetali accumulatisi durante il periodo di transizione. È per questo che lo si trova in quasi tutti i paesi. [27]

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[27] La torba si è formata alla stessa maniera, per la decomposizione di ammassi di vegetali in terreni paludosi; ma con questa differenza: essendo molto più recente e trovandosi senza dubbio in altre condizioni, non ha avuto il tempo di carbonizzarsi.
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27. Trovandosi oggi i resti fossili della poderosa vegetazione di questo periodo sotto i ghiacci delle terre polari, come pure nella zona torrida, se ne deduce che, poiché la vegetazione era uniforme, altrettanto doveva esserlo la temperatura. I poli non erano dunque ricoperti di ghiacci, come ora. Il fatto è che allora la Terra traeva il suo calore da sé stessa, dal fuoco centrale che riscaldava in modo omogeneo tutto lo strato solido, ancora poco spesso. Questo calore era di gran lunga superiore a quello che potevano dare i raggi solari, indeboliti d'altronde dalla densità dell'atmosfera. Soltanto più tardi, quando il calore centrale non poté esercitare sulla superficie esteriore del globo che un'azione scarsa o addirittura nulla, il calore del Sole divenne preponderante. Pertanto, le regioni polari, le quali ricevevano soltanto dei raggi solari obliqui che davano assai poco calore, si coprirono di ghiacci. Si comprende così che, all'epoca di cui stiamo parlando e per lungo tempo dopo, il ghiaccio non era ancora conosciuto sulla Terra.

Questo periodo ha dovuto essere molto lungo, a giudicare dal numero degli strati carboniferi e dal loro spessore. [28]
Supponendo solo mille anni per la formazione di ciascuno di questi livelli, sarebbero già 68.000 anni solo per questo strato carbonifero.

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[28] Nella baia di Fundy (Nuova Scozia), il geologo scozzese Lyell ha trovato, in uno strato di carbon fossile dello spessore di 400 metri, 68 livelli differenti, che presentavano tracce evidenti di numerosi suoli di foreste. I tronchi degli alberi avevano ancora le loro radici (L. Figuier).
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Periodo secondario

28. Con il periodo di transizione scompaiono la vegetazione colossale e gli animali che caratterizzavano questo periodo, sia perché le condizioni atmosferiche non erano più le stesse, sia perché una serie di cataclismi aveva annientato tutto ciò che aveva vita sulla Terra. È probabile che le due cause abbiano entrambe contribuito a questo cambiamento, poiché da una parte lo studio dei terreni, che indicano la fine di questo periodo, attesta grandi sconvolgimenti causati dai sollevamenti e dalle eruzioni, che hanno riversato sul suolo grandi quantità di lava, mentre dall'altra parte vengono attestati i notevoli cambiamenti che si sono operati nei tre regni.

29. Il periodo secondario è caratterizzato, sotto l'aspetto minerale, da strati numerosi e possenti che attestano una formazione lenta in seno alle acque e marcano epoche differenti ben caratterizzate.

La vegetazione è meno rapida e meno colossale che nel periodo precedente, senza dubbio in seguito alla diminuzione del calore e dell'umidità e in seguito a modificazioni sopraggiunte negli elementi costitutivi dell'atmosfera. Alle piante erbacce e polpose si aggiungono quelle dal fusto legnoso e i primi alberi propriamente detti.

30. Gli animali sono ancora acquatici o tutt'al più anfibi; la vita animale sulla terra arida fa pochi progressi. Una prodigiosa quantità di animali con conchiglia si sviluppa in seno ai mari in seguito alla formazione delle materie calcaree; prendono vita nuovi pesci, dall'organismo più perfezionato di quello del periodo precedente; si vedono apparire i primi cetacei. Gli animali più caratteristici di questo periodo sono i rettili mostruosi. Qui di seguito diamo un breve elenco dei principali.

L'ittiosauro, specie di pesce-lucertola che giungeva fino ai 10 metri di lunghezza, e le cui mascelle, prodigiosamente allungate, erano armate di 180 denti. In generale la sua forma ricorda un po' quella di un coccodrillo, ma senza la corazza scagliosa. I suoi occhi avevano il volume della testa di un uomo; aveva pinne natatorie come la balena e, come la balena, rigettava l'acqua dagli sfiatatoi.

Il plesiosauro, altro rettile marino, grande quanto l'ittiosauro, aveva un collo lungo in modo abnorme, che si snodava come quello di un cigno, dandogli l'aspetto di un enorme serpente attaccato a un corpo di tartaruga. Aveva la testa di una lucertola e i denti di un coccodrillo; la sua pelle doveva essere liscia come quella dell'ittiosauro, poiché non è stata trovata traccia né di scaglie né di carapace. [29]
Il teleosauro si avvicina molto agli attuali coccodrilli, i quali sembrano esserne le copie ridotte. Come questi ultimi, aveva una corazza scagliosa e viveva sia nell'acqua sia sulla terra; la sua lunghezza era intorno ai 10 metri, di cui ben 3 o 4 solo per la testa; le fauci, enormi, avevano un'apertura di 2 metri.

Il megalosauro, grande lucertola, era una specie di coccodrillo di 14 o 15 metri di lunghezza, essenzialmente carnivoro, nutrendosi di rettili, di piccoli coccodrilli e di tartarughe. La sua formidabile mascella era armata di denti a forma di lama di roncola a doppio taglio, curvati all'indietro, di modo che, una volta penetrati nella preda, a questa non era più possibile di liberarsi.

L' iguanodonte, la più grande delle lucertole che siano mai esistite sulla Terra, misurava tra i 20 e i 25 metri, dalla testa all'estremità della coda. Il suo muso era sormontato da un corno osseo simile a quello dell'iguana dei giorni nostri, dalla quale sembra differire solo per la taglia, raggiungendo quest'ultima appena 1 metro di lunghezza. La forma dei denti prova che era erbivoro, e quella dei piedi che era un animale terrestre.

Lo pterodattilo era uno strano animale della grandezza d'un cigno, che aveva nello stesso tempo il corpo di un rettile e la testa di un uccello. Una membrana carnosa, simile a quella dei pipistrelli, gli univa le dita, che erano di una prodigiosa lunghezza. Di tale membrana si serviva come di un paracadute, quando si precipitava sulla preda dall'alto di un albero o di una roccia. Non aveva affatto ‘un becco corneo come gli uccelli, ma le ossa delle mascelle, lunghe quanto la metà del corpo e dotate di denti, terminavano a punta come un becco.

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[29] I primo fossile di questo animale è stato scoperto in Inghilterra nel 1823. Dopo, ne sono stati trovati altri in Francia e in Germania.
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31. Durante questo periodo, che dovette essere assai lungo, come attestano il numero e la possanza degli strati geologici, la vita animale assume un enorme sviluppo in seno alle acque, così come lo era stato della vegetazione nel periodo precedente. L'aria, maggiormente purificata e più adatta alla respirazione, incomincia a permettere ad alcuni animali di vivere sulla terra. Il mare si è spostato più volte, ma senza scosse violente. Con questo periodo scompaiono a loro volta quelle razze di giganteschi animali acquatici, sostituiti più tardi da specie analoghe, dalle forme meno sproporzionate e di minor taglia.

32. L'orgoglio ha fatto dire all'uomo che tutti gli animali erano stati creati a suo beneficio e per i suoi bisogni. Ma quanto vale il numero di quegli animali che lo servono direttamente e che egli ha potuto assoggettare, paragonato al numero incalcolabile• di quelli con cui non ha mai avuto, né avrà mai, alcun rapporto? Come sostenere una simile tesi, in presenza di quelle innumerevoli specie che sono state le sole a popolare la Terra per migliaia e migliaia di secoli — prima che l'uomo stesso vi apparisse — e che poi sono scomparse? Si può forse dire che quelle specie furono create a suo vantaggio? Tuttavia, quelle specie avevano tutte la loro ragione di esistere, la loro utilità. Dio non ha potuto crearle per un capriccio della Sua volontà e per dare a Sé Stesso, in seguito, il piacere di annientarle, dal momento che tutte avevano la vita, gli istinti, il sentimento del dolore e del benessere. Per quale fine l'avrebbe fatto? Sovranamente saggio deve essere questo fine, quantunque noi ancora non siamo in grado di comprenderlo. Forse un giorno sarà concesso all'uomo di conoscerlo, per mortificarne l'orgoglio. Ma, nel frattempo, quanto le sue idee si allargano di fronte a questi nuovi orizzonti, nei quali oggi gli è permesso di immergere lo sguardo! Di fronte allo spettacolo imponente di questa creazione, così maestosa nella sua lentezza, così mirabile nella sua previdenza, così puntuale, così precisa e così invariabile nei suoi risultati!




Periodo terziario

33. Con il periodo terziario, incomincia per la Terra un nuovo ordine di cose: lo stato della sua superficie cambia completamente aspetto; le condizioni di vitalità sono profondamente cambiate e si avvicinano a quelle dello stato attuale. I primi tempi di questo periodo sono contrassegnati da un arresto nella produzione vegetale e animale; tutto porta le tracce di un annientamento quasi generale degli esseri viventi, e allora appaiono via via nuove specie, il cui organismo, più perfetto, è idoneo alla natura dell'ambiente dove esse sono chiamate a vivere.

34. Durante i periodi precedenti, la crosta solida del globo, a causa del suo scarso spessore, presentava, come è stato detto, una assai debole resistenza all'azione del fuoco interiore. Questo involucro, che si era facilmente squarciato, faceva sì che le materie in fusione si spandessero liberamente sulla superficie del suolo. Non fu più così quando la crosta solida ebbe acquisito un certo spessore. Le materie infuocate, compresse da tutte le parti, come acqua in ebollizione dentro un contenitore chiuso, finirono per produrre una specie di esplosione. La massa granitica, violentemente squarciata su una infinita di punti, fu solcata da crepacci come un vaso incrinato. Lungo il percorso di questi crepacci, la crosta solida, sollevatasi e innalzatasi formò i picchi, le catene di montagne e le loro ramificazioni. Certe parti dell'involucro, non lacerate, furono sollevate semplicemente, mentre su altri punti si produssero affossamenti e depressioni.

La superficie del suolo divenne allora molto ineguale. Le acque che, fino ad allora, lo ricoprivano in maniera quasi uniforme nella maggior parte della sua estensione, furono respinte nelle parti più basse lasciando in secca o vasti continenti o sommità di montagne isolate dando così origine alle isole.

Questo è il grande fenomeno che si è verificato nel periodo terziari e che ha trasformato l'aspetto del globo. Esso non è avvenuto né istantaneamente né simultaneamente su tutti i punti del globo, ma in fasi susseguenti e in epoche più o meno distanziate.

35. Una delle prime conseguenze di questi sollevamenti fu, come si è detto, l'inclinazione degli strati di sedimento primitivamente orizzontali e che rimasero in quest'ultima posizione ovunque il suolo non fosse stato sconvolto. È dunque sui fianchi e nelle vicinanze delle montagne che queste inclinazioni sono più pronunciate.

36. Nei luoghi dove gli strati di sedimento hanno conservato la loro orizzontalità, per raggiungere quelli di prima formazione bisogna attraversare tutti gli altri, spesso a una profondità considerevole, alla fine della quale si trova inevitabilmente la roccia granitica. Ma, quando questi strati si sono sollevati in montagne, essi sono stati portati al di sopra del loro livello normale e, talvolta, a una elevatissima altezza, dimodoché, se si praticasse una fenditura verticale nel fianco della montagna, gli strati si mostrerebbero a giorno in tutto il loro spessore e sovrapposti come i piani di una costruzione.

È così che, a grandi altezze, si trovano considerevoli banchi di conchiglie, formatisi originariamente in fondo ai mari. È al giorno d'oggi perfettamente riconosciuto che in nessuna epoca il mare ha potuto raggiungere una tale altezza, poiché non basterebbero tutte le acque che esistono sulla terra, quand'anche ce ne fossero cento volte di più. Sarebbe necessario dunque supporre che la quantità d'acqua è diminuita, e allora ci si domanderebbe che ne è stato della parte scomparsa. I sollevamenti, che sono al giorno d'oggi un fatto incontestabile, spiegano in maniera tanto logica quanto rigorosa i depositi marini che si incontrano su certe montagne. [30]

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[30] Si sono trovati strati di calcare conchilifero sulle Ande d'America, a 5.000 metri sul livello dell'Oceano.

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37. Nei luoghi dove il sollevamento della roccia primitiva ha prodotto una spaccatura completa del suolo — sia per la rapidità del fenomeno, sia per forma, altezza, e volume della massa sollevata — il granito si è mostrato a nudo, come un dente che trapassi la gengiva. Gli strati che lo coprivano, sollevati, spezzati e rialzati, sono stati portati allo scoperto. È così che terreni appartenenti alle formazioni più antiche e che, nella loro posizione primitiva, si trovavano a una grande profondità, formano al giorno d'oggi il suolo di certe regioni.

38. La massa granitica, dislocata per effetto dei sollevamenti, ha lasciato in alcune zone delle fenditure da cui sfugge il fuoco interiore e da cui, spandendosi, si riversano le materie in fusione: sono i vulcani. I vulcani possono considerarsi le ciminiere di questa immensa fornace o, meglio ancora, sono come degli sfiatatoi di sicurezza, i quali, dando sfogo all'eccesso delle materie ignee, preservano da sconvolgimenti ben altrimenti terribili. Perciò possiamo dire che il numero dei vulcani in attività è motivo di sicurezza per l'insieme della superficie del suolo.

Possiamo farci un'idea dell'intensità di questo fuoco, considerando che alcuni vulcani si aprono perfino in seno al mare, e che la massa d'acqua, che li ricopre e penetra in essi, non basta a spegnerli.

39. I sollevamenti effettuatisi nella massa solida hanno necessariamente spostato le acque, che sono state così spinte nelle parti cave, diventate ancora più profonde per l'innalzamento delle zone emerse e per gli affossamenti. Ma questi stessi bassi fondali, sollevatisi a loro volta, ora in un punto ora in un altro, hanno espulso le acque che sono rifluite altrove, e così di seguito finché i territori occupati dalle acque non hanno potuto assumere un assetto più stabile.

I successivi spostamenti di questa massa liquida hanno forzatamente travagliato e tormentato la superficie del suolo. Le acque, scorrendo, hanno trascinato con sé una parte dei terreni di formazione anteriore, messi allo scoperto dai sollevamenti; hanno denudato certe montagne che da esse erano ricoperte; hanno messo in luce la loro base granitica o calcarea; hanno scavato profonde vallate e altre ne hanno colmate.

Ci sono dunque montagne formate direttamente dall'azione del fuoco centrale: si tratta soprattutto delle montagne granitiche. Altre, invece, sono dovute all'azione delle acque che, trascinando con sé le terre mobili e le materie solubili, hanno scavato delle valli attorno a una base resistente, calcarea o di altra natura.

Le materie trascinate dalla corrente delle acque hanno formato gli strati del periodo terziario, i quali si distinguono facilmente da quelli dei periodi precedenti, più per la loro disposizione che per la loro composizione, la quale risulta essere quasi la stessa.

Gli strati del periodo primario, di transizione e secondario, formatisi su una superficie poco accidentata, sono uniformi su quasi tutta la Terra. Quelli del periodo terziario, al contrario, formatisi su una base molto ineguale e anche per la furia delle acque, presentano un carattere più locale. Dappertutto, scavando a una certa profondità, si trovano tutti gli strati anteriori e nell'ordine della loro formazione; non dappertutto, invece, è facile trovare terreno del periodo terziario, né di questo terreno sono reperibili tutti gli strati.


40. È facilmente intuibile come, durante gli sconvolgimenti del suolo, che si sono verificati all'inizio di questo periodo, la vita organica abbia dovuto subire una battuta d'arresto, cosa che si riconosce dall'indagine di tali terreni, privi di fossili. Ma appena sopraggiunse un periodo più calmo, i vegetali e gli animali riapparvero. Essendo ambiate le condizioni di vitalità, essendo l'atmosfera divenuta più pura, si videro formarsi nuove specie, dall'organismo più perfetto. Le piante, riguardo alla loro struttura, differivano poco da quelle dei giorni nostri.

41. Durante i due periodi precedenti, i terreni non coperti dalle acque offrivano poca estensione ed erano inoltre paludosi e frequentemente sommersi; è per questo che vi erano soltanto animali acquatici o anfibi. Il periodo terziario, che ha visto formarsi vasti continenti, è caratterizzato dalla comparsa degli animali terrestri. Come il periodo di transizione ha visto nascere una vegetazione colossale e il periodo secondario rettili mostruosi, questo vede prodursi mammiferi giganteschi quali l'elefante, il rinoceronte, l’ippopotamo, il paleoterio, il megaterio, il dinoterio, il mastodonte, il mammut ecc. Questi ultimi due, varietà dell'elefante, avevano dai 5 ai 6 metri di altezza, e le loro zanne raggiungevano anche i 4 metri di lunghezza. Questo periodo ha visto nascere anche gli uccelli, come pure la maggior parte delle specie che ancora vivono ai giorni nostri. Alcune delle specie di questo periodo sono sopravvissute ai cataclismi posteriori; altre, che sono designate con la denominazione generica di animali antidiluviani, sono completamente scomparse oppure sono state sostituite da specie analoghe dalle forme meno pesanti e meno massicce, i cui primi esemplari sono stati come degli abbozzi. Tali, per esempio, il Felsi spela, animale carnivoro della grandezza di un toro, con le caratteristiche anatomiche della tigre e del leone; il Cervus megaceron, una varietà del cervo, i cui palchi, di 3 metri di lunghezza, erano spaziati, alle estremità, di 3 o 4 metri.




Periodo diluviale

42. Questo periodo è contrassegnato da uno dei più grandi cataclismi che abbiano mai sconvolto il globo, cambiato ancora una volta l'aspetto della sua superficie e distrutto per sempre una quantità di specie viventi di cui non si ritrovano che i resti. Dappertutto questo cataclisma ha lasciato tracce che attestano la sua universale estensione. Le acque, violentemente buttate fuori dai loro letti, hanno invaso i continenti, trascinando con sé le terre e le rocce, denudando le montagne, sradicando le foreste secolari. I nuovi depositi che son venuti a formarsi sono designati, in geologia, con il nome di terreni diluviali.

43. Una delle tracce più significative di questo immane cataclisma sono le rocce dette massi erratici. Vengono chiamate così quelle rocce di granito che si trovano isolate nelle pianure dei terreni del periodo terziario e al centro di terreni diluviali, a volte a parecchie centinaia di leghe dalle montagne da cui sono state strappate. È evidente che questi massi erratici non hanno potuto essere trasportati a così grandi distanze che dalla violenza delle correnti. [31]

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[31] È uno di questi blocchi, evidentemente proveniente, per la sua composizione, dalle montagne della Norvegia, che serve da piedistallo alla statua di Pietro il Grande, a San Pietroburgo.
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44. Un fatto non meno caratteristico, di cui non ci si spiega ancora la causa, è che nei terreni diluviali sono stati trovati i primi aeroliti. Poiché è soltanto in questo periodo che essi hanno incominciato a cadere, ne consegue che anteriormente non esisteva la causa che li produce.

45. È ancora intorno a questo periodo che i poli incominciano a coprirsi di ghiacci e che si formano i ghiacciai delle montagne, la qual cosa indica un cambiamento notevole nella temperatura del globo. Questo cambiamento dovette essere improvviso, perché, se si fosse verificato gradualmente, animali come gli elefanti che oggi vivono solo nei climi caldi — e che,' in gran numero, si trovano allo stato fossile nelle terre polari — avrebbero avuto il tempo di ritirarsi a poco a poco verso le regioni più temperate. Tutto prova, al contrario, che essi dovettero essere colti bruscamente da un grande freddo e avviluppati dai ghiacci. [32]

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[32] Nel 1771, il naturalista russo Pallas ha trovato in mezzo ai ghiacci del Nord il corpo integrale di un mammut rivestito della pelle, e che conservava ancora una parte delle carni. Nel 1799, se ne scoprì un altro, anch'esso racchiuso in un enorme blocco di ghiaccio, alla foce della Lena, in Siberia, e fu descritto dal naturalista Adams. Gli Iacuti dei dintorni ne fecero a pezzi le carni per nutrire i loro cani. La pelle era coperta da crini neri e il collo era guarnito da una folta criniera. La testa, senza tener conto delle zanne che misuravano più di 3 metri, pesava più di 400 libbre. Il suo scheletro è ora nel museo di San Pietroburgo. Nelle isole e sulle coste del Mar Glaciale si trova una tale quantità di zanne, tanto da essere oggetto di un considerevole commercio sotto la denominazione di avorio fossile o della Siberia.
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46. Questo, dunque, fu il vero diluvio universale. Sulle cause che hanno potuto scatenarlo, le opinioni sono divise, ma, quali che siano, non per questo il fatto cessa di esistere.

Si suppone, abbastanza generalmente, che un brusco cambiamento abbia avuto luogo nella posizione dell'asse e dei poli della Terra: da qui un rovescio violento e generale delle acque sulla superficie terrestre. Se quel cambiamento si fosse verificato con lentezza, le acque si sarebbero spostate gradualmente, senza scosse; tutto, invece, indica una scossa violenta e improvvisa. Stante l'ignoranza assoluta della vera causa, non si possono fare che ipotesi.

Lo spostamento improvviso delle acque può anche essere stato causato dal sollevamento di alcune parti della crosta solida e dalla formazione di nuove montagne in seno ai mari, come è accaduto agli inizi del periodo terziario; ma oltre al fatto che allora il cataclisma non fu generale, questo non spiegherebbe il cambiamento improvviso della temperatura dei poli.

47. Nel disastro causato dallo sconvolgimento delle acque sono periti molti animali. Altri, per sfuggire all'inondazione, si sono ritirati sulle alture, nelle caverne e nei crepacci, dove sono morti in massa, sia per fame, sia divorandosi l'un l'altro, sia, forse, anche per l'irruzione delle acque nei luoghi dove si erano rintanati e da cui non erano riusciti a fuggire. Così si spiega la grande quantità di ossa di animali diversi, non solo carnivori, che si trovano alla rinfusa in certe caverne, chiamate per questa ragione brecce o caverne ossifere, e rintracciabili il più delle volte sotto le stalagmiti. In alcune, le ossa sembrano esservi state trascinate dalla corrente delle acque. [33]

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[33] Si conoscono in gran numero simili caverne, alcune delle quali hanno un'estensione considerevole. Ne esistono alcune in Messico che misurano parecchie leghe; quella di Adelsberg – nome tedesco della città di Postumia –nella Carniola (Austria), non misura meno di tre leghe. Una delle più notevoli è quella di Gailenreuth, nel Wiirtemberg. Ve ne sono parecchie in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Sicilia e in altri paesi dell'Europa.
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Periodo postdiluviale o attuale - Nascita dell'uomo

48. Una volta ristabilitosi l'equilibrio sulla superficie del globo, la vita animale e vegetale ha prontamente ripreso il suo corso. Il suolo, consolidatosi, aveva assunto un aspetto più stabile. L'aria, purificatasi, era ora adatta a organismi più delicati. Il sole, che brillava in tutto il suo splendore attraverso un'atmosfera limpida, spandeva, insieme alla luce, un calore meno soffocante di quello della fornace interiore e più vivificante. La Terra si popolava di animali meno feroci e più socievoli; le vegetazioni, più succulente, offrivano un'alimentazione meno grossolana. Tutto, infine, era pronto sulla Terra per il nuovo ospite che avrebbe dovuto abitarla. È allora che apparve l’uomo, l'ultimo essere della creazione, quello la cui intelligenza avrebbe, d'ora in poi, concorso al progresso generale, progredendo lui stesso.

49. L'uomo non compare realmente sulla Terra che dopo il periodo diluviale, oppure appare prima di questo periodo? Tale questione è oggi molto controversa, ma la soluzione, qualunque essa sia, non cambierebbe nulla all'insieme dei fatti stabiliti, e l'apparizione della specie umana non sarebbe meno di molte migliaia di anni anteriore alla data assegnatale dalla Genesi biblica.

Ciò che aveva indotto a pensare che l'apparizione degli uomini fosse posteriore al diluvio è il fatto che non si era trovata alcuna autentica traccia della loro esistenza durante il periodo anteriore. Le ossa scoperte in diversi luoghi e che hanno fatto credere all'esistenza d'una pretesa razza di giganti antidiluviani sono state riconosciute come ossa di elefanti.

Non è messo in dubbio, invece, il fatto che l'uomo non esistesse né nel periodo primario né in quello di transizione e neppure nel periodo secondario, non solo perché non se ne trovano assolutamente tracce, ma perché allora non esistevano per l'uomo le condizioni di vitalità. Se è comparso nel periodo terziario, ciò non può essere che verso la fine, e tuttavia doveva essere ben poco diffuso.

Del resto, il periodo diluviale, essendo stato breve, non ha apportato notevoli cambiamenti nelle condizioni atmosferiche; gli animali e i vegetali erano gli stessi tanto prima quanto dopo. Non è dunque impossibile che l'apparizione dell'uomo abbia preceduto quel grande cataclisma. La presenza della scimmia in quel periodo è oggi comprovata, e recenti scoperte sembrerebbero confermare quella dell'uomo. [34]

In ogni modo, che l'uomo sia o non sia comparso prima del grande diluvio universale, certo è che il suo ruolo umanitario ha incominciato a disegnarsi realmente solo nel periodo postdiluviale. Questo è dunque il periodo che può considerarsi caratterizzato dalla sua presenza.

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[34] Vedere: rhomme antédiluvien (L'uomo antidiluviano) di Boucher de Perthes; Des outils de pierre (Utensili di pietra) dello stesso Autore, Casa Editrice Truttel. Discours sur les révolutions du globe (Discorso sulle rivoluzioni del globo) di Georges Cuvier, con note del dottor Hcefer, Casa Editrice Firmin Didot.
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