LA GENESI, I miracoli e le predizioni secondo lo Spiritismo

Allan Kardec

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LA GENESI, I miracoli e le predizioni secondo lo Spiritismo

LA GENESI, I miracoli e le predizioni secondo lo Spiritismo

di

ALLAN KARDEC
Autore de Il libro degli Spiriti



La Dottrina Spiritista è il risultato dell'insegna­mento collettivo e concorde degli Spiriti. 
La scienza e chiamata a costituire la Genesi secondo le leggi della natura. 
Dio prova la Sua grandezza e il Suo potere at­traverso l'immutabilità delle Sue leggi e non attraverso l'annullamento di esse. 
Per Dio, il passato e il futuro sono il presente.



INTRODUZIONE

ALLA PRIMA EDIZIONE PUBBLICATA NEL GENNAIO DEL 1868


Questa nuova opera è un passo in avanti nelle conseguenze e nelle applicazioni dello Spiritismo. Come indica il titolo, essa ha per oggetto lo studio di tre argomenti fino a oggi diversamente interpretati e commentati: la Genesi, i miracoli e le predizioni, nei loro rapporti con le nuove leggi, che derivano dall'osservazione di fenomeni spiritisti.

Due elementi o, se si vuole, due forze reggono l'universo: l'elemento spirituale e l'elemento materiale. Dall'azione simultanea di questi due principi, nascono dei fenomeni speciali, che diventano naturalmente inesplicabili se si separano l'uno dall'altro, esattamente come la formazione dell'acqua sarebbe inspiegabile se si facesse astrazione di uno dei suoi due elementi costitutivi: l'ossigeno o l'idrogeno.

Lo Spiritismo, dimostrando l'esistenza del mondo spirituale e i suoi rapporti con il mondo materiale, ci fornisce la chiave di un'immensità di fenomeni incompresi e considerati, anche in virtù di questa circostanza, inammissibili da parte di una certa classe di pensatori. Questi fenomeni abbondano nelle Scritture, ed è per il fatto di non conoscere la legge che li regge che i commentatori dei due settori opposti, girando senza tregua dentro il medesimo cerchio di idee — facendo astrazione gli uni dei dati positivi della scienza, gli altri del principio spirituale — non sono riusciti a raggiungere una soluzione razionale.

Questa soluzione si trova nell'azione reciproca dello Spirito e della materia. Essa toglie, è vero, alla maggior parte di questi fatti il loro carattere soprannaturale; ma che cosa conta di più: ammetterli come derivanti dalle leggi della natura oppure respingerli del tutto? Il loro rifiuto assoluto implica anche quello della base dell'edificio, mentre la loro ammissione a questo titolo, non sopprimendo che i fatti accessori, lascia questa base intatta. Ecco perché lo Spiritismo porta tanta gente a credere in quelle verità che prima considerava utopie.

Quest'opera è dunque, come abbiamo detto, un complemento delle applicazioni dello Spiritismo da un punto di vista speciale. Pur essendo il materiale pronto, o almeno elaborato da lungo tempo, tuttavia il momento di pubblicarlo non era ancora giunto. Occorreva innanzi tutto che le idee, che avrebbero dovuto costituirne la base, fossero arrivate a maturazione, e occorreva, inoltre, tener conto dell'opportunità delle circostanze. Lo Spiritismo non ha né misteri né teorie segrete; tutto in esso deve essere detto palesemente, affinché ciascuno possa giudicarlo con cognizione di causa. Ma ogni cosa deve venire a suo tempo, per venire con sicurezza. Una soluzione data alla leggera, prima della delucidazione completa della questione, sarebbe causa di ritardo, piuttosto che di avanzamento. Nella questione di cui qui si tratta, l'importanza dell'argomento ci obbligava a evitare ogni precipitazione.

Prima di entrare in argomento, ci è parso necessario definire nettamente il rispettivo ruolo degli Spiriti e degli uomini nell'elaborazione della nuova dottrina. Queste' considerazioni preliminari, che escludono ogni idea di misticismo, costituiscono l'oggetto del primo capitolo, intitolato: Caratteri della rivelazione spiritista. Noi raccomandiamo su questo punto una seria attenzione, perché qui, in qualche modo, sta il nodo della questione.

Nonostante la parte che compete all'attività umana nell'elaborazione di questa dottrina, l'iniziativa appartiene agli Spiriti, ma non è costituita dall'opinione personale di nessuno di essi. Essa non è — né potrebbe essere altrimenti — che la risultante del loro insegnamento collettivo e concordante. A questa sola condizione, essa può dirsi la dottrina degli Spiriti, altrimenti non sarebbe che la dottrina di uno Spirito e non avrebbe che il valore di un'opinione personale.

Generalità e concordanza nell'insegnamento, tale è il carattere essenziale della dottrina, tale la condizione stessa della sua esistenza. Ne risulta così che ogni principio che non abbia ricevuto la consacrazione del controllo della generalità non può essere considerato come parte integrante di questa dottrina stessa, ma come una semplice opinione isolata di cui lo Spiritismo non può assumersi la responsabilità.

È questa concordante collettività dell'opinione degli Spiriti, passata inoltre attraverso il criterio della logica, che crea la forza della Dottrina Spiritista e ne assicura la perpetuità. Perché essa cambiasse, bisognerebbe che cambiasse opinione l'universalità degli Spiriti, e che essi venissero un giorno a sostenere il contrario di ciò che finora hanno sostenuto. Poiché essa ha la sua fonte nell'insegnamento degli Spiriti, perché soccombesse bisognerebbe che gli Spiriti cessassero di esistere. È proprio questo che farà sì ch'essa prevalga sempre sui sistemi personali, le cui radici non si trovano dappertutto, come invece avviene nella Dottrina Spiritista.

Il libro degli Spiriti ha visto consolidarsi la sua attendibilità solo perché è l'espressione di un pensiero collettivo generale. Nel mese di aprile del 1867 ha visto compiersi il suo primo periodo decennale. In questo periodo, i principi fondamentali, di cui esso ha posto le basi, sono stati successivamente completati e sviluppati, grazie all'insegnamento progressivo degli Spiriti, ma nessuno di tali principi ha mai ricevuto alcuna smentita dall'esperienza: tutti, senza eccezione, sono rimasti in piedi, più vivaci che mai; invece, di tutte le idee contraddittorie che si è tentato di opporvi, nessuna ha prevalso, esattamente perché da ogni parte veniva insegnato l'opposto. È questo un risultato caratteristico che ci sentiamo di proclamare senza vanità, poiché non ce ne siamo mai attribuiti il merito.

Avendoci i medesimi scrupoli guidato nella redazione di altre nostre opere, abbiamo potuto dichiararle, in tutta verità, secondo lo Spiritismo, poiché eravamo certi della loro conformità all'insegnamento generale degli Spiriti. La medesima cosa accade con quest'opera che, per motivi simili, possiamo considerare come complemento delle precedenti, a eccezione tuttavia di alcune teorie ancora in fase ipotetica. Abbiamo, però, avuto cura di indicarle come tali, precisando che devono essere considerate soltanto come opinioni personali, fino a quando non saranno confermate o smentite. E ciò per non farne pesare la responsabilità sulla dottrina.

Del resto, i lettori assidui della Rivista Spiritista avranno già avuto modo di notare, in forma d'abbozzo, la maggior parte delle idee che vengono sviluppate in quest'ultima opera, come abbiamo fatto per le precedenti. Spesso la Rivista Spiritista è per noi un terreno di prova destinato a sondare l'opinione degli uomini e degli Spiriti su alcuni principi, prima di inserirli nella dottrina come parti costitutive.





La Genesi



Capitolo I - CARATTERE DELLA RIVELAZIONE SPIRITISTA

1. Può lo Spiritismo considerarsi come una rivelazione? In questo caso, qual è il suo carattere? Su che cosa è fondata la sua autenticità? A chi e in quale maniera tale rivelazione è stata fatta? La Dottrina Spiritista è una rivelazione nel senso teologico della parola, vale a dire è in tutto e per tutto il prodotto di un insegnamento occulto venuto dall'alto? È essa assoluta o suscettibile di modifiche? Portando agli uomini la verità integrale, la rivelazione non potrebbe avere l'effetto di impedire l'uso delle loro facoltà, poiché in tal modo essi si sottrarrebbero alla fatica della ricerca? Quale potrebbe essere l'autorità dell'insegnamento degli Spiriti, se essi non sono né infallibili né superiori all'umanità? Qual è l'utilità della morale ch'essi predicano, se questa morale altra non è che quella del Cristo che già conosciamo? Quali sono le verità nuove che essi ci portano? Ha bisogno l'uomo di una rivelazione? E non può egli trovare in sé stesso e nella sua coscienza tutto ciò che gli è necessario per sapere come comportarsi? Queste sono le questioni sulle quali è importante che noi riflettiamo.

2. Innanzi tutto, definiamo il significato della parola rivelazione.

Rivelare, dal latino revelare, la cui radice è velum, velo, letteralmente significa uscire da sotto il velo; figuratamente, quindi, significa: scoprire, far conoscere una cosa segreta o sconosciuta. Nella sua accezione comune più' generale, si dice di ogni cosa ignota che venga divulgata, di ogni idea nuova che metta sulla strada di' ciò che non si sapeva.

Da questo punto di vista, tutte le scienze che ci fanno conoscere i misteri della natura sono delle rivelazioni, e si può dire che per noi la rivelazione è incessante. L'astronomia ci ha rivelato il mondo astrale che noi non conoscevamo; la geologia, la formazione della Terra; la chimica, la legge delle affinità; la fisiologia, le funzioni dell'organismo ecc. Copernico, Galileo, Newton, Laplace, Lavoisier sono dei rivelatori.

3. Il carattere essenziale di ogni rivelazione deve essere la verità. Rivelare un segreto significa far conoscere un fatto; se la cosa è falsa, questo non è un fatto, e di conseguenza non c'è rivelazione. Ogni rivelazione smentita dai fatti non è una rivelazione; se poi essa è attribuita a Dio, non potendo Dio né mentire né ingannarSi, essa non può provenire da Lui; bisogna considerarla come il prodotto di una concezione umana.

4. Qual è il ruolo del professore di fronte ai suoi allievi, se non quello di un rivelatore? Egli insegna loro ciò ch'essi non sanno, ciò ch'essi non avrebbero né il tempo né la possibilità di scoprire da sé stessi, perché la scienza è l'opera collettiva dei secoli e di una moltitudine di uomini che hanno apportato, più o meno singolarmente, il contingente delle loro osservazioni, e di cui approfittano quelli che vengono dopo di loro. L'insegnamento è dunque, in realtà, la rivelazione di alcune verità scientifiche o morali, fisiche o metafisiche, fatta da uomini che le conoscono ad altri che le ignorano e che, senza ciò, le avrebbero ignorate per sempre.

5. Ma il professore non insegna che quanto egli ha appreso: è un rivelatore di second'ordine. L'uomo di genio insegna ciò che ha trovato lui stesso: è il rivelatore originario; egli porta la luce che, a poco a poco, si propaga. Che ne sarebbe dell'umanità senza la rivelazione degli uomini di genio che appaiono di tanto in tanto?

Ma che cosa sono questi uomini di genio? Perché sono uomini di genio? Da dove vengono? Che cosa diventano? Notiamo che la maggior parte di essi porta in sé, nascendo, delle facoltà trascendenti e delle conoscenze innate, per cui basta un po' di lavoro perché si sviluppino. Essi appartengono realmente all'umanità, poiché nascono, vivono e muoiono proprio come noi. Dove, allora, hanno attinto queste conoscenze visto che non hanno potuto acquisirle durante la loro vita? Si dirà, come dicono i materialisti, che il caso ha dato loro materia cerebrale in maggiore quantità e di migliore qualità? In tal caso, essi non avrebbero più merito di un legume che fosse più grosso e più saporito di un altro.

Si dirà, come dicono certi spiritualisti, che Dio li ha dotati di un'anima privilegiata rispetto a quella della maggior parte degli uomini? Supposizione altrettanto illogica, poiché così si taccerebbe Dio di parzialità. La sola soluzione razionale di questo problema sta nella preesistenza dell'anima e nella pluralità delle esistenze. L'uomo di genio è uno Spirito che ha vissuto per un tempo più lungo; che, di conseguenza, ha acquisito e progredito più di quelli che sono meno avanzati. Incarnandosi egli porta con sé ciò che sa e, siccome sa molto più degli altri senza aver bisogno di apprendere, è lui quello che è detto un uomo di genio. Ma ciò ch'egli sa non è nemmeno il frutto di un lavoro anteriore né il risultato di un privilegio. Prima di rinascere, egli era dunque uno Spirito avanzato; egli si reincarna sia per far sì che gli altri approfittino di ciò ch'egli sa, sia per acquisire lui stesso altre conoscenze.

Gli uomini, indubbiamente, progrediscono da sé stessi e con gli sforzi della loro intelligenza; ma, lasciati in balia delle loro stesse forze, questo progresso è molto lento, se non sono aiutati da uomini più avanzati, come lo scolaro lo è dai suoi insegnanti. Tutti i popoli hanno avuto i loro uomini di genio, che sono venuti in diverse epoche a dare loro un 'impulso e a sottrarli alla inerzia.

6. Dal momento che si ammette la sollecitudine di Dio verso le Sue creature, perché non si dovrebbe ammettere che Spiriti — in grado, con la loro energia e la superiorità delle loro cognizioni, di far progredire l'umanità — s'incarnino, per volontà di Dio, con l'obiettivo di concorrere al progresso in un determinato senso? Perché non ammettere che essi ricevono una missione, così come un ambasciatore ne riceve una dal suo sovrano? Questo è il ruolo dei grandi geni. Che cosa verrebbero a fare se non per insegnare agli uomini verità che essi ignorano e che avrebbero continuato a ignorare ancora per lunghi periodi? Che cosa verrebbero a fare se non per dare loro un basamento mediante il quale essi potranno elevarsi più rapidamente? Questi geni, che appaiono attraverso i secoli come fulgide stelle, lasciando dietro di sé una lunga scia luminosa sull'umanità, sono dei missionari o, se si preferisce, dei messia. Le cose nuove ch'essi insegnano agli uomini, sia nel campo fisico sia nel campo filosofico sono rivelazioni.

Se Dio fa nascere dei rivelatori per le verità scientifiche, Egli può, a maggior ragione, farne nascere per le verità morali, che sono tra gli elementi essenziali del progresso. Sono, questi, i filosofi, le cui idee hanno attraversato i secoli.

7. Nel significato specifico della fede religiosa, si parla in modo più particolare delle cose spirituali che l'uomo non può sapere da sé stesso, che non può scoprire per mezzo dei suoi sensi, e la cui conoscenza gli è data da Dio, o dai suoi messaggeri, sia per mezzo della parola diretta, sia per mezzo dell'ispirazione. In questo caso la rivelazione è sempre fatta a uomini privilegiati, designati col nome di profeti o messia, cioè inviati, missionari, avendo una missione da trasmettere agli uomini. Considerata sotto questo punto di vista, la rivelazione implica la passività assoluta; la si accetta senza verifica, senza esame, senza discussione.

8. Tutte le religioni hanno avuto i loro rivelatori e, benché tutti siano ben lontani dall'aver conosciuto tutta la verità, essi avevano la loro provvidenziale ragion d'essere. Infatti questi rivelatori erano idonei al tempo e all'ambiente in cui vivevano, alla natura specifica dei popoli ai quali si rivolgevano e ai quali essi erano relativamente superiori. Malgrado gli errori delle loro dottrine, essi ne hanno almeno scosso gli spiriti e per ciò stesso hanno seminato germi di progresso che più tardi si sarebbero sviluppati, o si svilupperanno un giorno, alla fulgida luce del Cristianesimo. È dunque a torto che si scagli contro di loro l'anatema in nome dell'ortodossia, perché giorno verrà in cui tutte queste credenze, pur così diverse nella forma, ma che poggiano in realtà su un medesimo principio fondamentale — Dio e l'immortalità dell'anima — si fonderanno in una grande e vasta unità allorché la ragione avrà trionfato sui pregiudizi.

Disgraziatamente, le religioni sono state, in ogni tempo, strumenti di dominazione. Il ruolo di profeta ha sempre tentato le ambizioni secondarie degli uomini; si è vista così nascere un'infinità di pretesi rivelatori o messia i quali, avvalendosi del prestigio di questo nome, hanno sfruttato la credulità degli uomini, a vantaggio del loro orgoglio personale, della loro cupidigia o della loro pigrizia, trovando più comodo vivere a spese delle loro vittime. Anche la religione cristiana non è stata al riparo da questi parassiti. Su questo argomento, richiamiamo una seria attenzione sul capitolo XXI de Il Vangelo secondo lo Spiritismo, intitolato “Ci saranno falsi cristi e falsi profeti”.

9. Esistono rivelazioni dirette di Dio agli uomini? È una domanda a cui noi non oseremmo rispondere, in maniera assoluta, né affermativamente né negativamente. La cosa non sarebbe radicalmente impossibile, ma non c'è nulla che potrebbe darcene una prova certa. Ciò che non potrebbe essere messo in dubbio è il fatto che gli Spiriti più vicini a Dio, per quanto riguarda la perfezione, si compenetrano nel Suo pensiero e possono trasmetterlo. In quanto ai rivelatori incarnati, a seconda dell'ordine gerarchico al quale appartengono e del loro grado di sapere personale, essi possono attingere gli insegnamenti nelle loro stesse conoscenze, oppure riceverle da Spiriti più elevati o addirittura direttamente da messaggeri di Dio. Questi, parlando in nome di Dio, hanno potuto esser presi, a volte, per Dio stesso.

Queste specie di comunicazioni non presentano niente di strano per chiunque conosca i fenomeni spiritisti e sappia in che modo si stabiliscano i rapporti tra gli incarnati e i disincarnati. Le istruzioni possono essere trasmesse in diversi modi: attraverso l'ispirazione pura e semplice, attraverso l'ascolto della parola, attraverso la visione degli Spiriti istruttori nelle apparizioni, sia in sogno sia nello stato di veglia, come se ne vedono parecchi esempi nella Bibbia, nel Vangelo e nei libri sacri presso tutti i popoli. È dunque rigorosamente esatto dire che, per la maggior parte, i rivelatori sono medium ispirati, auditivi o veggenti; da ciò non deriva, però, che tutti i medium siano dei rivelatori né, ancor meno, che lo siano gli intermediari diretti della Divinità o di Suoi messaggeri.

10. Soltanto i puri Spiriti ricevono la parola di Dio con missione di trasmetterla. Ma ora si sa che gli Spiriti sono ben lungi dall'essere tutti perfetti e che ve ne sono di quelli che si nascondono sotto false apparenze. È ciò che ha fatto dire a san Giovanni: "Non credete a ogni Spirito, ma provate gli Spiriti per sapere se sono da Dio" (1 Giovanni 4:1).

Possono dunque esservi delle rivelazioni serie e vere, come ve ne sono di apocrife e di menzognere. Il carattere essenziale della rivelazione divina è quello dell'eterna verità. Ogni rivelazione intaccata dall'errore o soggetta a cambiamento non può provenire da Dio. È così che la legge del Decalogo ha tutti i caratteri della sua origine, mentre le altre leggi mosaiche, essenzialmente transitorie, spesso in contraddizione con la legge del Sinai, sono l'opera personale e politica del legislatore ebreo. Essendosi i costumi del popolo mitigati, quelle leggi sono, da sé stesse, cadute in disuso, mentre il Decalogo è rimasto saldo ed eretto, come il faro dell'umanità. Il Cristo ne ha fatto la base del Suo edificio, mentre ha abolito le altre leggi. Se queste fossero state opera di Dio, Egli si sarebbe guardato bene dal toccarle. Cristo e Mosè sono i due grandi rivelatori che hanno cambiato la faccia del mondo, ed è qui la prova della loro missione divina. Un'opera puramente umana non avrebbe un simile potere.

11. Una importante rivelazione si sta verificando nell'epoca attuale ed è quella che ci mostra la possibilità di comunicare con gli esseri del mondo spirituale. Senza dubbio questa conoscenza non è affatto nuova; ma fino ai nostri giorni era rimasta in qualche modo lettera morta, vale a dire senza alcun vantaggio per l'umanità. L'ignoranza delle leggi che reggono questi rapporti l'aveva sepolta sotto le superstizioni; l'uomo era incapace di trarne una qualche salutare deduzione. Era evidentemente riservato alla nostra epoca il compito di liberarla dei suoi ridicoli accessori, di comprenderne l'importanza e di farne scaturire la luce che avrebbe illuminato il cammino del futuro.

12. Lo Spiritismo, avendoci fatto conoscere il mondo invisibile che ci circonda e in mezzo al quale vivevamo, senza che ne sospettassimo le leggi che lo reggono, i suoi rapporti con il mondo visibile, la natura e lo stato degli esseri che lo abitano, e di conseguenza il destino dell'uomo dopo la morte, è una vera rivelazione, nell'accezione scientifica del termine.

13. Per sua natura, la rivelazione spiritista ha un doppio carattere: essa partecipa, allo stesso tempo, della rivelazione divina e della rivelazione scientifica. Partecipa della prima, in quanto il suo avvento è disegno della Provvidenza e non il risultato dell'iniziativa e di un disegno premeditato dell'uomo. E, ancora, partecipa della rivelazione divina, in quanto i punti fondamentali della dottrina provengono dall'insegnamento dato dagli Spiriti, incaricati da Dio di illuminare gli uomini sulle cose che essi ignoravano, che non potevano apprendere da sé stessi, e che è importante che essi conoscano, oggi che sono maturi per comprenderle. La rivelazione spiritista partecipa, poi, della rivelazione scientifica, in quanto questo insegnamento non è il privilegio di alcuni individui in particolare, ma viene dato a tutti attraverso la stessa via, in quanto coloro che lo trasmettono e coloro che lo ricevono non sono affatto degli esseri passivi, dispensati dal lavoro di osservazione e di ricerca; in quanto questi non rinunciano alla loro opinione e al loro libero arbitrio; in quanto non è affatto loro vietato il controllo ma, al contrario, raccomandato.

La rivelazione spiritista partecipa infine della rivelazione scientifica in quanto la dottrina non è stata dettata tutta d'un colpo, di sana pianta, né imposta alla fede cieca; in quanto essa è dedotta, attraverso il lavoro dell'uomo, dall'osservazione dei fatti che gli Spiriti mettono sotto i suoi occhi, e dagli insegnamenti che gli vengono impartiti, insegnamenti ch'egli studia, commenta, confronta e di cui egli stesso trae le conseguenze e le applicazioni. In una parola, ciò che caratterizza la rivelazione spiritista è il fatto che la sua sorgente è divina, che l'iniziativa appartiene agli Spiriti e che la sua elaborazione è frutto del lavoro dell'uomo.

14. Come mezzo di elaborazione, lo Spiritismo procede esattamente alla stessa maniera delle scienze positive: esso applica, cioè, il metodo sperimentale. Si presentano, per esempio, fatti di un nuovo ordine, che non possono spiegarsi attraverso le leggi conosciute? Esso li osserva, li confronta, li analizza e, risalendo dagli effetti alle cause, arriva alla legge che li regge; poi ne deduce le conseguenze e ne ricerca le applicazioni utili. Non stabilisce alcuna teoria preconcetta; pertanto, non ha posto come ipotesi né l'esistenza e l'intervento degli Spiriti, né il perispirito, né la reincarnazione, né alcun altro dei principi della dottrina. Lo Spiritismo è pervenuto alla conclusione circa l'esistenza degli Spiriti allorché questa esistenza è risultata con evidenza dall'osservazione dei fatti. E così è stato per tutti gli altri principi. Non sono i fatti che, a posteriori, sono venuti a confermare la teoria, ma la teoria che è venuta successivamente a spiegare e a riassumere i fatti. È dunque rigorosamente esatto dire che lo Spiritismo è una scienza d'osservazione e non il prodotto dell'immaginazione. Le scienze hanno fatto seri progressi solo dopo che si è basato il loro studio sul metodo sperimentale. Ma fino a oggi si è creduto che questo metodo non fosse applicabile che alla materia, mentre è egualmente applicabile alle cose metafisiche.

15. Citiamo, ora, un esempio. Accade, nel mondo degli Spiriti, un fatto assai singolare e che, di certo, mai nessuno avrebbe sospettato. Il fatto si riferisce a quello degli Spiriti che non credono di essere morti. Ebbene, gli Spiriti superiori, che conoscono perfettamente costoro, non sono affatto venuti a dirci anticipatamente: "Guardate che ci sono degli Spiriti che credono di vivere ancora la vita terrena e hanno conservato i loro gusti, le loro abitudini e i loro istinti". Essi hanno invece provocato la manifestazione di Spiriti di questa categoria, per darci la possibilità di osservarli. Avendo dunque visto Spiriti incerti circa la loro condizione, o che affermavano che erano ancora di questo mondo, e che credevano di attendere ancora alle loro ordinarie occupazioni, dagli esempi si poté facilmente giungere alla regola. La molteplicità di fatti analoghi ha provato che non si trattava affatto di un'eccezione, ma di una delle fasi della vita spiritista. L'osservazione di questi fatti ha permesso di studiare tutte le varietà e tutte le cause di questa singolare illusione; di riconoscere che questa situazione riguarda soprattutto gli Spiriti moralmente poco avanzati e che appartiene particolarmente a certi generi di morte; di notare che essa è solo temporanea, ma che può durare dei giorni, dei mesi e anche degli anni. È così che la teoria è nata dall’osservazione. La stessa cosa vale per tutti gli altri principi della dottrina.

16. Come la scienza propriamente detta ha per oggetto lo studio delle leggi del principio materiale, così l'oggetto speciale dello Spiritismo è la conoscenza delle leggi del principio spirituale. Ora, siccome quest'ultimo principio è una delle forze della natura, che agisce incessantemente sul principio materiale e viceversa, ne risulta che la conoscenza dell'uno non può essere completa senza la conoscenza dell'altro. Lo Spiritismo e la scienza si completano reciprocamente. La scienza, senza lo Spiritismo, si trova nell'impossibilità di spiegare, attraverso le sole leggi della materia, certi fenomeni; a sua volta, lo Spiritismo senza la scienza mancherebbe di appoggio e di controllo. Lo studio delle leggi della materia doveva precedere quello dello studio della spiritualità, perché è la materia che colpisce innanzi tutto i sensi. Se lo Spiritismo fosse venuto prima delle scoperte scientifiche sarebbe stato un'opera fallita in partenza, come tutto ciò che sopraggiunge prima del suo tempo.

17. Tutte le scienze si concatenano e si succedono secondo un ordine razionale. Esse nascono le une dalle altre, nella misura in cui trovano un punto d'appoggio nelle idee e nelle conoscenze anteriori. L'astronomia, una delle prime scienze che siano state coltivate dall'uomo, è rimasta ancorata ai suoi errori dell'infanzia fino al momento in cui la fisica è venuta a rivelare la legge delle forze degli agenti naturali. La chimica, che nulla può senza la fisica, doveva seguirla da vicino, per poi proseguire entrambe in accordo, l'una appoggiandosi all'altra. L'anatomia, la fisiologia, la zoologia, la botanica e la mineralogia sono diventate scienze serie soltanto con l'aiuto dei lumi apportati dalla fisica e dalla chimica. La geologia, nata ieri, senza l'astronomia, la fisica, la chimica e tutte le altre, sarebbe stata priva dei suoi veri elementi di vitalità; essa, perciò, non poteva venire che dopo.

18. La scienza moderna ha fatto giustizia dei quattro elementi primitivi degli Antichi e, di osservazione in osservazione, è arrivata alla concezione di un solo elemento, generatore di tutte le trasformazioni della materia. Ma la materia, di per sé stessa, è inerte; essa non ha né vita né pensiero né sentimento; le occorre l'unione con il principio spirituale. Lo Spiritismo non ha né scoperto né inventato questo principio, ma per primo lo ha dimostrato con prove irrefutabili; lo ha studiato, analizzato e ne ha reso l'azione evidente. All'elemento materiale lo Spiritismo ha aggiunto l’elemento spirituale. Elemento materiale ed elemento spirituale, ecco i due principi, le due forze vive della natura. Attraverso l'unione indissolubile di questi due elementi, si spiega senza fatica una miriade di fatti fino ad allora inesplicabili. [1]

Lo Spiritismo, avendo per oggetto lo studio di uno dei due elementi costitutivi dell'universo, tocca necessariamente la maggior parte delle scienze. Esso, perciò, non poteva venire che dopo la loro elaborazione, ed è nato, per forza di cose, dall'impossibilità di poter spiegare tutto con l'aiuto delle sole leggi della materia.


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[1] Il termine elemento non è usato qui nel senso di corpo semplice, elementare, di molecole primitive, ma in quello di parte costituente di un tutto. In questo senso, si può dire che l'elemento spirituale ha una parte attiva nell'economia dell'universo, così come si dice che l'elemento civile e l'elemento militare Figurano nelnumero totale di una popolazione; che l'elemento religioso rientra nell'educazione; che in Algeria c'è l'elemento arabo e l'elemento europeo.

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19. Si accusa lo Spiritismo di legami con la magia e la stregoneria. Ma ci si dimentica che l'astronomia ha come antenata l'astrologia giudiziale, la quale non è poi così lontana da noi; che la chimica è figlia dell'alchimia, della quale nessun uomo di buon senso oserebbe oggi occuparsi. Nessuno nega, tuttavia, che ci fu nell'astrologia e nell'alchimia il germe delle verità da cui sono poi nate le scienze attuali. Malgrado le sue ridicole formule, l'alchimia ci ha messo sulla strada dei corpi semplici e della legge sulle affinità. L'astrologia si basava sulla posizione e sul movimento degli astri che aveva studiato; ma, ignorando le vere leggi che reggevano il meccanismo dell'universo, gli astri erano, per il volgo, esseri misteriosi ai quali la superstizione attribuiva un'influenza morale e un significato rivelatore. Allorché Galileo, Newton e Keplèro ebbero fatto conoscere quelle leggi, allorché il telescopio ebbe strappato il velo, affondando nelle profondità dello spazio uno sguardo che alcuni giudicarono indiscreto, i pianeti ci apparvero semplicemente come dei mondi simili al nostro, e tutto il castello del meraviglioso crollò.

Lo stesso discorso vale per lo Spiritismo riguardo alla magia e ala stregoneria. Anche queste si basavano sulla manifestazione degli Spiriti, come l'astrologia sul movimento degli astri. Ma, nell'ignoranza delle leggi che reggono il mondo spirituale, esse mescolavano, a questi rapporti, pratiche e credenze ridicole, di cui lo Spiritismo moderno, frutto dell'esperienza e dell'osservazione, ha fatto giustizia. Sicuramente, la distanza che separa lo Spiritismo dalla magia e dalla stregoneria è maggiore di quella che esiste tra l'astronomia e l'astrologia, la chimica e l'alchimia. Volerle confondere è provare che non se ne capisce nulla.

20. Il solo fatto di avere la possibilità di comunicare con gli esseri del mondo spirituale comporta conseguenze incalcolabili della più profonda gravità. È tutto un nuovo mondo che ci si rivela ed è tanto più importante in quanto riguarda tutti gli uomini senza alcuna eccezione. Questa conoscenza non può mancare di apportare, estendendosi, un profondo cambiamento nei costumi, nel carattere, nelle abitudini e nelle credenze, che hanno una così grande influenza sui rapporti sociali. È tutta una rivoluzione che si attua nelle idee, rivoluzione tanto più grande, tanto più potente, in quanto non è limitata a un popolo, a una casta, ma raggiunge simultaneamente, attraverso il cuore, tutte le classi, tutte le nazionalità, tutti i culti.

È dunque con ragione che lo Spiritismo è considerato come la terza delle grandi rivelazioni. Vediamo in che cosa queste rivelazioni differiscono, e attraverso quale legame si collegano l'una all'altra.

21. Mosè, come profeta, ha rivelato agli uomini la conoscenza di un Dio unico, sovrano Maestro e Creatore di tutte le cose. Egli ha promulgato la legge del Sinai e ha posto le fondamenta della vera fede. Come uomo, è stato il legislatore di quel popolo per mezzo del quale questa fede primitiva, purificandosi, avrebbe dovuto un giorno diffondersi su tutta la Terra.

22. Il CRISTO, prendendo dell'antica legge ciò che è eterno e divino e scartando ciò che era soltanto transitorio o puramente disciplinare e di concezione umana, aggiunge la rivelazione della vita futura, di cui Mosè non aveva affatto parlato, quella delle pene e delle ricompense, che attendono l'uomo dopo la morte (vedere Rivista Spiritista, 1861, pp. 90 e 280).

23. La parte più importante della rivelazione del Cristo — nel senso che è la prima sorgente e la pietra angolare di tutta la sua dottrina — è il punto di vista del tutto nuovo sotto il quale egli fa vedere la Divinità. Non è più, insomma, il Dio, terribile, geloso e vendicativo di Mosè, il Dio crudele e impietoso che arrossa la Terra del sangue umano, che ordina il massacro e lo sterminio dei popoli, senza eccettuare le donne, i vecchi e i bambini, che punisce coloro che risparmiano i designati al massacro. Questo non è più il Dio ingiusto che punisce un intero popolo per colpe commesse dal suo capo, che si vendica del colpevole sulla persona dell'innocente, che colpisce i figli per le colpe dei padri. Questo è invece un Dio clemente, sovranamente giusto e buono, pieno di mitezza e di misericordia, che perdona al peccatore pentito e dà a ciascuno secondo le sue opere. Questo non è più il Dio di un solo popolo privilegiato, il Dio degli eserciti che presiede ai combattimenti per sostenere la sua propria causa contro il Dio degli altri popoli. Questo è il Padre comune del genere umano, che estende la Sua protezione su tutti i Suoi figli e li chiama tutti a Sé. Non è più il Dio che ricompensa e punisce attraverso i soli beni della Terra, che fa consistere la gloria e la felicità nell'asservimento dei popoli rivali e nella molteplicità della progenie. Questo è il Dio che dice agli uomini: "La vostra vera patria non è in questo mondo, essa è nel regno celeste. È qui che gli umili di cuore saranno elevati e gli orgogliosi saranno abbassati." Questo non è più il Dio che della vendetta fa una virtù e che ordina di rendere occhio per occhio e dente per dente; ma è il Dio di misericordia, il quale dice: “Perdonate le offese, se volete che vi sia perdonato; rendete bene per male; non fate ad altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi.” Questo non è più il Dio gretto e pedante che impone, sotto le pene più rigorose, la maniera in cui vuole essere adorato e che si offende per l'inosservanza di una formula. Ma è il Dio grande che bada al pensiero e non si compiace della forma. Questo non è più, infine, il Dio che vuole essere temuto, ma il Dio che vuole essere amato.

24. Essendo Dio il fulcro di tutte le credenze religiose e l'oggetto di tutti i culti, il carattere di tutte le religioni è conforme all'idea ch'esse danno di Dio. Le religioni che ne fanno un Dio vendicativo e crudele credono di onorarlo con atti di crudeltà, con i roghi e le torture. Quelle che ne fanno un Dio parziale e geloso sono intolleranti; esse sono più o meno meticolose nella forma, a seconda di quanto lo credono contaminato da debolezze e grettezze umane.

25. Tutta la dottrina del Cristo è fondata sul carattere che egli attribuisce alla Divinità. Con un Dio imparziale, sovranamente giusto, buono e misericordioso, egli ha potuto fare dell'amore di Dio e della carità verso il prossimo la condizione indispensabile della salvezza, e ha potuto dire: Amate Dio sopra tutte le cose e il vostro prossimo come voi stessi; qui sta tutta la legge e qui stanno i profeti. Non c'è altro. Su questa sola credenza, egli ha potuto basare il principio di eguaglianza degli uomini davanti a Dio, e della fraternità universale. Ma sarebbe forse stato possibile amare quel Dio di Mosè? No. Non lo si poteva che temere.

Questa rivelazione dei veri attributi della Divinità, unita a quella dell'immortalità dell'anima e della vita futura, modificava profondamente i mutui rapporti degli uomini, imponeva loro nuovi obblighi, faceva loro giudicare la vita presente sotto un'altra luce; essa doveva, per ciò stesso, influire sui costumi e sulle relazioni sociali. È incontestabilmente questo, a causa delle sue conseguenze, il punto più importante della rivelazione del Cristo, e la cui importanza non è stata abbastanza compresa. Questo è anche — dispiace dirlo — il punto da cui ci si è maggiormente allontanati; ed è anche il punto che è stato più disconosciuto nell'interpretazione dei suoi insegnamenti.

26. Il Cristo, tuttavia, aggiunge: “Molte delle cose che io vi dico, voi non potete ancora comprenderle, e io ne avrei molte altre da dire, che voi però non comprendereste. È per questo che io vi parlo in parabole. Ma, più tardi io vi invierò il Consolatore, lo Spirito di Verità, il quale ristabilirà tutte le cose e ve le spiegherà tutte” (Giovanni 14 e 16; Matteo 17).

Se il Cristo non ha detto tutto quello che avrebbe potuto dire, è perché egli ha creduto di dover lasciare certe verità nell'ombra, fino a quando gli uomini non si fossero trovati in condizione di comprenderle. Per sua stessa ammissione, il suo insegnamento era dunque incompleto, dal momento che annuncia la venuta di colui che deve completarlo. Egli prevedeva dunque che ci saremmo ingannati sulle sue parole, che ci saremmo discostati dal suo insegnamento. In una parola, prevedeva che si sarebbe disfatto ciò ch'egli aveva fatto, poiché ogni cosa deve essere ristabilita. Orbene, non si ristabilisce che quanto è stato disfatto.

27. Perché egli chiama il nuovo Messia Consolatore? Questo nome significativo e senza alcuna ambiguità è tutto una rivelazione. Egli prevedeva dunque che gli uomini avrebbero avuto bisogno di consolazioni, la qual cosa implica l'insufficienza di quelle che essi avrebbero trovato nella fede che stavano per darsi. Mai, forse, il Cristo è stato più chiaro e più esplicito come in quelle ultime parole, alle quali pochi hanno badato, forse perché si è voluto evitare di metterle in luce e di approfondirne il senso profetico.

28. Se il Cristo non ha potuto sviluppare il suo insegnamento in maniera completa, ciò è dovuto al fatto che mancavano agli uomini quelle conoscenze che essi avrebbero potuto acquisire solo col tempo, e senza le quali non avrebbero potuto comprendere tale insegnamento. Ci sono cose che sarebbero parse un nonsenso nello stato delle conoscenze di quei tempi. Completare il suo insegnamento deve dunque intendersi nel senso di spiegare e di sviluppare, ben più che nel senso di aggiungere nuove verità, poiché tutto vi si trova in germe. Solo che mancava la chiave per afferrare il senso delle sue parole.

29. Ma chi osa permettersi d'interpretare le Sacre Scritture? Chi ha questo diritto? Chi possiede i lumi necessari se non i teologi?

Chi osa farlo? Innanzi tutto la scienza, che non chiede il permesso a nessuno per far conoscere le leggi della natura e salta a piè pari sugli errori e sui pregiudizi. Chi ha questo diritto? In questo secolo di emancipazione intellettuale e di libertà di coscienza, il diritto di esame appartiene a tutti, e le Sacre Scritture non sono più l'arca santa che nessuno osava toccare neppure con la punta delle dita, senza temere di rimanere folgorato. Riguardo ai lumi speciali necessari, senza contestare quelli dei teologi — per quanto illuminati fossero quelli del Medioevo e, in particolare, i Padri della Chiesa — essi, tuttavia, non lo erano ancora abbastanza per rifiutarsi di condannare, come eresia, il movimento della Terra e la teoria degli antipodi. Ma, senza riandare così indietro, i teologi dei giorni nostri non hanno forse lanciato l'anatema contro i periodi di formazione della Terra?

Gli uomini non hanno potuto spiegare le Sacre Scritture che con l'aiuto di ciò che sapevano, delle nozioni false o incomplete che avevano sulle leggi della natura, più tardi rivelate dalla scienza: ecco perché i teologi stessi hanno potuto ingannarsi, in perfetta buona fede, sul senso di certe parole e di certi fatti del Vangelo. Volendo a tutti i costi trovarvi la conferma di un pensiero preconcetto, essi continuavano a girare sempre nel medesimo circolo, senza abbandonare il loro punto di vista, di modo che non vi vedevano che quanto volevano vedervi. Benché dotti, quei teologi non potevano comprendere le cause dipendenti da leggi ch'essi non conoscevano.

Ma chi sarà giudice delle interpretazioni diverse e spesso contraddittorie, date al di fuori della teologia? L'avvenire, la logica e il buon senso. Gli uomini, sempre più illuminati nella misura in cui nuovi fatti e nuove leggi verranno a rivelarsi, sapranno separare dalla realtà i sistemi utopici. Ora, la scienza fa conoscere certe leggi, lo Spiritismo ne fa conoscere altre. Le une e le altre sono indispensabili per la comprensione dei testi sacri di tutte le religioni, da Confucio e Budda fino al Cristianesimo. Quanto alla teologia, essa non avrà giudiziosamente nulla da obiettare circa le contraddizioni della scienza, dal momento che spesso non è d'accordo neppure con sé stessa.

30. Lo SPIRITISMO, partendo dalle parole stesse del Cristo, così come questi partì da quelle di Mosè, è una conseguenza diretta della sua dottrina.

All'idea vaga della vita futura, lo Spiritismo aggiunge la rivelazione dell'esistenza del mondo invisibile che ci circonda e che popola lo spazio. E con ciò puntualizza la fede; le dà un corpo, una consistenza, una realtà nel pensiero.

Lo Spiritismo definisce i legami che uniscono l'anima e il corpo, e solleva il velo che nascondeva agli uomini i misteri della nascita e della morte.

Attraverso lo Spiritismo, l'uomo sa da dove viene, sa dove va, perché egli è sulla Terra, perché su questa soffre temporaneamente. E dappertutto vede la giustizia di Dio.

L'uomo sa che l'anima progredisce senza sosta attraverso una serie di esistenze successive, fin quando essa non abbia raggiunto quel grado di perfezione che può avvicinarla a Dio.

L'uomo sa che tutte le anime, avendo un medesimo punto di partenza, sono create uguali, con una medesima attitudine a progredire, in virtù del libero arbitrio. Egli sa che sono tutte della medesima essenza e che tra di loro non vi è che la differenza del progresso compiuto. Egli sa che tutte hanno la medesima destinazione e che tutte raggiungeranno il medesimo fine, più o meno prontamente, a seconda del loro impegno e della loro buona volontà.

L'uomo sa che non esistono creature diseredate, né creature più favorite di altre. Sa che Dio non ne ha create di privilegiate e dispensate dal lavoro, né lo ha imposto a delle altre con lo scopo di progredire. Sa che non vi sono esseri perpetuamente votati al male e alla sofferenza. Sa che quelli designati con il nome di demoni sono Spiriti ancora arretrati e imperfetti, che commettono il male nello stato di Spiriti, come lo commettevano nello stato di uomini; ma sa anche che avanzeranno e miglioreranno. Sa che gli angeli o puri Spiriti non sono affatto degli esseri a parte nella creazione, ma Spiriti che hanno raggiunto il fine, dopo aver seguito la trafila del progresso. Sa che non esistono, perciò, creazioni multiple, né differenti categorie tra gli esseri intelligenti, ma che tutta la creazione deriva dalla grande legge d'unità che regge l'universo, e che tutti gli esseri gravitano verso un fine comune, che è la perfezione, senza che gli uni siano favoriti a spese degli altri, tutti essendo figli delle loro stesse opere.


31. Grazie ai rapporti che l'uomo può ora stabilire con quelli che hanno lasciato la Terra, egli ha non solo la prova materiale dell'esistenza e della individualità dell'anima, ma comprende anche la solidarietà che lega i vivi e i morti di questo mondo con quelli degli altri mondi. Conosce la loro situazione nel mondo degli Spiriti, li segue nelle loro migrazioni; è testimone delle loro gioie e dei loro affanni; sa perché sono felici o infelici, e conosce la sorte che attende lui stesso secondo il bene o il male che ha fatto. Questi rapporti lo iniziano alla vita futura ch'egli può osservare in tutte le sue fasi, in tutte le sue peripezie. L'avvenire non è più una vaga speranza: è un fatto positivo, una certezza matematica. Allora la morte non ha più nulla di spaventoso, perché per lui è la liberazione, la porta della vera vita.

32. Attraverso lo studio della situazione degli Spiriti, l'uomo sa che la felicità e l'infelicità nella vita spirituale sono inerenti al grado di perfezione e d'imperfezione; sa che ciascuno subisce le conseguenze dirette e naturali dei suoi errori; o, detto in altro modo, sa che è punito in quanto ha peccato; che queste conseguenze durano tanto a lungo quanto la causa che le ha prodotte; che, di conseguenza, il colpevole soffrirà eternamente se egli dovesse eternamente persistere nel male, ma che la sofferenza cessa con il pentimento e la riparazione. Ora, siccome dipende da ciascuno di noi migliorarsi, ciascuno di noi, in virtù del libero arbitrio, può prolungare o abbreviare le sue sofferenze, così come il malato soffre per i suoi eccessi finché non vi pone termine.

33. Se la ragione rifiuta, in quanto incompatibile con la bontà di Dio, l'idea delle pene irremissibili, eterne e assolute, spesso inflitte per una sola colpa, e rifiuta, allo stesso modo, l'idea dei supplizi dell'inferno che neppure il pentimento più ardente e più sincero può mitigare, essa si inchina, però, davanti a questa giustizia distributiva e imparziale, che tiene conto di tutto, non chiude mai la porta al ripensamento e continuamente tende la mano al naufrago, invece di respingerlo nell'abisso.

34. La pluralità delle esistenze, di cui il Cristo ha posto il principio nel Vangelo, ma senza definirlo più di molti altri, è una delle leggi più importanti rivelate dallo Spiritismo, nel senso che ne dimostra la realtà e la necessità per il progresso. Con questa legge, l'uomo si spiega tutte le apparenti anomalie che la vita umana presenta: le differenze della posizione sociale; le morti premature che, senza la reincarnazione, renderebbero inutili per l'anima le esistenze brevi; l'ineguaglianza delle attitudini intellettuali e morali; e si spiega tali apparenti anomalie attraverso l'anzianità dello Spirito, il quale ha più o meno appreso e progredito e porta con sé, rinascendo, quanto acquisito nelle sue esistenze anteriori (n. 5).

35. Con la dottrina della creazione dell'anima a ogni nascita, si ricade nel sistema delle creazioni privilegiate: gli uomini sono estranei gli uni agli altri, niente li unisce, e i legami familiari sono puramente carnali. Essi non sono affatto solidali di un passato in cui non esistevano; con la dottrina del nulla dopo la morte, ogni rapporto cessa con la vita. Essi non sono solidali neppure dell'avvenire. Con la reincarnazione, invece, essi sono solidali del passato e dell'avvenire; i loro rapporti si perpetuano nel mondo spirituale e nel mondo corporeo, la fraternità ha le stesse leggi della natura; il bene ha un fine, il male le sue inevitabili conseguenze.

36. Con la reincarnazione cadono i pregiudizi di razza e di casta, poiché il medesimo Spirito può rinascere ricco o povero, gran signore o proletario, padrone o sottoposto, libero o schiavo, uomo o donna. Di tutti gli argomenti invocati contro l'ingiustizia della servitù e della schiavitù, contro l'assoggettamento della donna alla legge del più forte, non ve n'è alcuno che superi, in logica, il fatto materiale Mia reincarnazione. Se dunque la reincarnazione fonda, su una legge della natura, il principio della fraternità universale, essa fonda sulla stessa legge quello della legalità dei diritti sociali e, di conseguenza, quello della libertà.

37. Private l'uomo dello spirito libero, indipendente e che sopravvive alla materia, e voi ne farete una macchina ben organizzata, senza né finalità né responsabilità, senza altro freno che la legge civile, e buono da sfruttare come un animale intelligente. Non attendendosi nulla dopo la morte, nulla lo frena nell'accrescere le gioie del presente; se soffre, non ha come prospettiva che la disperazione e il nulla come rifugio. Con la certezza dell'avvenire, quella di ritrovare coloro che ha amato, e la paura anche di rivedere coloro che ha offeso, tutte le sue idee cambiano. Non ci fosse che il fatto di aver tratto l'uomo fuori dal dubbio riguardo alla vita futura, lo Spiritismo avrebbe già fatto, per il miglioramento morale dell'uomo, più di tutte le leggi disciplinari che lo imbrigliano a volte, ma non lo cambiano mai.

38. Senza la preesistenza dell'anima, la dottrina del peccato originale non soltanto è inconciliabile con la giustizia di Dio, che renderebbe tutti gli uomini responsabili della colpa di uno solo, ma sarebbe anche un nonsenso. Infatti essa è tanto meno giustificabile in quanto, secondo tale dottrina, l'anima non esisteva all'epoca in cui si pretende di far rimontare la sua responsabilità. Con la preesistenza, l'uomo porta con sé, rinascendo, il germe delle sue imperfezioni, dei difetti di cui non si è corretto, e che si traducono nei suoi istinti nativi, nelle sue propensioni per il tale o talaltro vizio. Questo è il suo vero peccato originale di cui egli subisce naturalmente le conseguenze, ma con una differenza fondamentale: egli sopporta la pena dei suoi propri errori e non la pena dell'errore di un altro. A questa si aggiunge un'altra differenza, nello stesso tempo consolante, incoraggiante e sovranamente equa: a ogni esistenza vengono offerti all'uomo i mezzi per riscattarsi attraverso la riparazione, e per progredire. Ed egli lo farà sia spogliandosi di alcune imperfezioni, sia acquisendo nuove cognizioni. E ciò finché, essendo sufficientemente purificato, non avrà più bisogno della vita corporale e potrà vivere esclusivamente della vita spirituale, eterna e beata.

Per la stessa ragione, colui che ha progredito moralmente porta con sé, rinascendo, delle qualità naturali; così come colui che ha progredito intellettualmente porta con sé delle idee innate. Identificato tutto ciò con il bene, egli lo pratica senza sforzo, senza calcolo e, per così dire, senza pensarci. Colui che, invece, è obbligato a combattere con le sue cattive tendenze è ancora in piena lotta. Il primo ha già vinto, il secondo cerca di vincere. Esiste dunque una virtù originale, così come esiste un sapere originale, e anche un peccato o, meglio, un vizio originale.

39. Lo Spiritismo sperimentale ha studiato le proprietà dei fluidi spirituali e la loro azione sulla materia. Esso ha dimostrato l'esistenza del perispirito, supposto fin dall'antichità e designato da san Paolo con il nome di corpo spirituale, vale a dire di corpo fluidico dell'anima dopo la distruzione del corpo tangibile. Oggi si sa che questo involucro è inseparabile dall'anima; che è uno degli elementi costitutivi dell'essere umano; che è il veicolo di trasmissione del pensiero e che, durante la vita del corpo, serve da legame tra lo Spirito e la materia. Il perispirito gioca un molo così importante nell'organismo e in una grande varietà di affezioni, che si collega tanto alla fisiologia quanto alla psicologia.

40. Lo studio delle proprietà del perispirito, dei fluidi spirituali e degli attributi fisiologici dell'anima apre nuovi orizzonti alla scienza e dà la chiave di una miriade di fenomeni finora incompresi, non conoscendosi la legge che li governa. Tali fenomeni sono negati dal materialismo, perché si ricollegano alla spiritualità, e qualificati da altri come miracoli o sortilegi, a seconda delle credenze. Tali sono, tra gli altri, i fenomeni della doppia vista, della visione a distanza, del sonnambulismo naturale e artificiale, degli effetti psichici della catalessi e della letargia, della prescienza, dei presentimenti, delle apparizioni, delle trasfigurazioni, della trasmissione del pensiero, della fascinazione, delle guarigioni istantanee, delle ossessioni, delle possessioni ecc. Dimostrando che questi fenomeni poggiano su leggi naturali come, per esempio, i fenomeni elettrici, e dimostrando le condizioni normali nelle quali essi possono riprodursi, lo Spiritismo distrugge l'impero del meraviglioso e del soprannaturale e, di conseguenza, la fonte della maggior parte delle superstizioni. Se fa credere alla possibilità di certe cose guardate da alcuni come chimeriche, esso impedisce di credere a molte altre, di cui dimostra l'impossibilità e l'irrazionalità.

41. Lo Spiritismo, ben lungi dal negare o distruggere il Vangelo, vieneal contrario a confermare, spiegare e sviluppare, attraverso le nuove leggi della natura ch'esso rivela, tutto ciò che ha detto e fatto il Cristo. Lo Spiritismo porta la luce sui punti oscuri del Suo insegnamento, in modo tale che coloro per i quali certe parti del Vangelo erano inintelligibili — o sembravano inammissibili —, ora, con l'aiuto dello Spiritismo, le comprendono senza fatica e le ammettono. Essi ne vedono meglio la portata e riescono a distinguere la realtà dall'allegoria. Il Cristo appare loro più grande: non è più semplicemente un filosofo, è un Messia divino.

42. Se si considera, inoltre, il potere moralizzatore dello Spiritismo, per la finalità che assegna a tutte le azioni della vita, per le conseguenze del bene e del male che fa toccare con mano; se si considerano la forza morale, il coraggio, le consolazioni ch'esso dona nelle afflizioni, con una inalterabile fiducia nell'avvenire, con il pensiero di poter vedere accanto a sé gli esseri che si sono amati, con la sicurezza di rivederli, con la possibilità di intrattenersi con loro, con la certezza, infine, che di tutto quanto si fa, di tutto quello che si acquisisce in intelligenza, in scienza, in moralità, fino all'ultima ora della vita, nulla è perduto; se si considera, infine che tutto contribuisce al progresso, si riconosce allora che lo Spiritismo realizza tutte le promesse del Cristo, riguardo all'annunciato Consolatore. Ora, siccome è lo Spirito di Verità che presiede al grande movimento della rigenerazione, la promessa della sua venuta si trova lo stesso realizzata, poiché di fatto è lui il vero Consolatore. [2]

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[2] Molti padri di famiglia piangono la morte prematura dei figli, per l'educazione dei quali hanno fatto grandi sacrifici e dicono a sé stessi che tutto ciò è andato in pura perdita. Con lo Spiritismo essi non rimpiangono questi sacrifici e sarebbero pronti a farli nuovamente, anche con la certezza di veder morire i loro figli, perché sanno che, se questi ultimi non approfittano di questa educazione nel presente, essa servirà prima di tutto al loro avanzamento come Spiriti; poi, sanno che ciò sarà tanto di guadagnato per una nuova esistenza, e che, quando ritorneranno, essi avranno un bagaglio intellettuale che li renderà più idonei ad acquisire nuove conoscenze. Tali sono quei bambini che, nascendo, portano con sé delle idee innate, che sanno, per così dire, senza aver bisogno di apprendere. Se dei genitori non hanno la soddisfazione immediata di vedere i loro figli mettere questa educazione a profitto, essi ne gioiranno di certo più tardi, sia come Spiriti sia come uomini. Forse saranno di nuovo i padri dei medesimi figli, che sono detti dotati felicemente dalla natura e che devono le loro attitudini a una precedente educazione. Così pure, se dei figli sviano verso il male, in seguito alla negligenza dei loro genitori, costoro possono averne a soffrire più tardi, a causa delle angosce e dei dispiaceri, che quelli susciteranno loro in una nuova esistenza (vedere, nel Vangelo secondo lo Spiritismo, il cap. V, n. 21 “Perdita di persone amate. Morti premature”).
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43. Se, a questi risultati, si aggiunge la rapidità inaudita della diffusione dello Spiritismo, malgrado tutto ciò che si è fatto per abbatterlo, non si può non convenire che la sua venuta non sia provvidenziale, poiché esso trionfa su tutte le forze e su tutte le cattive volontà umane. La facilità con cui lo Spiritismo viene accettato da un così grande numero di persone, e ciò senza alcuna imposizione, senza altri mezzi che la potenza dell'idea, prova ch'esso risponde a una necessità, quella di credere in qualcosa, dopo il vuoto creato dall'incredulità, e che, di conseguenza, esso è venuto nel momento giusto.

44. Gli afflitti sono in gran numero. Non è, perciò, affatto sorprendente che tante persone accolgano, di preferenza, una dottrina che consoli alle dottrine che tolgano le speranze, poiché è ai diseredati, più che ai felici del mondo, che si rivolge lo Spiritismo. Il malato vede arrivare il medico con più gioia di colui che sta bene. Ora, gli afflitti sono dei malati, e il Consolatore è il medico.

Oh, voi che combattete lo Spiritismo, se volete che lo si abbandoni per seguire voi, offrite allora più e meglio di quanto esso faccia. Guarite con maggior sicurezza le ferite dell'anima. Offrite più consolazioni, più soddisfazioni al cuore, speranze più legittime, certezze più grandi. Fate dell'avvenire un quadro più razionale e più seducente; ma non pensate, voi, di superarlo, voi con la vostra prospettiva del nulla; voi con la vostra alternativa delle fiamme dell'inferno o della beata e inutile contemplazione perpetua.

45. La prima rivelazione aveva la sua personificazione in Mosè, la seconda nel Cristo, la terza non l'ha in nessun individuo. Le prime due sono individuali, la terza è collettiva; è questo un carattere essenziale di grande importanza. Essa è collettiva in questo senso: di non esser fatta o data come privilegio verso nessuno. Di conseguenza, nessuno può dirsi il profeta esclusivo. Essa è stata fatta simultaneamente su tutta la Terra, a milioni di persone, di tutte le età e di tutte le condizioni, dalla più bassa alla più alta della scala, secondo questa predizione, riferita dall'Autore degli Atti degli Apostoli: “Avverrà negli ultimi giorni”, dice Dio, “che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni e i vostri vecchi sogneranno dei sogni” (Atti 2:17). Essa non proviene da nessun culto speciale, al fine di poter servire a tutti, un giorno, come punto d'incontro. [3]

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[3] Il nostro ruolo personale, nel grande movimento di idee che si sta preparando da parte dello Spiritismo e che già incomincia ad attuarsi, è quello di un osservatore attento che studia i fatti, per cercarne la causa e trarne le conseguenze. Noi abbiamo confrontato tutti quei fatti che ci è stato possibile radunare. Abbiamo comparato e commentato le istruzioni date dagli Spiriti su tutti i punti del globo; poi abbiamo coordinato il tutto metodicamente. In una parola, abbiamo studiato e dato al pubblico il frutto delle nostre ricerche, senza attribuire al nostro lavoro altro valore che quello di un'opera filosofica, dedotta dall'osservazione e dall'esperienza, senza mai esserci posti a capo di una dottrina, né aver mai voluto imporre le nostre idee a nessuno. Pubblicandole, noi abbiamo usato di un diritto comune, e coloro che le hanno accettate lo hanno fatto liberamente. Se, poi, queste idee hanno ottenuto molte accondiscendenze, il fatto è che esse hanno avuto il vantaggio di rispondere alle aspirazioni di un grande numero di persone, cosa da cui noi non potremmo trarre alcun motivo di vanità, dal momento che l'origine di tali idee non ci appartiene. Il nostro più grande merito è quello della perseveranza e della dedizione alla causa che abbiamo abbracciato. In tutto ciò, noi abbiamo fatto quello che altri avrebbero potuto fare come noi. È per questo che non abbiamo mai avuto la pretesa di crederci dei profeti o dei messia né, ancor meno, di presentarci come tali.
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46. Le prime due rivelazioni, essendo esse il prodotto di un insegnamento personale, sono state inevitabilmente localizzate, vale a dire che esse hanno avuto luogo in un, solo punto, attorno al quale l'idea si è diffusa a poco a poco. Ma sono occorsi molti secoli perché esse raggiungessero le estremità del mondo, senza peraltro invaderlo interamente. La terza rivelazione ha questo di particolare: non essendo personificata in un individuo, essa si è prodotta simultaneamente in migliaia di punti diversi, che sono tutti diventati dei centri, o focolai, di diffusione. Questi centri si moltiplicano, i loro raggi si ricongiungono a poco a poco, come i cerchi formati da una infinità di sassi gettati nell'acqua; in tal modo, in un dato tempo, finiranno per ricoprire l'intera superficie del globo.

Questa è una delle cause della rapida diffusione della dottrina. Se fosse nata in un solo punto, se fosse stata l'opera esclusiva di un uomo, essa avrebbe formato attorno a sé delle sette. Ma sarebbe forse trascorso mezzo secolo prima che avesse raggiunto i confini del paese in cui avesse avuto origine. Invece, dopo dieci anni, essa ha piantato le sue radici da un polo all'altro.

47. Questa circostanza, che è straordinaria nella storia delle dottrine, le dà una forza eccezionale e un potere d'azione irresistibile. In effetti, se è possibile reprimerla in un luogo, in un paese, è materialmente impossibile reprimerla in tutti i luoghi, in tutti i paesi. Per un luogo in cui verrà ostacolata, ve ne saranno a fianco mille in cui fiorirà. Molto di più. Se può essere colpita in un individuo, non può essere colpita negli Spiriti, che ne sono la fonte. Ora, siccome gli Spiriti sono dappertutto — e ve ne saranno sempre — se, per un caso impossibile, si giungesse a soffocare questa dottrina su tutto il globo, essa riapparirebbe qualche tempo dopo, perché essa si basa su un fatto, perché questo fatto è nella natura e perché non si possono sopprimere le leggi della natura. Ecco ciò di cui devono persuadersi coloro che sognano l'annientamento dello Spiritismo (Rivista Spiritista, febbre. 1865, pag. 38: “Perpetuità dello Spiritismo”).

48. Tuttavia, questi centri disseminati sulla Terra sarebbero potuti rimanere ancora per lungo tempo isolati gli uni dagli altri, confinati come lo sono alcuni nei paesi lontani. Occorreva tra loro un legame che li mettesse in comunione di idee con i loro fratelli di credo, informandoli su quanto si faceva altrove. Questo legame, che sarebbe mancato allo Spiritismo nell'antichità, esiste oggi nelle pubblicazioni, che vanno per ogni dove, le quali condensano sotto una forma unica, concisa e metodica, l'insegnamento elargito ovunque sotto molteplici forme e in lingue diverse.

49. Le prime due rivelazioni non potevano essere che il risultato di un insegnamento diretto. Esse dovevano imporsi attraverso la fede sotto l'autorità della parola del Maestro, non essendo ancora gli uomini abbastanza progrediti per contribuire alla loro elaborazione.

Notiamo tuttavia tra le due una sfumatura alquanto notevole, dovuta al progresso dei costumi e delle idee, benché siano state fatte presso il medesimo popolo e nel medesimo ambiente, ma con diciotto secoli d'intervallo. La dottrina di Mosè è assoluta e dispotica; non ammette la discussione e s'impone a tutto il popolo con la forza. Quella di Gesù è essenzialmente consiliare; viene liberamente accettata e non s'impone che con la persuasione. Essa è avversata fin da quando era ancora vivo il suo fondatore, che non disdegnava di discutere con i suoi avversari.

50. La terza rivelazione, apparsa in un'epoca d'emancipazione e di maturità intellettuale — in cui l'intelligenza ormai sviluppata non può rassegnarsi a un ruolo passivo, in cui l'uomo non accetta nulla ciecamente, ma vuole vedere dove lo si conduce, sapere il perché e il come di ogni cosa — doveva contemporaneamente essere il prodotto di un insegnamento e il frutto del lavoro, della ricerca e del libero esame. Gli Spiriti insegnano soltanto ciò che occorre per mettere sulla strada della verità, ma si astengono dal rivelare ciò che l'uomo può trovare da sé stesso. Lasciano a lui il compito di discutere, di controllare e di sottoporre il tutto al vaglio della ragione, lasciandogli spesso anche acquisire l'esperienza a sue spese. Gli forniscono il principio, i materiali: a lui trarne profitto e porli in opera (n. 15).

51. Poiché gli elementi della rivelazione spiritista sono stati diffusi, simultaneamente, in una infinità di luoghi, a uomini di ogni condizione sociale e di gradi diversi d'istruzione, è più che evidente che le osservazioni non potevano essere fatte ottenendo dappertutto il medesimo risultato. Perciò le conseguenze da trarne, le deduzioni delle leggi che reggevano quest'ordine di fenomeni, in una parola la conclusione che doveva consolidare le idee, non potevano uscire che dall'insieme e dalla correlazione dei fatti.

Ora, ogni centro isolato, circoscritto in una cerchia ristretta, che vedeva, il più delle volte, solo un ordine particolare di fatti, a volte apparentemente contraddittori — non avendo generalmente a che fare se non con la medesima categoria di Spiriti, e per di più ostacolato dalle influenze locali e dallo spirito di parte — si trovava nell'impossibilità materiale di abbracciare l'insieme ed era perciò impotente a ricollegare le osservazioni isolate a un principio comune. Valutando ciascuno i fatti dal punto di vista delle sue conoscenze e delle sue credenze anteriori, oppure a seconda dell'opinione particolare degli Spiriti che si manifestavano, ben presto ci sarebbero stati tanti sistemi e tante teorie quanti erano i centri. Nessuno di questi, poi, avrebbe potuto essere completo, per mancanza di elementi di confronto e di controllo. In poche parole, ciascuno si sarebbe fossilizzato nella sua rivelazione parziale, credendo di possedere tutta la verità, ignorando che in cento altri luoghi si stava ottenendo di più o di meglio.

52. Inoltre, bisogna osservare che in nessun luogo l'insegnamento spiritista è stato impartito in maniera completa. Esso si riferisce a un numero così grande di osservazioni e ad argomenti così diversi, i quali esigono sia conoscenze sia attitudini medianiche speciali, che sarebbe stato impossibile riunire in uno stesso punto tutte le condizioni necessarie. Dovendo l'insegnamento essere collettivo e non individuale, gli Spiriti hanno diviso il lavoro disseminando gli argomenti di studio e di osservazione, così come in certe fabbriche, la fattura di ogni parte dello stesso oggetto viene ripartita tra diversi operai.

La rivelazione è così stata fatta parzialmente, in diversi luoghi e da una moltitudine di intermediari, ed è in questa maniera che prosegue ancora in questo momento, poiché non tutto è stato ancora rivelato. Ogni centro trova negli altri centri il complemento di ciò che ottiene, ed è questo insieme e questo coordinamento di tutti gli insegnamenti parziali che hanno costituito la Dottrina Spiritista.

Era dunque necessario raggruppare i fatti sparsi per vederne la correlazione, riunire i diversi documenti e le istruzioni date dagli Spiriti in tutti i luoghi e su tutti gli argomenti, per confrontarli, analizzarli, studiarne le analogie e le differenze. Poiché le comunicazioni erano date dagli Spiriti di tutti gli ordini, più o meno illuminati, occorreva valutare il grado di fiducia che la ragione consentiva di accordare loro. Occorreva anche distinguere le idee sistematiche, individuali e isolate, da quelle che avevano avuto la sanzione dell'insegnamento generale degli Spiriti, nonché le utopie dalle idee pratiche. Bisognava scartare quelle idee che erano palesemente smentite da parte dei dati della scienza positiva e della sana logica; utilizzare egualmente gli errori e le informazioni fornite dagli Spiriti, anche del rango più basso, per la conoscenza dello stato del mondo invisibile e formarne un tutto omogeneo. Occorreva, in una parola, un centro di elaborazione, indipendente da ogni idea preconcetta, da ogni pregiudizio settario, risoluto ad accettare la verità divenuta evidente, foss'anche stata contraria alle sue opinioni personali. Questo centro si è formato da sé, per forza di cose, e senza disegni prenzeditati. [4]

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[4] Il libro degli Spiriti, la prima opera che abbia portato Io Spiritismo sulla strada filosofica attraverso la deduzione delle conseguenze morali dei fatti, che abbia considerato tutte le parti della dottrina, toccando le questioni più importanti ch'essa solleva, è stato, fin dal suo primo apparire, il punto d'incontro verso cui sono spontaneamente confluiti i lavori individuali. È noto che la pubblicazione di quel libro segna l'inizio dell'era dello Spiritismo filosofico, rimasto fino ad allora nel dominio delle esperienze di curiosità. Se quel libro ha conquistato le simpatie della maggioranza, è perché esso era l'espressione dei sentimenti di questa stessa maggioranza e perché rispondeva alle sue aspirazioni; non solo, ma anche perché ognuno vi trovava la conferma e una spiegazione razionale di ciò che ognuno otteneva in particolare. Se quel libro fosse stato in disaccordo con l'insegnamento generale degli Spiriti, non avrebbe goduto di alcun credito e sarebbe ben presto caduto nell'oblio. Ora, qual è quel punto di convergenza? Non certo l'uomo, il quale in sé e per sé non è nulla, un semplice meccanismo che muore e scompare; ma quel punto di convergenza è l'idea di uomo, la quale non muore e non scompare, dal momento che essa proviene da una sorgente superiore all'uomo.

Questa concentrazione spontanea di forze sparse ha dato luogo a una corrispondenza immensa, monumento unico al mondo, quadro vivente della vera storia dello Spiritismo moderno, su cui si riflettono contemporaneamente i lavori parziali, i sentimenti molteplici che la dottrina ha fatto nascere, i risultati morali, le dedizioni e i fallimenti; archivi preziosi per la posterità, la quale potrà giudicare gli uomini e le cose attraverso dei documenti autentici. In presenza di queste testimonianze irrefutabili, che avverrà, con lo scorrere del tempo, di tutte le false dichiarazioni e delle diffamazioni nate dall'invidia e dalla gelosia?
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53. Da questo stato di cose, si è originata una doppia corrente di idee: le une vanno dalle estremità al centro, le altre ritornano dal centro alla circonferenza. È così che la dottrina si è rapidamente avviata verso l'unità, malgrado la diversità delle fonti da cui essa proviene; che i sistemi divergenti sono a poco a poco caduti, a causa del loro isolamento e di fronte all'influenza dell'opinione della maggioranza, nella quale non avevano incontrato echi di simpatia. Da allora, una comunione di idee si è stabilita fra i diversi centri parziali. Parlando la medesima lingua spirituale, essi si comprendono e simpatizzano da un capo all'altro del mondo.

Gli Spiritisti si sono così ritrovati più forti, hanno lottato con più coraggio, sono andati avanti con passo più sicuro, quando non si sono più visti isolati, quando hanno avvertito un punto d'appoggio, un legame che li univa alla grande famiglia. I fenomeni di cui erano testimoni non sono più sembrati loro strani, anormali, contraddittori, quando hanno potuto collegarli alle generali leggi d'armonia, quando hanno potuto abbracciare con un solo colpo d'occhio tutto l'edificio e vedere in tutto questo insieme un fine grandioso e umanitario. [5]

Ma come sapere se un principio è insegnato dappertutto o se non è che il risultato di un'opinione individuale? Poiché i gruppi isolati non erano in grado di sapere ciò che si diceva altrove, era necessario che un centro raccogliesse tutte le istruzioni per fare una sorta di spoglio delle voci, e portare così a conoscenza di tutti l'opinione della maggioranza. [6]

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[5] Una significativa testimonianza, tanto notevole quanto toccante, di questa comunione d'idee che si stabilisce tra gli Spiritisti attraverso la conformità delle loro credenze, è data dalle domande di preghiere che ci vengono fatte dalle più lontane contrade, dal Perù fino alle estremità dell'Asia, da parte di persone di religione e nazionalità diverse, e che noi non abbiamo mai viste. Non è questo forse il preludio della grande unificazione che si sta preparando? Non è forse la prova delle forti radici che lo Spiritismo sta mettendo in ogni dove?

Degno di nota è il fatto che, di tutti i gruppi formatisi con l'intenzione premeditata di attuare una scissione, proclamando dei principi divergenti, e, allo stesso modo, di tutti coloro che, per ragioni di amor proprio o altro, e che non volendo aver l'aria di subire la legge comune, si sono creduti abbastanza forti da proseguire da soli, abbastanza illuminati da fare a meno dei consigli, di tutti costoro nessuno è arrivato a costituire un'idea preponderante e vitale. Tutti si sono estinti o hanno vegetato nell'ombra. Come poteva accadere diversamente, dal momento che per distinguersi, invece di sforzarsi di offrire un maggior numero di soddisfazioni, essi, dei principi della dottrina, rifiutavano precisamente ciò che ne fa l'attrattiva più forte, ciò che in essa v'è di più consolante, di più incoraggiante e di più razionale? Se essi avessero compreso la potenza degli elementi morali che ne hanno costituito l'unità, non si sarebbero cullati in un'illusione chimerica. Ma essi hanno preso la loro piccola cerchia per l'universo, non hanno visto negli adepti che una consorteria che poteva essere facilmente rovesciata da un'altra consorteria. Ciò voleva dire ingannarsi in modo singolare sui caratteri essenziali della dottrina, e questo errore non poteva condurre che a delusioni. Invece di rompere l'unità, essi hanno spezzato il solo legame che poteva dar loro la forza e la vita (vedere Rivista Spiritista, aprile 1866, pp. 106 e 111: "Lo Spiritismo senza gli Spiriti"; "Lo Spiritismo indipendente").


[6] Tale è l'oggetto delle nostre pubblicazioni, che possono essere considerate come il risultato di questo spoglio. Vi sono discusse tutte le opinioni, ma le questioni sono formulate in forma di principi solo dopo aver ricevuto la consacrazione di tutti i controlli, i quali sono i soli a poter dar loro la forza di legge e a permettere di affermarle. Ecco perché noi non preconizziamo senza riflettere alcuna teoria; ed è per questo che la, dottrina, procedendo dall'insegnamento generale, non è il prodotto di un sistema preconcetto. Ed è anche da questo ch'essa trae la sua forza, garantendo così il suo futuro.

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54. Non esiste alcuna scienza che sia uscita di sana pianta dal cervello di un uomo. Tutte, senza eccezione, sono il prodotto di osservazioni successive che si basano su osservazioni precedenti, come da un punto conosciuto per arrivare a quello sconosciuto. È così che gli Spiriti hanno proceduto per lo Spiritismo; è per questo che il loro insegnamento è graduale. Essi affrontano le questioni soltanto via via che i principi sui quali essi devono posarsi sono stati sufficientemente elaborati e quando l'opinione è matura per assimilarle. Bisogna anche notare che tutte le volte che particolari centri hanno voluto affrontare prematuramente delle questioni, hanno soltanto ottenuto delle risposte contraddittorie e inconcludenti. Quando, al contrario, il momento favorevole è giunto, l'insegnamento si diffonde e si unifica nella quasi universalità dei centri.

C'è, tuttavia, tra il progresso dello Spiritismo e quello delle scienze una differenza capitale. Il fatto è che le scienze hanno raggiunto il punto dove sono arrivate soltanto dopo lunghi intervalli, mentre allo Spiritismo sono stati sufficienti alcuni anni, per raggiungere se non proprio il punto culminante, per raccogliere almeno una quantità di osservazioni abbastanza grande da poter costituire una dottrina. Ciò dipende dalla innumerevole moltitudine di Spiriti che, per volontà di Dio, si sono manifestati simultaneamente, portando ciascuno il contributo delle sue conoscenze. Ne è risultato che tutte le parti della dottrina, invece di venire elaborate successivamente durante parecchi secoli, lo sono state pressappoco simultaneamente in pochi anni, ed è bastato poi raggrupparle per farne un tutt'uno.

Dio ha voluto che fosse così, prima di tutto perché si arrivasse al tetto dell'edificio più rapidamente, in secondo luogo, perché si potesse, attraverso la comparazione, avere un controllo per così dire immediato e permanente nell'universalità dell'insegnamento, avendo ogni sua parte valore e autorità solo attraverso la sua connessione con l'insieme, e, dovendo tutte le parti armonizzare tra loro, trovare il loro posto nello schedario generale e arrivare ciascuna a suo tempo.

Non affidando a un solo Spirito il compito della promulgazione della dottrina, Dio ha voluto, inoltre, che il più piccolo come il più grande, fra gli Spiriti come fra gli uomini, apportasse la sua pietra all'edificio, al fine di stabilire fra loro un legame cooperativo di solidarietà, legame che è mancato a tutte le dottrine provenienti da un'unica sorgente.

D'altronde, ogni Spirito, così come ogni uomo, non possiede che un bagaglio limitato di conoscenze, ragion per cui gli Spiriti, individualmente, sarebbero stati inabili a trattare in modo esauriente e con competenza le innumerevoli questioni riguardo allo Spiritismo. Ecco perché, allo stesso modo, la dottrina, in ottemperanza ai disegni del Creatore, non poteva essere l'opera né di un solo Spirito né di un solo medium. Essa poteva nascere soltanto dalla collettività dei lavori controllati gli uni dagli altri. [7]

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[7] Vedere ne Il Vangelo secondo lo Spiritismo, "Introduzione" pp. 18-19. Vedere anche Rivista Spiritista, aprile 1864, p. 90, "Autorità della dottrina spiritista; controllo universale dell'insegnamento degli Spiriti".
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55.Un ultimo carattere della rivelazione spiritista, che deriva dalle condizioni stesse nelle quali essa si produce, è che, basandosi su dei fatti, essa è — né potrebbe essere altrimenti — essenzialmente progressiva, come tutte le scienze d'osservazione. Attraverso la sua essenza, essa si allea con la scienza che, essendo il resoconto delle leggi della natura, in relazione a un certo ordine di fatti, non può essere contraria alla volontà di Dio, che è l'Autore di quelle leggi. Le scoperte della scienza glorificano Dio anziché svalutarlo; esse distruggono solo ciò che gli uomini hanno costruito sulle idee false che essi si sono fatti di Dio.

Lo Spiritismo pone, dunque, come principio assoluto soltanto ciò che è dimostrato con evidenza oppure ciò che risulta in modo logico dall'osservazione. Toccando tutte le branche dell'economia sociale, alle quali offre l'appoggio delle sue stesse scoperte, assimilerà sempre tutte le dottrine progressive, di qualsiasi ordine esse siano, giunte allo stadio di verità pratiche e uscite dal dominio dell'utopia; senza ciò, esso sarebbe votato al suicidio; cessando di essere ciò che è, verrebbe meno alla sua origine e al suo fine provvidenziale. Lo Spiritismo, marciando di pari passo con il progresso, non sarà mai superato, poiché, se nuove scoperte gli dimostrassero ch'esso è in errore su un certo punto, su questo punto esso si modificherebbe. Se, poi, una nuova verità si rivela, esso l'accetta.[8]

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[8] Di fronte a dichiarazioni così nette, e così categoriche come quelle che sono contenute in questo capitolo, cadono tutte le asserzioni di tendenza all'assolutismo e all'autocrazia dei principi, tutte le false equiparazioni, che persone prevenute o malinformate attribuiscono alla dottrina. Queste dichiarazioni, d'altronde, non sono nuove. Noi le abbiamo ripetute abbastanza spesso nei nostri scritti, per non lasciare alcun dubbio a questo riguardo. Esse ci assegnano, inoltre, il nostro vero ruolo, il solo cui noi aspiriamo: quello di semplici lavoratori.
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56. Qual è l'utilità della dottrina morale degli Spiriti, dal momento che altro non è se non quella del Cristo? Ha bisogno l'uomo di una rivelazione? Non può forse trovare in sé stesso tutto ciò che gli occorre per sapere come comportarsi?

Dal punto di vista morale, Dio ha senza dubbio dato all'uomo una guida nella stessa sua coscienza, la quale gli dice: "Non fare ad altri ciò che tu non vorresti si facesse a te". La morale naturale è certamente inscritta nel cuore degli uomini, ma sanno tutti leggerla? Non sono mai stati disconosciuti i suoi saggi precetti? Che cosa si è fatto della morale del Cristo? Come la praticano quegli stessi che la insegnano? Non se n'è forse fatta lettera morta, una bella teoria buona per gli altri, ma non per sé stessi? Rimproverereste a un padre di ripetere dieci e anche cento volte gli stessi insegnamenti ai suoi figli, se costoro non ne traggono profitto? Perché Dio dovrebbe fare meno di quanto fa un padre di famiglia? Perché non dovrebbe inviare di tanto in tanto, fra gli uomini, degli speciali messaggeri incaricati di richiamarli ai loro doveri, di rimetterli sulla retta via quando se ne allontanano, di aprire gli occhi dell'intelligenza a coloro che li hanno chiusi, così come gli uomini più progrediti inviano dei missionari presso i barbari e i selvaggi?

Gli Spiriti non insegnano altra morale che quella del Cristo, per la ragione che non ve n'è una migliore. Ma allora a che pro il loro insegnamento se dicono ciò che noi già sappiamo? Altrettanto si potrebbe dire della morale del Cristo, che fu insegnata cinquecento anni prima di lui da Socrate e da Platone, e in termini pressoché identici; e altrettanto si potrebbe dire di tutti i moralisti che ripetono le stesse cose in tutti i toni e sotto tutte le forme. Ebbene! Gli Spiriti molto semplicemente vengono ad aumentare il numero dei moralisti, con la differenza che, manifestandosi dappertutto, si fanno intendere nella capanna come nel palazzo, dagli ignoranti come dalla gente istruita.

Ciò che l'insegnamento degli Spiriti aggiunge alla morale del Cristo è la conoscenza dei principi che reggono le relazioni tra i morti e i vivi, completando così le vaghe nozioni ch'Egli aveva dato dell'anima, del suo passato e del suo avvenire, e dando come approvazione alla Sua dottrina le medesime leggi della natura. Con l'aiuto dei nuovi lumi portati dallo Spiritismo e dagli Spiriti, l'uomo comprende la solidarietà che lega tutti gli esseri; la carità e la fraternità diventano una necessità sociale; ed egli fa per convinzione ciò che prima faceva soltanto per dovere. E lo fa meglio.

Allorché gli uomini praticheranno la morale del Cristo, allora soltanto potranno dire che non hanno più bisogno di moralisti incarnati o disincarnati. Ma, allora, Dio non ne invierà più.

57. Una delle domande più importanti, tra quelle che sono all'inizio di questo capitolo, è la seguente: quale autorità ha la rivelazione spiritista, dal momento che proviene da esseri i cui lumi sono limitati e non infallibili?

L'obiezione sarebbe grave, se tale rivelazione consistesse soltanto nell'insegnamento degli Spiriti, se noi dovessimo riceverla esclusivamente da loro e accettarla a occhi chiusi. Essa è, invece, senza valore dal momento che l'uomo vi apporta il contributo della sua intelligenza e del suo giudizio; che gli Spiriti lo mettono sulla strada delle deduzioni ch'egli può trarre dall'osservazione dei fatti. Orbene, le manifestazioni nelle loro innumerevoli varietà sono dei fatti. L'uomo li studia e ne cerca la legge; ed è aiutato in questo dagli Spiriti di ogni ordine, i quali sono dei collaboratori piuttosto che dei rivelatori nel senso corrente del termine. Egli sottopone i loro giudizi al controllo della logica e del buon senso. In questo modo beneficia delle conoscenze speciali ch'essi devono alla loro posizione, senza ch'egli abdichi per questo all'uso della propria ragione.

Non essendo gli Spiriti nient'altro che le anime degli uomini, comunicando con loro, noi non usciamo fuori dall'umanità, circostanza questa fondamentale e di cui va tenuto conto. Gli uomini di genio, che sono stati le fiaccole dell'umanità, sono usciti dunque dal mondo degli Spiriti, così come vi sono rientrati lasciando la Terra. Dal momento che gli Spiriti possono comunicare con gli uomini, questi stessi geni possono dar loro delle istruzioni sotto la forma spirituale, come hanno fatto sotto la forma corporea. Possono istruirci dopo la loro morte, come facevano quand'erano vivi. Sono invisibili invece d'essere visibili: ecco tutta la differenza. La loro esperienza e il loro sapere non devono essere considerati minori. Se la loro parola, come uomini, aveva dell'autorità, non ne deve aver meno per il fatto che sono nel mondo degli Spiriti.

58. Ma non sono solo gli Spiriti superiori a mostrarsi, sono anche gli Spiriti di tutti gli altri ordini, e ciò è necessario per iniziarci al vero carattere del mondo spirituale, mostrandocelo in tutti i suoi aspetti. Grazie a ciò, i rapporti tra il mondo visibile e il mondo invisibile sono più profondi, e la connessione è più evidente; noi vediamo più chiaramente da dove veniamo e dove andiamo. Questo è lo scopo essenziale di tali manifestazioni. Tutti gli Spiriti, a qualsiasi livello essi siano pervenuti, hanno perciò qualcosa da insegnarci; ma, siccome essi sono più o meno illuminati, sta a noi discernere quanto v'è in loro di buono o quanto di cattivo, e trarne il vantaggio che il loro insegnamento comporta. Orbene, ogni Spirito, chiunque egli sia, può insegnarci o rivelarci cose che noi ignoriamo e che senza di loro non potremmo sapere.

59. I grandi Spiriti incarnati sono delle individualità possenti e senza contraddizioni, ma la loro azione è limitata e, per forza di cose, lenta a diffondersi. Ammettiamo pure che uno solo di essi, foss'anche lo stesso Elia o Mosè, Socrate o Platone, fosse venuto in questi ultimi tempi a rivelare agli uomini lo stato del mondo spirituale, chi avrebbe provato la verità di tali asserzioni, in questi tempi di scetticismo? Non si sarebbe, forse, guardato a lui come a un utopista o a un sognatore? Pur ammettendo ch'egli fosse nel vero assoluto, sarebbero dovuti scorrere dei secoli prima che le sue idee fossero accettate dalle masse. Dio, nella Sua saggezza, non ha voluto che fosse così. Egli ha voluto che l'insegnamento venisse dato dagli Spiriti stessi, e non da incarnati, al fine di convincere gli uomini della loro esistenza. Ha voluto, poi, che tale insegnamento avesse luogo simultaneamente su tutta la Terra, sia perché esso si propagasse più rapidamente, sia perché gli uomini trovassero nella coincidenza dell'insegnamento una prova della verità, avendo così ciascuno i mezzi per convincersene da sé stesso.

60. Gli Spiriti non vengono per affrancare l'uomo dall'impegno dello studio e della ricerca. Essi non gli consegnano nessuna scienza bell'e fatta; e, riguardo a ciò che egli può trovare da sé, essi lasciano che lo trovi con le sue stesse forze. Questo, oggi, gli Spiriti lo sanno perfettamente. Da lungo tempo, l'esperienza ha dimostrato l'errore dell'opinione che attribuisce agli Spiriti ogni sapere e ogni saggezza, e secondo cui basta rivolgersi al primo Spirito che si presenti, per conoscere ogni cosa. Usciti dall'umanità, gli Spiriti ne sono uno degli aspetti. Come sulla Terra, ve ne sono di superiori e di ordinari; molti, dunque, ne sanno di scienze e di filosofia meno di certi uomini; dicono ciò che sanno, né più né meno. Come fra gli uomini, gli Spiriti più progrediti possono informarci su molte cose, offrirci dei consigli più giudiziosi di quelli degli Spiriti arretrati. Domandare dei consigli agli Spiriti non significa affatto rivolgersi a delle potenze soprannaturali, ma a dei propri simili, a quegli stessi ai quali ci si sarebbe rivolti quando erano vivi: ai propri parenti, ai propri amici o a persone più illuminate di noi. Ecco ciò di cui è importante persuadersi e ciò che ignorano coloro che, non avendo studiato lo Spiritismo, si fanno una idea completamente falsa riguardo alla natura del mondo degli Spiriti e alle relazioni d'oltretomba.

61. Qual è allora l'utilità di queste manifestazioni o, se si preferisce, di questa rivelazione, dal momento che gli Spiriti non ne sanno più di noi, oppure se non dicono tutto ciò che sanno?

Prima di tutto, come abbiamo già detto, essi si rifiutano di darci ciò che noi possiamo acquisire per mezzo del lavoro. In secondo luogo, ci sono cose che non è loro permesso di rivelare, perché il nostro grado di avanzamento non lo ammette. Ma, questo a parte, le condizioni della loro nuova esistenza allargano il cerchio delle loro percezioni. Essi vedono ora ciò che sulla Terra non vedevano; affrancati dagli ostacoli della materia, liberati dagli affanni della vita corporale, essi giudicano le cose da un punto di vista più elevato e, pertanto, più sano; la loro perspicacia abbraccia un orizzonte più vasto. Comprendono i loro errori, rettificano le loro idee e si sbarazzano dei pregiudizi umani.

È in questo che consiste la superiorità degli Spiriti, in relazione alla umanità corporea, ed è per questo che i loro consigli possono essere, tenuto conto del loro grado di avanzamento, più giudiziosi e più disinteressati dei consigli degli incarnati. L'ambiente nel quale essi si trovano permette loro, inoltre, di iniziarci alle cose della vita futura, che noi ignoriamo e che non possiamo apprendere nell'ambiente in cui ci troviamo. Finora l'uomo aveva soltanto formulato delle ipotesi sul suo futuro. Ecco perché le sue credenze su questo punto sono state suddivise in sistemi tanto numerosi e tanto divergenti, dal nichilismo fino alle fantastiche concezioni dell'inferno e del paradiso. Oggi, sono i testimoni oculari, gli interpreti stessi della vita d'oltretomba che vengono a riferirci che cosa accade. E sono i soli che possano farlo. Queste manifestazioni sono dunque servite a farci conoscere il mondo invisibile che ci circonda, e che noi non sospettavamo neppure. E già questa sola conoscenza sarebbe d'una importanza capitale, quand'anche supponessimo che gli Spiriti non fossero capaci di insegnarci niente di più.

Se andaste in un paese a voi sconosciuto, rifiutereste le indicazioni del più umile contadino in cui potreste imbattervi? Rifiutereste di interrogarlo sulle condizioni della strada, solo perché non è che un contadino? Voi, certamente, non vi attenderete da lui chiarimenti di elevatissima portata, ma uno come lui potrà, su certi punti, informarvi nella sua sfera meglio di uno scienziato che non conoscesse il paese. Voi trarrete, dalle sue indicazioni, conclusioni che lui stesso non saprebbe trarre, ma sarà pur sempre stato uno strumento utile per le vostre osservazioni; non foss'altro, egli è servito a farvi conoscere i costumi dei contadini. La stessa cosa avviene per quanto riguarda i rapporti con gli Spiriti, dove anche il più piccolo può servire a farci apprendere qualche cosa.

62. Un comune esempio farà ancor meglio comprendere la situazione.

Una nave carica di emigranti parte per una lontana destinazione. Trasporta uomini di tutte le condizioni, che sono parenti e amici di coloro che restano. Un giorno si apprende che questa nave ha fatto naufragio; non ne è rimasta alcuna traccia, né alcuna notizia è pervenuta sulla sua sorte; si pensa che tutti i passeggeri siano periti; il lutto entra in tutte le famiglie. Tuttavia, l'equipaggio al completo e tutti i passeggeri, senza eccettuare un solo uomo, sono sbarcati su una terra sconosciuta, rigogliosa e fertile, dove tutti vivono felici sotto un cielo clemente. Ma di tutto ciò, nessuno sa nulla. Orbene, ecco che un giorno un'altra nave approda su questa terra e vi trova tutti i naufraghi sani e salvi. La felice notizia si diffonde con la velocità del lampo. Tutti esclamano: "Non sono perduti i nostri amici!" e ne rendono grazie a Dio. Non possono vedersi ma si corrispondono, si scambiano testimonianze d'affetto, ed ecco che la gioia succede alla tristezza.

Tale è l'immagine della vita terrena e della vita d'oltretomba, prima e dopo la rivelazione moderna. Essa, simile alla seconda nave, ci porta la buona notizia della sopravvivenza di coloro che ci sono cari, e la certezza di raggiungerli un giorno. Il dubbio sulla loro sorte e sulla nostra non esiste più. Lo scoraggiamento, davanti alla speranza, svanisce.

Ma altri risultati hanno appena resa feconda questa rivelazione. Dio, giudicando l'umanità matura per penetrare il mistero della sua destinazione e contemplare a sangue freddo le nuove meraviglie, ha permesso che il velo, che separa il mondo visibile dal mondo invisibile, fosse sollevato. Il fenomeno delle manifestazioni non ha nulla di sovrumano. È l'umanità spirituale che viene a conversare con l'umanità corporale e le dice:

"Noi esistiamo, dunque il nulla non esiste. Ecco ciò che noi siamo ed ecco ciò che voi sarete. L'avvenire è a voi come lo è a noi. Voi marciavate nelle tenebre, noi veniamo a illuminarvi il cammino e a spianarvi la strada. Procedete pure casualmente, noi vi mostreremo la meta. La vita terrena era tutto per voi, perché voi non vedevate niente al di là. Noi, mostrandovi la, vita spirituale, veniamo a dirvi: la vita terrena non è niente. La vostra vista si arrestava alla tomba, noi vi mostriamo, al di là di essa, un orizzonte splendido. Voi non sapevate perché doveste soffrire sulla Terra, ora, nella sofferenza voi vedrete la giustizia di Dio. Il bene era senza frutti evidenti per l'avvenire, d'ora in poi esso avrà uno scopo e sarà anzi una necessità. La fraternità non era che una bella teoria, ora essa poggia su una legge della natura. Sotto il dominio della credenza secondo cui tutto finisce con la vita, l'immensità è vuota, l'egoismo regna sovrano fra di voi, e la vostra parola d'ordine è: ‘Ciascuno per sé’. Con la certezza dell'avvenire, gli spazi infiniti si popolano all'infinito, il vuoto e la solitudine non sono più da nessuna parte, e la solidarietà lega tutti gli esseri al di qua e al di là della tomba. È, questo, il regno della carità, che ha per motto: 'Uno per tutti, e tutti per uno'. Infine, al termine della vita voi pronunciavate un eterno addio a quelli che vi sono cari, ora voi direte loro: ‘Arrivederci!’"

Tali sono, riassumendo, i risultati della nuova rivelazione; essa è venuta a colmare il vuoto creato dall'incredulità, a risollevare gli animi abbattuti dal dubbio o dalla prospettiva del nulla e a donare a tutte le cose una ragion d'essere. È dunque senza importanza questo risultato? Ed è senza importanza il fatto che gli Spiriti non vengano a risolvere i problemi della scienza, a offrire il sapere agli ignoranti, e ai pigri i mezzi per arricchirsi senza fatica? Tuttavia i risultati che l'uomo deve trarne non riguardano soltanto la vita futura. Egli ne gioirà sulla Terra, per la trasformazione che queste nuove credenze devono necessariamente operare sul suo carattere, sui suoi gusti, sulle sue tendenze e, di conseguenza, sulle abitudini e relazioni sociali. Mettendo fine al regno dell'egoismo, dell'orgoglio e della incredulità, esse preparano quello del bene, che è il regno di Dio annunciato dal Cristo.[9]

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[9] L'uso dell'articolo davanti alla parola Cristo (dal greco Chirstós, unto), impiegata in senso assoluto, è più corretto, considerato che questa parola non è il nome del Messia di Nazareth, ma una qualità assunta come sostantivo. Si dirà perciò: Gesù era Cristo; egli era il Cristo annunciato; la morte del Cristo e non di Cristo; mentre si dirà: la morte di Gesù e non del Gesù. In Gesù-Cristo, le due parole riunite formano un solo nome proprio. È per la stessa ragione che si dice: il Budda; Gautama conquistò la dignità di Budda per le sue virtù e la sua austerità; la vita del Budda, così come si dice: l'armata del Faraone e non di Faraone, Enrico IV era re, il titolo di re la morte del re e non dire.
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Capitolo II - DIO



Esistenza di Dio

1. Essendo Dio la causa prima di ogni cosa, il punto di partenza di tutto e il perno sul quale poggia l'edificio della creazione, è importante considerare innanzitutto queste cose.

2. È principio elementare che si giudichi una causa dai suoi effetti, quand'anche la causa non si veda.

Se un uccello che fende l'aria viene raggiunto da piombo mortale, si ritiene che un abile tiratore l'abbia colpito, benché il tiratore non si veda. Non sempre, dunque, è necessario aver visto una cosa per sapere che esiste. In tutto, è osservandone gli effetti che si giunge alla conoscenza delle cause.

3. Un altro principio egualmente elementare, e passato ad assioma in virtù della sua verità, è quello secondo cui ogni effetto intelligente deve avere una causa intelligente.

Se si domandasse chi è il costruttore di un certo ingegnoso meccanismo, che cosa si penserebbe di colui il quale rispondesse che si è fatto completamente da solo? Allorché si guardi un capolavoro dell'arte o dell'industria, si dice che questo deve essere il prodotto di un uomo di genio, perché solo un'alta intelligenza ha potuto presiedere alla sua concezione. Nondimeno si pensa che un uomo ha dovuto farlo, perché si sa che la cosa non è al di sopra della capacità umana. A nessuno, però, verrà l'idea di dire che essa è uscita dalla mente di un idiota o di un ignorante, e ancor meno ch'essa è il lavoro di un animale o il prodotto del caso.

4. Ovunque, si riconosce la presenza dell'uomo dalle sue opere. L'esistenza degli uomini antidiluviani non sarebbe provata soltanto attraverso i fossili umani, ma anche, e con altrettanta certezza, dalla presenza, nei terreni di quell'epoca, di oggetti lavorati dagli uomini. Il frammento di un vaso, una pietra tagliata, un'arma, un mattone basteranno per attestare la loro presenza. Dalla rozzezza o dall'accuratezza del lavoro si riconoscerà il grado di intelligenza e di avanzamento di coloro che l'hanno compiuto. Se, dunque, trovandovi in un paese abitato esclusivamente da selvaggi, scopriste una statua degna di Fidia, voi non esitereste a dire che, poiché dei selvaggi non sarebbero stati capaci di scolpirla, essa deve essere necessariamente l'opera di una intelligenza superiore a quella dei selvaggi.

5. Ebbene, gettando uno sguardo attorno a noi, sulle opere della natura, osservando la previdenza, la saggezza e l'armonia che presiedono a tutte queste opere, noi riconosciamo che non ve n'è nessuna che non superi i limiti dell'intelligenza umana, a meno che non si voglia affermare che esistono degli effetti senza causa.

6. A questo, alcuni contrappongono il ragionamento che qui riportiamo:

Le opere dette della natura sono prodotte da forze materiali che agiscono meccanicamente in base alle leggi di attrazione e di repulsione; le molecole dei corpi inerti si aggregano e si disgregano sotto il potere di queste leggi. Le piante nascono, germogliano, crescono e si moltiplicano sempre allo stesso modo, ciascuna nella sua specie, in virtù di quelle stesse leggi; ciascun soggetto è simile a quello da cui è nato. La crescita, la fioritura, la fruttificazione e la colorazione sono subordinate a cause materiali, quali il calore, l'elettricità, la luce, l'umidità ecc. Lo stesso è per gli animali. Gli astri si formano a causa dell'attrazione molecolare e si muovono perpetuamente nelle loro orbite per effetto della gravitazione. Questa regolarità meccanica nell'impiego delle forze naturali non dimostra affatto una intelligenza libera. L'uomo muove il suo braccio quando vuole e come vuole, ma colui che lo muovesse sempre nello stesso senso dalla nascita alla morte sarebbe un automa. Orbene, le forze organiche della natura sono puramente automatiche.

Tutto ciò è vero. Ma queste forze sono degli effetti che devono pur avere una causa, e nessuno pretende che esse costituiscano la Divinità. Esse sono materiali e meccaniche; di per sé stesse non so no affatto intelligenti, e questo è ancora vero. Ma vengono messe in azione, distribuite e adattate alle necessità di ogni cosa da una intelligenza che non è quella degli uomini. L'utile applicazione di queste forze è un effetto intelligente che denota una causa intelligente. Un pendolo si muove con una regolarità automatica, ed è in questa regolarità che sta il merito. È tutta materiale la forza che lo fa muovere e non ha nulla di intelligente. Ma che cosa sarebbe questo pendolo se una intelligenza non avesse combinato, calcolato e distribuito l'impiego di questa forza per farlo andare con precisione? Per il fatto che l'intelligenza non risiede nel meccanismo del pendolo, e per il fatto che non la si vede, sarebbe razionale concludere ch'essa non esiste? Giudichiamola dai suoi effetti.

L'esistenza dell'orologio attesta l'esistenza dell'orologiaio; l'ingegnosità del meccanismo attesta l'intelligenza e l'abilità dell'orologiaio. Quando un pendolo vi dà, a un determinato momento, l'indicazione di cui avete bisogno, è mai venuto in mente a qualcuno di dire: ecco un pendolo molto intelligente?

Così è per il meccanismo dell'universo: Dio non si mostra, ma si rivela attraverso le Sue opere.


7. L'esistenza di Dio è dunque un fatto acquisito, non soltanto attraverso la rivelazione, ma anche attraverso l'evidenza materiale dei fatti. I popoli selvaggi non hanno avuto alcuna rivelazione e tuttavia credono istintivamente all'esistenza di una potenza sovrumana. Essi vedono cose che sono al di sopra del potere umano e ne concludono che provengono da un essere che è superiore al genere umano. Non sono forse essi più logici di quanti pretendono che quelle cose si sono fatte da sé stesse?




Della natura divina

8. Non è concesso all'uomo di sondare la natura intima di Dio. Per comprendere Dio, ci manca ancora il senso che si acquisisce soltanto con la completa purificazione dello Spirito. Ma se l'uomo non può penetrarne l'essenza, essendo data la Sua esistenza come premessa, può, con il ragionamento, arrivare alla conoscenza dei Suoi attributi necessari. Infatti, l'uomo, vedendo ch'Egli non può non essere, senza cessare d'essere Dio, ne conclude ch'Egli deve essere.

Senza la conoscenza degli attributi di Dio, sarebbe impossibile comprendere l'opera della creazione. Questo è il punto di partenza di tutte le fedi religiose, ed è per non aver fatto riferimento a essa — come a un faro che poteva dirigerle — che parecchie religioni hanno errato nei loro dogmi. Quelle che non hanno attribuito a Dio l'onnipotenza hanno immaginato una pluralità di dei; quelle che non Gli hanno attribuito la suprema bontà, ne hanno fatto un dio geloso, collerico, parziale e vendicativo.

9. Dio è la suprema e sovrana intelligenza. L'intelligenza dell'uomo è limitata, poiché egli non può né fare né comprendere tutto ciò che esiste; quella di Dio, abbracciando Egli l'infinito, deve essere infinita. Se la si supponesse limitata su un punto qualsiasi, dovremmo concepire un altro essere ancora più intelligente, capace di comprendere e di fare ciò che l'altro non potrebbe fare, e così di seguito fino all'infinito.

10. Dio è eterno, vale a dire ch'Egli non ha avuto un inizio né avrà una fine. S'Egli avesse avuto un inizio, significherebbe che sarebbe uscito dal nulla. Ora, non essendo il nulla altro che nulla, nulla esso può produrre, oppure sarebbe stato creato da un altro essere a Lui precedente, e allora Dio sarebbe questo essere. Se gli si supponesse un inizio o una fine, si dovrebbe allora concepire un essere che fosse esistito prima di Lui, o che potrebbe esistere dopo di Lui. E così di seguito fino all'infinito.

11. Dio è immutabile. Se Egli fosse soggetto a dei cambiamenti, le leggi che reggono l'universo non avrebbero alcuna stabilità.

12. Dio è immateriale, vale a dire che la. Sua natura differisce da tutto ciò che noi chiamiamo materia; altrimenti non sarebbe immutabile, poiché sarebbe soggetto alle trasformazioni della materia.

Dio non ha una forma che possa essere valutata dai nostri sensi, altrimenti Egli sarebbe materia. Noi diciamo: la mano di Dio, l'occhio di Dio, la bocca di Dio, perché l'uomo, non conoscendo che sé stesso, prende sé stesso come termine di paragone di tutto ciò che non comprende. Quelle immagini, in cui si rappresenta Dio attraverso la figura di un vegliardo dalla lunga barba e avvolto in un manto, sono ridicole. Esse hanno, tra gli altri inconvenienti, quello di ridurre l'Essere supremo alle meschine proporzioni dell'umanità. Da qui, ad attribuirGli le passioni umane, a farne un Dio collerico e geloso, non c'è che un passo.

13. Dio è onnipotente. S'Egli non avesse la suprema potenza, si dovrebbe concepire un essere più potente, e così di seguito fino a quando non si trovasse l'essere che nessun altro potrebbe oltrepassare in potenza, ed è questo che sarebbe Dio.

14. Dio è sovranamente giusto e buono. La saggezza provvidenziale delle leggi divine si rivela nelle più piccole cose come nelle più grandi, e questa saggezza non permette di dubitare né della Sua giustizia né della Sua bontà.

L'infinito di una qualità esclude la possibilità dell'esistenza d'una qualità contraria che possa sminuire o annullare l'infinito di quella qualità. Un essere infinitamente buono non potrebbe avere la più piccola particella di cattiveria, né l'essere infinitamente malvagio potrebbe avere la più piccola particella di bontà; così come un oggetto non potrebbe dirsi d'un nero assoluto se avesse la più leggera sfumatura di bianco, né potrebbe dirsi d'un bianco assoluto quello che avesse la più piccola traccia di nero.

Dio non potrebbe essere allo stesso tempo buono e cattivo, perché allora, non possedendo né l'una né l'altra di queste qualità al grado supremo, non sarebbe Dio; tutte le cose sarebbero soggette al Suo capriccio, e per nessuna cosa ci sarebbe stabilità. Egli, dunque, non potrebbe che essere o infinitamehte buono o infinitamente malvagio. Ora, siccome le Sue opere testimoniano della Sua saggezza, della Sua bontà e della Sua sollecitudine, bisogna concluderne che, non potendo Egli essere contemporaneamente buono e malvagio senza cessare d'essere Dio, Egli deve essere infinitamente buono.

La sovrana bontà implica la sovrana giustizia. Infatti s'Egli agisse ingiustamente o con parzialità anche in una sola circostanza o verso una sola delle Sue creature, non sarebbe sovranamente giusto e, di conseguenza, non sarebbe sovranamente buono.

15. Dio è infinitamente perfetto. È impossibile concepire Dio senza l'infinito delle perfezioni. Senza ciò, Egli non sarebbe Dio, perché si potrebbe sempre concepire un essere che possedesse quanto a Lui mancasse. Perché nessun altro essere possa superarLo, è necessario ch'Egli sia infinito in tutto.

Gli attributi di Dio, essendo infiniti, non sono suscettibili né di accrescimento né di diminuizione. Senza ciò, essi non sarebbero infiniti, e Dio non sarebbe perfetto. Se si togliesse la più piccola particella di uno solo dei Suoi attributi, non si avrebbe più Dio, poiché potrebbe esistere un essere più perfetto.

16. Dio è unico. L'unicità di Dio è conseguenza dell'infinito assoluto delle Sue perfezioni. Un altro Dio potrebbe esistere solo a condizione di essere ugualmente infinito in tutte le cose. Infatti, se ci fosse tra loro la più leggera differenza, l'uno sarebbe inferiore all'altro, subordinato alla sua potenza, e non sarebbe Dio. Se ci fosse tra loro un'eguaglianza assoluta, ci sarebbe, da tutta l'eternità, un medesimo pensiero, una medesima volontà, un medesimo potere. Così confusi nella loro identità, non ci sarebbe in realtà che un solo Dio. Se ognuno di essi avesse delle attribuzioni speciali, farebbe l'uno ciò che non farebbe l'altro e, in questo caso, non ci sarebbe tra loro un'eguaglianza perfetta, poiché né l'uno né l'altro avrebbe la sovrana autorità.

17. È l'ignoranza del principio dell'infinito delle perfezioni di Dio che ha generato il politeismo, culto di tutti i popoli primitivi. Essi hanno attribuito la divinità a ogni potenza che fosse sembrata loro al di sopra dell'umanità; più tardi, la ragione li ha portati a confondere queste diverse potenze in una sola. Poi, nella misura in cui gli uomini hanno compreso l'essenza degli attributi divini, hanno ritirato dai loro simboli le credenze che ne erano la negazione.

18. Riassumendo, Dio non può essere Dio che alla condizione di non essere superato in niente da un altro essere. Infatti, l'essere che lo superasse in una qualsiasi cosa, foss'anche il solo spessore d'un capello, sarebbe lui il vero Dio. Appunto per questo è necessario ch'Egli sia infinito in tutte le cose.

Ed è così che, essendo l'esistenza di Dio costatata attraverso le Sue opere, si arriva, per deduzione logica, a determinare gli attributi che Lo caratterizzano.

19. Dio è dunque la suprema e sovrana intelligenza; Egli è unico, eterno, immutabile, immateriale, onnipotente, sovranamente giusto e buono, infinito in tutte le Sue perfezioni, e non può essere diverso da questo.

Questo è il cardine sul quale poggia l'edificio universale; questo è il faro i cui raggi si estendono sull'intero universo, il solo che può guidare l'uomo nella ricerca della verità; seguendolo egli non si smarrirà mai e se così spesso ha deviato è per non aver seguito la strada che gli veniva indicata.

Questo è anche il criterio infallibile di tutte le dottrine filosofiche e religiose. Per giudicarle, l'uomo ha una misura rigorosamente esatta negli attributi di Dio, e si può dire con certezza che ogni teoria, ogni principio, ogni dogma, ogni credenza, ogni pratica che fosse in contraddizione anche con uno solo di questi attributi, o che tendesse non solo ad annullarlo, ma semplicemente ad affievolirlo, non può essere nella verità.

Nella filosofia, nella psicologia, nella morale e nella religione, non c'è del vero che in ciò che non si discosta neppure di un millimetro dalle qualità essenziali della Divinità. La religione perfetta sarebbe quella in cui nessun articolo di fede fosse in opposizione con queste qualità, in cui tutti i dogmi potessero subire la prova di questo controllo, senza riceverne alcun danno.




La Provvidenza

20. La Provvidenza è la sollecitudine di Dio per, le Sue creature. Dio è dappertutto, Egli vede tutto, Egli presiede a tutto, anche alle più piccole cose: in questo consiste l'azione provvidenziale.

“Come può Dio, così grande, così potente, così superiore a tutto coinvolgersi in infimi particolari, preoccuparsi delle più piccole azioni e dei minimi pensieri di ciascun individuo? Questa è la domanda che si pone l'incredulo, per cui conclude che, pur ammettendo l'esistenza di Dio, la Sua azione non deve estendersi che sulle leggi generali dell'universo; che l'universo funziona da tutta l'eternità in virtù di queste leggi alle quali ogni creatura è sottoposta nella sua sfera d'azione, senza che sia necessario l'intervento incessante della Provvidenza.”

21. Nel loro attuale stato d'inferiorità, solo molto difficilmente gli uomini possono comprendere come Dio possa essere infinito. Poiché essi sono limitati, è per questo che se Lo figurano limitato, proprio come sé stessi. Non solo se lo rappresentano come un essere limitato, ma ne danno anche una immagine a loro immagine. I nostri dipinti, che Lo ritraggono sotto sembianze umane, contribuiscono non poco a trattenere questo errore nella mente delle masse, che adorano in lui più la forma che il pensiero. Per la maggior parte degli uomini, Egli è un potente sovrano, su un trono inaccessibile, perduto nell'immensità dei Cieli. Poiché le loro facoltà e le loro percezioni sono limitate, essi non comprendono come Dio possa o come si degni d'intervenire direttamente nelle piccole cose.

22. Nell'impossibilità, in cui l'uomo si trova, di comprendere l'essenza stessa della Divinità, egli non può farsene che un'idea approssimativa con l'aiuto di paragoni necessariamente molto imperfetti, ma che possono almeno mostrargli la possibilità di ciò che, di primo acchito, gli sembra impossibile.

Supponiamo un fluido abbastanza sottile da penetrare tutti i corpi; questo fluido, essendo inintelligente, agisce meccanicamente attraverso le sole forze materiali. Ma se supponiamo questo fluido dotato d'intelligenza, di facoltà percettive e sensitive, esso agirà non più alla cieca ma con discernimento, con volontà e con libertà; egli vedrà, capirà e sentirà.

23. Le proprietà del fluido perispiritistico possono darcene un'idea. Esso non è affatto intelligente di per sé stesso, poiché è materia, ma è il veicolo del pensiero, delle sensazioni e delle percezioni dello Spirito.

Il fluido perispiritistico non è il pensiero dello Spirito, ma l'agente e l'intermediario di questo pensiero. Siccome è lui a trasmettere il pensiero, ne è in qualche modo impregnato. Nell'impossibilità, in cui noi ci troviamo, di isolarlo, il pensiero sembra non fare che un tutt'uno con il fluido. Allo stesso modo, il suono sembra non fare che un tutt'uno con l'aria, dimodoché noi possiamo, per così dire, materializzarla. Così, come noi diciamo che l'aria diventa sonora, potremmo egualmente dire, prendendo l'effetto per la causa, che il fluido diventa intelligente.

24. Che sia o non sia così, per quanto concerne il pensiero di Dio — vale a dire, che esso agisca direttamente o attraverso la mediazione di un fluido — per facilitarne la comprensione alla nostra intelligenza, lo rappresenteremo sotto la forma concreta d'un fluido intelligente, che riempie l'universo infinito e che penetra tutte le parti della creazione: l'intera natura è immersa nel fluido divino. Ora, — in virtù del principio per cui le parti di un tutto sono della medesima natura e hanno le medesime proprietà del tutto — possedendo ogni atomo di questo fluido, se ci è concesso di esprimerci così, il pensiero, vale a dire gli attributi essenziali della Divinità, e trovandosi questo fluido ovunque, tutto è sottoposto alla Sua azione intelligente, alla Sua previdenza e alla Sua sollecitudine. Non c'è un essere, per quanto infimo lo si possa immaginare, che non ne sia saturato. Pertanto noi siamo costantemente in presenza della Divinità. Non c'è una sola delle nostre azioni che potremmo mai sottrarre al Suo sguardo. Il nostro pensiero è in costante contatto con il Suo pensiero, ed è con ragione che si dice che Dio legge nelle pieghe più profonde del nostro cuore. Noi siamo in Lui, come Egli è in noi, secondo la parola del Cristo.

Per estendere la Sua sollecitudine su tutte le Sue creature, Dio non ha bisogno di lanciare il Suo sguardo dall'alto dell'immensità. Le nostre preghiere, per essere intese da Lui, non hanno bisogno di varcare lo spazio né di essere dette con voce squillante, poiché, stando Egli di continuo al nostro fianco, i nostri pensieri si ripercuotono in Lui. I nostri pensieri sono come i rintocchi di una campana, che fanno vibrare tutte le molecole dell'aria circostante.

25. Lungi da noi il pensiero di voler materializzare la Divinità. L'immagine d'un fluido intelligente universale non è, evidentemente, che un paragone, ma adatto a dare un'idea di Dio più giusta di quella dei quadri, che lo rappresentano sotto un aspetto umano. Essa ha lo scopo di far comprendere come Dio possa essere dappertutto e occuparsi di tutto.

26. Noi abbiamo di continuo sotto gli occhi un esempio che può darci un'idea del modo in cui l'azione di Dio può esercitarsi sulle parti più profonde di tutti gli esseri, e come, di conseguenza, le impressioni, anche le più sottili, della nostra anima arrivino a Lui. Questo esempio è tratto da un insegnamento dato da uno Spirito a questo riguardo.

27. “L'uomo è un piccolo mondo il cui direttore è lo Spirito, mentre il principio che viene diretto è il corpo. In questo universo, il corpo rappresenterà una creazione il cui Spirito sarà Dio. Voi ben comprenderete che non può esserci qui che una questione d'analogia e non d'identità. Le membra di questo corpo, i diversi organi che lo compongono, i suoi muscoli, i suoi nervi, le sue articolazioni sono altrettante individualità materiali, se così si può dire, localizzate in punti speciali del corpo. Benché il numero delle sue parti costitutive, così varie e differenti per natura, sia considerevole, a nessuno tuttavia è lecito supporre che si possano produrre dei movimenti, che una qualunque impressione possa aver luogo in un punto particolare, senza che lo Spirito ne abbia coscienza. Avvengono simultaneamente sensazioni diverse in più punti? Lo Spirito le sente tutte, le discerne, le analizza, assegna a ciascuna la sua causa e il suo luogo d'azione, per mezzo del fluido perispiritistico.

Un fenomeno analogo ha luogo tra la creazione e Dio. Dio è dappertutto nella natura, come lo Spirito è dappertutto nel corpo. Tutti gli elementi della creazione sono in costante rapporto con Lui, come tutte le cellule del corpo umano sono in costante rapporto con l'essere spirituale. Non c'è dunque ragione perché dei fenomeni del medesimo ordine, non si producano nello stesso modo, nell'uno e nell'altro caso.

Un arto si agita: lo Spirito lo sente; una creatura pensa: Dio lo sa. Tutte le membra sono in movimento, i diversi organi sono in vibrazione: lo Spirito avverte tutte queste manifestazioni, le distingue e le localizza. Le diverse creazioni, le diverse creature si agitano, pensano, agiscono diversamente, e Dio, che sa tutto ciò che avviene, assegna a ciascuna ciò che le è proprio.

Da ciò, si può egualmente dedurre la solidarietà della materia e dell'intelligenza, la solidarietà di tutti gli esseri di un mondo tra di loro, la solidarietà di tutti i mondi e, infine, quella della creazione e del Creatore" (Quinemant, Società di Parigi, 1867).

28. Noi comprendiamo l'effetto, ed è già molto; dall'effetto risaliamo alla causa e giudichiamo la Sua grandezza dalla grandezza dell'effetto. Ma la Sua essenza intima ci sfugge, così come ci sfugge quella della causa d'una quantità di fenomeni. Noi conosciamo gli effetti dell'elettricità, del calore, della luce, della gravitazione; li calcoliamo e tuttavia ignoriamo la natura intima del principio che li produce. È dunque più razionale negare il principio divino, perché non lo comprendiamo?

29. Niente ci impedisce di ammettere, per il principio di intelligenza sovrana, un centro d'azione, un focolaio principale che s'irradia senza tregua, inondando l'universo dei suoi effluvi, come il sole della sua luce. Ma dov'è questo focolaio? Questo, nessuno può dirlo. È probabile che non sia fisso in un punto determinato più di quanto non lo sia la sua azione, ed è anche probabile ch'esso percorra incessantemente le regioni dello spazio senza confini. Riempiendo Dio l’universo, si potrebbe ancora ammettere, a titolo d'ipotesi, che questo focolaio non abbia bisogno di spostarsi, e che si formi su tutti i punti ove la sovrana volontà giudichi opportuno ch'esso si produca. Da tutto ciò si potrebbe dire che è ovunque e in nessuna parte.

30. Davanti a questi insondabili problemi, la nostra ragione deve umiliarsi. Dio esiste: noi non dobbiamo dubitarne. Egli è infinitamente giusto e buono: questa è la sua essenza. La Sua sollecitudine si estende su tutto: noi lo comprendiamo. Egli, dunque, non può volere che il nostro bene: è per questo che dobbiamo avere fiducia in Lui: ecco l'essenziale. Per il resto, attendiamo di essere degni di comprendere.




La visione di Dio

31. Posto che Dio è dappertutto, perché noi non lo vediamo? Quando lasceremo la Terra lo vedremo? Queste sono le domande che quotidianamente ci poniamo.

Alla prima è facile rispondere. I nostri organi materiali hanno delle percezioni limitate, che li rendono inadatti alla visione di determinate cose, anche materiali. È così che certi fluidi sfuggono totalmente alla nostra vista e ai nostri strumenti d'analisi, e tuttavia noi non dubitiamo della loro esistenza. Noi vediamo gli effetti della peste, e non vediamo il fluido che la trasporta; noi vediamo i corpi muoversi sotto l'influenza della forza di gravità, ma non vediamo questa forza.

32. Le cose di essenza spirituale non possono essere percepite dagli organi materiali. Soltanto con la visione spirituale noi possiamo vedere gli Spiriti e le cose del mondo immateriale; solo la nostra anima può, dunque, avere la percezione di Dio. Lo vede essa, subito dopo la morte? È quello che solo le comunicazioni d'oltretomba possono insegnarci. Attraverso di esse noi sappiamo che la visione di Dio è privilegio solo delle anime più purificate, cosicché ben pochi possiedono, dopo aver lasciato il loro involucro terreno, il grado di smaterializzazione necessario. Un comune paragone lo renderà facilmente comprensibile.

33. Colui che si trovi al fondo di una valle, avvolta in una densa nebbia, non vede il sole. Tuttavia, dalla luce diffusa, egli intuisce la presenza del sole. Se s'inerpica su per la montagna, nella misura in cui egli sale, la nebbia si dirada, la luce diventa via via più viva, ma egli non vede ancora il sole. È soltanto dopo essersi completamene innalzato al di sopra della coltre brumosa, che, trovandosi in un'aria perfettamente pura, egli lo vede in tutto il suo splendore.

La medesima cosa avviene riguardo all'anima. L'involucro perispiritistico, benché invisibile e impalpabile per noi, è per l'anima una vera materia, ancora troppo grossolana per certe percezioni. Questo involucro si spiritualizza nella misura in cui l'anima si eleva in moralità. Le imperfezioni dell'anima sono come coltri di nebbia che oscurano la sua vista. Ogni imperfezione di cui essa si disfa è una macchia in meno; ma è solo dopo essersi completamente purificata ch'essa può godere pienamente delle sue facoltà.

34. Essendo Dio, l'essenza divina per eccellenza, non può essere percepito in tutto il Suo splendore che dagli Spiriti arrivati al più alto grado di smaterializzazione. Se gli Spiriti imperfetti non Lo vedono, non è che essi ne siano più lontani degli altri. Questi Spiriti, come tutti gli esseri della natura, si trovano immersi nel fluido divino, come noi lo siamo nella luce. Il fatto è che le loro imperfezioni sono come dei vapori che Lo sottraggono alla loro vista. Quando la nebbia si sarà dissipata, essi lo vedranno risplendere; per questo non avranno bisogno né di salire, né di andare a cercarLo nelle profondità dell'Infinito. Essendosi la vista spirituale sbarazzata delle bende morali che la oscuravano, essi Lo vedranno in qualunque luogo si trovino, foss'anche sulla Terra. Perché Egli è dappertutto.

35. Lo Spirito non si purifica che col passare del tempo, e le varie incarnazioni sono gli alambicchi nel cui fondo esso lascia ogni volta qualche impurità. Lasciando il suo involucro corporale esso non si libera istantaneamente delle sue imperfezioni. È per questo motivo che vi sono di quelli che, dopo la morte, non vedono Dio più di quanto non lo vedessero da vivi; ma nella misura in cui si purificano, essi ne hanno una intuizione più distinta; sebbene non lo vedano, lo comprendono meglio: la luce è meno diffusa. Pertanto, quando gli Spiriti dicono che Dio vieta loro di rispondere a una certa domanda, non significa che Dio sia loro apparso o abbia loro rivolto la parola per ordinare o vietare la tale o talaltra cosa, no di certo. Ma essi lo sentono; ricevono le emanazioni del suo pensiero, come accade a noi riguardo agli Spiriti, che ci avvolgono nel loro fluido, quantunque noi non li vediamo affatto.

36. Nessun uomo può, dunque, vedere Dio con gli occhi della carne. Se questa grazia fosse accordata a qualcuno, ciò non avverrebbe che nello stato d'estasi, allorché l'anima è tanto liberata dai legami della materia durante l'incarnazione, che ciò diviene possibile. Un tale privilegio, d'altronde, sarebbe soltanto delle anime elette, incarnate in missione e non per espiazione. Ma siccome gli Spiriti dell'ordine più elevato risplendono d'un fulgore abbagliante, può accadere che Spiriti meno elevati, incarnati o disincarnati, colpiti dallo splendore che li circonda, abbiano creduto di vedere Dio stesso. È come chi veda talvolta un ministro e lo prenda per il suo sovrano.

37. Sotto quale aspetto Dio si presenta a coloro che si sono resi degni di questo privilegio? Sotto una forma qualsiasi? Sotto l'aspetto di una figura umana o come focolaio risplendente di luce? È quello che la lingua umana è impossibilitata a descrivere, perché non esiste per noi alcun termine di paragone che ce ne possa dare un'idea; siamo come dei ciechi cui si cercherebbe invano di far comprendere lo splendore del sole. Il nostro vocabolario è limitato ai nostri bisogni e alla cerchia delle nostre idee; quello dei selvaggi non potrebbe illustrare le meraviglie della civilizzazione; quello dei popoli più civilizzati è troppo povero per descrivere lo splendore dei cieli, la nostra intelligenza troppo limitata per comprenderli, e la nostra vista, troppo debole, ne resterebbe abbagliata.





Capitolo III - IL BENE E IL MALE



Origine del bene e del male

1. Essendo Dio il principio di tutte le cose ed essendo questo principio ogni saggezza, ogni bontà, ogni giustizia, tutto ciò che proviene da Lui deve partecipare dei Suoi attributi, perché quanto è infinitamente saggio, giusto e buono non può produrre nulla di irragionevole, di malvagio e di ingiusto. Il male che osserviamo non può dunque avere la sua origine in Lui.

2. Se il male fosse nelle attribuzioni di un essere speciale, che si chiamasse Arimane o Satana, delle due l'una: o questo essere sarebbe uguale a Dio e, di conseguenza, potente come Lui ed eterno come Lui oppure Gli sarebbe inferiore.

Nel primo caso ci sarebbero due potenze rivali, che lottano senza tregua, cercando ciascuna di disfare ciò che fa l'altra, e che si osteggiano vicendevolmente. Questa ipotesi è inconciliabile con l'unità di vedute che si rivela nell'ordinamento dell'universo.

Nel secondo caso, essendo questo essere inferiore a Dio, sarebbe a Lui subordinato. Non potendo esistere da tutta l'eternità, come Dio, senza essere Suo uguale, avrebbe dovuto avere un inizio. Se è stato creato, non può esserlo stato che da Dio; Dio avrebbe così creato lo Spirito del male, la qual cosa sarebbe la negazione della bontà infinita (vedere Il Cielo e l'Inferno, cap. IX, "I demoni").

3. Tuttavia il male esiste e ha una causa.

I mali di ogni specie, fisici o morali, che affliggono l'umanità, formano due categorie che è importante distinguere: vi sono i mali che l'uomo può evitare e quelli che non dipendono dalla sua volontà. Fra questi ultimi, bisogna collocare i flagelli naturali.

L'uomo, le cui facoltà sono limitate, non può penetrare né abbracciare l'insieme dei disegni del Creatore. L'uomo giudica le cose dal punto di vista della sua personalità, dagli interessi fittizi e convenzionali che si è creato, e che non sono compresi nell'ordine naturale delle cose. È per questo che spesso egli trova cattivo e ingiusto ciò che troverebbe giusto e ammirevole se ne vedesse la causa, lo scopo e il risultato finale. Cercando la ragion d'essere e l'utilità di ciascuna cosa, verificherebbe che tutto porta l'impronta della saggezza infinita, e s'inchinerebbe davanti a questa saggezza, anche riguardo alle cose che non comprende.

4. L'uomo ha ricevuto in sorte una intelligenza, mediante la quale egli può scongiurare del tutto, o almeno grandemente attenuare, gli effetti di tutti i flagelli naturali; più acquisisce conoscenza, più avanza in civilizzazione, e meno questi flagelli saranno disastrosi. Con una organizzazione sociale saggiamente previdente, egli potrà anche neutralizzarne le conseguenze, allorché essi non potranno essere interamente evitati. Così, per quegli stessi flagelli che hanno una loro utilità nell'ordine generale della natura, e anche per il futuro, ma che colpiscono nel presente, Dio ha dato all'uomo, attraverso le facoltà di cui ha dotato il suo Spirito, i mezzi per paralizzarne gli effetti.

È così che l'uomo risana le terre insalubri, che neutralizza i miasmi pestiferi, che fertilizza le terre incolte e s'ingegna a preservarle dalle inondazioni. È così che si costruisce delle abitazioni più sane e più solide, che resistano ai venti, tanto necessari alla purificazione dell'atmosfera, mettendosi in tal modo al riparo dalle intemperie. È così, infine, che a poco a poco, la necessità lo ha indotto a creare le scienze, con il cui aiuto egli migliora l'abitabilità del globo e accresce il proprio benessere.

5. Dovendo l'uomo progredire, i mali ai quali è esposto fungono da stimolo all'esercizio sia della sua intelligenza, sia di tutte le altre sue facoltà fisiche e morali, incitandolo alla ricerca dei mezzi atti a sottrarsi a tali mali. Se non avesse niente da temere, nessuna necessità lo indurrebbe alla ricerca del meglio; il suo spirito si intorpidirebbe nella inattività; non inventerebbe niente e niente scoprirebbe. Il dolore è il pungolo che spinge l'uomo avanti, sulla via, del progresso.

6. Ma i mali più numerosi sono quelli che l'uomo si crea con i suoi stessi vizi, quelli che provengono dal suo orgoglio, dal suo egoismo, dalla sua ambizione, dalla sua cupidigia, dai suoi eccessi in tutte le cose: qui sta la causa delle guerre e delle calamità che esse si trascinano, dei dissensi, delle ingiustizie, dell'oppressione del debole da parte del più forte; qui sta, infine, la causa della maggior parte delle malattie.

Dio ha stabilito leggi piene di saggezza, che non hanno altro scopo che il bene. L'uomo trova in sé stesso tutto ciò che gli occorre per seguirle; la sua strada è tracciata nella sua coscienza; la legge divina è scolpita nel suo cuore. Inoltre Dio gliela ricorda di continuo attraverso i suoi messia e i suoi profeti, attraverso tutti gli Spiriti incarnati che hanno ricevuto la missione di illuminarlo, di moralizzarlo, di migliorarlo, e, in questi ultimi tempi, attraverso la moltitudine di Spiriti disincarnati che si manifestano da tutte le parti. Se l'uomo si conformasse rigorosamente alle leggi divine, senza dubbio eviterebbe i mali più intensi e vivrebbe felice sulla Terra. Se non lo fa, ciò è a causa del suo libero arbitrio, e ne subisce le conseguenze (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. V, nn. 4-6 e ss.).

7. Ma Dio, pieno di bontà, ha collocato il rimedio a fianco del male, vale a dire che dal male stesso Egli fa nascere il bene. Arriva il momento in cui l'eccesso del male morale diviene intollerabile e Dio fa provare all'uomo il bisogno di cambiare strada. Questi, istruito dall'esperienza, è spinto a cercare un rimedio nel bene, sempre per effetto del suo libero arbitrio. Allorché imbocca una strada migliore, ciò accade in effetti di sua volontà, perché ha riconosciuto gli inconvenienti dell'altro cammino. La necessità lo costringe dunque a migliorarsi moralmente per essere più felice, come questa stessa necessità l'ha costretto a migliorare le condizioni materiali della sua esistenza (n. 5).

8. Si può dire che il male è l'assenza del bene, come il freddo è l'assenzadel calore. Così, come il freddo non è un fluido speciale, neppure il male è un attributo distinto; l'uno è il negativo dell'altro. Là, dove non esiste il bene, esiste per forza di cose il male; non fare il male è già l'inizio del bene. Dio non vuole che il bene; solo dall'uomo viene il male. Se, nella creazione, ci fosse un essere preposto al male, nessuno potrebbe evitarlo; ma, avendo l'uomo la causa del male in SÉ STESSO, avendo nello stesso tempo il suo libero arbitrio e, come guida, le leggi divine, egli potrà evitarlo quando vorrà.

Prendiamo, come esempio, un fatto comune. Il proprietario di un campo sa che al confine delle sue terre c'è un luogo pericoloso, dove chi vi si avventurasse potrebbe morire o ferirsi. Che cosa fa questi per prevenire gli incidenti? Colloca vicino al luogo un avviso che fa divieto di andare oltre, a causa di un pericolo. Ecco la legge: essa è saggia e previdente. Se, malgrado ciò, un imprudente non ne tiene conto, passa oltre e ne esce malconcio con chi può lamentarsene se non con sé stesso?

Altrettanto accade di tutto il male; l'uomo lo eviterà se osserverà le leggi divine. Per esempio, Dio ha posto un limite alla soddisfazione dei bisogni: l'uomo ne è avvertito dalla sazietà; se oltrepassa questo limite, lo fa di sua volontà. Le malattie, le infermità e la morte, che possono esserne la conseguenza, provengono dunque dalla imprevidenza dell'uomo e non da Dio.

9. Essendo il male il risultato delle imperfezioni dell'uomo, ed essendo stato l'uomo creato da Dio, Dio — si dirà — ha pur creato, se non il male, almeno la causa del male. Se Egli avesse creato l'uomo perfetto, il male non esisterebbe.

Se l'uomo fosse stato creato perfetto, egli sarebbe fatalmente portato al bene. Ora, in virtù del suo libero arbitrio, egli non è fatalmente portato né al bene né al male. Dio ha voluto ch'egli fosse soggetto alla legge del progresso, e che questo progresso fosse il frutto del suo stesso lavoro, affinché ne avesse lui il merito, allo stesso modo ch'egli ha la responsabilità del male che commette di sua volontà. Il problema è, dunque, quello di sapere qual è, nell'uomo, l'origine della sua propensione al male. [10]

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[10] L'errore consiste nel pretendere che l'anima sia uscita perfetta dalle mani del Creatore, quando Egli, al contrario, ha voluto che la perfezione fosse il risultato della graduale purificazione dello Spirito e sua stessa opera. Dio ha voluto che l'anima, in virtù del suo libero arbitrio, potesse scegliere tra il bene e il male, e che arrivasse ai suoi ultimi fini attraverso una vita partecipativa e resistendo al male. Se Egli l'avesse fatta perfetta come Lui, e se, uscita dalle Sue mani, l'avesse associata alla Sua beatitudine eterna, Egli l'avrebbe fatta non a Sua immagine, ma simile a Sé stesso [Bonnamy, giudice istruttore: La raison du Spiritisme (La ragione dello Spiritismo), cap. VI].
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10. Se si studiano tutte le passioni e anche tutti i vizi, si vede che essi hanno la loro origine nell'istinto di conservazione. Questo istinto si trova, in tutta la sua forza, negli animali e negli esseri primitivi che più si avvicinano all'animalità. E vi domina in modo esclusivo, perché in loro esso non ha ancora come contrappeso il senso morale; l'essere non è ancora nato alla vita intellettuale. L'istinto si affievolisce, al contrario, nella misura in cui l'intelligenza si sviluppa, perché è questa che domina la materia.

La destinazione dello Spirito è la vita spirituale; ma nelle prime fasi della sua esistenza corporale, esso non ha che dei bisogni materiali da soddisfare, e a questo scopo l'esercizio delle passioni è una necessità per la conservazione della specie e degli individui, materialmente parlando. Ma, uscito da questo periodo, lo Spirito ha altri bisogni, bisogni dapprima semi morali e semi materiali, poi esclusivamente morali. Ed è allora che lo Spirito domina la materia; se si libera dal suo giogo, esso avanza sulla sua via provvidenziale e si avvicina alla sua destinazione finale. Se, al contrario, si lascia dominare da essa, rallenta, rendendosi simile al bruto. In questa situazione, ciò che un tempo era un bene, perché era una necessità di per sé stessa naturale, diventa un male, non solo perché ciò non è più una necessità, ma perché diventa nocivo alla spiritualizzazione dell'essere. Così, ciò che è qualità nel bambino diventa difetto nell'adulto. Il male è dunque relativo, e la responsabilità è proporzionale al grado di avanzamento.

Tutte le passioni hanno dunque la loro utilità provvidenziale. Senza ciò, Dio avrebbe fatto qualcosa di inutile e di nocivo. È nell'abuso che risiede il male, e l'uomo può abusare in virtù del suo libero arbitrio. Più tardi, illuminato dal suo stesso interesse, egli sceglie liberamente tra il bene e il male.





L'istinto e l'intelligenza

11. Quale differenza c'è tra l'istinto e l'intelligenza? Dove finisce l'uno e dove incomincia l'altra? L'istinto è un'intelligenza rudimentale, oppure una facoltà distinta, un attributo esclusivo della materia?

L'istinto è la forza occulta che sollecita gli esseri organici a degli atti spontanei e involontari, in vista della loro conservazione. Negli atti istintivi, non c'è né riflessione né combinazione né premeditazione. È così che la pianta cerca l'aria, si volge verso la luce, dirige le sue radici verso l'acqua e verso la terra che la nutre; è così che il fiore si apre e si chiude alternativamente secondo il bisogno; che le piante rampicanti si avvolgono attorno al sostegno e vi si aggrappano con i loro viticci. È per istinto che gli animali avvertono ciò che è loro utile da ciò che è nocivo; che si dirigono, secondo le stagioni, verso i climi a essi più propizi; che costruiscono, senza previ insegnamenti, con più o meno arte, a seconda delle specie, morbidi giacigli, ripari per la loro prole, arnesi per prendere in trappola la preda di cui si nutrono; che usano con destrezza le armi offensive e difensive di cui sono provvisti. È per istinto, infine, che i sessi si uniscono; che la madre cova i suoi piccoli e che questi cercano il seno della madre. Nell'uomo, l'istinto domina esclusivamente all'inizio della vita. È per istinto che il bambino compie i suoi primi movimenti, prende il suo nutrimento, grida per esprimere le sue necessità, imita il suono della voce, prova a parlare e a camminare. Nell'adulto stesso, certi atti sono istintivi; tali sono i movimenti spontanei per sottrarsi a un pericolo, per evitare un rischio, per mantenere l'equilibrio. Istintivi sono anche: lo sbattere delle palpebre per mitigare il bagliore della luce, l'aprirsi meccanico della bocca per respirare ecc.

12. L'intelligenza si rivela attraverso degli atti volontari, ragionati, meditati, combinati a seconda dell'opportunità delle circostanze. È incontestabilmente un attributo esclusivo dell'anima.

Ogni atto meccanico è istintivo. Quello che denota riflessione, combinazione, deliberazione è un atto intelligente. L'uno è libero, l'altro non lo è.

L'istinto è una guida sicura che non s'inganna mai; l'intelligenza, per il solo fatto di essere libera, è talvolta soggetta a errori.

Se l'atto istintivo non ha il carattere dell'atto intelligente, esso nondimeno rivela una causa intelligente, essenzialmente atta a prevedere. Se si ammette che l'istinto ha la sua origine nella materia, bisogna ammettere che la materia è intelligente, anzi sicuramente più intelligente e previdente dell'anima, poiché l'istinto non s'inganna mai, mentre l'intelligenza s'inganna.

Se si considera l'istinto come un'intelligenza rudimentale, come si spiega il fatto che esso sia, in certi casi, superiore all'intelligenza raziocinante? Che esso dia la possibilità di eseguire cose che l'intelligenza non può realizzare?

Se esso è l'attributo d'uno speciale principio spirituale, che cosa diviene questo principio? Poiché l'istinto si cancella, accadrà che questo principio si distrugga? Se gli animali non sono dotati che dell'istinto, il loro avvenire è senza via d'uscita, e le loro sofferenze non hanno ricompensa. Questo non sarebbe conforme né alla giustizia né alla bontà di Dio (cap. II, n. 19).


13. Secondo altri sistemi, l'istinto e l'intelligenza avrebbero uno stesso e solo principio. Giunto a un certo grado di sviluppo, questo principio, che dapprima non avrebbe avuto che le qualità dell'istinto, subirebbe una trasformazione, la quale gli donerebbe le qualità dell'intelligenza libera.

Se così fosse, nell'uomo intelligente che perde la ragione e che è guidato solo dall'istinto, l'intelligenza ritornerebbe al suo stato primitivo; e quando egli recupera la ragione, l'istinto ritornerebbe intelligenza, e così alternativamente a ogni accesso, la qual cosa non è ammissibile.

D'altronde, l'intelligenza e l'istinto si mostrano spesso simultaneamente nel medesimo atto. Nel camminare, per esempio, il movimento delle gambe è istintivo; l'uomo mette un piede davanti all'altro macchinalmente, senza pensarci. Ma quando vuole accelerare o rallentare il passo, sollevare un piede o deviare, per evitare un ostacolo, allora v'è calcolo e combinazione: egli agisce con deliberato proposito. L'impulso involontario del movimento è l'atto istintivo; la direzione calcolata del movimento è l'atto intelligente. L'animale carnivoro è spinto dall'istinto a nutrirsi di carne; ma le precauzioni che prende e che varia, a seconda delle circostanze, per afferrare la preda, e la sua previsione dell'eventualità sono atti dell'intelligenza.

14. Un'altra ipotesi, che del resto si lega perfettamente all'idea dell'unità di principio, nasce dal carattere essenzialmente preveggente dell'istinto, e concorda con quanto lo Spiritismo ci insegna, affrontando i rapporti che intercorrono tra mondo spirituale e mondo corporale.

Sappiamo, adesso, che Spiriti disincarnati hanno per missione di vegliare sugli incarnati, di cui sono i protettori e le guide. Sappiamo, adesso, che li circondano dei loro effluvi fluidici, e che l'uomo agisce spesso in modo inconscio, sotto l'azione di questi effluvi.

Sappiamo, inoltre, che l'istinto, il quale produce lui stesso degli atti inconsci, predomina sui bambini e, in generale, sugli essere la cui ragione è debole. Orbene, secondo questa ipotesi l'istinto non sarebbe un attributo né dell'anima né della materia; non apparterrebbe propriamente all'essere vivente, ma sarebbe un effetto dell'azione diretta dei protettori invisibili, i quali supplirebbero all'imperfezione dell'intelligenza, provocando essi stessi gli atti inconsci necessari alla conservazione dell'essere. Ciò assomiglierebbe un po' all'uso delle briglie per bambini, per sostenerli quando ancora non sanno camminare. Ma, allo stesso modo con cui gradualmente si elimina l'uso delle briglie, via via che il bambino si sostiene da solo, così gli Spiriti protettori lasciano a sé stessi i loro protetti nella misura in cui questi sono in grado di lasciarsi guidare dalla loro stessa intelligenza.

Così l'istinto, lungi dall'essere il prodotto di una intelligenza rudimentale e incompleta, lo sarebbe di una intelligenza estranea nel pieno della sua forza. Si tratterebbe, cioè, di un'intelligenza protettrice, suppletiva dell'insufficienza, sia di una intelligenza più giovane — che essa spingerebbe a fare inconsciamente, per il suo stesso bene, ciò che è ancora incapace di fare da sola —, sia di una intelligenza matura, ma momentaneamente ostacolata nell'uso delle sue facoltà, come accade nell'uomo durante l'infanzia e nei casi di idiozia e di affezioni mentali.

Proverbialmente si dice che c'è un dio per i bambini, per i folli e per gli ubriachi. Tale detto è più vero di quanto non si creda; questo dio altri non è che lo Spirito protettore che veglia sull'essere incapace di proteggersi con la sua stessa ragione.


15. In quest'ordine di idee si può andare anche più lontano. Ma questa teoria, per quanto razionale possa essere, non risolve tutte le difficoltà della questione.

Se si osservano gli effetti dell'istinto, si nota innanzi tutto una unità di vedute e d'insieme, una sicurezza di risultati che non esistono più appena l'istinto è sostituito dall'intelligenza libera. Inoltre, all'adeguamento così perfetto e così costante delle facoltà istintive ai bisogni di ciascuna specie, si riconosce una profonda saggezza. Questa unità di vedute non potrebbe esistere senza l'unità di pensiero, e l'unità di pensiero è incompatibile con la diversità delle attitudini individuali. Essa soltanto poteva produrre questo insieme così perfettamente armonioso che persiste fin dall'origine dei tempi e in tutti i climi, con regolarità e precisione matematiche, senza mai venir meno. L'uniformità nel risultato delle facoltà istintive è un fatto caratteristico, che per forza di cose implica l'unità della causa. Se questa causa fosse inerente a ogni individualità, ci sarebbero tante varietà di istinti quanti sono gli individui, dalla pianta fino all'uomo. Un effetto generale, uniforme e constante deve avere una causa generale, uniforme e costante; un effetto che attesti saggezza e preveggenza deve avere una causa saggia e preveggente. Pertanto, una causa saggia e preveggente essendo necessariamente intelligente, non può essere esclusivamente materiale.

Non trovando nelle creature, incarnate o disincarnate, le qualità necessarie per produrre un tale risultato, è necessario risalire più in alto, vale a dire al Creatore stesso. Se ci si riporta alla spiegazione che è stata data circa il modo in cui si può concepire l'azione provvidenziale (cap. II, n. 24), se ci si figurano tutti gli esseri pervasi dal fluido divino, sovranamente intelligente, si comprenderà la saggezza preveggente e l'unità di vedute che presiedono a tutti i movimenti istintivi, per il bene di ciascun individuo. Questa sollecitudine è tanto più attiva, quanto meno risorse l'individuo ha in sé e nella sua stessa intelligenza. È per questo che essa, negli animali e negli esseri inferiori, si mostra più grande e più assoluta che nell'uomo.

Secondo questa teoria, si comprende come l'istinto sia una guida sempre sicura. L'istinto materno, il più nobile di tutti, che il materialismo abbassa al livello delle forze attrattive della materia, si ritrova considerato e nobilitato. In ragione delle sue conseguenze, bisognava ch'esso non fosse abbandonato alle eventualità capricciose dell'intelligenza e del libero arbitrio. Attraverso la madre, Dio stesso veglia sulle Sue creature nascenti.


16. Questa teoria non annulla in nessun modo il ruolo degli Spiriti protettori, il cui concorso è un fatto acquisito e provato dall'esperienza. Ma è da notare che l'azione di questi è essenzialmente individuale, che essa si modifica secondo le qualità proprie del protettore e del protetto e che in nessuna parte essa ha l'uniformità e la generalità dell'istinto. Dio, nella Sua saggezza, conduce Lui stesso i ciechi, ma affida a delle intelligenze libere la cura di condurre i vedenti, per lasciare a ciascuno la responsabilità delle sue azioni. La missione degli Spiriti protettori è un dovere ch'essi accettano volontariamente e che per loro è un mezzo d'avanzamento a seconda del modo in cui lo compiono.

17. Tutte queste maniere di considerare l'istinto sono necessariamente ipotetiche, né alcuna di esse ha un sufficiente carattere di autenticità per essere data come soluzione definitiva. La questione sarà certamente risolta un giorno, allorché si potranno riunire gli elementi di osservazione che ancora mancano. Fino a quel giorno, bisogna limitarsi a sottoporre le diverse opinioni al vaglio della ragione e della logica e attendere che luce sia fatta. La soluzione che più si avvicina alla verità sarà necessariamente quella che meglio corrisponde agli attributi di Dio, vale a dire alla Sua sovrana bontà e alla Sua sovrana giustizia (cap. II, n. 19).

18. Essendo l'istinto la guida, ed essendo le passioni le molle dell'anima nel primo periodo del suo sviluppo, queste e quello si confondono a volte nei loro effetti. Vi sono tuttavia tra questi due principi delle differenze che è essenziale considerare.

L'istinto è una guida sicura, sempre buona. In un determinato momento, esso può diventare inutile, ma mai nocivo. Esso, poi, si affievolisce per il predominare dell'intelligenza.

Le passioni, nelle prime età dell'anima, hanno questo in comune con l'istinto: gli esseri vi sono sollecitati con una forza egualmente inconscia. Le passioni nascono principalmente dalle necessità del corpo e dipendono, più che dall'istinto, dall'organismo. Ciò che soprattutto le distingue dall'istinto è il fatto che esse sono individuali e non producono, come quest'ultimo, degli effetti generali e uniformi. Variano, al contrario, di intensità e di natura a seconda degli individui. Esse sono utili, come stimolanti, fino allo sbocciare del senso morale, che di un essere passivo fa un essere raziocinante. Da questo momento esse diventano non più solamente inutili, ma nocive all'avanzamento dello Spirito, di cui ritardano la smaterializzazione. S'indeboliscono con lo sviluppo della ragione.

19. L'uomo che agisse costantemente solo per istinto potrebbe anche essere molto buono, ma lascerebbe dormire la sua intelligenza. Egli sarebbe come il bambino cui non si togliessero le briglie e che non sapesse così servirsi delle sue gambe. Colui che non domina le sue passioni può essere molto intelligente, ma nello stesso tempo molto malvagio. L'istinto si annulla da sé, le passioni non si domano che con lo sforzo della volontà.




Distruzione degli esseri viventi, gli uni con gli altri

20. La distruzione reciproca degli esseri viventi è una delle leggi della natura che, di primo acchito, sembrano meno conciliarsi con la bontà di Dio. Ci si chiede perché Egli abbia creato in loro la necessità di distruggersi vicendevolmente, per nutrirsi gli uni a spese degli altri.

A colui che non vede che la materia, che limita la sua visione della vita a quella presente, questa sembrerebbe in effetti un'imperfezione nell'opera divina. Il fatto è che, in generale, gli uomini giudicano la perfezione di Dio dal loro punto di vista. E, misurandone la saggezza con il giudizio che di essa hanno, pensano che Dio non potrebbe fare meglio di quanto essi stessi farebbero. Non permettendo la loro corta vista di giudicare l'insieme, essi non comprendono che un bene reale può derivare da un male apparente. La conoscenza del principio spirituale, considerato nella sua vera essenza, e della grande legge di unità, che costituisce l'armonia della creazione, è la sola che possa dare all'uomo la chiave di questo mistero e mostrargli la saggezza provvidenziale e l'armonia, esattamente là dove egli non vedeva che un'anomalia e una contraddizione.

21. La vera vita, dell'animale come dell'uomo, non sta nell'involucro corporeo più di quanto non stia nell'abbigliamento. Essa risiede nel principio intelligente che preesiste e sopravvive al corpo. Questo principio ha bisogno del corpo per svilupparsi attraverso il lavoro che deve compiere sulla materia bruta. Il corpo si logora in questo lavoro, ma lo Spirito non si consuma affatto. Al contrario, esso ne esce ogni volta più forte, più lucido e più capace. Che importa dunque che lo Spirito cambi più o meno spesso involucro? Egli non è per questo meno Spirito. È esattamente come se un uomo cambiasse cento volte l'anno il suo abbigliamento; non cesserebbe, per questo, di essere sempre lo stesso uomo.

Attraverso l'incessante spettacolo della distruzione, Dio insegna agli uomini la poca importanza ch'essi devono dare all'involucro materiale e suscita in loro l'idea della vita spirituale, facendogliela desiderare come un compenso.

Dio, si dirà, non poteva arrivare al medesimo risultato con altri mezzi, senza costringere gli esseri viventi a distruggersi tra loro? Se nella Sua opera tutto è saggezza, noi dobbiamo supporre che questa saggezza non deve mancare su questo punto più che sugli altri; se non comprendiamo ciò, dobbiamo attribuirne la causa al nostro scarso progresso. Tuttavia, noi possiamo provare a cercarne la ragione, prendendo come bussola questo principio: Dio deve essere infinitamente giusto e saggio. Cerchiamo, dunque, in ogni cosa la Sua giustizia e la Sua saggezza e inchiniamoci davanti a quanto oltrepassa le nostre cognizioni.

22. Una delle prime utilità che si presenta, riguardo a questa distruzione, è un'utilità — è vero — puramente fisica, ed è questa: i corpi organici si mantengono solo mediante l'aiuto delle materie organiche, che sono le sole che contengano gli elementi nutritivi necessari alla loro trasformazione. Poiché i corpi, strumenti d'azione del principio intelligente, hanno bisogno di essere incessantemente rinnovati, la Provvidenza fa sì che servano al loro mutuo sostentamento. È per questo che gli esseri si nutrono gli uni degli altri. Avviene, perciò, che il corpo si nutra del corpo, ma lo Spirito non ne è né annientato né alterato. È soltanto privato del suo involucro. [11]

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[11] Vedere Rivista Spiritista dell'agosto 1864, pag. 241, "Estinzione delle razze".
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23. Ci sono, inoltre, delle considerazioni morali di ordine più elevato.

La lotta è necessaria allo sviluppo dello Spirito; è nella lotta ch'esso esercita le sue facoltà. Quello che attacca per avere il suo nutrimento e quello che si difende per conservare la sua vita compiono un attacco basato sull'astuzia e sull'intelligenza e aumentano così le loro forze intellettive. L'uno dei due soccombe. Ma che cosa, in realtà, il più forte o il più abile ha tolto al più debole? La sua veste di carne, niente altro. Lo Spirito, che non è morto, più tardi ne prenderà un'altra.

24. Negli esseri inferiori della creazione, in coloro nei quali il senso morale non esiste, nei quali l'intelligenza non ha ancora sostituito l'istinto, la lotta non potrà avere per movente che la soddisfazione di un bisogno materiale. Orbene, uno dei bisogni materiali più imperiosi è quello della nutrizione; essi, dunque, lottano unicamente per vivere, vale a dire per afferrare o difendere una preda, poiché non potrebbero essere stimolati da un movente più elevato. È in questo periodo che l'anima si sviluppa e si adatta alla vita.

Presso l'uomo, c'è un periodo di transizione in cui, a fatica, egli si distingue dal bruto. Nelle ere primordiali, domina in lui l'istinto animale, e la lotta ha ancora come movente la soddisfazione dei bisogni materiali; più tardi, l'istinto animale e il sentimento morale si controbilanciano. L'uomo allora lotta, non più per nutrirsi, ma per soddisfare la sua ambizione, il suo orgoglio, il suo bisogno di dominare; per questo, deve ancora distruggere. Ma, nella misura in cui il senso morale prende il sopravvento, il bisogno di distruzione diminuisce e finisce addirittura per cancellarsi. Tale bisogno diviene allora odioso all'uomo, il quale inizia ad avere in orrore il sangue.

Tuttavia, la lotta è sempre necessaria allo sviluppo dello Spirito, poiché, pur giunto a questo punto, che a noi sembra culminante, l'uomo è ben lungi dall'essere perfetto. È solo a prezzo della sua attività ch'egli acquisisce conoscenze ed esperienza e che si spoglia delle ultime tracce di animalità. Ma da questo momento, la lotta, da sanguinosa e brutale che era, diventa puramente intellettuale; l'uomo lotta contro le difficoltà e non più contro i suoi simili. [12]

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[12] Senza voler dare prematuramente giudizi sulle conseguenze che si potrebbero trarre da questo principio, noi abbiamo soltanto voluto dimostrare, con questa spiegazione, che la distruzione degli esseri viventi, gli uni verso gli altri, non inficia in nulla la saggezza divina, e che tutto si concatena nelle leggi della natura. Questa concatenazione è necessariamente infranta se si prescinde dal principio spirituale. È per questo che tanti problemi rimangono insoluti, se si considera soltanto la materia.

Le dottrine materialiste portano in sé il principio della loro distruzione. Esse hanno contro di sé non solo il loro antagonismo, con le aspirazioni dell'universalità degli uomini, non solo le loro conseguenze morali, che faranno sì ch'esse siano respinte quali disgregatrici della società, ma anche il bisogno che si prova di rendersi conto di tutto ciò che nasce dal progresso. Lo sviluppo intellettuale porta l'uomo alla ricerca delle cause; ora, per poco ch'egli rifletta, non tarderà a riconoscere l'impossibilità del materialismo a spiegare tutto. In quale Modo, dottrine che non soddisfano né il cuore né la ragione né l'intelligenza, che lasciano insolute le questioni più vitali, potrebbero mai prevalere? Il progresso delle idee ucciderà il materialismo, così come ha ucciso il fanatismo.
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Capitolo IV - RUOLO DELLA SCIENZA NELLA GENESI

1. La storia dell'origine di quasi tutti i popoli antichi si confonde con quella della loro religione: è per questo che i loro primi libri sono stati libri religiosi. Siccome, poi, tutte le religioni si legano al principio delle cose, che è anche quello dell'umanità, esse hanno dato, sulla formazione e sull'assetto dell'universo, spiegazioni che sono in rapporto con lo stato delle conoscenze del tempo e dei loro fondatori. Ne è risultato che i primi libri sacri sono stati allo stesso tempo i primi libri di scienza, come per lungo tempo sono stati l'unico codice delle leggi civili.

2. Nei tempi primitivi, i mezzi di osservazione erano necessariamente molto imperfetti, e le prime teorie sul sistema del mondo dovevano essere disseminate di errori grossolani. Ma anche qualora questi mezzi fossero stati completi quanto lo sono al giorno d'oggi, gli uomini non avrebbero saputo servirsene. Tali mezzi d'altronde non potevano essere che il frutto dello sviluppo dell'intelligenza e della successiva conoscenza delle leggi della natura. Nella misura in cui l'uomo è avanzato nella conoscenza di queste leggi, ha penetrato i misteri della creazione e ha rettificato le idee che si era fatto sull'origine delle cose.

3. L'uomo è stato impossibilitato a risolvere il problema della creazione fino al momento in cui non gliene ha data la chiave la scienza. È stato necessario che l'astronomia gli aprisse le porte dello spazio infinito e gli permettesse di immergervi lo sguardo; che, attraverso la potenza del calcolo, potesse determinare con una precisione rigorosa il movimento, la posizione, il volume, la natura e il ruolo dei corpi celesti; che la fisica gli rivelasse le leggi della gravitazione, del calore, della luce e dell'elettricità; che la chimica gli insegnasse le trasformazioni della materia, e la mineralogia gli indicasse i materiali che formano la crosta terrestre; che la geologia gli insegnasse a leggere negli strati terrestri la formazione graduale di questo globo stesso. La botanica, la zoologia, la paleontologia, l'antropologia lo avrebbero, poi, iniziato alla filiazione e alla successione degli esseri organizzati. Con l'archeologia, egli ha potuto seguire le tracce dell'umanità attraverso le varie epoche. Tutte le scienze, insomma, completandosi le une con le altre, avrebbero apportato il loro indispensabile contributo per la conoscenza della storia del mondo. In mancanza di esse, l'uomo non avrebbe, come guida, che le sue prime ipotesi.

Così, prima che l'uomo entrasse in possesso di questi elementi di valutazione, tutti i commentatori della Genesi, la cui ragione si bloccava di fronte a delle impossibilità materiali, si rigiravano nel medesimo cerchio senza riuscire a venirne fuori. Ci sono riusciti solo quando la scienza ha aperto la strada, facendo breccia nel vecchio edificio delle credenze. Allora tutto ha cambiato aspetto. Una volta trovato il filo conduttore, le difficoltà si sono prontamente appianate; al posto di una Genesi immaginaria, si è avuta una Genesi positiva e in qualche modo sperimentale; i confini dell'universo si sono estesi all'infinito. Si sono visti la Terra e gli astri formarsi gradualmente secondo leggi eterne e immutabili, che testimoniano della grandezza e della saggezza di Dio molto meglio di una creazione miracolosa uscita tutt'a un tratto dal nulla, come un cambiamento a scena aperta, per un'idea improvvisa della Divinità dopo un'eternità di inazione.

Poiché è impossibile concepire la Genesi senza i dati forniti dalla scienza, si può dire in tutta verità che la scienza è chiamata a costruire la vera Genesi secondo le leggi della natura.

4. Al punto in cui è arrivata nel diciannovesimo secolo, la scienza ha risolto tutte le difficoltà del problema della Genesi?

No di certo, ma è incontestabile che ne ha distrutto irrevocabilmente tutti gli errori capitali e che, su dati irrefutabili, ne ha gettato le basi più essenziali. I punti ancora incerti non sono, per essere esatti, che questioni di dettaglio, la cui soluzione, qualunque essa sia in futuro, non può pregiudicare l'insieme. D'altronde, malgrado tutte le risorse di cui la scienza ha potuto disporre, le è mancato finora un elemento importante, senza il quale l'opera non potrebbe mai essere completa.

5. Di tutte le Genesi antiche, quella che più si avvicina ai dati scientifici moderni, nonostante gli errori ch'essa racchiude e che sono oggi dimostrati in modo evidente, è incontestabilmente quella di Mosè. Alcuni di questi errori sono anzi più apparenti che reali e provengono sia dalla falsa interpretazione di certe parole — il cui significato primitivo si è perduto passando di lingua in lingua attraverso la traduzione, oppure la cui accezione è cambiata con i costumi dei popoli — sia dalla forma allegorica, propria dello stile orientale, e che si è presa alla lettera invece di cercarne lo spirito.

6. La Bibbia contiene chiaramente dei fatti che la ragione, sviluppatasi con la scienza, non saprebbe al giorno d'oggi accettare, e altri fatti che ci appaiono strani e ripugnanti, perché si rifanno a usanze e costumi che non sono più i nostri. Ma, a parte ciò, ci sarebbe della parzialità a non riconoscere ch'essa racchiude cose grandi e belle. Nella Bibbia l'allegoria ha un posto considerevole e, sotto questo velo, essa nasconde verità sublimi che appaiono se si cerca il significato di fondo, perché allora l'assurdo scompare.

Come mai, però, non si è sollevato ben prima questo velo? Da un lato, c'è la mancanza di lumi che soltanto la scienza e una sana filosofia potevano dare, dall'altro, il principio dell'immutabilità assoluta della fede, conseguenza di un rispetto troppo cieco per una lettura alla lettera — rispetto che anche la ragione doveva osservare — e, in seguito, la paura di compromettere l'impalcatura di credenze costruite sul senso letterale. Partendo queste credenze da un punto primitivo, si è temuto che, se il primo anello della catena fosse venuto a spezzarsi, tutte le maglie della rete avrebbero finito col separarsi. È per questo che si sono voluti ostinatamente chiudere gli occhi. Ma chiudere gli occhi di fronte a un pericolo non significa evitarlo. Quando un edificio sta cedendo, non è forse più prudente sostituire le pietre in cattivo stato con delle nuove, piuttosto che attendere — per rispetto verso l'antichità dell'edificio — che il danno sia senza rimedio e che si debba ricostruirlo da cima a fondo?

7. La scienza, portando le sue ricerche fin nelle viscere della Terra e nella profondità dei cieli, ha dunque dimostrato, in maniera irrefutabile, gli errori della Genesi mosaica presa alla lettera e l'impossibilità materiale che le cose siano avvenute come vi sono testualmente riportate. Così procedendo, la scienza ha nello stesso tempo scagliato un massiccio attacco ad alcune credenze secolari. La fede ortodossa ne è stata profondamente turbata, perché ha creduto di vedersi portar via la sua pietra miliare. Ma chi doveva aver ragione? La scienza che andava avanti prudentemente e progressivamente sul solido terreno delle cifre e dell'osservazione, senza mai nulla affermare prima d'aver avuto la prova in mano, oppure una relazione scritta in un'epoca in cui i mezzi d'osservazione mancavano nel modo più assoluto? Chi dovrebbe vincere, in fin dei conti? Chi dice che due più due fa cinque e si rifiuta di verificarlo o chi dice che due più due fa quattro e lo dimostra?

8. Ma allora, si dirà, se la Bibbia è una rivelazione divina, Dio si è dunque sbagliato? Se essa non è una rivelazione divina non ha più autorità, e la religione, in mancanza di una base, crolla.

Delle due, l'una: la scienza o ha torto o ha ragione; se ha ragione, essa non può fare in modo che un'opinione contraria sia vera; né c'è rivelazione che possa vincere sull'autorità dei fatti.

Incontestabilmente Dio, che è tutta verità, non può indurre gli uomini in errore, né consapevolmente né inconsapevolmente, altrimenti non sarebbe Dio. Se dunque i fatti contraddicono le parole che Gli sono attribuite, bisogna logicamente concludere che Egli non le ha pronunciate o che esse sono state erroneamente intese.

Se la religione soffre in alcune sue parti di queste contraddizioni, il torto non è da addebitare alla scienza, la quale non può far sì che quanto è non sia, ma agli uomini, per aver stabilito prematuramente dei dogmi assoluti — di cui hanno fatto una questione di vita o di morte — su delle ipotesi suscettibili d'essere smentite dall'esperienza.

Ci sono delle cose al cui sacrificio bisogna rassegnarsi, volenti o nolenti, quando non si può fare diversamente. Quando il mondo è in cammino, non può la volontà di alcuni arrestarlo. La cosa più saggia da farsi è seguirlo e adattarsi al nuovo stato di cose, piuttosto che aggrapparsi al passato che crolla, col rischio di crollare con esso.

9. Si sarebbe forse dovuto, per rispetto verso quei testi considerati sacri, imporre il silenzio della scienza? Sarebbe stata cosa tanto impossibile quanto impedire alla Terra di girare. Le religioni, quali che siano, non hanno mai avuto nulla da guadagnare a sostenere errori palesi. La missione della scienza è quella di scoprire le leggi della natura. Ora, siccome queste leggi sono l'opera di Dio, esse non possono essere contrarie alle religioni basate sulla verità. Gettare l'anatema contro il progresso, quale attentatore della religione, è come gettarlo contro l'opera stessa di Dio. Inoltre, è inutile fatica, poiché tutti gli anatemi del mondo non impediranno alla scienza di proseguire, né alla verità di farsi strada. Se la religione si rifiuta di avanzare con la scienza, la scienza marcerà da sola.

10. Soltanto le religioni stazionarie possono temere le scoperte della scienza; queste scoperte non sono funeste che per quelle religioni che si lasciano distanziare dalle idee progressiste, immobilizzandosi nell'assolutismo delle loro credenze. Esse generalmente si fanno un'idea così meschina della Divinità, da non comprendere che assimilare le leggi della natura, rivelate dalla scienza, è glorificare Dio nelle sue opere; ma nella loro cecità preferiscono farne omaggio allo Spirito del male, attribuendo a lui queste leggi. Una religione che non fosse su nessun punto in contraddizione con le leggi della natura non avrebbe nulla da temere dal progresso e sarebbe invulnerabile.

11. La Genesi comprende due parti: la storia della formazione del mondo materiale e la storia della formazione dall'umanità, considerata nel suo duplice principio corporale e spirituale. La scienza si è limitata alla ricerca delle leggi che reggono la materia; dell'uomo stesso essa non ha studiato che l'involucro carnale. Da questo lato, essa è arrivata a rendersi conto, con una precisione incontestabile, delle principali parti del meccanismo dell'universo e dell'organismo umano. Su questo punto fondamentale, essa ha potuto completare la Genesi di Mosè e rettificarne le parti difettose.

Ma la storia dell'uomo, considerato come essere spirituale, si collega a uno speciale ordine di idee che non sono di dominio della scienza propriamente detta, la quale, per questo motivo, non ne ha fatto l'oggetto delle sue indagini. La filosofia che più particolarmente comprende, nelle sue attribuzioni, questo genere di studio, non ha formulato su questo punto che dei sistemi contraddittori: dalla spiritualità pura fino alla negazione del principio spirituale e di Dio stesso, senza altre basi che le idee personali dei loro autori. In assenza di una sufficiente verifica ha quindi lasciato la questione senza soluzione.

12. Tale questione, tuttavia, è per l'uomo la più importante, poiché tratta del problema del suo passato e del suo avvenire; la questione del mondo materiale non lo tocca che indirettamente. Ciò che prima di tutto gli importa sapere è da dove viene e dove va, se ha già vissuto e se vivrà ancora, e quale sorte gli è riservata.

Su tutte le questioni di tal genere, la scienza si mantiene muta. La filosofia non dà che delle soluzioni che arrivano a conclusioni diametralmente opposte, ma almeno essa permette di discutere, il che fa sì che molti si collochino al suo fianco, piuttosto che a quello della religione, che non discute.

13. Tutte le religioni sono d'accordo riguardo al principio dell'esistenza dell'anima, senza tuttavia dimostrarlo. Ma non sono d'accordo né sulla sua origine né sul suo passato né sul suo avvenire né soprattutto, cosa che è essenziale, sulle condizioni da cui dipende la sua sorte futura. Esse, per la maggior parte, fanno dell'avvenire dell'anima un quadro che impongono alla fede dei loro adepti e che non può essere da loro accettato se non con fede cieca, dal momento che non può sostenere un esame serio. Poiché il destino che tali religioni attribuiscono all'anima è legato, nei loro dogmi, alle idee che del mondo materiale e del meccanismo dell'universo erano state formulate nei tempi primitivi, tale concetto è inconciliabile con lo stato attuale delle conoscenze. Non potendo, poi, se non perdere con l'esame e la discussione, esse trovano più semplice vietare sia l'uno che l'altra.

14. Da queste divergenze, che riguardano l'avvenire dell'uomo, sono nati il dubbio e l'incredulità. L'incredulità, tuttavia, lascia un vuoto penoso. L'uomo guarda con ansietà all'ignoto in cui, presto o tardi, dovrà fatalmente entrare. L'idea del nulla lo agghiaccia; la sua coscienza gli dice che al di là del presente qualcosa gli è pur riservata: ma che cosa? La sua ragione, ormai sviluppatasi, non gli permette più di accettare le storie con cui si è cullata la sua infanzia e di prendere l'allegoria per la realtà. Qual è il senso di questa allegoria? La scienza ha strappato un angolo del velo, ma non gli ha rivelato ciò che a lui più importa sapere. Invano egli chiede. Niente gli risponde in maniera categorica e adeguata a placare le sue apprensioni; dappertutto trova affermazioni che si scontrano con negazioni, senza prove positive più dall'una che dall'altra parte. Da qui l'incertezza; e l'incertezza sulle cose della vita futura la sì che l'uomo si getti con una sorta di frenesia su quelle della vita materiale.

Tale è l'inevitabile effetto delle epoche di transizione: l'edificio del passato crolla, e quello del futuro è ancora da costruire. Questo uomo è come l'adolescente, che non ha più la fede ingenua dei suoi primi anni e non ha ancora le conoscenze dell'età matura. Egli non ha che delle vaghe aspirazioni che non sa definire.

15. Se la questione dell'uomo spirituale è rimasta, fino ai nostri giorni, allo stato di teoria, è perché sono mancati i mezzi d'osservazione diretta, che si sono invece avuti per costatare lo stato del mondo materiale, cosicché il campo è rimasto aperto alle congetture dello spirito umano. Fintantoché l'uomo non ha conosciuto le leggi che reggono la materia e non ha potuto applicare il metodo sperimentale, egli ha errato di sistema in sistema, da quelli che riguardano il meccanismo dell'universo, a quelli che riguardano la formazione della Terra. È avvenuto così nell'ordine morale come nell'ordine fisico. Per fissare le idee è mancato l'elemento essenziale: la conoscenza delle leggi del principio spirituale. Questa conoscenza era riservata alla nostra epoca, come quella delle leggi della materia è stata l'opera degli ultimi due secoli.

16. A tutt'oggi, lo studio del principio spirituale, compreso nella metafisica, era stato puramente speculativo e teorico. Nello Spiritismo esso è del tutto sperimentale. Con l'aiuto della facoltà medianica, ai giorni nostri più sviluppata e soprattutto più diffusa e meglio studiata, l'uomo si è trovato in possesso di un nuovo strumento di osservazione. La medianità è stata, per il mondo spirituale, ciò che il telescopio è stato per il mondo astrale, e il microscopio per il mondo degli infinitamente piccoli. Essa ha permesso di esplorare e di studiare, per così dire de visu, i rapporti del mondo spirituale col mondo corporale; di isolare, nell'uomo vivente, l'essere intelligente dall'essere materiale e di vederli agire separatamente. Una volta stabilite delle relazioni con gli abitanti del mondo spirituale, si è potuto seguire l'anima nel suo cammino ascendente, nelle sue migrazioni, nelle sue trasformazioni; si è potuto, infine, studiare l'elemento spirituale. Ecco ciò che mancava ai precedenti commentatori della Genesi per comprenderla e rettificarne gli errori.

17. Il mondo spirituale e il mondo materiale, essendo in continuo contatto, sono l'un l'altro solidali; tutti e due hanno la loro parte d'azione nella Genesi. Senza la conoscenza delle leggi che reggono il primo, sarebbe impossibile costituire una Genesi completa, così come impossibile è a uno scultore dar vita a una statua. Oggi soltanto, benché né la scienza materiale né la scienza spirituale abbiano detto la loro ultima parola, l'uomo possiede i due elementi adatti a gettar luce su questo immenso problema. Occorrevano assolutamente queste due chiavi per arrivare a una soluzione, sia pure approssimativa.




Capitolo V - ANTICHI E MODERNI SISTEMI DEL MONDO

1. La prima idea che gli uomini si fecero della Terra, del movimento degli astri e della costituzione dell'universo dovette essere, all'origine, unicamente basata su ciò che i sensi percepivano. Nell'ignoranza delle più elementari leggi della fisica e delle forze della natura, non avendo che la loro vista limitata quale mezzo di osservazione, non potevano giudicare che sulle apparenze.

Vedendo il sole apparire al mattino da un lato dell'orizzonte e scomparire la sera dal lato opposto, si concluse naturalmente che esso girava attorno alla Terra, mentre questa restava immobile. Se allora si fosse detto agli uomini che è il contrario che avviene, essi avrebbero risposto che ciò non poteva essere: "Perché — avrebbero detto — noi vediamo il sole cambiare di posto, ma non sentiamo la Terra muoversi".

2. La scarsa diffusione dei viaggi, che allora raramente superavano i confini della tribù o della vallata, non poteva permettere di constatare la sfericità della Terra. Come, d'altronde, supporre che la Terra potesse essere una sfera? Gli uomini non avrebbero potuto stare che sul punto più elevato; e, pur supponendola abitata su tutta la superficie, come avrebbero potuto vivere nell'emisfero opposto? Con la testa in giù e i piedi in su? La cosa sarebbe sembrata ancor meno possibile con un movimento di rotazione. Quando, ancora ai giorni nostri, in cui si conosce la legge di gravitazione, si vede gente, relativamente illuminata, non rendersi conto di questo fenomeno, non ci si deve stupire che gli uomini delle prime ere non l'avessero neppure supposto.

La Terra era dunque per loro una superficie piana e circolare come una macina di mulino, che si estendeva a perdita d'occhio in direzione orizzontale; da qui l'espressione usata ancor oggi: andare in capo al mondo. I suoi limiti, il suo spessore, il suo interno, la sua faccia inferiore e quanto c'era sotto, tutto ciò era l'incognito. [13]

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[13] "La mitologia indù insegnava che l'astro del giorno si spogliava la sera della sua luce e attraversava il cielo durante la notte, scuro in volto. La mitologia greca rappresentava il carro di Apollo trainato da quattro cavalli. Anassimandro di Mileto sosteneva, a quanto riferisce Plutarco, che il Sole era un carro pieno d'un fuoco molto vivo che usciva da un'apertura circolare. Epicuro, secondo alcuni, sarebbe stato dell'opinione che il Sole prendesse fuoco al mattino e si spegnesse la sera nelle acque dell'oceano; secondo altri, egli avrebbe fatto di questo astro una sorta di pietra pomice, riscaldata fino all'incandescenza. Anassagora guardava al Sole come a un ferro arroventato dell'estensione del Peloponneso. Osservazione tanto singolare per gli antichi, i quali erano invincibilmente portati a considerare la grandezza apparente di questo astro come reale, che perseguitarono questo temerario filosofo per aver osato attribuire un tale volume alla fiaccola del giorno. Fu necessaria tutta l'autorità di Pericle per salvarlo da una condanna a morte che fu commutata in una sentenza d'esilio." [Flammarion, Studi e letture sull'astronomia, pag. 6]

Di fronte a tali idee, profferite nel quinto secolo avanti Cristo, ai tempi più fiorenti della Grecia, non ci si può stupire di quelle che, sul sistema del mondo, nutrivano gli uomini delle prime ere.
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3. Il cielo, apparendo in forma concava, era, secondo la credenza popolare, realmente una volta, i cui bordi inferiori poggiavano sulla Terra e ne segnavano i confini; era, insomma, come una vasta cupola, il cui volume era completamente riempito dall'aria. Senza alcuna nozione di spazio infinito, incapaci anche solo di concepirlo, gli uomini s'immaginavano questa volta formata da materia solida. Da qui il nome di firmamento, che è sopravvissuto alla credenza popolare e che significa fermo, resistente (dal latino firmamentum, derivato da firmus, e dal greco herma, hermatos, fermo, sostegno, supporto, punto d'appoggio).

4. Le stelle, di cui essi non potevano supporre la natura, erano dei semplici punti luminosi, più o meno grandi, fissati alla volta come lampade sospese, disposte su di un'unica superficie e, di conseguenza, tutte alla medesima distanza dalla Terra, nella stessa maniera in cui vengono rappresentate all'interno di certe cupole dipinte di blu, per raffigurare l'azzurro dei cieli.

Quantunque al giorno d'oggi le idee siano ben altre, l'uso delle antiche espressioni si è conservato. Si dice ancora, per esempio: la volta stellata, sotto la calotta del cielo.

5. La formazione delle nuvole per l'evaporazione delle acque della Terra era allora egualmente sconosciuta. A chi poteva venire in mente che la pioggia che cade dal cielo avesse la sua origine sulla Terra, da cui nessuno vedeva l'acqua salire? Da qui la credenza che esistessero delle acque superiori e delle acque inferiori, delle sorgenti celesti e delle sorgenti terrestri, e dei bacini situati nelle regioni alte, supposizione, questa, che si accordava perfettamente con l'idea di volta solida, in grado di sostenerli. Le acque superiori, filtrando attraverso le fessure della volta, cadevano in pioggia, e, a seconda che queste fessure fossero più o meno larghe, la pioggia era leggera o torrenziale e diluviale.

6. La completa ignoranza dell'insieme dell'universo e delle leggi che lo reggono, della natura, della costituzione e della destinazione degli astri, che d'altronde sembravano così piccoli relativamente alla Terra, dovette necessariamente far considerare questa come la cosa principale, lo scopo unico della creazione, e gli astri come degli accessori creati unicamente in favore dei suoi abitanti. Questo pregiudizio si è perpetuato fino ai nostri giorni, malgrado le scoperte della scienza, che hanno cambiato, per l'uomo, l'aspetto del mondo. Quanta gente crede ancora che le stelle siano degli ornamenti del cielo per deliziare la vista degli abitanti della Terra!

7. Non si tardò, però, ad accorgersi dell'apparente moto delle stelle, che si muovono in massa da oriente a occidente, levandosi la sera e scomparendo al mattino, conservando le loro rispettive posizioni. Questa osservazione non ebbe per lungo tempo altra conseguenza che quella di confermare l'idea di una volta solida, che trascinava le stelle nel suo movimento di rotazione.

Queste idee originarie, molto semplicistiche, hanno costituito, per lunghi e secolari periodi, la base delle credenze religiose e sono anche servite di base a tutte le cosmogonie antiche.

8. Più tardi si comprese, attraverso le direzion del movimento delle stelle e del loro ritorno periodico nel medesimo ordine, che la volta celeste non poteva essere semplicemente una semisfera poggiata sulla Terra, bensì una sfera intera e cava, al centro della quale si trovava la Terra. Questa era immaginata sempre piatta o tutt'al più convessa e abitata soltanto sulla superficie superiore. Era già un progresso.

Ma su che cosa era poggiata la Terra? Sarebbe inutile riferire tutte le ridicole supposizioni enfatizzate dall'immaginazione, a partire da quella degli indiani, i quali raccontavano che fosse portata da quattro elefanti bianchi e che questi fossero a loro volta trasportati sulle ali di un immenso avvoltoio. I più saggi ammettevano che, loro, non ne sapevano nulla.

9. Tuttavia un'opinione abbastanza diffusa nelle teogonie pagane collocava nei luoghi bassi, in altre parole nelle profondità della Terra, o al di sotto — non se ne sapeva tropo — la dimora dei malvagi, chiamata inferno, cioè luoghi inferiori; mentre nei luoghi alti, al di là della regione delle stelle, collocava la dimora dei beati. La parola inferno si è mantenuta fino ai nostri giorni, quantunque abbia perduto il suo significato etimologico, dopo che la geologia ha sgombrato il luogo degli eterni supplizi dalle viscere della Terra, e dopo che l'astronomia ha dimostrato che nello spazio infinito non esiste né alto né basso.

10. Sotto il terso cielo della Caldea, dell'India e dell'Egitto, culla delle più antiche civiltà, si poté osservare il movimento degli astri con tanta precisione quanta ne permetteva la mancanza di speciali strumenti. Si vide, per prima cosa, che alcune stelle avevano un movimento proprio, indipendente dalla massa, il che non permetteva di supporre ch'esse fossero attaccate alla volta celeste. Furono chiamate stelle erranti o pianeti per distinguerle dalle stelle fisse. Furono calcolati i loro movimenti e i loro ritorni periodici.

Nel movimento diurno della sfera stellata, si notò l'immobilità della stella polare, intorno alla quale le altre stelle descrivevano, in ventiquattro ore, dei cerchi obliqui paralleli più o meno grandi, a seconda della loro distanza dalla stella centrale. Questo fu il primo passo verso la conoscenza dell'obliquità dell'asse del mondo. Viaggi più lunghi permisero di osservare la differenza degli aspetti del cielo, secondo le latitudini e le stagioni. La verifica del fatto che l'elevazione della stella polare al di sopra dell'orizzonte variava con la latitudine aprì la strada alla percezione della sfericità della Terra. È così che, a poco a poco, ci si fece un'idea più giusta del sistema del mondo.

Verso l'anno 600 a.C., Talete da Mileto (Asia Minore) scoprì la sfericità della Terra, l'obliquità dell'eclittica e la causa delle eclissi.

Un secolo più tardi, Pitagora da Samo scopre il moto diurno della Terra sul suo asse, il suo moto annuale intorno al Sole e annette i pianeti e le comete al sistema solare.

Nel 160 a.C., Ipparco d'Alessandria d'Egitto inventa l'astrolabio, calcola e predice le eclissi, osserva le macchie solari, determina l'anno tropico e la durata delle rivoluzioni della Luna.

Per quanto preziose fossero queste scoperte per il progresso della scienza, esse ci misero quasi duemila anni per divulgarsi. Le idee nuove, non avendo allora, per diffondersi, nient'altro che dei rari manoscritti, restavano appannaggio di alcuni filosofi, i quali le trasmettevano a degli allievi privilegiati. Le masse, che nessuno quasi mai si sognava di illuminare, non ne traevano alcun beneficio e continuavano a nutrirsi delle vecchie credenze.

11. Verso l'anno 140 dell'era cristiana, Tolomeo, uno degli uomini più illustri della Scuola Alessandrina, unendo le sue idee con le credenze popolari e con alcune delle più recenti scoperte astronomiche, compose un sistema che potremmo chiamare misto, il quale porta il suo nome e, per quasi quindici secoli, fu il solo a essere adottato nel mondo civilizzato.

Secondo il Sistema Tolemaico, la Terra è una sfera al centro dell'universo.Essa si componeva di quattro elementi: la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco. C'era una prima regione, che era detta elementare. La seconda regione, detta eterea, comprendeva undici cieli, o sfere concentriche, che giravano attorno alla Terra, e cioè: il cielo della Luna, i cieli di Mercurio, di Venere, del Sole, di Marte, di Giove, di Saturno, delle stelle fisse, del primo cristallino, sfera solida trasparente; poi, del secondo cristallino e, infine, del primo mobile, che dava il movimento a tutti i cieli inferiori e faceva loro compiere una rivoluzione ogni ventiquattro ore. Al di là degli undici cieli stava, l’Empireo, dimora dei beati, così chiamato dal greco par, che significa fuoco, poiché si credeva che questa regione risplendesse di luce come il fuoco.

La credenza in molti cieli sovrapposti ha per lungo tempo prevalso; ma si variava sul numero. Il settimo cielo era generalmente considerato come il più elevato; da qui l'espressione: essere estasiato fino al settimo cielo. San Paolo ha detto ch'egli era stato innalzato al terzo cielo.

Indipendentemente dal movimento comune, gli astri avevano, secondo Tolomeo, dei movimenti propri, più o meno ampi, a seconda della loro distanza dal centro. Le stelle fisse compivano una rivoluzione in 25.816 anni. Quest'ultima valutazione denota la conoscenza della precessione degli equinozi, che si compie in effetti in 25.868 anni.

12. All'inizio del sedicesimo, Copernico, celebre astronomo, nato a Thorn (Prussia) nel 1472, morto nel 1543, riprese le idee di Pitagora. Egli pubblicò un sistema che, confermato ogni giorno dalle nuove osservazioni, fu favorevolmente accolto e non tardò a rovesciare quello di Tolomeo. Secondo questo sistema, il Sole è al centro, e i pianeti descrivono delle orbite circolari attorno a questo astro, essendo la Luna un satellite della Terra.

Circa un secolo più tardi, nel 1609, Galileo, nato a Firenze, inventa il telescopio. Nel 1610 scopre i quattro satelliti di Giove e calcola le loro rivoluzioni; riconosce che i pianeti non hanno luce propria come le stelle, ma sono illuminati dal Sole; constata che sono delle sfere simili alla Terra; osserva le loro fasi e ne determina la durata della rotazione sul loro asse. Egli conferma così definitivamente, attraverso prove materiali, il sistema di Copernico.

Da allora la costruzione dei cieli sovrapposti crollò del tutto. I pianeti furono riconosciuti come mondi simili alla Terra e, come la Terra, senza dubbio abitati; le stelle come innumerevoli soli, probabili centri di altrettanti sistemi planetari; e il Sole, anch'esso, fu riconosciuto come una stella, centro di un turbinio di pianeti che gli sono soggetti. Le stelle non sono più confinate in una zona della sfera celeste ma irregolarmente disseminate nello spazio senza limiti. Quelle che sembrano sfiorarsi si trovano a distanze incommensurabili le une dalle altre; le più piccole in apparenza sono le più lontane da noi; le più grandi, quelle che sono le più vicine, sono ancora a centinaia di miliardi di leghe da noi.

I gruppi ai quali si è dato il nome di costellazioni non sono, in realtà, che dei raggruppamenti apparenti, dovuti dalla distanza; le loro figure sono effetti della prospettiva, come ne formano, alla vista di chi si trovi in un certo punto, delle luci sparse in una vasta pianura o degli alberi in una foresta. Ma questi raggruppamenti, in realtà, non esistono. Se ci si potesse trasportare nella regione di una di queste costellazioni, via via che ci si avvicinasse, quella figura scomparirebbe, e nuovi raggruppamenti si disegnerebbero di fronte a noi.

Dal momento che questi raggruppamenti esistono solo in apparenza, il significato che una popolare credenza superstiziosa attribuisce loro è illusorio, e la loro influenza non potrebbe esistere che nella immaginazione.

Per distinguere le costellazioni, si sono dati loro nomi quali: Leone, Toro, Gemelli, Vergine, Bilancia, Capricorno, Cancro, Orione, Ercole, Orsa Maggiore o Grande Carro, Orsa Minore o Piccolo Carro, Lira ecc. Sono state rappresentate con le figure che richiamano questi nomi, per la maggior parte di fantasia, ma che, in ogni caso, non hanno alcun rapporto con la forma apparente del gruppo di stelle. Sarebbe perciò inutile che si cercassero queste figure nel cielo.

La credenza nell'influenza delle costellazioni, di quelle soprattutto che costituiscono i dodici segni dello zodiaco, viene dall'idea legata ai nomi ch'esse portano. Se quella chiamata leone fosse stata chiamata asino o agnello certamente le sarebbe stato attribuito tutt'altro influsso.


13. A partire da Copernico e da Galileo, le vecchie cosmogonie sono per sempre distrutte. L'astronomia poteva soltanto avanzare e non arretrare. La storia narra le lotte che questi uomini di genio dovettero sostenere contro i pregiudizi e soprattutto contro lo spirito di setta, interessato al mantenimento degli errori sui quali si erano fondate delle credenze che si immaginava poggiassero su una base incrollabile. È stata sufficiente l'invenzione di uno strumento ottico per far crollare una costruzione di molte migliaia di anni. Ma nulla potrebbe prevalere su una verità riconosciuta tale. Grazie alla stampa, il pubblico, iniziato alle nuove idee, incominciava a non cullarsi più nelle illusioni e prendeva parte alla lotta. Non bisognava più combattere contro qualche individuo, ma contro l'opinione generale che si schierava dalla parte della verità.

Quanto grande è l'universo in confronto alle meschine proporzioni che gli assegnavano i nostri padri! Quanto sublime è l'opera di Dio, allorché vediamo ch'essa si realizza secondo le eterne leggi della natura! Ma anche quanto tempo, quanti sforzi di genio, quanta abnegazione sono stati necessari per aprire gli occhi agli uomini e strappar loro la benda dell'ignoranza!

14. Era ormai aperta la strada dove illustri e numerosi scienziati stavano per entrare al fine di completare l'opera abbozzata. Keplero, in Germania, scopre le celebri leggi — che portano il suo nome —, con l'aiuto delle quali scopre che i pianeti descrivono non delle orbite circolari ma delle ellissi, di cui il Sole occupa uno dei fuochi. Newton, in Inghilterra, scopre la legge di gravitazione universale. Laplace, in Francia, crea la meccanica celeste. Finalmente, l'astronomia non è più un sistema fondato su congetture o probabilità, ma una scienza fissata sulle più rigorose basi del calcolo e della geometria. Così è stata posta una delle pietre fondamentali della Genesi, tremila e trecento anni circa dopo Mosè.




Capitolo VI - URANOGRAFIA GENERALE



Lo spazio e il tempo

1. Dello spazio sono state date parecchie definizioni, la principale delle quali è questa: lo spazio è l'estensione che separa due corpi. Da ciò certi sofisti hanno dedotto che là, dove non c'erano corpi, non c'era neppure spazio. È su questo che si sono basati alcuni dottori in teologia per stabilire che lo spazio era necessariamente limitato, adducendo il fatto che un certo limitato numero di corpi non avrebbe potuto formarne una serie infinita; e che là, dove i corpi si arrestavano, lo spazio si arrestava anch'esso. Si è anche definito lo spazio in questo modo: il luogo in cui si muovono i mondi, il vuoto dove si agita la materia ecc. Ma lasciamo riposare nei trattati tutte queste definizioni che, in realtà, non definiscono un bel nulla.

Spazio è una di quelle parole che rappresentano una idea primitiva e assiomatica, di per sé stessa evidente, e che le diverse definizioni — che di essa si possono dare — non servono che a oscurare. Noi tutti sappiamo che cos'è lo spazio, e io voglio stabilire la sua infinità, affinché nostri ulteriori studi non abbiano alcuna barriera che si opponga alle investigazioni del nostro sguardo. Orbene, io dico che lo spazio è infinito, per la semplice ragione che non è possibile supporne alcun limite e che, nonostante la difficoltà che noi abbiamo di concepire l’infinito, ci è tuttavia più facile andare col pensiero eternamente nello spazio, piuttosto che arrestarci in un luogo qualsiasi, dopo il quale non incontreremmo più un'estensione da percorrere.

Per figurarci, per quanto è nelle nostre limitate facoltà, l'infinità dello spazio, supponiamo di partire dalla Terra, sperduta in mezzo all'infinito, verso un punto qualsiasi dell'universo, e questo con la prodigiosa velocità della scintilla elettrica che supera migliaia di leghe al secondo. Abbiamo appena lasciato questo globo che già abbiamo percorso milioni di leghe e ci troviamo in un luogo dal quale la Terra non ci appare che sotto l'aspetto d'una pallida stella. Un istante dopo, seguendo sempre la medesima direzione, ci avviciniamo a quelle stelle lontane che a stento voi distinguete dal vostro osservatorio terrestre. E di là, non solo la Terra è, al nostro sguardo, interamente perduta nelle profondità del cielo, ma il Sole stesso, con tutto il suo splendore, si è eclissato per la distanza che ci separa da lui. Sempre animati dalla medesima velocità del lampo, superiamo, a ogni passo che muoviamo nell'immensa distesa, sistemi di mondi, isole di luce eterea, vie stellifere, paraggi sontuosi nei quali Dio ha seminato i mondi con la medesima profusione con cui ha disseminato di piante le praterie della Terra.

Orbene, camminiamo da appena alcuni minuti e già centinaia di milioni e milioni di leghe ci separano dalla Terra, miliardi di mondi sono passati sotto il nostro sguardo, eppure — ascoltate! — noi non siamo, in realtà, avanzati di un solo passo nell'universo.

Se continuiamo così per anni, per secoli, per migliaia di secoli, per milioni di periodi cento volte secolari e incessantemente con la medesima velocità del lampo, noi non saremo avanzati di più! E questo accade da qualsiasi parte noi andiamo, verso qualsiasi punto ci dirigiamo, dopo aver lasciato quel granello invisibile che si chiama Terra!

Ecco che cos'è lo spazio!


2. Il tempo, come lo spazio, è una parola che si definisce da sé stessa. Ci se ne può fare un'idea più esatta stabilendo una sua relazione con il tutto infinito.

Il tempo è la successione delle cose. Esso è legato all'eternità allo stesso modo in cui queste cose sono legate all'infinito. Figuriamoci all'origine del nostro mondo, in quell'epoca primitiva in cui la Terra ancora non si equilibrava sotto il divino impulso; in una parola, agli inizi della Genesi. Qui il tempo non è ancora uscito dalla misteriosa culla della natura. Nessuno può dirci in quale epoca secolare noi ci troviamo, poiché il bilanciere dei secoli non è ancora in movimento.

Ma silenzio! Scocca, al suono eterno di una campana, la prima ora di una Terra isolata; il pianeta si muove nello spazio e da allora c'è sera e mattino. Al di là della Terra, l'eternità resta impassibile e immobile,quantunque il tempo marci per molti altri mondi. Sulla Terra, il tempo sostituisce l'eternità, e durante una determinata serie di generazioni si conteranno gli anni e i secoli.

Trasportiamoci ora all'ultimo giorno di questo mondo, all'ora in cui, curva sotto il peso della vecchiaia, la Terra si cancellerà dal libro della vita per non ricomparirvi mai più: a questo punto la successione degli avvenimenti si arresta; i movimenti terrestri che misuravano il tempo s'interrompono, e con essi finisce anche il tempo.

Questa semplice esposizione di eventi naturali, che danno origine al tempo, lo nutrono e lo lasciano morire, è sufficiente a dimostrare che, visto dal punto in cui noi dobbiamo porci per i nostri studi, il tempo è una goccia d'acqua che cade da una nuvola nel mare, e la cui caduta viene misurata.

Tanti i mondi nella vasta estensione, tanti i tempi, diversi e incompatibili. Al di fuori dei mondi, la sola eternità sostituisce queste successioni effimere e serenamente riempie della sua luce immobile l'immensità dei cieli. Immensità senza confini ed eternità senza limiti, tali sono le due grandi proprietà della natura universale.

L'occhio dell'osservatore che attraversa, senza mai incontrare sosta, le distanze incommensurabili dello spazio, e quello del geologo che risale al di là dei limiti delle età o che discende nelle profondità dell'eternità dalle fauci spalancate, in cui entrambi si perderanno un giorno, agiscono di comune accordo, ciascuno nella sua direzione, per acquisire questa duplice funzione dell'infinito: estensione e durata.

Ora, mantenendo quest'ordine di idee, ci sarà facile comprendere che il tempo non è che il rapporto delle cose transitorie e che dipende unicamente dalle cose che si misurano. Orbene, se prendessimo come unità di misura i secoli terrestri e li ammucchiassimo a migliaia su migliaia per formarne un numero colossale, questo numero non rappresenterà mai nient'altro che un punto nell'eternità ; allo stesso modo che migliaia di leghe unite a migliaia di leghe non sono che un punto nell'infinita superficie.

Così, per esempio, essendo i secoli al di fuori della vita eterea dell'anima, noi potremmo scrivere un numero lungo tanto quanto l'equatore terrestre e immaginarci invecchiati per quel numero di secoli, senza che in realtà la nostra anima conti un solo giorno di più. Se poi aggiungessimo a questo numero indefinibile di secoli una serie, lunga come da qui al Sole, di numeri simili o ancor più considerevoli, e immaginassimo di vivere per tutta la prodigiosa successione di periodi secolari rappresentati dall'addizione di tali numeri, allorché giungessimo al termine, l'inconcepibile accumulo di secoli, che peserebbe sulle nostre teste, sarebbe come se non ci fosse: resterebbe sempre, davanti a noi, tutta intera l'eternità.

Il tempo non è che una misura relativa della successione delle cose transitorie. L'eternità non è suscettibile di alcuna misura dal punto di vista della durata. Per l'eternità non esiste né inizio né fine. Tutto è al presente per l'eternità.

Se i secoli dei secoli sono meno di un secondo in rapporto all'eternità, che cos'è la durata della vita umana!




La materia

3. A prima vista, niente parrebbe tanto profondamente variato, tanto essenzialmente distinto quanto le diverse sostanze che compongono il mondo. Tra gli oggetti, che l'arte o la natura fanno quotidianamente passare sotto il nostro sguardo, ne esistono forse due che mostrino una perfetta identità o soltanto una parità di composizione? Quale differenza, dal punto di vista della solidità, della compressibilità, del peso e delle proprietà multiple dei corpi, tra i gas atmosferici e una rete d'oro! Quale differenza tra la molecola acquosa della nuvola e quella del minerale che forma la struttura ossea del globo! Quale diversità tra il tessuto chimico delle varie piante che arricchiscono il regno vegetale e quello dei rappresentanti, non meno numerosi, del regno animale sulla Terra!

Tuttavia, noi possiamo asserire, in via di principio assoluto, che, qualsiasi differenza possano presentare tutte le sostanze conosciute e sconosciute, sia dal punto di vista della loro costituzione interna, sia in rapporto alla loro azione reciproca, non sono, in effetti, che dei modi diversi sotto cui la materia si presenta; sono, insomma delle varietà nelle quali la materia si è trasformata sotto la direzione delle innumerevoli forze che la governano.

4. La chimica, i cui progressi sono stati così rapidi dopo la mia epoca, e che gli stessi seguaci relegavano ancora nel dominio segreto della magia, questa nuova scienza, dunque, si può a giusto titolo considerare come la figlia del secolo dell'osservazione e come unicamente basata, ben più solidamente delle sue sorelle maggiori, sul metodo sperimentale. La chimica, dico, ha fatto tabula rasa dei quattro elementi primitivi che gli Antichi avevano concordato di riconoscere nella natura. La chimica ha dimostrato che l'elemento terrestre non è che la combinazione di sostanze diverse variate all'infinito; ha dimostrato che l'aria e l'acqua sono egualmente scomponibili e sono il prodotto di un certo numero di gas equivalenti; che il fuoco, lungi dall'essere anch'esso un elemento principale, non è che uno stato della materia, risultante dal movimento universale al quale essa è sottoposta, e da una combustione sensibile o latente.

In compenso essa ha scoperto un numero considerevole di principi fino ad allora sconosciuti, che le è subito parso possibile potessero formare, attraverso loro determinate combinazioni, le diverse sostanze e i diversi corpi che essa ha studiato, e che agiscono simultaneamente, secondo certe leggi e in certe proporzioni, nei lavori che si realizzano nel grande laboratorio della natura. Questi principi sono stati dalla chimica denominati corpi semplici, precisando così ch'essa li considera primitivi e indecomponibili e che nessuna operazione, fino a oggi, potrebbe ridurli in parti relativamente più semplici di quanto essi stessi già non siano. [15]

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[15] I principali corpi semplici sono: tra i corpi non metallici, l'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto, il cloro, il carbonio, il fosforo, lo zolfo, lo iodio; fra i corpi metallici, l'oro, l'argento, il platino, il mercurio, il piombo, lo stagno, lo zinco, il ferro, il rame, l'arsenico, il sodio, il potassio, il calcio, l'alluminio ecc.
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5. Ma là, dove si arrestano le valutazioni dell'uomo, sia pure aiutato dai più impressionabili sensori, l'opera della natura continua. Là dove il volgo prende l'apparenza per realtà, là dove l'esperto solleva il velo e percepisce l'inizio delle cose, l'occhio di colui che ha potuto afferrare il modo di agire della natura non vede altro, nei materiali costitutivi del mondo, che la materia cosmica primitiva, semplice e una, differenziata in certe regioni all'epoca della loro nascita, suddivisa in corpi tra di essi solidali durante la loro vita, materiali un giorno smembrati, per effetto della decomposizione, nel ricettacolo dell'infinita estensione.

6. Vi sono questioni tali che noi stessi, Spiriti amanti della scienza, non sapremmo approfondire e sulle quali non potremmo emettere che delle opinioni personali più o meno congetturali. Su problemi di tal genere, o tacerò o giustificherò il mio modo di vedere; ma questo qui non appartiene a questo numero. A coloro che fossero tentati di scorgere nelle mie parole soltanto una teoria azzardata, dirò: "Avvolgete, se è possibile, in uno sguardo investigatore, la molteplicità delle operazioni della natura, e riconoscerete che, se non si ammette l'unità della materia, è impossibile spiegare, non dirò soltanto i soli e le sfere, ma — senza andare così lontano — neppure la germinazione di un seme sotto terra o la produzione di un insetto".

7. Se nella materia si osserva una tale diversità è perché, essendo in numero illimitato sia le forze che hanno presieduto alle sue trasformazioni, sia le condizioni nelle quali tali trasformazioni si sono prodotte, le varie combinazioni della materia non potevano che essere illimitate esse stesse.

Dunque, che la sostanza che si considera appartenga ai fluidi propriamente detti, vale a dire ai corpi imponderabili, o che essa sia rivestita dei caratteri e delle proprietà ordinarie della materia, non c'è, in tutto l'universo, che una sola sostanza primitiva: il cosmo o materia cosmica degli uranografi.




Le leggi e le forze

8. Se uno di quegli esseri sconosciuti che consumano la loro effimeraesistenza nelle profondità delle tenebrose regioni dell'oceano, se uno di quei poligastrici, se una di quelle nereidi — miseri animali microscopici che della natura non conoscono che i pesci ittiofagi e le foreste sottomarine — ricevesse tutt'a un tratto il dono dell'intelligenza, la facoltà di studiare il proprio mondo e di stabilire sulle sue valutazioni un ragionamento congetturale esteso alla universalità delle cose, quale idea si farebbe della natura vivente che si sviluppa nel suo ambiente, e quale idea del mondo terrestre che non appartiene al campo delle sue osservazioni?

Se, tuttavia, per un effetto meraviglioso della sua nuova potenza, quello stesso essere giungesse a elevarsi al di sopra delle sue tenebre eterne, fino alla superficie del mare, non lontano dalle rive lussureggianti di un'isola dalla vegetazione splendida, dal sole fecondo, dispensatore d'un benefico calore, quale giudizio esso darebbe allora delle sue anticipate teorie sulla creazione universale, teorie ch'esso ben presto cancellerebbe attraverso una più ampia valutazione, ma ancora relativamente incompleta quanto la prima? Tale, o uomini, è l'immagine della vostra scienza interamente speculativa! [16]

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[16] Tale è anche la situazione dei negatori del mondo degli Spiriti allorché, dopo aver abbandonato il loro involucro carnale, si offrono ai loro occhi gli orizzonti di quel mondo. Essi comprendono allora il vuoto delle teorie con le quali pretendevano di spiegare tutto attraverso la sola materia. Tuttavia, questi orizzonti hanno ancora per loro dei misteri che si dissolveranno solo successivamente, nella misura in cui essi si eleveranno attraverso la purificazione. Ma, fin dai loro primi passi in questo nuovo mondo, essi sono costretti a riconoscere la loro cecità e quanto fossero lontani dalla verità.
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9. Giungo così a trattare qui della questione delle leggi e delle forze che reggono l'universo, io che, come voi, non sono che un essere relativamente ignorante in confronto alla scienza reale, nonostante l'apparente superiorità che mi dà, sui miei fratelli della Terra, la possibilità di studiare delle questioni naturali, possibilità che, nella loro posizione, è loro interdetta. Il mio scopo è soltanto quello di esporvi la nozione generale delle leggi universali, senza spiegare in dettaglio il modo di agire e la natura delle forze speciali che ne dipendono.

10. C'è un fluido etereo che riempie lo spazio e penetra i corpi. Questo fluido è l'etere o materia cosmica primitiva, generatrice del mondo e degli esseri. Sono inerenti all'etere le forze che hanno presieduto alle metamorfosi della materia, le leggi immutabili e necessarie che reggono il mondo. Queste forme multiple, indefinitamente variate a seconda delle combinazioni della materia, localizzate a seconda delle masse, diversificate nei loro modi di agire a seconda delle circostanze e degli ambienti, sono conosciute sulla Terra sotto i nomi di gravità, coesione, affinità, attrazione, magnetismo, elettricità attiva. I movimenti vibratori dell'agente sono conosciuti sotto i nomi di suono, calore, luce ecc. In altri mondi queste forme si presentano sotto altri aspetti, rivelano altri caratteri sconosciuti sulla Terra, e, nell'immensa distesa dei cieli, forze in numero indefinito si sono sviluppate su una scala inimmaginabile, di cui noi siamo incapaci di valutare la grandezza, come il crostaceo, nelle profondità dell'oceano, è incapace di abbracciare l'universalità dei fenomeni terrestri. [17]

Ora, come non c'è che una sola sostanza semplice, primitiva, generatrice di tutti i corpi, ma diversificata nelle sue combinazioni, così tutte queste forze dipendono da una legge universale diversificata nei suoi effetti e che, nei decreti eterni, è stata sovranamente imposta alla creazione per costituirne l'armonia e la stabilità.

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[17] Noi rapportiamo tutto a ciò che conosciamo, e di ciò che sfugge alla percezione dei nostri sensi non comprendiamo più di quanto il cieco dalla nascita non comprenda gli effetti della luce e l'utilità degli occhi. È possibile dunque che, in altri ambienti, il fluido cosmico abbia delle proprietà, delle combinazioni di cui noi non abbiamo alcuna idea, degli effetti appropriati a bisogni che ci sono sconosciuti, dando luogo a delle nuove percezioni o ad altri modi di percepire. Noi non comprendiamo, per esempio, che si possa vedere senza gli occhi del corpo e senza la luce. Ma chi ci dice che non esistano altri agenti, oltre alla luce, ai quali sono adeguati organismi speciali? La vista sonnambolica, che non viene arrestata né dalla distanza né dagli ostacoli materiali né dall'oscurità, ce ne offre un esempio. Supponiamo che, in un mondo qualsiasi, gli esseri siano normalmente quello che i nostri sonnambuli sono solo eccezionalmente; essi non avranno bisogno né della nostra luce né dei nostri occhi, e tuttavia essi vedranno ciò che noi non possiamo vedere. La medesima cosa è per tutte le altre sensazioni. Le condizioni di vitalità e di percettibilità, le sensazioni e i bisogni variano secondo gli ambienti.
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11. La natura non si pone mai in opposizione a sé stessa. Il blasone dell'universo non ha che una sola divisa: unità/varietà. Risalendo la scala dei mondi, si trova l'unità d'armonia e di creazione, e nel medesimo tempo una varietà infinita in quell'immenso giardino di stelle. Percorrendo i gradini della vita, dall'ultimo degli esseri fino a Dio, la grande legge di continuità si rende palese. Considerando le forze in sé stesse, se ne può formare una serie, la cui risultante, confondendosi con la generatrice, è la legge universale.

Voi non potreste apprezzare questa legge in tutto il suo valore, poiché le forze che la rappresentano nel vostro campo d'osservazione sono ristrette e limitate. Tuttavia, la gravitazione e l'elettricità possono essere considerate come una vasta applicazione della legge primordiale che regna al di là dei cieli.

Tutte queste leggi sono eterne — spiegheremo, poi, questa parola — e universali come la creazione. Essendo esse inerenti al fluido cosmico, agiscono necessariamente in tutto e dappertutto, modificando la loro azione attraverso la loro simultaneità o la loro successione; qui predominando, più lontano cancellandosi; potenti e attive in certi punti, latenti od occulte in altri; ma, infine, preparando, dirigendo, conservando e distruggendo i mondi nei loro diversi periodi di vita, governando i lavori meravigliosi della natura in qualsiasi punto essi si realizzino, assicurando per sempre l'eterno splendore della creazione.




La creazione primaria

12. Dopo aver considerato l'universo dai punti di vista generali della sua composizione, delle sue leggi e delle sue proprietà, possiamo ora estendere i nostri studi a quei modi della formazione che danno origine ai mondi e agli esseri. Ci addentreremo in seguito nello studio della creazione della Terra in particolare e del suo stato attuale nell'universalità delle cose; da qui, prendendo questo globo come punto di partenza e come unità relativa, procederemo nei nostri studi planetari e siderali.

13. Se abbiamo ben compreso il rapporto, o piuttosto l'opposizione dell'eternità con il tempo, se abbiamo familiarizzato con questa idea, secondo cui il tempo nient'altro è se non una misura relativa della successione delle cose transitorie, mentre l'eternità è essenzialmente una, immobile, permanente e non suscettibile di alcuna misura dal punto di vista della durata, noi ben comprenderemo che, per essa, non c'è né inizio né fine. D'altronde, se ci facciamo una idea giusta, benché necessariamente debole, dell'infinità del potere divino, noi comprenderemo come è possibile che l'universo sia sempre stato e sempre sia. Dal momento in cui Dio fu, le Sue perfezioni eterne parlarono. Prima che i tempi fossero nati, l'eternità incommensurabile ricevette la parola divina e fecondò lo spazio, eterno come lei.

14. Dio, esistendo per Sua natura da tutta l'eternità, ha creato da tutta l'eternità, e non poteva essere diversamente. Infatti, a qualsiasi lontana epoca noi spostiamo i supposti limiti della creazione, al di là di questo limite resterà sempre una eternità — pesate bene questo pensiero —, una eternità durante la quale le divine ipostasi, le volizioni infinite sarebbero rimaste sepolte in una muta, inattiva e infeconda' letargia, un'eternità di morte apparente per il Padre Eterno che dà vita agli esseri, d'indifferente mutismo per il Verbo che li governa, di fredda ed egoistica sterilità per lo Spirito di amore e di vivificazione.

Cerchiamo, ora, di comprendere meglio la grandezza dell'azione divina e la sua perennità sotto la mano dell'Essere assoluto! Dio è il sole degli esseri; è la luce del mondo. Ora, l'apparizione del sole dà istantaneamente origine a fiotti di luce, che vanno spandendosi da tutte le parti, nella infinita distesa. Egualmente l'universo, nato dall'Eterno, risale ai periodi inimmaginabili dell'infinito di durata; al Fiat lux! dell'inizio.

15. Il principio assoluto delle cose risale dunque a Dio. Le loro successive apparizioni nel dominio dell'esistenza costituiscono l'ordine della creazione perpetua.

Quale mortale potrebbe mai dire delle magnificenze sconosciute e superbamente velate sotto la notte dei tempi, che si svilupparono in quelle antiche ere, in cui nessuna delle meraviglie dell'universo attuale esisteva; in quell'epoca primitiva, in cui — essendosi la voce del Signore fatta sentire — i materiali, che in avvenire si sarebbero aggregati simmetricamente e da sé stessi per formare il tempio. della natura, si trovarono improvvisamente in seno a vuoti infiniti; allorché, a quella voce misteriosa, che ogni creatura venera e ama come quella d'una madre, si produssero delle note armoniosamente varie, per andare a vibrare insieme e modulare il concerto dei vasti cieli!

Il mondo, al suo nascere, non si presentò affatto nella sua virilità e nella sua pienezza di vita. No! Il potere creatore non si contraddice mai, e, come tutte le cose, l'universo nacque bambino. Rivestita delle leggi più sopra menzionate e dell'impulso iniziale, inerenti alla sua stessa formazione, la materia cosmica diede successivamente origine a vortici, ad agglomerati di questo fluido diffuso, ad ammassi di materia nebulosa che si divisero essi stessi all'infinito per dar vita, nelle incommensurabili regioni dello spazio, a diversi centri di creazione simultanei o successivi.

In ragione delle forze che predominarono sull'uno o sull'altro e delle ulteriori circostanze che presiedettero ai loro sviluppi, questi centri primitivi diventarono i focolai di una vita speciale: gli uni, meno disseminati nello spazio e più ricchi in forze e principi attivi, incominciarono fin da quel momento la loro particolare vita astrale; gli altri, che occupavano una distesa illimitata, non s'ingrandirono che con estrema lentezza oppure si divisero di nuovo in altri centri secondari.

16. Riportandoci soltanto ad alcuni milioni di secoli al di là dell’epoca attuale, verifichiamo che la nostra Terra ancora non esiste, e neppure lo stesso sistema solare ha ancora iniziato le evoluzioni della vita planetaria. E tuttavia già splendidi soli illuminano l'etere; già pianeti abitati danno la vita e l'esistenza a una moltitudine di esseri che ci hanno preceduto nella carriera umana; le produzioni opulente di una natura sconosciuta e i fenomeni meravigliosi del cielo sviluppano, sotto altri sguardi, i quadri dell'immensa creazione. Ma che cosa dico?! Già hanno cessato di esistere splendori che un tempo hanno fatto palpitare il cuore di altri mortali all'idea dell'infinita potenza! E noi, poveri piccoli esseri che veniamo dopo un'eternità di vita, noi ci crediamo contemporanei della creazione!

Ancora una volta, cerchiamo di comprendere meglio la natura. Sappiamo che l'eternità sta dietro di noi, come davanti a noi, che lo spazio è teatro di una successione e di una simultaneità inimmaginabile di creazioni. Certe nebulose, che a stento noi distinguiamo nei più lontani punti del cielo, sono degli agglomerati di soli in via di formazione; certe altre sono vie lattee di mondi abitati; altre ancora, infine, sono sede di catastrofi o di deperimenti. Sappiamo anche che, come siamo collocati in mezzo a un'infinità di mondi, allo stesso modo siamo collocati in mezzo a una duplice infinità di durate anteriori e ulteriori. Sappiamo, infine, che la creazione universale non è affatto limitata a noi e che non possiamo applicare questa espressione alla formazione isolata del nostro piccolo globo.




La creazione universale

17. Dopo essere risaliti, per quanto lo permetteva la nostra fragilità, verso la fonte occulta da cui si dipartono i mondi, come da un fiume le gocce d'acqua, consideriamo la marcia delle creazioni successive e dei loro sviluppi seriali.

La materia cosmica primitiva conteneva gli elementi materiali, fluidici e vitali di tutti gli universi che distendono le loro magnificenze davanti all'eternità. Essa è la madre feconda di tutte le cose, la prima antenata e, soprattutto, l'eterna generatrice. Non è affatto scomparsa quella sostanza da cui provengono le sfere siderali; non è affatto morta quella potenza, poiché essa ancora, incessantemente, dà alla luce nuove creature e, incessantemente, riceve i principi ricostituiti dei mondi che si cancellano dal libro eterno.

La materia eterea, più o meno rarefatta, che discende fra gli spazi interplanetari; questo fluido cosmico che riempie il mondo, più o meno rarefatto nelle regioni immense, ricche di agglomerati di stelle, più o meno condensato là dove il cielo astrale ancora non brilla, più o meno modificato da diverse combinazioni a seconda delle località dello spazio, altro non è che la sostanza primitiva in cui risiedono le forze universali, da cui la natura ha tratto tutte le cose. [18]

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[18] Se ci domandassero qual è il principio di queste forze e come può questo principio trovarsi nella, sostanza stessa che lo produce, noi risponderemmo che la meccanica ce ne offre numerosi esempi. L'elasticità, la quale fa sì che una molla si tenda, non si trova forse nella molla stessa e non dipende forse dal modo di aggregazione delle molecole? Il corpo che obbedisce alla forza centrifuga riceve il suo impulso dal movimento primitivo che gli è stato impresso.
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18. Questo fluido penetra nei corpi come un immenso oceano. È in esso che risiede il principio vitale, che dà origine alla vita degli esseri e la perpetua su ciascun globo a seconda della sua condizione, principio allo stato latente, che sonnecchia quando la voce di un essere non lo chiama. Ogni creatura, minerale, vegetale, animale o altro – perché ci sono ben altri regni naturali di cui voi neppure sospettate l'esistenza – sa, in virtù di questo principio vitale e universale, appropriarsi delle condizioni della sua esistenza e della sua durata.

Le molecole del minerale hanno una certa parte di questa vita, come pure il seme e l'embrione, e si raggruppano, come nell'organismo, in figure simmetriche, le quali costituiscono gli individui.

È molto importante rendersi ben conto di questa nozione: la materia cosmica primitiva era investita non solo dalle leggi che assicurano la stabilità dei mondi, ma anche dal principio vitale universale che forma generazioni spontanee su ogni mondo, nella misura in cui si manifestano le condizioni della conseguente esistenza degli esseri e quando scocca l'ora della comparsa dei figli della vita durante il periodo creatore.

Si effettua così la creazione universale. È dunque giusto dire che, essendo le operazioni della natura l'espressione della volontà divina, Dio ha sempre creato, creato senza tregua e sempre creerà.

19. Ma fin qui abbiamo fatto passare sotto silenzio il mondo spirituale, che fa parte anch'esso della creazione e realizza i suoi destini secondo le auguste prescrizioni del Maestro.

Riguardo al modo con cui sono stati creati gli Spiriti, tenuto anche conto della mia stessa ignoranza, io non posso dare che informazioni molto limitate. Inoltre, devo anche tacere su certe questioni, benché mi sia stato dato il permesso di approfondirle.

A coloro che sono religiosamente desiderosi di conoscenza e di sapere e che sono umili davanti a Dio, supplicandoli tuttavia di non basare sulle mie parole alcun sistema prematuro, io dirò: lo Spirito non giunge a ricevere l'illuminazione divina — che gli dà, nello stesso tempo, con il libero arbitrio e con la coscienza, anche la nozione dei suoi altri destini — senza prima essere passato attraverso la serie divinamente fatale degli esseri inferiori, fra i quali si elabora lentamente l'opera della sua individualità. È soltanto a decorrere dal giorno in cui il Signore imprime sulla sua fronte il Suo augusto sigillo, che lo Spirito prende posto in seno alle umanità.

Ancora una volta vi invito a non basare assolutamente sulle mie parole _ i vostri ragionamenti, così tristemente celebri nella storia della metafisica. Mille volte preferirei tacere su delle questioni così elevate, tanto al disopra delle nostre ordinarie meditazioni, piuttosto che farvi correre il pericolo di snaturare il senso del mio insegnamento e di gettarvi, per colpa mia, nei dedali inestricabili del deismo o del fatalismo.




I soli e i pianeti

20. Orbene, successe che in un punto dell'universo, sperduto fra le miriadi di mondi, la materia cosmica si condensò sotto forma di una immensa nebulosa. Questa nebulosa era animata dalle leggi universali che reggono la materia; in virtù di queste leggi e soprattutto della forza molecolare d'attrazione, essa prese la forma di uno sferoide, la sola forma che una massa di materia isolata nello spazio possa primitivamente prendere.

Il movimento circolare, prodotto dalla gravitazione rigorosamente uguale di tutte le zone molecolari verso il centro, modificò ben presto la sfera primitiva per condurla, di movimento in movimento, verso la forma lenticolare. Stiamo parlando dell'insieme della nebulosa.

21. Nuove forme sorsero, in seguito, da questo moto di rotazione: la forza centripeta e la forza centrifuga; la prima tende a riunire tutte le parti al centro, la seconda tende ad allontanarle. Ora, accelerandosi il movimento nella misura in cui la nebulosa si condensa, e aumentando il suo raggio nella misura in cui essa si avvicina alla forma lenticolare, la forza centrifuga, incessantemente sviluppata dalle sue due cause, ben presto predominò sull'attrazione centrale.

Allo stesso modo che un movimento troppo veloce della fionda ne spezza la corda e ne lancia lontano il proiettile, così la predominanza della forza centrifuga distaccò il cerchio equatoriale della nebulosa, e da quell'anello si formò una nuova massa, isolata dalla prima, ma tuttavia sottoposta al suo dominio. Questa massa ha conservato il suo movimento equatoriale che, modificato, diviene il suo movimento di traslazione attorno all'astro solare. Inoltre, il suo nuovo stato le dà un movimento di rotazione attorno al suo proprio centro.

22. La nebulosa generatrice, che ha dato origine a questo nuovo mondo, si è condensata e ha ripreso la forma sferica. Ma poiché il calore primitivo, sviluppato dai suoi diversi movimenti, non si attenua che con una estrema lentezza, il fenomeno che abbiamo appena descritto si riprodurrà spesso e durante un lungo periodo, finché questa nebulosa non sarà divenuta densa e abbastanza solida da opporre un'efficace resistenza alle modificazioni di forma, che il suo movimento di rotazione le imprime successivamente.

La nebulosa quindi non avrà dato origine a un solo astro, ma a centinaia di mondi distaccatisi dal focolaio centrale, da essa generati secondo il modo di formazione più sopra menzionato. Ora, ciascuno di questi mondi, investito come il mondo primitivo dalle forze naturali che presiedono alla creazione degli universi, genererà in seguito nuovi globi che d'ora in avanti graviteranno intorno a lui, come esso gravita unitamente ai suoi fratelli intorno al focolaio della loro esistenza e della loro vita. Ciascuno di questi mondi sarà un sole, centro di un sistema di pianeti distaccatisi in seguito dal suo equatore. Questi pianeti riceveranno una vita speciale, particolare, benché dipendente dal loro astro generatore.

23. I pianeti sono dunque formati da masse di materia condensata, ma non ancora solidificata, che si sono staccate dalla massa centrale per l'azione della forza centrifuga, e che, in virtù delle leggi di movimento, prendono la forma sferoidale più o meno ellittica, a seconda del grado di fluidità che tali masse hanno conservato. Uno di questi pianeti sarà la Terra che, prima di essersi raffreddata e rivestita di una crosta solida, darà origine alla Luna attraverso il medesimo modo di formazione astrale cui essa deve la sua stessa esistenza. La Terra, ormai iscritta nel libro della vita, è la culla di creature la cui fragilità si trova sotto l'ala protettrice della divina Provvidenza, ed è la novella corda posta sull'arpa infinita, che deve vibrare, nel luogo che occupa, nel concerto universale dei mondi.




I satelliti

24. Prima che le masse planetarie avessero raggiunto un grado di raffreddamento tale perché se ne verificasse la solidificazione, masse più piccole, veri e propri globuli liquidi, si sono distaccate da alcune di esse nel piano equatoriale, piano nel quale la forza centrifuga è massima; e, in virtù delle medesime leggi, hanno acquistato un movimento di traslazione attorno al loro pianeta generatore, come è successo a questi in relazione dell'astro centrale che li ha generati.

È così che la Terra ha dato origine alla Luna, la cui massa, meno considerevole, ha dovuto subire un raffreddamento più rapido. Ora, le leggi e le forze, che presiedettero al suo distacco dall'equatore terrestre, e il suo movimento di traslazione in questo stesso piano si effettuarono in modo tale che questo mondo, invece di assumere la forma sferoidale, assunse quella d'un globo ovoidale — vale a dire la forma allungata che ha l'uovo — il cui centro di gravità è fissato nella parte inferiore.

25. Le condizioni nelle quali si effettuò la scissione della Luna a stento le permisero di allontanarsi dalla Terra e la costrinsero a restare perpetuamente sospesa nel suo cielo. Essa è, dunque, come una figura ovoidale le cui parti più pesanti formarono la faccia inferiore rivolta verso la Terra, mentre le parti meno dense ne costituirono la sommità, se con questo termine si designa la faccia che, dal lato opposto alla Terra, si eleva verso il cielo. Ciò fa sì che questo astro ci presenti sempre la medesima faccia. Esso potrebbe essere paragonato — per meglio far comprendere il suo stato geologico — a un globo di sughero, la cui base rivolta verso la Terra fosse costituita da piombo.

Da qui, le due nature essenzialmente distinte sulla superficie del mondo lunare. L'una, senza alcuna possibile analogia con il mondo terrestre, poiché i corpi fluidici ed eterei le sono sconosciuti; l'altra, leggera rispetto alla Terra, poiché tutte le sostanze meno dense si portarono su questo emisfero. La prima perpetuamente volta verso la Terra, senza acqua e senza atmosfera, se non talvolta ai limiti di questo emisfero sub terrestre; l'altra ricca di fluidi, perpetuamente opposta al nostro mondo. [19]

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[19] Questa teoria della Luna, completamente nuova, spiega attraverso la legge della gravitazione, la ragione per la quale questo astro presenti alla Terra sempre la medesima faccia. Il suo centro di gravità, invece di essere al centro della sfera, si trova su uno dei punti della sua superficie e, di conseguenza, esso è attirato verso la Terra da una forza maggiore di quella delle parti più leggere. La Luna produrrebbe così l'effetto di quelle figure chiamate misirizzi, che costantemente si raddrizzano sulla loro base, mentre i pianeti, il cui centro di gravità è a uguale distanza dalla superficie, girano regolarmente sul loro asse. I fluidi vivificanti, gassosi o liquidi, grazie alla loro leggerezza specifica, si troverebbero accumulati nell'emisfero superiore, costantemente opposto alla Terra. L'emisfero inferiore, il solo che noi vediamo, ne sarebbe privo e, di conseguenza, inadatto alla vita, mentre questa regnerebbe sull'altro. Se, dunque, l'emisfero superiore è abitato, i suoi abitanti non hanno mai visto la Terra, a meno che non facciano delle escursioni nell'altro emisfero, cosa, però, che sarebbe loro impossibile, dal momento che non vi sono le condizioni necessarie alla vivibilità.

Siccome questa teoria, quantunque sia razionale e scientifica, non ha ancoera potuto essere confermata da alcuna osservazione diretta, essa non può essere accettata che a titolo d'ipotesi, potendo, come idea, servire da punto base alla scienza. Ma si deve convenire che questa teoria è la sola, finora, che dà una spiegazione soddisfacente delle particolarità che presenta questo globo.
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26. Il numero e lo stato dei satelliti di ciascun pianeta presentano variazioni a seconda delle condizioni speciali in cui si sono formati. Alcuni non hanno dato origine ad alcun astro secondario, quali Mercurio, Venere e Marte, mentre altri ne hanno formato uno o parecchi, come la Terra, Giove, Saturno ecc.

27. Oltre ai suoi satelliti o lune, il pianeta Saturno presenta il fenomeno speciale dell'anello che, visto da lontano, sembra circondarlo a mo' di bianca aureola. Questo anello è, in effetti, il risultato di un distacco che si è operato, ai tempi primitivi, nell'equatore di Saturno, allo stesso modo che una zona equatoriale si è staccata dalla Terra per formare il suo satellite. La differenza sta nel fatto che l'anello di Saturno si trovò formato, in tutte le sue parti, da molecole omogenee, probabilmente già in un certo stato di condensazione, e poté in questo modo continuare il suo moto di rotazione nel medesimo senso e in un tempo pressappoco uguale a quello che anima il pianeta. Se uno dei punti di questo anello fosse stato più denso di un altro, prontamente si sarebbero operati uno o più agglomerati di sostanza, e Saturno avrebbe contato parecchi satelliti in più. Dall'epoca della sua formazione, questo anello si è solidificato allo stesso modo degli altri corpi planetari.




Le comete

28. Astri erranti, più ancora dei pianeti che hanno conservato la denominazione etimologica, le comete saranno le guide che ci aiuteranno a superare i limiti del sistema cui appartiene la Terra per portarci verso le lontane regione della infinita distesa siderale.

Ma, prima di esplorare, con l'aiuto di queste viaggiatrici dell'universo, i domini celesti, sarà bene far conoscere, tanto quanto sarà possibile, la loro natura intrinseca e il loro ruolo nell'economia planetaria.

29. Si sono spesso visti, in questi astri chiomati, mondi nascenti elaborare, nei loro caos primitivi, le condizioni di vita e di esistenza spettanti alle terre abitate. Altri hanno immaginato che questi corpi straordinari fossero dei mondi in fase di annientamento; inoltre il loro aspetto singolare fu per molti oggetto di erronee valutazioni circa la loro natura. Ciò a tal punto che non c'è nessuno — perfino nell'astrologia giudiziale — che non li abbia considerati presagi di disgrazie, inviati alla Terra stupefatta e tremante, da disegni provvidenziali.

30. La legge di varietà è applicata con una tale profusione nei lavori della natura, che ci si domanda come i naturalisti, gli astronomi o i filosofi abbiano costituito tanti sistemi per assimilare le comete agli astri planetari, e per vedere in esse solo astri a un grado più o meno grande di sviluppo o di caducità. I quadri della natura, tuttavia, dovrebbero ampiamente bastare per sollevare l'osservatore dalla preoccupazione di ricercare rapporti che non esistono, e per lasciare alle comete il ruolo modesto ma utile di astri erranti, che servono come esploratori dei domini solari. I corpi celesti di cui qui si tratta sono, infatti, ben altro dai corpi planetari; essi non hanno affatto, come questi, per destinazione di servire come soggiorno alle umanità. Esse vanno in ordine successivo di sole in sole — arricchendosi talvolta lungo la strada di frammenti planetari ridotti allo stato di vapori — per attingere dai loro focolai i principi vivificanti e rinnovatori che riversano sui mondi terrestri (cap. IX, n. 12).

31. Se, quando uno di questi astri si avvicina al nostro piccolo globo, per attraversarne l'orbita e ritornare al suo apogeo, situato a una distanza incommensurabile dal Sole, noi lo seguissimo col pensiero per visitare con esso le contrade siderali, valicheremmo quella prodigiosa estensione di materia eterea che separa il Sole dalle stelle più vicine. Osservando poi i movimenti combinati di questo astro che si supporrebbe disperso nel deserto dell'infinito, noi troveremmo lì ancora una prova eloquente dell'universalità delle leggi della natura, che si esercitano a delle distanze che l'immaginazione, anche la più attiva, a stento può concepire.

Lì, la forma ellittica passa alla forma parabolica, e la marcia diventa tanto lenta che la cometa non riesce a percorrere più di qualche metro, nel medesimo tempo durante il quale, nel suo perigeo, percorreva molte migliaia di leghe. Forse un sole più potente di quello che ha appena lasciato esercita su questa cometa un'azione preponderante tanto da accoglierla nella schiera dei suoi sudditi. Allora, sulla vostra piccola Terra, invano le creature, attonite, ne attenderanno il ritorno, che avevano predetto basandosi su osservazioni incomplete. In questo caso, noi, che con il pensiero abbiamo accompagnato in quelle regioni sconosciute la cometa errante, ne incontreremo una, che gli occhi terreni non possono incontrare, inimmaginabile per gli Spiriti che abitano la Terra, inconcepibile perfino per le loro menti, poiché sarà teatro di inesplorate meraviglie.

Siamo giunti nel mondo astrale, in quel mondo abbagliante di immensisoli, che risplendono nello spazio infinito e che sono i fiori delmagnifico giardino della creazione. Là giunti, sapremo che cos'è la Terra.




La Via Lattea

32. Nelle belle notti stellate e senza luna, tutti hanno contemplato quella fascia biancastra, che attraversa il cielo da una estremità all'altra, e che gli Antichi denominarono Via Lattea a causa del suo aspetto lattiginoso. Quel chiarore diffuso, in tempi moderni, è stato a lungo esplorato dall'occhio del telescopio. Quella strada di polvere d'oro, quel ruscello di latte della mitologia antica si è trasformato in un vasto campo di inimmaginabili meraviglie. Le ricerche degli osservatori hanno portato alla conoscenza della sua natura e hanno rivelato che lì, dove l'occhio errante a stento percepiva una fioca luminosità c'erano milioni di soli più luminosi e più importanti di quello che ci illumina la Terra.

33. La Via Lattea è una pianura ornata di fiori solari e planetari che brillano nella sua immensa distesa. Il nostro Sole e tutti i corpi che lo accompagnano fanno parte di questo insieme di globi radiosi che costituiscono la Via Lattea. Malgrado, però, le sue proporzioni gigantesche, rispetto alla Terra e alla grandezza del suo dominio, esso, il Sole, occupa un posto irrilevante in tale smisurata creazione. È possibile contare circa una trentina di milioni di soli che, a somiglianza del nostro, gravitano in questa immensa regione, distanti gli uni dagli altri più di centomila volte il raggio dell'orbita terrestre. [20]

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[20] Più di 3 trilioni e 400 bilioni di leghe.
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34. Da questo calcolo approssimativo si può giudicare l'estensione di tale regione siderale e la relazione che esiste tra il nostro sistema planetario e l'universalità dei sistemi che essa contiene. Si può egualmente giudicare l'esiguità del dominio solare e, a fortiori, come sia niente la nostra piccola Terra. Che cosa accadrebbe allora se si considerassero gli esseri che lo popolano?

Ho detto "niente" perché le nostre determinazioni riguardano non solo l'estensione materiale e fisica dei corpi che studiamo — il che sarebbe poco —, ma anche, e soprattutto, il loro stato etico come abitazione, e il grado che occupano nell'eterna gerarchia degli esseri.

La creazione si mostra qui in tutta la sua maestà, creando e propagando, tutt'attorno al mondo solare e in ciascuno dei sistemi che l'attorniano da ogni parte, le manifestazioni della vita e dell'intelligenza.

35. Si viene a conoscere, in questo modo, la posizione occupata dal nostro Sole o dalla Terra nel mondo delle stelle. Queste considerazioni acquisteranno un peso ancor più grande, se ci si sofferma sullo stato stesso della Via Lattea che, nell'immensità delle creazioni siderali, non rappresenta che un punto insignificante e del tutto irrilevante, vista da lontano; essa, infatti, non è altro che una nebulosa stellare, come nello spazio ne esistono migliaia di migliaia. Se ci appare più vasta e più ricca di altre, è per questa sola ragione: essa ci circonda e si sviluppa, sotto i nostri occhi, in tutta la sua estensione; le altre, invece, perdute nelle profondità insondabili, si lasciano a stento intravedere.

36. Ora, se si sa che la Terra è niente o quasi niente nel sistema solare; che questo è niente o quasi niente nella Via Lattea; che questa è niente o quasi niente nell'universalità delle nebulose; e che questa stessa universalità è ben poca cosa nell'incommensurabile infinito, allora si incomincerà a comprendere che cos'è il globo terrestre.




Le stelle fisse

37. Le stelle che vengono dette fisse e che costellano i due emisferi del firmamento non sono affatto isolate da ogni attrazione esteriore, come generalmente si suppone. Al contrariò, esse appartengono tutte a un medesimo agglomerato di astri stellari. Questo agglomerato non è altro che la grande nebulosa di cui noi facciamo parte e il cui piano equatoriale, che si proietta nel cielo, ha ricevuto il nome di Via Lattea: Tutti i soli che la compongono sono solidali; le loro multiple influenze reagiscono perpetuamente l'una sull'altra, e la gravitazione universale riunisce tutti questi soli in una medesima famiglia.

38. Questi diversi soli per la maggior parte sono, come il nostro, circondati da mondi secondari, illuminati e fecondati da essi attraverso le medesime leggi che presiedono alla vita del nostro sistema planetario. Alcuni, come Sirio, sono migliaia di volte più straordinari, per dimensioni e ricchezze, del nostro; il loro molo nell'universo è più importante,poiché li circondano pianeti in maggior numero e superiori ai nostri. Altri sono molto dissimili per le loro funzioni astrali. così che un certo numero di questi soli, veri gemelli dell'ordine siderale, sono accompagnati dai loro fratelli della stessa età e formano nello spazio sistemi binari, ai quali la natura ha elargito tutt'altre funzioni, diverse cioè da quelle che appartengono al nostro Sole. [21]

Là, gli anni non si misurano più secondo gli stessi periodi, né i giorni secondo gli stessi soli, e quei mondi illuminati da una doppia fiamma hanno ricevuto in sorte delle condizioni d'esistenza inimmaginabili per coloro che ancora non sono usciti da questo piccolo mondo terrestre.

Altri astri, senza corteggi, privi di pianeti, hanno ricevuto i migliori elementi di abitabilità che non sono mai stati conferiti a nessun altro. Le leggi della natura sono diversificate nella loro immensità, e se l'unità è la grande espressione dell'universo, non meno la varietà infinita ne è l'eterno attributo.

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[21] È ciò cui, in astronomia, si dà il nome di "stelle doppie". Si tratta di due soli di cui l'uno gira attorno all'altro, come un pianeta attorno al suo sole. Di quale singolare e magnifico spettacolo devono godere gli abitanti dei mondi che compongono questi sistemi illuminati da un doppio sole! Ma, anche, quanto diverse devono essere lì le condizioni della vitalità!

In una comunicazione data ulteriormente, lo Spirito di Galileo aggiunge: "Ci sono perfino sistemi più complicati, nei quali differenti soli esplicano, l'uno di fronte all'altro, il ruolo di satelliti. Si producono allora degli effetti di luce meravigliosi per gli abitanti dei globi che essi illuminano; tanto più che, malgrado la loro apparente vicinanza, mondi abitati possono circolare tra di loro e ricevere alternativamente onde di luce diversamente colorate, la cui riunione ricompone la luce bianca".
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39. Nonostante il numero prodigioso di queste stelle e dei loro sistemi, nonostante le distanze incommensurabili che le separano, esse appartengono tutte alla medesima nebulosa stellare, che l'occhio dei più potenti telescopi può a stento attraversare, e che le più ardite concezioni dell'immaginazione possono a stento superare. Nondimeno, questa nebulosa non è che un'unità nell'ordine delle nebulose che compongono il mondo astrale.

40. Le stelle cosiddette fisse non sono affatto immobili nello spazio infinito. Le costellazioni che si sono raffigurate sulla volta del firmamento non sono creazioni simboliche reali. La distanza dalla Terra e la prospettiva sotto cui si misura l'universo, da questa postazione terrestre, sono le due cause di questa duplice illusione ottica (cap. V, n. 12).

41. Noi abbiamo visto che la totalità degli astri che scintillano nella cupola azzurra è racchiusa in un medesimo agglomerato cosmico, che voi chiamate Via Lattea. Ma, per quanto appartengano tutti al medesimo gruppo, questi astri sono animati, ciascuno, di un moto proprio di traslazione nello spazio: il riposo assoluto non esiste da nessuna parte. Gli astri sono retti dalle leggi universali della gravitazione e roteano nello spazio illimitato sotto l'impulso incessante di questa forza immensa. Essi roteano, non seguendo corsi tracciati a caso, ma seguendo orbite chiuse, il cui centro è occupato da un astro superiore. Per rendere le mie parole più comprensibili, attraverso un esempio, parlerò in modo particolare del vostro Sole.

42. Si sa, a seguito delle moderne osservazioni, che il Sole non è né fisso né centrale, come si credeva nei primi tempi della nuova astronomia, ma che avanza nello spazio trascinando con sé il suo vasto sistema di pianeti, di satelliti e di comete.

Ora, questa marcia non è affatto fortuita, ed esso non se ne va, errando nei vuoti infiniti, a smarrire lontano dalle regioni che gli sono assegnate i suoi figli e i suoi sudditi. No di certo. La sua orbita è determinata e, unitamente ad altri soli del suo stesso ordine e circondati come lui da un certo numero di terre abitate, esso gravita attorno a un sole centrale. Il suo moto di gravitazione, come quello dei soli suoi fratelli, non è valutabile attraverso delle osservazioni annuali, perché periodi secolari in grande numero sarebbero a stento sufficienti a marcare il tempo di uno di questi anni astrali.

43. Il sole centrale di cui abbiamo appena parlato è lui stesso un globo secondario rispetto a un altro ancora più importante, attorno al quale esso perpetua una marcia lenta e misurata in compagnia di altri soli del medesimo ordine.

Noi potremmo costatare questa subordinazione consecutiva di soli ad altri soli fin quando la nostra immaginazione non sia stanca di inerpicarsi su per una tale gerarchia; perché — non dimentichiamolo — nella Via Lattea, si può contare un numero tondo di circa trenta milioni di soli, subordinati gli uni agli altri come giganteschi ingranaggi di un immenso sistema.

44. E questi astri, in numero innumerabile, vivono ciascuno d'una vita solidale; come nulla è isolato nell'economia del vostro piccolo mondo terrestre, così nulla è isolato nell'incommensurabile universo.

Questi sistemi di sistemi apparirebbero, da lontano, all'occhio investigatore del filosofo che sapesse abbracciare il quadro sviluppato dallo spazio e dal tempo, come una polvere di perle d'oro sollevata in vortici, sotto il soffio divino che fa volare i mondi siderali nei cieli, come i granelli di sabbia sulle dune del deserto.

Non c'è, in nessuna parte, né immobilità né silenzio né notte! Il grandioso spettacolo che si dispiegherebbe in tal modo davanti ai nostri sguardi sarebbe dunque la creazione reale, immensa e piena della vita eterea, che lo sguardo infinito del Creatore abbraccia nel suo insieme immenso.

Ma noi fin qui non abbiamo parlato che di una nebulosa. Sei milioni di soli, sei milioni di terre abitate non formano, come già abbiamo detto, che un'isola nell'arcipelago infinito.




I deserti dello spazio

45. Un deserto immenso, senza limiti, si estende al di là dell’agglomerato di stelle, di cui abbiamo appena parlato, e lo avvolge. Solitudini si succedono a solitudini, e le incommensurabili pianure del vuoto si estendono in lontananza. Poiché gli ammassi di materia cosmica si trovano isolati nello spazio, come le isole fluttuanti d'un immenso arcipelago, se si vuole in qualche modo concepire l'idea dell'enorme distanza che separa l'ammasso di stelle, di cui noi facciamo parte, dagli agglomerati più vicini, bisogna sapere che queste isole stellari sono rare e sono disseminate nel vasto oceano dei cieli. Inoltre, la distanza che le separa le une dalle altre è incomparabilmente maggiore di quanto misurino le loro rispettive dimensioni.

Ora, si ricordi che la nebulosa stellare misura, in numero tondo, mille volte la distanza delle più vicine stelle, presa come unità di misura, vale a dire qualche centinaio di migliaia di trilioni di leghe. La distanza che si estende tra di esse, essendo di gran lunga maggiore, non potrebbe essere espressa con dei numeri accessibili alla comprensione del nostro spirito. Solo l'immaginazione, nelle sue più alte concezioni, è atta a valicare questa immensità prodigiosa, queste solitudini mute e prive di ogni apparenza di vita, e a considerare in qualche modo l'idea di questa infinità relativa.

46. Questo deserto celeste, tuttavia, che avvolge il nostro universo siderale e che sembra estendersi come se rappresentasse i confini remoti del nostro mondo astrale, è abbracciato dallo sguardo e dalla potenza infinita dell'Altissimo che, al di là di questi cieli dei nostri cieli, sviluppò la trama della Sua illimitata creazione.

47. Al di là di quelle vaste solitudini, infatti, nella loro magnificenza risplendono dei mondi, proprio come nelle regioni accessibili alle investigazioni umane. Al di là di quei deserti, splendide oasi vagano nel limpido etere e rinnovano incessantemente le scene meravigliose dell'esistenza e della vita. Là si dispiegano i lontani aggregati di sostanza cosmica, che l'occhio profondo del telescopio percepisce attraverso le regioni trasparenti del nostro cielo, a cui voi date il nome di nebulose irresolubili, e che vi appaiono come leggere nuvole di polvere bianca, sperdute in un punto sconosciuto dello spazio etereo. Là si rivelano e si sviluppano mondi nuovi, le cui condizioni, varie e diverse da quelle che sono peculiari al vostro globo, donano loro una vita che le vostre concezioni non possono immaginare, né i vostri studi costatare. È là che risplende in tutta la sua pienezza la potenza creatrice. Per colui che viene dalle regioni occupate dal vostro sistema, là sono in azione altre leggi, le cui forze reggono le manifestazioni della vita. E i nuovi cammini, che ci si presentano in così singolari regioni, ci dischiudono sorprendenti prospettive. [22]

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[22] Si dà, in astronomia, il nome di nebulose irresolubili a quelle di cui non si sono ancora potute distinguere le stelle che le compongono. In principio, erano state considerate come degli ammassi di materia cosmica in via di condensazione per formare dei mondi; ma oggi, in generale, si pensa che questa apparenza sia dovuta alla distanza e che, con strumenti abbastanza potenti, tutte sarebbero risolubili.

Un paragone familiare può dare un'idea, sebbene molto imperfetta, delle nebulose risolubili: sono i gruppi di scintille proiettate dai fuochi d'artificio, al momento della loro esplosione. Ciascuna di queste scintille rappresenterà una stella, e l'insieme di esse sarà la nebulosa o gruppo di stelle riunite in un punto dello spazio e sottoposte a una legge comune d'attrazione e di movimento. Viste da una certa distanza, queste scintille si distinguono a malapena, e il loro gruppo ha l'apparenza di una piccola nuvola di fumo. Questo paragone non reggerebbe se si trattasse di masse di materia cosmica condensata.

La nostra Via Lattea è una di queste nebulose. Essa conta quasi 30 milioni di stelle o soli, che non occupano meno di alcune centinaia di trilioni di leghe d'estensione, e tuttavia non è la più grande. Supponiamo soltanto una media di 20 pianeti abitati che girano attorno a ciascun sole. Si tratterebbe di circa 600 milioni di mondi per il nostro solo gruppo.

Se potessimo trasferirci dalla nostra nebulosa in un'altra, noi saremmo come nel mezzo della nostra Via Lattea, ma con un cielo stellato di tutt'altro aspetto. Questa, inoltre, nonostante le sue colossali dimensioni rispetto a noi, da lontano ci apparirebbe come un piccolo batuffolo lenticolare perduto nell'infinito. Ma prima di raggiungere la nuova nebulosa, noi saremmo come un viaggiatore che lasci una città e percorra una vasta regione disabitata prima di giungere in un'altra città. Noi, in tal caso, avremmo varcato spazi incommensurabili privi di stelle e di mondi, ciò insomma che Galileo chiama i deserti dello spazio. Via via che noi avanzassimo, vedremmo la nostra nebulosa fuggire dietro di noi, diminuendo di estensione ai nostri occhi. Nello stesso tempo, davanti a noi, si presenterebbe quella verso la quale noi ci dirigiamo, sempre più distinta, simile alla massa di scintille dei fuochi d'artificio. Trasportandoci con la mente nelle regioni dello spazio, al di là dell'arcipelago della nostra nebulosa, noi vedremo tutt'intorno a noi milioni di arcipelaghi e di forme diverse, ognuno dei quali racchiude milioni di soli e centinai di milioni di mondi abitati.

Tutto ciò che ci permette di assimilare l'immensità dell'estensione spaziale alla struttura dell'universo è utile all'ampliamento delle nostre idee, così ristrette a causa delle credenze popolari. Dio aumenta la Sua grandezza ai nostri occhi, nella misura in cui meglio comprendiamo la grandezza delle Sue opere e la nostra infimità. Noi siamo lontani, come ben si vede, da quella credenza stabilita dalla Genesi mosaica, la quale fa della nostra piccola e impercettibile Terra la creazione principale di Dio, e dei suoi abitanti i soli oggetti della Sua sollecitudine. Noi comprendiamo la vanità di quegli uomini, i quali credono che tutto è stato fatto per loro nell'universo, e anche di quelli che osano mettere in discussione l'esistenza dell'Essere supremo. Fra alcuni secoli, ci si stupirà che una religione fatta per glorificare Dio Lo abbia ridotto a così meschine proporzioni e che abbia respinto, come se fossero concezioni dello Spirito del male, quelle scoperte che avrebbero invece potuto aumentare la nostra ammirazione per la Sua onnipotenza, iniziandoci così ai grandiosi misteri della creazione. Ancor di più ci se ne stupirà, quando si saprà che tali scoperte sono state respinte, perché avrebbero dovuto emancipare lo spirito degli uomini e togliere così il predominio a coloro che si ritenevano i rappresentanti di Dio sulla Terra.
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Eterna successione dei mondi

48. Abbiamo visto che una sola legge primordiale e generale è stata data all'universo per assicurarne la stabilità eterna, e che questa legge generale è percepibile dai nostri sensi attraverso numerose azioni particolari, che chiamiamo forze direttrici della natura. Ora mostreremo che l'armonia del mondo intero, considerata sotto il duplice aspetto dell'eternità e dello spazio, è assicurata da questa legge suprema.

49. In effetti, se risaliamo all'origine primaria dei primordiali agglomerati di sostanza cosmica, noteremo che già, sotto il dominio di questa legge, la materia subisce le trasformazioni necessarie che portano dal germe al frutto maturo e che, sotto l'impulso delle diverse forze nate da questa legge, essa percorre la scala delle sue rivoluzioni periodiche. All'inizio, è centro fluidico dei movimenti; in seguito, generatore dei mondi; più tardi, nucleo centrale e attrattivo delle sfere che hanno preso origine nel suo seno.

Noi sappiamo già che queste leggi presiedono alla storia del Cosmo. Ciò che ora importa sapere è come esse presiedano egualmente alla distruzione degli astri, poiché la morte non è solo una metamorfosi dell'essere vivente, ma anche una trasformazione della materia inanimata. E se è vero dire, in senso letterale, che soltanto la vita è accessibile alla falce della morte, è anche esatto aggiungere che la sostanza deve in tutta necessità subire le trasformazioni inerenti alla sua costituzione.

50. Ecco qui un mondo che, dai sui primordi, ha percorso tutta la sequenza degli anni che la sua speciale organizzazione gli permetteva di percorrere. Il focolaio interiore della sua esistenza si è spento, e i suoi stessi elementi hanno perduto la loro virtù iniziale. I fenomeni della natura che reclamavano, Per prodursi, la presenza e l'azione delle forze devolute a questo mondo, ormai non possono più presentarsi, perché la leva della loro attività non ha più il punto d'appoggio che le dava tutta la sua forza.

Ora, si penserà forse che questa terra spenta e senza vita continuerà a gravitare negli spazi celesti, senza scopo, e passerà come un'inutile cenere nel vortice dei cieli? Si penserà forse che essa rimarrà iscritta nel libro della vita universale, dal momento che è diventata lettera morta e priva di senso? No, di certo. Le medesime leggi che l'hanno elevata al di sopra del caos tenebroso e che l'hanno gratificata degli splendori della vita, le medesime forze che l'hanno governata durante i secoli della sua adolescenza, che l'hanno sostenuta nei primi passi della sua esistenza e che l'hanno condotta all'età matura e alla vecchiaia, quelle medesime leggi presiederanno alla disgregazione dei suoi elementi costitutivi per renderli al laboratorio, dove la potenza creatrice attinge senza tregua le condizioni della stabilità generale. Questi elementi ritorneranno a quella massa comune dell'etere, per assimilarsi ad altri corpi o per rigenerare altri soli. E questa morte non sarà un avvenimento inutile né per questa Terra né per le sue sorelle: essa rinnoverà, in altre regioni, altre creazioni d'una natura differente, e là, dove sistemi di mondi sono svaniti, presto rinascerà un altro giardino di fiori più splendenti e più profumati.

51. Così l'eternità reale ed effettiva dell'universo è assicurata dalle medesime leggi che dirigono le operazioni del tempo. Così i mondi si succedono ai mondi, i soli ai soli, senza che l'immenso meccanismo dei vasti cieli venga mai colpito nelle sue gigantesche molle.

Là dove i vostri occhi, sotto la volta della notte, ammirano splendide stelle, là dove il vostro spirito contempla magnifici irraggiamenti che risplendono in lontani spazi, là da molto tempo il dito della morte ha spento quegli splendori, da molto tempo il vuoto è succeduto a quei bagliori e ha, anzi, ricevuto nuove creazioni ancora sconosciute. La distanza immensa di quegli astri — per cui la luce che essi ci inviano impiega migliaia di anni per giungere fino a noi — fa sì che noi riceviamo soltanto oggi i raggi che essi ci hanno inviato molto tempo prima della creazione della Terra, e che ammireremo ancora per migliaia di anni dopo la loro reale sparizione. [23]

Che cosa sono i seimila anni dell'umanità storica, di fronte ai periodi secolari? Dei secondi nei vostri secoli. Che cosa sono le vostre osservazioni astronomiche di fronte allo stato assoluto del mondo? L'ombra eclissata dal Sole.

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[23] Questo è un effetto del tempo che la luce impiega per attraversare lo spazio. Essendo la sua velocità di 70.000 leghe al secondo, essa ci arriva dal Sole in 8 minuti e 13 secondi. Ne consegue che, se sulla superficie del Sole si verifica un fenomeno, noi lo percepiamo soltanto 8 minuti più tardi e, per la medesima ragione, lo vedremo ancora 8 minuti dopo la sua scomparsa. Se, in ragione della sua lontananza, la luce di una stella impiega mille anni per giungere fino a noi, noi non vedremo questa stella che mille anni dopo la sua formazione (vedere, per la spiegazione 'e la descrizione completa di questo fenomeno, la Rivista Spiritista di marzo e maggio 1867, p. 93 e p. 151; recensione di Lumen, attraverso il medium Camilo Flammarion).
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52. Dunque, qui come in altri nostri studi, riconosciamo che la Terra e l'uomo non sono nient'altro che nulla in confronto a ciò che è. Riconosciamo anche che le più colossali operazioni del nostro pensiero non si estendono, finora, che in un campo impercettibile in confronto all'immensità e all'eternità di un universo che non finirà mai.

E quando questi periodi della nostra immortalità saranno passati sopra le nostre teste, quando la storia attuale della Terra ci apparirà come una vaga ombra in fondo ai nostri ricordi; e se avremo abitato, per secoli incalcolabili, questi diversi gradi della nostra gerarchia cosmologica; e se i più lontani domini delle età future saranno stati perlustrati in innumerevoli peregrinazioni, avremo davanti a noi la successione illimitata dei mondi e come prospettiva l'immobile eternità.




La vita universale

53. Questa immortalità delle anime, di cui il sistema del mondo fisico è la base, agli occhi di certi pensatori prevenuti è parsa immaginaria. Costoro l'hanno ironicamente qualificata come immortalità viaggiante e non hanno compreso ch'essa sola è vera di fronte allo spettacolo della creazione. Tuttavia è possibile farne comprendere tutta la grandezza, direi quasi tutta la perfezione.

54. Che le opere di Dio siano create per il pensiero e per l’intelligenza; che i mondi siano la dimora di esseri i quali le contemplano e scoprono sotto il loro velo la potenza e la saggezza di Colui che le ha formate, questa è una questione che per noi non ha più dubbi. Ma che le anime che popolano quei mondi siano solidali, è questo che è importante conoscere.

55. In effetti, l'intelligenza umana a stento riesce a considerare quei globi radiosi, che scintillano nella vasta distesa, come semplici masse di materia inerte e senza vita; a stento riesce a pensare che, in quelle lontane regioni, ci sono magnifici crepuscoli e notti splendide, soli fecondi e giorni pieni di luce, vallate e montagne dove i molteplici prodotti della natura hanno sviluppato tutto il loro lussureggiante sfarzo; a stento riesce — dico io — a immaginare che lo spettacolo divino, dove l'anima può ritemprarsi come nella sua stessa vita, sia spogliato dell'esistenza e privato d'ogni essere pensante che possa conoscerlo.

56. Ma, a questa idea eminentemente giusta della creazione, bisogna aggiungere quella dell'umanità solidale, ed è in questo che consiste il mistero dell'eternità futura.

Una medesima famiglia umana è stata creata nell'universalità dei mondi, e i legami di una fraternità, da parte vostra non ancora apprezzati, sono stati attribuiti a questi mondi. Se questi astri, che si armonizzano nei loro vasti sistemi, sono abitati da intelligenze, non lo sono da esseri sconosciuti gli uni agli altri, ma al contrario da esseri marcati in fronte dal medesimo destino, che devono incontrarsi momentaneamente secondo le loro funzioni di vita, e ritrovarsi secondo le loro mutue simpatie. È la grande famiglia degli Spiriti, che popolano le terre celesti. È il grande irraggiamento dello Spirito divino che abbraccia la vastità dei cieli e che permane come genere primitivo e finale della perfezione spirituale.

57. Per quale strana aberrazione si è creduto di dover rifiutare l'immortalità alle vaste regioni dell'etere, quando la si racchiudeva entro un limite inammissibile e in una dualità assoluta? Il vero sistema del mondo dovrebbe dunque precedere la vera dottrina dogmatica, e la scienza precedere la teologia? E questa si fuorvierà finché poggerà la sua base sulla metafisica? La risposta è facile e ci mostra che la nuova filosofia siederà trionfante sulle rovine di quella antica, perché la sua base si sarà innalzata vittoriosa sugli antichi errori.




Diversità dei mondi

58. Voi ci avete seguito nelle nostre escursioni celesti e avete visitato con noi le immense regioni dello spazio. Sotto i nostri sguardi, i soli si sono succeduti ai soli, i sistemi ai sistemi, le nebulose alle nebulose. Il panorama splendido dell'armonia del Cosmo si è dispiegato davanti ai nostri passi. E noi abbiamo così ricevuto in anticipo un'idea dell'infinito, che potremo comprendere in tutta la sua vastità soltanto secondo la nostra perfettibilità futura. I misteri dell'etere hanno disvelato il loro enigma, finora indecifrabile, e noi abbiamo almeno concepito l'idea dell'universalità delle cose. È importante ora che ci fermiamo e riflettiamo.

59. È bello, senza dubbio, aver riconosciuto l'inferiorità della Terra e la sua mediocre importanza nella gerarchia dei mondi. È bello aver abbassato la presunzione umana, che tanto ci è cara, ed esserci umiliati davanti alla grandezza assoluta; ancora più bello sarà interpretare in senso morale lo spettacolo di cui siamo stati testimoni. Io voglio parlare del potere infinito della natura e dell'idea che dobbiamo farci del suo modo di agire nelle diverse regioni del vasto universo.

60. Abituati come siamo, a giudicare le cose dalla nostra povera piccola dimora, noi pensiamo che la natura non ha potuto o non ha dovuto agire sugli altri mondi, se non secondo le regole che noi abbiamo riconosciuto sulla Terra. Orbene, è precisamente in questo che è importante correggere il nostro giudizio.

Gettate per un istante lo sguardo su una qualsiasi regione del vostro globo e su una delle produzioni della vostra natura: non vi riconoscete forse il sigillo di una varietà infinita e la prova di un'attività senza eguali? Non vedete forse, sull'ala di un passerotto delle Canarie, sul petalo di un bocciolo di rosa appena schiuso, la prestigiosa fecondità di questa bella natura?

Che i vostri studi si applichino agli esseri che si librano nell'aria, che essi discendano fino alla violetta dei boschi, che s'inabissino nelle profondità dell'oceano, in tutto e dappertutto voi leggerete questa verità universale: la natura onnipotente agisce secondo le leggi, i tempi e le circostanze. Essa è una nella sua armonia generale, ma multipla nelle sue produzioni; essa si prende gioco di un sole come di una goccia d'acqua; essa popola di esseri viventi un mondo immenso con la medesima facilità con cui fa schiudere l'uovo deposto dalla farfalla d'autunno.

61. Ora, se tale è la varietà che la natura ci ha potuto esporre in tutti luoghi su questo piccolo mondo, così stretto, così limitato, quanto più dovete estendere questo modo di agire della natura pensando alle prospettive dei vasti mondi! Quanto più dovete sviluppare e riconoscere la potente estensione della natura applicandola a questi mondi meravigliosi che, ben più della Terra, attestano la loro inconoscibile perfezione!

Non cercate di vedere, attorno a ciascun sole dello spazio, sistemi simili al vostro sistema planetario. Non cercate di vedere su questi pianeti sconosciuti i tre regni della natura che brillano attorno a voi. Ma pensate che, come non c'è un volto d'uomo che assomigli, nell'intero genere umano, a un altro volto, così una diversità prodigiosa e inimmaginabile è stata disseminata nelle dimore eteree che vagano in seno allo spazio.

Per il fatto che la vostra natura animata incominci nello zoofito per terminare nell'uomo, per il fatto che l'atmosfera alimenti la vita terrestre, per il fatto che l'elemento liquido la rinnovi incessantemente, per il fatto che le vostre stagioni facciano sì che in questa vita si avvicendino i fenomeni che le distinguono, non deducetene che i milioni di milioni di terre che vagano nell'immensa distesa siano simili alla Terra. Al contrario esse differiscono secondo le diverse condizioni che sono state loro assegnate e secondo il loro rispettivo ruolo sulla scena del mondo. Sono le gemme variegate di un immenso mosaico, i diversi fiori di un meraviglioso giardino.





Capitolo VII - ABBOZZO GEOLOGICO DELLA TERRA



Periodi geologici

1. La Terra conserva in sé le tracce evidenti della sua formazione. Si seguono le fasi di questa formazione, con una precisione matematica, nei differenti terreni che ne compongono l'ossatura. L'insieme di questi studi costituisce la scienza chiamata geologia, scienza nata in questo secolo XIX, e che ha gettato la luce sulla questione così controversa della sua origine e di quella degli esseri viventi che l'abitano. Qui non si tratta di ipotesi. Qui c'è il risultato rigoroso dell'osservazione dei fatti, e in presenza dei fatti il dubbio non è più permesso. La storia della formazione del globo sta scritta negli strati geologici in maniera ben altrimenti certa che nei libri basati su preconcetti, perché qui è la natura stessa che parla, che si mette a nudo, e non l'immaginazione degli uomini che crea i sistemi. Dove si vedono le tracce del fuoco, si può affermare con certezza che là il fuoco è esistito; dove si vedono quelle dell'acqua con non minore certezza si può dire che là vi è stata l'acqua; dove si vedono tracce di animali, con certezza si può dire che là hanno vissuto degli animali.

La geologia è dunque una scienza tutta d'osservazione. Essa non trae conseguenze se non da ciò che vede; sui punti dubbi, essa non afferma nulla: emette soltanto delle opinioni da discutere, per la cui soluzione definitiva si dovranno attendere osservazioni più complete. Senza le scoperte della geologia, come pure senza quelle dell'astronomia, Genesi del mondo sarebbe ancora nelle tenebre della leggenda. Grazie alla geologia, oggi l'uomo conosce la storia della sua dimora, e il castello di favole che circondava la sua origine è crollato, per non riemergere mai più.

2. Dappertutto nel terreno, ove esistano fenditure, scavi naturali o praticati dall'uomo, si possono osservare quelle che sono chiamate stratificazioni, cioè strati sovrapposti. I terreni che presentano questa disposizione sono designati con il nome di terreni stratificati. Gli strati, di uno spessore molto variabile, da alcuni centimetri fino a 100 metri e più, si distinguono l'uno dall'altro, per il colore e la natura delle sostanze di cui si compongono. I lavori d'arte, le perforazioni dei pozzi, lo sfruttamento delle cave e soprattutto delle miniere hanno permesso di osservarli fino a una profondità abbastanza grande.

3. Gli strati sono generalmente omogenei, vale a dire che ogni strato è formato da una medesima sostanza, oppure da diverse sostanze che sono esistite insieme e che hanno formato un tutto compatto. La linea di separazione che li isola gli uni dagli altri è sempre delineata nettamente, come nei vari livelli di una costruzione. Non si vedrà mai che una parte si mescoli o si perda l'una nell'altra per quanto concerne i rispettivi confini, come invece, per esempio, nei colori del prisma e nell'arcobaleno.

Da questi caratteri si deduce che tali strati si sono formati consecutivamente, depositandosi l'uno sull'altro in condizioni e per cause differenti. Naturalmente, i più profondi si sono formati per primi, i più superficiali posteriormente. L'ultimo di tutti, quello che si trova in superficie, è lo strato di terra vegetale, che deve le sue caratteristiche ai detriti delle materie organiche provenienti dalle piante e dagli animali.

4. Gli strati inferiori, situati al di sotto dello strato vegetale, hanno ricevuto in geologia il nome di rocce, termine che, in questa accezione, non sempre implica l'idea di una sostanza pietrosa, ma significa un letto o banco, costituito da una sostanza minerale qualsiasi. Alcune sono formate da sabbia, da argilla o creta, da marna, da massi erratici; altre, da pietre propriamente dette, più o meno dure, quali le arenarie, i marmi, il gesso, i calcari o pietre da calce, le pietre molari, i carboni fossili, gli asfalti ecc. Si dice che una roccia sia più o meno possente a seconda che il suo spessore sia più o meno considerevole.

Attraverso l'analisi della natura di queste rocce o strati, si può riconoscere, da determinati segni, che alcuni strati provengono da materiali fusi e, a volte, vetrificati dall'azione del fuoco; che altri provengono da sostanze terrose depositate dalle acque e che alcune di queste sostanze si sono conservate disgregate come, per esempio, le sabbie; che altri strati ancora, in principio allo stato pastoso, sotto l'azione di certi agenti chimici o per altre cause, si sono induriti e hanno acquisito, a lungo andare, la consistenza della pietra. I banchi di pietre sovrapposte rivelano depositi successivi. Il fuoco e l'acqua hanno dunque avuto la loro parte attiva nella formazione dei materiali che compongono la struttura solida del globo.

5. La posizione normale degli strati terrosi o pietrosi che provengono da depositi acquei è la direzione orizzontale. Quando si vedono quelle immense pianure, che si stendono talvolta a perdita d'occhio, dalla orizzontalità perfetta, uniformi come se fossero state livellate con un rullo compressore, o quei fondivalle pianeggianti quanto la superficie di un lago, si può esser certi che in un'epoca più o meno remota, quei luoghi sono stati per lungo tempo coperti da acque tranquille che, ritirandosi, hanno lasciato a secco quella terra che esse avevano depositata durante il loro soggiorno. Dopo la ritirata delle acque, quelle terre si sono ricoperte di vegetazione. Quando, invece che terre grasse, fangose, argillose o marnose, atte ad assimilare i principi nutritivi, le acque non hanno depositato che sabbie silicee e senza aggregazione, abbiamo allora pianure sabbiose e aride che costituiscono le lande e i deserti. I depositi che rilasciano le inondazioni parziali e quelli che le alluvioni formano alle foci dei fiumi possono, in proporzioni ridotte, darne un'idea.

6. Benché l'orizzontalità sia la posizione normale e anche la più diffusa delle formazioni acquose, spesso tuttavia su estensioni molto vaste, nei paesi di montagna, possiamo osservare che rocce dure — la cui natura indica che sono state formate dalle acque — si trovano in posizione inclinata e, a volte, perfino verticale. Ora, siccome secondo le leggi dell'equilibrio dei liquidi e del peso, i depositi acquosi possono formarsi soltanto su piani orizzontali — dato che quelli che hanno luogo su piani inclinati vengono trascinati in basso dalle correnti e dal loro stesso peso — resta evidente che questi depositi hanno dovuto essere sollevati da una qualsivoglia forza, dopo la loro solidificazione o trasformazione in pietre.

Da queste considerazioni, si può concludere con certezza che tutti gli strati pietrosi provenienti da depositi acquosi, in una posizione perfettamente orizzontale, sono stati formati nel corso dei secoli da acque tranquille; mentre tutte le volte che tali strati hanno una posizione inclinata, è perché il suolo è stato tormentato e dislocato posteriormente da sconvolgimenti generali o parziali più o meno considerevoli.

7. Un fatto caratteristico di grandissima importanza, per la testimonianza irrefutabile che fornisce, consiste nel ritrovamento di resti fossili di animali e di vegetali che si incontrano in quantità notevoli nei diversi strati. Siccome questi resti si trovano anche nelle pietre più dure, bisogna dedurre che l'esistenza di quegli esseri è anteriore alla formazione di quelle pietre stesse. Ora, se si considera il numero prodigioso di secoli che sono accorsi per effettuarne l'indurimento e per portarle allo stato in cui esse si trovano da tempo immemorabile, si arriva all'inevitabile conclusione secondo cui l'apparizione degli esseri organici sulla Terra si perde nella notte dei tempi e, di conseguenza, essa è molto anteriore alla data assegnata dalla Genesi. [24]

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[24] Fossile, dal latino fossíle, derivato di fóssus, part. pass. di fodére “scavare”. Questo termine si impiega, in geologia, per indicare corpi o relitti di corpi organici provenienti da esseri che erano vissuti anteriormente ai tempi storici. Per estensione, questo termine si impiega egualmente per indicare delle sostanze minerali che portano le tracce della presenza di esseri organici, quali le impronte di vegetali o di animali.

Il termine pietrificazione si usa soltanto per i corpi trasformati in pietra attraverso l'infiltrazione di materie silicee o calcaree nei tessuti organici. Tutte le pietrificazioni sono necessariamente dei fossili, ma non tutti i fossili sono delle pietrificazioni.

Gli oggetti che si rivestono di uno strato pietroso, quando sono immersi in talune acque cariche di sostanze calcaree, come quelle del ruscello di Saint-Allyre, presso Clermont, in Alvernia, non sono delle pietrificazioni propriamente dette, ma delle semplici incrostazioni.

I monumenti, le iscrizioni e gli oggetti che provengono dalla fabbricazione umana appartengono alla archeologia.
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8. Fra questi resti di vegetali o di animali, ve ne sono di quelli che sono stati penetrati in tutti i punti della loro sostanza — senza che la loro forma ne sia stata alterata — da materie silicee o calcaree, che li hanno trasformati in pietre, alcune delle quali hanno la durezza del marmo. Sono, queste, le pietrificazioni propriamente dette. Altri resti, invece, sono stati semplicemente avvolti dalla materia, allo stato di malleabilità; li si ritrova intatti, e alcuni nella loro interezza, nelle pietre più dure. Altri resti, infine, non hanno lasciato che delle impronte, ma di una nitidezza e di una delicatezza perfette. All'interno di certe pietre, sono state perfino trovate le orme di passi, e dalla forma del piede, delle dita e delle unghie, si è riusciti a riconoscere a quale specie di animale appartenessero.

9. I fossili di animali non comprendono quasi mai altro — e questo è facile da comprendere — se non le parti solide e resistenti, cioè le ossa, le scaglie e le corna; non di rado si trovano anche scheletri completi. Il più delle volte, però, si trovano solo parti distaccate, di cui è tuttavia facile riconoscere la provenienza. Analizzando una mascella o un dente si vede subito se appartengono a un animale erbivoro o carnivoro. Siccome tutte le parti dell'animale hanno una inevitabile correlazione, la forma della testa, di una scapola, dell'osso di una zampa, di un piede, è sufficiente per determinare la taglia, la forma in generale, il genere di vita dell'animale. [25] Gli animali terrestri hanno una organizzazione che ci impedisce di confonderli con gli animali acquatici. I pesci e le conchiglie fossili sono oltremodo numerosi; le sole conchiglie formano a volte interi banchi di grande spessore. Dalla loro natura, si riconosce senza difficoltà se si tratta di animali marini o di acqua dolce.

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[25] Al livello in cui Georges Cuvier ha portato la scienza paleontologica, spesso è sufficiente un solo osso per determinare il genere, la specie, la forma di un animale e le sue abitudini, e ricostruirlo così tutto intero.
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10. I ciottoli arrotondati, che in certe zone costituiscono rocce poderose, sono un indice inequivocabile della loro origine. Essi sono arrotondati come i sassolini in riva al mare, segno certo dello sfregamento che essi hanno subito per effetto delle acque. I luoghi, dove vengono trovati interrati in masse considerevoli, sono stati incontestabilmente occupati dall'oceano, oppure da altre acque o per un tempo molto lungo o violentemente agitate.

11. I terreni delle diverse formazioni sono, inoltre, caratterizzati dalla natura stessa dei fossili che essi racchiudono. I più antichi contengono delle specie animali o vegetali che sono del tutto scomparse dalla superficie del globo. Alcune specie più recenti sono egualmente scomparse, ma hanno conservato i loro analoghi, i quali differiscono dai loro capostipiti soltanto per la grandezza e qualche sfumatura di forma. Altre specie, infine, di cui noi vediamo gli ultimi rappresentanti, tendono a sparire in un avvenire più o meno prossimo, come gli elefanti, i rinoceronti, gli ippopotami ecc. Così, nella misura in cui gli strati terrestri si avvicinano alla nostra epoca, anche le specie animali e vegetali si avvicinano a quelle che esistono al giorno d'oggi.

Le perturbazioni e i cataclismi, che hanno avuto luogo sulla Terra fin dalla sua origine, ne hanno dunque cambiato le condizioni di capacità verso il sostentamento della vita e hanno fatto scomparire generazioni intere di esseri viventi.

12. Esaminando la natura degli strati geologici, si viene a sapere nella maniera più positiva se, all'epoca della loro formazione, la regione che li conserva era occupata dal mare, da laghi, o da foreste e pianure popolate da animali terrestri. Se, dunque, in una stessa zona, si trova una serie di strati sovrapposti, contenenti alternativamente fossili marini, terrestri e d'acqua dolce, parecchie volte ripetuti, questa è una prova irrefutabile del fatto che quella stessa zona è stata numerose volte invasa dal mare, coperta da laghi e messa a secco.

E quanti secoli di secoli, certamente, e quante migliaia di secoli, forse, sono accorsi a ciascun periodo per completarsi?! E quale possente forza è occorsa per spostare e rispostare l'oceano, sollevare le montagne?! Quante rivoluzione fisiche, quanti violenti sconvolgimenti la Terra ha dovuto attraversare prima di essere come noi la vediamo dall'inizio dei tempi storici?! E si vorrebbe che tutto questo fosse opera eseguita in meno tempo di quanto ne occorrerebbe per far spuntare una pianta!

13. Lo studio degli strati geologici attesta, come già è stato detto, formazioni susseguenti che hanno cambiato l'aspetto del globo e dividono la sua storia in numerosi periodi, che vengono chiamati periodi geologici, la cui conoscenza è essenziale per la determinazione della Genesi. Se ne contano sei principali, che sono stati designati con i nomi di periodo primario, di transizione, secondario, terziario, diluviale, postdiluviale o attuale. I terreni formatisi nel corso di ogni periodo si chiamano perciò: terreni primitivi, di transizione, secondari ecc. Si dice anche: il tale o talaltro strato, o roccia; il tale o talaltro fossile si trova nei terreni del tale o talaltro periodo.

14. È essenziale osservare che il numero di questi periodi non è affatto assoluto, e che esso dipende dai sistemi di classificazione. Nelle sei epoche principali, sopracitate, vengono comprese soltanto quelle che sono segnate da un cambiamento notevole e generale nello stato del globo. Ma l'osservazione prova che numerose formazioni successive si sono operate nel corso di ogni periodo; ed è per questo motivo che si è proceduto a una ulteriore divisione in sottoperiodi, caratterizzati dalla natura dei terreni, e che portano a ventisei il numero delle formazioni generali ben caratterizzate, senza contare poi quelle che provengono da modificazioni dovute a cause puramente locali.




Stato primitivo del globo

15. Lo schiacciamento dei poli e altri fenomeni decisivi sono indici certi che la Terra ha dovuto essere, alla sua origine, in uno stato di fluidità o di malleabilità. Questo stato poteva avere come causa la materia o liquefatta dal fuoco o diluita dall'acqua.

Dice il proverbio: "Non c'è fumo senza fuoco". Questa frase rigorosamente vera, è un'applicazione del principio: non c'è effetto senza causa. Per la medesima ragione, si può dire: non c'è fuoco senza focolaio. Ora, attraverso i fatti che scorrono sotto i nostri occhi, non si tratta solo del fumo che viene prodotto, ma del fuoco molto reale, che deve avere un suo focolaio. Venendo questo fuoco dall'interno del pianeta e non dall'alto, interno deve essere il focolaio; ed essendo permanente il fuoco, egualmente deve esserlo il focolaio.

Il calore, che aumenta nella misura in cui si penetra nell'interno della Terra e che, a una certa distanza dalla superficie, raggiunge una temperatura altissima; le sorgenti termali, tanto più calde quanto maggiore è la profondità da cui provengono; i fuochi e le masse di materie fuse e infuocate, che erompono dai vulcani come da immensi sfiatatoi, o dalle fenditure del suolo, provocate da certi sconvolgimenti della Terra, non possono lasciare alcun dubbio sull'esistenza di un fuoco interiore.

16. L'esperienza dimostra che la temperatura si eleva di 1 grado ogni 30 metri di profondità; da ciò consegue che a una profondità di 300 metri l'aumento della temperatura è di 10 gradi; a 3.000 metri, di 100 gradi, temperatura dell'acqua bollente; a 30.000 metri, come dire da 7 a 8 leghe, la temperatura è di 1.000 gradi; a 25 leghe, di 3.300 gradi e più, temperatura alla quale nessuna materia conosciuta resiste alla fusione. Da qui fino al centro c'è ancora uno spazio di oltre 1.400 leghe, con un diametro cioè di 2.800 leghe, spazio che si suppone occupato da materie fuse.

Benché questa sia soltanto una congettura, deducendo la causa attraverso l'effetto, essa ha tutti i caratteri della probabilità e si giunge così alla conclusione secondo cui la Terra è ancora una massa incandescente ricoperta d'una crosta solida dello spessore di 25 leghe tutt'al più, il che è appena la centoventesima parte del suo diametro. In proporzione, ciò sarebbe molto meno dello spessore della più sottile scorza d'arancia.

Del resto lo spessore della crosta terrestre è molto variabile, poiché vi sono zone, soprattutto nei terreni vulcanici, in cui il calore e la flessibilità del suolo indicano che non è affatto considerevole. L'alta temperatura delle acque termali è egualmente indice della vicinanza del fuoco centrale.

17. Stando così le cose, diventa evidente che lo stato primitivo di fluidità o di malleabilità della Terra deve aver avuto la sua causa nell'azione del calore e non in quella dell'acqua. La Terra era dunque, alla sua origine, una massa incandescente. Poi, in seguito all'irradiazione del calore, è accaduto ciò che accade a ogni materia in fusione: a poco a poco essa si è raffreddata, e il raffreddamento è naturalmente incominciato dalla superficie, la quale si è indurita mentre all'interno è rimasta fluida. Si può, quindi, paragonare la Terra a un blocco di carbone che esca incandescente dalla fornace, e la cui superficie si spenga e si raffreddi a contatto dell'aria; ma allorché lo si spezzi, si troverà l'interno ancora ardente.

18. All'epoca in cui il globo terrestre era una massa incandescente non conteneva né un atomo in più né uno in meno di oggi. Solo che, sotto l'influenza di quell'alta temperatura, la maggior parte di quelle sostanze che lo compongono e che noi vediamo sotto forma di liquidi o di solidi, di terra, di pietre, di metalli e di cristalli, si trovava in uno stato ben differente. Quelle sostanze non hanno fatto altro che subire una trasformazione. In seguito al raffreddamento e al loro mescolarsi, gli elementi hanno formato nuove combinazioni. L'aria, considerevolmente dilatata, doveva estendersi a una distanza immensa; tutta l'acqua, forzatamente ridotta in vapore, era mescolata all'aria; tutte le materie suscettibili di volatilizzazione, quali i metalli, lo zolfo, il carbone, si trovavano allo stato di gas. Lo stato dell'atmosfera non aveva dunque niente di paragonabile a ciò che è al giorno d'oggi; la densità di tutti questi vapori le dava una opacità che non poteva essere attraversata da nessun raggio di sole. Se un essere vivente avesse potuto esistere sulla superficie del globo a quell'epoca, non sarebbe stato illuminato se non dal bagliore sinistro della fornace, collocata sotto ai suoi piedi, e dal bagliore dell'atmosfera infuocata. L'esistenza del Sole, quell'essere vivente, non avrebbe neppure potuto immaginarla.




Periodo primario

19. Il primo effetto del raffreddamento fu la solidificazione della superficie esteriore della massa in fusione e la formazione di una crosta resistente, che, dapprima sottile, si ispessì a poco a poco. Questa crosta, costituita da una pietra chiamata granito, è di estrema durezza ed è così denominata per il suo aspetto granulare. Vi si distinguono tre sostanze principali: il feldspato, il quarzo o cristallo di rocca e la mica; quest'ultima ha brillantezza metallica, quantunque non sia un metallo.

Lo strato granitico è dunque il primo che si sia formato sul globo; esso lo avviluppa nella sua interezza e ne costituisce in qualche modo la struttura ossea; è il prodotto diretto della materia in fusione solidificatasi. È su questo strato e nelle cavità che presentava la sua superficie tormentata che si sono successivamente depositati gli strati degli altri terreni formatisi posteriormente. Lo strato granitico si distingue da questi ultimi per l'assenza di qualsiasi stratificazione, esso cioè forma una massa compatta e uniforme in tutto il suo spessore e non è disposto a strati. L'effervescenza della materia incandescente vi avrebbe prodotto numerose e profonde fenditure, attraverso cui tale materia si espandeva.

20. Il secondo effetto del raffreddamento fu la liquefazione di alcune delle materie contenute nell'aria allo stato di vapore e che precipitarono sulla superficie del suolo. Si formarono allora piogge e laghi di zolfo e bitume, veri ruscelli di ferro, di rame, di piombo e di altri metalli fusi. Queste materie, infiltrandosi nelle fenditure, hanno costituito le vene e i filoni metallici.

Sotto l'influenza di questi diversi agenti, la superficie granitica subì alternative alterazioni. Si produssero dei miscugli che formarono i terreni primitivi propriamente detti, che, sebbene distinti dalla roccia granitica, si presentavano tuttavia in masse confuse e senza stratificazioni regolari.

Vennero in seguito le acque che, cadendo su un suolo ardente, vaporizzavano di nuovo, ricadevano in piogge torrenziali e così di seguito, fin quando la temperatura non permise loro di rimanere sul suolo allo stato liquido.

È con la formazione dei terreni granitici che si dà inizio alla serie dei periodi geologici, ai quali converrebbe aggiungere quello dello stato primitivo dell'incandescenza del globo.

21. Tale fu l'aspetto di questo primo periodo, vero caos di tutti gli elementi confusi, che cercavano il loro assetto, e in cui nessun essere vivente avrebbe potuto esistere. Così uno dei suoi caratteri distintivi, in geologia, è l'assenza di ogni traccia di vita animale e vegetale.

È impossibile assegnare una determinata durata a questo primo periodo, non più che ai periodi seguenti. Ma, tenuto conto del tempo che occorre a una sfera di un dato volume, riscaldata al calore bianco perché la sua superficie si raffreddi al punto che una goccia d'acqua possa restarvi allo stato liquido, si è calcolato che, se questa sfera avesse il volume della Terra, occorrerebbe più di un milione di anni.




Periodo di transizione

22. All'inizio del periodo di transizione, la crosta solida granitica non aveva ancora che un ridotto spessore e non offriva che una debolissima resistenza all'effervescenza delle materie infuocate, che quella ricopriva e comprimeva. Nella crosta si producevano allora dei rigonfiamenti, ma anche numerose fenditure dalle quali fuoriusciva, spandendosi sulla superficie, la lava interiore. Poco considerevoli erano le ineguaglianze che il suolo presentava.

Le acque, poco profonde, ricoprivano quasi tutta la superficie del globo, fatta eccezione delle parti sollevate che formavano delle terre basse, frequentemente sommerse.

L'aria si era a poco a poco purificata dalle materie più pesanti, momentaneamente allo stato gassoso, le quali, condensandosi per effetto del raffreddamento, erano precipitate sulla superficie del suolo ed erano poi state trascinate via e dissolte dalle acque.

Quando si parla di raffreddamento riferito a quell'epoca, bisogna interpretare questa parola in senso relativo, cioè in rapporto allo stato primitivo, perché la temperatura doveva essere ancora ardente.

I densi vapori acquei, che si levavano da ogni parte dell'immensa superficie liquida, ricadevano in piogge abbondanti e calde e oscuravano l'aria. Tuttavia, attraverso quell'atmosfera brumosa, incominciavano ad apparire i raggi del sole.

Una delle ultime sostanze da cui l'aria dovette purificarsi, poiché il suo stato naturale è quello gassoso, fu l'acido carbonico, che ne formava allora una delle sue parti costitutive.

23. In quell'epoca incominciarono a formarsi gli strati di terreni di sedimento, depositati dalle acque cariche di limo e di altre diverse materie adatte alla vita organica.

Appaiono allora i primi esseri viventi del regno vegetale e del regno animale. Dapprima in piccolo numero, se ne trovano poi tracce sempre più frequenti, nella misura in cui si sale negli strati di questa formazione. È degno di nota il fatto che, dappertutto, la vita si manifesti non appena le condizioni le sono propizie, nascendo ogni specie non appena si realizzano le condizioni adatte alla sua esistenza.

24. I primi esseri organici apparsi sulla Terra sono i vegetali, quelli dall'organizzazione meno complessa, designati in botanica con i nomi di crittogame, acotiledoni, monocotiledoni, vale a dire i licheni, i funghi, i muschi, le felci e le piante erbacee. Ancora non si vedono assolutamente alberi con fusto legnoso, ma soltanto piante del genere palma il cui fusto spugnoso è simile a quello delle erbe.

Gli animali di questo periodo, succeduti ai primi vegetali, sono esclusivamente marini: in principio sono polipi, raggiati e zoofiti, animali il cui organismo semplice e, per così dire, rudimentale si avvicina maggiormente a quello dei vegetali. Più tardi verranno crostacei e pesci le cui specie, però, non esistono più al giorno d'oggi.

25. Sotto il dominio del calore e dell'umidità e in seguito all'accesso di acido carbonico diffuso nell'aria — gas inadatto alla respirazione degli animali terrestri, ma necessario alle piante — i terreni esposti si coprirono rapidamente di una possente vegetazione e, nello stesso tempo, le piante acquatiche si moltiplicarono nelle paludi. Piante del genere di quelle che, ai nostri giorni, sono semplici erbe di qualche centimetro, raggiungevano un'altezza e una grossezza prodigiose. È così che apparvero foreste di felci arborescenti di 8 o 10 metri di altezza e grossezza in proporzione; apparvero anche i licopodi ("piede di lupo", un genere di muschio) della medesima taglia; gli equiseti [26] di 4 o 5 metri, che oggi a stento raggiungono il metro; e una infinità di specie che non esistono più. Sul finire di questo periodo incominciarono ad apparire alcuni alberi appartenenti al genere delle conifere o pinacee.

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[26] Pianta palustre, volgarmente chiamata coda di cavallo.

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26. A seguito dello spostamento delle acque, le terre che producevano queste masse di vegetali furono a più riprese sommerse e ricoperte di nuovi sedimenti terrosi, mentre le terre che venivano messe a secco si ricoprivano a loro volta di una analoga vegetazione. Ci furono così numerose generazioni di vegetali che alternativamente si annientavano e si rinnovavano. Non accadde lo stesso per gli animali, i quali, essendo tutti acquatici, non erano soggetti a queste alternanze.

Questi detriti, accumulatisi durante una lunga serie di secoli, formarono degli strati di grande spessore. Sotto l'azione del calore, dell’umidità, della pressione esercitata dai depositi terrosi posteriori e, senza dubbio, sotto l'azione dei diversi agenti chimici, dei gas, degli acidi e dei sali, prodotti dalla combinazione degli elementi primitivi, queste materie vegetali subirono una fermentazione che le convertì in carbon fossile o litantrace. Le miniere di carbon fossile sono dunque il prodotto diretto della decomposizione di ammassi di vegetali accumulatisi durante il periodo di transizione. È per questo che lo si trova in quasi tutti i paesi. [27]

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[27] La torba si è formata alla stessa maniera, per la decomposizione di ammassi di vegetali in terreni paludosi; ma con questa differenza: essendo molto più recente e trovandosi senza dubbio in altre condizioni, non ha avuto il tempo di carbonizzarsi.
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27. Trovandosi oggi i resti fossili della poderosa vegetazione di questo periodo sotto i ghiacci delle terre polari, come pure nella zona torrida, se ne deduce che, poiché la vegetazione era uniforme, altrettanto doveva esserlo la temperatura. I poli non erano dunque ricoperti di ghiacci, come ora. Il fatto è che allora la Terra traeva il suo calore da sé stessa, dal fuoco centrale che riscaldava in modo omogeneo tutto lo strato solido, ancora poco spesso. Questo calore era di gran lunga superiore a quello che potevano dare i raggi solari, indeboliti d'altronde dalla densità dell'atmosfera. Soltanto più tardi, quando il calore centrale non poté esercitare sulla superficie esteriore del globo che un'azione scarsa o addirittura nulla, il calore del Sole divenne preponderante. Pertanto, le regioni polari, le quali ricevevano soltanto dei raggi solari obliqui che davano assai poco calore, si coprirono di ghiacci. Si comprende così che, all'epoca di cui stiamo parlando e per lungo tempo dopo, il ghiaccio non era ancora conosciuto sulla Terra.

Questo periodo ha dovuto essere molto lungo, a giudicare dal numero degli strati carboniferi e dal loro spessore. [28]
Supponendo solo mille anni per la formazione di ciascuno di questi livelli, sarebbero già 68.000 anni solo per questo strato carbonifero.

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[28] Nella baia di Fundy (Nuova Scozia), il geologo scozzese Lyell ha trovato, in uno strato di carbon fossile dello spessore di 400 metri, 68 livelli differenti, che presentavano tracce evidenti di numerosi suoli di foreste. I tronchi degli alberi avevano ancora le loro radici (L. Figuier).
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Periodo secondario

28. Con il periodo di transizione scompaiono la vegetazione colossale e gli animali che caratterizzavano questo periodo, sia perché le condizioni atmosferiche non erano più le stesse, sia perché una serie di cataclismi aveva annientato tutto ciò che aveva vita sulla Terra. È probabile che le due cause abbiano entrambe contribuito a questo cambiamento, poiché da una parte lo studio dei terreni, che indicano la fine di questo periodo, attesta grandi sconvolgimenti causati dai sollevamenti e dalle eruzioni, che hanno riversato sul suolo grandi quantità di lava, mentre dall'altra parte vengono attestati i notevoli cambiamenti che si sono operati nei tre regni.

29. Il periodo secondario è caratterizzato, sotto l'aspetto minerale, da strati numerosi e possenti che attestano una formazione lenta in seno alle acque e marcano epoche differenti ben caratterizzate.

La vegetazione è meno rapida e meno colossale che nel periodo precedente, senza dubbio in seguito alla diminuzione del calore e dell'umidità e in seguito a modificazioni sopraggiunte negli elementi costitutivi dell'atmosfera. Alle piante erbacce e polpose si aggiungono quelle dal fusto legnoso e i primi alberi propriamente detti.

30. Gli animali sono ancora acquatici o tutt'al più anfibi; la vita animale sulla terra arida fa pochi progressi. Una prodigiosa quantità di animali con conchiglia si sviluppa in seno ai mari in seguito alla formazione delle materie calcaree; prendono vita nuovi pesci, dall'organismo più perfezionato di quello del periodo precedente; si vedono apparire i primi cetacei. Gli animali più caratteristici di questo periodo sono i rettili mostruosi. Qui di seguito diamo un breve elenco dei principali.

L'ittiosauro, specie di pesce-lucertola che giungeva fino ai 10 metri di lunghezza, e le cui mascelle, prodigiosamente allungate, erano armate di 180 denti. In generale la sua forma ricorda un po' quella di un coccodrillo, ma senza la corazza scagliosa. I suoi occhi avevano il volume della testa di un uomo; aveva pinne natatorie come la balena e, come la balena, rigettava l'acqua dagli sfiatatoi.

Il plesiosauro, altro rettile marino, grande quanto l'ittiosauro, aveva un collo lungo in modo abnorme, che si snodava come quello di un cigno, dandogli l'aspetto di un enorme serpente attaccato a un corpo di tartaruga. Aveva la testa di una lucertola e i denti di un coccodrillo; la sua pelle doveva essere liscia come quella dell'ittiosauro, poiché non è stata trovata traccia né di scaglie né di carapace. [29]
Il teleosauro si avvicina molto agli attuali coccodrilli, i quali sembrano esserne le copie ridotte. Come questi ultimi, aveva una corazza scagliosa e viveva sia nell'acqua sia sulla terra; la sua lunghezza era intorno ai 10 metri, di cui ben 3 o 4 solo per la testa; le fauci, enormi, avevano un'apertura di 2 metri.

Il megalosauro, grande lucertola, era una specie di coccodrillo di 14 o 15 metri di lunghezza, essenzialmente carnivoro, nutrendosi di rettili, di piccoli coccodrilli e di tartarughe. La sua formidabile mascella era armata di denti a forma di lama di roncola a doppio taglio, curvati all'indietro, di modo che, una volta penetrati nella preda, a questa non era più possibile di liberarsi.

L' iguanodonte, la più grande delle lucertole che siano mai esistite sulla Terra, misurava tra i 20 e i 25 metri, dalla testa all'estremità della coda. Il suo muso era sormontato da un corno osseo simile a quello dell'iguana dei giorni nostri, dalla quale sembra differire solo per la taglia, raggiungendo quest'ultima appena 1 metro di lunghezza. La forma dei denti prova che era erbivoro, e quella dei piedi che era un animale terrestre.

Lo pterodattilo era uno strano animale della grandezza d'un cigno, che aveva nello stesso tempo il corpo di un rettile e la testa di un uccello. Una membrana carnosa, simile a quella dei pipistrelli, gli univa le dita, che erano di una prodigiosa lunghezza. Di tale membrana si serviva come di un paracadute, quando si precipitava sulla preda dall'alto di un albero o di una roccia. Non aveva affatto ‘un becco corneo come gli uccelli, ma le ossa delle mascelle, lunghe quanto la metà del corpo e dotate di denti, terminavano a punta come un becco.

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[29] I primo fossile di questo animale è stato scoperto in Inghilterra nel 1823. Dopo, ne sono stati trovati altri in Francia e in Germania.
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31. Durante questo periodo, che dovette essere assai lungo, come attestano il numero e la possanza degli strati geologici, la vita animale assume un enorme sviluppo in seno alle acque, così come lo era stato della vegetazione nel periodo precedente. L'aria, maggiormente purificata e più adatta alla respirazione, incomincia a permettere ad alcuni animali di vivere sulla terra. Il mare si è spostato più volte, ma senza scosse violente. Con questo periodo scompaiono a loro volta quelle razze di giganteschi animali acquatici, sostituiti più tardi da specie analoghe, dalle forme meno sproporzionate e di minor taglia.

32. L'orgoglio ha fatto dire all'uomo che tutti gli animali erano stati creati a suo beneficio e per i suoi bisogni. Ma quanto vale il numero di quegli animali che lo servono direttamente e che egli ha potuto assoggettare, paragonato al numero incalcolabile• di quelli con cui non ha mai avuto, né avrà mai, alcun rapporto? Come sostenere una simile tesi, in presenza di quelle innumerevoli specie che sono state le sole a popolare la Terra per migliaia e migliaia di secoli — prima che l'uomo stesso vi apparisse — e che poi sono scomparse? Si può forse dire che quelle specie furono create a suo vantaggio? Tuttavia, quelle specie avevano tutte la loro ragione di esistere, la loro utilità. Dio non ha potuto crearle per un capriccio della Sua volontà e per dare a Sé Stesso, in seguito, il piacere di annientarle, dal momento che tutte avevano la vita, gli istinti, il sentimento del dolore e del benessere. Per quale fine l'avrebbe fatto? Sovranamente saggio deve essere questo fine, quantunque noi ancora non siamo in grado di comprenderlo. Forse un giorno sarà concesso all'uomo di conoscerlo, per mortificarne l'orgoglio. Ma, nel frattempo, quanto le sue idee si allargano di fronte a questi nuovi orizzonti, nei quali oggi gli è permesso di immergere lo sguardo! Di fronte allo spettacolo imponente di questa creazione, così maestosa nella sua lentezza, così mirabile nella sua previdenza, così puntuale, così precisa e così invariabile nei suoi risultati!




Periodo terziario

33. Con il periodo terziario, incomincia per la Terra un nuovo ordine di cose: lo stato della sua superficie cambia completamente aspetto; le condizioni di vitalità sono profondamente cambiate e si avvicinano a quelle dello stato attuale. I primi tempi di questo periodo sono contrassegnati da un arresto nella produzione vegetale e animale; tutto porta le tracce di un annientamento quasi generale degli esseri viventi, e allora appaiono via via nuove specie, il cui organismo, più perfetto, è idoneo alla natura dell'ambiente dove esse sono chiamate a vivere.

34. Durante i periodi precedenti, la crosta solida del globo, a causa del suo scarso spessore, presentava, come è stato detto, una assai debole resistenza all'azione del fuoco interiore. Questo involucro, che si era facilmente squarciato, faceva sì che le materie in fusione si spandessero liberamente sulla superficie del suolo. Non fu più così quando la crosta solida ebbe acquisito un certo spessore. Le materie infuocate, compresse da tutte le parti, come acqua in ebollizione dentro un contenitore chiuso, finirono per produrre una specie di esplosione. La massa granitica, violentemente squarciata su una infinita di punti, fu solcata da crepacci come un vaso incrinato. Lungo il percorso di questi crepacci, la crosta solida, sollevatasi e innalzatasi formò i picchi, le catene di montagne e le loro ramificazioni. Certe parti dell'involucro, non lacerate, furono sollevate semplicemente, mentre su altri punti si produssero affossamenti e depressioni.

La superficie del suolo divenne allora molto ineguale. Le acque che, fino ad allora, lo ricoprivano in maniera quasi uniforme nella maggior parte della sua estensione, furono respinte nelle parti più basse lasciando in secca o vasti continenti o sommità di montagne isolate dando così origine alle isole.

Questo è il grande fenomeno che si è verificato nel periodo terziari e che ha trasformato l'aspetto del globo. Esso non è avvenuto né istantaneamente né simultaneamente su tutti i punti del globo, ma in fasi susseguenti e in epoche più o meno distanziate.

35. Una delle prime conseguenze di questi sollevamenti fu, come si è detto, l'inclinazione degli strati di sedimento primitivamente orizzontali e che rimasero in quest'ultima posizione ovunque il suolo non fosse stato sconvolto. È dunque sui fianchi e nelle vicinanze delle montagne che queste inclinazioni sono più pronunciate.

36. Nei luoghi dove gli strati di sedimento hanno conservato la loro orizzontalità, per raggiungere quelli di prima formazione bisogna attraversare tutti gli altri, spesso a una profondità considerevole, alla fine della quale si trova inevitabilmente la roccia granitica. Ma, quando questi strati si sono sollevati in montagne, essi sono stati portati al di sopra del loro livello normale e, talvolta, a una elevatissima altezza, dimodoché, se si praticasse una fenditura verticale nel fianco della montagna, gli strati si mostrerebbero a giorno in tutto il loro spessore e sovrapposti come i piani di una costruzione.

È così che, a grandi altezze, si trovano considerevoli banchi di conchiglie, formatisi originariamente in fondo ai mari. È al giorno d'oggi perfettamente riconosciuto che in nessuna epoca il mare ha potuto raggiungere una tale altezza, poiché non basterebbero tutte le acque che esistono sulla terra, quand'anche ce ne fossero cento volte di più. Sarebbe necessario dunque supporre che la quantità d'acqua è diminuita, e allora ci si domanderebbe che ne è stato della parte scomparsa. I sollevamenti, che sono al giorno d'oggi un fatto incontestabile, spiegano in maniera tanto logica quanto rigorosa i depositi marini che si incontrano su certe montagne. [30]

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[30] Si sono trovati strati di calcare conchilifero sulle Ande d'America, a 5.000 metri sul livello dell'Oceano.

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37. Nei luoghi dove il sollevamento della roccia primitiva ha prodotto una spaccatura completa del suolo — sia per la rapidità del fenomeno, sia per forma, altezza, e volume della massa sollevata — il granito si è mostrato a nudo, come un dente che trapassi la gengiva. Gli strati che lo coprivano, sollevati, spezzati e rialzati, sono stati portati allo scoperto. È così che terreni appartenenti alle formazioni più antiche e che, nella loro posizione primitiva, si trovavano a una grande profondità, formano al giorno d'oggi il suolo di certe regioni.

38. La massa granitica, dislocata per effetto dei sollevamenti, ha lasciato in alcune zone delle fenditure da cui sfugge il fuoco interiore e da cui, spandendosi, si riversano le materie in fusione: sono i vulcani. I vulcani possono considerarsi le ciminiere di questa immensa fornace o, meglio ancora, sono come degli sfiatatoi di sicurezza, i quali, dando sfogo all'eccesso delle materie ignee, preservano da sconvolgimenti ben altrimenti terribili. Perciò possiamo dire che il numero dei vulcani in attività è motivo di sicurezza per l'insieme della superficie del suolo.

Possiamo farci un'idea dell'intensità di questo fuoco, considerando che alcuni vulcani si aprono perfino in seno al mare, e che la massa d'acqua, che li ricopre e penetra in essi, non basta a spegnerli.

39. I sollevamenti effettuatisi nella massa solida hanno necessariamente spostato le acque, che sono state così spinte nelle parti cave, diventate ancora più profonde per l'innalzamento delle zone emerse e per gli affossamenti. Ma questi stessi bassi fondali, sollevatisi a loro volta, ora in un punto ora in un altro, hanno espulso le acque che sono rifluite altrove, e così di seguito finché i territori occupati dalle acque non hanno potuto assumere un assetto più stabile.

I successivi spostamenti di questa massa liquida hanno forzatamente travagliato e tormentato la superficie del suolo. Le acque, scorrendo, hanno trascinato con sé una parte dei terreni di formazione anteriore, messi allo scoperto dai sollevamenti; hanno denudato certe montagne che da esse erano ricoperte; hanno messo in luce la loro base granitica o calcarea; hanno scavato profonde vallate e altre ne hanno colmate.

Ci sono dunque montagne formate direttamente dall'azione del fuoco centrale: si tratta soprattutto delle montagne granitiche. Altre, invece, sono dovute all'azione delle acque che, trascinando con sé le terre mobili e le materie solubili, hanno scavato delle valli attorno a una base resistente, calcarea o di altra natura.

Le materie trascinate dalla corrente delle acque hanno formato gli strati del periodo terziario, i quali si distinguono facilmente da quelli dei periodi precedenti, più per la loro disposizione che per la loro composizione, la quale risulta essere quasi la stessa.

Gli strati del periodo primario, di transizione e secondario, formatisi su una superficie poco accidentata, sono uniformi su quasi tutta la Terra. Quelli del periodo terziario, al contrario, formatisi su una base molto ineguale e anche per la furia delle acque, presentano un carattere più locale. Dappertutto, scavando a una certa profondità, si trovano tutti gli strati anteriori e nell'ordine della loro formazione; non dappertutto, invece, è facile trovare terreno del periodo terziario, né di questo terreno sono reperibili tutti gli strati.


40. È facilmente intuibile come, durante gli sconvolgimenti del suolo, che si sono verificati all'inizio di questo periodo, la vita organica abbia dovuto subire una battuta d'arresto, cosa che si riconosce dall'indagine di tali terreni, privi di fossili. Ma appena sopraggiunse un periodo più calmo, i vegetali e gli animali riapparvero. Essendo ambiate le condizioni di vitalità, essendo l'atmosfera divenuta più pura, si videro formarsi nuove specie, dall'organismo più perfetto. Le piante, riguardo alla loro struttura, differivano poco da quelle dei giorni nostri.

41. Durante i due periodi precedenti, i terreni non coperti dalle acque offrivano poca estensione ed erano inoltre paludosi e frequentemente sommersi; è per questo che vi erano soltanto animali acquatici o anfibi. Il periodo terziario, che ha visto formarsi vasti continenti, è caratterizzato dalla comparsa degli animali terrestri. Come il periodo di transizione ha visto nascere una vegetazione colossale e il periodo secondario rettili mostruosi, questo vede prodursi mammiferi giganteschi quali l'elefante, il rinoceronte, l’ippopotamo, il paleoterio, il megaterio, il dinoterio, il mastodonte, il mammut ecc. Questi ultimi due, varietà dell'elefante, avevano dai 5 ai 6 metri di altezza, e le loro zanne raggiungevano anche i 4 metri di lunghezza. Questo periodo ha visto nascere anche gli uccelli, come pure la maggior parte delle specie che ancora vivono ai giorni nostri. Alcune delle specie di questo periodo sono sopravvissute ai cataclismi posteriori; altre, che sono designate con la denominazione generica di animali antidiluviani, sono completamente scomparse oppure sono state sostituite da specie analoghe dalle forme meno pesanti e meno massicce, i cui primi esemplari sono stati come degli abbozzi. Tali, per esempio, il Felsi spela, animale carnivoro della grandezza di un toro, con le caratteristiche anatomiche della tigre e del leone; il Cervus megaceron, una varietà del cervo, i cui palchi, di 3 metri di lunghezza, erano spaziati, alle estremità, di 3 o 4 metri.




Periodo diluviale

42. Questo periodo è contrassegnato da uno dei più grandi cataclismi che abbiano mai sconvolto il globo, cambiato ancora una volta l'aspetto della sua superficie e distrutto per sempre una quantità di specie viventi di cui non si ritrovano che i resti. Dappertutto questo cataclisma ha lasciato tracce che attestano la sua universale estensione. Le acque, violentemente buttate fuori dai loro letti, hanno invaso i continenti, trascinando con sé le terre e le rocce, denudando le montagne, sradicando le foreste secolari. I nuovi depositi che son venuti a formarsi sono designati, in geologia, con il nome di terreni diluviali.

43. Una delle tracce più significative di questo immane cataclisma sono le rocce dette massi erratici. Vengono chiamate così quelle rocce di granito che si trovano isolate nelle pianure dei terreni del periodo terziario e al centro di terreni diluviali, a volte a parecchie centinaia di leghe dalle montagne da cui sono state strappate. È evidente che questi massi erratici non hanno potuto essere trasportati a così grandi distanze che dalla violenza delle correnti. [31]

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[31] È uno di questi blocchi, evidentemente proveniente, per la sua composizione, dalle montagne della Norvegia, che serve da piedistallo alla statua di Pietro il Grande, a San Pietroburgo.
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44. Un fatto non meno caratteristico, di cui non ci si spiega ancora la causa, è che nei terreni diluviali sono stati trovati i primi aeroliti. Poiché è soltanto in questo periodo che essi hanno incominciato a cadere, ne consegue che anteriormente non esisteva la causa che li produce.

45. È ancora intorno a questo periodo che i poli incominciano a coprirsi di ghiacci e che si formano i ghiacciai delle montagne, la qual cosa indica un cambiamento notevole nella temperatura del globo. Questo cambiamento dovette essere improvviso, perché, se si fosse verificato gradualmente, animali come gli elefanti che oggi vivono solo nei climi caldi — e che,' in gran numero, si trovano allo stato fossile nelle terre polari — avrebbero avuto il tempo di ritirarsi a poco a poco verso le regioni più temperate. Tutto prova, al contrario, che essi dovettero essere colti bruscamente da un grande freddo e avviluppati dai ghiacci. [32]

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[32] Nel 1771, il naturalista russo Pallas ha trovato in mezzo ai ghiacci del Nord il corpo integrale di un mammut rivestito della pelle, e che conservava ancora una parte delle carni. Nel 1799, se ne scoprì un altro, anch'esso racchiuso in un enorme blocco di ghiaccio, alla foce della Lena, in Siberia, e fu descritto dal naturalista Adams. Gli Iacuti dei dintorni ne fecero a pezzi le carni per nutrire i loro cani. La pelle era coperta da crini neri e il collo era guarnito da una folta criniera. La testa, senza tener conto delle zanne che misuravano più di 3 metri, pesava più di 400 libbre. Il suo scheletro è ora nel museo di San Pietroburgo. Nelle isole e sulle coste del Mar Glaciale si trova una tale quantità di zanne, tanto da essere oggetto di un considerevole commercio sotto la denominazione di avorio fossile o della Siberia.
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46. Questo, dunque, fu il vero diluvio universale. Sulle cause che hanno potuto scatenarlo, le opinioni sono divise, ma, quali che siano, non per questo il fatto cessa di esistere.

Si suppone, abbastanza generalmente, che un brusco cambiamento abbia avuto luogo nella posizione dell'asse e dei poli della Terra: da qui un rovescio violento e generale delle acque sulla superficie terrestre. Se quel cambiamento si fosse verificato con lentezza, le acque si sarebbero spostate gradualmente, senza scosse; tutto, invece, indica una scossa violenta e improvvisa. Stante l'ignoranza assoluta della vera causa, non si possono fare che ipotesi.

Lo spostamento improvviso delle acque può anche essere stato causato dal sollevamento di alcune parti della crosta solida e dalla formazione di nuove montagne in seno ai mari, come è accaduto agli inizi del periodo terziario; ma oltre al fatto che allora il cataclisma non fu generale, questo non spiegherebbe il cambiamento improvviso della temperatura dei poli.

47. Nel disastro causato dallo sconvolgimento delle acque sono periti molti animali. Altri, per sfuggire all'inondazione, si sono ritirati sulle alture, nelle caverne e nei crepacci, dove sono morti in massa, sia per fame, sia divorandosi l'un l'altro, sia, forse, anche per l'irruzione delle acque nei luoghi dove si erano rintanati e da cui non erano riusciti a fuggire. Così si spiega la grande quantità di ossa di animali diversi, non solo carnivori, che si trovano alla rinfusa in certe caverne, chiamate per questa ragione brecce o caverne ossifere, e rintracciabili il più delle volte sotto le stalagmiti. In alcune, le ossa sembrano esservi state trascinate dalla corrente delle acque. [33]

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[33] Si conoscono in gran numero simili caverne, alcune delle quali hanno un'estensione considerevole. Ne esistono alcune in Messico che misurano parecchie leghe; quella di Adelsberg – nome tedesco della città di Postumia –nella Carniola (Austria), non misura meno di tre leghe. Una delle più notevoli è quella di Gailenreuth, nel Wiirtemberg. Ve ne sono parecchie in Francia, in Inghilterra, in Germania, in Sicilia e in altri paesi dell'Europa.
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Periodo postdiluviale o attuale - Nascita dell'uomo

48. Una volta ristabilitosi l'equilibrio sulla superficie del globo, la vita animale e vegetale ha prontamente ripreso il suo corso. Il suolo, consolidatosi, aveva assunto un aspetto più stabile. L'aria, purificatasi, era ora adatta a organismi più delicati. Il sole, che brillava in tutto il suo splendore attraverso un'atmosfera limpida, spandeva, insieme alla luce, un calore meno soffocante di quello della fornace interiore e più vivificante. La Terra si popolava di animali meno feroci e più socievoli; le vegetazioni, più succulente, offrivano un'alimentazione meno grossolana. Tutto, infine, era pronto sulla Terra per il nuovo ospite che avrebbe dovuto abitarla. È allora che apparve l’uomo, l'ultimo essere della creazione, quello la cui intelligenza avrebbe, d'ora in poi, concorso al progresso generale, progredendo lui stesso.

49. L'uomo non compare realmente sulla Terra che dopo il periodo diluviale, oppure appare prima di questo periodo? Tale questione è oggi molto controversa, ma la soluzione, qualunque essa sia, non cambierebbe nulla all'insieme dei fatti stabiliti, e l'apparizione della specie umana non sarebbe meno di molte migliaia di anni anteriore alla data assegnatale dalla Genesi biblica.

Ciò che aveva indotto a pensare che l'apparizione degli uomini fosse posteriore al diluvio è il fatto che non si era trovata alcuna autentica traccia della loro esistenza durante il periodo anteriore. Le ossa scoperte in diversi luoghi e che hanno fatto credere all'esistenza d'una pretesa razza di giganti antidiluviani sono state riconosciute come ossa di elefanti.

Non è messo in dubbio, invece, il fatto che l'uomo non esistesse né nel periodo primario né in quello di transizione e neppure nel periodo secondario, non solo perché non se ne trovano assolutamente tracce, ma perché allora non esistevano per l'uomo le condizioni di vitalità. Se è comparso nel periodo terziario, ciò non può essere che verso la fine, e tuttavia doveva essere ben poco diffuso.

Del resto, il periodo diluviale, essendo stato breve, non ha apportato notevoli cambiamenti nelle condizioni atmosferiche; gli animali e i vegetali erano gli stessi tanto prima quanto dopo. Non è dunque impossibile che l'apparizione dell'uomo abbia preceduto quel grande cataclisma. La presenza della scimmia in quel periodo è oggi comprovata, e recenti scoperte sembrerebbero confermare quella dell'uomo. [34]

In ogni modo, che l'uomo sia o non sia comparso prima del grande diluvio universale, certo è che il suo ruolo umanitario ha incominciato a disegnarsi realmente solo nel periodo postdiluviale. Questo è dunque il periodo che può considerarsi caratterizzato dalla sua presenza.

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[34] Vedere: rhomme antédiluvien (L'uomo antidiluviano) di Boucher de Perthes; Des outils de pierre (Utensili di pietra) dello stesso Autore, Casa Editrice Truttel. Discours sur les révolutions du globe (Discorso sulle rivoluzioni del globo) di Georges Cuvier, con note del dottor Hcefer, Casa Editrice Firmin Didot.
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Capitolo VIII - TEORIE SULLA FORMAZIONE DELLA TERRA



Teoria della proiezione

1. Di tutte le teorie che riguardano l'origine della Terra, la teoria che ha goduto del maggior credito in questi ultimi tempi è quella di Buffon, sia a causa della posizione del suo autore nel mondo scientifico, sia perché a quell'epoca non se ne sapeva molto di più.

Vedendo tutti i pianeti muoversi nella medesima direzione, da occidente a oriente e nel medesimo piano, percorrendo delle orbite la cui inclinazione non oltrepassa i 7 gradi e mezzo, Buffon concluse, da questa uniformità, che essi dovevano venir messi in movimento dalla medesima causa.

Essendo il Sole, secondo Buffon, una massa incandescente in fusione, egli suppose che una cometa, avendolo urtato obliquamente, ne avesse, sfiorandone la superficie, distaccata una parte, la quale, proiettata nello spazio dalla violenza del colpo, si divise in più frammenti. Questi frammenti hanno formato i pianeti, i quali hanno continuato a muoversi circolarmente, per la combinazione della forza centripeta e della forza centrifuga, nel senso impresso dalla direzione del colpo primitivo, cioè sul piano dell'eclittica.

I pianeti sarebbero così parti della sostanza incandescente del Sole e, di conseguenza, sarebbero stati, alla loro origine, incandescenti essi stessi. Per raffreddarsi e consolidarsi ci avrebbero messo un tempo proporzionato al loro volume. Temperatura permettendo, la vita avrebbe poi preso origine sulla loro superficie.

In seguito all'abbassamento graduale del calore centrale, la Terra arriverebbe, in un determinato tempo, a uno stato di raffreddamento completo; la massa liquida diventerebbe completamente congelata, e l'aria, sempre più condensata, finirebbe per sparire. L'abbassamento della temperatura, rendendo impossibile la vita, condurrebbe alla diminuzione e poi alla sparizione completa di tutti gli esseri organizzati. Il raffreddamento, che avrebbe avuto inizio ai poli, guadagnerebbe successivamente tutte le terre fino a raggiungere l'equatore.

Questo, secondo Buffon, è lo stato attuale della Luna, che, più piccola della Terra, sarebbe oggi un mondo spento, dal quale la vita sarebbe ormai esclusa. Anche lo stesso Sole seguirebbe un giorno la medesima sorte. Secondo i suoi calcoli, la Terra avrebbe impiegato 74.000 anni circa per raggiungere la sua attuale temperatura e tra 93.000 anni vedrebbe la fine dell'esistenza della natura organizzata.


2. La teoria di Buffon, contraddetta dalle nuove scoperte della scienza, è oggi quasi completamente abbandonata, per i motivi che qui di seguito elenchiamo.

1°) Per lungo tempo si è creduto che le comete fossero dei corpi solidi, il cui scontro con un pianeta avrebbe potuto condurre alla distruzione di quest'ultimo. Secondo questa ipotesi, la teoria di Buffon non aveva nulla d'improbabile. Ma ora sappiamo che le comete sono formate da una materia gassosa condensata, tuttavia abbastanza rarefatta da poter noi scorgere, attraverso il loro nucleo, le stelle di media grandezza. In queste condizioni, offrendo una minor resistenza di quella del Sole, è impossibile che un colpo violento sia stato in grado di scagliare lontano una qualche parte della massa solare.

2°) La natura incandescente del Sole è ugualmente una ipotesi, che nulla, almeno finora, viene a confermare, e che, al contrario, le osservazioni sembrano smentire. Benché non si sia ancora completamente certi circa la sua natura, la potenza dei mezzi di osservazione di cui oggi si dispone ha permesso di studiarlo meglio. È ora generalmente ammesso dalla scienza che il Sole è un globo composto di materia solida, circondato da un'atmosfera luminosa, o fotosfera, la quale non è in contatto con la sua superficie. [35]

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[35] Si troverà una dissertazione, completa e all'altezza della scienza moderna, sulla natura del Sole e delle comete, in Études et lectures sur l'astronomie (Studi e letture sull'astronomia) di Camille Flammarion, Casa Editrice Gauthier-Villars.
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3°) Ai tempi di Buffon, si conoscevano soltanto i sei pianeti conosciuti dagli Antichi: Mercurio, Venere, la Terra, Marte, Giove e Saturno. In seguito se n'è scoperto un gran numero, di cui tre principalmente — Giunone, Cerere e Pallade — hanno le loro orbite inclinate di 13, 10 e 34 gradi, il che non si accorda con l'ipotesi di un movimento unico di proiezione.

4°) I calcoli di Buffon sul raffreddamento sono stati riconosciuti del tutto inesatti, dopo la scoperta della legge sul decremento del calore, fatta da M. Fourier. Non sono 74.000 gli anni occorsi alla Terra per arrivare alla sua temperatura attuale, ma milioni di anni.

5°) Buffon ha considerato soltanto il calore centrale del globo, senza tener conto di quello dei raggi solari. Ora, è riconosciuto al giorno d'oggi, attraverso dati scientifici d'una precisione rigorosa e basati sull'esperienza, che in virtù dello spessore della crosta terrestre, il calore interno del globo non ha, da molto tempo ormai, che una influenza insignificante sulla temperatura della superficie esteriore. Le variazioni che questa atmosfera subisce sono periodiche e sono dovute all'azione preponderante del calore solare (cap. VII, n. 25). Essendo permanente l'effetto di questa causa, mentre l'effetto del calore centrale è nullo o quasi nullo, la diminuzione di quest'ultimo non può apportare alla superficie della Terra modifiche sensibili. Perché la Terra diventasse inabitabile a causa del raffreddamento generale, occorrerebbe l'estinzione del Sole. [36]

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[36] Vedere, per maggiori dettagli su questo argomento e per la legge del decremento del calore: Lettres sur les révolutions du globe (Lettere sulle rivoluzioni del globo) del dottor Bertrand, già allievo de 1'École polytechnique. Quest'opera, all'altezza della scienza moderna, scritta con semplicità e senza alcuno spirito di sistema, presenta uno studio geologico di grande interesse.
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Teoria della condensazione

3. La teoria della formazione della Terra attraverso la condensazione della materia cosmica è quella che al giorno d'oggi prevale nella scienza, essendo quella che è massimamente giustificata dall'osservazione, quella che risolve il maggior numero di difficoltà e quella che si basa, più di tutte le altre, sul grande principio dell'unità universale. È la teoria che abbiamo descritta nel capitolo VI, intitolato "Uranografia generale".

Come si vede, queste due teorie portano al medesimo risultato: lo stato primitivo d'incandescenza del globo, la formazione di uma crosta solida attraverso il raffreddamento, l'esistenza del fuoco centrale, l'apparizione della vita organica non appena la temperatura la rende possibile. Nondimeno esse differiscono nei punti essenziali, ed è probabile che, se Buffon fosse vissuto ai giorni nostri, avrebbe avuto altre idee.

La geologia studia la Terra nel punto in cui l'osservazione diretta è possibile. Il suo stato anteriore, sfuggendo alla sperimentazione, non può essere che congetturale. Ora, tra due ipotesi, il buon senso suggerisce che bisogna scegliere quella che è suffragata dalla logica e che meglio concorda con i fatti osservati.




Teoria dell'incrostazione

4. Noi non tralasciamo di menzionare questa teoria che a puro titolo informativo, visto che non ha nulla di scientifico, ma anche perché essa ha avuto una certa risonanza in questi ultimi tempi, seducendo non poche persone. Tale teoria è riassunta nella lettera che qui di seguito riproduciamo.

“Dio, secondo la Bibbia, creò il mondo in sei giorni, quattromila anni prima dell'era cristiana. È quello che i geologi contestano attraverso lo studio dei fossili e le migliaia di caratteri incontestabili di antichità, che fanno risalire l'origine della Terra a milioni di anni addietro. Tuttavia le Sacre Scritture hanno detto la verità e anche i geologi, ed è un semplice contadino [37] che li mette d'accordo, insegnandoci che la nostra Terra non è che un pianeta incrostato molto moderno, costituito da materie molto antiche.

Dopo la scomparsa del pianeta sconosciuto, giunto a maturità o in armonia con il pianeta che esisteva al posto di quello che abitiamo noi oggi, l'anima della Terra ricevette l'ordine di riunire i suoi satelliti per formare il nostro globo attuale, in tutto e per tutto secondo le regole del progresso. Soltanto quattro di questi astri acconsentirono all'associazione che veniva loro proposta. La sola Luna persistette nella sua autonomia, perché anche i globi hanno il loro libero arbitrio. Per procedere a questa fusione, l'anima della Terra diresse verso i satelliti un raggio magnetico attrattivo che pose in stato catalettico tutto il loro patrimonio vegetale, animale e umano, che essi apportarono alla comunità. L'operazione non ebbe per testimoni che l'anima della Terra e i grandi messaggeri celesti, che l'aiutarono in questa grande opera, aprendo tali globi per mettere le loro viscere in comune. Praticata la saldatura, le acque fluirono nei vuoti lasciati dall'assenza della Luna. Le atmosfere si confusero, e il risveglio o la resurrezione dei germi ch'erano stati catalizzati ebbe inizio. L'uomo fu l'ultimo a essere tratto dal suo stato d'ipnosi e si vide circondato dalla vegetazione lussureggiante del paradiso terrestre, e dagli animali che pacificamente si aggiravano intorno a lui. Tutto questo poteva farsi in sei giorni grazie a dei collaboratori tanto potenti come quelli che Dio aveva incaricati all'uopo. Il pianeta Asia ci portò la razza gialla, quella più anticamente civilizzata; l'Africa, la razza nera; l'Europa, la razza bianca; l'America, la razza rossa. La Luna ci avrebbe forse portato la razza verde o blu.

Così, certi animali, di cui non si trovano che i resti, non sarebbero mai vissuti sulla nostra Terra attuale, ma sarebbero stati portati da altri mondi, sfasciatisi per vecchiezza. I fossili, che si incontrano in climi dove non avrebbero mai potuto esistere qui sulla Terra, vivevano senza dubbio in zone ben differenti, su globi dove essi sono nati. Ai poli della nostra Terra si ritrovano resti di animali che dovevano esser vissuti all'equatore del loro globo.”

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[37] M. Michel de Figagnères, autore de La clef de la vie (La chiave della vita).
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5. Questa teoria ha contro di sé i dati più positivi della scienza sperimentale, oltre al fatto che lascia intatta la questione stessa che essa pretende di risolvere, cioè la questione dell'origine. Essa spiega come la Terra si sarebbe formata, ma non spiega come si sono formati i quattro mondi che si sono riuniti per formarla.

Se le cose si fossero verificate veramente così, come si spiegherebbe il fatto che non si trovano da nessuna parte le tracce di quelle immense suture che scenderebbero fino nelle viscere del globo? Poiché ognuno di quei mondi avrebbe apportato i suoi propri materiali, l'Asia, l'Africa, l'Europa e l'America avrebbero, ognuna, una geologia particolare e differente, cosa che non è. Per prima cosa si nota, al contrario, il nucleo granitico uniforme, di composizione omogenea in tutte le parti del globo, senza soluzione di continuità. Oltre a ciò, gli strati geologici di medesima formazione, identici nella loro costituzione, dappertutto sovrapposti nel medesimo ordine, si susseguono senza interruzione da una costa all'altra dei mari, dall'Europa all'Asia, all'Africa, all'America e viceversa. Questi strati, che offrono testimonianza delle trasformazioni del globo, attestano che queste trasformazioni si sono verificate su tutta la sua superficie e non soltanto su una parte. Essi ci mostrano i periodi di apparizione, esistenza ed estinzione delle medesime specie di animali e vegetali egualmente avvenute nelle differenti parti del mondo. Ci mostrano la fauna e la flora di questi passati periodi procedere dappertutto simultaneamente, sotto l'influenza di una temperatura uniforme, e cambiare dappertutto di carattere nella misura in cui la temperatura si modifica. Un tale stato di cose è inconciliabile con la formazione della Terra attraverso l'aggregazione di più mondi diversi.

Ci si chiede d'altronde che cosa sarebbe avvenuto del mare, che occupa il vuoto lasciato dalla Luna, se questa non si fosse rifiutata di unirsi alle sue sorelle. E che cosa accadrebbe della Terra attuale, se un giorno la Luna avesse la fantasia di venire a riprendersi il suo posto, scacciandone via il mare?

6. Questo sistema ha sedotto un po' di persone, perché sembra spiegare la presenza di differenti razze di uomini sulla Terra e la loro localizzazione. Ma, una volta che queste razze hanno potuto proliferare in mondi separati, perché non avrebbero potuto farlo su punti diversi del medesimo globo? È voler risolvere una difficoltà con una difficoltà molto più grande. In effetti, con qualsiasi rapidità e qualsiasi destrezza si fosse effettuata 1'operazione, questa connessione non si sarebbe potuta fare senza violenti scosse. Quanto più rapida essa fosse stata, tanto più i cataclismi avrebbero dovuto essere disastrosi. Sembra quindi impossibile che degli esseri semplicemente addormentati in un sonno catalettico abbiamo potuto resistervi, per risvegliarsi in seguito tranquillamente. Se non erano altro che dei germi, in che cosa consistevano? Come degli esseri del tutto formati sarebbero stati ridotti allo stato di germi? Resterebbe poi sempre il problema di sapere come questi germi si sarebbero sviluppati di nuovo. Ci sarebbe comunque ancora la Terra formata per via miracolosa, seppure con altro procedimento, meno poetico e meno grandioso di quello della Genesi biblica, mentre le leggi naturali danno della sua formazione una spiegazione molto più completa e soprattutto più razionale, dedotta dall'osservazione. [38]

La concordanza che, con questo sistema, si pretende di stabilire tra la Genesi biblica e la scienza, è completamente illusoria, poiché è contraddetta dalla scienza stessa.

L'autore della lettera sopracitata, uomo di gran sapere, sedotto per un istante da questa teoria, ne vide ben presto i lati vulnerabili e non tardò a combatterla con le armi della scienza.

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[38] Quando un tale sistema si lega a tutta una cosmogonia, c'è da chiedersi su quale base razionale può riposare il resto.
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Anima della Terra

7. L’anima della Terra gioca uno dei ruoli principali nella teoria dell'incrostazione. Vediamo se questa idea ha un miglior fondamento.

Lo sviluppo organico è sempre in rapporto con lo sviluppo del principio intellettivo. L'organismo si completa nella misura in cui le facoltà dell'anima si moltiplicano. La scala organica segue costantemente, in tutti gli esseri, la progressione dell'intelligenza, dal polipo fino all'uomo. Né poteva essere altrimenti, poiché all'anima occorre uno strumento adatto all'importanza delle funzioni ch'essa deve compiere. A che cosa servirebbe all'ostrica possedere l'intelligenza della scimmia senza gli organi necessari alla sua manifestazione? Se dunque la Terra fosse un essere animato, servendo essa da corpo a un'anima speciale, quest'anima, per effetto stesso della sua costituzione, dovrebbe essere ancora più rudimentale di quella del polipo, visto che la Terra non ha nemmeno la vitalità della pianta. Invece, per via del ruolo che viene attribuito a quest'anima, si fa della Terra un essere dotato di ragione e del più completo libero arbitrio, in breve, uno Spirito superiore, il che non è razionale, perché mai uno Spirito è stato più disgraziato e più imprigionato. L'idea dell'anima della Terra, intesa in questo senso, deve dunque essere confinata fra le concezioni sistematiche e chimeriche.

Per anima della Terra, si può intendere, più razionalmente, la collettività degli Spiriti incaricati della elaborazione e della direzione dei suoi elementi costitutivi, il che presuppone già un certo grado di sviluppo intellettivo. Oppure, e meglio ancora, lo Spirito a cui è affidata l'alta direzione dei destini morali e del progresso dei suoi abitanti riceve una missione, la quale non può essere destinata che a un essere eminentemente superiore riguardo a sapere e saggezza. In tal caso, questo Spirito non è, per essere esatti, l'anima della Terra, perché non è in essa incarnato, né subordinato al suo stato materiale; è un capo preposto alla sua direzione, come un generale è preposto al comando di un esercito.

Uno Spirito, incaricato d'una missione così importante, quale quella del governo di un mondo, non potrebbe avere dei capricci, oppure dovremmo riconoscere a Dio l'imprevidenza di affidare l'esecuzione delle sue leggi a degli esseri capaci di contravvenirvi per loro stessa cattiva volontà. Ora, secondo la dottrina della incrostazione, sarebbe la cattiva volontà dell'anima della Luna la causa per cui la Terra è rimasta incompleta. Ci sono idee che si negano da sé stesse (Rivista Spiritista del settembre 1868, pag. 261).







Capitolo IX - RIVOLUZIONI DEL GLOBO



Rivoluzioni generali o parziali

1. I periodi geologici segnano le fasi dell'aspetto generale del globo, in seguito alle sue trasformazioni. Ma se si eccettua il periodo diluviale, che possiede le caratteristiche dello sconvolgimento improvviso, tutti gli altri periodi sono trascorsi lentamente e senza brusche transizioni. Per tutto il tempo che gli elementi costitutivi del globo hanno impiegato ad assumere il loro assetto definitivo, i cambiamenti devono essere stati generali. Una volta consolidatasi la base, non devono essersi prodotte che delle modifiche parziali sulla superficie.

2. Oltre alle rivoluzioni generali, la Terra ha sperimentato un gran numero di perturbazioni locali, che hanno mutato l'aspetto di certe regioni. Come per le altre perturbazioni, due sono le cause che vi hanno contribuito: il fuoco e l'acqua.

Il fuoco vi ha contribuito: sia a causa delle eruzioni vulcaniche, che hanno sepolto sotto spessi strati di cenere e lava le terre circostanti, facendo scomparire le città e i loro abitanti; sia a causa dei terremoti o dei sollevamenti della crosta solida, i quali hanno convogliato le acque verso le zone più basse; sia a causa dell'affossamento di questa stessa crosta in certe zone di estensione più o meno grande, dove le acque sono precipitate, lasciando allo scoperto altri terreni. È così che alcune isole sono sorte in mezzo all'Oceano, mentre altre sono scomparse; che porzioni di continenti sono stati separati e hanno formato delle isole; che bracci di mare, messi in secca, hanno riunito alcune isole ai continenti.

L'acqua vi ha contribuito: sia a causa dell'irruzione o del ritrarsi del mare su certe coste; sia a causa delle frane che, arrestando i corsi d'acqua, hanno formato dei laghi; sia a causa degli straripamenti e delle inondazioni; sia, infine, a causa degli interramenti formatisi alla foce dei fiumi. Questi interramenti, respingendo il mare, hanno creato nuovi territori: tale è l'origine del delta del Nilo o Basso Egitto, del delta del Rodano o Camargue.




Età delle montagne

3. L'analisi dei terreni squarciati dal sollevamento delle montagne e quella degli strati che ne formano i contrafforti permette di determinare la loro età geologica. Per età geologica delle montagne non bisogna intendere il numero di anni della loro esistenza, ma il periodo durante il quale esse si sono formate e, pertanto, la loro relativa anzianità. Sarebbe un errore credere che questa anzianità sia in ragione della loro altezza oppure della loro natura esclusivamente granitica, visto che la massa di granito, sollevandosi, può avere perforato e separato gli strati sovrapposti.

Si è così costatato, attraverso l'osservazione, che i monti dei Vosgi, della Bretagna e della Costa d'Oro, in Francia, che non sono affatto elevati, appartengono alle più antiche formazioni. Essi datano dal periodo di transizione e sono anteriori ai depositi carboniferi. Il Giura si è formato verso la metà del periodo secondario ed è contemporaneo dei rettili giganteschi. I Pirenei si sono formati più tardi, all'inizio del periodo terziario. Il Monte Bianco e il gruppo delle Alpi occidentali sono posteriori ai Pirenei e datano dalla metà del periodo terziario. Le Alpi orientali, che comprendono le montagne del Tirolo, sono ancora più recenti, perché non si sono forniate che verso la fine del periodo terziario. Alcune montagne dell'Asia sono posteriori o contemporanee al periodo diluviale. Questi sollevamenti hanno senz'altro dovuto dar luogo a grandi perturbazioni locali e a inondazioni più o meno considerevoli, a causa dello spostamento delle acque, dell'interruzione e del cambiamento del corso dei fiumi. [39]

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[39] Il secolo passato offre un notevole esempio di un fenomeno di questo genere. A sei giorni di marcia da Città del Messico, si trovava, nel 1750, una zona fertile e ben coltivata, dove crescevano in abbondanza il riso, il mais e le banane. Nel mese di giugno, spaventosi terremoti sconvolsero il suolo e si ripeterono senza tregua per due mesi interi. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre, la terra ebbe una violentissima scossa. Un terreno di parecchie leghe di estensione si sollevò a poco a poco e finì per raggiungere un'altezza di 500 piedi, su una superficie di 10 leghe quadrate. Il terreno ondeggiava come le onde del mare sotto il mugghiare della tempesta; migliaia di cumuli di terreno si sollevavano e s'inabissavano di volta in volta. Alla fine si spalancò un crepaccio di quasi 3 leghe; fumo, fuoco, pietre roventi e cenere furono lanciati a un'altezza incredibile. Da questa immensa voragine sorsero sei montagne, fra le quali un vulcano, cui è stato dato il nome di Jorullo, si eleva oggi a 550 metri sopra l'antica pianura. Nel momento in cui incominciarono le vibrazioni del suolo, i due fiumi Cuitimba e San Pedro, rifluendo all'indietro, inondarono tutta la pianura occupata oggi dal vulcano Jorullo; ma nel suolo che sempre s'innalzava, si aprì una voragine e li inghiottì. Essi riapparvero a ovest, in un punto molto distante dal loro antico letto (Louis Figuier, La Terra prima del diluvio).
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Diluvio biblico

4. Il diluvio biblico, designato anche con il nome di "grande diluvio asiatico", è un fatto la cui esistenza non può essere contestata. Esso dovrebbe essere stato causato dal sollevamento d'una parte delle montagne di quella regione, come quello del Messico. Ciò che viene in appoggio a questa tesi è l'esistenza di un mare interno che si estendeva un tempo dal Mar Nero all'Oceano Boreale, esistenza attestata dalle osservazioni geologiche. Il mare d'Azov, il mar Caspio — le cui acque sono salate, benché non comunichino con nessun altro mare —, il lago Aral, gli innumerevoli laghi sparsi nelle immense pianure della Tartaria e le steppe della Russia sembrano essere resti di quell'antico mare. All'epoca del sollevamento delle montagne del Caucaso, posteriore al diluvio universale, una parte di queste acque fu respinta a nord, verso l'Oceano Boreale; l'altra a sud, verso l'Oceano Indiano. E fu proprio questa massa d'acque che inondò e devastò la Mesopotamia e tutta la zona abitata dagli antenati del popolo ebraico. Benché questo diluvio si sia abbattuto su una superficie abbastanza estesa, un punto è stato attualmente accertato: esso non fu che un fenomeno locale. Né poté essere stato causato, tale diluvio, dalla pioggia, perché, per quanto questa fosse caduta abbondante e continua per quaranta giorni, i calcoli provano che la quantità d'acqua caduta non poteva essere tale da coprire tutta la Terra, fino a sommergere le più elevate montagne.

Per gli uomini di allora, che non conoscevano che una estensione assai limitata del globo e che non avevano alcuna idea della sua configurazione, dal momento che l'inondazione aveva invaso i paesi fino ad allora conosciuti, per loro si trattava naturalmente dell'intera Terra. Se a questa credenza si aggiunge la forma fantasiosa e iperbolica, tipica dello stile orientale, non ci si potrà più meravigliare dell'esagerazione del racconto biblico.

5. Il diluvio asiatico è evidentemente posteriore all'apparizione dell'uomo sulla Terra, poiché se n'è conservata la memoria, attraverso la tradizione, presso tutti i popoli di quella parte del mondo, i quali l'hanno consacrato nelle loro teogonie. [40]

[40] La leggenda indiana sul diluvio narra, secondo il libro dei Veda, che il dio Brahma, trasformatosi in pesce, si rivolse al pio monarca Vaivaswata e gli disse: "Il momento della dissoluzione dell'universo è ormai giunto. Ben presto tutto ciò che esiste sulla Terra sarà distrutto. Bisogna che tu costruisca una nave sulla quale t'imbarcherai, dopo aver preso con te i semi di tutti i vegetali. Mi attenderai su questa nave, e io verrò da te e avrò sulla testa un corno per far sì che tu mi riconosca". Il santo monarca obbedì. Costruì una nave, vi s'imbarcò e attaccò una fune molto resistente al corno del pesce. La nave fu trascinata pei parecchi anni, con una velocità estrema, in mezzo alle tenebre di una spaventosa tempesta, finché approdò sulla sommità del monte Himawat (Himalaya). Il dio Brahma raccomandò quindi a Vaivaswata di creare tutti gli esseri e di ripopolare la Terra. L'analogia di questa leggenda con il racconto biblico di Noè è straordinaria. Dall'India era passata in Egitto, così come un'infinità di altre credenze. Ora, siccome il libro dei Veda è anteriore a quello di Mosè, il racconto che vi si trova sul diluvio non può essere a imitazione di quest'ultimo. È probabile, perciò, che Mosè, il quale aveva studiato le dottrine dei sacerdoti egiziani, abbia tratto da quelle la sua descrizione.

Esso è ugualmente posteriore al grande diluvio universale che segnò l'inizio dell'attuale periodo geologico. Quando si parla di uomini e di animali antidiluviani, il riferimento è sempre rivolto a quel primo cataclisma.




Rivoluzioni periodiche

6. Oltre al suo movimento annuale intorno al Sole, che dà luogo alle stagioni, oltre al suo movimento di rotazione su sé stessa in 24 ore, che dà luogo al giorno e alla notte, la Terra ha un terzo movimento che si compie in circa 25.000 anni (più esattamente in 25.868 anni) e che dà luogo al fenomeno designato in astronomia con il nome di precessione degli equinozi (cap. V, n. 11).

Questo movimento, che sarebbe impossibile spiegare in breve, senza l'ausilio di disegni e senza una dimostrazione geometrica, consiste in una sorta di oscillazione circolare che è stata paragonata a quella di una trottola piroettante sul punto di fermarsi. A seguito di tale movimento, l'asse della Terra, cambiando inclinazione, descrive un doppio cono, il cui vertice sta nel centro della Terra e le cui basi abbracciano la superficie circoscritta dai circoli polari, cioè un'ampiezza di 23 gradi e mezzo di raggio.

7. L'equinozio è l'istante in cui il Sole, passando da un emisfero all'altro, si trova perpendicolare all'equatore, cosa che avviene due volte l'anno: verso il 21 marzo, quando il Sole ritorna nell'emisfero boreale, e verso il 22 settembre, quando ritorna nell'emisfero australe.

Ma, in seguito al graduale spostamento nell'obliquità dell'asse — il che porta a un altro spostamento nell'obliquità dell'equatore sull'eclittica — l'istante dell'equinozio si trova anticipato, ogni anno, di alcuni minuti (25 minuti e 7 secondi). Questo anticipo è detto precessione degli equinozi (dal latino praecedere, marciare in avanti, composto da prae, avanti, e cedere, andare).

Questi pochi minuti, con il passar del tempo, diventano ore, giorni, mesi e anni. Ne deriva così che l'equinozio di primavera, che ora cade a marzo, cadrà in un dato tempo a febbraio, poi a gennaio, quindi a dicembre. E allora nel mese di dicembre si avrà la temperatura del mese di marzo e nel mese di marzo quella di giugno, e così di seguito finché, ritornando nel mese di marzo, le cose si ritroveranno nello stato attuale, il che avverrà tra 25.868 anni, per ricominciare la medesima rivoluzione indefinitamente. [41]

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[41] La precessione degli equinozi causa un altro cambiamento, quello che si verifica nella posizione dei segni dello zodiaco. Impiegandoci la Terra per girare attorno al Sole un anno, nella misura in cui essa avanza, il Sole si trova ogni mese di fronte a una nuova costellazione. Tali costellazioni sono dodici, e precisamente: Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario, Pesci. Sono chiamate costellazioni zodiacali o segni dello zodiaco e formano un cerchio sul piano dell'equatore terrestre. Secondo il mese della nascita di un individuo, si diceva che era nato sotto il tale o talaltro segno: da qui i pronostici dell'astrologia. Ma, a causa della precessione degli equinozi, accade che i mesi non corrispondano più alle medesime costellazioni. Uno che nasca nel mese di luglio, per esempio, non è più sotto il segno del Leone, ma sotto quello del Cancro. Cade così l'idea superstiziosa legata all'influenza dei segni (cap. V, n. 12).
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8. Da questo movimento conico dell'asse, risulta che i poli della Terra non guardano costantemente i medesimi punti del cielo; che la Stella Polare non sarà sempre una stella polare; che i poli gradualmente si inclinano più o meno verso il Sole, ricevendone raggi più o meno diretti. Da ciò si deduce che l'Islanda e la Lapponia, per esempio, che si trovano sotto il circolo polare, potranno, in un dato tempo, ricevere i raggi solari come se si trovassero alla latitudine della Spagna e dell'Italia, mentre nella posizione dell'estremo opposto, la Spagna e l'Italia potranno avere la temperatura dell'Islanda e della Lapponia, e così di seguito a ogni rinnovarsi del periodo di 25.000 anni. [42]

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[42] Lo spostamento graduale delle linee isotermiche — fenomeno riconosciuto dalla scienza in modo positivo come quello dello spostamento del mare — è un fatto materiale che poggia questa teoria.
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9. Non è stato ancora possibile determinare con precisione le conseguenze di questo movimento, poiché si è potuta osservare solo una piccolissima parte di questa rivoluzione. Non si sono fatte a questo riguardo che delle supposizioni, alcune delle quali con qualche appannaggio di probabilità.

Tra queste conseguenze, due sono quelle che consideriamo principali e che passiamo qui di seguito a osservare.

1° Il riscaldamento e il raffreddamento alternativo dei poli e, di conseguenza, la fusione dei ghiacci polari durante la metà del periodo di 25.000 anni e la loro nuova formazione, durante l'altra metà di questo periodo, fanno supporre che i poli non sarebbero affatto condannati a una sterilità perpetua, ma godrebbero a turno dei benefici della fertilità.

2° Il graduale spostamento del mare, che invade a poco a poco alcune terre e ne pone allo scoperto altre, per nuovamente abbandonarle e rientrare nel suo antico letto, è un movimento periodico, indefinitamente rinnovato, che costituirebbe una vera marea universale di 25.000 anni.

La lentezza con cui questo movimento del mare si verifica fa sì che esso sia per generazioni e generazioni quasi impercettibile, divenendo sensibile in capo ad alcuni secoli. Il fenomeno non può causare nessun cataclisma improvviso, perché gli uomini, di generazione in generazione, si ritirano man mano che il mare avanza e si spostano su quelle terre da cui il mare si ritira. È a questa causa, più che probabile, che alcuni scienziati attribuiscono l'arretrare del mare su certe coste e la sua invasione su certe altre.

10. Lo spostamento lento, graduale e periodico del mare è un fatto comprovato dall'esperienza e attestato da numerosi esempi su tutti i punti del globo. Esso ha come conseguenza il mantenimento delle forze produttive della Terra. Questa lunga immersione è un periodo di riposo durante il quale le terre sommerse recuperano i principi vitali perduti attraverso una non meno lunga produzione. Gli immensi depositi di materie organiche, formatisi per la permanenza delle acque durante secoli e secoli, sono dei fertilizzanti naturali periodicamente rinnovati. Ma le generazioni si succedono le une alle altre senza accorgersi di tali cambiamenti. [43]

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[43] Tra i fatti che provano lo spostamento del mare, se ne possono citare alcuni appartenenti alla fenomenologia più recente. Nel golfo di Guascogna, tra il vecchio Soulac e la Torre di Cordouan, quando il mare è calmo, si possono scorgere, sul fondo delle acque, dei tratti di muraglia: sono i resti dell'antica e grande città di Noviomagus, invasa dai flutti nel 580. Lo scoglio di Cordouan, che allora si trovava unito alla riva, ora è a 12 chilometri da essa. Nel mare della Manica, sulla costa di Le Havre, le acque guadagnano terreno ogni giorno e minacciano i faraglioni di Sainte-Adresse, che cedono poco a poco. A 2 chilometri dalla costa, tra Sainte-Adresse e il capo di Hève, esiste il banco dell'Éclat, un tempo in vista e unito alla terraferma. Antichi documenti attestano che in quel luogo, su cui oggi si naviga, c'era il villaggio di Saint-Denis-chef-de-Caux. Quando, nel quattordicesimo secolo, le acque invasero quella terra, la chiesa, nel 1378, venne inghiottita. Si dice che, con il bel tempo e il mare calmo, se ne vedano i resti sul fondo del mare.

Su quasi tutta la distesa del litorale dell'Olanda, il mare è trattenuto solo a forza di dighe, che di quando in quando cedono. L'antico lago Flevo, che si riunì al mare nel 1225, forma oggi il Golfo di Zuyderzée. Questa irruzione dell'Oceano inghiottì parecchi villaggi. Per cui, il territorio di Parigi e della Francia tutta sarebbe un giorno nuovamente occupato dal mare, come lo è già stato parecchie volte, secondo quanto attestano le osservazioni geologiche. Le parti montagnose formeranno allora delle isole, come lo sono ora le isole Jersey, Guernesey e l'Inghilterra stessa, un tempo contigue al continente. Si navigherà sopra regioni che attualmente si percorrono in treno; a Montmartre, sul monte Valérien e sulle coste di Saint-Cloud e di Meudon approderanno le navi; i boschi e le foreste, dove ora si passeggia, saranno sepolti sotto le acque, saranno ricoperti di limo e popolati di pesci che sostituiranno gli uccelli. Il diluvio biblico non può aver avuta questa causa, poiché l'invasione delle acque fu repentina, e la loro permanenza di breve durata, mentre, diversamente, essa sarebbe stata di parecchie migliaia di anni — e durerebbe ancora — e gli uomini non se ne sarebbero neppure accorti.
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Cataclismi futuri

11. I grandi sconvolgimenti tellurici si sono verificati nelle epoche in cui la crosta solida della Terra, a causa del suo fragile spessore, non offriva quasi nessuna resistenza all'effervescenza delle materie incandescenti dell'interno del globo. Si è osservato che tali sconvolgimenti sono diminuiti per intensità e continuità nella misura in cui la crosta terrestre è andata consolidandosi. Numerosi vulcani sono ormai spenti, altri sono stati ricoperti da terreni di formazione posteriore.

Potranno certamente ancora prodursi delle perturbazioni locali, in seguito a eruzioni vulcaniche, all'apertura di qualche nuovo cratere vulcanico, a inondazioni improvvise di certi territori; potranno sorgere dal mare alcune isole e altre inabissarvisi; ma il tempo dei cataclismi generali, come quelli che hanno segnato i grandi periodi geologici, è passato. La Terra ha raggiunto una stabilità che, senza essere del tutto invariabile, mette d'ora in avanti il genere umano al riparo dalle perturbazioni generali, a meno che non intervengano cause ignote, estranee al nostro globo e che in nessun modo si possano prevedere.

12. Quanto alle comete, oggi siamo perfettamente tranquillizzati circa la loro influenza, più salutare che nociva, in quanto esse sembrano destinate a rinvigorire — se ci si può esprimere così — i mondi, apportandovi quei principi vitali che esse hanno raccolto durante la loro corsa attraverso lo spazio e nelle vicinanze dei soli. Esse sarebbero, dunque, fonti di prosperità piuttosto che messaggere di disgrazie. In virtù della loro natura fluidica, oggi ben comprovata (cap. VI, n. 28 e ss.), nel caso di uno scontro violento non vi è nulla da temere. Infatti, se una di esse si scontrasse con la Terra, sarebbe quest'ultima ad attraversare la cometa, come se passasse attraverso una nebbia.

Né più temibile è la loro coda. Questa altro non è che il riflesso della luce solare nell'immensa atmosfera che le circonda, poiché essa è costantemente rivolta in direzione opposta a quella del Sole e cambia direzione secondo la posizione di questo astro. Questa materia gassosa potrebbe anche, a causa della rapidità con cui esse si muovono, formare una specie di chioma, come la scia al seguito di una nave o il fumo al seguito di una locomotiva. Del resto, molte comete si sono già avvicinate alla Terra senza produrvi alcun danno. E, in virtù della loro rispettiva densità, la Terra eserciterebbe sulla cometa un'attrazione maggiore di quella che la cometa eserciterebbe sulla Terra. Soltanto alcuni brandelli dei vecchi pregiudizi possono ispirare timori circa la loro presenza. [44]

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[44] La cometa del 1861 ha attraversato l'orbita della Terra in un punto dal quale questa si trovava a una distanza di venti ore soltanto. La Terra era dunque immersa nell'atmosfera della cometa, senza che da ciò sia scaturito alcun incidente.
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13. Egualmente bisogna relegare tra le ipotesi chimeriche la possibilità di uno scontro della Terra con un altro pianeta. La regolarità e la invariabilità delle leggi che presiedono ai movimenti dei corpi celesti rendono privo di ogni probabilità questo scontro.

La Terra, tuttavia, avrà una fine. Come? Questo è ancora nel campo delle congetture. Ma, siccome essa è ancora lontana dalla perfezione, che è nelle sue potenzialità raggiungere, e lontana da quella vetustà che sarebbe un segno di declino, i suoi attuali abitanti possono star certi che un tale accadimento non apparterrà al loro tempo (cap. VI, n. 48 e ss.).

14. Fisicamente, la Terra ha avuto le convulsioni della sua infanzia. Essa è ormai entrata in un periodo di relativa stabilità: in quello del progresso pacifico, che avviene con il ritorno regolare dei medesimi fenomeni fisici e con il concorso intelligente dell'uomo. Ma essa è ancora in piena era gestazionale del progresso morale. Qui risiederà la causa dei suoi più grandi sconvolgimenti. Finché l'umanità non sarà sufficientemente cresciuta in perfezione, attraverso l'intelligenza e la messa in pratica delle leggi divine, le perturbazioni maggiori saranno causate dagli uomini più che dalla natura, saranno cioè morali e sociali piuttosto che fisiche.




Aumento o diminuzione del volume della Terra

15. Il volume della Terra aumenta, diminuisce o è stazionario?

A sostegno dell'aumento del volume della Terra, alcuni si basano sul fatto che le piante rendano al terreno più di quanto ne traggano, cosa che è vera in un senso, ma non nell'altro. Le piante si nutrono tanto — e anche di più — delle sostanze gassose che attingono nell'atmosfera, quanto di quelle sostanze che aspirano attraverso le loro radici. Orbene, l'atmosfera fa parte integrante del globo; i gas che la costituiscono provengono dalla decomposizione dei corpi solidi, e questi, ricomponendosi, le riprendono ciò che le avevano dato. È questo uno scambio o piuttosto una trasformazione perpetua, dimodoché — attuandosi l'accrescimento dei vegetali e degli animali per mezzo degli elementi costitutivi del globo —, i loro resti, per quanto considerevoli possano essere, non aggiungono un solo atomo alla massa. Se la parte solida del globo aumentasse per questa causa in maniera permanente, ciò sarebbe a scapito dell'atmosfera che diminuirebbe altrettanto e finirebbe per essere inadatta alla vita. Ma essa recupera, attraverso la decomposizione dei corpi solidi, ciò che perde attraverso la loro composizione.

All'origine della Terra, i primi strati geologici si sono formati con materie solide momentaneamente volatilizzatesi per effetto dell'alta temperatura, e che più tardi, condensatesi per il raffreddamento, sono precipitate. Tali materie hanno incontestabilmente elevato un poco la superficie del suolo, ma senza nulla aggiungere alla massa totale, poiché ciò altro non era che uno spostamento di materia. Allorché l'atmosfera, purificata dagli elementi estranei che tratteneva in sospensione, si è trovata nel suo stato normale, le cose hanno seguito il corso regolare che hanno avuto successivamente. Oggi, la minima modifica nella costituzione dell'atmosfera condurrebbe, per forza di cose, all'annientamento degli attuali abitanti della Terra. Ma anche così, probabilmente, si formerebbero delle nuove razze in condizioni diverse.

Considerata da questo punto di vista, la massa del globo, vale a dire la somma delle molecole che compongono l'insieme delle sue parti solide, liquide e gassose, è incontestabilmente la medesima, fin dalla sua origine. Se il globo terrestre subisse una dilatazione o una condensazione, il suo volume aumenterebbe o diminuirebbe, ma la massa non subirebbe alcuna alterazione. Se, dunque, la Terra aumentasse la sua massa, ciò avverrebbe per effetto di una causa estranea, poiché non è possibile ch'essa attinga in sé stessa gli elementi necessari al suo aumento.

Secondo un'altra opinione, il globo aumenterebbe di massa e di volume per l'afflusso della materia cosmica interplanetaria. Questa idea non ha nulla d'irrazionale, ma è troppo ipotetica per essere ammessa come principio. Questo non è che un sistema combattuto da sistemi contrari, sui quali la scienza non ha ancora stabilito nulla. Su questo argomento, riportiamo qui di seguito l'opinione dell'eminente Spirito che ha dettato i sapienti studi uranografici, inseriti più indietro, precisamente nel capitolo VI.

"I mondi invecchiano, si esauriscono e tendono a dissolversi per servire da elementi di formazione ad altri universi. Essi, a poco a poco, rendono al fluido cosmico universale dello spazio ciò che ne hanno tratto per formarsi. Inoltre, tutti i corpi si usurano per attrito; il movimento rapido e incessante del globo attraverso il fluido cosmico ha come effetto quello di diminuirne costantemente la massa, benché di una quantità inapprezzabile in un determinato tempo. [45]

L'esistenza dei mondi può, secondo me, dividersi in tre periodi. — Primo periodo: condensazione della materia. Durante questo periodo il volume del globo diminuisce considerevolmente mentre la massa resta la stessa. È il periodo dell'infanzia. — Secondo periodo: contrazione e solidificazione della scorza; schiusa dei germi, sviluppo della vita fino all'apparizione del tipo più perfettibile. In questo momento il globo è in tutta la sua pienezza. È il periodo della virilità, e il globo perde, ma in maniera molto blanda, i suoi elementi costitutivi. — Nella misura in cui i suoi abitanti progrediscono spiritualmente, esso passa al periodo di decrescita materiale. Subisce delle perdite non soltanto in seguito all'attrito, ma anche per la disgregazione delle molecole, come una pietra dura che, corrosa dal tempo, finisca ridotta in polvere. Nel suo duplice movimento di rotazione e traslazione, il globo rilascia allo spazio particelle fluidificate della sua sostanza, fino al momento in cui la sua dissoluzione sarà completa.

Ma allora, siccome il potere d'attrazione è in ragione della massa — non dico del volume —, diminuita la massa del globo, si modificano le sue condizioni di equilibrio nello spazio. Dominato da pianeti più potenti, ai quali non può più fare da contrappeso, ne conseguono delle deviazioni nei suoi movimenti e, quindi, anche dei profondi cambiamenti nelle condizioni di vita nella sua superficie. Così, nascita, vita e morte, oppure infanzia, virilità e decrepitezza sono le tre fasi attraverso le quali passa ogni agglomerato di materia organica o inorganica. Solo lo Spirito, che non è materia, è indistruttibile." (Galileo, Società di Parigi, 1868)

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[45] Nel suo movimento di traslazione attorno al Sole, la velocità della Terra è di 400 leghe al minuto. Essendo la sua circonferenza di 9.000 leghe, nel suo movimento di rotazione sul suo asse, ogni punto dell'equatore percorre 9.000 leghe in 24 ore, cioè 6,3 leghe al minuto.
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Capitolo X — GENESI ORGANICA



Prima formazione degli esseri viventi.

1. Ci fu un tempo in cui gli animali non esistevano; essi dunque hanno avuto un inizio Se n'è vista apparire ogni specie nella misura in cui il globo acquisiva le condizioni necessarie alla sua esistenza: ecco quello che è certo. Come si sono formati i primi individui di ogni specie? Ben si comprende come, esistendo una prima coppia, gli individui si siano moltiplicati. Ma questa prima coppia da dove è venuta fuori? Si tratta di uno di quei misteri che attengono al principio delle cose e sui quali non si possono fare che delle ipotesi. Se la scienza non può ancora risolvere completamente il problema, essa può tuttavia mettere almeno sulla giusta via.

2. Una delle prime domande che ci si presentano è questa: ogni specie animale proviene da una prima coppia oppure da parecchie coppie create o — se si vuole — germogliate simultaneamente in luoghi differenti?

Questa ultima supposizione è la più probabile, e si può anche dire che essa nasce dall'osservazione. In effetti, lo studio degli strati geologici attesta, nei terreni della medesima formazione, e ciò in proporzioni enormi, la presenza della medesima specie nei punti più lontani del globo. Questa moltiplicazione così generale e, in qualche modo, contemporanea sarebbe stata impossibile con un tipo primitivo unico.

D'altronde, la vita di un individuo, soprattutto la vita di un individuo nascente, è sottoposta a tante e tali vicissitudini che tutta una creazione, senza la pluralità dei tipi, avrebbe potuto essere compromessa. Ciò, inoltre, implicherebbe una imprevidenza inammissibile da parte del sovrano Creatore. D'altro canto se un tipo ha potuto formarsi su un punto, esso potrebbe essersi formato su parecchi altri punti per effetto della medesima causa.

Tutto concorre, dunque, a provare che vi è stata una creazione simultanea e multipla delle prime coppie di ciascuna specie animale e vegetale.

3. La formazione dei primi esseri viventi può dedursi, per analogia, dalla medesima legge secondo la quale i corpi inorganici si sono formati e si formano tutti i giorni. Nella misura in cui si approfondisce lo studio delle leggi della natura, si vedono i suoi ingranaggi, che di primo acchito sembrano così complicati, semplificarsi e confondersi nella grande legge di unità che presiede a tutta l'opera della creazione. Ciò si comprenderà meglio quando ci si sarà resi conto della formazione dei corpi inorganici, che ne è il primo gradino.

4. La chimica considera come elementari un certo numero di sostanze, quali l'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto, il carbonio, il cloro, lo iodio, il fluoro, lo zolfo, il fosforo e tutti i metalli. Combinandosi tra loro, essi formano i corpi composti: gli ossidi, gli acidi, gli alcali, i sali e le innumerevoli varietà che risultano dalla combinazione di questi.

La combinazione di due corpi per formarne un terzo esige uno speciale concorso di circostanze: sia un determinato grado di calore, di secchezza o di umidità, sia il movimento o il riposo, sia una corrente elettrica ecc. Se non esistono queste condizioni, la combinazione non si attuerà.

5. Quando una combinazione si verifica, i corpi componenti perdono le loro proprietà caratteristiche, mentre il composto che da essi risulta ne possiede di nuove, differenti dalle proprietà dei componenti. È così, per esempio, che l'ossigeno e l'idrogeno, che sono gas invisibili, combinandosi chimicamente, formano l'acqua, che è liquida, solida o aeriforme, a seconda della temperatura. Nell'acqua non ci sono più, per essere esatti, né ossigeno né idrogeno, ma un nuovo corpo. Decomposta quest'acqua, i due gas, ridivenuti liberi, ritrovano le loro proprietà, e l'acqua non c'è più. La medesima quantità d'acqua può essere così alternativamente decomposta e ricomposta all'infinito.

6. La composizione e la decomposizione dei corpi si verificano in virtù del grado di affinità che i principi elementari hanno gli uni verso gli altri. La formazione dell'acqua, per esempio, risulta dall'affinità reciproca dell'ossigeno e dell'idrogeno. Ma se si mette a contatto con l'acqua un corpo che abbia per l'ossigeno più affinità di quanta questo ne abbia per l'idrogeno, l'acqua si decompone. L'ossigeno viene assorbito, l'idrogeno diviene libero, e l'acqua non c'è più.

7. I corpi composti vengono sempre formati secondo proporzioni definite, vale a dire attraverso la combinazione di una determinata quantità dei principi costituenti. Così, per formare l'acqua occorrono una parte di ossigeno e due d'idrogeno. Se due parti di ossigeno sono combinate con due d'idrogeno, invece dell'acqua si ottiene il perossido d'idrogeno, liquido corrosivo, eppure formato dagli stessi elementi dell'acqua, ma in proporzioni diverse.

8. Tale è, in breve, la legge che presiede alla formazione di tutti i corpi della natura. L'innumerevole varietà di questi corpi risulta da un piccolissimo numero di principi elementari combinati in proporzioni differenti.

Così l'ossigeno, combinato secondo certe proporzioni con il carbonio, lo zolfo e il fosforo, forma l'acido carbonico, l'acido solforico e l'acido fosforico. L'ossigeno e il ferro formano l'ossido di ferro o ruggine. L'ossigeno e il piombo, tutti e due innocui, danno luogo agli ossidi di piombo, quali il litargirio, la biacca e il minio, che sono velenosi. L'ossigeno, con metalli quali il calcio, il sodio e il potassio, forma la calce, la soda, la potassa. La calce unita all'acido carbonico forma i carbonati di calcio, o pietre calcaree, come il marmo, il gesso, la pietra da costruzione, le stalattiti delle grotte. Unita all'acido solforico, la calce forma il solfato di calce, o gesso, e l'alabastro; unita all'acido fosforico forma il fosfato di calcio, base solida delle ossa. Il cloro e l'idrogeno danno luogo all'acido cloridrico o idroclorico; il cloro e il sodio formano il cloruro di sodio o sale marino.

9. Tutte queste combinazioni, e migliaia di altre che si ottengono artificialmente in piccole quantità nei laboratori di chimica, si verificano spontaneamente su vasta scala nel grande laboratorio della natura.

La Terra, alla sua origine, non conteneva queste materie in combinazione, ma soltanto i loro principi costituenti volatilizzati. Quando le terre calcaree e altre, divenute poi col tempo pietrose, si sono depositate sulla sua superficie, quelle materie non erano ancora del tutto formate. Ma nell'aria, allo stato gassoso, si trovavano tutte le sostanze primitive. Queste sostanze, precipitate per effetto del raffreddamento, sotto l'influenza di circostanze favorevoli, si sono combinate secondo il grado della loro affinità molecolare. Ed è allora che si sono formate le differenti varietà di carbonati, di solfati ecc., dapprima in dissoluzione nelle acque, in seguito depositate sulla superficie del suolo.

Supponiamo che, per una causa qualsiasi, la Terra ritornasse al suo stato primitivo d'incandescenza: tutto ciò si decomporrebbe. Gli elementi si separerebbero; tutte le sostanze fusibili si fonderebbero; tutte quelle che sono volatilizzabili si volatilizzerebbero. Poi un secondo raffreddamento porterebbe con sé una nuova precipitazione, e le antiche combinazioni si formerebbero di nuovo.

10. Queste considerazioni provano quanto la chimica fosse necessaria per la comprensione della Genesi. Prima della conoscenza delle leggi sull'affinità molecolare, era impossibile comprendere la formazione della Terra. Questa scienza ha illuminato d'una luce del tutto nuova la questione, come l'astronomia e la geologia l'hanno fatto da altri punti di vista.

11. Nella formazione dei corpi solidi, uno dèi fenomeni più notevoli è quello della cristallizzazione, la quale consiste nella forma regolare che assumono certe sostanze al momento del loro passaggio dallo stato liquido o gassoso allo stato solido. Questa forma, che varia secondo la natura della sostanza, è generalmente quella di solidi geometrici, quali il prisma, il romboide, il cubo, la piramide. Tutti conoscono i cristalli di zucchero candito; i cristalli di rocca, o silice cristallizzata, sono prismi a sei facce che terminano in una piramide egualmente esagonale; il diamante è carbonio puro, o carbone cristallizzato; i disegni che, d'inverno, si producono sui vetri sono dovuti alla cristallizzazione del vapore acqueo, durante la congelazione, sotto forma di aghi prismatici.

La disposizione regolare dei cristalli corrisponde alla forma particolare delle molecole di ciascun corpo. Queste particelle, infinitamente piccole per noi, ma che non tralasciano per questo di occupare un certo spazio, sollecitate le une verso le altre dall'attrazione molecolare, si sistemano e si giustappongono, secondo l'esigenza della loro forma, in maniera da prendere ciascuna il suo posto attorno al nucleo, o primo centro d'attrazione, e formare così un insieme simmetrico.

La cristallizzazione si attua soltanto sotto l'influenza di determinate circostanze favorevoli, in assenza delle quali essa non può aver luogo. Costituiscono condizioni essenziali il grado della temperatura e lo stato di quiescenza. Ben si comprende come un calore troppo forte, mantenendo le molecole distanziate, non permetterebbe loro di condensarsi. Inoltre, opponendosi l'agitazione alla loro disposizione simmetrica, esse non formerebbero che una massa confusa e irregolare, e non, pertanto, una cristallizzazione propriamente detta.

12. La legge che presiede alla formazione dei minerali conduce naturalmente alla formazione dei corpi organici.

L'analisi chimica dimostra che tutte le sostanze vegetali e animali sono composte dai medesimi elementi che compongono i corpi inorganici. Di questi elementi, quelli che svolgono il ruolo principale sono l'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto e il carbonio; gli altri non vi rientrano che accessoriamente. Come nel regno minerale, anche nel regno animale e vegetale la differenza di proporzione nella combinazione di quegli elementi produce tutte le varietà di sostanze organiche e le loro proprietà diverse, quali i muscoli, le ossa, il sangue, la bile, i nervi, la materia cerebrale, il grasso, presso gli animali; mentre presso i vegetali produce la linfa, il legno, le foglie, i frutti, le essenze, gli oli, le resine ecc. Così nella formazione degli animali e delle piante non entra alcun corpo speciale che non si incontri altrettanto nel regno minerale.*


* La tabella dell'analisi di alcune sostanze, che qui sotto riportiamo, mostra la differenza delle proprietà che risulta dalla sola differenza nella proporzione degli elementi costituenti. Su 100 parti abbiamo:


Carbonio

Idrogeno

Ossigeno

Azoto

Zucchero di canna

42.470

6.900

50.530

-

Zucchero d’uva

36.710

6.780

56.510

-

Alcol

51.980

13.700

34.320

-

Olio d’oliva

77.210

13.360

9.430

-

Olio di noce

79.774

10.570

9.122

0,534

Grasso

78.996

11.700

9.304

-

Fibrina

53.360

7.021

19.686

19.934



13. Alcuni comuni esempi faranno comprendere le trasformazioni che si verificano nel regno organico attraverso la sola modificazione degli elementi costitutivi.

Nel succo d'uva non ci sono ancora né vino né alcol, ma semplicemente dell'acqua e dello zucchero. Quando questo succo è arrivato a maturazione e si trova nelle condizioni propizie, si produce in esso una trasformazione interna, alla quale si dà il nome di fermentazione. In questo travaglio, una parte dello zucchero si decompone; l'ossigeno, l'idrogeno e il carbonio si separano e si combinano nelle proporzioni necessarie a produrre l'alcol. Cosicché, bevendo del succo d'uva, in realtà non si beve affatto dell'alcol, dal momento che questo ancora non esiste: esso andrà formandosi con le parti costituenti dell'acqua e dello zucchero, senza che vi sia una molecola in più o in meno.

Nel pane e nei legumi che noi mangiamo non ci sono certamente né carne né sangue né ossi né bile né materia cerebrale; tuttavia quegli stessi alimenti, decomponendosi e ricomponendosi attraverso il lavoro della digestione, producono queste diverse sostanze attraverso la sola trasformazione dei loro elementi costitutivi.

Nel seme di un albero non vi sono né legno né foglie né fiori né frutti, e sarebbe puerile credere che l'intero albero, in forma microscopica, si trovi nel seme. Non c'è in questo seme, neppure lontanamente, la quantità d'ossigeno, d'idrogeno e di carbonio necessaria a formare una foglia di quell'albero. Il seme racchiude un germe che si schiude quando si trova in condizioni favorevoli; questo germe cresce attraverso i succhi che attinge dalla terra e i gas che aspira dall'aria. Questi succhi, che non sono né del legno né delle foglie né dei fiori né dei frutti, infiltrandosi nella pianta, ne formano la linfa, così come gli alimenti, presso gli animali, ne formano il sangue. Questa linfa, trasportata per mezzo della circolazione in tutte le parti del vegetale, si trasforma — a seconda degli organi in cui giunge e nei quali subisce una elaborazione particolare — in legno, foglie, frutti, proprio come il sangue si trasforma in carne, ossa, bile ecc. E, nondimeno, sono sempre i medesimi elementi: ossigeno, idrogeno, azoto e carbonio diversamente combinati.

14. Le differenti combinazioni degli elementi, per la formazione delle sostanze minerali, vegetali e animali, non possono dunque verificarsi se non nelle circostanze e negli ambienti propizi; al di fuori di questi casi, i principi elementari si trovano in una sorta d'inerzia. Ma, non appena le circostanze sono favorevoli, ha inizio un lavoro di elaborazione: le molecole entrano in movimento. Esse si agitano e, in virtù della legge delle affinità, si attirano, si avvicinano, si separano, quindi, attraverso le loro molteplici combinazioni, compongono l'infinita varietà delle sostanze. Queste condizioni cessano, e il lavoro viene improvvisamente interrotto, per ricominciare quando le condizioni propizie si presenteranno di nuovo. È così che la vegetazione si attiva, rallenta, s'interrompe e riprende, sotto l'azione del calore, della luce, dell'umidità, del freddo o della siccità; è così che la tal pianta prospera in un dato clima o in un dato terreno, mentre avvizzisce o muore in altri.

15. Ciò che avviene quotidianamente sotto i nostri occhi può metterci sulla strada di ciò che avvenne all'origine dei tempi, poiché le leggi della natura sono invariabili.

Siccome gli elementi costitutivi degli esseri organici e inorganici sono i medesimi; siccome noi li vediamo formare incessantemente, sotto l'influenza di certe circostanze, le pietre, le piante e i frutti, possiamo concludere che i corpi dei primi esseri viventi si sono formati, come le prime pietre, attraverso l'unione di molecole elementari grazie alla legge di affinità, nella misura in cui le condizioni di vitalità del globo terrestre sono state propizie alla tale o talaltra specie.

La similitudine di forma e di colore, nella riproduzione degli individui di ciascuna specie, può essere paragonata alla similitudine della forma di ogni specie di cristallo. Le molecole, giustapponendosi, sotto l'influenza della medesima legge, producono un insieme analogo.




Principio vitale.


17. Il principio vitale è forse qualcosa di distinto, qualcosa che ha una esistenza propria? Oppure, integrato nel sistema dell'unità dell'elemento generatore, non è che uno stato speciale, una delle modificazioni del fluido cosmico universale che diventa principio di vita, come diventa luce, fuoco, calore, elettricità? È in quest'ultimo senso che il problema viene risolto dalle comunicazioni che sono state più indietro riportate (cap. VI, "Uranografia generale").

Ma qualunque sia l'opinione che ci si possa fare sulla natura del principio vitale, esso esiste, poiché se ne vedono gli effetti. Si può dunque logicamente ammettere che, formandosi, gli esseri organici abbiano assimilato il principio vitale che era necessario alla loro destinazione. Oppure, se si vuole, si può affermare che questo principio si è sviluppato in ogni individuo, per l'effetto stesso della combinazione degli elementi, come vediamo svilupparsi, sotto l'influsso di determinate circostanze, il calore, la luce e l'elettricità.

18. L'ossigeno, l'idrogeno, l'azoto e il carbonio, combinandosi senza il principio vitale, non avrebbero formato che un solo minerale o corpo inorganico; il principio vitale, modificando la costituzione molecolare di questo corpo, gli dà proprietà speciali. Invece di una molecola minerale, si ha una molecola di materia organica.

L'attività del principio vitale è alimentata durante la vita dall'azione del funzionamento degli organi, allo stesso modo che il calore è mantenuto dal movimento di rotazione di una ruota. Quando questa azione cessa con la morte, il principio vitale si spegne, come avviene per il calore quando la ruota cessa di girare. Ma l'effetto prodotto sullo stato molecolare del corpo, attraverso il principio vitale, sussiste anche dopo l'estinzione di questo principio, come la carbonizzazione del legno persiste dopo l'estinzione del calore. Nell'analisi dei corpi organici, la chimica ne ritrova gli elementi costitutivi: ossigeno, idrogeno, azoto e carbonio; ma non può ricostituirli, perché, non esistendo più la causa, essa non può riprodurre l'effetto, mentre può ricostituire una pietra.

19. Abbiamo preso come termine di paragone il calore sviluppato dal movimento di una ruota, poiché è un effetto comune, conosciuto da tutti e più facile da comprendere; ma sarebbe stato più esatto dire che nella combinazione degli elementi per formare i corpi organici, si sviluppa dell'elettricità. I corpi organici sarebbero così delle vere pile elettriche, che funzionano finché gli elementi di queste pile si trovano nelle condizioni necessarie per produrre l'elettricità: è la vita; esse cessano di funzionare, quanto tali condizioni spariscono: è la morte.

Secondo questo modo di vedere, il principio vitale non sarebbe altro che quella specie particolare di elettricità, denominata elettricità animale, liberata durante la vita dall'azione degli organi, e la cui produzione viene arrestata alla morte dalla cessazione di questa azione.




Generazione spontanea.

20. Ci si domanda, naturalmente, perché non si formino più esseri viventi nelle medesime condizioni in cui si formarono i primi che apparvero sulla Terra.

La questione della generazione spontanea, di cui oggi tanto s'interessa la scienza, benché ancora presenti varie e differenti soluzioni, non può mancare di gettare una luce su questa argomentazione. Il problema da affrontare è questo: si formano ancora spontaneamente, ai nostri giorni, esseri organici attraverso la sola unione degli elementi costitutivi, senza germi previamente prodotti secondo il modo ordinario di generare, altrimenti detto senza né padri né madri?

I sostenitori della generazione spontanea rispondono affermativamente, appoggiandosi su osservazioni dirette che sembrano risolutive. Altri invece pensano che tutti gli esseri viventi si riproducono gli uni attraverso gli altri, e si basano sul fatto, comprovato dalla esperienza, secondo cui i germi di certe specie vegetali e animali, anche dispersi, possono conservare una vitalità latente per un tempo considerevole, fin quando le circostanze non siano favorevoli al loro schiudersi. Questa opinione lascia sempre sussistere la questione della formazione dei primi tipi di ciascuna specie.

21. Senza discutere i due sistemi, conviene sottolineare che il principio della generazione spontanea non può evidentemente applicarsi che agli esseri degli ordini più infimi del regno vegetale e del regno animale, a quelli nei quali la vita incomincia a sorgere, e il cui organismo, estremamente semplice, è, in certo modo, rudimentale. Sono stati questi, in effetti, i primi ad apparire sulla Terra, e la loro formazione dovette essere spontanea. Assisteremmo così a una creazione permanente, analoga a quella che ebbe luogo nelle prime età del mondo.

22. Ma allora perché non vediamo formarsi alla stessa maniera gli esseri dagli organismi complessi? Questi esseri non sono sempre esistiti — questo è un fatto certo — quindi hanno avuto un inizio. Se il muschio, il lichene, lo zoofito, l'infusorio, i vermi intestinali e altri organismi possono prodursi spontaneamente perché non avviene la stessa cosa per gli alberi, i pesci, i cani, i cavalli?

Qui, per il momento, s'interrompono le indagini; si perde il filo conduttore, e, finché non lo si sarà trovato, il campo resta aperto alle ipotesi. Sarebbe quindi imprudente e prematuro presentare puri sistemi come verità assolute.

23. Se la generazione spontanea è un fatto dimostrato, per quanto limitato possa essere, non cessa comunque di costituire un fatto fondamentale, un punto base che può mettere sulla strada di nuove osservazioni. Se gli esseri organici complessi non si producono in questa maniera, chi può sapere come essi abbiano avuto inizio? Chi conosce il segreto di tutte le trasformazioni? Quando mai si vede la quercia uscire dalla ghianda? Chi può dire che non esista un legame misterioso tra il polipo e l'elefante? (n. 25).

Allo stato attuale delle nostre conoscenze, noi non possiamo stabilire la teoria della generazione spontanea permanente se non come una ipotesi probabile e che, forse un giorno, potrà prendere posto tra le verità scientifiche riconosciute.*


* Rivista Spiritista, luglio 1868, pag. 201: "Sviluppo della teoria della generazione spontanea".




Scala degli esseri organici.

24. Tra il regno vegetale e il regno animale non esiste una delimitazione nettamente tracciata. Ai confini di questi due regni ci sono gli zoofiti o animali-piante, il cui nome sta a indicare ch'essi fanno parte dell'uno e dell'altro regno: è questo l'anello di congiunzione.

Come gli animali, anche le piante nascono, vivono, crescono, si nutrono, respirano, si riproducono e muoiono. Come gli animali, per vivere esse hanno bisogno di luce, di calore e di acqua; se ne vengono private, appassiscono e muoiono; l'assorbimento di aria viziata e di sostanze deleterie le avvelena. Il loro carattere distintivo più accentuato è quello di essere fissate al suolo e di trarre da esso il loro nutrimento senza spostarsi.

Lo zoofito ha l'aspetto esteriore di una pianta; come pianta si mantiene fisso al suolo, mentre come animale, la vita in esso è più accentuata e trae il suo nutrimento dall'ambiente.

Un gradino più su, l'animale è libero e va a cercarsi il nutrimento: vediamo in primo luogo le innumerevoli varietà di polipi dal corpo gelatinoso, senza organi ben distinti, e che differiscono dalle piante solo per la loro facoltà di movimento. Seguono poi, secondo l'ordine di sviluppo degli organi, dell'attività vitale e dell'istinto, gli elminti o vermi intestinali; i molluschi, animali carnosi, senza ossa, alcuni dei quali sono nudi, come le limacce, i polpi o piovre, mentre altri sono provvisti di conchiglia, come le chiocciole e le ostriche; i crostacei, la cui pelle è rivestita da una crosta dura, come i gamberi e le aragoste; gli insetti, presso i quali la vita assume un'attività prodigiosa, e si manifesta l'istinto industrioso, come nella formica, nell'ape e nel ragno. Alcuni di questi insetti subiscono una metamorfosi, come il bruco che si trasforma in elegante farfalla. Viene poi l'ordine dei vertebrati, animali con struttura ossea, che comprende i pesci, i rettili, gli uccelli. Seguono, infine, i mammiferi, la cui organizzazione è la più completa.

25. Se si considerano soltanto i due punti estremi della catena, senza dubbio non si riscontrerà alcuna analogia apparente; ma se si passa da un anello all'altro, senza soluzione di continuità, si arriva, senza brusche transizioni, dalla pianta agli animali vertebrati. Ben si comprende allora che gli animali a organizzazione complessa possono essere soltanto una trasformazione o, se si vuole, un'evoluzione graduale, dapprima insensibile, della specie immediatamente inferiore, e così, progressivamente fino al primitivo essere elementare. Fra la ghianda e la quercia, grande è la differenza. Tuttavia, se si segue passo a passo lo sviluppo della ghianda, si arriva alla quercia e non ci si stupisce più che essa provenga da un così piccolo seme. Se dunque la ghianda racchiude in modo latente gli elementi atti alla formazione di un albero gigantesco, perché non potrebbe avvenire egualmente dall'acaro all'elefante? (n. 23).

Secondo quanto detto, ben si comprende come non esista una generazione spontanea se non per gli esseri organici elementari. Le specie superiori sarebbero il prodotto delle trasformazioni successive di questi stessi esseri, nella misura in cui le condizioni climatiche fossero divenute loro propizie. Acquisendo ogni specie la facoltà di riprodursi, gli incroci hanno portato a innumerevoli varietà. E poi, una volta installata la specie, in condizioni durature di vitalità, chi ci dice che i germi primitivi, da cui essa è sorta, non siano spariti per sempre, come ormai inutili? Chi ci dice che il nostro attuale acaro sia lo stesso che, di trasformazione in trasformazione, ha prodotto l'elefante? Si spiegherebbe così perché non esiste generazione spontanea tra gli animali a organizzazione complessa.

Questa teoria, senza essere stata ancora ammessa in maniera definitiva, è quella che tende evidentemente a. predominare al giorno d'oggi in seno alla scienza. Essa è accolta dagli osservatori seri come la più razionale.




L'uomo corporeo.

29. Qualunque cosa possa venire a costare al suo orgoglio, l'uomo deve rassegnarsi a vedere nel suo colpo materiale null'altro che l'ultimo anello dell'animalità sulla Terra. Sta qui l'inesorabile argomento dei fatti, contro il quale egli protesterebbe invano.

Ma quanto più il corpo diminuisce di valore ai suoi occhi, tanto più il principio spirituale aumenta d'importanza. Se il primo lo mette al livello del bruto, il secondo lo eleva a un'altezza incommensurabile. Noi vediamo il cerchio dentro il quale l'animale si arresta; ma non vediamo il limite a cui può giungere lo Spirito dell'uomo.

27. Nella classe dei mammiferi, l'uomo appartiene all'ordine dei Bimani. Immediatamenteal di sotto vengono i Quadrumani (animali a quattro mani), o scimmie, alcuni dei quali, come l'orangutango e lo scimpanzé, hanno talune delle condotte dell'uomo, a tal punto che per lungo tempo li si è designati con il nome di uomini delle foreste. Come l'uomo, camminano eretti, si servono del bastone, si costruiscono delle capanne, si portano il cibo alla bocca con le mani; tutti segni caratteristici.

28. Per poco che si osservi la scala degli esseri viventi dal punto di vista dell'organismo, si riconosce che, dal lichene fino all'albero e dallo zoofito fino all'uomo, c'è una catena che sale per gradi senza soluzione di continuità, e i cui anelli hanno tutti un punto di contatto con l'anello precedente. Seguendo passo a passo la serie degli esseri, si direbbe che ogni specie è un perfezionamento, una trasformazione della specie immediatamente inferiore. Poiché il corpo dell'uomo si trova nelle condizioni identiche a quelle degli altricorpi, sia chimicamente sia costituzionalmente, poiché egli nasce, vive e muore nel medesimo modo, egli deve anche essersi formato nelle medesime condizioni.

29. Qualunque cosa possa venire a costare al suo orgoglio, l'uomo deve rassegnarsi a vedere nel suo colpo materiale null'altro che l'ultimo anello dell'animalità sulla Terra. Sta qui l'inesorabile argomento dei fatti, contro il quale egli protesterebbe invano.

Ma quanto più il corpo diminuisce di valore ai suoi occhi, tanto più il principio spirituale aumenta d'importanza. Se il primo lo mette al livello del bruto, il secondo lo eleva a un'altezza incommensurabile. Noi vediamo il cerchio dentro il quale l'animale si arresta; ma non vediamo il limite a cui può giungere lo Spirito dell'uomo.

30. Il materialismo può vedere da qui che lo Spiritismo, lungi dal temere le scoperte della scienza e il suo positivismo, va loro incontro e anzi li provoca, perché è certo che il principio spirituale, che ha una sua propria esistenza, non può soffrire alcun danno.

Lo Spiritismo avanza di pari passo con il materialismo sul terreno della materia. Esso ammette tutto ciò che il materialismo ammette; ma là, dove il materialismo si arresta, lo Spiritismo va oltre. Lo Spiritismo e il materialismo sono come due viaggiatori che procedano insieme, partendo da un medesimo punto; da qui, arrivati a una certa distanza, uno dei due dice: "Io non posso andare più lontano". L'altro continua la sua strada e scopre un mondo nuovo. Perché dunque il primo dice che il secondo è pazzo? Per il fatto, forse, che questi, intravedendo nuovi orizzonti decide di superare il limite dove all'altro conviene fermarsi? Cristoforo Colombo non fu forse anche lui trattato da folle, perché credeva a un mondo al di là dell'oceano? Quanti la storia ne annovera di tali pazzi sublimi, che hanno fatto avanzare l'umanità, e sui quali si intrecciano corone d'alloro, dopo aver loro gettato tanto fango!

Ebbene, lo Spiritismo, questa follia del diciannovesimo secolo, secondo quelli che si ostinano a rimanere sul ciglio terrestre, ci disvela tutto un mondo, un mondo ben più importante, per l'uomo, dell'America! Gli uomini, infatti, non vanno tutti in America, mentre tutti, senza eccezioni, vanno nel mondo degli Spiriti, facendo incessanti traversate dall'uno all'altro.

Giunti al punto della Genesi in cui siamo arrivati, il materialismo si arresta, mentre lo Spiritismo prosegue le sue ricerche nel campo della Genesi spirituale.





Capitolo XI - GENESI SPIRITUALE



Principio spirituale

1. L'esistenza del principio spirituale è un fatto che non ha, per così dire, bisogno di dimostrazione più di quanta non ne abbia il principio materiale. In un certo senso è una verità assiomatica. Esso si afferma per i suoi effetti, come la materia per quelli che le sono propri.

Secondo il principio: "Avendo ogni effetto una causa, ogni effetto intelligente deve avere una causa intelligente", non c'è nessuno che non riesca a fare una distinzione tra il movimento meccanico di una campana agitata dal vento e il movimento, di questa medesima campana, destinato a dare un segnale, un avvertimento, attestando proprio per questa ragione un pensiero, un'intenzione. Orbene, siccome non può venire in niente a nessuno di attribuire il pensiero alla materia della campana, se ne conclude che essa è mossa da una intelligenza alla quale essa serve come strumento per manifestarsi.

Per la stessa ragione, nessuno ha l'idea di attribuire il pensiero al corpo di un uomo morto. Se l'uomo da vivo pensa, è perché c'è in lui qualcosa che non c'è più quando è morto. La differenza che esiste tra lui e la campana è dunque la seguente: l'intelligenza che fa muovere questa è al di fuori di essa, mentre l'intelligenza che fa agire l'uomo è in lui stesso.

2. Il principio spirituale è il corollario dell'esistenza di Dio. Senza questo principio, Dio non avrebbe ragione di esistere, perché non si potrebbe concepire che la sovrana intelligenza regnasse per tutta l'eternità sulla sola materia bruta, più di quanto non si potrebbe concepire che un monarca terrestre regnasse per tutta la sua vita soltanto su delle pietre. Siccome non si può ammettere Dio senza gli attributi essenziali della Divinità, che sono la giustizia e la bontà, queste qualità sarebbero inutili se dovessero esercitarsi soltanto sulla materia.

3. D’altra parte, non si potrebbe concepire un Dio sovranamente giusto e buono, che creasse degli esseri intelligenti e sensibili per destinarli al nulla dopo alcuni giorni di sofferenze senza compensazioni, rallegrandosi alla vista di questa successione indefinita di esseri che nascono senza averlo domandato, che pensano un istante per conoscere solo il dolore, che si spengono per sempre, dopo una esistenza effimera.

Senza la sopravvivenza dell'essere pensante, le sofferenze della vita sarebbero, da parte di Dio, una crudeltà senza alcun fine. Ecco perché il materialismo e l'ateismo sono i corollari l'uno dell'altro; negando la causa, essi non possono ammettere l'effetto; negando l'effetto, essi non possono ammettere la causa. Il materialismo è dunque coerente con sé stesso, sebbene non lo sia con la ragione.

4. L'idea della perpetuità dell'essere spirituale è innata nell'uomo. Questa idea si trova in lui allo stato d'intuizione e di aspirazione. L'uomo comprende che soltanto in essa è la compensazione alle miserie della vita: ecco perché ci sono sempre stati e ci saranno sempre più spiritualisti che materialisti e più credenti che atei.

All'idea intuitiva e alla potenza del ragionamento, lo Spiritismo aggiunge la convalida dei fatti, la prova materiale dell'esistenza dell'essere spirituale, della sua sopravvivenza, della sua immortalità e della sua individualità; inoltre, precisa e definisce ciò che questo pensiero aveva di vago e di astratto. Ci dimostra che l'essere intelligente agisce al di fuori della materia, sia durante la vita del corpo, sia dopo.

5. Il principio spirituale e il principio vitale sono una sola e medesima cosa?

Partendo, come sempre, dall'osservazione dei fatti, diremo che, se il principio vitale fosse inseparabile dal principio intelligente, vi sarebbe qualche motivo per confonderli. Ma poiché si vede che esseri, come le piante, vivono e non pensano; che i corpi umani sono ancora animati dalla vita organica, quando non esiste più alcuna manifestaziorie del pensiero; che, nell'essere vivente, si producono dei movimenti vitali indipendenti da ogni atto della volontà; che durante il sonno, la vita organica permane in tutta la sua attività, mentre la vita intellettuale non si manifesta attraverso alcun segno, esteriore, allora è proprio il caso di ammettere che la vita organica risiede in un principio inerente alla materia, indipendente dalla vita spirituale la quale è inerente allo Spirito. Dal momento che la materia ha una vitalità indipendente dallo Spirito, e che lo Spirito ha una vitalità indipendente dalla materia, resta evidente che questa doppia vitalità poggia su due principi differenti (cap. X, nn. 16-19).

6. Il principio spirituale avrebbe quindi la sua origine nell'elemento cosmico universale? Non sarebbe dunque che una trasformazione, una maniera di esistere di questo elemento, come la luce, l'elettricità, il calore ecc.?

Se così fosse, il principio spirituale subirebbe le vicissitudini della materia. Si estinguerebbe per la disgregazione come il principio vitale. L'essere intelligente non avrebbe che un'esistenza temporanea come quella del corpo e alla morte ritornerebbe nel nulla, oppure, il che sarebbe uguale, nel tutto universale. Sarebbe, in una parola, la sanzione delle dottrine materialiste.

Le proprietà sui generis, che vengono riconosciute al principio spirituale, provano che esso ha una sua propria esistenza indipendente, poiché, se avesse la sua origine nella materia, non avrebbe queste proprietà. Dal momento che l'intelligenza e il pensiero non possono essere degli attributi della materia, risalendo dagli effetti alle cause, si giunge alla conclusione secondo cui l'elemento materiale e l'elemento spirituale sono i due principi costitutivi dell'universo. Individualizzato, l'elemento spirituale costituisce gli esseri chiamati Spiriti, così come, individualizzato, l'elemento materiale costituisce i differenti corpi della natura, organici e inorganici.

7. Ammesso l'essere spirituale e non potendo egli provenire dalla materia, qual è la sua origine, quale il suo punto di partenza?

Qui i mezzi d'indagine fanno assolutamente difetto, come in tutto ciò che attiene all'origine delle cose. L'uomo può costatare solo ciò che esiste; su tutto il resto egli può emettere solo delle ipotesi. E, sia che questa conoscenza oltrepassi la portata della sua intelligenza attuale, sia che il possederla non presenti al momento, per lui, alcuna utilità o convenienza, Dio non gliela concede, neppure attraverso la rivelazione.

Quanto Dio permette che i Suoi messaggeri gli dicano, e quanto d'altronde l'uomo stesso potrebbe dedurre dal principio della sovrana giustizia, che è uno degli attributi essenziali della Divinità, è che tutti hanno un medesimo punto di partenza; che tutti sono creati semplici e ignoranti, con una eguale attitudine per progredire, attraverso la propria attività individuale; che tutti raggiungeranno il grado di perfezione, compatibile con la creatura umana, attraverso i propri sforzi personali; che tutti, essendo i figli di un medesimo Padre, sono oggetto di un'eguale sollecitudine; che non ve n'è alcuno maggiormente favorito, o meglio dotato di altri, né dispensato dal lavoro che sarebbe imposto ad altri per raggiungere lo scopo.

8. Nel medesimo tempo in cui Dio ha creato dei mondi materiali da tutta una eternità, Egli ha egualmente creato degli esseri spirituali da tutta una eternità: senza di ciò, i mondi materiali sarebbero stati senza scopo. Concepire gli esseri spirituali senza i mondi materiali sarebbe più facile che concepire questi ultimi senza gli esseri spirituali. Sono i mondi materiali che dovrebbero fornire agli esseri spirituali degli elementi di attività per lo sviluppo della loro intelligenza.

9. Il progresso è la condizione normale degli esseri spirituali, e la perfezione relativa è lo scopo ch'essi devono raggiungere. Ora, avendo Dio creato da tutta una eternità, e creando ininterrottamente, da tutta una eternità, ci sono perciò esseri i quali hanno raggiunto il punto culminante della scala.

Prima che esistesse la Terra, mondi si erano succeduti ai mondi, e quando la Terra uscì dal caos degli elementi, lo spazio era popolato da esseri spirituali a tutti i gradi di avanzamento, da quelli che si affacciavano alla vita, fino a quelli che, da tutta una eternità, avevano preso posto tra i puri Spiriti, comunemente chiamati angeli.




Unione del principio spirituale con la materia

10. Dovendo essere la materia l'oggetto del lavoro dello Spirito per lo sviluppo delle sue facoltà, era necessario ch'egli potesse agire su di essa, ed è per questo ch'egli è venuto ad abitarla, così come il boscaiolo abita la foresta. Dovendo la materia essere allo stesso tempo il fine e lo strumento del lavoro, Dio, invece di unire lo Spirito alla pietra rigida, creò, per il suo uso, dei corpi organizzati flessibili, capaci di ricevere tutti gli impulsi della sua volontà e di prestarsi a tutti i suoi movimenti.

Il corpo è dunque allo stesso tempo l'involucro e lo strumento dello Spirito e, nella misura in cui questi acquisisce nuove attitudini, esso riveste un involucro appropriato al nuovo genere di lavoro che deve compiere, così come a un operaio si danno arnesi meno grossolani, man mano ch'egli diventa capace di eseguire un'opera più accurata.

11. Per essere più esatti, bisogna dire che è lo Spirito stesso che modella il suo involucro e lo adatta alle sue nuove necessità. Egli lo perfeziona, ne sviluppa e ne completa l'organismo nella misura in cui sente la necessità di manifestare nuove facoltà; in una parola, lo rimodella secondo la sua intelligenza. Dio gli fornisce i materiali: sta a lui metterli in opera. È per questo che le razze progredite hanno un organismo o, se si vuole, un sistema cerebrale più perfezionato di quello delle razze primitive. In questo modo ugualmente si spiega il sigillo speciale che il carattere dello Spirito imprime ai tratti della fisionomia e alle linee del corpo (cap. VIII, n. 7, "Anima della Terra").

12. Fin dal momento in cui nasce alla vita spirituale, uno Spirito deve, per progredire, fare uso delle sue facoltà, all'inizio rudimentali. È per questo ch'egli si riveste di un involucro corporeo adatto al suo stato d'infanzia intellettuale, involucro che abbandona per prenderne un altro man mano che le sue forze aumentano. Ora, siccome in tutti i tempi ci sono stati dei mondi, e siccome questi mondi hanno dato origine a corpi organizzati adatti a ricevere degli Spiriti, in tutti i tempi gli Spiriti hanno trovato, qualunque fosse il loro grado di avanzamento, gli elementi necessari alla loro vita carnale.

13. Il corpo, essendo esclusivamente materiale, subisce le vicissitudini della materia. Dopo aver funzionato per un certo tempo, esso si disorganizza e si decompone; il principio vitale, non trovando più elementi per la sua attività, si spegne, e il corpo muore. Lo Spirito, per il quale il corpo privo di vita non ha più ormai alcuna utilità, lo abbandona, così come si abbandona una casa in rovina o un abito fuori moda.

14. Il corpo, dunque, altro non è che un involucro destinato a ricevere lo Spirito. Di conseguenza, poco importano la sua origine e i materiali con cui viene costruito. Che il corpo dell'uomo sia o non sia una creazione speciale, resta pur sempre vero che è formato dai medesimi elementi di quello degli animali, animato dal medesimo principio vitale o, come dicono altri, scaldato dal medesimo fuoco, così com'è illuminato dalla medesima luce, soggetto alle medesime vicissitudini e alle medesime esigenze. Ed è questo un punto sul quale non ci sono contestazioni.

Considerando soltanto la materia e prescindendo dallo Spirito, l'uomo dunque non ha nulla che lo distingua dall'animale. Ma tutto cambia aspetto se si fa una distinzione tra l'abitazione e l'abitante.

Dentro una capanna o rivestito del rozzo panno del contadino, un vero signore resta pur sempre un vero signore. Egualmente avviene per l'uomo: non è la sua veste di carne che lo eleva al di sopra del bruto e ne fa un essere a parte, ma è il suo essere spirituale, il suo Spirito.




Ipotesi sull'origine del corpo umano

15. Dalla somiglianza delle forme esteriori che esiste tra il corpo dell'uomo e quello della scimmia, alcuni fisiologi hanno concluso che il primo non era che una trasformazione della seconda. In questo non c'è nulla d'impossibile, senza che — se così fosse — la dignità dell'uomo abbia a soffrirne. Corpi di scimmie hanno potuto benissimo servire come abiti ai primi Spiriti umani, necessariamente poco avanzati, che sono venuti a incarnarsi sulla Terra. Quelle vesti, infatti, erano le più adatte alle loro esigenze e più appropriate del corpo di qualsiasi altro animale all'esercizio delle loro facoltà. Anziché confezionare una veste speciale per lo Spirito, se ne sarebbe trovata una già pronta. Egli ha dunque potuto vestire la pelle della scimmia, senza cessare d'essere uno Spirito umano, come l'uomo indossa a volte la pelle di certi animali senza cessare d'essere uomo.

Sia ben inteso che qui non si tratta che di una ipotesi, la quale non è assolutamente posta come principio, ma è data soltanto per dimostrare che l'origine del corpo non pregiudica affatto lo Spirito. È questo l'essere principale, e la somiglianza del corpo dell'uomo con il corpo della scimmia non implica parità tra il suo Spirito e quello della scimmia.

16. Ammettendo questa ipotesi, si può dire che, sotto l'influenza e per effetto dell'attività intellettuale del suo nuovo abitante, l'involucro si è modificato, ingentilito nei dettagli, pur conservando nel suo complesso la forma generale (n. 11). Quei corpi migliorati, attraverso la procreazione, si sono riprodotti nelle medesime condizioni, come avviene per gli alberi innestati. Essi hanno dato origine a una nuova specie, che si è allontanata a poco a poco dal tipo primitivo, nella misura in cui lo Spirito ha progredito. Lo Spirito scimmia, che non è stato annientato, ha continuato a procreare corpi di scimmie per il proprio uso, così come il frutto dell'albero selvatico riproduce alberi selvatici, e lo Spirito umano ha procreato corpi di uomini, varianti della prima forma in cui si è stabilito. La stirpe si è biforcata; ha prodotto un discendente, e questo discendente è divenuto a sua volta stirpe.

Siccome nella natura non esistono transizioni brusche, è probabile che i primi uomini che sono apparsi sulla Terra differissero poco dalla scimmia nella forma esteriore e senza dubbio non molto di più nell'intelligenza.

Vi sono ancora, ai giorni nostri, dei selvaggi che, per la lunghezza delle braccia e dei piedi, per la conformazione della testa, hanno talmente l'aspetto della scimmia, che manca loro soltanto d'essere villosi per completare,la somiglianza.




Incarnazione degli Spiriti

17. Lo Spiritismo ci insegna in quale maniera si effettua l'unione dello Spirito e del corpo nell'incarnazione.

Lo Spirito, per la sua essenza spirituale, è un essere indefinito, astratto, che non può avere un'azione diretta sulla materia: gli occorreva un intermediario. Questo intermediario è l'involucro fluidico che è, in qualche modo, parte integrante dello Spirito. Esso è un involucro semi materiale, che attiene cioè alla materia per la sua origine e alla spiritualità per la sua natura eterea. Come ogni materia, esso è tratto dal fluido cosmico universale, che subisce in questa circostanza una modifica particolare. Questo involucro, designato col nome di perispirito, fa di un essere astratto, cioè dello Spirito, un essere concreto e definito, percepibile attraverso il pensiero; lo rende inoltre atto ad agire sulla materia tangibile, conformemente a quanto avviene con tutti i fluidi imponderabili, che sono, come si sa, i motori più potenti.

Il fluido del perispirito è dunque l'anello di congiunzione tra lo Spirito e la materia. Durante la sua unione con il corpo, è il veicolo del suo pensiero, per trasmettere il movimento alle diverse parti, dell’organismo, le quali agiscono sotto la sua volontà, e per far sì che ripercuotano sullo Spirito le sensazioni prodotte dagli agenti esteriori. Tale fluido ha per fili conduttori i nervi, come nel telegrafo il fluido elettrico ha per conduttore il filo metallico.

18. Quando lo Spirito deve incarnarsi in un corpo umano in via di formazione, un legame fluidico, che altro non è se non un'espansione del suo perispirito, lo lega al germe verso il quale egli si trova attratto da una forza irresistibile, al momento della concezione. Nella misura in cui il germe si sviluppa, il legame diviene più stretto. Sotto l'influenza del principio vitale materiale del germe, il perispirito, che possiede alcune proprietà della materia, si unisce molecola su molecola al corpo in via di formazione. In seguito a ciò, si può dire che lo Spirito, attraverso la mediazione del suo perispirito, mette in un certo senso radici in quel germe, come una pianta nella terra. Quando il germe è interamente sviluppato, l'unione è completa, e allora esso nasce alla vita esteriore.

Per un effetto contrario, questa unione del perispirito e della materia carnale — che si era effettuata sotto l'influenza del principio vitale del germe — cessa quando questo principio cessa di agire in conseguenza della disorganizzazione del corpo. Tale unione, che era mantenuta soltanto da una forza attiva, si disfa non appena questa forza cessa di agire. Allora il perispirito si distacca, molecola su molecola, così come si era unito, e allo Spirito è restituita la libertà. Così, non è la dipartita dello Spirito che causa la morte del corpo, ma è la morte del corpo che causa la dipartita dello Spirito.

Dal momento che, l'integrità dello Spirito è completa; che le sue facoltà acquisiscono anzi un maggior potere di penetrazione, mentre spento è il principio di vita nel corpo, qui sta la prova evidente che il principio vitale e il principio spirituale sono due cose distinte.

19. Lo Spiritismo ci fa conoscere, per mezzo dei fatti che esso ci mette in grado di osservare, i fenomeni che accompagnano questa separazione; la quale è a volte rapida, facile, dolce e insensibile; altre volte è lenta, laboriosa, orribilmente dolorosa, a seconda dello stato morale dello Spirito, e può durare mesi interi.

20. Un fenomeno particolare, egualmente indicato dall'osservazione, accompagna sempre l'incarnazione dello Spirito. Non appena questi è afferrato dal legame fluidico che lo unisce al germe, uno stato di turbamento s'impadronisce di lui. Questo turbamento cresce nella misura in cui il legame si restringe, e lo Spirito, negli ultimi momenti, perde ogni coscienza di sé stesso, dimodoché non è mai testimone cosciente della sua nascita. Nel momento in cui la creatura incomincia a respirare, lo Spirito incomincia a recuperare le sue facoltà, che si sviluppano man mano che si formano, mentre gli organi che devono servire alla manifestazione di tali facoltà si consolidano.

21. Ma, nel medesimo tempo in cui recupera la coscienza di sé stesso, lo Spirito perde il ricordo del suo passato, senza perdere però le facoltà, le qualità e le attitudini acquisite anteriormente, le quali erano temporaneamente rimaste allo stato latente. Esse, riprendendo la loro attività, lo aiuteranno a fare di più e meglio di quanto non abbia fatto precedentemente. Egli rinasce quale è divenuto attraverso il suo lavoro anteriore; questo è per lui un nuovo punto di partenza, un nuovo gradino da salire. Qui ancora, si manifesta la bontà del Creatore. Infatti il ricordo di un passato, sovente doloroso o umiliante, aggiungendosi alle amarezze della sua nuova esistenza, potrebbe turbarlo e ostacolarlo. Lo Spirito non si ricorda che di quanto ha appreso, perché ciò gli è utile. Se, degli avvenimenti passati, conserva talvolta una vaga intuizione, è come se ricordasse un fuggevole sogno. È questo, dunque, un uomo nuovo, per quanto antico possa essere il suo Spirito; adotta nuovi metodi, aiutato da ciò che ha acquisito. Quando ritorna alla vita spirituale, il suo passato si snoda davanti ai suoi occhi, ed egli giudica se ha impiegato bene o male il suo tempo.

22. Non vi è dunque continuità di soluzione nella vita spirituale, nonostante l'oblio del passato. Lo Spirito è sempre sé stesso, prima, durante e dopo l'incarnazione; l'incarnazione è soltanto una fase particolare della sua esistenza. Questo oblio, anzi, ha luogo solo durante la vita esteriore di relazione; infatti durante il sonno, lo Spirito, liberato in parte dai legami carnali, restituito alla libertà e alla vita spirituale, ricorda; la sua vista spirituale non è più tanto oscurata dalla materia.

23. Se si considera l'umanità al suo livello più infimo della scala intellettiva, presso i più arretrati selvaggi, ci si chiede se è qui il punto di partenza dell'anima umana.

Secondo l'opinione di alcuni filosofi spiritualisti, il principio intelligente, distinto dal principio materiale, s'individualizza e si elabora, passando attraverso i vari gradi dell'animalità. È qui che l'anima si prepara alla vita e sviluppa le sue prime facoltà attraverso l'esercizio; questo sarebbe, per così dire, il suo periodo d'incubazione. Giunta al grado di sviluppo che questo stato comporta, essa riceve le facoltà speciali che costituiscono l'anima umana. Ci sarebbe così una filiazione spirituale dall'animale all'uomo, come c'è una filiazione corporale.

Questo sistema, fondato sulla grande legge di unità che presiede alla creazione, corrisponde — bisogna convenirne — alla giustizia e alla bontà del Creatore. Egli dà una via d'uscita, uno scopo, una destinazione agli animali, i quali non sono più degli esseri diseredati, poiché trovano, nell'avvenire che è loro riservato, una compensazione alle loro sofferenze. Ciò che costituisce l'uomo spirituale non è la sua origine, ma sono gli attributi speciali di cui egli è dotato al suo ingresso nell'umanità, attributi che lo trasformano, rendendolo un essere distinto, come un frutto pieno di sapore è ben diverso dalla radice amara che gli ha dato origine. Per essere passato attraverso la filiera dell'animalità, l'uomo non sarebbe per questo meno uomo; né sarebbe più animale di quanto il frutto non sia radice, così come lo scienziato non è l'informe feto che ha debuttato nel mondo.

Ma questo sistema solleva numerose questioni i cui pro e contro non è opportuno discutere qui, non più di quanto sia opportuno esaminare qui le differenti ipotesi che sono state fatte su questo argomento. Senza, dunque, ricercare l'origine dell'anima e le filiere attraverso le quali è dovuta passare, noi la prendiamo al suo ingresso nell'umanità, al punto in cui, dotata del senso morale e del libero arbitrio, essa si imbatte nella responsabilità dei suoi atti.

24. L'obbligo, per lo Spirito incarnato, di provvedere alla nutrizione del corpo, alla sua sicurezza, al suo benessere, lo costringe ad applicare le sue facoltà nella ricerca, a esercitarle e a svilupparle. La sua unione con la materia è dunque utile al suo avanzamento: ecco perché l'incarnazione è una necessità. Inoltre, con il lavoro intelligente che effettua a suo profitto sulla materia, lo Spirito concorre alla trasformazione e al progresso materiale del globo ch'egli abita. Ed è così che, progredendo, egli concorre all'opera del Creatore, del quale diventa l'agente inconscio.

25. Ma l'incarnazione dello Spirito non è né costante né perpetua; essa è soltanto transitoria. Lasciando un corpo, egli non ne prende un altro istantaneamente. Durante un lasso di tempo più o meno considerevole, vive della vita spirituale, che è la sua vita normale. Cosicché la somma del tempo passato nelle diverse incarnazioni è poca cosa, paragonata a quella del tempo ch'egli passa nello stato di Spirito libero.

Negli intervalli delle sue incarnazioni, lo Spirito progredisce egualmente, nel senso ch'egli mette a profitto, per il suo avanzamento, le conoscenze e l'esperienza acquisite durante la vita corporale; esamina ciò che ha fatto durante la sua permanenza sulla Terra, passa in rassegna ciò che ha appreso, riconosce i suoi errori, migliora i suoi piani e prende delle risoluzioni, secondo le quali intende comportarsi in una nuova esistenza, cercando di agire meglio. È così che ogni esistenza si trova un passo avanti sulla strada del progresso, una specie di scuola di applicazione.

26. L'incarnazione, dunque, normalmente non è affatto una punizione per lo Spirito, come alcuni hanno pensato, ma una condizione inerente alla inferiorità dello Spirito e un mezzo per progredire (Il Cielo e l'Inferno, cap. III, n. 8 e ss.).

Nella misura in cui lo Spirito progredisce moralmente, si smaterializza, vale a dire che, sottraendosi all'influenza della materia, si purifica; la sua vita si spiritualizza e si approfondiscono le sue facoltà e percezioni. La sua felicità è in ragione del progresso compiuto. Ma, siccome egli agisce in virtù del suo libero arbitrio, può per negligenza o cattiva volontà, ritardare il suo avanzamento. Egli prolunga, di conseguenza, la durata delle sue incarnazioni materiali, che diventano allora per lui una punizione, poiché, per sua stessa colpa, rimane nei ranghi inferiori, obbligato a ricominciare il medesimo compito. Dipende dunque dallo Spirito abbreviare, con il suo lavoro di purificazione su sé stesso, la durata del periodo delle incarnazioni.

27. Il progresso materiale di un globo segue il progresso morale dei suoi abitanti. Ora, poiché la creazione dei mondi e degli Spiriti è incessante, poiché questi progrediscono più o meno rapidamente in virtù del loro libero arbitrio, ne consegue che ci sono mondi più o meno antichi, con gradi differenti di avanzamento fisico e morale, nei quali l'incarnazione è più o meno materiale e nei quali, di conseguenza, il lavoro per gli Spiriti è più o meno difficile. Da questo punto di vista, la Terra è uno dei mondi meno avanzati; è popolata da Spiriti relativamente inferiori, e la vita corporale è qui più dolorosa che in altri. Vi sono mondi, però, ancora più arretrati, dove la vita è più dolorosa che sulla Terra, e al confronto dei quali la Terra sarebbe un mondo relativamente felice.

28. Quando gli Spiriti hanno acquisito, in un mondo, la somma di progresso che lo stato di quel mondo comporta, essi lo abbandonano per incarnarsi in un altro mondo più avanzato dove acquisiscono nuove conoscenze, e così di seguito, fino a quando, non essendo più utile l'incarnazione in un corpo materiale, essi vivono esclusivamente di una vita spirituale, dove progrediscono ancora, ma in un altro senso e con altri mezzi. Arrivati al punto culminante del progresso, godono della suprema felicità. Ammessi nei consigli dell'Onnipotente, ne conoscono il pensiero, diventano Suoi messaggeri e Suoi ministri diretti per il governo dei mondi e hanno ai loro ordini gli Spiriti di diversi gradi di avanzamento.

Così tutti gli Spiriti, incarnati o disincarnati, a qualsiasi grado della gerarchia appartengano, dal più infimo al più elevato, hanno le loro attribuzioni nel grande meccanismo dell'universo. Tutti sono utili all'insieme e nello stesso tempo sono utili a sé stessi; ai meno avanzati, come a dei semplici manovali, viene affidato un compito materiale, svolto dapprima in modo inconsapevole e poi, gradualmente, in modo intelligente. In ogni parte, nel mondo spirituale, c'è attività, in nessuna parte l'inutile oziosità.

La collettività degli Spiriti è in qualche modo l'anima dell'universo; è l'elemento spirituale che agisce su tutto e dappertutto, sotto l'impulso del pensiero divino. Senza questo elemento, non c'è che la materia inerte, senza scopo, senza intelligenza, senza altro motore se non le forze materiali, le quali lasciano insoluti innumerevoli problemi. Invece, attraverso l'azione dell'elemento spirituale individualizzato, tutto ha uno scopo, tutto ha una ragion d'essere, tutto si spiega. Ecco perché, senza la spiritualità, si urta contro difficoltà insormontabili.

29. Quando la Terra si è trovata nelle condizioni climatiche adatte all'esistenza della specie umana, Spiriti umani vi si sono incarnati. Da dove venivano? Che questi Spiriti siano stati creati in quel momento, che siano venuti del tutto formati dalla Terra, dallo spazio o da altri mondi, la loro presenza a partire da una certa epoca è un fatto, poiché prima di loro non c'erano che animali. Essi si sono rivestiti di corpi appropriati ai loro speciali bisogni, alle loro attitudini, che fisiologicamente appartengono all'animalità. Sotto la loro influenza e attraverso l'esercizio delle loro facoltà, questi corpi si sono modificati e perfezionati: ecco ciò che risulta dall'osservazione. Lasciamo dunque da parte la questione dell'origine che per il momento è ancora insolubile. Consideriamo lo Spirito, non al suo punto di partenza, ma nel momento in cui — manifestandosi in lui i primi germi del libero arbitrio e del senso morale — lo vediamo svolgere il suo ruolo umanitario, senza preoccuparci dell'ambiente in cui ha trascorso il periodo della sua infanzia o, se si vuole, della sua incubazione. Malgrado l'analogia del suo involucro con quello degli animali, noi sapremmo distinguerlo da questi ultimi per le facoltà intellettive e morali che lo caratterizzano, così come sotto il medesimo abito di rozzo panno distinguiamo l'uomo primitivo dall'uomo civilizzato.

30. Benché i primi venuti fossero per forza di cose poco avanzati, anche per il fatto che dovevano incarnarsi in corpi molto imperfetti, dovevano esserci tra di loro differenze sensibili nei caratteri e nelle attitudini. Gli Spiriti tra di loro simili si sono naturalmente raggruppati per analogia e simpatia. La Terra si è così ritrovata popolata da differenti categorie di Spiriti più o meno idonei o ribelli al progresso. Ricevendo i corpi l'impronta del carattere dallo Spirito e generandosi questi corpi secondo il loro rispettivo, ne sono risultate razze differenti sia riguardo al fisico sia riguardo al morale (n. 11). Continuando a incarnarsi di preferenza tra quelli a loro somiglianti, gli Spiriti simili hanno perpetuato il carattere distintivo fisico e morale delle razze e dei popoli, carattere che scompare soltanto con il tempo, mediante la loro fusione e il progresso degli Spiriti (Rivista Spiritista,luglio 1860, p. 198, "Frenologia e fisiognomonia").

31. Si possono paragonare gli Spiriti che sono venuti a popolare la Terra a quei gruppi di emigranti, di origini diverse, che vanno a stabilirsi su una terra vergine. Lì trovano il legno e la pietra per costruire le loro abitazioni, e ciascun gruppo dà alla sua un carattere diverso, a seconda del grado delle sue conoscenze e del suo particolare genio. Riunendosi per analogia di origini e di gusti, questi gruppi finiscono per formare delle tribù e poi dei popoli, che hanno ciascuno costumi e caratteri propri.

32. Il progresso non è stato dunque uniforme in tutta la specie umana; le razze più intelligenti hanno naturalmente superato le altre, senza poi tener conto che Spiriti, nati recentemente alla vita spirituale, essendo venuti a incarnarsi sulla Terra subito dopo i primi arrivati, rendono ancora più sensibile la differenza del progresso. Sarebbe impossibile, in effetti, attribuire la medesima anzianità di creazione ai selvaggi, che appena appena si distinguono dalle scimmie, e ai cinesi e ancor meno agli europei civilizzati.

Tuttavia, gli Spiriti di quei selvaggi fanno anch'essi parte dell'umanità. Un giorno essi raggiungeranno il livello in cui si trovano i loro fratelli più vecchi. Ma ciò non sarà certamente nei corpi della medesima razza fisica, inadatti a un certo sviluppo intellettivo e morale. Quando lo strumento non sarà più in rapporto con il loro sviluppo, essi emigreranno da quell'ambiente per incarnarsi in un altro più elevato, e così di seguito fino a quando non abbiano conquistato tutti i livelli terrestri, dopo di che lasceranno la Terra per passare a mondi via via più avanzati (Rivista Spiritista, aprile 1862, pag. 97, "Perfettibilità della razza negra").




Reincarnazioni

33. Il principio della reincarnazione è una conseguenza necessaria della legge del progresso. Senza la reincarnazione, come spiegare la differenza che esiste tra lo stato sociale attuale e quello dei tempi della barbarie? Se le anime sono create nello stesso tempo in cui sono creati i corpi, quelle che nascono oggi sono altrettanto nuove, altrettanto primitive di quelle che vivevano mille anni fa. Aggiungiamo che tra loro non ci sarebbe alcuna connessione né alcuna relazione necessaria e che sarebbero completamente indipendenti le une dalle altre. Perché, dunque, le anime di oggi dovrebbero essere da Dio meglio dotate di quelle che le hanno precedute? Perché comprendono meglio? Perché hanno istinti più purificati e costumi più amabili? Perché di certe cose posseggono l'intuizione senza averle mai apprese? Dubitiamo che possa esservi qualcuno capace di uscire da questi dilemmi, a meno che non si ammetta che Dio crea delle anime di diverse qualità, a seconda dei tempi e dei luoghi, proposizione inconciliabile con l'idea di una giustizia sovrana (cap. II, n. 19).

Ammettete, al contrario, che le anime di oggi hanno già vissuto nei tempi passati; che hanno potuto essere barbare come il loro secolo, ma che hanno progredito; che apportano a ogni nuova esistenza quanto acquisito nelle esistenze anteriori; che, di conseguenza, le anime dei tempi civilizzati sono anime non certo create più perfette, ma che si sono perfezionate da sé stesse con il passare del tempo. In questo modo, avrete l'unica spiegazione plausibile della causa del progresso sociale (Il libro degli Spiriti, cap. IV e V).

34. Alcune persone pensano che le differenti esistenze dell'anima si compiano di mondo in mondo e non su un medesimo globo, dove ogni Spirito non comparirebbe che un'unica volta.

Questa dottrina sarebbe ammissibile, se tutti gli abitanti della Terra si trovassero esattamente allo stesso livello intellettivo e morale. Essi, allora, non potrebbero progredire se non spostandosi in un altro mondo, e la loro reincarnazione sulla Terra sarebbe senza alcuna utilità. Orbene, Dio non fa mai nulla di inutile. Dal momento che sulla Terra si trovano tutti i gradi d'intelligenza e moralità, dalla brutalità che sfiora l'animalesco fino alla civilizzazione più avanzata, è evidente che questo mondo offre un vasto campo al progresso. Ci si chiederebbe allora perché mai il selvaggio sarebbe obbligato ad andare a cercare altrove il grado di progresso superiore a quello in cui egli vive, quando se lo trova al fianco e progressivamente. Perché mai l'uomo avanzato non avrebbe potuto fare le sue prime tappe se non nei mondi inferiori, quando gli analoghi di tutti quei mondi sono attorno a lui, quando ci sono gradi differenti di avanzamento non solo da popolo a popolo, ma nel medesimo popolo e nella medesima famiglia? Se così fosse, Dio avrebbe fatto qualcosa d'inutile collocando fianco a fianco l'ignoranza e il sapere, la barbarie e la civilizzazione, il bene e il male, mentre è proprio questo contatto che fa sì che i ritardatari avanzino.

Non vi è dunque alcuna necessità perché gli uomini mutino di mondo a ogni tappa di perfezionamento, almeno non più di quanta ve ne sia perché uno studente cambi collegio a ogni classe. Ben lungi dall'essere ciò un vantaggio per il progresso, sarebbe anzi un ostacolo, perché lo Spirito verrebbe privato dell'esempio che gli offre la vista dei gradi superiori, nonché la possibilità di riparare ai suoi errori nello stesso ambiente e nei confronti di coloro ch'egli ha offeso. È, questa, una possibilità che costituisce, per lui, il più potente mezzo di avanzamento morale. Dopo una breve coabitazione, allorché gli Spiriti si disperdono e diventano estranei gli uni agli altri, i legami di famiglia e di amicizia, non avendo avuto il tempo di consolidarsi, si spezzerebbero.

All'inconveniente morale si aggiungerebbe un inconveniente materiale. La natura degli elementi, le leggi organiche, le condizioni dell'esistenza variano a seconda dei mondi: sotto questo aspetto, non ve ne sono due che siano perfettamente identici. I nostri trattati di fisica, di chimica, di anatomia, di medicina, di botanica ecc. non servirebbero a niente negli altri mondi, e tuttavia ciò che si apprende non è mai perduto. Non soltanto ciò sviluppa l'intelligenza, ma le idee che vi si attingono aiutano ad acquisirne di nuove (cap. VI, n. 61 e ss.). Se lo Spirito non facesse che una sola apparizione, spesso di breve durata, nello stesso mondo, a ogni migrazione si troverebbe in condizioni totalmente differenti. Egli opererebbe ogni volta su elementi nuovi, con forze e secondo leggi a lui sconosciute, prima di aver avuto il tempo di elaborare gli elementi conosciuti, di studiarli, di esercitarvisi. Ogni volta sarebbe come dover fare un nuovo apprendistato, e questi incessanti cambiamenti sarebbero un ostacolo al progresso. Lo Spirito deve dunque restare nello stesso mondo fino a quando non vi abbia acquisito la somma di conoscenze e il grado di perfezione che questo mondo comporta (n. 31).

Che gli Spiriti abbandonino per un mondo più avanzato quello sul quale non possono acquisire più nulla, così dev'essere e così è: tale è il principio. Se accade che alcuni lo lascino prima, è senza dubbio per delle cause individuali che Dio pesa secondo la Sua saggezza.

Tutto ha uno scopo nella creazione, altrimenti Dio non sarebbe né prudente né saggio. Ora, se la Terra dovesse essere la sola tappa per il progresso di ogni individuo, quale utilità ci sarebbe per i bambini che muoiono in tenera età di venirvi a passare alcuni anni, alcuni mesi, alcune ore, un tempo, insomma, durante il quale non possono acquisirvi nulla? Lo stesso è per gli handicappati. Una teoria è ritenuta buona solo a condizione che risolva tutti i problemi che i essa si collegano. La questione delle morti premature è stata la pietra d'intralcio per tutte le dottrine, eccetto che per la Dottrina Spiritista, che, unica, l'ha risolta in maniera razionale e completa.

Per il progresso di coloro che svolgono sulla Terra una missione normale, c'è un vantaggio reale nel ritrovarsi nello stesso ambiente, per continuarvi ciò che avevano lasciato incompiuto, spesso nella medesima famiglia, o in contatto con le stesse persone, cui si è fatto del male, e poterlo così riparare, o per subirvi la pena del taglione.






Emigrazioni e immigrazioni degli Spiriti

35. Nell'intervallo delle loro esistenze corporali, gli Spiriti si trovano in stato di erraticità e compongono la popolazione spirituale dell'ambiente Terra. Attraverso le morti e le nascite, queste due popolazioni si riversano incessantemente l'una nell'altra. Ci sono dunque giornalmente delle emigrazioni dal mondo corporale verso il mondo spirituale e delle immigrazioni dal mondo spirituale verso il mondo corporale: è lo stato normale.

36. In certe epoche, determinate dalla saggezza divina, queste emigrazioni e queste immigrazioni si effettuano in masse più o meno considerevoli, in conseguenza delle grandi rivoluzioni che ne causano la partenza simultanea di quantità enormi, le quali sono ben presto rimpiazzate da quantità equivalenti di incarnazioni. Bisogna quindi considerare i flagelli distruttori e i cataclismi come occasioni di partenze e arrivi collettivi, di mezzi provvidenziali per rinnovare la popolazione corporale del globo e per ritemprarla con l'introduzione di nuovi elementi spirituali più purificati. Se in queste catastrofi c'è la distruzione di un grande numero di corpi, ciò non è da considerarsi altro che una lacerazione di indumenti, ma nessuno Spirito perisce.

Essi non fanno altro che cambiare ambiente; poi, invece di partire isolatamente, partono in gran numero. Questa è tutta la differenza, dal momento che, si parta per una causa o per un'altra, resta pur sempre il fatto che tutti si deve fatalmente partire presto o tardi.

I rinnovamenti rapidi e quasi istantanei che si operano nell'elemento spirituale della popolazione, in seguito ai flagelli distruttori, accelerano il progresso sociale. Senza le emigrazioni e le immigrazioni che vengono di quando in quando a dargli un violento impulso, il progresso avanzerebbe con estrema lentezza.

È da notare che tutte le grandi calamità che decimano le popolazioni sono sempre seguite da un'era di progresso nell'ordine fisico, intellettuale o morale e, di conseguenza, nello stato sociale delle nazioni in cui tali calamità avvengono. Il fatto è che esse hanno come scopo di effettuare un rimodellamento nella popolazione spirituale, che è la popolazione normale e attiva del globo.

37. Questo mescolamento, che avviene tra la popolazione incarnata e la popolazione disincarnata di uno stesso pianeta, egualmente avviene tra i mondi, sia individualmente nelle condizioni normali, sia in massa nelle circostanze speciali. Ci sono dunque delle emigrazioni e delle immigrazioni collettive da un mondo all'altro. Ne deriva l'introduzione, nella popolazione di uno di essi, di elementi completamente nuovi; di nuove razze di Spiriti che, venendo a mescolarsi alle razze esistenti, costituiscono nuove razze di uomini. Ora, siccome gli Spiriti non perdono mai ciò che hanno acquisito, essi portano con sé l'intelligenza e l'intuizione delle conoscenze che possiedono. Di conseguenza, imprimono il loro carattere alla razza corporea che vengono ad animare. Non hanno bisogno per questo che nuovi corpi siano creati in modo specifico per loro; poiché la specie corporea esiste, essi trovano sempre corpi pronti ad accoglierli. Sono, dunque, semplicemente dei nuovi abitanti; arrivando sulla Terra, essi fanno dapprima parte della sua popolazione spirituale, poi s'incarnano come gli altri.




Razza adamitica

38. Secondo l'insegnamento degli Spiriti, è una di queste grandi immigrazioni o, se si preferisce, una di queste colonie di Spiriti, venuti da un'altra sfera, ad aver dato origine alla razza simbolizzata nella persona di Adamo e, per questa ragione, chiamata razza adamitica. Quando questa è arrivata, la Terra era popolata da tempo immemorabile, come l'America quando vi sono giunti gli europei.

La razza adamitica, più avanzata delle razze che l'avevano preceduta sulla Terra, è in effetti la più intelligente ed è quella che spinge al progresso tutte le altre. La Genesi ce la mostra, fin dai suoi inizi, industriosa, atta alle arti e alle scienze, senza esser passata attraverso l'infanzia intellettuale, la qual cosa non è caratteristica delle razze primitive, ma concorda con l'opinione 'secondo cui si componeva di Spiriti che erano già progrediti. Tutto prova che tale razza non è affatto antica sulla Terra, e nulla si oppone all'ipotesi che essa si trovi qui soltanto da alcune migliaia di anni. Ciò non sarebbe in contraddizione né con le prove geologiche né con le osservazioni antropologiche, anzi tenderebbe, al contrario, a confermarle.

39. La dottrina che fa procedere tutto il genere umano da una sola individualità, da seimila anni, non è ammissibile allo stato attuale delle conoscenze. Riassumeremo ora i vari punti delle principali considerazioni, che contraddicono tale dottrina, tratte dall'ordine fisico e dall'ordine morale.

Dal punto di vista fisiologico, certe razze presentano particolari tipi caratteristici che non consentono di assegnare loro una origine comune. Ci sono differenze che non sono, in modo evidente l'effetto del clima, poiché i bianchi che si riproducono nel paese dei negri non diventano neri, e viceversa. L'ardore del sole brucia e abbronza l'epidermide, ma non ha mai trasformato un bianco in negro, non ha mai appiattito il naso, cambiato la linea dei tratti della fisionomia, né reso crespi e lanosi dei capelli lunghi e setosi. Si sa oggi che il colore della pelle del negro proviene da un particolare tessuto sottocutaneo che attiene alla specie.

Bisogna, perciò, considerare le razze negre, mongoliche, caucasiche come razze che hanno una loro propria origine e che hanno tratto origine simultaneamente o successivamente su differenti parti del globo; il loro incrocio ha prodotto le razze miste secondarie. I caratteri fisiologici delle razze primitive sono l'indice evidente che esse provengono da tipi speciali. Le stesse considerazioni si applicano, di conseguenza, all'uomo come agli animali, per quanto concerne la pluralità delle stirpi (cap. X, n. 2 e ss.).

40. Adamo e i suoi discendenti sono rappresentati nella Genesi come uomini essenzialmente intelligenti, poiché, fin dalla seconda generazione, costruiscono città, coltivano la terra, lavorano i metalli. Rapidi e costanti nel tempo sono i loro progressi nelle arti e nelle scienze. Non si potrebbe, pertanto, concepire che questa stirpe abbia avuto per discendenti popoli numerosi così arretrati, d'una intelligenza tanto rudimentale, che ancor oggi essi sfiorano l'animalità; popoli che avrebbero perduto ogni traccia e perfino il minimo ricordo di ciò che facevano i loro padri. Una differenza così radicale nelle attitudini intellettive e nello sviluppo morale attesta, con non meno evidenza, una differenza d'origine.

41. Indipendentemente dai fatti geologici, la prova dell'esistenza dell'uomo sulla Terra prima dell'epoca fissata dalla Genesi è tratta dalla popolazione del globo.

Senza parlare della cronologia cinese, che risale, si dice, a trentamila anni fa, documenti più autentici attestano che l'Egitto, l'India e altri paesi erano popolati e fiorenti almeno tremila anni prima dell'era cristiana e, di conseguenza, mille anni dopo la creazione del primo uomo, secondo la cronologia biblica. Documenti e osservazioni recenti non lasciano oggi alcun dubbio sui rapporti che sono esistiti tra l'America e gli antichi Egizi. Da ciò, bisogna concludere che quel paese, a quell'epoca, era già popolato. Bisognerebbe allora ammettere che in mille anni la posterità di un solo uomo ha potuto coprire la maggior parte della Terra. Orbene, una simile fecondità sarebbe in antagonismo con tutte le leggi antropologiche. [48]

"Non è opportuno pubblicare prematuramente le scoperte fatte, dal punto di vista della storia dell'uomo, dalla recente spedizione scientifica del Messico. Tuttavia nulla si oppone affinché il pubblico sappia, fin d'ora, che l'esplorazione ha segnalato l'esistenza di un gran numero di città, con il tempo scomparse, ma che il piccone e l'incendio possono trarre dalla loro tomba. Gli scavi hanno dappertutto portato alla luce tre strati di civilizzazione che sembrano dare al mondo americano un'antichità favolosa".

È così che, ogni giorno, la scienza viene a dare la smentita dei fatti alla dottrina che limita a 6000 anni fa l'apparizione dell'uomo sulla Terra e pretende di farlo derivare da un'unica stirpe.

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[48] L'Esposizione Universale del 1867 ha presentato delle antichità provenienti dal Messico, che non lasciano alcun dubbio sui rapporti che i popoli di questo paese hanno avuto con gli antichi Egizi. Léon Méchedin, in una nota affissa nel tempio messicano dell'Esposizione, si esprimeva così:
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42. L'impossibilità diventa ancora più evidente se si ammette, con la Genesi, che il diluvio ha distrutto tutto il genere umano, a eccezione di Noè e della sua famiglia, che non era numerosa, nell'anno del mondo 1656, ossia 2348 anni prima dell'era cristiana. In realtà sarebbe, dunque, soltanto da Noè che daterebbe il popolamento del globo. Ora, quando gli Ebrei si stabilirono in Egitto, 612 anni dopo il diluvio, c'era già un potente impero, che sarebbe stato popolato — senza parlare degli altri paesi —, in meno di sei secoli, dai soli discendenti di Noè, la qual cosa non è ammissibile.

Osserviamo, incidentalmente, che gli Egizi accolsero gli Ebrei come stranieri. Ci sarebbe da meravigliarsi che avessero perduto il ricordo di una comunanza di origine così vicina, mentre conservavano religiosamente i monumenti della loro storia.

Una logica rigorosa, corroborata dai fatti, dimostra quindi nella maniera più perentoria che l'uomo è sulla Terra da un tempo indeterminato, molto anteriore all'epoca assegnata dalla Genesi. Lo stesso accadde per quanto riguarda la diversità delle stirpi primitive: infatti, dimostrare l'impossibilità di una proposizione significa dimostrare la proposizione contraria. Se la geologia scopre tracce autentiche della presenza dell'uomo prima del grande periodo diluviale, la dimostrazione sarà ancora più assoluta.




Dottrina degli angeli decaduti e del paradiso perduto

Dottrina degli angeli decaduti e del paradiso perduto [49]

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[49] Quando, nella Rivista Spiritista del gennaio 1862, noi abbiamo pubblicato un articolo sulla interpretazione della dottrina degli angeli decaduti, abbiamo presentato questa teoria solo come ipotesi, avendo noi solo l'autorità di una opinione personale controvertibile, perché difettavamo allora di elementi sufficientemente completi per un'affermazione assoluta. Noi l'abbiamo esposta a titolo di saggio, con l'intenzione di provocarne l'analisi, ben determinati ad abbandonarla o a modificarla, se fosse stato necessario. Oggi, questa teoria ha subito la prova del controllo universale. Non solo essa è stata accolta, dalla grande maggioranza degli Spiritisti, quale la più razionale e la più conforme alla sovrana giustizia di Dio, ma è stata anche confermata dalla generalità delle istruzioni date dagli Spiriti su questo argomento. La stessa cosa si è verificata con quanto concerne l'origine della razza adamitica.

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43. I mondi progrediscono fisicamente attraverso l'elaborazione della materia e moralmente attraverso la purificazione degli Spiriti che tali mondi abitano. La felicità in essi è direttamente proporzionale al predominio del bene sul male, e il predominio del bene è il risultato dell'avanzamento morale degli Spiriti. Il progresso intellettuale non è sufficiente, poiché con la sola intelligenza essi possono anche fare del male.

Quando, dunque, un mondo è giunto in uno dei suoi periodi di trasformazione, al fine di salire nella gerarchia dei mondi, nella sua popolazione incarnata e disincarnata si operano dei mutamenti; è allora che avvengono le grandi emigrazioni e immigrazioni (nn. 34 e 35). Coloro che, malgrado la loro intelligenza e il loro sapere, hanno perseverato nel male, nella loro ribellione contro Dio e contro le sue leggi, sarebbero ormai un ostacolo per l'ulteriore progresso morale, una permanente causa di turbamento per la tranquillità e la felicità dei buoni. Ed è appunto per questo che ne vengono esclusi e inviati in mondi meno avanzati. Qui essi applicheranno la loro intelligenza e l'intuizione delle conoscenze che hanno acquisite, al progresso di coloro tra i quali sono chiamati a vivere. Nello stesso tempo, espieranno così, in una serie di esistenze dolorose e con un duro lavoro, le loro colpe passate e il loro volontario indurimento.

Che cosa saranno mai tali esseri, fra quelle popolazioni, nuove per loro e che ancora sono nello stato d'infanzia della barbarie, se non degli angeli o Spiriti decaduti inviati in espiazione? La terra da cui essi sono stati espulsi non è forse per loro un paradiso perduto? Non era forse per loro un luogo di delizie, in confronto all'ambiente ingrato in cui vanno a trovarsi, relegati per migliaia di secoli, fino a quando non avranno meritato la loro liberazione? Il vago ricordo intuitivo, che della terra da dove sono venuti custodiscono, è come un lontano miraggio che ricorda loro quanto per loro stessa colpa hanno perduto.

44. Ma i malvagi, nel tempo stesso in cui si allontanano dal mondo che abitavano, vengono sostituiti da Spiriti migliori, provenienti sia dall'erraticità, concernente questo stesso mondo, sia da un mondo meno avanzato che essi hanno meritato di lasciare: per questi la nuova residenza è una ricompensa. Venendo così la popolazione spirituale rinnovata e purificata dei suoi peggiori elementi, lo stato morale del mondo, dopo qualche tempo, si trova migliorato.

Questi mutamenti sono alcune volte parziali, cioè limitati a un popolo, a una razza; altre volte sono generali, quando, cioè, è arrivato per il globo il periodo del rinnovamento.

45. La razza adamitica ha tutti i caratteri di una razza colpita da proscrizione. Gli Spiriti che di essa fanno parte sono stati esiliati sulla Terra, che era già popolata, ma da uomini ancora primitivi, immersi nell'ignoranza. Questi Spiriti esiliati hanno avuto come missione quella di far progredire la Terra, apportando fra quei primitivi i lumi di una intelligenza sviluppata. Non è forse questo, in effetti, il ruolo che tale razza ha svolto fino a oggi? La loro superiorità intellettuale prova che il mondo da cui provenivano era più avanzato della Terra. Ma dovendo quel mondo entrare in una nuova fase di progresso, e non avendo saputo tali Spiriti, data la loro ostinazione, porsi all'altezza di quel progresso, vi si sarebbero trovati fuori posto e avrebbero costituito un ostacolo alla marcia provvidenziale delle cose. È per questo che ne sono stati esclusi, mentre altri hanno meritato di sostituirli.

Relegando quella razza su questa terra di fatiche e di sofferenze, con ragione Dio ha detto: "Da essa tu trarrai il tuo nutrimento col sudore della tua fronte". Nella Sua bontà Egli ha promesso all'uomo di quella razza che gli avrebbe inviato un Salvatore, colui cioè che lo avrebbe illuminato sul cammino da seguire per uscire da quel luogo di miseria, da quell'inferno, e giungere alla felicità degli eletti. Questo Salvatore glielo ha inviato nella persona del Cristo, che ha insegnato la legge d'amore e di carità da quell'uomo sconosciuta e che sarebbe stata la vera ancora di salvezza.

È ugualmente con l'obiettivo di far avanzare l'umanità in un determinato senso che Spiriti superiori, pur senza avere le qualità del Cristo, s'incarnano di quando in quando sulla Terra per compiervi missioni speciali, che sono di vantaggio, nel tempo stesso, al loro personale avanzamento, se essi le compiono in accordo con i disegni del Creatore.

46. Senza la reincarnazione, la missione del Cristo sarebbe un nonsenso, così come la promessa fatta da Dio. Supponiamo, infatti, che l'anima di ogni uomo sia creata al momento della nascita del suo corpo e che non faccia che apparire e scomparire sulla Terra: nessuna relazione ci sarebbe allora tra quelle che sono venute dopo Adamo fino a Gesù Cristo, né tra quelle che sono venute dopo. Esse sono tutte estranee le une alle altre. La promessa di un Salvatore, fatta da Dio, non si sarebbe potuta estendere ai discendenti di Adamo, se le loro anime non fossero state ancora create. Perché la missione del Cristo potesse corrispondere alle parole di Dio, era necessario che si potesse applicare alle stesse anime. Se tali anime sono nuove, non possono essere macchiate dalla colpa del primo padre, che è solo il padre carnale e non il padre spirituale; altrimenti Dio avrebbe creato delle anime macchiate da una colpa che non poteva estendersi su di loro, poiché esse non esistevano. La dottrina comune del peccato originale implica, quindi, la necessità di una relazione tra le anime del tempo del Cristo e quelle del tempo di Adamo e, di conseguenza, la reincarnazione.

Ammettete che tutte queste anime facevano parte della colonia di Spiriti esiliati sulla Terra al tempo di Adamo; che esse erano macchiate dai vizi che le avevano fatte escludere da un mondo migliore, e voi avrete la sola interpretazione razionale del peccato originale, peccato peculiare di ogni individuo e non il risultato della responsabilità della colpa di un altro, che egli non ha mai conosciuto. Ammettete che queste anime o Spiriti rinascono alla vita corporale sulla Terra, a diverse riprese, per progredire e purificarsi; che il Cristo è venuto a illuminare queste stesse anime non soltanto per le loro vite passate, ma per le loro vite successive, e solo allora voi darete alla sua missione uno scopo serio e reale, accettabile dalla ragione.

47. Un noto esempio, che colpisce per la sua analogia, farà ancor meglio comprendere i principi che sono stati appena esposti.

Il 24 maggio 1861, la fregata Iphigénie trasportò nella Nuova Caledonia una compagnia disciplinare composta da 291 uomini. All'arrivo, il comandante della colonia, rivolse loro un ordine del giorno così concepito:

“Mettendo piede su questa terra lontana, voi avete già compreso il molo che a voi è riservato.

Sull'esempio dei bravi soldati della nostra marina, che servono sotto il vostro sguardo, voi ci aiuterete a portare con fulgore, in mezzo alle tribù selvagge della Nuova Caledonia, la fiaccola della civilizzazione. Io vi chiedo: non è forse questa una bella e nobile missione? Voi la porterete a termine degnamente.

Ascoltate la voce e i consigli dei vostri capi. Io sono alla loro testa. Che le mie parole siano ben comprese.

La scelta del vostro comandante, dei vostri ufficiali, dei vostri sottufficiali e dei vostri caporali costituisce una sicura garanzia che tutti gli sforzi saranno tentati per fare di voi degli eccellenti soldati. Dirò di più: per elevarvi all'altezza di buoni cittadini e per trasformarvi in rispettabili coloni, se voi lo desiderate.

La vostra disciplina sarà severa. Deve esserlo. Affidata nelle nostre mani, essa sarà ferma e inflessibile, sappiatelo; così come sarà anche giusta e paterna, e saprà distinguere l'errore dal vizio e dalla degradazione..."

Ecco dunque degli uomini espulsi, per la loro cattiva condotta, e inviati per punizione in mezzo a un popolo barbaro. Che cosa dice il loro capo?: "Voi avete infranto le leggi del vostro paese; là siete stati causa di perturbazione e di scandalo e ne siete stati cacciati. Siete stati inviati qui, ma voi qui potete riscattare il vostro passato. Voi potete, con il lavoro, crearvi qui una posizione rispettabile e divenire così degli onesti cittadini. Voi avete una bella missione da compiere, quella di portare la civilizzazione fra queste tribù selvagge. La disciplina sarà severa, ma giusta, e noi sapremo distinguere coloro che si condurranno bene. La vostra sorte è nelle vostre mani. Voi potete migliorarla, se lo desiderate, perché avete il vostro libero arbitrio".

Per questi uomini gettati in mezzo a tribù di selvaggi, la madre patria non è forse un paradiso perduto per loro colpa, per la loro ribellione alla legge? Su questa terra lontana, non sono essi degli angeli decaduti? Il linguaggio del comandante non è forse quello che usò Dio parlando agli Spiriti esiliati sulla Terra?: "Voi avete disobbedito — Egli disse — alle mie leggi, ed è per questo che vi ho cacciato via dal mondo dove avreste potuto vivere felici e in pace. Qui voi sarete condannati al lavoro, ma potrete, con la vostra buona condotta, meritare il perdono e riconquistare la patria, che per vostra colpa avete perduta, cioè il cielo".

48. Di primo acchito, l'idea della caduta sembra in contraddizione con il principio secondo cui gli Spiriti non possono retrocedere. Ma si deve considerare che in questo caso non si tratta affatto di un ritorno allo stato primitivo: lo Spirito, benché in una posizione inferiore, non perde nulla di quanto ha acquisito; il suo sviluppo morale e intellettivo è il medesimo, qualunque sia l'ambiente dove egli si trovi collocato. Lo Spirito è nella posizione dell'uomo del mondo condannato al bagno penale per i suoi misfatti. Di certo, egli è degradato, decaduto dal punto di vista sociale, ma non diventa né più stupido né più ignorante.

49. Si crede forse, ora, che quegli uomini inviati nella Nuova Caledonia si trasformeranno improvvisamente in modelli di virtù? Che, di colpo, rinnegheranno i loro passati errori? Si dovrebbe non conoscere l'umanità per supporlo. Per la medesima ragione, gli Spiriti della razza adamitica, una volta trapiantati sulle terra d'esilio, non hanno istantaneamente deposto il loro orgoglio e i loro istinti malvagi. Per lungo tempo ancora, essi hanno conservato le tendenze della loro origine, un resto del vecchio fermento. Orbene, non è forse questo il peccato originale?





Capitolo XII - GENESI MOSAICA



I sei giorni

1. CAPITOLO I – 1. Nel principio Dio creò i cieli e la terra. – 2. La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso, e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. – 3. Dio disse: "Sia luce!" E luce fu. – 4. Dio vide che la luce era buona; e Dio separò la luce dalle tenebre. – 5. Dio chiamò la luce "giorno" e le tenebre "notte". Fu sera, poi fu mattina: primo giorno.

6. Poi Dio disse: "Vi sia una distesa tra le acque, che separi le acque dalle acque". – 7. Dio fece la distesa e separò le acque che erano sotto la distesa dalle acque che erano sopra la distesa. E così fu. – 8. Dio chiamò la distesa "cielo". Fu sera, poi fu mattina: secondo giorno.

9. Poi Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo e appaia l'asciutto". E così fu. – 10. Dio chiamò l'asciutto "terra" e chiamò la raccolta delle acque "mari". Dio vide che questo era buono. – 11. Poi Dio disse: "Produca la terra della vegetazione, delle erbe che facciano seme e degli alberi fruttiferi che, secondo la loro specie, portino del frutto avente in sé la propria semenza, sulla terra". E così fu. – 12. La terra produsse della vegetazione, delle erbe che facevano seme secondo la loro specie e degli alberi che portavano del frutto avente in sé la propria semenza, secondo la loro specie. Dio vide che questo era buono. – 13. Fu sera, poi fu mattina: terzo giorno.

14. Poi Dio disse: "Vi siano delle luci nella distesa dei cieli per separare il giorno dalla notte; siano dei segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni; – 15. facciano luce nella distesa dei cieli per illuminare la terra". E così fu. – 16 Dio fece le due grandi luci: la luce maggiore per presiedere al giorno e la luce minore per presiedere alla notte; e fece pure le stelle. – 17. Dio le mise nella distesa dei cieli per illuminare la terra, – 18. per presiedere al giorno e alla notte e separare la luce dalle tenebre. Dio vide che questo era buono. – 19. Fu sera, poi fu mattina: quarto giorno.

20. Poi Dio disse: "Producano le acque in abbondanza esseri viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo". –21. Dio creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, e che le acque produssero in abbondanza secondo la loro specie, e ogni volatile secondo la sua specie. Dio vide che questo era buono. – 22. Dio li benedisse dicendo: "Crescete, moltiplicatevi e riempite le acque dei mari, e si moltiplichino gli uccelli sulla Terra". – 23. Fu sera, poi fu mattina: quinto giorno.

24. Poi Dio disse: "Produca la terra animali viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici della terra, secondo la loro specie". E così fu. – 25. Dio fece gli animali selvatici della terra secondo le loro specie, il bestiame secondo le sue specie e tutti i rettili della terra secondo le loro specie. Dio vide che questo era buono.

26. Poi Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra". – 27. Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. – 28. Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra". – 29. Dio disse: "Ecco io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra, e ogni albero fruttifero, che fa seme; questo vi servirà di nutrimento. – 30. A ogni animale della terra, a ogni uccello del cielo e a tutto ciò che si muove sulla terra e ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento". E così fu. – 31. Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Fu sera, poi fu mattina: sesto giorno.

CAPITUOLO II – 1. Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l'esercito loro. – 2. Il settimo giorno, Dio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò il settimo giorno da tutta l'opera che aveva fatta. – 3. Dio benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso Dio si riposò da tutta l'opera che aveva creata e fatta.

4. Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati. Nel giorno che Dio il Signore fece la terra e i cieli, – 5. non c'era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna. Nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo; – 6. ma un vapore saliva dalla terra e bagnava tutta la superficie del suolo. – 7. Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente.


2. Dopo le spiegazioni contenute nei capitoli precedenti sull'origine e sulla costituzione dell'universo, secondo i dati forniti dalla scienza per la parte materiale e secondo lo Spiritismo per la parte spirituale, non si poteva non mettere a confronto con tutto questo il testo stesso della Genesi di Mosè, affinché ognuno potesse stabilire un paragone e giudicare con conoscenza di causa. Saranno sufficienti alcune spiegazioni complementari per far comprendere le parti che hanno bisogno di speciali chiarimenti.

3. Su alcuni punti c'è senza dubbio una notevole concordanza tra la Genesi di Mosè e la dottrina scientifica. Ma sarebbe un errore credere che basti sostituire i sei giorni di ventiquattro ore della creazione con sei periodi indeterminati, per trovare un'analogia completa. Ed errore non meno grande sarebbe il credere che, salvo il senso allegorico di alcuni termini, la Genesi e la scienza marcino affiancate e che siano soltanto la parafrasi l'una dell'altra.

4. Osserviamo prima di tutto, come è già stato detto (cap. VII, n. 14), che il numero di sei periodi geologici è arbitrario, poiché si contano più di venticinque formazioni ben caratterizzate. Questo numero indica soltanto le grandi fasi generali. Esso è stato adottato in principio solo per adattare le cose il più possibile al testo biblico, in un'epoca, poco lontana del resto, in cui si credeva di dover controllare la scienza attraverso la Bibbia. È per questo che gli autori della maggior parte delle teorie cosmogoniche, col proposito di farsi più facilmente accettare, si sono sforzati di porsi in accordo col testo sacro. Quando la scienza si è basata sul metodo sperimentale, allora si è sentita più forte e si è emancipata. Al giorno d'oggi è la Bibbia che viene controllata attraverso la scienza.

D'altra parte, la geologia, prendendo come punto di partenza soltanto la formazione dei terreni granitici, non tiene conto, nel numero dei periodi della Terra, dello stato primitivo di questa. Essa non si occupa neppure del Sole, della Luna e delle stelle, né dell'insieme dell'universo, che appartengono all'astronomia. Per rientrare nel quadro della Genesi, è necessario perciò aggiungere un primo periodo che abbraccia quest'ordine di fenomeni e che potrebbe chiamarsi periodo astronomico.

Inoltre il periodo diluviale non da tutti i geologi è considerato come costituente un periodo distinto, ma come un fatto transitorio e passeggero, che non ha cambiato in modo apprezzabile lo stato climatico del globo, né ha segnato una nuova fase nelle specie vegetali e animali, poiché, a parte poche eccezioni, le medesime specie si ritrovano prima e dopo il diluvio. Di tale periodo diluviale si può dunque non tener conto, senza che per questo ci si allontani troppo dalla verità.

5. La tabella comparativa, qui di seguito riportata, nella quale sono riassunti i fenomeni che caratterizzano ciascuno dei sei periodi, permette di abbracciare l'insieme e di giudicare i rapporti e le differenze che esistono tra questi e la Genesi biblica.


SCIENZA

GENESI

I. PERIODO ASTRONOMICO — Agglomerazione della materia cosmica universale su un punto dello spazio, in una nebulosa che ha dato origine, attraverso la condensazione della materia su diversi punti, alle stelle, al Sole, alla Terra, alla Luna e a tutti i pianeti.

Stato primitivo fluidico e incandescente della Terra. — Immensa atmosfera carica di tutta l'acqua allo stato di vapore, e di tutte le materie volatilizzabili.

1º GIORNO — Il Cielo e la Terra. — La luce.

II. PERIODO PRIMÁRIO. — Indurimento della superficie della Terra, a causa del raffreddamento; formazione degli strati granitici. — Atmosfera densa e ardente, impenetrabile ai raggi del Sole. — Precipitazione graduale dell'acqua e delle materie solide volatilizzatesi nell'aria. — Assenza completa di vita organica.

2º GIORNO — Il Firmamento. — Separazione dele acque che stanno al di sopra del Firmamento da quelle che stanno al di sotto.

III. PERIODO DE TRANSIZIONE. — Le acque coprono tutta la superficie del globo. — Primi depositi di sedimento formati dalle acque. — Calore umido. — Il Sole incomincia a perforare l'atmosfera brumosa. — Primi esseri organizzati della più rudimentale costituzione. — Licheni, muschi, felci, licopodi, piante erbacee. Vegetazione colossale. —Primi animali marini: zoofiti, polipi, crostacei. —Depositi carboniferi.

3º GIORNO. — Le acque che stanno sotto il Firmamento si riuniscono: appare l’elemento arido. — La terra e i mari. — Le piante.

IV. PERIODO SECUNDARIO. — Superficie della Terra poco accidentata; acque poco profonde e paludose. Temperatura meno ardente; atmosfera più depurata. Considerevoli depositi di calcare attraverso le acque. — Vegetazioni meno colossali; nuove specie; piante legnose; primi alberi. — Pesci; cetacei; animali con guscio; grandi rettili acquatici e anfibi.

4º GIORNO. — Il Sole, la Luna e le stelle.

V. PERIODO TERZIARIO. — Grandi sollevamenti della crosta solida; formazione dei continenti. Ritirata delle acque verso i luoghi bassi; formazione dei mari. — Atmosfera depurata; temperatura attuale grazie al calore solare. — Animali terrestri giganteschi. Vegetazioni e animali attuali. Uccelli.

DILUVIO UNIVERSALE

5º GIORNO. — I pesci e gli uccelli.

VI. PERIODO QUATERNARIO OU POSTDILUVIANO. — Terreni alluvionali. — Vegetali e anima li attuali. — L’uomo.

6º GIORNO. — Gli animali terrestri. — L’uomo.



6. Il primo fatto che emerge, dalla tabella comparativa qui sopra, è che l'opera di ciascuno dei sei giorni non corrisponde in maniera rigorosa, come molti credono, a ciascuno dei sei periodi geologici. La concordanza più notevole è quella della successione degli esseri organici, che è più o meno la stessa, e quella dell'apparizione, da ultimo, dell'uomo. Orbene, questo è un fatto importante.

Ugualmente c'è una coincidenza, non con l'ordine numerico dei periodi, ma per il fatto in sé, nel passo in cui si dice che il terzo giorno, "le acque che stanno sotto il firmamento si riunirono in un sol luogo e apparve l'elemento arido". Questa è l'espressione di ciò che ebbe luogo nel periodo terziario, quando i sollevamenti della crosta solida misero allo scoperto i continenti e respinsero le acque che avrebbero formato i mari. È soltanto allora che apparvero gli animali terrestri, secondo la geologia e secondo Mosè.

7. Quando Mosè dice che la creazione fu fatta in sei giorni, avrà voluto parlare di giorni di ventiquattr'ore o avrà usato questo termine nel senso di periodo, di durata? La prima ipotesi è la più probabile, se ci si riferisce al testo stesso; prima di tutto perché tale è il senso proprio della parola ebraica k3m, che si traduce con giorno; poi, il riferimento alla sera e al mattino, come limitazione di ciascuno dei sei giorni, permette di supporre tranquillamente ch'egli abbia voluto alludere a giorni ordinari. Né si può nutrire alcun dubbio a questo proposito, quando, al versetto 5, egli dice: "Alla luce diede il nome di giorno e alle tenebre il nome di notte; e della sera e del mattino si fece il primo giorno". Questo concetto non può evidentemente applicarsi che al giorno di ventiquattr'ore, divise tra la luce e le tenebre. Il senso è ancora più preciso quando dice, al versetto 17, parlando del Sole, della Luna e delle stelle: "Egli li collocò nel firmamento del cielo perché risplendessero sulla Terra, perché presiedessero al giorno e alla notte e separassero la luce dalle tenebre. E della sera e del mattino si fece il quarto giorno".

D'altronde tutto, nella creazione, era miracoloso. E dal momento che si entra nella strada dei miracoli, si può perfettamente credere che la Terra sia stata fatta in sei volte ventiquattr'ore, soprattutto quando si ignorano le prime leggi naturali. Questa credenza è stata pienamente condivisa da tutti i popoli civilizzati fino al momento in cui la geologia, documenti alla mano, è venuta a dimostrarne l'impossibilità.

8. Uno dei punti che sono stati massimamente criticati nella Genesi è la creazione del sole dopo la luce. Si è cercato di spiegare ciò, secondo i dati stessi forniti dalla geologia, affermando che nei primi tempi della sua formazione, l'atmosfera terrestre, essendo carica di vapori densi e opachi, non permetteva di vedere il sole, che, di conseguenza, per la Terra non esisteva. Questa ragione sarebbe potuta apparire ammissibile se, a quell'epoca, ci fossero stati degli abitanti, che avessero potuto così verificare la presenza o l'assenza del sole. Ora, secondo lo stesso Mosè, non vi erano che piante, le quali, tuttavia, non sarebbero potute crescere e moltiplicarsi senza l'azione del calore solare.

C'è dunque evidentemente un anacronismo nell'ordine che Mosè assegna alla creazione del sole. Ma, involontariamente o no, egli non ha commesso errori dicendo che la luce aveva preceduto il sole.

Il sole non è affatto il principio della luce universale, ma una concentrazione dell'elemento luminoso su un punto, altrimenti detto fluido che, in determinate circostanze, acquisisce le proprietà luminose. Questo fluido, che è la causa, doveva necessariamente precedere il sole, che è solo un effetto. Il sole è pertanto causa relativamente alla luce che irradia, ma è effetto in rapporto a quella che ha ricevuto.

In una camera buia, una candela accesa è un piccolo sole. Che cosa si è fatto per accendere la candela? Si è sviluppata la proprietà illuminante del fluido luminoso e si è concentrato questo fluido su un punto; la candela è la causa della luce diffusa nella camera, ma se il principio luminoso non fosse esistito prima della candela, questa non si sarebbe potuta accendere.

Lo stesso avviene con il sole. L'errore proviene dalla falsa idea, che è stata per lungo tempo alimentata, secondo cui tutto l'intero universo sia cominciato con la Terra e non si suppone che il sole possa essere stato creato dopo la luce. Oggi si sa che, prima del nostro Sole e della nostra Terra, sono esistiti milioni di soli e milioni di terre, i quali, di conseguenza, hanno goduto della luce. L'asserzione di Mosè è dunque perfettamente esatta in linea di massima; ma è falsa in quanto egli fa credere che la Terra sia stata creata prima del Sole. Essendo la Terra assoggettata al Sole nel suo movimento di traslazione, necessariamente dovette esser stata formata dopo quest'ultimo. È questo che Mosè non poteva sapere, dal momento che ignorava la legge di gravitazione.

Il medesimo pensiero si trova nella Genesi degli antichi Persiani. Nel primo capitolo del Vendedad, Ormuzd, raccontando l'origine del mondo, dice: "Io ho creato la luce che avrebbe illuminato il Sole, la Luna e le stelle" (Dizionario universale di mitologia). Qui la forma è certamente più chiara e più scientifica che in Mosè e non ha bisogno di commento.


9. Mosè condivideva evidentemente le credenze più primitive sulla cosmogonia. Come gli uomini del suo tempo, egli credeva alla solidità della volta celeste e a serbatoi per le acque, situati nella parte al di sopra della volta. Questo pensiero è espresso senza allegorie né ambiguità in questo passo (versetto 6 e seguenti): "Dio disse: Che il firmamento sia fatto in mezzo alle acque, e che separi le acque dalle acque. Dio fece il firmamento e separò le acque che erano al di sotto del firmamento da quelle che erano al di sopra del firmamento" (vedere cap. V, "Antichi e moderni sistemi del mondo", nn. 3-5).

Un'antica credenza faceva considerare l'acqua come il principio, come l'elemento generatore primitivo; per questo Mosè non parla della creazione delle acque, che sembra fossero già esistite. "Le tenebre coprivano l'abisso", cioè le profondità dello spazio, che la mente immaginava vagamente occupato dalle acque e immerso nelle tenebre, prima della creazione della luce. Ecco perché Mosè disse: "Lo Spirito di Dio era portato (o planava) sulle acque". Poiché si riteneva che la Terra si fosse formata in mezzo alle acque, occorreva isolarla. Si suppose, dunque, che Dio avesse fatto il firmamento, costituito da una volta solida, per separare le acque che stavano in alto da quelle che erano sulla Terra.

Per comprendere certe parti della Genesi, bisogna necessariamente porsi dal punto di vista delle idee cosmogoniche del tempo, di cui essa è il riflesso.

10. Dopo i progressi della fisica e dell'astronomia, una simile dottrina è insostenibile. [50] Tuttavia Mosè attribuisce queste parole a Dio stesso. Ora, poiché esse esprimono un fatto notoriamente falso, delle due cose l'una: o Dio si è ingannato nel racconto ch'Egli fa della Sua opera, o questo racconto non è affatto una rivelazione divina. Non essendo la prima supposizione ammissibile, bisogna concludere che Mosè ha espresso semplicemente le sue proprie idee (cap. I, n. 3).

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[50] Per quanto grossolano sia l'errore di una tale credenza, con essa ancora ai nostri giorni si cullano i fanciulli, come se si trattasse di una sacra verità. È soltanto tremando che gli educatori osano azzardare una timida interpretazione. Come pretendere che ciò non ne faccia più tardi degli increduli?
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11. Mosè è più nel vero, quando dice che Dio ha formato l'uomo con il fango della terra. [51] La scienza ci dimostra infatti (cap. X) che il corpo dell'uomo è composto di elementi tratti dalla materia inorganica, vale a dire dal limo della terra.

La donna formata con una costola di Adamo è un'allegoria, apparentemente puerile se presa alla lettera, ma profonda quanto al senso. Tale allegoria ha lo scopo di dimostrare che la donna è della medesima natura dell'uomo, di conseguenza sua eguale davanti a Dio e non una creatura a parte, fatta per essere asservita e trattata come una schiava. Essendo ella uscita dalla carne stessa dell'uomo, l'immagine dell'uguaglianza è molto più pregnante di quanto potrebbe essere se la donna fosse stata formata separatamente sia pure col medesimo limo. Ciò equivale a dire all'uomo che ella è sua eguale e non la sua schiava, e che deve amarla come una parte di sé stesso.

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[51] Il termine ebraico haadam, uomo, da cui si è fatto derivare Adamo, e il termine haadama, terra, hanno la stessa radice.
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12. Per degli Spiriti incolti, senza alcuna idea delle leggi generali, incapaci di abbracciare l'insieme e di concepire l'infinito, questa creazione miracolosa e istantanea aveva qualcosa di fantastico che colpiva l'immaginazione. Il quadro dell'universo tratto dal nulla in pochi giorni, attraverso un solo atto della volontà creatrice, era per loro il segno più evidente della potenza di Dio. Quale raffigurazione di tale potenza, infatti, avrebbe potuto essere più sublime e più poetica di queste parole: "Dio disse: Che la luce sia, e la luce fu!"? Dio che crea l'universo secondo l'attuazione lenta e graduale delle leggi della natura, sarebbe sembrato loro meno grande e meno potente. C'era bisogno per quegli Spiriti di qualcosa di meraviglioso, che si allontanasse dalle vie ordinarie, altrimenti essi avrebbero potuto dire che Dio non era affatto più abile degli uomini. Una teoria scientifica e ragionata della creazione li avrebbe lasciati freddi e indifferenti.

Non rigettiamo, dunque, le Genesi biblica. Al contrario, studiamola, così come si studia la storia dell'infanzia dei popoli. È un'epoca ricca di allegorie di cui bisogna ricercare il significato nascosto; che bisogna commentare e spiegare con l'aiuto dei lumi della ragione e della scienza. Facendone risaltare la bellezza poetica e gli insegnamenti celati sotto la forma fantasiosa, bisogna nel contempo dimostrarne fermamente gli errori, nell'interesse stesso della religione. Sarà questa maggiormente rispettata quando tali errori cesseranno di essere imposti alla fede come delle verità; e Dio non potrà che apparirne più grande e più postente allorché il suo nome non sarà più mescolato a fatti controversi.




Il paradiso perduto

13. CAPITOLO II. – 9. Dio il Signore fece spuntare dal suolo ogni sorta d'alberi piacevoli a vedersi e buoni per nutrirsi, tra i quali l'albero della vita in mezzo al giardino [53] e l'albero della conoscenza del bene e del male. [Fece uscire, Jéhovah Eloim, dalla terra (min haadama) ogni albero bello a vedersi e buono a mangiarsi, e l'albero di vita (vehetz hachayim)al centro del giardino, e l'albero dellà scienza del bene e del male.]

15. Dio il Signore prese dunque l'uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. – 16. Dio il Signore ordinò all'uomo: "Mangia pure da ogni albero del giardino, [Ordinò, Jéhovah Eloim, all'uomo (hal haadam), dicendo: Da ogni albero del giardino (hagan) tu puoi mangiare] 17. ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai" [e dell'albero della Scienza del bene e del male (oumehetz hadaat tob vara) tu non ne mangerai, perché il giorno in cui ne mangerai, tu morrai].

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[52] Accanto ad alcuni versetti si è posta la traduzione letterale del testo ebraico, che esprime più fedelmente il pensiero primitivo. E il senso allegorico ne risalta così più chiaramente.

[53] II giardino è il paradiso, nome derivato dal latino paradisus, derivato a sua volta dal greco paradeisos, giardino, orto, luogo piantato ad alberi. Il corrispondente termine ebraico usato nella Genesi è hagan.
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14. CAPITOLO III. – 1. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali dei campi che Dio il Signore aveva fatti. Esso disse alla donna: "Come! Dio vi ha detto di non mangiare da nessun albero del giardino?" [E il serpente (nâhâsch) era più astuto di tutti gli animali terrestri che Jéhovah Eloim aveva fatto; esso disse alla donna (el haischa): È questo che ha detto Eloim: Voi non mangerete da alcun albero del giardino?] 2. La donna rispose al serpente: "Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; [Ella, la donna, disse al serpente: Il frutto (miperi) degli alberi del giardino noi possiamo mangiare.] 3. ma del frutto dell'albero che è in mezzo al giardino Dio ha detto: 'Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete'". – 4. Il serpente disse alla donna: "No, non morirete affatto; – 5. ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenzadel bene e del male".

6. La donna osservò che l'albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l'albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò. [Ella, la donna, vide che esso, l'albero, era buono come nutrimento e che l'albero era incomparabile per comprendere (leaskil), ed ella prese del suo frutto ecc.]

8.Poi udirono la voce di Dio il Signore, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l'uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il Signore fra gli alberi del giardino.

9. Dio il Signore chiamò l'uomo e gli disse: "Dove sei?" – 10. Egli rispose: "Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto". – 11. Dio disse: "Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato del frutto dell'albero, che ti avevo comandato di non mangiare?" – 12. L'uomo rispose: "La donna che tu mi hai messa accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell'albero, e io ne ho mangiato." – 13. Dio il Signore disse alla donna: "Perché hai fatto questo?" La donna rispose: "Il serpente mi ha ingannata e io ne ho mangiato".

14. Allora Dio il Signore disse al serpente: "Poiché hai fatto questo, sarai il maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le bestie selvatiche! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. – 15. Io porrò inimicizia fra te e là donna, e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno".

16. Alla donna disse: "Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli; i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito ed egli dominerà su di te". – 17. Ad Adamo disse: "Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. – 18. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; – 19. mangerai il pane con il sudore del tuo volto,finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai".

20. L'uomo chiamò sua moglie Eva, perché è stata la madre di tutti i viventi.

21. Dio il Signore fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì. – 22. Poi Dio il Signore disse: "Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre". [Disse Jéhovah Eloim: Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi per la conoscenza del bene e del male; e ora può tendere la mano e prendere dall'albero della vita (veata pen ischlach yado velakach mehetz hachayim); egli ne mangerà e vivrà eternamente.]

23. Perciò Dio il Signore mandò via l'uomo dal giardino d'Eden, perché lavorasse la terra da cui era stato tratto. – 24. Così egli scacciò l'uomo e pose a oriente del giardino d’Eden i cherubini [54] che vibravano da ogni parte uma spada fiammeggiante per custodire la via dell'albero della vita.

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[54] Dall'ebraico cherub, keroub, bue, charab, lavorare: angeli del secondo coro della prima gerarchia, che erano rappresentati con quattro ali, quattro facce e con zampe di bue.
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15. Sotto un'immagine puerile e talvolta ridicola, se ci si limita alla forma, l'allegoria nasconde spesso le più grandi verità. È forse questa, a prima vista, una favola più assurda di quella di Saturno, un dio che divora pietre, ch'egli scambia per suoi figli? Ma, contemporaneamente, che cosa di più profondamente filosofico e vero di questa figura, se ne cerchiamo il senso morale? Saturno è la personificazione del tempo. Essendo tutte le cose opera del tempo, egli è il padre di tutto ciò che esiste, nondimeno tutto si distrugge con il tempo. Saturno che divora pietre è l'emblema della distruzione, attraverso il tempo, dei corpi più duri, che sono suoi figli, poiché essi si sono formati con il tempo. E chi sfugge a tale distruzione secondo questa stessa allegoria? Giove, l'emblema dell'intelligenza superiore, del principio spirituale che è indistruttibile. Quella immagine del tempo è anzi così naturale che, nel linguaggio attuale, senza allusione alcuna alla Favola antica, di una cosa che si è deteriorata a lungo andare si dice che è stata divorata dal tempo, erosa e devastata dal tempo.

Tutta la mitologia pagana non è, in realtà, che un vasto quadro allegorico dei diversi aspetti buoni e cattivi dell'umanità. Per chi ne cerca lo spirito, è un corso completo della più alta filosofia, come accade con le nostre favole moderne. L'assurdo stava nel prendere la forma per la sostanza.

16. Altrettanto avviene con la Genesi, dove bisogna vedere grandi verità morali sotto delle figure materiali, che, se prese alla lettera, sarebbero tanto assurde quanto se, nelle nostre favole, si prendessero alla lettera le scene e i dialoghi attribuiti agli animali.

Adamo è la personificazione dell'umanità. La sua colpa individualizza la fragilità dell'uomo, nel quale predominano gli istinti materiali a cui egli non sa resistere. [55]

L'albero, come albero di vita, è l'emblema della vita spirituale; come albero della scienza è l'emblema della coscienza del bene e del male che l'uomo acquisisce, attraverso lo sviluppo della sua intelligenza e quello del libero arbitrio, in virtù del quale egli sceglie tra l'uno e l'altro. Esso indica il punto in cui l'anima dell'uomo, cessando di essere guidata dai soli istinti, prende possesso della sua libertà e s'imbatte nella responsabilità dei suoi atti.

Il frutto dell'albero è l'emblema dell'oggetto dei desideri materiali dell'uomo; è l'allegoria della cupidigia e della concupiscenza; esso riassume in un'unica figura i motivi che trascinano al male. Mangiarne vuol dire soccombere alla tentazione. L'albero si erge in mezzo al giardino di delizie, per dimostrare che la seduzione si trova in seno ai piaceri stessi e per ricordare che, se l'uomo privilegia maggiormente le gioie materiali, si lega alla Terra e si allontana dal suo destino spirituale. [56]

La morte di cui l'uomo è minacciato, nel caso egli infranga la proibizione che gli è stata rivolta, è un avvertimento circa le inevitabili conseguenze fisiche e morali, che la violazione delle leggi divine comporta, leggi che Dio ha scolpito nella sua coscienza. È ben evidente che qui non si tratta della morte corporale, poiché dopo la sua colpa Adamo visse ancora assai a lungo, bensì della morte spirituale, ovverossia della perdita dei beni che risultano dall'avanzamento morale, perdita di cui la sua espulsione dal giardino di delizie è l'immagine.

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[55] È oggi perfettamente riconosciuto che la parola ebraica haadam non è un nome proprio; essa infatti significa l'uomo in generale, l'umanità, la qual cosa distrugge completamente l'impalcatura costruita sulla personalità di Adamo.

[56] In nessun testo, il frutto è individualizzato nella mela; questo termine si trova soltanto nelle versioni infantili. Il termine del testo ebraico è peri, che ha le medesime accezioni che in francese, senza alcuna specificazione della specie cui il frutto appartiene, e può essere preso in senso materiale, morale e allegorico, in senso proprio e figurato. Presso gli Israeliti, non c'è un'interpretazione obbligatoria; quando una parola ha molte accezioni, ciascuno la intende come vuole, purché l'interpretazione non sia contraria alle regole grammaticali. La parola peri è stata tradotta in latino con malum, che si applica tanto a mela quanto a qualsiasi altra specie di frutto. Malum deriva dal greco mélon, participio del verbo mélo, interessare, curare, attirare.

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17. Il serpente, al giorno d'oggi, è ben lontano dal passare per il simbolo dell'astuzia. Qui è più in rapporto alla sua sagoma che al suo carattere; qui esso è un'allusione alla perfidia dei cattivi consigli che, come il serpente, s'insinuano, e di cui sovente, proprio per questa ragione, non si diffida. D'altronde, se il serpente, per aver ingannato la donna, è stato condannato a strisciare sul ventre, ciò vorrebbe dire che prima esso aveva delle zampe. E, allora, non si trattava più di un serpente. Perché dunque imporre alla fede semplice e ingenua dei bambini, come fossero delle verità, allegorie tanto evidenti, le quali falsando il loro giudizio, fanno sì ch'essi più tardi guarderanno alla Bibbia come a un tessuto di favole assurde?

È da notare, inoltre, che la parola ebraica nâhâsch,tradotta con la parola serpente, viene dalla radice nâhâsch che significa: fare incantesimi, divinare le cose occulte, potendo poi significare: incantatore, indovino. La si trova, in questa accezione, nella stessa Genesi, capitolo XLIV, versetti 5 e 15, a proposito della coppa, che Giuseppe fece nascondere nel sacco di Beniamino: "Non è quella la coppa dalla quale il mio signore beve e di cui si serve per trarre presagi (nâhâsch)? [57] Avete fatto male a fare questo!" — "Che azione è questa che avete fatto? Non lo sapete che un uomo come me ha il potere di indovinare (nâhâsch)?" Nel libro dei Numeri, capitolo XXIII, versetto 23: "In Giacobbe non c'è magia, in Israele non c'è divinazione; a suo tempo viene detto a Giacobbe e a Israele qual è l'opera che Dio compie". In seguito, la parola nâhâsch ha preso anche il significatodi serpente, rettile che gli incantatori pretendevano di incantare, o di cui essi si servivano nei loro incantesimi.

È soltanto nella versione dei Settanta, i quali, secondo Hutcheson, hanno corrotto il testo ebraico in molti punti, — scritta in greco nel secondo secolo prima dell'era cristiana, che la parola nâhâsch è stata tradotta con serpente. Le inesattezze di questa versione sono dovute, senza dubbio, alle modifiche che la lingua ebraica aveva nel frattempo subite. Infatti, l'ebraico di Mosè era a quel tempo una lingua morta, che differiva dall'ebraico volgare, così come il greco antico e l'arabo letterario differiscono dal greco e dall'arabo moderni. [58]

È perciò probabile che Mosè volesse rappresentare, come seduttore della donna, il desiderio indiscreto di conoscere le cose occulte, desiderio suscitato dallo Spirito di divinazione, il che si accorda con il significato primitivo della parola nâhâsch, divinare. E, d'altronde, ciò si accorda anche con queste parole: "Dio sa che non appena avrete mangiato di questo frutto, i vostri occhi si apriranno, e voi sarete come degli dei. Ella, la donna, vide che era invidiabile quell'albero per comprendere (léaskil), e prese del suo frutto". Non bisogna dimenticare che Mosè voleva proscrivere, presso gli Ebrei, l'arte della divinazione — che era in uso tra gli Egizi — come dimostra la sua proibizione di interrogare i morti e lo Spirito di Pitone (Il Cielo e l'Inferno, cap. XI).

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[57] Da questo fatto si potrebbe dedurre che la medianità per mezzo della coppa d'acqua fosse conosciuta dagli Egiziani (Rivista Spiritista, giugno 1868, p. 161).

[58] II termine nâhâsch esisteva nella lingua egiziana, con il significato di negro, probabilmente perché i negri avevano il dono degli incantesimi e della divinazione. È forse anche per questo che le sfingi, di origine assira, venivano rappresentate in figura di negro.
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18. Il passo in cui è detto: "Il Signore passeggiava nel paradiso, dopo mezzogiorno, mentre si levava un dolce vento" è un'immagine ingenua e alquanto puerile, come la critica non ha mancato di segnalare. Ma tale immagine non ha nulla che debba sorprenderci, se ci si riporta all'idea che gli Ebrei dei tempi primitivi si facevano della Divinità. Per quelle intelligenze rozze, incapaci di concepire delle astrazioni, Dio doveva rivestire una forma concreta, e di tutto perciò essi facevano riferimento all'umanità, poiché era il solo punto da essi conosciuto. Mosè perciò parlava loro come a dei fanciulli, attraverso immagini percettibili. Nel caso di cui si tratta, Dio era la potenza sovrana personificata, come i Pagani personificavano, sotto figure allegoriche, le virtù, i vizi e le idee astratte. Più tardi gli uomini hanno spogliato della sua forma l'idea, come il bambino, divenuto adulto, cerca il senso morale nei racconti con cui lo si è cullato Occorre dunque considerare quel passo come un'allegoria in cui la Divinità sorveglia di persona gli oggetti della Sua creazione. Il grande rabbino Wogue lo traduce così: "Essi udirono la voce dell'Eterno Dio, percorrere il giardino dal lato donde viene il giorno".

19. Se la colpa di Adamo è letteralmente quella di aver mangiato un frutto, essa non potrebbe incontestabilmente — per la sua natura quasi puerile — giustificare il rigore con cui tale colpa è stata punita. Né, più razionalmente, si potrebbe ammettere che questo sia proprio il fatto quale generalmente si suppone; altrimenti Dio, considerando questo fatto come un crimine imperdonabile, avrebbe condannato la sua stessa opera, poiché Egli aveva creato l'uomo per la propagazione.

Se Adamo avesse inteso in questo senso la proibizione di toccare il frutto di quell'albero e vi si fosse scrupolosamente attenuto, dove sarebbe l'umanità e che ne sarebbe stato dei disegni del Creatore?

Dio non aveva creato Adamo ed Eva perché restassero soli sulla Terra. E prova ne sono le parole stesse ch'Egli indirizza loro immediatamente dopo che erano stati formati, quando si trovavano ancora nel paradiso terrestre: "Dio li benedisse; e Dio disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta" (Genesi 1:28). Poiché la moltiplicazione dell'uomo era una legge già nel paradiso terrestre, la loro espulsione non può aver avuto come causa il fatto supposto.

Ciò che ha dato credito a questa supposizione è il sentimento di vergogna da cui Adamo ed Eva sono stati presi alla vista di Dio e che li ha portati a nascondersi. Ma questa stessa vergogna è una figura di comparazione: essa simboleggia la confusione che ogni colpevole prova in presenza di colui che egli ha offeso.

20. Qual è allora, in definitiva, questa colpa così grande che ha potuto colpire con la dannazione eterna tutti i discendenti di colui che l'ha commessa? Caino, il fratricida, non fu trattato così severamente. Nessun teologo ha potuto definire tale colpa logicamente, perché tutti, non allontanandosi dal testo alla lettera, si sono ritrovati a girare in un circolo vizioso.

Oggi noi sappiamo che questa colpa non è un atto isolato, una colpa personale limitata a un solo individuo, ma che essa comprende, sotto un unico gesto allegorico, l'insieme delle prevaricazioni di cui può rendersi colpevole l'umanità ancora imperfetta della Terra, e che si possono riassumere in queste parole: infrazione alla legge di Dio. Ecco perché la colpa del primo uomo, simbolizzando egli l'umanità, è simbolizzata essa stessa da un atto di disobbedienza.

21. Dicendo ad Adamo ch'egli trarrà il suo nutrimento dalla terra, col sudore della sua fronte, Dio simbolizza l'obbligo del lavoro. Ma perché Dio fa del lavoro una punizione? Che ne sarebbe dell'intelligenza dell'uomo, se egli non la sviluppasse attraverso il lavoro? Che ne sarebbe della terra, se essa non fosse fecondata, trasformata, bonificata dal lavoro intelligente dell'uomo?

È detto (Genesi 2:5): "Dio il Signore non aveva fatto piovere sulla terra, e non c'era alcun uomo per coltivare il suolo". Queste parole, accostate a queste altre: Riempite la Terra, dimostrano che l'uomo era, fin dall'origine, destinato a occupare tutta la Terra e a coltivarla; e dimostrano inoltre che il paradiso non era un luogo circoscritto su un angolo del globo. Se la coltivazione della terra doveva essere una conseguenza della colpa di Adamo, ne sarebbe risultato che, se Adamo non avesse peccato, la Terra sarebbe rimasta incolta, e i progetti di Dio non sarebbero stati realizzati.

Perché Dio dice alla donna che, poiché ha commesso l'errore, partorirà nel dolore? Com'è possibile che il dolore del parto sia un castigo, dal momento che è una conseguenza dell'organismo e che è fisiologicamente provato che tale dolore è necessario? In che modo una cosa, che è secondo le leggi della natura, può essere una punizione? È ciò che i teologi non hanno ancora spiegato, ed è ciò che non potranno spiegare fin quando non abbandoneranno il punto di vista in cui si sono collocati. Tuttavia quelle, parole, che sembrano così contraddittorie, possono essere giustificate.

22. Prima di tutto osserviamo che se, al momento della creazione di Adamo ed Eva, la loro anima fosse stata appena tratta dal nulla, come ci viene insegnato, essi avrebbero dovuto essere dei novizi in tutte le cose; non avrebbero cioè dovuto sapere che cosa vuol dire morire. Poiché erano soli sulla Terra, fin tanto che vissero nel paradiso terrestre, essi non avevano visto nessuno morire. Come, dunque, avrebbero potuto comprendere in che cosa consisteva la minaccia di morte che Dio faceva loro? Come Eva avrebbe potuto comprendere che partorire nel dolore sarebbe stata una punizione, dal momento che, essendo appena nata alla vita, ella non aveva mai avuto figli ed era anche la sola donna al mondo?

Le parole di Dio non dovevano perciò avere alcun senso per Adamo ed Eva. Appena tratti dal nulla, essi certamente non sapevano né perché né come ne fossero usciti. E certamente non comprendevano né il Creatore né lo scopo della proibizione che veniva loro fatta. Senza alcuna esperienza delle condizioni della vita, essi hanno peccato come dei bambini, i quali agiscono senza discernimento. Ciò rende ancora più incomprensibile la terribile responsabilità che Dio ha fatto pesare su di loro e sull'umanità tutta intera.

23. Ciò che per la teologia è un vicolo cieco, viene dallo Spiritismo spiegato, senza alcuna difficoltà e in maniera razionale, attraverso l'anteriorità dell'anima e la pluralità delle esistenze. Senza questa legge tutto è mistero e anomalia nella vita dell'uomo. Infatti, ammettiamo che Adamo ed Eva abbiano già vissuto, tutto allora si trova giustificato: Dio non parla loro come a dei fanciulli, ma come a degli esseri in condizioni di comprenderLo e che Lo comprendono, prova evidente ch'essi hanno un'esperienza anteriore. Ammettiamo, inoltre, ch'essi abbiano vissuto in un mondo più avanzato e meno materiale del nostro, dove il lavoro dello Spirito suppliva al lavoro del corpo. Ammettiamo che, per la loro ribellione alla legge di Dio, rappresentata dalla disobbedienza, essi ne siano stati esclusi ed esiliati, per punizione, sulla Terra, dove l'uomo, in conseguenza della natura del globo, è costretto a un lavoro corporale. Ammettendo tutto ciò, Dio aveva ragione di dir loro: Nel mondo in cui tu andrai ormai a vivere, "Il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno... Mangerai il pane con il sudore del tuo volto..." e rivolto alla donna: "Con dolore partorirai figli," perché tale è la condizione di quel mondo (vedere cap. XI, n. 31 e ss.).

Il paradiso terrestre, di cui inutilmente si sono cercate le tracce sulla Terra, era dunque il simbolo del mondo felice dove aveva vissuto Adamo, o piuttosto la razza degli Spiriti di cui egli è la personificazione. La cacciata dal paradiso segna dunque sia il momento in cui questi Spiriti sono venuti a incarnarsi fra gli abitanti di questo mondo, sia il cambiamento di situazione che ne è stato la conseguenza. L'angelo armato di una spada fiammeggiante, che difende l'entrata del paradiso, simboleggia l'impossibilità in cui si trovano gli Spiriti dei mondi inferiori di penetrare nei mondi superiori prima di avere meritato ciò attraverso la loro purificazione (vedere più avanti il cap. XIV, n. 8 e ss.).

24. Caino (dopo la morte di Abele) disse al Signore: "Il mio castigo è troppo grande perché io possa sopportarlo. —Tu oggi mi scacci da questo suolo e io sarò nascosto lontano dalla tua presenza, sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà, mi ucciderà". — Ma il Signore gli disse: "Ebbene, chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte più di lui". 'Il Signore mise un segno su Caino, perché nessuno, trovandolo, lo uccidesse.

Caino si allontanò dalla presenza del Signore e si stabilì nel paese di Nod, a oriente di Eden. Poi Caino conobbe sua moglie, che concepì e partorì Enoc. Quindi si mise a costruire una città, a cui diede il nome di Enoc, dal nome di suo figlio. (Genesi 4:13-17)

25. Se ci si riferisce alla traduzione alla lettera della Genesi, ecco a quali conseguenze si arriva: Adamo ed Eva erano soli nel mondo, dopo la loro espulsione dal paradiso terrestre; solo posteriormente ebbero i due figli Caino e Abele. Orbene Caino, dopo aver ucciso suo fratello ed essersi ritirato in un'altra regione, non rivide più suo padre e sua madre, i quali rimasero di nuovo soli. È solo molto tempo dopo che, all'età di centotrent'anni, Adamo ebbe un terzo figlio, chiamato Seth. Dopo la nascita di Seth, egli visse ancora, secondo la genealogia biblica, ottocento anni, ed ebbe figli e figlie.

Quando Caino andò a stabilirsi a oriente dell'Eden, non c'erano dunque sulla Terra che tre persone: suo padre e sua madre, e lui che, dal canto suo, stava solo. Tuttavia egli ebbe una donna e un bambino. Quale poteva mai essere questa donna e dove egli aveva potuto trovarla? Il testo ebraico dice: Egli stava costruendo una città, e non costruì, la qual cosa indica un'azione presente e non ulteriore. Ma una città presuppone degli abitanti, poiché non è da supporre che Caino l'abbia costruita per sé, per sua moglie e per suo figlio, né che abbia potuto edificarla da solo.

Bisogna quindi dedurre, da questo racconto, che la regione fosse popolata. Però non poteva esserlo da parte dei discendenti di Adamo, che allora non aveva altri che Caino.

La presenza di altri abitanti risulta egualmente da queste parole di Caino: "Sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, così chiunque mi troverà mi ucciderà", e dalla risposta che gli dà Dio. Da chi poteva egli temere d'essere ucciso? E a che pro il segno che Dio mise su di lui per proteggerlo, dal momento che non avrebbe dovuto incontrare nessuno? Se dunque sulla Terra c'erano altri uomini al di fuori della famiglia di Adamo, il fatto è che c'erano prima di lui. Da ciò si deduce questa conseguenza, tratta dallo stesso testo della Genesi: Adamo non è né il primo né l'unico padre del genere umano (vedere cap. XI, n. 34). [59]

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[59] Questa idea non è nuova. La Peyrère, saggio teologo del diciassettesimo secolo, nel suo libro sui Preadamiti, scritto in latino e pubblicato nel 1655, ha tratto dal testo stesso della Bibbia, snaturato dalle traduzioni, la prova evidente che la Terra era popolata prima della venuta di Adamo. Questa è, al giorno d'oggi, l'opinione di molti illuminati ecclesiastici.
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26. Occorrevano le conoscenze che lo Spiritismo ha apportato — abbordando i rapporti del principio spirituale e del principio materiale — riguardo alla natura dell'anima, alla sua creazione in stato di semplicità e ignoranza, alla sua unione con il corpo, al suo cammino progressivo e indefinito attraverso esistenze consecutive e attraverso i mondi che sono altrettanti gradini sulla via del perfezionamento, al suo affrancamento graduale dall'influenza della materia attraverso l'uso del suo libero arbitrio, alla causa delle sue inclinazioni buone o cattive e delle attitudini, al fenomeno della nascita e della morte, allo stato dello Spirito nella erraticità e, infine, riguardo all'avvenire che è il premio dei suoi sforzi per migliorarsi e della sua perseveranza nel bene: occorrevano queste conoscenze per gettare la luce su tutte le parti della Genesi spirituale.

Grazie a questa luce, l'uomo sa ormai da dove viene e dove va, perché è sulla Terra e perché soffre. Sa che il suo avvenire è nelle sue mani e che la durata della sua prigionia sulla Terra dipende da lui stesso. La Genesi, allontanatasi dall'allegoria limitata e gretta, gli appare grande e degna della maestà, della bontà e della giustizia del Creatore. Considerata da questo punto di vista, la Genesi turberà l'incredulità e trionferà.






I Miracoli



Capitolo XIII - CARATTERI DEI MIRACOLI



I miracoli in senso teologico

1. Nella sua accezione etimologica, la parola miracolo (da mirari, ammirare) significa: ammirevole, cosa straordinaria, sorprendente. L'Accademia ha così definito questa parola: Un atto del potere divino contrario alle leggi conosciute della natura.

Nella sua abituale accezione, questa parola ha perduto, come tante altre, il suo primitivo significato. Da generale che era, la parola miracolo è andata via via limitandosi a un ordine particolare di fatti. Nel pensiero delle masse, un miracolo implica l'idea di un fatto soprannaturale; in senso teologico, è una deroga alle leggi della natura, attraverso cui Dio manifesta la sua potenza. Tale è in effetti la sua accezione volgare, divenuta il suo stesso significato, ed è solo per confronto e per metafora che la si applica alle circostanze ordinarie della vita.

Una delle caratteristiche del miracolo propriamente detto è quella di essere inspiegabile, per il fatto stesso ch'esso avviene al di fuori delle leggi naturali. E questa idea è talmente legata al miracolo che, se un fatto miracoloso giunge a trovare una sua spiegazione, si dice allora che questo non è più un miracolo, per quanto sorprendente esso possa apparire. Ciò che dà, per la Chiesa, valore ai miracoli è esattamente la loro origine soprannaturale e l'impossibilità di spiegarli. La Chiesa è così saldamente attaccata a questa prerogativa, che ogni assimilazione dei miracoli ai fenomeni della natura viene tacciata di eresia, di attentato contro la fede. La Chiesa ha scomunicato e persino bruciato sul rogo persone che non avevano voluto credere a certi miracoli.

Un'altra caratteristica del miracolo è quella di essere insolito, isolato ed eccezionale. Dal momento che un fenomeno si riproduce, sia spontaneamente sia per un atto della volontà, significa che è sottoposto a una legge e che, di conseguenza, — sia questa legge nota o no — quello non può essere un miracolo.

2. La scienza fa ogni giorno miracoli agli occhi degli ignoranti. Che un uomo realmente morto sia richiamato in vita da un intervento divino, questo sì è un vero miracolo, perché è un fatto contrario alle leggi della natura. Ma se questo uomo non ha che le apparenze della morte, se c'è ancora in lui un resto di vitalità latente, e se la scienza o un'azione magnetica intervengono per rianimarlo, per le persone illuminate è un fenomeno normale, ma agli occhi del volgo ignorante il fatto passerà per un miracolo. Quando in mezzo a certe campagne un fisico lancia un cervo volante elettrico e fa cadere il fulmine su un albero, questo nuovo Prometeo sarà certamente ritenuto armato di un diabolico potere. Ma quando Giosuè arresta il movimento del Sole, o piuttosto della Terra, e se ne ammette il fatto, ecco il vero miracolo, poiché non esiste alcun magnetizzatore dotato d'una così grande potenza da operare un tale prodigio.

I secoli dell'ignoranza sono stati fecondi in miracoli, poiché tutto ciò la cui causa fosse sconosciuta passava per soprannaturale. Nella misura in cui la scienza ha rivelato nuove leggi, il cerchio del meraviglioso si è ristretto. Ma siccome la scienza non aveva ancora esplorato tutto il campo della natura, una assai vasta parte restava ancora riservata al meraviglioso.

3. Il meraviglioso, espulso dal dominio della materialità da parte della scienza, si è trincerato in quello della spiritualità, che è stato il suo ultimo rifugio. Lo Spiritismo, dimostrando che l'elemento spirituale è una delle forze vive della natura — forza che agisce incessantemente in concorso con la forza materiale — fa rientrare i fenomeni che ne derivano nella cerchia degli effetti naturali, poiché, come gli altri, essi sono sottomessi a delle leggi. Se il meraviglioso viene espulso dalla spiritualità esso non ha più ragion d'essere, ed è allora soltanto che si potrà dire che il tempo dei miracoli è passato (cap. I, n. 18).




Lo Spiritismo non fa miracoli

4. Lo Spiritismo dunque viene per fare, a sua volta, ciò che ogni scienza ha fatto al suo apparire: rivelare nuove leggi e, di conseguenza, spiegare i fenomeni alla luce di queste leggi.

Questi fenomeni, è vero, si ricollegano all'esistenza degli Spiriti e al loro intervento nel mondo materiale. Orbene, si dice, è qui che sta il soprannaturale. Ma allora bisognerebbe provare che gli Spiriti e le loro manifestazioni sono contrari alle leggi della natura: cosa che non è, né può essere l'azione di alcuna di queste leggi.

Lo Spirito altro non è se non l'anima che sopravvive al corpo; è l'essere principale poiché non muore, mentre il corpo è solo un accessorio che si distrugge. La sua esistenza è dunque del tutto naturale sia dopo sia durante l'incarnazione. L'anima è sottoposta alle leggi che reggono il principio spirituale, come il corpo è sottoposto a quelle che reggono il principio materiale. Ma siccome questi due principi hanno una necessaria affinità, per cui reagiscono incessantemente l'uno sull'altro e dalla loro azione simultanea risultano il movimento e l'armonia dell'insieme, ne consegue che la spiritualità e la materialità sono le due parti d'un medesimo tutto, naturale l'uno quanto l'altra, e che la spiritualità non è un'eccezione né un'anomalia nell'ordine delle cose.

5. Durante la sua incarnazione, lo Spirito agisce sulla materia tramite il suo corpo fluidico o perispirito; la stessa cosa avviene al di fuori dell'incarnazione. Lo Spirito, in quanto Spirito e nella misura delle sue capacità, fa ciò che faceva in quanto uomo. Soltanto che, poiché non ha più il suo corpo carnale come strumento, si serve, qualora ciò sia necessario, degli organi materiali di un incarnato, il quale diventa quello che viene chiamato medium. Egli fa come colui che, non potendo scrivere lui stesso, si serve della mano di un segretario; oppure fa come quello che, non conoscendo una certa lingua, si serve di un interprete. Un segretario, un interprete sono i medium di un incarnato, così come il medium è il segretario o l'interprete di uno Spirito.

6. Tuttavia, poiché l'ambiente nel quale agiscono gli Spiriti e i modi di attuazione non sono più i medesimi dello stato d'incarnazione, anche gli effetti sono differenti. Questi effetti sembrano soprannaturali soltanto perché si producono con l'aiuto di agenti che non sono quelli di cui noi ci serviamo. Ma dal momento che tali agenti sono nella natura, e che le manifestazioni avvengono in virtù di certe leggi, non v'è nulla di soprannaturale né di meraviglioso. Prima di conoscere le proprietà dell'elettricità, i fenomeni elettrici passavano per dei prodigi agli occhi di certa gente; ma non appena la causa fu conosciuta, il meraviglioso scomparve. La stessa cosa avviene per i fenomeni spiritisti che non escono dall'ordine delle leggi naturali più di quanto non ne escano i fenomeni elettrici, acustici, luminosi e altri, che sono stati all'origine di un numero immenso di credenze superstiziose.

7. Nondimeno, si dirà, voi ammettete che uno Spirito può sollevare una tavola e mantenerla nello spazio senza alcun punto d'appoggio. Ciò non è forse una deroga alla legge di gravità? — Sì, alla legge di gravità conosciuta. Ma si conoscono forse tutte le leggi? Prima che si sperimentasse la forza ascensionale di certi gas, chi avrebbe mai detto che una pesante macchina, carica di parecchi uomini, avrebbe potuto aver ragione della forza di attrazione? Agli occhi del volgo, ciò non doveva sembrare meraviglioso, diabolico? Colui che avesse proposto, un secolo fa, di trasmettere un dispaccio a cinquecento leghe di distanza e di riceverne la risposta entro pochi minuti, sarebbe passato per un folle. Se egli l'avesse fatto, si sarebbe creduto che aveva il diavolo ai suoi ordini, poiché solo il diavolo poteva, allora, essere capace di andare così veloce. Mentre, al giorno d'oggi, la cosa è non solo riconosciuta possibile, ma appare del tutto naturale. Perché dunque un fluido sconosciuto non dovrebbe avere la proprietà, in determinate circostanze, di controbilanciare l'effetto del peso, così come l'idrogeno controbilancia il peso del pallone? È in effetti, ciò che ha luogo nel caso di cui si tratta (Il libro dei Medium, cap. IV).

8. I fenomeni spiritisti, facendo parte della natura, si sono verificati in tutti i tempi. Ma proprio perché il loro studio non poteva farsi con i mezzi materiali di cui dispone la scienza volgare, essi sono rimasti, per un tempo più lungo di altri nel dominio del soprannaturale, da dove oggi li fa uscire lo Spiritismo.

Il soprannaturale, basato su apparenze inspiegabili, lascia liberocorso all'immaginazione, la quale, vagando nell'ignoto, genera così le credenze superstiziose. Una spiegazione razionale fondata sulle leggi della natura, riconducendo l'uomo sul terreno della realtà, fissa un punto d'arresto agli sviamenti dell'immaginazione e distrugge le superstizioni. Lungi dall'ampliare il dominio del soprannaturale, lo Spiritismo lo restringe fino ai suoi estremi limiti e lo sradica dal suo ultimo rifugio. Se esso fa credere alla possibilità di certi fatti, impedisce che si possa credere a molti altri, perché dimostra nel campo della spiritualità — come la scienza nel campo della materialità — ciò che è possibile e ciò che non lo è. Tuttavia, siccome non ha la pretesa di avere l'ultima parola su tutte le cose, neppure su quelle che sono di sua competenza, non si pone affatto nella posizione di regolatore assoluto del possibile e tiene conto delle conoscenze che l'avvenire riserva.

9. I fenomeni spiritisti consistono nei diversi modi di manifestazione dell'anima o Spirito, sia durante l'incarnazione sia nello stato di erraticità. È attraverso le sue manifestazioni che l'anima rivela la sua esistenza, la sua sopravvivenza e la sua individualità; la si giudica dai suoi effetti: essendo naturale la causa, egualmente lo è l'effetto. Sono questi effetti che costituiscono l'oggetto speciale delle ricerche e dello studio dello Spiritismo, al fine di arrivare alla conoscenza, quanto più completa possibile, della natura e degli attributi dell'anima, come pure delle leggi che reggono il principio spirituale.

10. Per coloro che negano l'esistenza del principio spirituale indipendente e, di conseguenza, l'esistenza dell'anima, individuale e sopravvivente, tutta la natura è nella materia tangibile. Tutti i fenomeni che si ricollegano alla spiritualità sono, ai loro occhi, soprannaturali e perciò chimerici; non ammettendo la causa, essi non possono ammetterne l'effetto. E, allorché gli effetti sono palesi, essi li attribuiscono all'immaginazione, all'illusione, all'allucinazione e si rifiutano di approfondirli. Da qui nasce in loro un'opinione preconcetta che li rende incapaci di giudicare rettamente lo Spiritismo, poiché essi partono dal principio della negazione di tutto ciò che non è materiale.

11. Per il fatto che lo Spiritismo ammetta gli effetti che sono la conseguenza dell'esistenza dell'anima, non ne consegue necessariamente ch'esso accetti tutti gli effetti qualificati come meravigliosi, né che intenda giustificarli e accreditarli, né che sostenga tutti i sognatori, tutte le utopie, tutte le eccentricità sistematiche, tutte le leggende miracolose; bisognerebbe conoscere ben poco lo Spiritismo per pensare così. Gli avversari dello Spiritismo credono di opporgli un argomento che non ammette repliche, quando, dopo aver fatto erudite ricerche sui convulsionari di Saint-Médard, sui camisardi delle Cévennes o sui religiosi di Loudun, sono arrivati a scoprire palesi fatti di sopraffazione che nessuno contesta; ma queste storie sono forse il vangelo dello Spiritismo? I suoi adepti hanno forse mai negato che la ciarlataneria abbia utilizzato certi fatti a suo stesso vantaggio, che altri ne abbia creati l'immaginazione e che molti altri ne abbia esagerati il fanatismo? Lo Spiritismo non è solidale con le stravaganze, che si possono commettere in suo nome, più di quanto la vera scienza non lo sia con gli abusi dell'ignoranza, né la vera religione con gli eccessi del fanatismo. Molti critici giudicano lo Spiritismo solo attraverso le favole e le leggende popolari, che sono finzioni. Tanto varrebbe, a questa stessa stregua, giudicare la storia attraverso i romanzi storici o le tragedie.

12. I fenomeni spiritisti sono il più delle volte spontanei e si producono, senza alcuna idea preconcetta, presso quelle persone che meno vi pensano. In certe circostanze accade che possono essere provocati da agenti designati con il nome di medium. Nel primo caso, il medium è inconsapevole di quanto si produce attraverso la sua mediazione; nel secondo caso il medium agisce con cognizione di causa: da qui la distinzione tra medium consci e medium inconsci. Questi ultimi sono i più numerosi e s'incontrano spesso tra gli increduli più ostinati, che praticano così lo Spiritismo senza saperlo e senza volerlo. I fenomeni spontanei hanno, per questa stessa ragione, un'importanza capitale, dal momento che non si può sospettare della buona fede di coloro che li ottengono. Avviene, qui, la stessa cosa che avviene col sonnambulismo, che presso certi individui è naturale e involontario e presso altri viene provocato con l'azione magnetica. [60]

Ma che questi fenomeni siano o non siamo il risultato di un atto della volontà, la causa prima è esattamente la stessa, e non ci si allontana affatto dalle leggi naturali. I medium non producono, perciò, assolutamente nulla di soprannaturale; di conseguenza essi non fanno alcun miracolo. Le stesse guarigioni improvvise non sono più miracolose di altri effetti, poiché esse sono dovute all'azione di un agente fluidico che svolge il ruolo di agente terapeutico, le cui proprietà non sono meno naturali per il fatto di essere rimaste sconosciute fino a oggi. L'appellativo di taumaturghi, che viene dato a certi medium da una certa critica, la quale ignora i principi dello Spiritismo, è dunque del tutto improprio; la qualifica di miracoli, data in parallelo a questa specie di fenomeni, non può che indurre in errore circa il loro vero carattere.

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[60] Il libro dei Medium, cap. V; Rivista Spiritista, esempi nei numeri di: dicembre 1865, pag. 370; agosto 1865, pag. 231.
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13. L'intervento di intelligenze occulte nei fenomeni spiritisti non rende questi più miracolosi di tutti gli altri fenomeni che sono dovuti ad agenti invisibili. Infatti questi esseri occulti che popolano gli spazi sono potenze della natura, e la loro azione è incessante tanto sul mondo materiale quanto sul mondo morale.

Lo Spiritismo, illuminandoci su questo potere, ci dà la chiave di una miriade di cose non spiegate e inspiegabili con ogni altro mezzo, e che sono potute passare, nei secoli scorsi, per dei prodigi. Lo Spiritismo rivela, allo stesso modo che il magnetismo, una legge che, se non proprio sconosciuta, era stata certamente mal compresa; o per meglio dire, di essa si conoscevano gli effetti perché si erano prodotti in ogni tempo, ma non se ne conosceva la legge, ed è stata l'ignoranza di questa legge che ha generato la superstizione. Conosciuta questa legge, il meraviglioso scompare, e i fenomeni rientrano nell'ordine delle cose naturali. Ecco perché gli Spiritisti non fanno miracoli facendo ruotare una tavola o facendo scrivere i trapassati, più di quanto non ne faccia un medico quando riporta in vita un moribondo, o un fisico quando fa cadere il fulmine. Colui che pretendesse, con l'aiuto di tale scienza, di fare dei miracoli sarebbe o un ignorante riguardo a tale argomento o un artefice d'inganni.

14. Poiché lo Spiritismo ripudia ogni pretesa sulle cose miracolose, esistono al di fuori di esso, dei miracoli nell'accezione usuale del termine?

Diciamo, prima di tutto, che, tra i fatti reputati miracolosi, che si sono verificati prima dell'avvento dello Spiritismo e che ancora si verificano ai nostri giorni, la maggior parte, se non tutti, trovano la loro spiegazione nelle nuove leggi che lo Spiritismo è venuto a rivelare. Questi fatti rientrano dunque, benché sotto un altro nome, nell'ordine dei fenomeni spiritisti e come tali non hanno niente di soprannaturale. È chiaro che si tratta qui solo di fatti autentici, e non di quelli che, sotto il nome di miracoli, sono il prodotto di una indegna ciarlataneria col proposito di sfruttare una certa credulità. Né si tratta qui di certi fatti leggendari, che possono aver avuto, in origine, un fondo di verità, ma che la superstizione ha amplificati fino all'assurdo. È su questi fatti che lo Spiritismo viene a gettare luce, dando i mezzi per separare l'errore dalla verità.




Dio fa miracoli?

15. Quanto ai miracoli propriamente detti, Dio può senza dubbio farne, nulla essendo a Lui impossibile. Ne ha fatti? In altri termini: deroga Egli alle leggi che ha stabilito? Non sta all'uomo giudicare gli atti della Divinità e subordinarli alla fragilità della sua intelligenza. Tuttavia noi abbiamo, come criterio di giudizio riguardo alle cose divine, i medesimi giudizi di Dio. Al sovrano potere Egli aggiunge la sovrana saggezza, per cui bisogna concludere che nulla fa Dio d'inutile.

Perché mai, dunque, farebbe Egli dei miracoli? Per attestare il Suo potere, si dice. Ma il potere di Dio non si manifesta forse in maniera ben altrimenti sorprendente attraverso l'insieme grandioso delle opere della creazione, attraverso la previdente saggezza che presiede alle sue più infime parti come a quelle più alte, e attraverso l'armonia delle leggi che reggono l'universo, piuttosto che attraverso alcune piccole e infantili deroghe che ogni saltimbanco sa imitare? Che cosa si direbbe di uno scienziato della meccanica, il quale, per provare la sua abilità, distruggesse l'orologio ch'egli ha costruito e che è un capolavoro della scienza, al fine di dimostrare ch'egli può disfare ciò che ha fatto? Il suo sapere non risulta forse, al contrario, dalla regolarità e dalla precisione del movimento?

La questione dei miracoli propriamente detti non è quindi di competenza dello Spiritismo. Ma basandosi esso sul ragionamento secondo cui Dio non fa niente d'inutile, esprime questa opinione: Non essendo i miracoli necessari alla glorificazione di Dio, niente nell'universo si allontana dalle leggi generali. Dio non fa miracoli perché, essendo le Sue leggi perfette, Egli non ha bisogno di derogarvi. Se ci sono dei fatti che noi non comprendiamo, è perché ci mancano ancora le conoscenze necessarie.

16. Ammettendo che Dio abbia potuto accidentalmente derogare, per ragioni che noi non possiamo valutare, alle leggi ch'Egli ha stabilito, tali leggi non potrebbero più essere immutabili. Nondimeno è razionale pensare che Dio solo ha questo potere. Senza negarGli l'onnipotenza, non si potrebbe ammettere che sia concesso allo Spirito del male di distruggere l'opera di Dio, operando, dal canto suo, dei prodigi capaci di sedurre perfino gli eletti, poiché questo implicherebbe l'idea di un potere uguale a quello di Dio. Questo è, tuttavia, ciò che si insegna. Se Satana ha il potere di interrompere, senza il permesso di Dio, il corso delle leggi naturali, che sono l'opera divina, egli allora è più potente di Dio: dunque Dio non possiede l'onnipotenza. Se poi Dio ha delegato a Satana, come si pretende, questo potere per indurre più facilmente gli uomini al male, Dio non possiede allora la sovrana bontà. Nell'uno e nell'altro caso c'è la negazione di uno degli attributi senza i quali Dio non sarebbe Dio.

Così la Chiesa distingue tra miracoli buoni, quelli che vengono da Dio, e miracoli cattivi, quelli che vengono da Satana. Ma come stabilire una simile differenza? Che un miracolo sia satanico o divino, non per questo è una minore deroga alle leggi emanate solo da Dio. Se un individuo è guarito in modo cosiddetto miracoloso, sia per opera di Dio, sia per opera di Satana, non cesserà per questo di essere guarito. Bisogna avere una ben gretta idea dell'intelligenza umana per sperare che simili dottrine possano venire accettate ai nostri giorni.

Essendo riconosciuta la possibilità di alcuni fatti reputati miracolosi, bisogna concluderne che, qualunque sia la fonte che viene a essi attribuita, sono effetti naturali di cui Spiriti o incarnati possono servirsi — come d'altronde di tutto, come della propria intelligenza o delle conoscenze scientifiche di cui dispongono — per il bene o per il male, secondo la loro bontà o la loro perversità. Un essere perverso, mettendo a profitto il suo sapere, può dunque fare delle cose che passano per prodigi agli occhi degli ignoranti. Ma quando questi effetti hanno per risultato un qualsiasi bene, sarebbe illogico attribuire loro un'origine diabolica.


17. Ma — si dice — la religione si basa su fatti che non sono né spiegati né spiegabili. Inspiegati, può essere; ma inspiegabili è tutta un'altra questione. Si conoscono forse le scoperte e le conoscenze che ci riserva l'avvenire? Senza parlare del miracolo della Creazione, il più grande di tutti senza possibile contestazione e che oggi è rientrato nel campo della legge universale, non si vedono forse già, sotto il dominio del magnetismo, del sonnambulismo, dello Spiritismo, riprodursi le estasi, le visioni, le apparizioni, le percezioni a distanza, le guarigioni improvvise, le sospensioni, le comunicazioni orali e altre ancora con gli esseri del mondo invisibile? E questi fenomeni, conosciuti da tempo immemorabile, non erano forse una volta considerati come meravigliosi, mentre oggi si è dimostrato ch'essi appartengono all'ordine delle cose naturali, secondo la legge costitutiva degli esseri? I libri sacri sono pieni di fatti di questo genere, qualificati come soprannaturali; ma, siccome se ne trovano di analoghi e di ancora più meravigliosi in tutte le religioni pagane dell'antichità, se la verità di una religione dipendesse dal numero e dalla natura di questi fatti, non si potrebbe dire quale prevarrebbe.




Il soprannaturale e le religioni

18. Pretendere che il soprannaturale sia il fondamento necessario di ogni religione e che sia la chiave di volta dell'edificio cristiano è voler sostenere una tesi dannosa. Se si fanno poggiare le verità del Cristianesimo sulla sola base del meraviglioso, significa dargli un supporto fragile, le cui pietre si distaccheranno giorno dopo giorno. Questa tesi, della quale eminenti teologi si sono resi difensori, conduce direttamente a questa conclusione: in un tempo determinato, non sarà più possibile alcuna religione, neppure la religione cristiana, se ciò che è considerato come soprannaturale è mostrato come naturale; si avrà infatti un bell'affastellare argomenti, ma non si arriverà comunque a mantenere la credenza che un fatto è miracoloso, quando è dimostrato che non lo è. Orbene, la prova che un fatto non è un'eccezione nelle leggi della natura, si ha allorché tale fatto può essere spiegato attraverso queste stesse leggi, e allorché, potendo riprodursi attraverso la mediazione di un qualsiasi individuo, cessa di essere privilegio dei santi. Non è il soprannaturale che è necessario alle religioni, bensì il principio spirituale, a torto confuso con il meraviglioso, e senza il quale non c'è religione possibile.

Lo Spiritismo considera la religione cristiana da un punto di vista più elevato; le dà una base più solida di quella dei miracoli: le immutabili leggi di Dio, che reggono tanto il principio spirituale quanto il principio materiale. Questa base sfida il tempo e la scienza, poiché il tempo e la scienza la confermeranno.

Dio non diventa meno degno della nostra ammirazione, della nostra riconoscenza, del nostro rispetto, per non aver derogato alle Sue leggi, grandi soprattutto per la loro immutabilità. Non c'è bisogno del soprannaturale per rendere a Dio il culto che Gli è dovuto. La natura non è di per sé stessa abbastanza imponente? Che cosa bisogna ancora aggiungervi per provare la suprema potenza? La religione troverà tanto meno increduli, quanto più essa sarà in tutti i suoi punti sanzionata dalla ragione. Il Cristianesimo non ha nulla da perdere con una tale sanzione; al contrario, esso non può che guadagnarci. Se qualcosa ha potuto nuocergli, secondo l'opinione di certa gente, è proprio l'abuso del meraviglioso e del soprannaturale.

19. Se si prende la parola miracolo nella sua accezione etimologica, nel senso di cosa ammirevole, noi abbiamo continuamente dei miracoli sotto gli occhi; noi li respiriamo nell'aria e li calpestiamo sotto i nostri passi, perché tutto è miracolo nella natura.Al popolo, agli ignoranti, ai poveri di spirito vogliamo dare un'idea della potenza di Dio? Dobbiamo mostrarla loro nella saggezza infinita che a tutto presiede; nell'ammirevole organismo di tutto ciò che vive; nella fruttificazione delle piante; nella idoneità — di tutte le parti di ciascun essere — alle sue necessità, a seconda dell'ambiente in cui ciascuno è chiamato a vivere. Dobbiamo mostrare loro l'azione di Dio nel filo d'erba, nel fiore che sboccia, nel sole che tutto vivifica. Dobbiamo mostrare loro la bontà di Dio nella Sua sollecitudine verso tutte le creature, per quanto infime esse possano essere; la Sua previdenza nella ragion d'essere di tutte le cose, nessuna delle quali è inutile; nel bene che sempre proviene da un male apparente e momentaneo. Facciamo loro comprendere, soprattutto, che il male reale è opera dell'uomo e non di Dio. Cerchiamo di non spaventarli con il quadro delle fiamme eterne, a cui finirebbero per non credere più e che li indurrebbe a dubitare della bontà di Dio. Incoraggiamoli, piuttosto, dando loro la certezza di potersi riscattare un giorno, riparando al male che hanno potuto commettere. Mostriamo loro le scoperte della scienza come rivelazioni delle leggi divine e non come l'opera di Satana. Insegniamo loro, infine, a leggere nel libro della natura, continuamente aperto davanti a loro; in questo libro inesauribile, dove la saggezza e la bontà del Creatore sono scritte a ogni pagina. Allora essi comprenderanno che un Essere tanto grande, che si occupa di tutto, che veglia su tutto, che tutto prevede, deve essere sovranamente potente. Il contadino lo vedrà mentre traccia il solco, l'infelice lo benedirà in mezzo alle sue afflizioni, perché si dirà: "Se io sono infelice, è per colpa mia". Allora gli uomini saranno veramente religiosi, soprattutto razionalmente religiosi, assai più che credendo a pietre che trasudino sangue o a statue che sbattano le palpebre e versino lacrime.





Capitolo XIV - I FLUIDI



I - Natura e proprietà dei fluidi



Elementi fluidici

1. La scienza ha risolto la questione dei miracoli, che più particolarmente derivano dall'elemento materiale, sia spiegandoli, sia dimostrandone l'impossibilità, per mezzo delle leggi che reggono la materia. Ma i fenomeni, in cui l'elemento spirituale ha una parte preponderante, non potendo essere spiegati attraverso le sole leggi della natura, sfuggono alle investigazioni della scienza: è per questa ragione che essi, più degli altri fenomeni, hanno i caratteri apparenti del meraviglioso. È dunque nelle leggi che reggono la vita spirituale che si può trovare la spiegazione dei miracoli di questa categoria.

2. Il fluido cosmico universale è, come è stato dimostrato, la materia elementare primitiva, le cui modificazioni e trasformazioni costituiscono l'innumerevole varietà dei corpi della natura (cap. X). In quanto principio elementare universale, esso presenta due stati distinti: quello di eterizzazione o d'imponderabilità, che può considerarsi come lo stato normale primitivo, e quello di materializzazione o di ponderabilità, il quale non è, in un certo senso, che quello consecutivo. Il punto intermedio è quello della trasformazione del fluido in materia tangibile. Ma, anche qui non c'è una transizione brusca, poiché possiamo considerare i nostri fluidi imponderabili come un termine intermedio tra i due stati (cap. IV, n. 10 e ss.).

Ciascuno di questi due stati dà necessariamente luogo a dei fenomeni speciali: al secondo appartengono quelli del mondo visibile, al primo quelli del mondo invisibile. Gli uni, detti fenomeni materiali, sono di competenza della scienza propriamente detta; gli altri, qualificati col nome di fenomeni spirituali o psichici, perché sono legati in modo più specifico all'esistenza degli Spiriti, rientrano nelle attribuzioni dello Spiritismo. Ma, siccome la vita spirituale e la vita corporale sono incessantemente in contatto, i fenomeni di questi due ordini si presentano sovente simultaneamente. L'uomo, nello stato d'incarnazione, può avere la percezione soltanto dei fenomeni psichici, che sono legati alla vita corporale. Quelli che sono di dominio esclusivo della vita spirituale sfuggono ai sensi materiali e non possono essere percepiti che allo stato di Spiriti. [61]

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[61] La denominazione di fenomeno psichico dà un'idea più esatta, rispetto alla denominazione di fenomeno spirituale, dato che questi fenomeni poggiano sulle proprietà e sugli attributi dell'anima o meglio dei fluidi perispiritistici, che sono inseparabili dall'anima. Questa qualificazione li collega più intimamente all'ordine dei fatti naturali, retti da leggi; si possono quindi considerare come effetti psichici, senza ammetterli a titolo di miracoli.
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3. Allo stato di eterizzazione, il fluido cosmico non è uniforme. Senza cessare di essere etereo, esso subisce anche delle modificazioni varie nel loro genere e più numerose, forse, di quelle allo stato di materia tangibile. Queste modificazioni costituiscono dei fluidi distinti che, benché procedano dal medesimo principio, sono dotati di speciali proprietà e danno luogo ai fenomeni particolari del mondo invisibile.

Essendo tutto relativo, questi fluidi hanno per gli Spiriti, che sono essi stessi fluidici, un'apparenza materiale quanto quella degli oggetti tangibili per gli incarnati, e sono per loro ciò che sono per noi le sostanze dal mondo terrestre. Essi li elaborano, li combinano per produrre determinati effetti, come fanno gli uomini con i loro materiali, anche se con procedimenti differenti.

Ma anche là, come sulla Terra, solo agli Spiriti più illuminati è concesso comprendere il molo costitutivo del proprio mondo. Gli ignoranti del mondo invisibile sono incapaci di spiegarsi i fenomeni di cui sono testimoni e ai quali essi partecipano, spesso macchinalmente, quanto gli ignoranti della Terra lo sono nello spiegare gli effetti della luce e dell'elettricità o nel descrivere come essi li vedono o li intendono.

4. Gli elementi fluidici del mondo spirituale sfuggono ai nostri strumenti d'analisi e alla percezione dei nostri sensi, fatti per la materia tangibile e non per la materia eterea. Lo stesso accade per coloro che appartengono a un ambiente talmente diverso dal nostro, che noi non riusciamo a giudicarli se non con paragoni imperfetti quanto quelli con cui un nato cieco cerca di farsi un'idea della teoria dei colori.

Ma, fra questi fluidi, alcuni sono intimamente legati alla vita corporale e appartengono in qualche modo all'ambiente terreno. In mancanza di una percezione diretta se ne possono osservare gli effetti, come si osservano quelli del fluido della calamita, fluido che nessuno ha mai visto, e acquisire così sulla loro natura delle conoscenze d'una certa precisione. Questo studio è essenziale, perché è la chiave di una infinità di fenomeni che non si riescono a spiegare attraverso le sole leggi della materia.

5. Il punto di partenza del fluido universale è il grado di purezza assoluta, della quale niente può darci un'idea. Il punto opposto è quello in cui tale fluido si trasforma in materia tangibile. Tra questi due estremi, esistono innumerevoli trasformazioni che si avvicinano più o meno ora all'uno ora all'altro estremo. I fluidi più vicini alla materialità, e di conseguenza i meno puri, compongono ciò che si può chiamare l'atmosfera spirituale terrestre. È in questo ambiente, dove egualmente vari sono i gradi di purezza, che gli Spiriti incarnati o disincarnati di questo pianeta attingono gli elementi necessari all'economia della loro esistenza. Quei fluidi, per quanto siano per noi sottili e impalpabili, non cessano per questo di essere di natura grossolana comparativamente ai fluidi eterei delle regioni superiori.

Lo stesso accade sulla superficie di tutti i mondi, eccezion fatta per le differenze di costituzione e le condizioni di vitalità, proprie di ciascuno individuo. Meno la vita su questi mondi è materiale, meno i fluidi spirituali hanno affinità con la materia propriamente detta.

La qualifica di fluidi spirituali non è rigorosamente esatta, poiché in definitiva si tratta sempre della materia, più o meno quintessenziata. Di realmente spirituale non vi è che l'anima o principio intelligente. Li si designa così in senso relativo e in ragione soprattutto della loro affinità con gli Spiriti. Si può dire che sono la materia del mondo spirituale: è per questo che li si chiama fluidi spirituali.

6. Chi, d'altronde, conosce la costituzione intima della materia tangibile? Essa non può essere che compatta in rapporto ai nostri sensi, e ciò sarebbe provato sia dalla facilità con la quale essa è attraversata dai fluidi spirituali, sia dagli Spiriti, ai quali essa non oppone ostacolo più di quanto i corpi trasparenti non ne oppongano alla luce.

La materia tangibile, che ha per elemento primitivo il fluido cosmico etereo, deve poter ritornare, disgregandosi, allo stato di eterizzazione, così come il diamante, il più duro dei corpi, può volatilizzarsi in gas impalpabile. La solidificazione della materia non è in realtà che uno stato transitorio del fluido universale, che può ritornare al suo stato primitivo quando le condizioni di coesione cessano di esistere.

Chissà se la materia, anche allo stato di tangibilità, è suscettibile di acquisire una sorta di eterizzazione che le donerebbe delle proprietà particolari. Certi fenomeni, che sembrano autentici, tenderebbero a farlo supporre. Noi non possediamo finora che i punti essenziali del mondo invisibile, e l'avvenire ci riserva senza dubbio la conoscenza di nuove leggi che ci permetteranno di comprendere ciò che per noi è ancora un mistero.




Formazione e proprietà del perispirito

7. Il perispirito, o corpo fluidico degli Spiriti, è uno dei prodotti più importanti del fluido cosmico; è una condensazione di questo fluido attorno a un focolaio d'intelligenza o anima. Si è visto che il corpo carnale ha egualmente il suo principio in questo medesimo fluido trasformato e condensato in materia tangibile. Nel perispirito, la trasformazione molecolare si attua in modo diverso, perché il fluido conserva la sua imponderabilità e le sue qualità eteree. Il corpo perispiritistico e il corpo carnale hanno dunque la loro origine nel medesimo elemento primitivo; l'uno e l'altro sono materia, benché sotto due differenti stati.

8. Gli Spiriti traggono il loro perispirito dall'ambiente dove si trovano, vale a dire che questo involucro è formato da fluidi ambientali. Ne risulta che gli elementi costitutivi del perispirito devono necessariamente variare secondo i mondi. Poiché Giove è considerato un mondo molto avanzato, relativamente alla Terra, e poiché là la vita corporale non ha la materialità della nostra, ne consegue che là gli involucri perispiritistici devono necessariamente essere di una natura molto più quintessenziata che sulla Terra. Orbene, come noi non potremmo esistere su quel mondo con il nostro corpo carnale, così i nostri Spiriti non potrebbero penetrare su Giove con i loro perispirito terreni. Lasciando la Terra, lo Spirito vi lascia il suo involucro fluidico e ne riveste un altro, adatto al mondo su cui deve andare.

9. La natura dell'involucro fluidico è sempre in rapporto con il grado di avanzamento morale dello Spirito. Gli Spiriti inferiori non possono cambiarlo a loro piacimento e, di conseguenza, non possono trasferirsi da un mondo all'altro secondo la propria volontà. Vi sono degli Spiriti il cui involucro fluidico, benché etereo e imponderabile in relazione alla materia tangibile, è ancora troppo pesante — se così ci si può esprimere — in relazione al mondo spirituale, perché possa essere loro permesso di uscire dal loro ambiente. Si devono includere in questa categoria gli Spiriti il cui perispirito è tanto grossolano che essi lo confondono con il loro corpo carnale e che, per questa ragione, continuano a credersi vivi. Questi Spiriti — e grande è il loro numero — rimangono sulla superficie della Terra, come gli incarnati, sempre credendo di attendere alle loro occupazioni; altri, un poco più smaterializzati, non lo sono tuttavia abbastanza per elevarsi al di sopra delle regioni terrestri. [62]

Gli Spiriti superiori, al contrario, possono venire nei mondi inferiori e anche incarnarvisi. Essi attingono, negli elementi costitutivi del mondo dove entrano, i materiali dell'involucro fluidico o carnale, appropriato all'ambiente dove essi si trovano. Fanno, insomma, come il gran signore, che lascia i suoi begli abiti per rivestirsi momentaneamente di rozzo panno, senza per questo cessare d'essere un gran signore.

È così che Spiriti dell'ordine più elevato possono manifestarsi agli abitanti della Terra o incarnarsi in mezzo a questi, in una missione. Tali Spiriti portano con sé non l'involucro, ma il ricordo, per intuizione, delle regioni da cui provengono, e che vedono con il pensiero. Sono vedenti tra i ciechi.

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[62] Esempi di Spiriti che credono di essere ancora di questo mondo: Rivista Spiritista, dicembre 1859, p. 310; — novembre 1864, p. 339; — aprile 1865, p. 117.
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10. Lo strato di fluidi spirituali che circondano la Terra può essere paragonato agli strati inferiori dell'atmosfera, più pesanti, più compatti, meno puri degli strati superiori. Questi fluidi non sono omogenei. Si tratta di un miscuglio di molecole di diverse qualità, fra le quali si trovano necessariamente le molecole elementari, più o meno alterate, che ne formano la base. Gli effetti prodotti da questi fluidi saranno in ragione della somma delle parti pure che essi racchiudono. Tale è, per fare un paragone, l'alcol rettificato o mescolato, in differenti proporzioni, all'acqua o ad altre sostanze: il suo peso specifico aumenta a causa di questa mescolanza, e, nello stesso tempo, la sua forza e la sua infiammabilità diminuiscono, benché nell'insieme vi sia sempre dell'alcol puro.

Gli Spiriti, chiamati a vivere in questo ambiente, traggono da qui il loro perispirito. Ma, a seconda che lo Spirito sia lui stesso più o meno purificato, il suo perispirito si va formando delle parti più pure o di quelle più grossolane del fluido che è peculiare al mondo in cui egli si incarna. Lo Spirito produce qui — sempre per fare un paragonee non una similitudine — l'effetto di un reattivo chimico che attira a sé le molecole assimilabili alla sua natura.

Da ciò risulta questo fatto capitale: la costituzione intima del perispirito non è identica presso tutti gli Spiriti incarnati o disincarnati che popolano la Terra o lo spazio circostante. Non è lo stesso per il corpo carnale che, come è stato dimostrato, è formato dai medesimi elementi, qualunque sia la superiorità o inferiorità dello Spirito. Così, presso tutti, gli effetti prodotti dal corpo sono i medesimi, e simili sono le necessità, mentre tutti differiscono in tutto ciò che è inerente al perispirito.

E ne risulta ancora che l'involucro perispiritistico del medesimo Spirito si modifica con il progresso morale di questo a ogni incarnazione, benché s'incarni nel medesimo ambiente; che gli Spiriti superiori, incarnandosi eccezionalmente in missione su un mondo inferiore, hanno un perispirito meno grossolano di quello degli indigeni di quel mondo.

11. L'ambiente è sempre in rapporto con la natura degli esseri che devono viverci; i pesci stanno nell'acqua; gli esseri terrestri stanno nell'aria; gli esseri spirituali stanno nel fluido spirituale, o etereo, e anche sulla Terra. Il fluido etereo è per le necessità dello Spirito ciò che l'atmosfera è per le necessità degli incarnati. Ora, allo stesso modo che i pesci non possono vivere nell'aria e che gli animali terrestri non possono vivere in un'atmosfera troppo rarefatta per i loro polmoni, così gli Spiriti inferiori non possono sopportare il bagliore né la sensazione di fluidi molto eterei. Non ne morirebbero, perché lo Spirito non muore, ma una forza istintiva li tiene lontani da quegli elementi, così come ci si allontana da un fuoco troppo ardente o da una luce troppo abbagliante. Ecco perché non possono uscire dall'ambiente adatto alla loro natura; per cambiare ambiente, devono prima cambiare la loro natura; spogliarsi degli istinti materiali che li trattengono negli ambienti materiali; in una parola, devono purificarsi e trasformarsi moralmente. Allora, per gradi, essi s'identificano con un ambiente più purificato, che diventa per loro un bisogno, una necessità, proprio come gli occhi di chi per lungo tempo ha vissuto nelle tenebre si abituano in modo impercettibile alla luce del giorno e al fulgore del sole.

12. Così tutto nell'universo si collega, tutto si concatena; tutto è sottoposto alla grande e armoniosa legge di unità, dalla più compatta materialità alla più pura spiritualità. La Terra è come un vaso da cui sfugge un fumo denso che va schiarendosi nella misura in cui s'innalza, e le cui particelle rarefatte si disperdono nello spazio infinito.

La potenza divina risplende in tutte le parti di questo grandioso insieme. E si vorrebbe che, per meglio attestare la Sua potenza, Dio, non contento di ciò che ha fatto, venisse a turbare questa armonia? Si vorrebbe ch'Egli si abbassasse al ruolo di mago, producendo effetti puerili degni di un prestigiatore? E si osa, inoltre, darGli come rivale in abilità Satana stesso? Mai, in verità, si è maggiormente svilita la divina maestà. E poi ci si meraviglia dell'avanzare della miscredenza!

Voi avete ragione di dire: "La fede se ne va!" Ma è la fede, in tutto ciò che sconvolge il buon senso e la ragione, quella che se ne va. È la fede identica a quella che un tempo faceva dire: "Gli dei se ne vanno!" Ma la fede nelle cose serie, la fede in Dio e nell'immortalità dell'anima è sempre viva nel cuore dell'uomo. E se è stata soffocata sotto le puerili storie di cui la si è sovraccaricata, essa si è risollevata ancora più forte, non appena ne è stata liberata, proprio come la pianta che sia stata schiacciata si risolleva non appena rivede il sole!

Sì, tutto è miracolo nella natura, perché tutto è mirabile e testimonia della saggezza divina! Questi sono miracoli per tutti, per tutti coloro che hanno occhi per vedere e orecchie per sentire; per tutti e non a vantaggio solo di alcuni. No! Non ci sono affatto miracoli, nel significato che comunemente si attribuisce a questo termine, poiché tutto risulta dalle leggi eterne della creazione e poiché queste leggi sono perfette.




Azioni degli Spiriti sui fluidi. Creazioni fluidiche. Fotografia del pensiero

13. I fluidi spirituali, che sono uno degli stati del fluido cosmico universale, costituiscono, a voler propriamente parlare, l'atmosfera degli esseri spirituali. È questo l'elemento da cui essi traggono i materiali sui quali operano. È questo l'ambiente in cui accadono i fenomeni speciali, percepibili dallo Spirito con la vista e con l'udito, mentre sfuggono ai sensi carnali, impressionabili dalla sola materia tangibile; è questo l'ambiente in cui si forma quella luce particolare del mondo spirituale, differente dalla luce ordinaria sia per la causa sia per gli effetti. È questo, infine, il veicolo del pensiero, come l'aria è il veicolo del suono.

14. Gli Spiriti agiscono sui fluidi spirituali, non manipolandoli come gli uomini manipolano i gas, ma servendosi del pensiero e della volontà. Il pensiero e la volontà sono per gli Spiriti ciò che la mano è per gli uomini. Con il pensiero, essi imprimono a questi fluidi la tale o talaltra direzione; li agglomerano, li combinano o li disperdono. Essi ne formano degli insiemi che hanno un'apparenza, una forma e un colore determinati. Ne cambiano le proprietà come un chimico cambia quelle dei gas o altri corpi, combinandoli secondo certe leggi. È la grande officina, o laboratorio, della vita spirituale.

Talvolta, queste trasformazioni sono il risultato di una intenzione; spesso, sono il prodotto di un pensiero inconscio. Allo Spirito è sufficiente pensare a una cosa perché questa cosa si realizzi, così come gli è sufficiente modulare un'aria, perché questa si ripercuota nell'atmosfera.

È così, per esempio, che uno Spirito si rende visibile a un incarnato, dotato della vista psichica, sotto le sembianze che aveva da vivo, all'epoca in cui lo si è conosciuto, quantunque egli abbia avuto, dopo quell'epoca, parecchie incarnazioni. Egli si presenta con le vesti, i segni esteriori — infermità, cicatrici, membra amputate ecc. — che aveva allora; un decapitato si presenterà senza la testa. Ciò, però, non vuol dire che abbia conservato quelle apparenze; no certamente, perché, come Spirito, egli non è né zoppo né monco né guercio né decapitato. Ma riportandosi il suo pensiero all'epoca in cui era così, il suo perispirito ne prende istantaneamente le apparenze, che egli abbandona altrettanto istantaneamente non appena il pensiero cessa di agire. Se dunque egli è stato una volta negro e un'altra volta bianco, egli si presenterà come negro o come bianco, secondo quella di queste due incarnazioni sotto la quale sarà evocato, e anche secondo quella cui si riporterà il suo pensiero.

Per un effetto analogo, il pensiero dello Spirito crea fluidicamente gli oggetti di cui aveva l'abitudine di servirsi. Un avaro maneggerà dell'oro, un militare avrà le sue armi e la sua uniforme, un fumatore la sua pipa, un contadino il suo aratro e i suoi buoi, una vecchia donna la sua rocca. Questi oggetti fluidici sono tanto reali per lo Spirito, il quale è lui stesso fluidico, quanto reali lo erano, allo stato materiale, per l'uomo vivo. Ma, per la ragione stessa che tali oggetti sono creati dal pensiero, la loro esistenza è fuggevole quanto il pensiero. [63]

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[63] Rivista Spiritista, luglio 1859, pag. 184; Il libro dei Medium, cap. VIII.
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15. Essendo i fluidi il veicolo del pensiero, questo agisce sui fluidi come il suono agisce sull'aria. Perciò i fluidi ci portano il pensiero, come l'aria ci porta il suono. Si può dunque dire, in tutta verità, che in questi fluidi ci sono onde e raggi di pensieri, che s'incrociano senza confondersi, come nell'aria ci sono onde e raggi sonori.

Ma c'è di più. Il pensiero, creando delle immagini fluidiche, si riflette nell'involucro perispiritistico come in uno specchio; prende in esso corpo e, in certo qual modo, vi si fotografa. Ammettiamo, per esempio, che un uomo abbia in mente di ucciderne un altro; per quanto il suo corpo materiale possa essere impassibile, il suo corpo fluidico verrebbe messo in azione dal pensiero, di cui riproduce tutte le sfumature. Esso esegue fluidicamente il gesto, cioè l'atto che ha in progetto di compiere. Il pensiero crea l'immagine della vittima, e l'intera scena si dipinge, come in un quadro, tale e quale si svolge nel suo spirito.

È così che i più segreti movimenti dell'anima si ripercuotono nell'involucro fluidico; è così che un'anima può leggere in un'altra anima come in un libro e vedervi ciò che non è percettibile con gli occhi del corpo. Tuttavia, scorgendo l'intenzione, l'anima può presentire l'esecuzione dell'atto che ne sarà la conseguenza, ma non può determinare il momento in cui l'atto stesso sarà eseguito, né precisarne i dettagli e neppure affermare se l'atto stesso avrà luogo, poiché circostanze ulteriori possono modificare i piani prestabiliti e cambiare le disposizioni. L'anima non può vedere ciò che non è ancora nel pensiero; ciò che essa vede sono le preoccupazioni abituali dell'individuo, i suoi desideri, i suoi progetti, i suoi disegni buoni o cattivi.





Qualità dei fluidi

16. L'azione degli Spiriti sui fluidi spirituali ha conseguenze d'una importanza diretta e capitale per gli incarnati. Dal momento che questi fluidi sono il veicolo del pensiero, e che il pensiero può modificarne le proprietà, è evidente che essi devono essere impregnati delle qualità buone o cattive dei pensieri che li mettono in vibrazione, modificandosi attraverso la purezza o impurezza dei sentimenti. I cattivi pensieri corrompono i fluidi spirituali, così come i miasmi deleteri corrompono l'aria rendendola irrespirabile. I fluidi che circondano gli Spiriti malvagi, o che da questi vengono proiettati all'intorno, sono pertanto viziati, mentre i fluidi che ricevono l'influenza dei buoni Spiriti sono puri tanto quanto lo concede il grado di perfezione morale di costoro.

17. Sarebbe impossibile fare una enumerazione o classifica dei buoni e dei cattivi fluidi, come impossibile sarebbe specificarne le rispettive qualità, visto che la loro diversità è tanto grande quanto quella dei pensieri.

I fluidi non hanno qualità sui generis, ma quelle che acquisiscono nell'ambiente dove si elaborano. Essi si modificano a causa degli effluvi di questo ambiente, così come l'aria viene modificata a causa delle esalazioni, e l'acqua a causa dei sali degli strati che essa attraversa. A seconda delle circostanze, queste qualità sono, come l'aria e l'acqua, temporanee o permanenti, la qual cosa le rende più particolarmente adatte alla produzione del tale o talaltro determinato effetto.

I fluidi non hanno neppure delle denominazioni speciali. Come gli odori, essi sono designati secondo le loro proprietà, i loro effetti e il loro tipo originale. Dal punto di vista morale, essi portano il marchio dei sentimenti dell'odio, dell'invidia, della gelosia, dell'orgoglio, dell'egoismo, della violenza, dell'ipocrisia, della bontà, della benevolenza, dell'amore, della carità, della dolcezza ecc. Dal punto di vista fisico, essi sono eccitanti, calmanti, penetranti, astringenti, irritanti, addolcenti, soporiferi, narcotizzanti, tossici, riparatori, espulsori; possono anche diventare una forza di trasmissione, di propulsione ecc. Il quadro dei fluidi sarebbe, dunque, quello di tutte le passioni, di tutte le virtù e di tutti i vizi dell'umanità, nonché il quadro delle proprietà della materia corrispondente agli effetti che essi producono.

18. Gli uomini, essendo degli Spiriti incarnati, hanno in parte le attribuzioni della vita spirituale, poiché vivono di questa vita tanto quanto della vita corporale: prima di tutto durante il sonno e spesso allo stato di veglia. Lo Spirito, incarnandosi, conserva il suo perispirito, con le qualità che gli sono proprie. Come si sa, il perispirito non è limitato dal corpo, ma gli s'irraggia tutt'intorno e lo avviluppa come in un'atmosfera fluidica.

Per la sua intima unione con il corpo, il perispirito svolge un molo preponderante nell'organismo. Per la sua espansione, il perispirito mette lo Spirito incarnato in un rapporto più diretto con gli Spiriti liberi e anche con gli Spiriti incarnati.

Il pensiero dello Spirito incarnato agisce sui fluidi spirituali come quello degli Spiriti disincarnati; esso si trasmette da Spirito a Spirito attraverso le medesime vie e, a seconda che sia buono o cattivo, esso purifica o vizia i fluidi circostanti.

Se i fluidi ambientali vengono modificati dalla proiezione dei pensieri dello Spirito, il suo involucro perispiritistico, che è parte costituente del suo essere e che riceve in modo diretto e permanente l'impressione dei suoi pensieri, deve ancor di più portare il marchio delle sue qualità buone o cattive. I fluidi viziati dagli effluvi dei cattivi Spiriti possono purificarsi per mezzo dell'allontanamento di questi, ma i loro perispirito saranno sempre quel che sono, fin quando lo Spirito non si modificherà da solo.

Il perispirito degli incarnati, essendo di natura identica a quella dei fluidi spirituali, li assimila con facilità, come una spugna si imbeve di liquido. Questi fluidi hanno sul perispirito un'azione tanto più diretta, quanto più esso, per la sua espansione e per il suo irraggiamento, si confonde con loro.

Quando questi fluidi agiscono sul perispirito, questo reagisce a sua volta sull'organismo materiale con il quale è in contatto molecolare. Se gli effluvi sono di buona natura, il corpo riceve una impressione salutare; se sono, invece, di cattiva natura, l'impressione è dolorosa. Se, poi, gli effluvi malvagi sono permanenti ed energici, possono determinare dei disordini fisici: certe malattie non hanno altra causa.

Gli ambienti in cui abbondano i cattivi Spiriti sono perciò impregnati di cattivi fluidi, che vengono assorbiti da tutti i pori perispiritistici, così come si assorbono da tutti i pori del corpo i miasmi pestilenziali.

19. Si spiegano così gli effetti che si producono nei luoghi di riunione. Un'assemblea è un focolaio o irraggiamento di pensieri diversi; è come un'orchestra, un coro di pensieri, dove ognuno produce la sua nota. Ne risulta una moltitudine di correnti ed effluvi fluidici, di cui ciascuno riceve l'impressione attraverso il senso spirituale, come in un coro musicale ciascuno riceve l'impressione dei suoni attraverso il senso dell'udito.

Ma come vi sono irradiazioni sonore armoniche o discordanti, così vi sono pensieri armonici o discordanti. Se l'insieme è armonioso, l'impressione è gradevole; se esso è discordante, l'impressione è sgradevole. Orbene, per questo non c'è bisogno che il pensiero sia formulato; l'irradiazione fluidica esiste sempre, sia che il pensiero venga espresso, sia che non venga espresso.

Tale è la causa del sentimento di soddisfazione che si prova in una riunione simpatica, animata da pensieri buoni e benevoli. Qui regna una specie di atmosfera morale salubre, dove si respira a proprio agio; se ne esce, così, riconfortati, perché ci si è impregnati di effluvi fluidici salutari. Ma se vi si mescola qualche pensiero cattivo, esso produce l'effetto di una corrente d'aria gelida in un ambiente tiepido, o di nota falsa in un concerto. Si spiegano in tal modo l'ansietà o il malessere indefinibile che si provano in un ambiente antipatico, dove pensieri malevoli provocano effetti simili a correnti di fluido nauseabondo.

20. Il pensiero, pertanto, produce una sorta di effetto fisico che agiscesul morale, cosa, questa, che soltanto lo Spiritismo poteva far comprendere. L'uomo avverte ciò istintivamente, poiché ricerca sempre le riunioni omogenee e simpatiche, dove sa che può attingere nuove forze morali. Si potrebbe dire, anzi, che egli vi recupera le perdite fluidiche che subisce ogni giorno a causa dell'irradiazione del pensiero, così come, attraverso gli alimenti, recupera le perdite del corpo materiale. Il fatto è che, in effetti, il pensiero è una emissione che provoca una perdita reale nei fluidi materiali, cosicché l'uomo ha bisogno di ritemprarsi con gli effluvi che riceve dall'esterno.

Quando si dice che un medico guarisce il suo malato con le buone parole, si è nel vero assoluto, poiché il pensiero benevolo porta con sé fluidi riparatori che agiscono tanto sul fisico quanto sul morale.

21. È senza dubbio possibile, si dirà, evitare gli uomini che sono notoriamente malintenzionati, ma come sottrarsi all'influenza dei cattivi Spiriti, che pullulano intorno a noi e si insinuano dappertutto senza essere visti?

Il mezzo è molto semplice, perché dipende dalla volontà dell'uomo stesso, il quale porta in sé la difesa necessaria. I fluidi si uniscono in ragione della somiglianza della loro natura; i fluidi dissimili si respingono: c'è incompatibilità tra i buoni e i cattivi fluidi, come ce n'è tra l'olio e l'acqua.

Che cosa si fa quando l'aria è viziata? La si rende nuovamente salubre, la si purifica, distruggendone il focolaio dei miasmi, espellendone gli effluvi malsani, per mezzo di correnti più forti di aria salubre. All'invasione dei cattivi fluidi, bisogna dunque opporre i buoni fluidi. Siccome ognuno ha nel suo stesso perispirito una fonte fluidica permanente, ognuno porta il rimedio in sé stesso. Non si tratta di far altro che purificare questa fonte e dare a essa delle qualità tali che possano fungere, nei confronti delle cattive influenze, da repulsori, anziché da forza attrattiva. Il perispirito è, dunque, una corazza che bisogna sottoporre alla miglior tempra possibile. Orbene, siccome le qualità del perispirito sono in relazione alle qualità dell'anima, bisogna impegnarsi al proprio miglioramento, poiché sono le imperfezioni dell'anima che attraggono i cattivi Spiriti.Le mosche vanno dove focolai di materia corrotta le attraggono. Distruggete questi focolai, e le mosche spariranno. Allo stesso modo, i cattivi Spiriti vanno dove li attira il male; distruggete il male ed essi si allontaneranno. Gli Spiriti realmente buoni, incarnati o disincarnati,non hanno nulla da temere circa l'influenza dei cattivi Spiriti.





II - Spiegazione di alcuni fenomeni reputati soprannaturali



Vista spirituale o psichica. Doppia vista. Sonnambulismo. Sogni

22. Il perispirito è la connessione tra la vita corporale e la vita spirituale. È attraverso di lui che lo Spirito incarnato è in continuo rapporto con gli Spiriti; è attraverso di lui, insomma, che avvengono nell'uomo fenomeni speciali che non hanno affatto la loro causa prima nella materia tangibile e che, per questa ragione, sembrano soprannaturali.

È nelle proprietà e nell'irraggiamento del fluido perispiritistico che occorre cercare la causa della doppia vista, o vista spirituale, la quale può anche chiamarsi vista psichica di cui molte persone sono dotate, spesso a loro insaputa, così come molte persone lo sono della vista sonnambolica.

Il perispirito è l'organo sensitivo dello Spirito, ed è per suo tramite che lo Spirito incarnato ha la percezione delle cose spirituali, che sfuggono ai sensi carnali. Per mezzo degli organi del corpo la vista, l'udito e le diverse sensazioni sono localizzati e limitati alla percezione delle cose materiali; per mezzo del senso spirituale, o psichico, esse si generalizzano. Lo Spirito vede, intende e sente con tutto il suo essere ciò che si trova nella sfera d'irraggiamento del suo fluido perispiritistico.

Questi fenomeni sono, nell'uomo, la manifestazione della vita spirituale; è l'anima che agisce al di fuori dell'organismo. Nella doppia vista, o percezione attraverso il senso psichico, l'uomo non vede con gli occhi del corpo, benché spesso, per abitudine, li diriga verso il punto sul quale si concentra la sua attenzione. Egli vede attraverso gli occhi dell'anima, e prova ne è il fatto che vede tutto egualmente bene a occhi chiusi e al di là della portata del suo raggio visivo. Egli legge il pensiero raffigurato nel raggio fluidico (n. 15). [64]

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[64] Episodi di doppia vista e di lucidità sonnambolica sono riportati nella Rivista Spiritista. gennaio 1858, pag. 25; - novembre 1858, pag. 213; - luglio 1861, pag. 197; - novembre 1865, pag. 352.
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23. Benché, durante la vita, lo Spirito sia saldamente legato al corpo per mezzo del perispirito, non ne è così schiavo da non poter allungare la sua catena e trasportarsi lontano, sia sulla Terra sia su qualunque punto dello spazio. Lo Spirito è dunque attaccato al suo corpo se non a malincuore, poiché la sua vita normale è la libertà, mentre la vita corporale è quella del servo della gleba.

Lo Spirito è dunque felice di lasciare il suo corpo, come felice è l’uccello che lascia la sua gabbia. Lo Spirito coglie tutte le occasioni per liberarsi del corpo e, per questo, approfitta di tutti gli istanti in cui la sua presenza non è necessaria alla vita di relazione. Si tratta del fenomeno designato con il nome di emancipazione dell'anima. Tale fenomeno avviene sempre durante il sonno: tutte le volte che il corpo riposa e i sensi non sono in attività, lo Spirito si libera (Il libro degli Spiriti, cap. VIII).

In quei momenti, lo Spirito vive della vita spirituale, mentre il corpo non vive che della vita vegetativa. Si trova cioè quasi nello stato in cui si troverà dopo la morte; percorre lo spazio, s'intrattiene con i suoi amici e altri Spiriti, liberi o incarnati come lui.

Il legame fluidico che lo lega al corpo è definitivamente rotto solo alla morte; la separazione completa ha luogo solo con l'estinzione assoluta dell'attività del principio vitale. Finché il corpo vive, lo Spirito, a qualsiasi distanza Si trovi, vi è istantaneamente richiamato non appena la sua presenza si rende necessaria. Allora egli riprende il corso della sua vita esteriore di relazione. Talvolta, al risveglio, conserva, delle sue peregrinazioni, un ricordo, un'immagine più o meno precisa, che costituisce il sogno. In tutti i casi, ne riporta delle intuizioni che gli suggeriscono idee e pensieri nuovi, giustificando così il proverbio: La notte porta consiglio.

In tal modo, egualmente si spiegano certi fenomeni caratteristici del sonnambulismo sia naturale sia magnetico, della catalessi, della letargia, dell'estasi ecc., che altro non sono che le manifestazioni della vita spirituale. [65]

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[65] Esempi di letargia e di catalessi: Rivista Spiritista. “Madame Schwabenhaus”, settembre 1858, pag. 255; - " La giovane catalettica di Svevia" gennaio 1866, pag. 18.
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24. Poiché la vista spirituale non si esplica attraverso gli occhi del corpo,ne consegue che la percezione delle cose non avviene per mezzo della luce normale: in effetti, la luce materiale è fatta per il mondo materiale. Per il mondo spirituale, esiste una luce speciale, la cui natura ci è sconosciuta, ma che è senza dubbio una delle proprietà del fluido etereo, adeguata alle percezioni visuali dell'anima. Esistono dunque la luce materiale e la luce spirituale. La luce materiale ha focolai circoscritti nei corpi luminosi. La luce spirituale ha il suo focolaio ovunque: è questa la ragione per cui non ci sono ostacoli alla vista spirituale; essa non si arresta né di fronte alla distanza né di fronte alla opacità della materia; e neppure l'oscurità esiste per lei. Il mondo spirituale è dunque illuminato dalla luce spirituale, che ha i suoi propri effetti, così come il mondo materiale è illuminato dalla luce solare.

25. L'anima, avviluppata dal suo perispirito, porta così in sé il suo principio luminoso. Potendo penetrare la materia in virtù della sua essenza eterea, non esistono corpi opachi per la sua vista.

Tuttavia, la vista spirituale non ha né la medesima estensione né la medesima penetrazione presso tutti gli Spiriti; soltanto i puri Spiriti la possiedono in tutta la sua potenza. Presso gli Spiriti inferiori, la vista spirituale è in certo qual modo indebolita dalla grossolanità del perispirito, che si interpone come una specie di nebbia.

La vista spirituale si manifesta in gradi differenti, presso gli Spiriti incarnati, attraverso il fenomeno della seconda vista, sia nel sonnambulismo naturale o magnetico, sia nello stato di veglia. A seconda del grado di potenza della facoltà, si dice che la lucidità è più o meno grande. È in virtù di questa facoltà che certe persone riescono a vedere l'interno dell'organismo e a descrivere la causa delle malattie.

26. La vista spirituale, dunque, dona delle percezione speciali che, poiché non hanno come sede gli organi materiali, avvengono in condizioni ben diverse da quelle date dalla vista corporale. Per questa ragione, non ci si possono attendere effetti identici, né si può sperimentare la vista spirituale con i medesimi procedimenti. Compiendosi essa al di fuori dell'organismo, ha una mobilità che sfugge a tutte le previsioni. Bisogna studiare la vista spirituale nei suoi effetti e nelle sue cause, e non per equiparazione con la vista ordinaria, che essa non è destinata a supplire, salvo casi eccezionali che non si possono assumere come regola.

27. La vista spirituale è necessariamente incompleta e imperfetta presso gli Spiriti incarnati e, di conseguenza, è soggetta ad aberrazioni. Poiché la sua sede è nell'anima stessa, lo stato dell'anima deve influire sulle percezioni ch'essa dà. A seconda del suo grado di sviluppo, delle circostanze e dello stato morale dell'individuo, essa può dare, sia durante il sonno, sia nello stato di veglia: 1° la percezione di certi fatti materiali reali, come la conoscenza di avvenimenti che accadono lontano, i dettagli descrittivi di una località, le cause di una malattia e i suoi opportuni rimedi; 2° la percezione di cose egualmente reali del mondo spirituale, come la presenza degli Spiriti; 3° immagini fantastiche create dall'immaginazione, analoghe alle creazioni fluidiche del pensiero (vedere qui, più sopra, n. 14). Queste creazioni sono sempre in rapporto con le disposizioni morali dello Spirito che le genera. È così che il pensiero di persone fortemente imbevute e timorose di certe credenze religiose presenta loro l'inferno, con le sue fornaci, le sue torture e i suoi demoni, tali e quali queste persone se li figurano. Talvolta è tutta un'epopea. I pagani vedevano l'Olimpo e il Tartaro, così come i Cristiani vedono l'inferno e il paradiso. Al risveglio o al termine dell'estasi, queste persone conservano un ricordo così preciso delle loro visioni da prenderle molto facilmente per delle realtà e delle conferme alle loro credenze, mentre esse altro non sono che un prodotto dei loro stessi pensieri. [66] C'è dunque da fare una scelta molto rigorosa tra le visioni estatiche, prima di accettarle. A tal proposito, il rimedio alla eccessiva credulità è lo studio delle leggi che reggono il mondo spirituale.

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[66] È così che si possono spiegare le visioni di suor Elmerich, la quale, riportandosi al tempo della passione del Cristo, disse di aver visto cose materiali che non erano mai esistite se non nei libri ch'ella aveva letto; quelle di madame Cantanille (Rivista Spiritista, agosto 1866 p. 240); e una parte di quelle di Swedenborg.
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28. I sogni propriamente detti presentano i tre caratteri delle visioni sopra descritte. Alle prime due categorie di queste visioni appartengono i sogni di presentimenti, previsioni e avvertimenti; [67] è nella terza categoria, vale a dire nella creazione fluidica del pensiero, che si può trovare la causa di certe immagini fantastiche che non hanno niente di reale in rapporto alla vita materiale.

Per lo Spirito, invece, esse rappresentano a volte una realtà tale che il corpo ne subisce il contraccolpo, tanto che si sono visti capelli incanutire sotto l'impressione di un sogno. Queste creazioni possono essere provocate: dalla esaltazione delle credenze; da ricordi retrospettivi; da gusti, desideri, passioni, timori e rimorsi; dalle abituali preoccupazioni; dalle necessità del corpo o da un disturbo nelle funzioni dell'organismo; infine da altri Spiriti, con uno scopo benevolo o malevolo, secondo la loro natura. [68]

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[67] Vedere qui, più avanti, al capitolo XVI, "Teoria della prescienza", nn. 1-3.
[68] Rivista Spiritista, giugno 1866, pag. 172; - settembre 1866, pag. 284; Il libro degli Spiriti, cap. VIII, n. 400.
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Catalessi. Resurrezioni

29. La meteria inerte è insensibile. Il fluido perispiritistico lo è anch'esso, ma trasmette la sensazione al centro sensitivo che è lo Spirito. Le lesioni dolorose del corpo si ripercuotono dunque sullo Spirito come una scossa elettrica, tramite il fluido perispiritistico che sembra avere nei nervi i suoi fili conduttori. È l'influsso nervoso dei fisiologisti, i quali, non conoscendo i rapporti di questo fluido con il principio spirituale, ancora non hanno potuto spiegarsene tutti gli effetti.

Questa interruzione può aver luogo per la separazione di un membro o per il taglio di un nervo. Ma può anche aver luogo, parzialmente o in maniera generale e senza alcuna lesione, nei momenti di emancipazione, di grande sovreccitazione o preoccupazione dello Spirito. In tale stato, lo Spirito non pensa più al corpo e, nella sua febbrile attività, attira a sé, per così dire, il fluido perispiritistico che, ritirandosi dalla superficie, vi produce una momentanea insensibilità. Si potrebbe anche ammettere che, in talune circostanze, si produca nel fluido perispiritistico stesso una modificazione molecolare, la quale gli tolga temporaneamente la proprietà di trasmissione. Accade così che, spesso, nell'ardore del combattimento, un militare non si accorga che è ferito; che una persona, la cui attenzione è concentrata in un lavoro, non avverta il rumore che avviene attorno a lei. Un effetto analogo, ma più pronunciato, è quello che avviene in certi sonnambuli, durante la letargia e la catalessi. È così, infine, che può spiegarsi l'insensibilità dei convulsionari e di certi martiri (Rivista Spiritista, gennaio 1868, "Studio sugli Aissaouas").

La paralisi non ha assolutamente la medesima causa: qui l'effetto è totalmente organico; sono i nervi stessi, i fili conduttori, che non sono più atti alla circolazione fluidica; sono le corde dello strumento che si sono alterate.

30. In alcuni stati patologici, allorché lo Spirito non è più nel corpo, e il perispirito vi aderisce soltanto in alcuni punti, il corpo ha tutte le apparenze della morte. Si è, perciò, assolutamente nel vero, quando si dice che la vita è attaccata a un filo. Questo stato può durare per un tempo più o meno lungo; certe parti del corpo possono anche entrare in decomposizione, senza che per questo la vita sia definitivamente spenta. Finché l'ultimo filo non si è spezzato, lo Spirito può, sia con un'azione energica della sua stessa volontà, sia per un influsso fluidico estraneo, egualmente potente, essere richiamato nel corpo. Si spiegano così taluni prolungamenti della vita, contro ogni probabilità, e certe pretese resurrezioni. È la pianta che rispunta talvolta con una sola fibrilla della radice. Ma quando le ultime molecole del corpo fluidico si sono distaccate dal corpo carnale, o quando quest'ultimo è in uno stato di degradazione irreparabile, ogni ritorno alla vita diviene impossibile. [69]

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[69] Esempi in Rivista Spiritista. "Il dottor Cardon", agosto 1863, pag. 251; — "La donna corsa", maggio 1866, pag. 134.

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Guarigioni

31. Il fluido universale è, come abbiamo visto, l'elemento primitivo del corpo carnale e del perispirito, i quali altro non sono che le sue trasformazioni. Per l'identità della sua natura, questo fluido, condensato nel perispirito, può fornire al corpo i principi riparatori. L'agente propulsore è lo Spirito, incarnato o disincarnato, che infiltra in un corpo deteriorato una parte della sostanza del suo involucro fluidico. La guarigione avviene per mezzo della sostituzione di una molecola malsana con una molecola sana. Il potere curativo sarà dunque direttamente proporzionale alla purezza della sostanza inoculata. Esso dipende, però, anche dall'energia della volontà, che provoca un'emissione fluidica più abbondante e dà al fluido una forza di penetrazione maggiore. Infine, il potere curativo dipende dalle intenzioni che animano colui che vuole guarire, sia egli uomo o Spirito. I fluidi che provengono da una fonte impura possono essere paragonati a sostanze medicali alterate.

32. Gli effetti dell'azione fluidica sui malati sono, a seconda delle circostanze, estremamente vari. Questa azione è talvolta lenta ed esige un trattamento prolungato, come nel magnetismo ordinario; altre volte è rapida come una corrente elettrica. Ci sono persone dotate di un tale potere che effettuano su taluni malati delle guarigioni istantanee con la sola imposizioni delle mani o anche con un solo atto della volontà. Tra i due poli estremi di questa facoltà, ci sono sfumature all'infinito. Tutte le guarigioni di questo genere sono varietà del magnetismo e differiscono tra di loro solo per la potenza e la rapidità dell'azione. Il principio è sempre lo stesso: è il fluido che gioca il ruolo di agente terapeutico, e il suo effetto è subordinato alla sua qualità e a circostanze speciali.

33. L'azione magnetica può prodursi in parecchi modi:

1° per mezzo del fluido stesso del magnetizzatore. Si tratta del magnetismo propriamente detto, o magnetismo umano, la cui azione è subordinata alla potenza e soprattutto alla qualità del fluido;

2° per mezzo del fluido degli Spiriti che agiscono direttamente e senza intermediario su di un incarnato, sia per guarirlo o attenuarne una sofferenza, sia per provocarne il sonno sonnambolico spontaneo, sia per esercitare sull'individuo una qualsiasi influenza fisica o morale. Si tratta del magnetismo spirituale, la cui qualità è in ragione delle qualità dello Spirito; [70]

3° per mezzo del fluido che gli Spiriti riversano sul magnetizzatore e al quale questo serve da conduttore. Si tratta del magnetismo misto, semi spirituale o, se si vuole, umano-spirituale. Il fluido spirituale, combinato con il fluido umano, dà a quest'ultimo le qualità che gli mancano. Il concorso degli Spiriti, in una simile circostanza, è talvolta spontanea, ma il più delle volte è provocata dalla richiesta di aiuto da parte del magnetizzatore.

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[70] Esempi: Rivista Spiritista, febbraio 1863, pag. 64; - aprile 1865, pag. 113; - settembre 1865, pag. 264.

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34. La facoltà di guarire per mezzo dell'influenza fluidica è molto comune e si può sviluppare con l'esercizio; ma la facoltà di guarire istantaneamente con l'imposizione delle mani è più rara, e il suo apogeo può essere considerato eccezionale. Tuttavia si sono visti in diverse epoche, e presso quasi tutti i popoli, individui che possedevano tale facoltà in grado ragguardevole. In questi ultimi tempi, se ne sono visti parecchi e straordinari esempi, la cui autenticità non può essere contestata. Poiché guarigioni di questo genere poggiano su di un principio naturale e poiché il potere di effettuarle non è affatto un privilegio, ne consegue che tali guarigioni non travalicano le leggi della natura e che di miracoloso hanno soltanto l'apparenza. [71]

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[71] Esempi di guarigioni istantanee riportate dalla Rivista Spiritista. "Il principe di Hohenlohe", dicembre 1866, pag. 368; — "Jacob", ottobre/novembre 1866, pp. 312 e 345; ottobre/novembre 1867, pp. 306 e 339; — "Simonet", agosto 1867, pag. 232; — "Caid Hassan", ottobre 1867, pag. 303; — "Il curato Gassner", novembre 1867, pag. 331.

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Apparizioni.Trasfigurazioni

35. Il perispirito è, per noi, invisibile nel suo stato normale, ma, siccome è formato da materia eterea, lo Spirito può, in taluni casi, fargli subire, per un atto della sua volontà, una modifica molecolare che lo rende momentaneamente visibile. È così che si producono le apparizioni, le quali, non più degli altri fenomeni, non sono al di fuori delle leggi della natura. Ciò non è certo più straordinario di quanto lo sia il vapore, che è invisibile quando è molto rarefatto e che diventa visibile quando è condensato.

Secondo il grado di condensazione del fluido perispiritistico, l'apparizione è talvolta vaga e vaporosa; altre volte è, invece, più nettamente definita; altre volte, infine, essa ha tutte le apparenze della materia tangibile. Può anzi arrivare a una tale tangibilità reale che ci si può ingannare sulla natura dell'essere che si ha davanti.

Le apparizioni vaporose sono frequenti, e accade assai spesso che degli individui si presentino sotto tale forma, subito dopo la loro morte, alle persone che essi hanno amato molto. Più rare sono le apparizioni tangibili, benché ve ne siano esempi abbastanza numerosi, perfettamente autentici. Se lo Spirito vuole farsi conoscere, imprime al suo involucro tutte le connotazioni esteriori che aveva da vivo. [72]

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[72] Il libro dei Medium, cap. VI e cap. VII.

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36. È da notare che le apparizioni tangibili hanno solo le apparenze della materia carnale, ma non potrebbero averne le qualità. In virtù della loro natura fluidica, esse non possono avere la medesima coesione della materia perché in esse, in realtà, non è di carne che si tratta. Istantaneamente si formano e istantaneamente scompaiono, oppure evaporano a causa della disgregazione delle molecole fluidiche. Gli esseri che si presentano in queste condizioni non nascono né muoiono come gli altri uomini. Li si vede e poi non li si vede più, senza sapere né da dove vengano, né come siano venuti, né dove vadano. Ucciderli non si potrebbe, né incatenarli e neppure incarcerarli, poiché non hanno un corpo carnale. I colpi che uno sferrasse contro di loro, raggiungerebbero il vuoto.

Tale è il carattere degli ageneri, con i quali ci si può intrattenere senza sospettare ciò ch'essi sono realmente. Però, non fanno mai dei lunghi soggiorni, né possono diventare gli abituali commensali di una casa, né figurare tra i membri di una famiglia.

Vi è, d'altronde, in tutta la loro persona e nei loro comportamenti, qualcosa di strano e di insolito che deriva sia dalla materialità sia dalla spiritualità. Il loro sguardo, vago e nello stesso tempo penetrante, non ha la chiarezza dello sguardo indirizzato dagli occhi corporei. Il loro linguaggio conciso e quasi sempre sentenzioso non ha nulla della vivacità e della leggerezza del linguaggio umano. Il loro accostarsi fa provare una particolare e indefinibile sensazione di sorpresa, che ispira una sorta di timore; pur prendendoli per individui simili a tutti gli altri, ci troviamo, a esclamare involontariamente: "Ecco un essere davvero singolare!" [73]

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[73] Esempi di apparizioni vaporose o tangibili e di ageneri: Rivista Spiritista, gennaio 1858, pag. 24; - ottobre 1858, pag. 291; - gennaio 1859, pag. 11; - febbraio 1859, pag. 38; - marzo 1859, pag. 80; - agosto 1859, pag. 210; - novembre 1859, pag. 303; - aprile 1860, pag. 117; - maggio 1860, pag. 150; - luglio 1861, pag. 199; - aprile 1866, pag. 120; - "Il contadino Martin, presentato a Luigi XVIII, dettagli completi"; dicembre 1866, pag. 353.

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37. Essendo il perispirito il medesimo sia negli incarnati sia nei disincarnali, con un effetto completamente identico, uno Spirito incarnato può apparire, in un momento di libertà, su un altro punto, diverso da quello dove il suo corpo riposa, con i tratti che gli sono abituali e con tutti i segni della sua identità. È questo fenomeno, di cui si hanno esempi autentici, che ha dato luogo alla credenza negli uomini doppi. [74]

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[74] Esempi di apparizioni di persone viventi, in Rivista Spiritista. dicembre 1858, pp. 329, 331; - febbraio 1859, pag. 41; - agosto 1859, pag. 197; - novembre 1860, pag. 356.

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38. Effetto peculiare dei fenomeni di questa specie è il fatto che le apparizioni vaporose, e anche tangibili, non sono indistintamente percepibili da tutti: gli Spiriti si mostrano soltanto quando vogliono e a chi vogliono. Uno Spirito potrebbe dunque apparire in un'assemblea a uno o a più astanti, e non essere visto da altri. Ciò deriva dal fatto che percezioni di questo genere avvengono attraverso la vista spirituale e non attraverso la vista corporea. Infatti, non solo la vista spirituale non è concessa a tutti, ma, al bisogno, essa può venire ritirata, per volontà dello Spirito, a colui al quale egli non vuole mostrarsi, così come può concederla momentaneamente, se lo Spirito lo ritiene necessario.

La condensazione del fluido perispiritistico nelle apparizioni, anche fino alla tangibilità, non ha dunque le proprietà della comune materia; se così non fosse, le apparizioni, essendo percettibili con gli occhi del corpo, sarebbero visibili a tutte le persone presenti. [75]

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[75] Bisogna accettare solo con una estrema riserva i racconti di apparizioni puramente individuali che, in certi casi, potrebbero essere l'effetto di una immaginazione sovreccitata e, talvolta, un'invenzione fatta con fini interessati. Conviene dunque tenere scrupolosamente conto delle circostanze, della onorabilità della persona, così come dell'interesse ch'ella potrebbe avere nell'abusare della credulità di individui troppo ingenui.

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39. Potendo lo Spirito operare delle trasformazioni nella struttura del suo involucro perispiritistico, e irraggiandosi questo involucro tutt'intorno al corpo come un'atmosfera fluidica, un fenomeno analogo a quello delle apparizioni può prodursi anche sulla superficie del corpo. Sotto lo strato fluidico, la figura reale del corpo può cancellarsi più o meno completamente e rivestirsi di un'altra apparenza; oppure, i tratti primitivi visti attraverso lo strato fluidico modificato, come attraverso un prisma, possono assumere un'altra espressione. Se lo Spirito incarnato, provenendo da un mondo terra terra, si identifica con le cose del mondo spirituale, può accadere che l'espressione di un viso brutto possa diventare bella, radiosa e, talvolta, anche luminosa. Se, al contrario, lo Spirito è preso da cattive passioni, può accadere che un viso bello possa assumere un aspetto orrendo.

È così che si effettuano le trasfigurazioni, che sono sempre un riflesso delle qualità e dei sentimenti predominanti dello Spirito. Questo fenomeno è dunque il risultato di una trasformazione fluidica. una sorta di apparizione perispiritistica che si produce sul corpo, pur ancora in vita e qualche volta al momento della morte, invece di prodursi da lontano, come avviene nelle apparizioni propriamente dette. Ciò che distingue le apparizioni di questo genere è che, generalmente, esse sono percettibili da parte di tutti gli astanti e per di più attraverso gli occhi corporei, precisamente perché esse hanno per base la materia carnale visibile, mentre nelle apparizioni puramente fluidiche, non c'è affatto materia tangibile. [76]

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[76] Esempio e teoria della trasfigurazione in Rivista Spiritista, marzo 1859, pag. 62.; ne Il libro dei Medium, Parte seconda, cap. VII.

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Manifestazioni fisiche. Medianità

40. I fenomeni delle tavole rotanti e parlanti, della sospensione eterea dei corpi gravi, della scrittura medianica, fenomeni antichi quanto il mondo, ma oggi del tutto comuni, ci danno la chiave di alcuni fenomeni analoghi e spontanei ai quali, nell'ignoranza della legge che li regge, si era attribuito un carattere soprannaturale e miracoloso. Questi fenomeni riposano sulle proprietà del fluido perispiritistico, sia degli incarnati, sia degli Spiriti liberi.

41. È con il concorso del suo perispirito che lo Spirito agisce sul suo corpo vivo. È ancora con questo stesso fluido ch'egli si manifesta agendo sulla materia inerte, ch'egli produce i rumori, i movimenti di tavole e altri oggetti che solleva, rovescia o trasporta. Questo fenomeno non ha nulla di sorprendente, se si considera che, fra di noi, i più potenti motori si trovano nei fluidi più rarefatti e anche più imponderabili, quali l'aria, il vapore e l'elettricità.

È egualmente con il concorso del suo perispirito che lo Spirito fa scrivere, parlare o disegnare i medium. Non avendo un corpo tangibile che gli permetta di agire in modo palese, quando vuole manifestarsi si serve del corpo del medium, di cui prende in prestito gli organi, che poi fa agire come se si trattasse del proprio corpo, e ciò mediante l'effluvio fluidico che riversa su di lui.

42. È col medesimo mezzo che lo Spirito agisce sulla tavola, sia per farla muovere senza un determinato significato, sia per farle battere dei colpi intelligenti che indicano le lettere dell'alfabeto, per formare delle parole e delle frasi, fenomeno designato con il nome di tiptologia. Il tavolo, qui, non è che uno strumento di cui lo Spirito si serve, come si serve della matita per scrivere; egli gli dà una vitalità momentanea per mezzo del fluido che gli inocula. Ma lo Spirito non si identifica con il tavolo. Le persone che, prese dalla commozione, vedendo manifestarsi un essere che è loro caro, abbracciano il tavolo, compiono un gesto ridicolo, perché è, in modo assoluto, come se abbracciassero il bastone di cui un amico si serve per battere dei colpi. Vi sono anche di quelle persone che rivolgono la parola al tavolo, come se lo Spirito fosse racchiuso nel legno o come se il legno fosse divenuto Spirito.

Qualora le comunicazioni avvengano con questo mezzo, bisogna rappresentarsi lo Spirito, non nella tavola, ma accanto a essa, tal quale era da vivo, e tal quale lo si vedrebbe se, in quel momento, egli potesse rendersi visibile. La medesima cosa avviene nelle comunicazioni attraverso la scrittura; in tal caso si vedrebbe lo Spirito a fianco del medium, mentre guida la sua mano o gli trasmette il suo pensiero attraverso una corrente fluidica.


43. Quando il tavolo si solleva dal suolo e fluttua nello spazio senza punti d'appoggio, non è lo Spirito a sollevarlo a forza di braccia, ma è lo Spirito che l'avvolge e lo pervade di una sorta di atmosfera fluidica che neutralizza l'effetto della gravitazione, come fa l'aria con i palloni aerostatici e con gli aquiloni. Il fluido, di cui il tavolo è pervaso, gli conferisce momentaneamente una leggerezza specifica maggiore. Quando il tavolo è fisso al suolo, si trova in una situazione analoga a quella della campana pneumatica sotto la quale si crea il vuoto. Si tratta qui di paragoni per mostrare l'analogia degli effetti e non la somiglianza assoluta delle cause (Il libro dei Medium, cap. IV).

Si comprenda, di conseguenza, che per uno Spirito non è più difficile sollevare una persona piuttosto che sollevare un tavolo, o trasportare un oggetto da un posto a un altro, o lanciarlo da qualche parte. Questi fenomeni si producono tutti in virtù della medesima legge. [77]

Quando il tavolo insegue qualcuno, non è lo Spirito che corre, dal momento che può restarsene tranquillamente al suo posto. Ma è lui, lo Spirito, che gli dà l'impulso attraverso una corrente fluidica, grazie alla quale lo fa muovere a suo piacimento.

Quando dei colpi si fanno sentire nel tavolo o altrove, non è lo Spirito che li batte, né con la mano né con un qualsiasi altro oggetto. Egli dirige, nel punto da dove parte il rumore, un getto di fluido, che produce un effetto simile a quello di una scossa elettrica; modifica inoltre il rumore, così come si possono modificare i suoni prodotti nell'aria. [78]

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[77] Tale è il principio del fenomeno degli apporti; questo è un fenomeno assai reale, ma che conviene accettare soltanto con estrema riserva, poiché è uno di quelli che maggiormente si prestano all'imitazione e alla ciarlataneria. L'onorabilità incontestabile della persona che ottiene tali apporti, il suo assoluto disinteresse materiale e morale, nonché il concorso delle circostanze accessorie, devono essere presi in seria considerazione. Bisogna soprattutto diffidare della esagerata facilità con cui tali effetti vengono prodotti e ritenere sospetti quelli che vengono rinnovati troppo frequentemente e, per così dire, a volontà. I prestigiatori fanno cose più straordinarie. Il sollevarsi di una persona è un fatto non meno positivo, ma forse molto più raro, perché è più difficile da imitare. È noto che M. Home si è più di una volta sollevato sino al soffitto, facendo il giro della sala. Si dice che san Giuseppe da Copertino avesse la medesima facoltà, il che non è più miracoloso per l'uno che per l'altro.

[78] Esempi di manifestazioni materiali e di perturbazioni da parte degli Spiriti: Rivista Spiritista, "La ragazza dei Panoramas", gennaio 1858, pag. 13; - "La signorina Clairon", febbraio 1858, pag. 44; - "Spirito picchiatore di Bergzabern", racconto completo: maggio, giugno, luglio 1858, pp. 125, 153, 184; -"Dibbelsdorf", agosto 1858, pag. 219; - "Il fornaio di Dieppe", marzo 1860, pag. 76; - "Il mercante di San Pietroburgo", aprile 1860, pag. 115; - "Rue de Noyers", agosto 1860, pag. 236; - "Lo Spirito picchiatore dell'Aube", gennaio 1861, pag. 23; - "Il flagello del sedicesimo secolo", gennaio 1864, pag. 32; - "Poitiers", maggio 1864, pag. 156, e maggio 1865, pag. 134; - "Suor Maria", giugno 1864, pag. 185; - "Marsiglia", aprile 1865, pag. 121; - "Fives", agosto 1865, pag. 225 - "I ratti d'Equihem", febbraio 1866, pag. 55.

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44. Un fenomeno molto frequente nella medianità è l'attitudine di certi medium a scrivere in una lingua che è a loro sconosciuta; a trattare con la parola o la scrittura argomenti che sono al di fuori della portata della loro istruzione. Non è raro vederne certi che scrivono correttamente senza aver mai imparato a scrivere; altri che compongono poesie senza aver saputo mai fatto un verso in vita loro; altri ancora che disegnano, dipingono, scolpiscono, compongono della musica, suonano uno strumento, senza conoscere né il disegno né la pittura né la scultura né l'arte musicale. Molto frequente è il caso di un medium che riproduca, in modo tale da trarre in inganno, sia la scrittura, sia la firma che gli Spiriti, i quali comunicano per suo tramite, avevano da vivi, benché egli non li abbia mai conosciuti.

Questo fenomeno è sorprendente quanto quello di vedere un bambino scrivere, guidandogli la mano: è chiaro che in questo modo gli si può far eseguire tutto ciò che si vuole. Si può anche far scrivere il primo che capita in una lingua qualsiasi, dettandogli le parole lettera per lettera. Ben si comprende come la stessa cosa possa accadere nella medianità, se ci si riporta alla maniera con cui gli Spiriti comunicano con i medium, che per loro, in realtà, non sono che degli strumenti passivi. Ma se il medium possiede il meccanismo, se ha vinto le difficoltà pratiche, se le espressioni gli sono familiari, se ha infine nel suo cervello gli elementi di ciò che lo Spirito vuole fargli eseguire, questo medium si trova nella posizione dell'uomo che sa leggere e scrivere correntemente. Il lavoro è più facile e più rapido; lo Spirito non ha che da trasmettere il pensiero, che il suo interprete riproduce con i mezzi di cui dispone.

L'attitudine di un medium a cose che gli sono estranee dipende spesso anche dalle conoscenze che egli ha posseduto in un'altra esistenza, e delle quali il suo Spirito ha conservato l'intuizione. Se, per esempio, è stato un poeta o un musicista, avrà una maggiore facilità ad assimilare il pensiero poetico o musicale che gli si vuole far riprodurre. La lingua che oggi egli ignora potrebbe essergli stata familiare in un'altra esistenza: da qui, per lui, una maggiore attitudine a scrivere medianicamente in quella lingua. [79]

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[79] L'attitudine di certi individui per le lingue, che conoscono, per così dire, senza averle apprese, non ha altra causa se non quella di un ricordo intuitivo di quanto essi hanno appreso in un'altra esistenza. Il caso del poeta Méry, riportato nella Rivista Spiritista del novembre 1864, pag. 328, ne è una prova. È evidente che se, nella sua giovinezza, Méry fosse stato medium, avrebbe scritto in latino altrettanto facilmente che in francese, e di certo si sarebbe gridato al prodigio.

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Ossessioni e possessioni

45. Gli Spiriti malvagi pullulano attorno alla Terra, a seguito dell'inferiorità morale dei suoi abitanti. L'azione malefica di questi Spiriti fa parte dei flagelli ai quali è esposta l'umanità sulla Terra. L'ossessione, che è uno degli effetti di questa azione, come le malattie e tutte le tribolazioni della vita, deve dunque essere considerata come una prova o una espiazione, e come tale accettata.

L'ossessione è l'azione persistente che un cattivo Spirito esercita su un individuo. Essa presenta caratteri molto differenti, che vanno dalla semplice influenza morale senza sensibili segni esteriori, fino al perturbamento completo dell'organismo e delle facoltà mentali. Essa annulla tutte le facoltà medianiche; nella medianità auditiva e psicografica, l'ossessione si traduce con l'ostinazione di uno Spirito a manifestarsi, con l'esclusione di qualsiasi altro.

46. Come le infermità sono il risultato di imperfezioni fisiche, le quali rendono il corpo accessibile a influenze perniciose esterne, così l'ossessione è sempre il risultato di una imperfezione morale, che apre un varco a un cattivo Spirito. A una causa fisica viene opposta una forza fisica; a una causa morale bisogna opporre una forza morale. Per preservarsi dalle malattie, si fortifica il corpo; per garantirsi dall'ossessione, bisogna fortificare l'anima. Da qui la necessità, per l'ossesso, di impegnarsi per il proprio miglioramento, il che è sufficiente il più delle volte per liberarlo dell'ossessore, senza dover ricorrere a persone estranee. Tale aiuto esterno diviene necessario quando l'ossessione degenera in soggiogamento e in possessione, perché in tal caso il paziente perde, talvolta; la sua volontà e il suo libero arbitrio.

L'ossessione è quasi sempre il risultato di una vendetta esercitata da uno Spirito. Molto spesso essa ha la sua origine nei rapporti che l'ossesso ha avuto con lui in una precedente esistenza.

Nei casi di ossessione grave, l'ossesso è come avviluppato e impregnato di un fluido pernicioso, che neutralizza l'azione dei fluidi salutari e li respinge. È da questo fluido che bisogna liberarlo. Orbene, un cattivo fluido non può essere respinto da un altrettanto cattivo fluido. Con un'azione identica a quella del medium guaritore nei casi di malattia, bisogna espellere il fluido malvagio con l'aiuto di un fluido migliore.

Questa è l'azione meccanica, che però non sempre è sufficiente. Bisogna anche, e soprattutto, agire sull'essere intelligente, al quale è necessario avere il diritto di parlare con autorità, e questa autorità è data soltanto dalla superiorità morale: più questa è grande, più grande è l'autorità.

Ma questo non è ancora tutto. Per assicurare la liberazione della vittima, bisogna far sì che lo Spirito perverso rinunci ai suoi malvagi disegni; bisogna far sì che nasca in lui il pentimento e il desiderio del bene, con l'aiuto di istruzioni abilmente impartite durante evocazioni particolari, fatte con l'obbiettivo di dargli un'educazione morale. Si può allora avere la dolce soddisfazione di liberare un incarnato e di convertire uno Spirito imperfetto.

Il compito è reso più facile quando l'ossesso, comprendendo la sua situazione, apporta il contributo della sua volontà e della sua preghiera. Non è così quando l'ossesso, sedotto dallo Spirito ingannatore, si fa delle illusioni sulle qualità del suo dominatore e si compiace della erronea situazione in cui quest'ultimo l'ha sprofondato; in questo caso, infatti, lungi dall'assecondare ogni assistenza, egli la rifiuta del tutto. È questo il caso della fascinazione, che è sempre più ribelle del più violento dei soggiogamenti (Il libro dei Medium, cap. XXIII).

In tutti gli episodi di ossessione, la preghiera resta il più potente aiuto per agire contro lo Spirito ossessore.

47. Nell'ossessione, lo Spirito agisce esteriormente con l'aiuto del suo perispirito, ch'egli identifica con quello dell'incarnato. Questi allora si trova come avviluppato in una rete e costretto ad agire contro la sua volontà.

Nelle possessione, invece di agire esteriormente, lo Spirito libero si sostituisce, per così dire, allo Spirito incarnato; prende domicilio nel suo corpo, senza tuttavia che questo lo abbandoni definitivamente, cosa che non può avvenire se non alla morte. La possessione è dunque sempre temporanea e intermittente, perché uno Spirito disincarnato non può prendere definitivamente il posto e il corpo di uno Spirito incarnato, dato che l'unione molecolare del perispirito e del corpo non può effettuarsi che al momento della concezione (cap. XI n. 18).

Lo Spirito, in momentaneo possesso del corpo dell'incarnato, se ne serve come se fosse il suo proprio; parla con la sua bocca, vede con i suoi occhi, agisce con le sue braccia, come farebbe se fosse vivo. Tutto ciò non è come nella medianità parlante, dove lo Spirito incarnato parla trasmettendo il pensiero d'uno Spirito disincarnato. Nel caso della possessione è proprio quest'ultimo che parla e che agisce; e se lo si è conosciuto da vivo, lo si riconoscerà dal suo linguaggio, dalla sua voce, dai suoi gesti e perfino dall'espressione della sua fisionomia.

48. L'ossessione è sempre l'azione d'uno Spirito malevolo. La possessione può essere, invece, anche l'azione di uno Spirito buono che vuole parlare e che, per fare più impressione sui suoi ascoltatori, prende in prestito il corpo di un incarnato, che questo gli presta volontariamente come si presta il proprio abito. Questo accade senza alcun turbamento né disagio: durante questo tempo lo Spirito incarnato si trova in libertà come nello stato di emancipazione e il più delle volte rimane a fianco del suo sostituto per ascoltarlo.

Quando lo Spirito possessore è malvagio, le cose vanno ben altrimenti. Egli non prende affatto in prestito il corpo, se ne impadronisce, qualora il proprietario non abbia la forza morale per resistergli. Egli agisce così per cattiveria nei confronti di questo, che tortura e martirizza in tutte le maniere, fino al punto di volerlo far perire, sia per strangolamento sia spingendolo nel fuoco o in altri luoghi pericolosi. Servendosi delle membra e degli organi dell'infelice paziente, bestemmia e ingiuria, maltrattando coloro che l'attorniano. Poi si lascia andare a eccentricità e ad atti che hanno tutte le caratteristiche della pazzia furiosa.

Casi di questo genere, in gradi diversi d'intensità, sono molto numerosi, e molti casi di follia non hanno altra causa. Spesso vi si aggiungono disordini patologici, i quali non ne sono che la conseguenza, e contro i quali i trattamenti medici sono impotenti fino a quando sussiste la causa originaria. Lo Spiritismo, facendo conoscere questa fonte, da cui proviene una parte delle miserie umane, indica il mezzo per rimediarvi. Questo mezzo consiste nell'agire sull'autore del male, il quale, essendo un essere intelligente, deve essere trattato con intelligenza. [80]

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[80] Esempi di guarigione dall'ossessione e dalla possessione: Rivista Spiritista, dicembre 1863, pag. 373; - gennaio 1864, pag. 11; - giugno 1864, pag. 168; - gennaio 1865, pag. 5; - giugno 1865, pag. 172; - febbraio 1866, pag. 38; - giugno 1867, pag. 174.
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49. L'ossessione e la possessione sono il più delle volte individuali, ma talvolta sono epidemiche. Allorché una nube di Spiriti malvagi si abbatte su una località, è come se una truppa di nemici stesse per invaderla. In questo caso il numero di individui colpiti può essere considerevole. [81]

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[81] È un'epidemia di questo genere che da alcuni anni infierisce nel villaggio di Morzine, nella Savoia (si veda la relazione completa di questa epidemia sulla Rivista Spiritista, dicembre 1862, pag. 353; gennaio, febbraio, aprile e maggio 1863, pp. 1, 33, 101, 133).

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Capitolo XV - I MIRACOLI DEL VANGELO



Superiorità della natura di Gesù

1. I fatti riportati nel Vangelo, e che sono stati fino a oggi considerati miracolosi, appartengono, per la maggior parte, all'ordine dei fenomeni psichici, vale a dire di quei fenomeni che hanno come causa prima le facoltà e gli attributi dell'anima. Confrontandoli con quelli che sono descritti e spiegati nel capitolo precedente, si riconosce senza difficoltà che c'è tra loro identità di causa ed effetto. La storia ce ne mostra di analoghi in tutti i tempi e presso tutti i popoli, per la ragione che, essendoci anime incarnate e anime disincarnate, necessariamente non potevano che prodursi i medesimi effetti. Si può, è vero, contestare su questo punto la veridicità della storia; ma al giorno d'oggi tali fenomeni si producono sotto i nostri occhi, per così dire a volontà e da parte di individui che non hanno nulla di eccezionale. Il solo fatto della riproduzione di un fenomeno in identiche condizioni è sufficiente per provare ch'esso è possibile, che è sottoposto a una legge e che, di conseguenza, non è miracoloso.

Il principio dei fenomeni psichici poggia, come si è visto, sulle proprietà del fluido perispiritistico, che costituisce l'agente magnetico; poggia sulle manifestazioni della vita spirituale, durante la vita e dopo la morte; poggia infine sullo stato costitutivo degli Spiriti e sul loro ruolo come forza attiva della natura. Conosciuti questi elementi e costatati i loro effetti, si deve ammettere, di conseguenza, la possibilità di certi fatti, che venivano respinti quando si attribuiva loro un'origine soprannaturale.

2. Senza alcun pregiudizio circa la natura del Cristo, che non entra nel quadro d'esame di quest'opera, e considerandolo, per ipotesi, soltanto come uno Spirito superiore, non ci si può esimere dal riconoscere in lui uno degli Spiriti dell'ordine più elevato, e che è collocato per le sue virtù ben al di sopra dell'umanità terrena. Per gli immensi risultati che ha prodotto, la sua incarnazione in questo mondo non poteva essere che una di quelle missioni affidata soltanto ai diretti messaggeri della Divinità per la realizzazione dei Suoi disegni. Anche supponendo che egli non fosse Dio stesso, ma un inviato di Dio per trasmettere la Sua parola, sarebbe comunque più di un profeta, poiché sarebbe un Messia divino.

Come uomo, egli aveva l'organismo di ogni essere carnale; ma come puro Spirito, distaccato dalla materia, doveva vivere senz'altro più della vita spirituale che di quella carnale, di cui però non possedeva affatto le debolezze. La superiorità di Gesù sugli uomini non derivava affatto dalle qualità particolari del suo colpo, ma dalle qualità del suo Spirito, che dominava la materia in maniera assoluta, e da quelle del suo perispirito, tratto dalla parte più quintessenziata dei fluidi terrestri (cap. XIV, n. 9). La sua anima non doveva essere legata al corpo che per i legami strettamente indispensabili; costantemente liberata, essa doveva dargli una doppia vista non solo permanente, ma anche di una penetrazione eccezionale e ben altrimenti superiore a quella ordinaria che possiedono gli uomini comuni. Lo stesso doveva essere riguardo a tutti i fenomeni che dipendono dai fluidi perispiritistici o psichici. La qualità di questi fluidi gli donava una immensa potenza magnetica, favorita dall'incessante desiderio di compiere il bene.

Nelle guarigioni ch'egli operava, agiva come medium? Possiamo considerarlo come un potente medium guaritore? No, perché il medium è un intermediario, uno strumento di cui si servono gli Spiriti disincarnati. Orbene, il Cristo non aveva certo bisogno di assistenza, proprio lui che assisteva gli altri! Egli agiva perciò da solo, in virtù del suo potere personale, come possono fare in certi casi gli incarnati e nella misura delle loro forze. Quale Spirito d'altronde avrebbe mai osato insinuargli i suoi propri pensieri, incaricandolo di trasmetterli? Se egli riceveva un influsso estraneo, questo non poteva essere che quello di Dio. Secondo una definizione data da uno Spirito, egli era medium di Dio.




I sogni

3. Giuseppe, narra il Vangelo, fu avvertito da un angelo, il quale gli apparve in sogno e gli disse di fuggire in Egitto con il Bambino (Matteo 2:19-23).

Gli avvertimenti per mezzo dei sogni rivestono un molo importante nei libri sacri di tutte le religioni. Senza garantire l'esattezza di tutti i fatti riportati e senza discuterli, il fenomeno in sé stesso non ha nulla di anormale, quando si sa che il tempo del sonno è quello in cui lo Spirito, liberandosi dai legami della materia, rientra momentaneamente nella vita spirituale, dove si ritrova con quelli che ha conosciuto. È spesso questo il momento che gli Spiriti protettori scelgono per manifestarsi ai loro protetti e dar loro dei consigli più diretti. Gli esempi di autentici avvertimenti per mezzo dei sogni sono numerosi, ma non se ne deve dedurre che tutti i sogni siano degli avvertimenti e, ancor meno, che tutto ciò che si vede in sogno abbia un suo significato. È doveroso includere tra le credenze superstiziose e assurde l'arte d'interpretare i sogni (cap. XIV, nn. 27-28).




La stella dei magi

4. Si narra che una stella apparve ai magi che andavano ad adorare Gesù; si narra anche che essa andava avanti a loro per indicare il cammino e che si arrestò quando furono arrivati (Matteo 2:1-12).

Il problema non è sapere se il fatto riportato da san Matteo è reale o se è soltanto una immagine per indicare che i magi furono guidati in maniera misteriosa verso il luogo dov'era il Bambino — dato che non esiste alcun mezzo di controllo — ma sapere se un fatto di tale natura è possibile.

Certo è che in quella circostanza la luce non poteva essere una stella. Lo si poteva credere a quell'epoca, quando si pensava che le stelle fossero dei punti luminosi attaccati al firmamento e che potevano cadere sulla Terra, ma non al giorno d'oggi che si conosce la loro natura.

Per il fatto di non avere la causa che gli si attribuisce, il fenomeno dell'apparizione di una luce avente l'apparenza di una stella non è per questo una cosa meno possibile. Uno Spirito può apparire sotto una forma luminosa oppure trasformare una parte del suo fluido perispiritistico in un punto luminoso. Parecchi fatti di questo genere, recenti e perfettamente autentici, non hanno altra causa, e questa causa non ha nulla di soprannaturale (cap. XIV, n. 13 e ss.).




Doppia vista



L'ingresso di Gesù in Gerusalemme

5. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero a Betfage, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: "Andate nella borgata che è di fronte a voi; troverete un'asina legata, e un puledro con essa; scioglieteli e conduceteli da me. Se qualcuno vi dice qualcosa, direte che il Signore ne ha bisogno, e subito li manderà".

Questo avvenne affinché si adempisse la parola del profeta:

`Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo re viene a te,

mansueto e montato sopra un'asina, e un asinello, puledro d'asina'".

I discepoli andarono e fecero come Gesù aveva loro ordinato; condussero l'asina e il puledro, vi misero sopra i loro mantelli e Gesù vi si pose a sedere. (Matteo 21:1-7) [10]

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[10] Nota del traduttore: L'originale francese attribuisce parte della citazione a Zaccaria 9:9-10. Questa citazione, invece, si trova interamente in Matteo 21:1-7 come da testo della Sacra Bibbia, cui faciamo riferimento.
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Il bacio di Giuda

6. "Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce è vicino."

Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei dodici, e insieme a lui una gran folla con spade e bastoni, da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo. Colui che lo tradiva, aveva dato loro un segnale, dicendo: "Quello che bacerò, è lui; prendetelo". E in quell'istante, avvicinatosi a Gesù, gli disse: "Ti saluto, Maestro!" e gli diede un lungo bacio. Ma Gesù gli disse: "Amico, che cosa sei venuto a fare?" Allora, avvicinatisi, gli misero le mani addosso e lo presero. (Matteo 26:46-50)




La pesca miracolosa

7. Mentre egli stava in piedi sulla riva del lago di Gennesaret e la folla si stringeva intorno a lui per udire la parola di Dio, Gesù vide due barche ferme a riva: da esse i pescatori erano smontati e lavavano le reti. Montato su una di quelle barche, che era di Simone, lo pregò di scostarsi un poco da terra; poi, sedutosi sulla barca, insegnava alla folla.

Com'ebbe terminato di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo, e gettate le reti per pescare". Simone gli rispose: "Maestro, tutta la notte ci siamo affaticati, e non abbiamo preso nulla; però, secondo la tua parola, getterò le reti". E, fatto così, presero una tal quantità di pesci, che le reti si rompevano. Allora fecero segno ai loro compagni dell'altra barca, di venire ad aiutarli. Quelli vennero e riempirono tutt'e due le barche, tanto che affondavano. (Luca 5:1-7)




Vocazioni di Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni e Matteo

8. Mentre camminava lungo il mare della Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone detto Pietro, e Andrea suo fratello, i quali gettavano la rete in mare, perché erano pescatori. E disse loro: "Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini". Ed essi, lasciate subito le reti, lo seguirono.

Passato oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni, suo fratello, i quali nella barca con Zebedeo, loro padre, rassettavano le reti; e li chiamò. Essi, lasciando subito la barca e il padre loro, lo seguirono. (Matteo 4:18-22)

Poi Gesù, partito di là, passando, vide un uomo chiamato Matteo, che sedeva al banco delle imposte e gli disse: "Seguimi". Ed egli, alzatosi, lo seguì. (Matteo 9:9)

9. Questi fatti non hanno niente di sorprendente, quando si conosca il potere della doppia vista e la causa, molto naturale, di questa facoltà. Gesù la possedeva al massimo grado, e si può dire ch'essa costituiva il suo stato normale, cosa che attesta un grande numero di atti della sua vita e che spiegano, al giorno d'oggi, i fenomeni magnetici e lo Spiritismo.

La pesca definita miracolosa egualmente si spiega con la doppia vista. Gesù non ha affatto prodotto spontaneamente dei pesci là dove non ce n'erano; egli ha visto — come avrebbe fatto chiunque avesse potuto vedere con lucidità — con la vista dell'anima il punto dove i pesci si trovavano e ha così potuto dire con sicurezza ai pescatori di gettarvi le loro reti.

L'acutezza del pensiero e, di conseguenza, certe previsioni derivano dalla vista spirituale. Quando Gesù chiama a sé Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni e Matteo, bisognava ch'egli conoscesse le loro disposizioni intime, per sapere che lo avrebbero seguito e che sarebbero stati in grado di compiere la missione che doveva affidare loro. Bisognava anche ch'essi stessi avessero l'intuizione di questa missione, per affidarsi così a lui. Avviene la stessa cosa quando, il giorno della Cena, Gesù annuncia che uno dei dodici lo tradirà, e lo indica dicendo che è quello che mette la mano nel piatto, e quando ancora dice che Pietro lo rinnegherà.

In molti passi del Vangelo, si legge: "Ma Gesù, conoscendo il loro pensiero, disse loro..." Ora, come poteva egli conoscere il loro pensiero se ciò non fosse avvenuto attraverso l'irraggiamento fluidico, che gli portava questo pensiero e, nello stesso tempo, attraverso la vista spirituale, che gli permetteva di leggere nell'intimo degli individui?

Spesso, supponendo che un pensiero si trovi profondamente sepolto nelle pieghe dell'anima, l'uomo non sospetta che porta dentro di sé uno specchio in cui quel pensiero si riflette, una sorta di rivelatore nel suo stesso irraggiamento fluidico, che ne è impregnato. Se si vedesse il meccanismo del mondo invisibile che ci circonda, le ramificazioni di questi fili conduttori del pensiero che legano tutti gli esseri intelligenti, corporei e incorporei, gli effluvi fluidici carichi delle impronte del mondo morale — e che, come delle correnti aeree, attraversano lo spazio — si sarebbe molto meno sorpresi di certi effetti, che solo l'ignoranza può attribuire al caso (cap. XIV, nn. 15, 22 e ss.).






Guarigioni



Perdita di sangue

10. Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni — molto aveva sofferto da molti medici, e aveva speso tutto ciò che possedeva senza nessun giovamento, anzi era piuttosto peggiorata — avendo udito parlare di Gesù, venne dietro tra la folla e gli toccò la veste, perché diceva: "Se riesco a toccare almeno le sue vesti, sarò salva". In quell'istante la sua emorragia ristagnò; ed ella sentì nel suo corpo di essere guarita da quella malattia. Subito Gesù, conscio della potenza che era emanata da lui, voltatosi indietro verso quella folla, disse: "Chi mi ha toccato le vesti?" I suoi discepoli gli dissero: "Tu vedi come la folla ti si stringe attorno e dici: 'Chi mi ha toccato?" Ed egli guardava attorno per vedere colei che aveva fatto questo. Ma la donna paurosa e tremante, ben sapendo quello che era avvenuto in lei, venne, gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità. Ma Gesù le disse: "Figliola, la tua fede ti ha salvata; va' in pace e sii guarita dal tuo male". (Marco 5:25-34)

11.Queste parole: conscio della potenza che era emanata da lui, sono significative. Esse esprimono il movimento fluidico che si effettuava da Gesù alla donna malata; tutti e due avevano avvertito l'azione che si era appena prodotta. È da notare che l'effetto non è stato provocato da nessun atto della volontà da parte di Gesù; non c'è stata né magnetizzazione né imposizione delle mani. È stato sufficiente il normale irraggiamento fluidico per realizzare la guarigione.

Ma perché questo irraggiamento si è diretto verso questa donna piuttosto che verso altri, dal momento che Gesù non pensava a lei ed era attorniato dalla folla?

La ragione di ciò è molto semplice. Poiché il fluido viene elargito come materia terapeutica, bisogna ch'esso riguardi il disordine organico al fine di rimediarvi. Tale fluido può essere diretto sulla parte malata attraverso la volontà del guaritore oppure attirato dal desiderio ardente, dalla fiducia, in una parola dalla fede del malato. Riguardo alla corrente fluidica, nel primo caso si ha un effetto simile a quello di una pompa premente, nel secondo caso di una pompa aspirante. Alcune volte è necessaria la simultaneità dei due effetti, altre volte ne basta uno solo. Nella circostanza di cui abbiamo parlato si è verificato il secondo caso.

Gesù aveva dunque ragione di dire: «La tua fede ti ha salvata». Ben si comprende come qui la fede non sia quella virtù mistica, quale la intendono certe persone, ma sia invece una vera forza attrattiva; chi non la possiede oppone alla corrente fluidica una forza repulsiva o, quanto meno, una forza d'inerzia che paralizza l'azione. Stando così le cose, è pertanto facile comprendere che tra due malati colpiti dal medesimo male e che si trovino entrambi di fronte a un guaritore, uno possa essere guarito e l'altro no. È questo uno dei più importanti principi della medianità guaritrice, e che spiega, attraverso una causa molto naturale, certe apparenti anomalie (cap. XIV, nn. 31-33).




Il cieco di Betsaida

12. Giunsero a Betsaida; fu condotto a Gesù un cieco, e lo pregarono che lo toccasse. Egli, preso il cieco per la mano, lo condusse fuori dal villaggio; gli sputò sugli occhi, pose le mani su di lui, e gli domandò: "Vedi qualche cosa?" Egli aprì gli occhi e disse: "Scorgo gli uomini, perché li vedo come alberi che camminano". Poi Gesù gli mise di nuovo le mani sugli occhi; ed egli guardò e fu guarito e vedeva ogni cosa chiaramente. Gesù lo rimandò a casa sua e gli disse: "Non entrare neppure nel villaggio". (Marco 8:22-26)

13. Qui l'effetto magnetico è evidente; la guarigione non è stata istantanea, ma graduale e in conseguenza di un'azione prolungata e reiterata, benché più rapida che nella magnetizzazione ordinaria. La prima sensazione di quell'uomo è proprio quella che provano i ciechi nel recuperare la vista; per un effetto ottico, gli oggetti appaiano loro di una grandezza smisurata.




Il paralitico

14. Gesù, entrato in una barca, passò all'altra riva e venne nella sua città. Ed ecco gli portarono un paralitico disteso sopra un letto. Gesù, veduta la loro fede, disse al paralitico: "Figliolo, coraggio, i tuoi peccati ti sono perdonati". Ed ecco alcuni scribi pensarono dentro di sé: "Costui bestemmia". Ma Gesù, conosciuti i loro pensieri, disse: "Perché pensate cose malvagie nei vostri cuori?" Infatti, che cos'è più facile, dire: "I tuoi peccati ti sono perdonati", o dire: "Alzati e cammina?" Ma, affinché sappiate che il Figlio dell'uomo ha sulla terra autorità di perdonare i peccati. "Alzati", disse allora al paralitico, "prendi il tuo letto e vattene a casa".

Il paralitico si alzò e se ne andò a casa sua. Visto ciò, la folla fu presa da timore e glorificò Dio, che aveva dato tale autorità agli uomini. (Matteo 9:1-8)

15. Che cosa potevano significare le parole: "I tuoi peccati ti sono perdonati"? E a che cosa potevano servire per la guarigione? Lo Spiritismo ce ne dà la spiegazione, così come per una infinità di altre parole, fino al giorno d'oggi incomprese. Lo Spiritismo ci insegna, attraverso la legge della pluralità delle esistenze, che i mali e le sofferenze della vita sono spesso espiazioni del passato, e che noi subiamo nella vita presente le conseguenze degli errori che abbiamo commesso in una esistenza anteriore. Infatti le varie esistenze sono collegate le une alle altre, fino a quando non sia stato pagato il prezzo delle proprie imperfezioni.

Se dunque l'infermità di quell'uomo era una punizione per il male che aveva potuto commettere, dicendogli Gesù: "I tuoi peccati ti sono perdonati", era come dirgli: "Tu hai pagato il tuo debito. La causa della tua malattia è cancellata dalla tua fede presente; di conseguenza tu meriti d'essere liberato dalla tua infermità". È per questo ch'egli dice agli scribi: "Quanto è facile dire: i tuoi peccati ti sono perdonati, altrettanto lo è: alzati e cammina". Poiché la causa è cessata, deve cessare anche l'effetto. Il caso è analogo a quello del prigioniero a cui si sta per dire: "Il tuo reato è espiato e perdonato", il che equivarrebbe a dirgli: "Puoi uscire di prigione".




I dieci lebbrosi

16. Nel recarsi a Gerusalemme, Gesù passava sui confini della Samaria e della Galilea. Come entrava in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, i quali si fermarono lontano da lui, e alzarono la voce, dicendo: "Gesù, Maestro, abbi pietà di noi!" Vedutili, egli disse loro: "Andate a mostrarvi ai sacerdoti". E, mentre andavano, furono purificati.

Uno di loro vedendo che era purificato, tornò indietro, glorificando Dio ad alta voce; e si gettò ai piedi di Gesù con la faccia a terra, ringraziandolo; ed era un samaritano.

Gesù, rispondendo, disse: "I dieci non sono stati tutti purificati? Dove sono gli altri nove? Non si è trovato nessuno che sia tornato per dar gloria a Dio tranne questo straniero?" E gli disse: "Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato". (Luca 17:11-19)

17. I Samaritani erano degli scismatici — pressappoco come i Protestanti rispetto ai Cattolici — ed erano disprezzati come eretici dagli Ebrei. Gesù, guarendo indistintamente i Samaritani e gli Ebrei, dà nello stesso tempo una lezione e un esempio di tolleranza. Inoltre, facendo egli notare come soltanto il Samaritano fosse ritornato a render gloria a Dio, egli dimostrava che c'era in quello più vera fede e riconoscenza che presso coloro che venivano ritenuti ortodossi. Aggiungendo poi: "La tua fede ti ha salvato", egli fa vedere che Dio considera ciò che c'è nel profondo del cuore e non la forma esteriore dell'adorazione. Tuttavia anche gli altri sono stati guariti: ciò era necessario per la lezione ch'egli voleva dispensare e per provare la loro ingratitudine. Chissà, però, che sarà stato di loro e chissà se essi avranno beneficiato del favore che era stato loro accordato! Dicendo Gesù al Samaritano: "La tua fede ti ha salvato" egli fa capire che non sarà lo stesso per gli altri.




La mano paralizzata

18. Poi [Gesù] entrò di nuovo nella sinagoga; là stava un uomo che aveva la mano paralizzata. E l'osservavano per vedere se lo avrebbe guarito in giorno di sabato, per poterlo accusare. Egli disse all'uomo che aveva la mano paralizzata: "Alzati là nel mezzo!" Poi domandò loro: "È permesso, in un giorno di sabato, fare del bene o fare del male? Salvare una persona o ucciderla?" Ma quelli tacevano. Allora Gesù, guardatili tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza del loro cuore, disse all'uomo: "Stendi la mano!" Egli la stese, e la sua mano tornò sana.

I farisei, usciti, tennero subito consiglio con gli erodiani contro di lui, per farlo morire.

Poi Gesù si ritirò con i suoi discepoli verso il mare; e dalla Galilea una gran folla lo seguì; e dalla Giudea, da Gerusalemme, dalla Idumea e da oltre il Giordano e dai dintorni di Tiro e di Sidone una gran folla, udendo quante cose egli faceva, andò da lui. (Marco 3:1-8)




La donna paralitica

19. Gesù stava insegnando di sabato in una sinagoga. Ecco una donna, che da diciotto anni aveva uno Spirito che la rendeva inferma, ed era tutta curva e assolutamente incapace di raddrizzarsi. Gesù, vedutala, la chiamò a sé e le disse: "Donna, tu sei liberata dalla tua infermità". Pose le mani su di lei, e nello stesso momento ella fu raddrizzata e glorificava Dio.

Or il capo della sinagoga, indignato che Gesù avesse fatto una guarigione di sabato, disse alla folla: "Ci sono sei giorni nei quali si deve lavorare; venite dunque in quelli a farvi guarire, e non in giorno di sabato".

Ma il Signore gli rispose: "Ipocriti, ciascuno di voi non scioglie, di sabato, il suo bue o il suo asino dalla mangiatoia per condurlo a bere? E questa, che è figlia di Abraamo, e che Satana aveva tenuto legata per ben diciotto anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?" Mentre diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, e la moltitudine si rallegrava di tutte le opere gloriose da lui compiute. (Luca 13:10-17)

20. Questo fatto prova che a quell'epoca la maggior parte delle malattie era attribuita al demonio, e che si confondevano, come al giorno d'oggi, i posseduti con i malati, ma in senso inverso. Vale a dire che al giorno d'oggi coloro che non credono agli Spiriti malvagi confondono le ossessioni con le malattie patologiche.




Il paralitico della piscina

21. Dopo queste cose ci fu una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.

Or a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, c'è una vasca, chiamata in ebraico Betesda, che ha cinque portici. Sotto questi portici giaceva un gran numero d'infermi, di ciechi, di zoppi, di paralitici, i quali aspettavano l'agitarsi dell'acqua; perché un angelo scendeva nella vasca e metteva l'acqua in movimento; e il primo che vi scendeva dopo che l'acqua era stata agitata era guarito di qualunque malattia fosse colpito.

Là c'era un uomo che da trentotto anni era infermo. Gesù, vedutolo che giaceva e sapendo che già da lungo tempo stava così, gli disse: "Vuoi guarire?" L'infermo gli rispose: "Signore, io non ho nessuno che, quando l'acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me". Gesù gli disse: "Àlzati, prendi il tuo lettuccio, e cammina". In quell'istante quell'uomo fu guarito; e, preso il suo lettuccio, si mise a camminare.

Quel giorno era un sabato; perciò i Giudei dissero all'uomo guarito: "È sabato, e non ti è permesso portare il tuo lettuccio". Ma egli rispose loro: "Colui che mi ha guarito mi ha detto: 'Prendi il tuo lettuccio e cammina. Essi gli domandarono: "Chi è l'uomo che ti ha detto: 'Prendi il tuo lettuccio e cammina'?" Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, perché in quel luogo c'era molta gente. Più tardi Gesù lo trovò nel tempio, e gli disse: "Ecco tu sei guarito; non peccare più, ché non ti accada di peggio". L'uomo se ne andò, e disse ai Giudei che colui che l'aveva guarito era Gesù. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavano di ucciderlo; perché faceva quelle cose di sabato.

Gesù rispose loro: "Il Padre mio opera fino ad ora, e anch'io opero". (Giovanni 5:1-17)

22. Presso i Romani, veniva chiamata piscina (dal termine latino piscis,pesce) una riserva o un vivaio in cui si allevavano pesci. Più tardi, l'accezione di questo termine fu estesa ai bacini d'acqua destinati ai bagni in comune.

La piscina di Betesda, a Gerusalemme, era una cisterna, vicino al tempio, alimentata da una sorgente naturale, la cui acqua pareva avesse delle proprietà curative. Senza dubbio era, questa, una sorgente intermittente, da cui in certe epoche l'acqua sgorgava con forza agitandone la massa. Secondo la credenza popolare, era questo il momento più favorevole per le guarigioni. In realtà, è probabile che, nel momento del suo maggior deflusso, l'acqua possedesse proprietà più attive, oppure che il sommovimento, provocato dall'acqua che sgorgava con forza, rimuovesse la fanghiglia del fondo, che si rivelava salutare in certe malattie. Questi effetti sono molto naturali e perfettamente conosciuti al giorno d'oggi; ma allora le scienze erano poco avanzate, e si scorgeva una causa soprannaturale nella maggior parte dei fenomeni incompresi. I Giudei attribuivano dunque l'agitazione di quest'acqua alla presenza di un angelo, e tale credenza sembrava loro tanto più fondata, in quanto in quei momenti l'acqua era più benefica.

Dopo aver guarito quell'uomo, Gesù gli disse: "Per l'avvenire non peccare più, di modo che non ti capiti qualcosa di peggio". Con queste parole, egli fa intendere a quell'uomo che la sua malattia era una punizione e che s'egli non fosse migliorato, avrebbe potuto essere punito di nuovo e ancor più rigorosamente. Questa dottrina è completamente conforme a quella che insegna lo Spiritismo.

23. Sembrava quasi che Gesù si facesse un punto d'onore del fatto di operare le sue guarigioni il giorno del sabato, per avere l'occasione di protestare contro il rigorismo dei farisei riguardo all'osservanza di questo giorno. Egli voleva dimostrare che la vera pietà non consiste nell'osservanza delle pratiche esteriori e degli esercizi formali, ma che essa sta nei sentimenti del cuore. Egli si giustificava dicendo: "Il Padre mio non cessa di agire fino al momento attuale, e anch'io agisco incessantemente". Dio, cioè, non sospende affatto le Sue opere né la Sua azione sulle cose della natura il giorno di sabato. Egli continua a far sì che si produca ciò che è necessario al vostro nutrimento e alla vostra salute, e io seguo il Suo esempio.




Il cieco fin dalla nascita

24. Passando vide un uomo, che era cieco fin dalla nascita. I suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: "Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?" Gesù rispose: "Né lui ha peccato, né i suoi genitori; ma è così, affinché le opere di Dio siano manifestate in lui. Bisogna che io compia le opere di colui che mi ha mandato mentre è giorno; la notte viene in cui nessuno può operare. Mentre sono nel mondo, io sono la luce del mondo".

Detto questo, sputò in terra, fece del fango con la saliva e ne spalmò gli occhi del cieco e gli disse: "Va’, làvati nella vasca di Siloe" (che significa mandato). Egli dunque andò, si lavò, e tornò che ci vedeva. Perciò i vicini e quelli che l'avevano visto prima, perché era mendicante, dicevano: "Non è questo colui che stava seduto a chieder l'elemosina?" Alcuni dicevano: "È lui". Altri dicevano: "No, ma gli somiglia". Egli diceva: "Sono io". Allora essi gli domandarono: "Com'è che ti sono stati aperti gli occhi?" Egli rispose: "Quell'uomo che si chiama Gesù fece del fango, me ne spalmò gli occhi e mi disse: 'Va’ a Siloe e làvati'. Io quindi sono andato, mi son lavato e ho ricuperato la vista". Ed essi gli dissero: "Dov'è costui?" Egli rispose: "Non so".

Condussero dai farisei colui che era stato cieco. Or era in giorno di sabato che Gesù aveva fatto il fango e gli aveva aperto gli occhi. I farisei dunque gli domandarono di nuovo come egli avesse ricuperato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo". Perciò alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non è da Dio perché non osserva il sabato". Ma altri dicevano: "Come può un peccatore fare tali miracoli?" E vi era disaccordo tra di loro. Essi dunque dissero di nuovo al cieco: "Tu, che dici di lui, poiché ti ha aperto gli occhi?" Egli rispose: "È un profeta".

I Giudei però non credettero che lui fosse stato cieco e avesse ricuperato la vista, finché non ebbero chiamato i genitori di colui che aveva ricuperato la vista, e li ebbero interrogati così: "È questo vostro figlio che dite esser nato cieco? Com'è dunque che ora ci vede?" I suoi genitori risposero: "Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda, non sappiamo, né sappiamo chi gli abbia aperto gli occhi; domandatelo a lui; egli è adulto, parlerà lui di sé". Questo dissero i suoi genitori perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che se uno avesse riconosciuto Gesù come Cristo, sarebbe stato espulso dalla sinagoga. Per questo, i suoi genitori dissero: "Egli è adulto, domandatelo a lui".

Essi dunque chiamarono per la seconda volta l'uomo che era stato cieco, e gli dissero: "Dà gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore". Egli rispose: "Se egli sia un peccatore, non so; una cosa so, che ero cieco e ora ci vedo". Essi allora gli dissero: "Che cosa ti ha fatto? Come ti aprì gli occhi?" Egli rispose loro: "Ve l'ho già detto e voi non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventar suoi discepoli anche voi?" Essi lo insultarono e dissero: "Sei tu discepolo di costui! Noi siamo discepoli di Mosè. Noi sappiamo che a Mosè Dio ha parlato; ma in quanto a costui, non sappiamo di dove sia". L'uomo rispose loro: "Questo poi è strano: che voi non sappiate di dove sia; eppure mi ha aperto gli occhi! Si sa che Dio non esaudisce i peccatori; ma se uno è pio e fa la volontà di Dio, egli lo esaudisce. Da che mondo è mondo non si è mai udito che uno abbia aperto gli occhi a uno nato cieco. Se quest'uomo non fosse da Dio, non potrebbe far nulla". Essi gli risposero: "Tu sei tutto quanto nato nel peccato e insegni a noi?" E lo cacciarono fuori. (Giovanni 9:1-34)

25. Questo racconto, così semplice e così ingenuo, porta in sé un evidente carattere di verità. Nulla di fantastico, nulla di meraviglioso. È una scena presa direttamente dalla vita reale. Il linguaggio di questo cieco è proprio quello degli uomini semplici, nei quali l'ignoranza è compensata dal buon senso, mentre bonomia e ragionamenti, che non mancano né di giustizia né di senso dell'opportunità, sono le armi con cui essi ribattono agli argomenti dei loro avversari. Il tono dei farisei non è forse quello degli orgogliosi, che non ammettono nulla al di sopra della loro intelligenza e che s'indignano al solo pensiero che un uomo del popolo possa dar loro dei punti? Fatta eccezione per il colore locale dei nomi, si potrebbero credere scene dei giorni nostri.

Essere scacciato dalla sinagoga equivaleva a esser allontanato dalla Chiesa; si trattava di una sorta di scomunica. Gli Spiritisti, la cui dottrina è quella del Cristo interpretata secondo il progresso dei lumi attuali, vengono trattati come i Giudei che riconoscevano in Gesù il Messia. Scomunicandoli, li si mette fuori dalla Chiesa, come fecero gli scribi e i farisei nei confronti dei seguaci di Gesù. Così ecco un uomo che viene scacciato, perché non può credere che colui che l'ha guarito sia un posseduto del demonio, e perché egli glorifica Dio per la sua guarigione! Non è forse ciò che viene fatto nei confronti degli Spiritisti? Quanto questi ottengono — saggi consigli dagli Spiriti, ritorno a Dio e al bene, guarigioni — tutto è opera del diavolo, e anatemi vengono scagliati contro di loro. Non si è forse sentito dire da certi preti, dall'alto dei loro pulpiti, che val meglio rimanere miscredenti piuttosto che riacquistare la fede attraverso lo Spiritismo? Non si è forse sentito dire a dei mala ti che mai avrebbero dovuto farsi guarire dagli Spiritisti, i quali possedevano tale dono, in quanto questo è un dono satanico? Da altri non si è forse sentito predicare che gli sventurati non dovevano accettare il pane distribuito dagli Spiritisti, perché era il pane del diavolo? Forse che i sacerdoti ebrei e i farisei dicevano e facevano qualcosa di più? D'altronde è detto: tutto deve accadere oggi come ai tempi del Cristo.

La domanda dei discepoli: "È stato il peccato di quest'uomo che ha fatto sì che egli nascesse cieco?" rivela ch'essi avevano l'intuizione di una esistenza anteriore, altrimenti tale domanda non avrebbe senso. Infatti, il peccato che fosse la causa di una infermità fin dalla nascita dovrebbe essere stato commesso prima della nascita e, di conseguenza, in una esistenza anteriore. Se Gesù avesse ravvisato in ciò una idea falsa, avrebbe detto loro: "Come quest'uomo avrebbe potuto peccare prima d'essere nato?" Invece di ciò, egli dice loro che se quest'uomo è cieco, non è perché egli ha peccato, ma è cieco affinché la potenza di Dio risplenda in lui; vale a dire ch'egli doveva essere lo strumento di una manifestazione della potenza di Dio. Se non si trattava di una espiazione del passato, si trattava di una prova che doveva servire al suo avanzamento, perché Dio, che è giusto, non poteva certamente imporgli una sofferenza senza ricompensa.

In quanto al mezzo impiegato per guarirlo, è evidente che quella specie di fango fatto di terra e saliva non poteva avere altra virtù se non per l'azione del fluido guaritore di cui quel fango era impregnato. È così che le sostanze più insignificanti, per esempio l'acqua, possono acquisire potenti ed effettive qualità sotto l'azione del fluido spirituale o magnetico, al quale esse servono da veicolo o, se si preferisce, da serbatoio.





Numerose guarigioni di Gesù

26. Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando il Vangelo del regno, guarendo ogni malattia e ogni infermità tra il popolo. La sua fama si sparse per tutta la Siria; gli recarono tutti i malati colpiti da varie infermità e da vari dolori, indemoniati, epilettici, paralitici; ed egli li guarì. Grandi folle lo seguirono dalla Galilea, dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano. (Matteo 4:23-25)

27. Di tutti i fatti che testimoniano la potenza di Gesù, i più numerosi sono incontestabilmente le guarigioni. Egli voleva dimostrare in tal modo che il vero potere è quello che produce il bene, che il suo scopo era quello di rendersi utile e non quello di soddisfare la curiosità degli indifferenti per mezzo di cose straordinarie.

Alleviando la sofferenza, egli legava a sé la gente dalla parte del cuore e raccoglieva così proseliti più numerosi e più sinceri che se costoro fossero stati colpiti solo dallo spettacolo che si svolgeva davanti ai loro occhi. Con questo mezzo egli si faceva amare, mentre se si fosse limitato a produrre degli effetti materiali sorprendenti, come ne richiedevano i farisei, la maggior parte della gente non avrebbe visto in lui che un mago o un abile prestigiatore che i perdigiorno sarebbero stati lì a guardare per distrarsi.

Così, quando Giovanni Battista gli manda a chiedere dai suoi discepoli se è il Cristo, egli non dice: "Lo sono", poiché qualsiasi impostoreavrebbe potuto dire altrettanto; non parla loro né di prodigi né di cose meravigliose, ma risponde loro semplicemente: "Andate a dire a Giovanni: i ciechi vedono, i malati sono guariti, i sordi odono, il Vangelo è annunciato ai poveri". Era lo stesso che dire: "Riconoscetemi dalle mie opere, giudicate l'albero dal suo frutto", perché questo è il vero carattere della sua missione divina.

28. Lo Spiritismo dà prova della sua missione provvidenziale anche attraverso il bene che riesce a mettere in atto. Esso guarisce i mali fisici; ma guarisce soprattutto le malattie morali, e sono proprio questi i più grandi prodigi con i quali esso si afferma. I suoi più sinceri adepti non sono quelli che sono stati colpiti solo dalla visione dei fenomeni straordinari, ma quelli che sono stati toccati al cuore dalla consolazione; quelli che sono stati liberati dai tormenti del dubbio; quelli il cui coraggio è stato rafforzato nelle afflizioni; quelli che hanno attinto la forza nella certezza dell'avvenire — certezza che lo Spiritismo ha loro apportato —, nella consapevolezza del loro essere spirituale e della sua destinazione. Quelli, ecco, la cui fede è incrollabile, perché ascoltano e comprendono.

Coloro che vedono nello Spiritismo soltanto degli effetti materiali non possono comprendere la sua forza morale. Anche gli increduli, i quali non lo conoscono se non attraverso quei fenomeni di cui non ammettono la causa prima, non vedono negli Spiritisti se non dei prestigiatori e dei ciarlatani. Non è dunque attraverso dei prodigi che lo Spiritismo trionferà sull'incredulità, ma moltiplicando i suoi benefici morali. Infatti se gli increduli non ammettono i prodigi, essi conoscono, come tutti, le sofferenze e le afflizioni, e nessuno, si sa, rifiuta il sollievo e la consolazione.





I posseduti

29. Vennero a Cafarnao; e subito il sabato, Gesù, entrato nella sinagoga, insegnava. Essi si stupivano del suo insegnamento, perché egli insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi.

In quel momento si trovava nella loro sinagoga un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale prese a gridare: "Che c'è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per mandarci in perdizione? Io so chi sei: Il Santo di Dio!" Gesù lo sgridò, dicendo: "Sta' zitto ed esci da costui!" E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. E tutti si stupirono e si domandavano tra di loro: "Che cos'è mai questo? È un nuovo insegnamento dato con autorità! Egli comanda perfino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono!" (Marco 1:21-27)

30. Mentre quei ciechi uscivano, gli fu presentato un uomo muto e indemoniato. Scacciato che fu il demonio, il muto parlò. E la folla si meravigliava dicendo: "Non si è mai vista una cosa simile in Israele". Ma i farisei dicevano: "Egli scaccia i demòni con l'aiuto del principe dei demòni". (Matteo 9:32-34)

31. Giunti presso i discepoli, videro intorno a loro una gran folla e degli scribi che discutevano con loro. Subito tutta la gente, come vide Gesù, fu sorpresa e accorse a salutarlo. Egli domandò: "Di che cosa discutete con loro?" Uno della folla gli rispose: "Maestro, ho condotto da te mio figlio che ha uno spirito muto; e, quando si impadronisce di lui, dovunque sia, lo fa cadere a terra; egli schiuma, stride i denti e rimane rigido. Ho detto ai tuoi discepoli che lo scacciassero, ma non hanno potuto". Gesù disse loro: "O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò? Portatelo qui da me". Glielo condussero; e come vide Gesù, subito lo spirito cominciò a contorcere il ragazzo con le convulsioni; e, caduto a terra, si rotolava schiumando. Gesù domandò al padre: "Da quanto tempo gli avviene questo?" Egli disse: "Dalla sua infanzia; e spesse volte lo ha gettato anche nel fuoco e nell'acqua per farlo perire; ma tu, se puoi fare qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci". E Gesù: "Dici: 'Se puoi!' Ogni cosa è possibile per chi crede". Subito il padre del bambino esclamò: "Io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità". Gesù, vedendo che la folla accorreva, sgridò lo spirito immondo, dicendogli: "Spirito muto e sordo, io te lo comando, esci da lui e non rientrarvi più". Lo spirito, gridando e straziandolo forte, uscì; e il bambino rimase come morto, e quasi tutti dicevano: "È morto". Ma Gesù lo sollevò ed egli si alzò in piedi.

Quando Gesù fu entrato in casa, i suoi discepoli gli domandarono in privato: "Perché non abbiamo potuto scacciarlo noi?" Egli disse loro: “Questa specie di spiriti non si può fare uscire in altro modo che con la Preghiera”. (Marco 9:14-29) [12]

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[12] Nota del traduttore: Nel testo della Sacra Bibbia, cui facciamo riferimento, questa citazione si trova in Marco 9:14-29 e non in Marco 9:13-28 come scritto nell'originale francese.
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32. Allora gli fu presentato un indemoniato, cieco e muto; ed egli lo guarì, in modo che il muto parlava e vedeva. E tutta la folla stupiva e diceva: "Non è questi il figlio di Davide?"

Ma i farisei, udendo ciò, dissero: "Costui non scaccia i demoni se non per l'aiuto di Belzebù, principe dei demoni". Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse loro: "Ogni regno diviso contro sé stesso va in rovina; e ogni città o casa divisa contro sé stessa non potrà reggere. Se Satana scaccia Satana, egli è diviso contro sé stesso; come dunque potrà sussistere il suo regno? E se io scaccio i demoni con l'aiuto di Belzebù, con l'aiuto di chi li scacciano i vostri figli? Per questo, essi stessi saranno i vostri giudici. Ma se è con l'aiuto dello Spirito di Dio che io scaccio i demoni, è dunque giunto fino a voi il regno di Dio. (Matteo 12:22-28)

33. Le liberazioni dei posseduti figurano, insieme alle guarigioni, tra gli atti più numerosi di Gesù. Tra i fatti di tale natura, ve ne sono alcuni, come quello riportato qui sopra, nel numero 30, in cui la possessione non è molto evidente. È probabile che a quell'epoca, come d'altronde succede ancor oggi, si attribuisse all'influenza dei demoni ogni malattia la cui causa fosse sconosciuta. Ciò avveniva principalmente nei casi di mutismo, epilessia e catalessi. Ci sono casi, però, in cui l'azione di Spiriti malvagi è indubitabile; essi hanno con quelli di cui noi siamo testimoni un'analogia così sorprendente che vi si riconoscono tutti i sintomi di quel genere di affezione. La prova della partecipazione di una intelligenza occulta, in simili casi, nasce da un fatto materiale: sono le numerose guarigioni radicali ottenute, in alcuni centri spiritisti, per mezzo della sola evocazione e moralizzazione degli Spiriti ossessori, senza magnetizzazione né medicinali, e spesso in assenza e a notevole distanza del paziente. L'immensa superiorità conferiva al Cristo una tale autorità sugli Spiriti imperfetti, allora chiamati demoni, che gli era sufficiente comandare loro di ritirarsi, perché essi non potessero resistere a tale ingiunzione (cap. XIV, n. 46).

34. La storia di cattivi Spiriti mandati a introdursi nel corpo dei maiali è contro ogni probabilità. D'altronde, difficilmente avrebbe potuto spiegarsi la presenza di un così numeroso branco di porci in un paese dove questo animale era considerato con orrore ed era senza alcuna utilità per l'alimentazione. Uno Spirito malvagio resta pur sempre uno Spirito umano, ancora abbastanza imperfetto da fare il male dopo la morte, così come lo faceva prima; inoltre è contro le leggi della natura ch'egli possa animare il corpo di un animale. Bisogna dunque vedere in questa storia una di quelle tipiche amplificazioni in tempi d'ignoranza e superstizione; oppure potrebbe trattarsi di un'allegoria per caratterizzare le tendenze immonde di certi Spiriti.

35. Gli ossessi e i posseduti sembrava fossero molto numerosi in Giudea, ai tempi di Gesù, la qual cosa gli dava l'occasione di guarirne molti. Indubbiamente, gli Spiriti malvagi avevano invaso quel paese e causato una epidemia di possessioni (cap. XIV, n. 49).

Senza presentare carattere epidemico, le ossessioni individuali sono estremamente frequenti e appaiono sotto gli aspetti più svariati, che solo una conoscenza approfondita dello Spiritismo fa riconoscere con facilità. Esse possono spesso avere conseguenze dannose per la salute, sia aggravando affezioni organiche preesistenti, sia determinandole. Un giorno esse saranno incontestabilmente catalogate tra le cause patologiche che richiedono, per la loro natura speciale, mezzi curativi speciali. Lo Spiritismo, facendo conoscere la causa del male, apre una strada nuova all'arte di guarire e fornisce alla scienza il mezzo di riuscire là dove spesso essa si arena per il solo fatto di non affrontare la causa prima del male (Il libro dei Medium, cap. XXIII).

36. Gesù era accusato dai farisei di scacciare i demoni con i demoni. Il bene ch'egli faceva era, secondo loro, opera di Satana, senza riflettere che Satana, scacciando sé stesso, avrebbe fatto un atto insensato. È da notare che già i farisei di quel tempo pretendevano che ogni facoltà trascendente, per questo motivo considerata soprannaturale, fosse opera del demonio, poiché, secondo loro, Gesù stesso riceveva da costui il suo potere. È questo un ulteriore punto di somiglianza con l'epoca attuale, e questa dottrina è ancora quella che la Chiesa cerca di far prevalere al giorno d'oggi contro le manifestazioni spiritiste. [82]

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[82] Non tutti i teologi, però, professano opinioni così assolute sulla dottrina demoniaca. Ecco quella di un ecclesiastico, il cui valore non potrebbe essere contestato dal clero. Nelle Conferenze sulla religione, di Monsignor Freyssinous, vescovo d'Hermopolis, (torno II , pag. 341; Parigi, 1825), troviamo il passo seguente:

"Se Gesù avesse operato i suoi miracoli grazie al demonio, il demonio avrebbe dunque lavorato a distruggere il suo stesso dominio e avrebbe impiegato il suo potere contro sé stesso. In verità, un demonio che cercasse di distruggere il regno del vizio per instaurare quello della virtù, sarebbe un demonio assai strano. Ecco perché Gesù, per respingere l'assurda accusa dei Giudei, diceva loro: 'Se io opero dei prodigi nel nome del demonio, il demonio è in discordia con sé stesso; egli, insomma, cerca di distruggersi!' Risposta, questa, che non consente repliche".

È precisamente il medesimo argomento che oppongono gli Spiritisti a coloro che attribuiscono al demonio i buoni consigli che ricevono dagli Spiriti. Il demonio agirebbe come un ladro professionista che restituisse tutto ciò che ha tubato e spingesse gli altri ladri a divenire persone oneste.
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Resurrezioni



La figlia di Iairo

37. Gesù passò di nuovo in barca all'altra riva, e una gran folla si radunò attorno a lui; ed egli stava presso il mare. Ecco venire uno dei capi della sinagoga, chiamato Iairo, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi e lo pregò con insistenza, dicendo: "La mia bambina sta morendo. Vieni a posare le mani su di lei, affinché sia salva e viva". Gesù andò con lui, e molta gente lo seguiva e lo stringeva da ogni parte.

(...) Mentre egli parlava ancora, vennero dalla casa del capo della sinagoga, dicendo: "Tua figlia è morta; perché incomodare ancora il Maestro?" Ma Gesù udito quel che si diceva, disse al capo della sinagoga: "Non temere; soltanto continua ad aver fede!" E non permise a nessuno di accompagnarlo, tranne che a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero a casa del capo della sinagoga; ed egli vide una gran confusione e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: "Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme". Ed essi ridevano di lui. Ma egli li mise tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui, ed entrò là dove era la bambina. E, presala per mano, le disse: "Talità cum!" che tradotto vuol dire: "Ragazza, ti dico: àlzati!" Subito la ragazza si alzò e camminava, perché aveva dodici anni. E furono subito presi da grande stupore. (Marco 5:21-24, 35-42)




Il figlio della vedova di Nain

38. Poco dopo egli si avviò verso una città chiamata Nain, e i suoi discepoli e una gran folla andavano con lui. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che si portava alla sepoltura un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova; e molta gente della città era con lei. Il Signore, vedutala, ebbe pietà di lei e le disse: "Non piangere!" E avvicinatosi toccò la bara; i portatori si fermarono, ed egli disse: "Ragazzo, dico a te, àlzati!" Il morto si alzò e si mise seduto, e cominciò a parlare. E Gesù lo restituì a sua madre.

Tutti furono presi da timore, e glorificavano Dio, dicendo: "Un grande profeta è sorto tra di noi" e: "Dio ha visitato il suo popolo". E questo dire intorno a Gesù si divulgò per tutta la Giudea e per tutto il paese intorno. (Luca 7:11-17)

39. Il ritorno alla vita corporea di un individuo, realmente morto, sarebbe contrario alle leggi della natura e, di conseguenza, un fatto miracoloso. Ora, non è il caso di ricorrere a questo ordine di episodi per spiegare le resurrezioni operate dal Cristo.

Se, presso di noi, le apparenze ingannano talvolta addirittura gli specialisti della medicina, casi di questo genere dovevano essere ben più frequenti in un paese dove non si prendeva nessuna precauzione in tal senso e dove la sepoltura era immediata. [83]

È dunque con ogni probabilità che, nei due esempi sopracitati, non si trattasse che di una sincope o letargia. Gesù stesso lo disse espressamente riguardo alla figlia di Iairo: La bambina, disse, non è morta, ma dorme.

Dato il potere fluidico che possedeva Gesù, non c'è affatto da stupirsi che questo fluido vivificante, diretto da una forte volontà, abbia rianimato i sensi in preda al torpore; che abbia perfino potuto richiamare nel corpo lo Spirito pronto ad abbandonarlo, non appena il legame perispiritistico si fosse definitivamente rotto. Per gli uomini di quel tempo, i quali consideravano un individuo morto non appena quello non respirava più, si trattava di una resurrezione, ed essi hanno potuto affermarlo in assoluta buona fede; mentre, in realtà, si trattava di una guarigione e non già di una resurrezione nell'accezione propria del termine.

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[83] Una prova di questo costume si trova negli Atti degli Apostoli: "Anania, udendo queste parole, cadde e spirò. E un gran timore prese tutti quelli che udirono queste cose. I giovani, alzatisi, ne avvolsero il corpo e, portatolo fuori, lo seppellirono. Circa tre ore dopo, sua moglie, non sapendo ciò che era accaduto, entrò". "Allora Pietro le disse... ecc. Ed ella in quell'istante cadde ai suoi piedi e spirò. I giovani, entrati, la trovarono morta; e, portatala via, la seppellirono accanto a suo marito" (Atti 5:5-7, 9-10).
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40. La resurrezione di Lazzaro, checché se ne dica, non infirma minimamente questo principio. Egli era, si dice, nel sepolcro da quattro giorni; ma si sa che vi sono letargie che durano otto giorni e più. Si aggiunge che puzzava, la qual cosa è un segno di decomposizione. Ma non attesta nulla neppure questa asserzione, dato che in certi individui si verifica, anche prima della morte, una decomposizione del corpo, che esala così un odore putredinoso. La morte arriva soltanto allorché vengono attaccati gli organi essenziali alla vita.

E chi poteva sapere s'egli puzzava? È sua sorella Marta che lo dice. Ma lei come poteva saperlo? Dal momento che Lazzaro era sepolto già da quattro giorni, ella poteva supporlo, ma non poteva averne la certezza (cap. XIV, n. 29). [84]

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[84] Il seguente caso prova che la decomposizione precede a volte la morte. Nel convento del Buon Pastore, fondato a Tolone dall'abate Marin, cappellano delle carceri per le fanciulle pentite, si trovava una giovane donna che aveva sopportato le più terribili sofferenze con la calma e l'impassibilità di una vittima espiatoria. In mezzo ai dolori, ella sembrava sorridere a una visione celeste. Come santa Teresa, chiedeva di soffrire ancora, mentre la sua carne se ne andava in pezzi, e la cancrena divorava le sue membra. Con saggia previdenza, i medici avevano raccomandato di procedere all'inumazione del corpo immediatamente dopo il decesso. Ma, cosa singolare, non appena ella esalò l'ultimo respiro, ecco che ogni processo di decomposizione si arrestò! Le esalazioni cadaveriche cessarono, e per trentasei ore ella rimase esposta alle preghiere e alla venerazione della comunità.
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Gesù cammina sull'acqua

41. Subito dopo, Gesù obbligò i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, mentre egli avrebbe congedato la gente. Dopo aver congedato la folla, si ritirò in disparte sul monte a pregare. E venuta la sera, se ne stava lassù tutto solo.

Frattanto la barca, già di molti stadi lontana da terra, era sbattuta dalle onde, perché il vento era contrario. Ma alla quarta vigilia della notte, Gesù andò verso di loro, camminando sul mare. [85] E i discepoli, vedendolo camminare sul mare, si turbarono e dissero: "È un fantasma!" E dalla paura gridarono. Ma subito Gesù parlò loro e disse: "Coraggio, sono io; non abbiate paura!" Pietro gli rispose: "Signore, se sei tu, comandami di venire da te sull'acqua". Egli disse: "Vieni!" E Pietro, sceso dalla barca, camminò sull'acqua e andò verso Gesù. Ma, vedendo il vento, ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!" Subito Gesù, stesa la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?" E, quando furono saliti sulla barca, il vento si calmò. Allora quelli che erano nella barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: "Veramente tu sei Figlio di Dio!" (Matteo 14:22-33)

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[85] Lago di Genesareth o di Tiberiade.
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42. Questo fenomeno trova la sua spiegazione naturale nei principi già esposti al cap. XIV, n. 43.

Esempi analoghi provano che tale fenomeno non è né impossibile né miracoloso, poiché rientra nelle leggi della natura. In due modi esso può essersi prodotto.

Gesù, sebbene fosse vivo, è potuto apparire sull'acqua sotto una forma tangibile, mentre il suo corpo carnale era altrove; questa è l'ipotesi più probabile. Si possono perfino riconoscere, nel racconto, certi segni caratteristici delle apparizioni tangibili (cap. XIV, nn. 35-37).

D'altra parte, il suo corpo avrebbe potuto essere sostenuto, e la sua pesantezza essere neutralizzata dalla medesima forza fluidica che mantiene una tavola sospesa nello spazio senza alcun punto d'appoggio. Il medesimo effetto si è parecchie volte verificato su dei corpi umani.




La trasfigurazione

43. Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e li condusse soli, in disparte, sopra un alto monte. [86] E fu trasfigurato in loro presenza; le sue vesti divennero sfolgoranti, candidissime, di un tal candore che nessun lavandaio sulla terra può dare. E apparve loro Elia con Mosè, i quali stavano conversando con Gesù. Pietro, rivoltosi a Gesù disse: "Rabbi, è bello stare qua; facciamo tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia". Infatti non sapeva che cosa dire, perché erano stati presi da spavento. Poi venne una nuvola che li copri con la sua ombra; e dalla nuvola una voce: "Questo è il mio diletto Figlio; ascoltatelo". E a un tratto, guardatisi attorno, non videro più nessuno con loro, se non Gesù solo.

Poi, mentre scendevano dal monte, egli ordinò loro di non raccontare a nessuno le cose che avevano viste, se non quando il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti. Essi tennero per sé la cosa, domandandosi tra di loro che significasse quel risuscitare dai morti. (Marco 92-10)

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[86] Il monte Thabor o Tabor, a sud-ovest del lago di Tiberiade e a 11 km sud-est di Nazareth, ha un'altezza di circa 1000 metri.
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44. Ed è ancora nelle proprietà del fluido perispiritistico che si può trovare la ragione di questo fenomeno. La trasfigurazione — che è stata spiegata nel capitolo XIV, n. 39 — è un fenomeno abbastanza comune: l'apparenza di un individuo, in virtù della radiazione fluidica, può venire modificata. Ma la purezza del perispirito di Gesù ha potuto permettere al suo Spirito di donargli uno splendore eccezionale. In quanto all'apparizione di Mosè e di Elia, essa rientra completamente nel caso di tutti i fenomeni del medesimo genere (cap. XIV, n. 35 e ss.).

Di tutte le facoltà che si sono rivelate in Gesù, nessuna è al di fuori dalle condizioni dell'umanità e nessuna che non si riscontri nel più comune degli uomini, perché tali facoltà sono tutte nell'ordine della natura. Ma per la superiorità della sua essenza morale e delle sue qualità fluidiche, esse raggiungevano in Gesù proporzioni molto al di sopra di quelle dell'uomo comune. A parte il suo involucro carnale, Gesù ci mostrava lo stato dei puri Spiriti.




La tempesta placata

45. Un giorno egli salì su una barca con i suoi discepoli, e disse loro: "Passiamo all'altra riva del lago". E presero il largo. Mentre navigavano, egli si addormentò; e si abbatté sul lago un turbine di vento, tanto che la barca si riempiva d'acqua, ed essi erano in pericolo. I discepoli, avvicinatisi, lo svegliarono, dicendo: "Maestro, Maestro, noi periamo!" Ma egli, destatosi, sgridò il vento e i flutti, che si calmarono, e si fece bonaccia. Poi disse loro: "Dov'è la vostra fede?" Ma essi, impauriti e meravigliati, dicevano l'uno all'altro: "Chi è mai costui che comanda anche ai venti e all'acqua, e gli ubbidiscono?" (Luca 8:22-25)

46. Ancora non conosciamo abbastanza i segreti della natura per affermare, se esistano o non esistano delle intelligenze occulte che presiedono all'azione degli elementi. Nell'ipotesi affermativa, il fenomeno in questione potrebbe essere il risultato di un atto di autorità su queste stesse intelligenze, la qual cosa proverebbe l'esistenza di un potere che a nessun uomo è dato di esercitare.

In ogni caso, Gesù che dorme tranquillamente durante la tempesta, attesta una sicurezza da parte sua che può spiegarsi con la circostanza secondo cui il suo Spirito vedeva che non c'era alcun pericolo e che la tempesta stava per placarsi.




Le nozze di Cana

47. Questo miracolo, menzionato nel solo Vangelo di Giovanni, è indicato come il primo che Gesù abbia operato e, a questo titolo, tanto più avrebbe dovuto essere uno dei più noti; bisogna allora supporre che abbia prodotto ben poca sensazione, visto che nessun altro evangelista ne parla. Un fatto così straordinario avrebbe dovuto meravigliare al sommo grado i convitati e soprattutto il padrone di casa, i quali invece sembravano non essersene neppure accorti.

Considerato in sé stesso, questo fatto ha poca importanza in confronto a quelli che veramente attestano le qualità spirituali di Gesù. Ammettendo che le cose si siano verificate come vengono riferite, è da notare che questo è il solo fenomeno di tal genere ch'egli abbia prodotto. Gesù era di una natura troppo elevata per interessarsi a degli effetti puramente materiali, adatti soltanto a provocare la curiosità della folla, che così l'avrebbe poi paragonato a un mago. Egli sapeva che le cose utili gli avrebbero procurato più simpatie e più adepti di quelle che possono passare per dei giochi di prestigio e che non toccano però il cuore (n. 27).

Benché, a rigor di logica, il fatto possa spiegarsi, sia pure fino a un certo punto, con un'azione fluidica, la quale — come negli esempi che il magnetismo ci offre — avrebbe cambiato le proprietà dell'acqua dandole il sapore del vino, questa ipotesi è tuttavia poco probabile. Infatti in tal caso l'acqua, che del vino avrebbe avuto soltanto il gusto, avrebbe però conservato il suo colore, cosa questa che non avrebbe mancato d'essere vistosamente notata. È più razionale vedervi una di quelle parabole così frequenti negli insegnamenti di Gesù, come quella del Figliol prodigo, della festa di nozze, del ricco malvagio, del fico disseccato e tante altre che hanno tuttavia il carattere di fatti compiuti da Gesù. Egli avrà forse fatto, durante il pranzo, un'allusione al vino e all'acqua, da cui avrà tratto un insegnamento. A giustificare questa opinione ci sono le parole che egli rivolge al maestro di tavola: "Tutti servono all'inizio il vino buono, e dopo che se n'è bevuto molto, allora servono quello di qualità inferiore; ma da parte vostra si è riservato il vino buono fino a quest'ora".

Tra le due ipotesi, è necessario scegliere la più razionale, e gli Spiritisti non sono tanto sprovveduti da vedere dappertutto soltanto fatti di manifestazione divina, né tanto assolutisti da pretendere di poter spiegare tutto con i fluidi.




La moltiplicazione dei pani

48. La moltiplicazione dei pani è uno dei miracoli che ha più incuriosito i commentatori e che, nello stesso tempo, ha monopolizzato l'estro degli increduli. Senza curarsi di sondarne il senso allegorico, questi ultimi non vi hanno scorto altro che un racconto puerile. Ma la maggior parte delle persone ha ravvisato nella narrazione di questo fatto, sebbene sotto una forma diversa da quella consueta, una parabola che raffronta il nutrimento spirituale dell'anima con il nutrimento del corpo.

Vi si può tuttavia scorgere più di una semplice figura e ammettere, da un certo punto di vista, la realtà di un fatto materiale, senza che per questo si debba ricorrere al prodigio. Si sa che una grande preoccupazione spirituale o l'attenzione fortemente rivolta a una determinata cosa fanno dimenticare la fame. Ora, coloro che seguivano Gesù erano persone avide di ascoltarlo. Non c'è dunque niente di stupefacente nel fatto che, affascinati dalla sua parola e forse anche dalla potente azione magnetica ch'egli esercitava su di loro, essi non abbiano provato il bisogno materiale di mangiare.

Gesù, che prevedeva questo risultato, ha dunque potuto tranquillizzare i suoi discepoli dicendo, nel linguaggio figurato a lui abituale — ammesso che realmente fossero stati portati alcuni pani — che quei pani sarebbero stati sufficienti a sfamare la folla. Nello stesso tempo, egli dava loro una lezione: "Date loro, come nutrimento, voi stessi" diceva. Così insegnava loro che anch'essi potevano nutrire attraverso la parola.

Pertanto, a fianco del senso allegorico morale, si è potuto produrre un effetto fisiologico naturale molto conosciuto. Il prodigio, in questo caso, sta nell'influenza insita nella parola di Gesù, tanto potente da conquistare l'attenzione di una folla immensa, al punto di farle dimenticare di mangiare. Questa potenza morale testimonia della superiorità di Gesù molto più del fatto puramente materiale della moltiplicazione dei pani, che deve essere considerato come un'allegoria.

Questa spiegazione, d'altronde, si trova confermata da Gesù stesso, nei due passi che riportiamo di seguito.



Il lievito dei farisei

49. I discepoli, passati all'altra riva, si erano dimenticati di prendere dei pani. E Gesù disse loro: "Guardatevi bene dal lievito dei farisei e dei sadducei". Ed essi ragionavano tra di loro e dicevano: "Egli parla così, perché non abbiamo preso dei pani".

Ma Gesù se ne accorse e disse: "Gente di poca fede, perché discutete tra di voi del fatto di non aver pane? Non capite ancora? Non vi ricordate dei cinque pani dei cinquemila uomini e quante ceste ne portaste via? Né dei sette pani dei quattromila uomini e quanti panieri ne portaste via? Come mai non capite che non è di pani che io vi parlavo? Ma guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei".

Allora capirono che non aveva loro detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dall'insegnamento dei farisei e dei sadducei. (Matteo 16:5-12)




Il pane del cielo

50. La folla che era rimasta sull'altra riva del mare aveva notato che non c'era là altro che una barca sola, e che Gesù non vi era entrato con i suoi discepoli, ma che i discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberiade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie. La folla, dunque, quando ebbe visto che Gesù non era là e che non vi erano i suoi discepoli, montò in quelle barche, e andò a Cafarnao in cerca di Gesù. Trovatolo di là dal mare, gli dissero: "Rabbi, quando sei giunto qui?"

Gesù rispose loro: "In verità, in verità vi dico che voi mi cercate, non perché avete visto dei segni miracolosi, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati. Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà; poiché su di lui il Padre, cioè Dio, ha apposto il proprio sigillo". Essi dunque gli dissero: "Che dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?" Gesù rispose loro: "Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato". Allora essi gli dissero: "Quale segno miracoloso fai, dunque, perché lo vediamo e ti crediamo? Che operi? I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è scritto: Egli diede loro da mangiare del pane venuto dal cielo".

Gesù disse loro: "In verità, in verità vi dico che non Mosè vi ha dato il pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. Poiché il pane di Dio è quello che scende dal cielo, e dà vita al mondo". Essi quindi gli dissero: "Signore, dacci sempre di codesto pane".

Gesù disse loro: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete". Ma io ve l'ho detto: "Voi mi avete visto, eppure non credete!" (Giovanni 6:22-36)

In verità, in verità vi dico: chi crede in me ha vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia". (Giovanni 6:47-50)

51. Nel primo passo, Gesù, ricordando l'effetto precedentemente prodotto dalle sue parole, fa chiaramente capire che non si era affatto trattato di pani materiali; altrimenti il paragone ch'egli stabilì con il lievito dei farisei sarebbe stato senza scopo. "Ancora non comprendete?' egli disse. "E non ricordate che cinque pani sono bastati per cinquemila uomini e che sette pani sono bastati per quattromila uomini? Come non comprendete che non era del pane che io vi parlavo, quando vi ho detto di guardarvi dal lievito dei farisei?" Questo confronto non avrebbe alcuna ragion d'essere nell'ipotesi di una moltiplicazione materiale. Il fatto sarebbe stato così straordinario in sé stesso che avrebbe senz'altro colpito l'immaginazione dei suoi discepoli, i quali tuttavia non sembravano affatto ricordarsene.

Ed è ciò che non meno chiaramente risulta dal discorso di Gesù sul pane del cielo, nel quale egli cerca di far comprendere il vero significato del nutrimento spirituale. "Lavorate", egli dice, "non per avere il nutrimento che perisce, ma quello che dura per la vita eterna e che il Figlio dell'Uomo vi darà". Questo nutrimento è la sua parola, che è il pane disceso dal cielo e che dà vita al mondo. "Io sono", egli dice, "il pane di vita; colui che viene a me non avrà fame, e colui che crede in me non avrà mai sete".

Ma queste distinzioni erano troppo sottili per quelle rozze nature, che comprendevano soltanto le cose tangibili. La manna che aveva nutrito il corpo dei loro avi era per essi il vero pane del cielo. Là stava il miracolo. Se, dunque, l'episodio della moltiplicazione dei pani aveva avuto luogo materialmente, come mai quegli stessi uomini, a favore dei quali tale moltiplicazione si sarebbe prodotta pochi giorni prima, ne sarebbero rimasti così poco colpiti? Così poco colpiti da chiedere a Gesù: "Quale miracolo fai dunque tu, affinché noi, vedendolo, possiamo crederti? Che cosa fai tu di straordinario?" Il fatto è che essi per miracoli intendevano quei prodigi che anche i farisei reclamavano, vale a dire dei segnali nel cielo, effettuati a comando, come con la bacchetta magica di un incantatore. Ciò che faceva Gesù era troppo semplice né troppo si allontanava dalle leggi della natura; le guarigioni stesse non avevano un carattere né abbastanza strano né abbastanza straordinario; i miracoli spirituali non possedevano sufficiente corpo per loro.






La tentazione di Gesù

52. Gesù trasportato dal diavolo sulla sommità del tempio, poi su di una montagna, e da lui tentato, è una di quelle parabole che gli erano familiari e che la credulità pubblica trasformò in fatti materiali. [87]

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[87] La spiegazione che segue è tratta testualmente da un insegnamento dato a questo riguardo da uno Spirito.
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53. Gesù non fu sollevato. Egli voleva soltanto far sì che gli uomini comprendessero che l'umanità è soggetta a fallire e che deve sempre stare in guardia contro le cattive ispirazioni, alle quali la sua fragile natura la porta a cedere. La tentazione di Gesù è dunque una raffigurazione simbolica, e bisognerebbe essere ciechi per prenderla come reale. Come potreste supporre che il Messia, il Verbo di Dio incarnato, sia stato sottoposto, per un certo tempo, per breve che sia stato, alle suggestioni del demonio, e che — come è detto nel Vangelo di Luca — il demonio l'abbia lasciato per un certo tempo? Tutto ciò porterebbe a pensare che il Cristo sarebbe ancora sottoposto al potere di questa entità. No. Comprendete meglio gli insegnamenti che vi sono stati dati. Lo Spirito del male non poteva nulla sull'essenza del bene. Nessuno ha detto di aver visto Gesù sulla montagna né sulla sommità del tempio. Certamente, sarebbe stato un fatto tale da propagarsi tra tutti i popoli. La tentazione non fu affatto dunque un atto né materiale né fisico. Riguardo all'atto morale, potreste forse ammettere che lo Spirito delle tenebre potesse dire a colui che conosceva la sua origine e il suo potere: "Adorami, e io ti darò tutti i reami della Terra"? Il demonio avrebbe quindi ignorato chi era colui al quale egli faceva simili offerte, cosa che non è probabile. Se invece lo conosceva, la sua profferta sarebbe stata un nonsenso, perché sapeva bene che sarebbe stato respinto da colui che veniva a distruggere il suo dominio sugli uomini.

Cercate di comprendere dunque il senso di questa parabola, perché come quella de Il Figliol prodigo e quella de Il Buon Samaritano, anch'essa è una parabola. L'una ci mostra i pericoli che corrono gli uomini, se non resistono a quella voce intima che grida loro senza tregua: "Tu puoi essere più di quello che sei; tu puoi possedere più di quello che possiedi; tu puoi ingrandirti, tu puoi ottenere molto di più. Cedi alla voce dell'ambizione, e tutti i tuoi desideri saranno esauditi." La parabola vi mostra il pericolo e vi dà il mezzo per evitarlo, dicendo alle cattive ispirazioni: Ritirati, Satana! o con altre parole: Indietreggia, tentazione!

Le altre due parabole che ho ricordato vi mostrano ciò che può ancora sperare colui che, troppo debole per scacciare il demonio, ha ceduto alle sue tentazioni. Vi mostrano la misericordia del padre di famiglia che stende la sua mano sulla fronte del figlio pentito e che gli accorda, con amore, il perdono implorato. Vi mostrano il colpevole, lo scismatico, l'uomo respinto dai suoi fratelli, che vale di più, agli occhi del Giudice supremo, di coloro che lo disprezzano, perché egli pratica le virtù insegnate dalla legge d'amore.

Considerate bene gli insegnamenti dati nei Vangeli. Sappiate distinguere ciò che va preso alla lettera da ciò che va preso in senso figurato, e gli errori, che vi hanno reso ciechi per tanti secoli, si cancelleranno a poco a poco, per far posto alla luce splendente della verità (Bordeaux, 1862. GIOVANNI, EVANG).




Prodigi alla morte di Gesù

54. Dall'ora sesta si fecero tenebre su tutto il paese, fino all'ora nona. (Matteo 27:45)

Ed ecco, la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si schiantarono, le tombe s'aprirono e molti corpi dei santi, che dormivano, risuscitarono; e, usciti dai sepolcri, dopo la risurrezione di lui, entrarono nella città santa e apparvero a molti. (Matteo 27:51-53)

55. È singolare che tali prodigi, che avvenivano nello stesso momento in cui l'attenzione della città era completamente fissata sul supplizio di Gesù, che era l'avvenimento del giorno, non siano stati osservati, dal momento che nessuno storico ne fa menzione. Sembra impossibile che un terremoto e tutta la Terra avvolta dalle tenebre per tre ore, in un paese dove il cielo è sempre di una limpidezza perfetta, siano potuti passare in modo così inavvertito.

La durata di questa oscurità è pressappoco proprio quella di una eclisse di sole, ma questo genere di eclisse non si verifica che con la luna nuova, e la morte di Gesù ebbe luogo durante i plenilunio, il giorno 14 del mese di Nissan, giorno della Pasqua dei Giudei. L'oscuramento del Sole può anche essere causato dalle macchie che si osservano sulla sua superficie. In tal caso lo splendore della luce è sensibilmente affievolita, ma giammai al punto di produrre l'oscurità e le tenebre. Supponendo che un fenomeno di questo genere si sia verificato a quell'epoca, si sarebbe comunque trattato di una causa perfettamente naturale. [88]

In quanto ai morti resuscitati, può darsi che alcune persone abbiano avuto delle visibili o apparizioni, la qual cosa non è affatto eccezionale; ma siccome allora non si conosceva la causa di questo fenomeno, si è immaginato che gli individui apparsi uscissero dai sepolcri.

Sconvolti dalla morte del loro Maestro, i discepoli di Gesù, hanno senza dubbio legato a essa alcuni fatti particolari, ai quali non avrebbero dato alcuna attenzione in altre circostanze. Potrebbe essere bastato che un frammento di roccia si fosse staccato in quel momento, perché persone predisposte al meraviglioso vi vedessero un prodigio, e che, amplificando il fatto, dicessero che le rocce si erano spaccate.

Gesù è grande per le sue opere, di certo non per i quadri fantastici di cui un entusiasmo poco ponderato ha creduto di doverlo circondare.

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[88] Sulla superficie del Sole si hanno costantemente delle macchie fisse, che seguono il suo movimento di rotazione e che sono servite a determinarne la durata. Ma, a volte, queste macchie aumentano di numero, di estensione e d'intensità, ed è allora che si verifica una diminuzione della luce e del calore solare. Questo aumento del numero delle macchie sembra coincidere con certi fenomeni astronomici e con la relativa posizione di alcuni pianeti, cosa che ne determina la riapparizione periodica. La durata di questo oscuramento è molto variabile; talvolta essa è soltanto di due o tre ore, ma nell'anno 535 d.C. ci fu un oscuramento che durò quattordici mesi.
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Apparizioni di Gesù dopo la sua morte

56. Maria [Maddalena], invece, se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere. Mentre piangeva, si chinò a guardare dentro il sepolcro, ed ecco vide due angeli, vestiti di bianco, seduti uno a capo e l'altro ai piedi, lì dov'era stato il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?" Ella rispose loro: "Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l'abbiano deposto".

Detto questo si voltò indietro e vide Gesù in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Gesù le disse: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?" Ella, pensando che fosse l'ortolano, gli disse: "Signore, se tu l'hai portato via, dimmi dove l'hai deposto, e io lo prenderò".

Gesù le disse: "Maria!" Ella, voltatasi, gli disse in ebraico: "Rabbuní!" che vuol dire: "Maestro!" Gesù le disse: "Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli, e di' loro: 'Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro'".

Maria Maddalena andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che egli le aveva detto queste cose. (Giovanni 20:11-18)

57. Due di loro se ne andavano in quello stesso giorno a un villaggio di nome Emmaus, distante da Gerusalemme sessanta stadi; e parlavano tra di loro di tutte le cose che erano accadute. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù stesso si avvicinò e cominciò a camminare con loro. Ma i loro occhi erano impediti a tal punto che non lo riconoscevano. Egli domandò loro: "Di che discorrete fra di voi lungo il cammino?" Ed essi si fermarono tutti tristi. Uno dei due, che si chiamava Cleopa, gli rispose: "Tu solo, tra i forestieri, stando in Gerusalemme, non hai saputo le cose che vi sono accadute in questi giorni?" Egli disse loro: "Quali?" Essi gli risposero: "Il fatto di Gesù Nazareno, che era un profeta potente in opere e in parole davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e i nostri magistrati lo hanno fatto condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele; invece, con tutto ciò, ecco il terzo giorno da quando sono accadute queste cose. È vero che certe donne tra di noi ci hanno fatto stupire; andate la mattina di buon'ora al sepolcro, non hanno trovato il suo corpo, e sono ritornate dicendo di aver avuto anche una visione di angeli, i quali dicono che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato tutto come avevano detto le donne; ma lui non lo hanno visto". Allora Gesù disse loro: "O insensati e lenti di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno dette! Non doveva il Cristo soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria?" E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano. Quando si furono avvicinati al villaggio dove andavano, egli fece come se volesse proseguire. Essi lo trattennero, dicendo: "Rimani con noi, perché si fa sera e il giorno sta per finire". Ed egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo diede loro. Allora i loro occhi furono aperti e lo riconobbero; ma egli scomparve alla loro vista.

Ed essi dissero l'uno all'altro: "Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentr'egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?" E, alzatisi in quello stesso momento, tornarono a Gerusalemme e trovarono riuniti gli undici e quelli che erano con loro, i quali dicevano: "Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone". Essi pure raccontarono le cose avvenute loro per la via, e come era stato da loro riconosciuto nello spezzare il pane.

Ora, mentre essi parlavano di queste cose, Gesù stesso comparve in mezzo a loro, e disse: "Pace a voi!" Ma essi, sconvolti e atterriti, pensavano di vedere un fantasma. Ed egli disse loro: "Perché siete turbati? E perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi, perché sono proprio io; toccatemi e guardate; perché un fantasma non ha carne e ossa come vedete che ho io". E, detto questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma siccome per la gioia non credevano ancora e si stupivano, disse loro: "Avete qui qualcosa da mangiare?" Essi gli porsero un pezzo di pesce arrostito; egli lo prese, e mangiò in loro presenza.

Poi disse loro: "Queste sono le cose che io vi dicevo quand'ero ancora con voi: che si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi". Allora aprì loro la mente per capire le Scritture e disse loro: "Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. Voi siete testimoni di queste cose.

Ed ecco io mando su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi, rimanete in questa città, finché siate rivestiti di potenza dall'alto. (Luca 24:13-49)

58. Or, Tommaso, detto Didimo, uno dei dodici, non era con loro quando venne Gesù. Gli altri discepoli dunque gli dissero: "Abbiamo visto il Signore!" Ma egli disse loro: "Se non vedo sulle sue mani il segno dei chiodi e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò".

Otto giorni dopo, i suoi discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso era con loro. Gesù venne a porte chiuse, e si presentò in mezzo a loro, e disse: "Pace a voi!" Poi disse a Tommaso: "Porgi qua il dito e vedi le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente". Tommaso gli rispose: "Signor mio e Dio mio!" Gesù gli disse: "Perché mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!" (Giovanni 20:24-29)

59. Dopo queste cose, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli presso il mar di Tiberiade; e si manifestò in questa maniera.

Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli erano insieme. Simon Pietro disse loro: "Vado a pescare". Essi gli dissero: "Veniamo anche noi con te". Uscirono e salirono sulla barca; e quella notte non presero nulla. Quando già era mattina, Gesù si presentò sulla riva; i discepoli però non sapevano che era Gesù. Allora Gesù disse loro: "Figlioli, avete del pesce?" Gli risposero: "No". Edi egli disse loro: "Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete". Essi dunque la gettarono, e non potevano più tirarla su per il gran numero di pesci. Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!" Simon Pietro, udito che era il Signore, si cinse la veste, perché era nudo, e si gettò in mare. Ma gli altri discepoli vennero con la barca, perché non erano molto distanti da terra (circa duecento cubiti), trascinando la rete con i pesci. (Giovanni 21:1-8)

60. Poi li condusse fuori fin presso Betania; e, alzate in alto le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato su nel cielo. Ed essi, adoratolo, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio, benedicendo Dio. (Luca 24:50-53)

61. Le apparizioni di Gesù dopo la sua morte sono riferite da tutti gli evangelisti con dettagli circostanziati, i quali non permettono di dubitare della realtà dei fatti. Esse, d'altronde, si spiegano perfettamente attraverso le leggi fluidiche e le proprietà del perispirito e non presentano niente di anomalo rispetto ai fenomeni del medesimo genere di cui la storia, antica e contemporanea, offre numerosi esempi, senza escluderne la tangibilità. Se si osservano le circostanze che hanno accompagnato le diverse apparizioni di Gesù, si riconoscono in lui, in quei momenti, tutti i caratteri di un essere fluidico. Egli inaspettatamente appare ed egualmente scompare; è visto da alcuni e non da altri, sotto apparenze che non lo fanno riconoscere neppure dai suoi discepoli; si mostra in luoghi inaccessibili dove un corpo carnale non sarebbe potuto penetrare; anche il suo linguaggio manca di quella vivacità tipica d'un essere corporeo; egli ha un tono deciso e sentenzioso, che è peculiarità degli Spiriti che si manifestano in questo modo; tutti i suoi comportamenti, in una parola, hanno un qualcosa che non è del mondo terrestre. La sua visione causa sorpresa e, allo stesso tempo, paura; i suoi discepoli, vedendolo, non gli parlano con la medesima libertà di prima. Sentono che questo non è più un uomo.

Gesù s'è dunque mostrato con il suo corpo perispiritistico, la qual cosa spiega perché non è stato visto se non da coloro ai quali egli ha voluto farsi vedere. Se avesse avuto il suo corpo carnale, sarebbe stato visto da chiunque, come quando era vivo. I suoi discepoli, ignorando la causa fondamentale del fenomeno delle apparizioni, non si rendevano conto di queste particolarità, cui probabilmente non prestavano attenzione. Vedevano Gesù, lo toccavano, e per loro quello doveva essere il suo corpo resuscitato (cap. XIV, nn. 14, 35-38).

62. Allorché l'incredulità respinge tutti i fatti compiuti da Gesù, avendo tali fatti un'apparenza soprannaturale, e li considera, senza eccezione, come leggendari, lo Spiritismo dà della maggior parte di questi fatti una spiegazione naturale. Ne verifica la possibilità, non soltanto con la teoria delle leggi fluidiche, ma anche attraverso la loro identità con fatti analoghi prodotti da un'immensità di persone nelle situazioni più comuni. Poiché questi fatti sono, in certo qual modo di dominio pubblico, essi non provano nulla, in linea di massima, in relazione alla natura eccezionale di Gesù. [89]

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[89] I numerosi fatti contemporanei di guarigioni, apparizioni, possessioni, doppia vista e altro, che sono riferiti nella Rivista Spiritista, e rievocati nelle note qui sopra, offrono, finanche nelle circostanze del dettaglio, un'analogia così sorprendente con quelli riferiti dal Vangelo, che la somiglianza degli effetti e delle cause resta evidente. Ci si chiede allora perché il medesimo fatto avrebbe oggi una causa naturale, e ieri soprannaturale; diabolica secondo alcuni e divina secondo altri. Se fosse stato possibile metterli qui al confronto gli uni con gli altri, il raffronto sarebbe stato più facile; ma il loro numero e gli sviluppi, di cui la maggior parte necessita, non lo hanno permesso.

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63. Il più grande dei miracoli che Gesù ha compiuto, quello che attesta veramente la sua superiorità, è la rivoluzione che i suoi insegnamenti hanno operato nel mondo, nonostante l'esiguità dei suoi mezzi d'azione.

In effetti Gesù, oscuro, povero, nato nella più umile delle condizioni, presso un piccolo popolo quasi ignorato e senza alcuna preponderanza né politica né artistica né letteraria, non predica che per soli tre anni. Durante questo breve spazio di tempo è rinnegato e perseguitato dai suoi concittadini, calunniato, trattato da impostore. È obbligato a fuggire per sottrarsi alla lapidazione. È tradito da uno dei suoi apostoli, rinnegato da un altro, abbandonato da tutti nel momento in cui cade nelle mani dei suoi nemici. Faceva soltanto del bene, e ciò non lo poneva al riparo dalla malevolenza che, dagli stessi servigi ch'egli prestava, traeva i motivi per accusarlo. Condannato al supplizio riservato ai criminali, egli muore ignorato dal mondo, perché la storia di quell'epoca, nulla dice al riguardo. [90] Non ha scritto nulla; tuttavia, grazie a pochi e oscuri uomini come lui, è bastata la sua parola per rigenerare il mondo. La sua dottrina ha ucciso l'onnipotente paganesimo ed è diventata la fiaccola della civilizzazione. Egli aveva contro di sé tutto ciò che può far arrestare il progresso degli uomini. È per questo che noi diciamo che il trionfo della sua dottrina è il più grande dei suoi miracoli, nel tempo stesso che essa dimostra la sua missione divina. Se, al posto di principi sociali e rigeneratori, fondati sull'avvenire spirituale dell'uomo, egli non avesse avuto altro da offrire alla posterità che qualche fatto prodigioso, a stento forse oggi lo si conoscerebbe di nome.

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[90] Lo storico ebreo Josèphe è l'unico che ne parli, ma non dice che pochissime cose.

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Scomparsa del corpo di Gesù

64. La sparizione del corpo di Gesù dopo la sua morte è stata oggetto di numerosi commentari; essa è attestata dai quattro evangelisti, sulla base del racconto delle donne che si sono presentate al sepolcro il terzo giorno dopo la crocefissione e non ve l'hanno trovato. Alcuni hanno ravvisato in questa scomparsa un fatto miracoloso, altri hanno supposto un trafugamento e un trasporto clandestini.

Secondo un'altra congettura, Gesù non avrebbe rivestito un corpo carnale, ma soltanto un corpo fluidico. Egli non sarebbe stato, durante tutta la sua vita, che un'apparizione tangibile, in una parola, una sorta di agenere. La sua nascita, la sua morte e tutti gli atti materiali della sua vita non sarebbero stati che un'apparenza. È così, si dice, che il suo corpo, ritornato allo stato fluido, è potuto scomparire dal sepolcro, ed è con quel medesimo corpo che si sarebbe mostrato dopo la sua morte.

Senza dubbio, un simile fatto non è radicalmente impossibile, dopo quello che al giorno d'oggi si sa sulle proprietà dei fluidi; ma sarebbe almeno veramente eccezionale e in deciso contrasto con il carattere degli ageneri (cap. XIV, n. 36). La questione sta dunque nel sapere se una tale ipotesi è ammissibile e se essa è confermata o contraddetta dai fatti.

65. Il soggiorno di Gesù sulla Terra presenta due periodi: quello che ha preceduto e quello che è seguito alla sua morte. Nel primo, dal momento del concepimento fino alla nascita, tutto si svolge, per quanto si riferisce alla madre, secondo le normali condizioni della vita. [91]

Dalla nascita alla morte, tutto, nei suoi atti, nel suo linguaggio e nelle diverse circostanze della sua vita, presenta i caratteri inequivocabili della corporeità. I fenomeni di ordine psichico, che si producono in lui, sono accidentali e non hanno niente di anomalo, poiché si spiegano attraverso le proprietà del perispirito, e si riscontrano, in vari gradi, presso altri individui. Dopo la sua morte, al contrario, tutto in lui rivela l'essere fluidico. La differenza tra i due stati è talmente netta che non è possibile equipararli.

Il corpo carnale ha le proprietà inerenti alla materia propriamente detta, e che differiscono essenzialmente da quelle dei fluidi eterei; la disorganizzazione vi si opera attraverso la rottura della coesione molecolare. Uno strumento tagliente, penetrando nel corpo materiale, ne divide i tessuti; se vengono attaccati organi essenziali alla vita, il funzionamento si arresta, e sopraggiunge la morte, cioè, la morte del corpo. Non esistendo questa coesione nei corpi fluidici, la vita non dipende dal molo di organi speciali, e non possono pertanto produrvisi disordini analoghi. Uno strumento tagliente, o qualsiasi altro, penetra in un corpo fluidico come se penetrasse in una massa di vapore, senza perciò causarvi alcuna lesione. Ecco perché questo genere di corpi non può morire, e perché gli esseri designati con il nome di ageneri non possono essere uccisi.

Dopo il supplizio, il corpo di Gesù rimase là, inerte e senza vita; fu sepolto come i corpi normali, e chiunque poté vederlo e toccarlo. Dopo la resurrezione, allorché vuole lasciare la Terra, egli non muore. Il suo corpo s'innalza, svanisce e scompare, senza lasciare nessuna traccia, prova evidente che questo corpo era di una natura diversa da quella del corpo che perì sulla croce. Da ciò si deve concludere che se a Gesù fu possibile morire è perché aveva un corpo carnale.

In virtù delle sue proprietà materiali, il corpo carnale è la sede delle sensazioni e dei dolori fisici che si ripercuotono nel centro sensitivo o Spirito. Pertanto non è il corpo che soffre, ma è lo Spirito che riceve il contraccolpo delle lesioni o alterazioni dei tessuti organici. In un corpo, privato dello Spirito, la sensazione è assolutamente nulla; per la medesima ragione, lo Spirito, che non ha un corpo materiale, non può provare le sofferenze, le quali sono il risultato dell'alterazione della materia. Da ciò si deve egualmente concludere che se Gesù ha sofferto materialmente — siccome non se ne può dubitare — è per il fatto che aveva un corpo materiale di una natura simile a quella di tutti gli uomini.

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[91] Noi non parliamo qui del mistero dell'incarnazione, di cui ora non dobbiamo occuparci, e che sarà esaminato successivamente.
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66. Ai fatti materiali vanno ad aggiungersi considerazioni morali tutte molto forti.

Se le condizioni di Gesù, durante la sua vita, fossero state quelle degli esseri fluidici, egli non avrebbe provato né il dolore né alcuna delle necessità del corpo. Supporre che sia stato così, è negargli tutto il merito della vita di privazioni e di sofferenze ch'egli aveva scelto come esempio di rassegnazione. Se tutto in lui era soltanto apparenza, allora tutti gli atti della sua vita, il reiterato annuncio della sua morte, la scena dolorosa del Giardino degli Olivi, la sua preghiera a Dio perché gli allontanasse dalle labbra l'amaro calice, la sua passione, la sua agonia, tutto, fino al suo ultimo grido, nel momento di rendere lo Spirito, sarebbe stato soltanto un vano simulacro, per ingannare tutti riguardo alla sua natura. E ciò per far credere in un sacrificio illusorio della sua vita, una commedia indegna di un uomo semplicemente onesto, e pertanto a maggior ragione indegna di un essere tanto superiore. In una parola: egli avrebbe abusato della buona fede non solo dei suoi contemporanei ma anche della posterità. Tali le conseguenze logiche di un simile sistema, conseguenze inammissibili, poiché, invece di elevarlo, lo sviliscono moralmente.

Gesù dunque ebbe, come ogni uomo, un corpo carnale, ma anche un corpo fluidico, la qual cosa è attestata dai fenomeni materiali e dai fenomeni psichici, che hanno contraddistinto la sua esistenza.

67. Non è nuova questa idea sulla natura del corpo di Gesù. Nel quarto secolo, Apollinare di Laodicea, capo della setta degli apollinaristi, pretendeva che Gesù non avesse preso un corpo come il nostro, ma un corpo impassibile, che fosse disceso dal cielo al seno della santa Vergine e che non fosse nato da lei. Cosicché Gesù non era nato, non aveva sofferto e non era morto, se non in apparenza. Gli apollinaristi erano stati scomunicati nel concilio di Alessandria, nel 360; in quello di Roma, nel 374; e in quello di Costantinopoli nel 381.

Avevano la medesima credenza i Doceti (dal greco dokéin, sembrare, apparire) e la numerosa setta degli Gnostici, esistita durante i primi tre secoli.






Le Predizioni



Capitolo XVI - TEORIA DELLA PRESCIENZA

1. Come è possibile la conoscenza del futuro? Ben si comprende la possibilità di prevedere gli avvenimenti che devono risultare dallo stato presente; non quella, però, di prevedere avvenimenti che con il presente non hanno alcuna relazione; né, ancor meno, avvenimenti che sono comunemente attribuiti al caso. Non esistono, dicono, le cose future; esse si trovano ancora nel nulla. Come, dunque, è possibile sapere che accadranno? Sono, tuttavia, in grande numero i casi di profezie che si sono realizzate, per cui diventa giocoforza necessario concludere in tal caso che è un fenomeno per la cui spiegazione manca la chiave, poiché non esiste effetto senza causa. Ed è questa causa che tenteremo di scoprire. Ancora una volta sarà lo Spiritismo, esso stesso già chiave di tanti misteri, che ce la fornirà, mostrandoci inoltre che il fatto delle profezie non si verifica affatto con esclusione delle leggi naturali.

Prendiamo, come raffronto, un esempio fra le cose usuali. Esso ci aiuterà a comprendere il principio che dovremo sviluppare.

2. Immaginiamo un uomo che si trovi sulla cima di un'alta montagna e che osservi la vasta distesa della pianura sottostante. In questa posizione, la superficie di una lega sarà ben poca cosa, ed egli potrà abbracciare in un solo colpo d'occhio tutti gli accidenti del terreno, da un estremo all'altro della strada. Un viaggiatore che percorra questa strada per la prima volta sa che, camminando, arriverà alla fine di essa: è questa una semplice previsione della conseguenza che avrà la sua marcia. Ma gli accidenti del terreno, le salite e le discese, i corsi d'acqua da superare, i boschi da attraversare, i precipizi in cui potrebbe cadere, i ladri appostati per rapinarlo, le case ospitali in cui potrà riposarsi, tutto questo non dipende dalla sua persona. Tutto questo è per lui l'ignoto, l'avvenire, perché la sua vista non va al di là della piccola area che lo circonda. In quanto alla durata, egli la misura attraverso il tempo che impiega a percorrere il cammino; toglietegli i punti di riferimento, e la durata si cancella. Per l'uomo che si trova sulla montagna e che segue con lo sguardo il viaggiatore, tutto ciò è il presente. Supponiamo che quell'uomo scenda dalla montagna, si avvicini al viaggiatore e gli dica: "Nel tale momento, incontrerete la tal cosa, sarete aggredito e soccorso". Gli starà così predicendo il futuro; ma è il futuro per il viaggiatore; per l'uomo della montagna il futuro è il presente.

3. Se ora usciamo dal campo delle cose puramente materiali ed entriamo, per mezzo del pensiero, nell'ambito della vita spirituale, noi vedremo questo fenomeno prodursi su più vasta scala. Gli Spiriti smaterializzati sono come l'uomo della montagna: lo spazio e la durata non esistono per loro. Ma l'estensione e la penetrazione della loro vista sono proporzionali alla loro purificazione e alla loro elevazione nella gerarchia spirituale; essi sono, in confronto agli Spiriti inferiori, come l'uomo dotato di un potente telescopio, accanto a quello che non ha che i propri occhi. Negli Spiriti inferiori, la visione è circoscritta, non solo perché soltanto difficilmente possono allontanarsi dal globo al quale sono legati, ma anche perché la grossolanità del loro perispirito vela le cose distanti, proprio come farebbe una nebbia per gli occhi del corpo.

Si comprende pertanto come uno Spirito possa abbracciare, secondo il suo grado di perfezione, un periodo di alcuni anni, di alcuni secoli e anche di parecchie migliaia di anni. Perché, in fondo, che cos'è un secolo di fronte all'infinito? Gli eventi non si dipanano affatto consequenzialmente davanti a lui, come gli incidenti della strada del viaggiatore: egli vede simultaneamente l'inizio e la fine del periodo; tutti gli avvenimenti che, in quel periodo, sono il futuro per l'uomo della Terra, per lui sono il presente. Potrebbe, pertanto, venire a dirci con sicurezza: la tal cosa accadrà nella tale epoca; infatti egli vede questa cosa, come l'uomo della montagna vede ciò che attende il viaggiatore sulla strada. Se non lo fa è perché la conoscenza del futuro nuocerebbe all'uomo; ostacolerebbe il suo libero arbitrio; lo paralizzerebbe nel lavoro ch'egli deve compiere per il suo progresso. Il bene e il male che l'attendono, trovandosi nel campo dell'ignoto, costituiscono per lui la prova.

Se una tale facoltà, anche se limitata, si può contare fra gli attributi della creatura umana, a quale grado di potere dovrà mai elevarsi nel Creatore, che abbraccia l'infinito? Per Lui il tempo non esiste: l'inizio e la fine dei mondi sono il presente. In questo immenso panorama, che cosa sarà mai la durata della vita d'un uomo, d'una generazione, d'un popolo?

4. Siccome, tuttavia, l'uomo deve contribuire al progresso generale, e siccome certi avvenimenti devono risultare dalla sua cooperazione, può essere utile, in casi speciali, ch'egli sia preavvertito riguardo a questi avvenimenti, affinché ne prepari il corso e si tenga pronto ad agire quando sarà giunto il momento. Ciò avviene perché Dio permette talvolta che un angolo del velo venga sollevato; ma è sempre per un fine utile e mai per soddisfare una vana curiosità. Questa missione può dunque essere conferita, però non a tutti gli Spiriti, poiché ve ne sono di quelli che conoscono il futuro meno degli uomini, ma ad alcuni Spiriti sufficientemente avanzati per fare questo. Ora v'è da osservare che questo genere di rivelazione è sempre fatto spontaneamente e giammai, o almeno ben raramente, in risposta a una domanda diretta.

5. Egualmente, questa missione può essere conferita a certi uomini, e vi spieghiamo in quale maniera.

Colui al quale è dato l'incarico di rivelare una cosa occulta può ricevere, a sua insaputa, l'ispirazione da Spiriti che la conoscono, ed egli allora la trasmette macchinalmente, senza rendersene conto. Si sa inoltre che, sia durante il sonno, sia in stato di veglia, nelle estasi della doppia vista, l'anima si libera e acquisisce in grado più o meno elevato, le facoltà dello Spirito libero. Se questo è uno Spirito avanzato, se soprattutto ha, come i profeti, ricevuto una missione speciale per questo effetto, godrà, nei momenti di emancipazione dell'anima, della facoltà di abbracciare, da sé stesso, un periodo più o meno lungo, e vedrà, come fossero al presente, gli avvenimenti di quel periodo. Può allora rivelarli all'istante o conservarne la memoria al suo risveglio. Se questi avvenimenti devono restare segreti, allora egli ne perderà il ricordo oppure non gliene resterà che una vaga intuizione, sufficiente per guidarlo istintivamente.

6. È cosi che si vede questa facoltà svilupparsi provvidenzialmente in certe occasioni, per esempio nei pericoli imminenti, nelle grandi calamità, nelle rivoluzioni; ed è così che la maggior parte delle sette perseguitate ha avuto numerosi veggenti; ed è ancora così che si vedono grandi capitani marciare risoluti contro il nemico, con la certezza della vittoria; e uomini di genio come Cristoforo Colombo, per esempio, avanzare verso una meta, prevedendo, per così dire, il momento in cui l'avrebbero raggiunta. Il fatto è che essi l'hanno vista questa meta, che per il loro Spirito non è l'ignoto.

Il dono della predizione, dunque, non è più soprannaturale di un'infinità di altri fenomeni. Esso si fonda sulle proprietà dell'anima e sulla legge dei rapporti del mondo visibile con il mondo invisibile, che lo Spiritismo viene a farci conoscere.

Questa teoria della prescienza non risolve forse in maniera assoluta tutti i casi che la rivelazione del futuro può presentare, ma non si può negare ch'essa ne stabilisce il principio fondamentale.

7. Spesso le persone dotate della facoltà della preveggenza, nello stato estatico o sonnambolico, vedono gli avvenimenti disegnarsi come in un quadro, la qual cosa potrebbe anche spiegarsi attraverso la fotografia del pensiero. Poniamo che un avvenimento si trovi nel pensiero degli Spiriti, i quali si adoperano alla sua realizzazione, oppure nel pensiero degli uomini, le cui azioni tale avvenimento devono provocare. Questo pensiero, attraversando lo spazio come il suono attraversa l'aria, può divenire immagine per il veggente. Ma siccome la realizzazione può essere affrettata o ritardata per un concorso di circostanze, egli vede la cosa senza poterne precisare il momento. A volte questo pensiero può perfino essere soltanto un progetto o un desiderio, che perciò potrebbe non avere alcun seguito. Da qui i frequenti errori di fatto e di data nelle previsioni (cap. XIV, n. 13 e ss.).

8. Per comprendere le cose spirituali, per farcene cioè un'idea netta quanto quella che ci facciamo d'un paesaggio che sta sotto i nostri occhi, ci manca in verità un senso, esattamente come al cieco manca il senso necessario per comprendere gli effetti della luce, dei colori e della vista senza il contatto. Per cui è soltanto con uno sforzo dell'immaginazione che noi vi perveniamo, nonché grazie ai confronti tratti dalle cose che ci sono familiari. Ma le cose materiali non possono dare che delle idee molto imperfette delle cose spirituali. È per questo che non bisognerebbe prendere questi paragoni troppo alla lettera e credere, per esempio, che il valore delle facoltà percettive degli Spiriti attenga alla loro effettiva elevazione, e che essi abbiano bisogno di essere su una montagna o al di sopra delle nuvole per abbracciare il tempo e lo spazio.

Questa facoltà è inerente allo stato di spiritualizzazione o, se si preferisce, di smaterializzazione. Vale a dire che la spiritualizzazione produce un effetto che si può paragonare, per quanto molto imperfettamente, a quello della visione d'insieme dell'uomo che è sulla montagna. Questo raffronto aveva semplicemente lo scopo di dimostrare come avvenimenti che sono nel futuro per gli uni, siano nel presente per gli altri e possano così essere predetti, la qual cosa non implica che l'effetto si produca nello stesso modo.

Per godere di tale percezione, lo Spirito non ha dunque bisogno di trasportarsi su di un qualche punto dello spazio. Colui che è sulla Terra, al nostro fianco, può possederla in tutta la sua pienezza, allo stesso modo che se dalla Terra fosse lontano mille leghe, mentre noi non vediamo nulla al di fuori dell'orizzonte visuale. Presso gli Spiriti, non producendosi la visione né nella stessa maniera, né con gli stessi elementi che negli uomini, tutt'altro è il loro orizzonte visuale. Ora, è precisamente questo il senso che ci manca per concepirlo. Lo Spirito, a fianco di un incarnato, è come il vedente a fianco di un cieco.

9. Dobbiamo inoltre considerare che questa percezione non si limita all'estensione, ma che essa comprende la penetrazione di tutte le cose. Essa è, lo ripetiamo, una facoltà inerente e proporzionata allo stato di smaterializzazione. Questa facoltà viene attenuata dall'incarnazione, ma non ne è completamente annullata, poiché l'anima non è racchiusa nel corpo come fosse in una scatola. L'incarnato la possiede, benché sempre a un livello minore di quando è completamente libero. È questo che conferisce a certi uomini un potere di penetrazione che manca invece totalmente ad altri, una maggiore giustezza nel colpo d'occhio morale, una più facile comprensione delle cose extramateriali. Lo Spirito incarnato non solo percepisce, ma ricorda anche ciò che ha visto allo stato di Spirito, e questo suo ricordare è come un quadro che gli si ridisegna nella mente. Nell'incarnazione, egli vede, ma vagamente e come attraverso un velo; allo stato libero, egli vede e concepisce chiaramente. Il principio della vista non è al di fuori di lui, ma in lui. È per questo ch'egli non ha bisogno della nostra luce esteriore. Attraverso lo sviluppo morale il campo delle idee e dei concetti si allarga; attraverso la smaterializzazione graduale del perispirito, questo si purifica di quegli elementi grossolani che alteravano la delicatezza delle percezioni; per cui diventa facile comprendere come l'ampliamento di tutte le facoltà accompagni il progresso dello Spirito.

10. È il grado dell'estensione delle facoltà dello Spirito che, nell'incarnazione, lo rende più o meno atto a concepire le cose spirituali. Tuttavia, questa attitudine non è necessariamente la conseguenza dello sviluppo dell'intelligenza; la scienza comune di certo non la dà: è per questo che s'incontrano uomini di grande erudizione tanto ciechi per le cose spirituali quanto altri lo sono per le cose materiali. Essi sono verso di esse refrattari perché non le comprendono; e questo dipende dal fatto che il loro progresso non si è ancora compiutamente realizzato in tal senso, mentre s'incontrano persone di una cultura e di una intelligenza comuni che le apprendono con la più grande facilità, la qual cosa dimostra che di quelle cose esse avevano una precedente intuizione. C'è in loro un ricordo retrospettivo di ciò che hanno visto e conosciuto, sia durante l'erraticità, sia nelle loro esistenze anteriori, così come altri hanno l'intuizione di alcune lingue e scienze che hanno anteriormente possedute.

11. In quanto al futuro dello Spiritismo, gli Spiriti, come si sa, sono unanimi nell'affermarne il prossimo trionfo, nonostante gli ostacoli che gli vengono opposti. Questa previsione è per loro facile, prima di tutto perché la diffusione dello Spiritismo è loro opera personale: concorrendo al movimento o dirigendolo, essi sanno, di conseguenza, ciò che devono fare. In secondo luogo, è loro sufficiente abbracciare un periodo di breve durata perché in tale periodo essi vedano, lungo il loro cammino, i più potenti ausiliari che Dio possa suscitare e che non tarderanno a manifestarsi.

Benché non siano Spiriti disincarnati, possano gli Spiritisti portarsi avanti anche di soli trent'anni in mezzo alla generazione che cresce. Da lì considerino ciò che accade oggi; ne seguano la marcia progressiva e vedranno così consumarsi in vani sforzi coloro che si ritengono chiamati ad arrestarla. Essi li vedranno sparire a poco a poco dalla scena, accanto all'albero che cresce e le cui radici si estendono ogni giorno di più.

12. Gli avvenimenti comuni della vita privata sono, il più volte, la conseguenza del modo di agire di ciascuno: il tale riuscirà secondo le sue capacità, il suo tatto, la sua perseveranza, la sua prudenza e le sue energie, là dove un altro fallirà per la sua inefficienza. Di modo che si può dire che ognuno è l'artefice del proprio futuro, che giammai si trova soggetto a una cieca fatalità che sia indipendente dalla persona. Conoscendo il carattere di un individuo, facilmente gli si può predire la sorte che l'attende sulla strada lungo la quale egli s'avvia.

13. Gli avvenimenti che toccano gli interessi generali dell'umanità sono regolati dalla Provvidenza. Quando una cosa è nei disegni di Dio, essa deve compiersi in ogni modo, sia con un mezzo sia con un altro. Gli uomini concorrono alla sua realizzazione, ma nessuno è indispensabile, altrimenti Dio stesso sarebbe alla mercé delle Sue creature. Se colui cui spetta la missione di eseguirlo fallisce, ne viene incaricato un altro. Non ci sono affatto missioni fatali. L'uomo è sempre libero di compiere o di non compiere la missione che gli viene affidata e che volontariamente ha accettata. Se non la compie, perde i benefici che da essa gli sarebbero derivati e si assume la responsabilità dei ritardi che possono risultare dalla sua negligenza o dalla sua cattiva volontà. Se egli diviene un ostacolo alla realizzazione della missione, Dio può distruggerlo in un soffio.

14. Il risultato finale di un avvenimento può dunque essere certo, perché è nei disegni di Dio. Ma poiché il più delle volte i dettagli e la maniera di realizzarsi di tale avvenimento sono subordinati alle circostanze e al libero arbitrio degli uomini, vie e mezzi possono avere il carattere dell'eventualità. Gli Spiriti possono preavvertirci sull'insieme, se è utile che noi ne siamo avvisati; ma per precisare il luogo e la data, bisognerebbe ch'essi conoscessero in precedenza la decisione che prenderà il tale o il talaltro individuo. Ora, se questa decisione non è ancora nella sua mente, a seconda di quella che sarà, essa può affrettare o ritardare la realizzazione del fatto, modificare i mezzi d'azione secondari, raggiungendo tuttavia il medesimo risultato. È così, per esempio, che gli Spiriti possono, attraverso l'insieme delle circostanze, prevedere se una guerra è più o meno vicina, se è inevitabile, senza tuttavia poter predire il giorno in cui tale guerra comincerà, né in dettaglio gli incidenti che possono venir modificati dalla volontà degli uomini.

15. Per la determinazione dell'epoca degli avvenimenti futuri, bisogna inoltre tener conto di una circostanza inerente alla natura stessa degli Spiriti.

Il tempo, allo stesso modo dello spazio, non può essere valutato se non con l'aiuto di punti di paragone o di riferimento, i quali lo dividono in periodi che si possono contare. Sulla Terra, la divisione naturale del tempo in giorni e anni è contrassegnata dal levarsi e dal tramontare del Sole, e dalla durata del movimento di traslazione della Terra. Le unità di misura del tempo variano necessariamente a seconda dei mondi, poiché i periodi astronomici sono differenti. Avviene così, per esempio, che su Giove un giorno equivale a dieci delle nostre ore, e un anno a circa dodici anni terrestri.

C'è dunque per ogni mondo una maniera diversa di calcolare la durata, a seconda della natura delle rivoluzioni astrali che vi si compiono. Questa sarebbe già una difficoltà per la determinazione delle nostre date, da parte di Spiriti che non conoscessero il nostro mondo. Ma, al di fuori dei mondi, questi sistemi di valutazione non esistono. Per uno Spirito, nello spazio, non vi sono né levarsi né tramontar di sole a segnare i giorni, né rivoluzione periodica a segnare gli anni. Per lui non esistono che il tempo e lo spazio infiniti (cap. VI, n. 1 e ss.). Quello, dunque, che non fosse mai venuto sulla Terra non avrebbe nessuna nozione dei nostri calcoli, che, del resto, gli sarebbero completamente inutili. Ma c'è di più. Quello che non fosse mai stato incarnato su nessuno dei mondi non avrebbe alcuna nozione del frazionamento del tempo. Quando uno Spirito estraneo alla Terra viene qui a manifestarsi, egli non può assegnare una data agli avvenimenti se non adeguandosi ai nostri usi, cosa che è senza dubbio in suo potere, ma che il più delle volte egli non giudica utile fare.

16. Gli Spiriti, che compongono la popolazione invisibile del nostro globo, dove essi hanno già vissuto e dove continuano a vivere in mezzo a noi, si ritrovano naturalmente adeguati alle nostre abitudini, di cui conservano il ricordo nell'erraticità. Di conseguenza, essi potrebbero più facilmente assegnare una data agli avvenimenti futuri allorché la conoscessero; ma oltre al fatto che ciò non sempre è loro permesso, essi ne sono impediti da questa ragione: tutte le volte che le circostanze di dettaglio sono subordinate al libero arbitrio e alla eventuale decisione dell'uomo, la data precisa non esiste realmente se non allorché l'avvenimento è già avvenuto.

Ecco perché le predizioni circostanziate non possono offrire alcuna certezza e devono essere accolte soltanto come probabilità, quand'anche esse non portino con sé un marchio di legittima suspicione. Pertanto gli Spiriti veramente saggi non predicono mai nulla a epoche prestabilite; essi si limitano a fare previsioni sull'esito di cose che ci è utile conoscere. Insistere per avere dettagli precisi significa esporsi alle mistificazioni degli Spiriti leggeri, che predicono tutto ciò che si vuole, senza per nulla preoccuparsi della verità, e si divertono degli spaventi e degli abbagli che causano.

17. La forma finora impiegata per le predizioni ne fa degli autentici enigmi, spesso indecifrabili. Questa forma misteriosa e cabalistica, di cui Nostradamus ci offre il genere più completo, conferisce a tali predizioni un certo prestigio agli occhi del volgo, il quale dà a esse tanto più valore, quanto più incomprensibili sono. Per la loro ambiguità esse si prestano alle più diverse interpretazioni; cosicché, secondo il senso attribuito a certe parole allegoriche o convenzionali, secondo il modo attraverso cui si effettua il calcolo bizzarramente complicato delle date, e con un po' di buona volontà, vi si trova quasi tutto ciò che si vuole.

Comunque sia, bisogna convenire che alcune predizioni hanno un carattere serio e confondono con la loro veridicità. È probabile che, un tempo, questa forma velata abbia avuto la sua ragion d'essere e anche la sua necessità.

Al giorno d'oggi le circostanze non sono più le stesse; il positivismo del secolo mal si adatterebbe al linguaggio sibillino. Perciò, le predizioni dei giorni nostri non ostentano più quelle strane forme di linguaggio; le predizioni che fanno gli Spiriti non hanno niente di mistico; essi parlano usando il linguaggio di tutti, come avrebbero fatto da vivi, poiché non hanno cessato di appartenere all'umanità; ci avvertano delle cose future, personali o generali, quando ciò può essere utile e nella misura della perspicacia di cui sono dotati, proprio come farebbero dei consiglieri o degli amici. Le loro previsioni, dunque, sono degli avvertimenti — che nulla tolgono al libero arbitrio — piuttosto che delle predizioni propriamente dette, che implicherebbero una fatalità assoluta. La loro opinione, inoltre, è quasi sempre motivata, perché essi non vogliono che l'uomo annulli la sua ragione sotto una fede cieca e desiderano ch'egli ne consideri l'esattezza.

18. Anche l'umanità contemporanea conta i suoi profeti. Più di uno scrittore, poeta, letterato, storico o filosofo ha preannunciato nei suoi scritti il cammino futuro delle cose che oggi abbiamo visto realizzarsi.

Questa attitudine spesso deriva, senza dubbio, dalla rettitudine di giudizio, che dal presente deduce le conseguenze logiche; ma spesso è anch'essa il risultato di una speciale chiaroveggenza inconscia o di una ispirazione che viene dall'esterno. Ciò che questi uomini hanno fatto da vivi, possono a maggior ragione farlo nello stato di Spiriti liberi, quando la vista spirituale non è più ottenebrata dalla materia.




Capitolo XVII - PREDIZIONI DEL VANGELO



Nessuno è profeta nella sua patria

1. Recatosi nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga, così che stupivano e dicevano: "Da dove gli vengono tanta sapienza e queste opere potenti? Non è questi il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte tra di noi? Da dove gli vengono tutte queste cose?" E si scandalizzavano a causa di lui.

Ma Gesù disse loro: " Un profeta non è disprezzato che nella sua patria e in casa sua". E lì, a causa della loro incredulità, non fece molte opere potenti. (Matteo 13:54-58)

2. Gesù enunciava così una verità divenuta proverbio, che è di tutti i tempi, e a cui si potrebbe dare una maggiore estensione dicendo che nessuno è profeta in vita.

Nel linguaggio comune, questa massima si applica al credito di cui gode un uomo tra i suoi e tra quelli in mezzo ai quali vive, alla fiducia ch'egli ispira loro per la superiorità della sua erudizione e della sua intelligenza. Se tale massima subisce delle eccezioni, queste sono ben rare e, in ogni caso, non sono mai assolute. Il principio di questa verità è una conseguenza naturale della fragilità umana, che si può anche spiegare.

L'abitudine di vedersi fin dall'infanzia, nelle comuni circostanze della vita, stabilisce tra gli individui una sorta di uguaglianza materiale, la quale fa sì che spesso ci si rifiuti di riconoscere una superiorità morale in colui di cui si è stati il compagno o il commensale, che è uscito dal medesimo ambiente e di cui si sono viste le prime debolezze. Il fatto è che l'orgoglio soffre dell'ascendente che è costretto a subire. Chiunque si elevi al di sopra del livello comune è sempre esposto alla gelosia e all'invidia. Quelli che si sentono incapaci di raggiungere la sua altezza cercano in tutti i modi di sottovalutarlo con la denigrazione, la maldicenza e la calunnia. Quanto più piccoli si vedono, tanto più forte gridano, credendo così di elevare sé stessi e di eclissare l'altro con tutto il rumore che fanno. Tale è stata e tale sarà la storia dell'umanità, fintantoché gli uomini non avranno compreso la loro natura spirituale e non avranno ampliato il loro orizzonte morale. Da tutto ciò risulta chiaramente come un simile pregiudizio sia proprio degli spiriti gretti e volgari che assumono la loro persona come punto di riferimento per ogni cosa.

D'altronde, degli uomini che si conoscono solo attraverso il loro spirito, ci si fa generalmente un ideale che cresce nella misura in cui tempi e luoghi vanno distanziandosi. Li si spoglia quasi dell'umanità. Sembra quasi ch'essi non debbano avere né sentito né parlato come tutti; che il loro linguaggio e i loro pensieri debbano essere stati costantemente al massimo grado del sublime, e ciò senza considerare che lo spirito non poteva essere incessantemente teso e in costante sovraeccitazione. Nel contatto giornaliero della vita privata, chiaramente si nota l'uomo materiale, poiché nulla lo distingue dal volgo. L'uomo corporale, sopraffatto dai sensi, quasi cancella l'uomo spirituale. Di quest'ultimo, invece, non si percepisce che lo spirito. Da lontano, non si vede che il lampo del genio; da vicino, si vede il riposo dello spirito.

Dopo la morte, non esistendo più il raffronto, resta soltanto l'uomo spirituale, ed egli sembra tanto più grande quanto più lontano è il ricordo dell'uomo corporale. Ecco perché gli uomini che hanno segnato il loro passaggio sulla Terra con opere di reale valore sono più apprezzati dopo la morte che in vita. Essi sono giudicati con maggiore imparzialità, perché, essendo spariti gli invidiosi e i gelosi, gli antagonismi personali non esistono più. La posterità è un giudice disinteressato che valuta l'opera dello Spirito, l'accetta senza ciechi entusiasmi se è buona, la respinge senza odio se è cattiva, indipendentemente dall'individualità che l'ha prodotta.

Tanto meno poteva sfuggire alle conseguenze di questo principio, che è inerente alla natura umana, Gesù, il quale viveva in un ambiente poco illuminato e fra uomini interamente votati alla vita materiale. I suoi compatrioti non vedevano in lui che il figlio del carpentiere, il fratello di uomini ignoranti quanto loro, e si domandavano che cosa potesse renderlo superiore a loro e dargli il diritto di rimproverarli. Così egli, notando che la sua parola godeva di una minore considerazione presso i compaesani, i quali lo disprezzavano, che presso gli estranei, andò a predicare tra coloro che lo ascoltavano e in mezzo ai quali riscuoteva maggior simpatia.

Ci si può fare un'idea dei sentimenti che verso di lui nutrivano i suoi parenti anche da questo fatto: i suoi fratelli, accompagnati dalla madre, andarono un giorno in un'assemblea dove Gesù si trovava per portarlo via, dicendo che aveva perduto il senso (Marco 3:20 21, 31 35; Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. XIV).

Pertanto, da un lato, i sacerdoti e i farisei accusavano Gesù di agire per conto del demoni; dall'altro i suoi parenti più stretti lo tacciavano di follia. Non avviene forse così, ai giorni nostri, nei confronti degli Spiritisti?

E dovranno forse questi lamentarsi di non essere trattati dai loro concittadini meglio di quanto non lo fosse stato Gesù? Ma ciò che non avrebbe avuto nulla di sorprendente duemila anni fa, presso un popolo ignorante, è molto più strano oggi, nel diciannovesimo secolo, in seno a nazioni civilizzate.




Morte e passione di Gesù

3. (Dopo la guarigione del lunatico). E tutti rimasero sbalorditi della grandezza di Dio. Mentre tutti si meravigliavano di tutte le cose che Gesù faceva, egli disse ai suoi discepoli:

"Voi tenete bene in mente queste parole: il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini." Ma essi non capivano queste parole che erano per loro velate, così da risultare incomprensibili, e temevano di interrogarlo su quanto aveva detto. (Luca 9:43-45)

4. Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti, degli scribi, ed essere ucciso, e risuscitare il terzo giorno. (Matteo 16:21)

5. Mentre essi percorrevano insieme la Galilea, Gesù disse loro: "Il Figlio dell'uomo sta per essere dato nelle mani degli uomini; essi lo uccideranno e il terzo giorno risusciterà". Ed essi ne furono molto rattristati. (Matteo 17:22-23)

6. Poi Gesù, mentre saliva verso Gerusalemme, prese da parte i dodici; e strada facendo, disse loro: "Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo sarà dato nelle mani dei capi dei sacerdoti e degli scribi; essi lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito, flagellato e crocifisso; e il terzo giorno risusciterà. (Matteo 20:17-19)

7. Poi, prese con sé i dodici, e disse loro: "Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e saranno compiute riguardo al Figlio dell'uomo tutte le cose scritte dai profeti; perché egli sarà consegnato ai pagani, e sarà schernito e oltraggiato e gli sputeranno addosso; e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno; ma il terzo giorno risusciterà". Ed essi non capirono nulla di tutto questo; quel discorso era per loro oscuro, e non capivano ciò che Gesù voleva dire. (Luca 18:31-34)

8. Quando Gesù ebbe finito tutti questi discorsi, disse ai suoi discepoli: "Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua, e il Figlio dell'uomo sarà consegnato per esser crocifisso".

Allora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote che si chiamava Caiafa e deliberarono di prendere Gesù con inganno e di farlo morire. Ma dicevano: "Non durante la festa, perché non accada qualche tumulto nel popolo". (Matteo 26:1-5)

9. In quello stesso momento vennero alcuni farisei a dirgli: "Parti, e vattene di qui, perché Erode vuol farti morire". Ed egli disse loro: "Andate a dire a quella volpe: 'Ecco, io scaccio i demoni, compio guarigioni oggi e domani, e il terzo giorno avrò terminato'". (Luca 13:31-32)




Persecuzione contro gli apostoli

10. "Guardatevi dagli uomini; perché vi metteranno in mano ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per servire di testimonianza davanti a loro e ai pagani.' (Matteo 10:17-18)

11. "Vi espelleranno dalle sinagoghe; anzi, l'ora viene che chiunque vi ucciderà, crederà di rendere un culto a Dio. Faranno questo perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose, affinché quando sia giunta l'ora, vi ricordiate che ve le ho dette. Non ve le dissi da principio perché ero con voi." (Giovanni 16:2-4)

12. "Voi sarete traditi perfino da genitori, fratelli, parenti e amici; faranno morire parecchi di voi; e sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma neppure un capello del vostro capo perirà. Con la vostra costanza salverete le vostre vite." (Luca 21:16– 19)

13. (Martirio di san Pietro). "In verità, in verità ti dico che quand'eri più giovane, ti cingevi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti." Disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio. E, dopo aver parlato così, gli disse: "Seguimi". (Giovanni 21:18-19)




Le città impenitenti

14. Allora egli prese a rimproverare le città nelle quali era stata fatta la maggior parte delle sue opere potenti, perché non si erano ravvedute: "Guai a te, Corazin! Guai a te Betsaida! perché se in Tiro e Sidone fossero state fatte le opere potenti compiute tra di voi, già da molto tempo si sarebbero pentite, con cilicio e cenere. Perciò vi dichiaro che nel giorno del giudizio la sorte di Tiro e di Sidone sarà più tollerabile della vostra. E tu, o Cafarnao, sarai forse innalzata fino al cielo? No, tu scenderai fino all'Ades. Perché se in Sodoma fossero state fatte le opere potenti compiute in te, essa sarebbe durata fino ad oggi. Perciò, vi dichiaro, nel giorno del giudizio la sorte del paese di Sodoma sarà più tollerabile della tua". (Matteo 11:20-24)




La rovina del tempio e di Gerusalemme

15. Mentre Gesù usciva dal tempio e se ne andava, i suoi discepoli gli si avvicinarono per fargli osservare gli edifici del tempio. Ma egli rispose loro: "Vedete tutte queste cose? Io vi dico in verità: Non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sia diroccata". (Matteo 24:1-2)

16. Quando fu vicino, vedendo la città, pianse su di essa, dicendo: "Oh se tu sapessi, almeno oggi, ciò che occorre per la tua pace! Ma ora è nascosto ai tuoi occhi. Poiché verranno su di te dei giorni nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, ti accerchieranno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché tu non hai conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata". (Luca 19:41-44)

17. “Mabisogna che io cammini oggi, domani e dopodomani, perché non può essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.

Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta. Io vi dico che non mi vedrete più, fino al giorno in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” (Luca 13:33-35)

18. Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora quelli che sono in Giudea ; fuggano sui monti; e quelli che sono in città, se ne allontanino; e quelli che sono nella campagna non entrino nella città. Perché quelli sono giorni di vendetta, affinché si adempia tutto quello che è stato scritto. Guai alle donne che saranno incinte, e a quelle che allatteranno in quei giorni! Perché vi sarà grande calamità nel paese e ira su questo popolo. Cadranno sotto il taglio della spada, e saranno condotti prigionieri fra tutti i popoli; e Gerusalemme sarà calpestata dai popoli, finché i tempi delle nazioni siano compiuti. (Luca 21:20-24)

19. (Gesù in cammino verso il supplizio). Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che facevano cordoglio e lamento per lui. Ma Gesù, voltatosi verso di loro, disse: "Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli. Perché, ecco, i giorni vengono nei quali si dirà: ‘Beate le sterili, i grembi che non hanno partorito e le mammelle che non hanno allattato’. Allora cominceranno a dire ai monti:‘Cadeteci addosso’; e ai colli: ‘Copriteci’. Perché se fanno questo al legno verde, che cosa sarà fatto al secco?" (Luca 23:27-31)

20. La facoltà di presentire le cose future è uno degli attributi dell'anima e si spiega attraverso la teoria della prescienza. Gesù la possedeva a un grado elevatissimo, come tutte le altre sue facoltà. Egli ha dunque potuto prevedere gli avvenimenti che sarebbero seguiti alla sua morte senza che in questo fatto vi sia nulla di soprannaturale, poiché lo vediamo riprodursi sotto i nostri occhi nelle situazioni più comuni. Non è raro il caso di individui che annunciano con precisione l'istante della loro morte. Avviene, infatti, che la loro anima, nello stato di liberazione, è come l'uomo della montagna (cap. XVI, n. 1): abbraccia la strada da percorrere e ne vede il termine.

21. Tanto più doveva essere così per Gesù, il quale, avendo coscienza della missione che veniva a compiere, sapeva che la morte mediante il supplizio ne sarebbe stata la necessaria conseguenza. La vista spirituale, che in lui era permanente, così come la penetrazione del pensiero, doveva mostrargliene le circostanze e il periodo fatale. Per la medesima ragione, egli poteva prevedere la rovina del tempio e quella di Gerusalemme, le disgrazie che stavano per colpire i suoi abitanti, e la dispersione degli Ebrei.




Maledizione contro i farisei

22. (Giovanni Battista). Ma vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: "Razza di vipere, chi vi ha insegnato a sfuggire l'ira futura? Fate dunque dei frutti degni del ravvedimento. Non pensate di dire dentro di voi: 'Abbiamo per padre Abramo'; perché io vi dico che da queste pietre Dio può far sorgere dei figli ad Abramo. Ormai la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero dunque che non fa buon frutto, viene tagliato e gettato nel fuoco". (Matteo 3:7-10)

23. “Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché divorate le case delle vedove e fate lunghe preghiere per mettervi in mostra; perciò riceverete maggior condanna.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché viaggiate per mare e per terra per fare un proselito; e quando lo avete fatto, lo rendete figlio della geenna il doppio di voi.

Guai a voi, guide cieche, che dite: Se uno giura per il tempio, non importa;ma se giura per l'oro del tempio, resta obbligato. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l'oro o il tempio che santifica l'oro? E se uno, voi dite, giura per l'altare, non importa; ma se giura per l'offerta che c'è sopra, resta obbligato. Ciechi! Che cosa è più grande: l'offerta o l'altare che santifica l'offerta? Chi dunque giura per l'altare, giura per esso e per tutto quello che c'è sopra; e chi giura per il tempio, giura per esso e per Colui che lo abita; e chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi siede sopra.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell'aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre. Guide cieche, che filtrate il moscerino e inghiottite il cammello.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pulite l'esterno del bicchiere e del piatto, mentre dentro sono pieni di rapina e d'intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l'interno del bicchiere e del piatto, affinché anche l'esterno diventi pulito.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché siete simili a sepolcri imbiancati, che appaiono belli di fuori, ma dentro sono pieni d'ossa di morti e d'ogni immondizia. Così anche voi, di fuori sembrate giusti alla gente; ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché costruite i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti e dite: 'Se fossimo vissuti ai tempi dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nello spargere il sangue dei profeti!' In tal modo voi testimoniate contro voi stessi, di essere figli di coloro che uccisero i profeti. E colmate pure la misura dei vostri padri! Serpenti, razza di vipere, come scamperete al giudizio della geenna? Perciò ecco, io vi mando dei profeti, dei saggi e degli scribi; di questi, alcuni ne ucciderete e metterete in croce; altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città, affinché ricada su di voi tutto il sangue giusto sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che voi uccideste fra il tempio e l'altare. Io vi dico in verità che tutto ciò ricadrà su questa generazione”. (Matteo 23:13-36)




Le mie parole non passeranno

24. Allora i suoi discepoli si avvicinarono e gli dissero: “Sai che i farisei quando hanno udito questo discorso, ne sono rimasti scandalizzati?” Egli rispose loro: “Ogni pianta che il Padre mio celeste non ha piantata, sarà sradicata. Lasciateli; sono ciechi, guide di ciechi; ora se un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso”. (Matteo 15:12-14)

25. “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. (Matteo 24:35)

26. Le parole di Gesù non passeranno, perché esse saranno vere in tutti i tempi. Il suo codice morale sarà eterno, perché racchiude le condizioni del bene, che conducono l'uomo al suo destino eterno. Ma le sue parole sono pervenute fino a noi non contaminate da mescolanze e da false interpretazioni? Ne hanno afferrato lo spirito tutte le sette cristiane? Qualcuna di queste non ne avrà forse alterato il vero significato, in seguito a dei pregiudizi e all'ignoranza delle leggi della natura? Qualcuna non le avrà trasformate in strumento di dominazione per servire le sue ambizioni e i suoi interessi materiali, una sorta di pedana, non per innalzarsi verso il cielo, ma per elevarsi sulla Terra? Si sono tutte le sette cristiane proposte come regola di condotta la pratica delle virtù, di cui Gesù ha fatto l'espressa condizione della salvezza? Sono esse tutte esenti dai rimproveri che Gesù indirizzava ai farisei del suo tempo? Alla fine, sono esse tutte l'espressione pura della sua dottrina, nella teoria come nella pratica?

Essendo la verità una, non può trovarsi in affermazioni contrarie, né Gesù ha potuto voler dare alle sue parole un doppio significato. Se, dunque, le varie sette si contraddicono, se le une considerano come vero ciò che le altre condannano' come eresia, è impossibile che esse si trovino tutte nella verità. Se tutte avessero compreso il vero significato dell'insegnamento evangelico, si sarebbero incontrate sul medesimo terreno e non sarebbero esistite delle sette.

Ciò che non passerà è il vero senso delle parole di Gesù; ciò che passerà è quanto gli uomini hanno costruito sul falso senso ch'essi hanno dato a quelle medesime parole.

Avendo Gesù come missione quella di trasmettere agli uomini il pensiero di Dio, soltanto la sua dottrina pura può essere l'espressione di questo pensiero.È per questo ch'egli ha detto: Ogni pianta che il Padre mio celeste non ha piantata, sarà sradicata.




La pietra angolare

27. Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture:

‘La pietra che i costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri?’ Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato a gente che ne faccia i frutti. Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed essa stritolerà colui sul quale cadrà".

I capi dei sacerdoti e i farisei, udite le sue parabole, capirono che parlava di loro; e cercavano di prenderlo, ma ebbero paura della folla, che lo riteneva un profeta. (Matteo 21:42-46)

28. La parola di Gesù è diventata la pietra angolare, cioè la pietra di consolidazione del nuovo edificio della fede, eretto sulle rovine dell'antico. Avendo i Giudei, i principi dei sacerdoti e i farisei rifiutata questa parola, essa li ha schiacciati, così come schiaccerà coloro che, in seguito, l'hanno disconosciuta, o che ne hanno snaturato il senso, a vantaggio della propria ambizione.




Parabola dei vignaiuoli omicidi

29. "Udite un'altra parabola: C'era un padrone di casa, il quale piantò una vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pigiare l'uva e vi costruì una torre; poi l'affittò a dei vignaiuoli e se ne andò in viaggio.

Quando fu vicina la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai vignaiuoli per ricevere i frutti della vigna. Ma i vignaiuoli presero i servi e ne picchiarono uno, ne uccisero altro e un altro lo lapidarono. Da capo mandò degli altri servi, in numero maggiore dei primi; ma quelli li trattarono allo stesso modo. Finalmente, mandò loro suo figlio, dicendo:

‘Avranno rispetto per mio figlio’. Ma i vignaiuoli, veduto il figlio, dissero tra di loro: 'Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e facciamo nostra la sua eredità'. Lo presero, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.

Quando verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaiuoli?" Essi gli risposero: "Li farà perire malamente, quei malvagi, e affiderà la vigna ad altri vignaiuoli i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo". (Matteo 21:33-41)

30. Il padre di famiglia è Dio; la vigna che ha piantato è la legge ch'Egli ha stabilito; i vignaiuoli ai quali ha affittato la Sua vigna sono gli uomini che devono insegnare e praticare la Sua legge; i servitori che inviò loro sono i profeti che quelli hanno massacrato; il figlio che invia alla fine è Gesù, ch'essi egualmente hanno eliminato. Come, dunque, il Signore tratterà i Suoi mandatari, prevaricatori della Sua legge? Egli li tratterà come essi hanno trattato i Suoi inviati e ne chiamerà altri che Gli daranno miglior conto dei Suoi beni e dell'andamento del Suo gregge.

Così è accaduto con gli scribi, con i principi dei sacerdoti e con i farisei. E così accadrà quando tornerà di nuovo a domandar conto di ciò che ciascuno ha fatto della Sua dottrina. Toglierà l'autorità a colui che ne avrà abusato, perché vuole che il Suo campo sia amministrato secondo la Sua volontà.

Dopo diciotto secoli l'umanità, giunta all'età virile, è matura per comprendere quanto il Cristo ha soltanto adombrato, perché, come diceva egli stesso, altrimenti non sarebbe stato compreso. Ora, a quali risultati sono arrivati coloro che sono stati incaricati dell'educazione religiosa dell'umanità? Sono arrivati a vedere l'indifferenza far seguito alla fede e la miscredenza ergersi a dottrina. In nessun'altra epoca, infatti, lo scetticismo e lo spirito di negazione furono più diffusi che nell'epoca attuale, in seno a tutte le classi sociali.

Ma se alcune delle parole del Cristo sono nascoste sotto il velo dell'allegoria, riguardo invece a tutto ciò che concerne la regola di condotta, i rapporti tra uomo e uomo, i principi morali attraverso i quali espressamente egli condiziona la salvezza., riguardo a tutto ciò i suoi insegnamenti sono chiari, espliciti e senza ambiguità (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. XV).

Delle sue massime di carità, di amore e di tolleranza che n'è statò? E delle raccomandazioni fatte ai suoi apostoli circa la conversione degli uomini attraverso la dolcezza e la persuasione? E della semplicità,dell'umiltà, dell'altruismo e di tutte le virtù di cui egli ha dato l'esempio? In suo nome, gli uomini si sono scagliati anatemi e maledizioni; si sono sgozzati in nome di colui che ha detto: "Tutti gli uomini sono fratelli". Di Colui, ch'egli ha proclamato infinitamente giusto, buono e misericordioso, si è creato un Dio geloso, crudele, vendicativo e parziale. A quel Dio di pace e di verità si sono sacrificate migliaia di vittime sui roghi, sotto le torture e con le persecuzioni, più di quante non ne abbiano mai sacrificate i pagani per i loro falsi dei. Si sono venduti i favori del cielo e le preghiere in nome di colui che ha scacciato i mercanti dal tempio e che ha detto ai suoi discepoli: "Date gratuitamente ciò che gratuitamente voi avete ricevuto".

Che cosa direbbe il Cristo, se vivesse oggi fra di noi? Se vedesse i suoi rappresentanti ambire agli onori, alle ricchezze, al potere e ai fasti dei príncipi del mondo, mentre lui, più re di tutti i re della Terra, fece il suo ingresso in Gerusalemme in groppa a un asino? Non si troverebbe egli in diritto di dire loro: "Che avete fatto dei miei insegnamenti, voi che incensate il vitello d'oro, voi che, durante le vostre preghiere, date largo spazio ai ricchi e riservate ai poveri uno spazio esiguo, mentre io vi ho detto: 'I primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi del regno dei cieli?" Ma se egli non c'è carnalmente, c'è in Spirito e, come quel padrone della parabola, egli verrà a chieder conto ai suoi vignaiuoli del prodotto della sua vigna, quando sarà giunto il tempo della raccolta.





Un solo gregge e un solo pastore

31. Ho anche altre pecore, che non sono di quest'ovile; anche quelle devo raccogliere ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge, un solo pastore. (Giovanni 10:16)

32. Con queste parole, Gesù annuncia, chiaramente che un giorno gli uomini si uniranno in un'unica credenza. Ma come potrebbe effettuarsi questa unificazione? La cosa appare difficile, se si considerano le differenze che esistono tra le religioni, l'antagonismo che esse mantengono tra i loro rispettivi adepti, e l'ostinazione di ciascuna nel credersi in possesso esclusivo della verità. Tutte vogliono l'unità, ma tutte si illudono che avverrà a loro proprio vantaggio, e nessuna intende fare una qualsiasi concessione che non sia riguardo alle sue credenze.

Tuttavia, l'unità nella religione si farà — come tende a farsi socialmente, politicamente e commercialmente — con la caduta delle barriere che separano i popoli, con l'assimilazione dei costumi, degli usi e dei linguaggi. I popoli dell'intero mondo già fraternizzano, come quelli di province d'uno stesso antico impero. Si presagisce questa unità e tutti la desiderano. Essa si farà per forza di cose, perché diverrà una necessità per stringere i legami di fraternità tra le nazioni; essa si farà attraverso lo sviluppo della ragione umana, che dimostrerà la puerilità di tali dissidenze; si farà grazie al progresso delle scienze, che dimostra ogni giorno gli errori materiali sui quali tali dissidenze si fondano, e che distacca a poco a poco le pietre verminose dalle loro basi. Se la scienza demolisce, nelle religioni, quanto è opera dell'uomo e frutto della sua ignoranza riguardo alle leggi della natura, essa non può distruggere, malgrado l'opinione di alcuni, quanto è opera di Dio e la verità eterna. Allontanando gli accessori, la scienza prepara le vie verso l'unità.

Per giungere all'unità, le religioni dovranno incontrarsi su di un terreno neutro, sebbene comune a tutte; per questo tutte dovranno fare concessioni e sacrifici più o meno grandi, a seconda della molteplicità dei loro dogmi particolari. Ma, in virtù del principio d'immutabilità che tutte professano, l'iniziativa delle concessioni non potrà partire dal campo ufficiale; invece di prendere il loro punto di partenza dall'alto, esse lo prenderanno dal basso, attraverso l'iniziativa individuale.

Si va operando, da qualche tempo, un movimento di decentralizzazione che tende ad acquistare una forza irresistibile. Il principio di immutabilità che le religioni hanno considerato finora un'egida conservatrice, diverrà un elemento di distruzione. Infatti, considerato che i culti s'immobilizzano, mentre la società progredisce, essi verranno superati e, in seguito, assorbiti nella corrente delle idee progressiste.

L'immobilità, invece d'essere una forza, diviene una causa di debolezza e di rovina per chi non segue il movimento generale. Essa rompe l'unità, poiché coloro che vogliono andare avanti si separano da coloro che si ostinano a restare indietro.

Nello stato attuale dell'opinione e delle conoscenze, la religione che dovrà radunare un giorno tutti gli uomini sotto la medesima bandiera, sarà quella che meglio soddisferà la ragione e le legittime aspirazioni del cuore e dello spirito; che non sarà su nessun punto smentita dalla scienza positiva; che, invece di immobilizzarsi, seguirà l'umanità nella sua marcia progressiva, senza mai permettere che la oltrepassino; che non sarà né esclusivista né intollerante; che sarà l'emancipatrice dell'intelligenza, non ammettendone che la fede razionale; quella il cui codice morale sarà il più puro, il più razionale, il più in armonia con le esigenze sociali, il più appropriato, infine, a fondare sulla Terra il regno del bene, per mezzo della pratica della carità e della fraternità universali.

Ciò che alimenta l'antagonismo tra le religioni è l'idea che esse hanno, ciascuna, il proprio dio particolare, nonché la pretesa secondo cui il loro dio è sempre il solo vero dio e anche il più potente, il quale è in costante ostilità con gli dei degli altri culti e costantemente occupato a combattere la loro influenza. Quando esse saranno convinte che non c'è che un solo Dio nell'universo e che, in definitiva, è il medesimo che esse adorano sotto i nomi di Geova, Allah o Dio; quando esse saranno d'accordo sugli attributi essenziali della Divinità, esse comprenderanno che un Essere unico non può avere che una sola volontà; esse si tenderanno la mano, come i servitori di uno stesso Padrone o i figli di uno stesso Padre, e avranno così fatto un grande passo verso l'unità.




Avvento di Elia

33. E i discepoli gli domandarono: "Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?" Egli rispose: "Certo, Elia deve venire e ristabilire ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto; così anche il Figlio dell'uomo deve soffrire da parte loro". Allora i discepoli capirono che egli aveva parlato loro di Giovanni il battista. (Matteo 17:10-13)

34. Elia era già ritornato nella persona di Giovanni Battista. Il suo nuovo avvento è annunciato in maniera esplicita; ora, siccome egli non può ritornare che con un corpo nuovo, abbiamo qui la consacrazione formale del principio della pluralità delle esistenze (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. IV, n. 10).




Annuncio del Consolatore

35. "Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro consolatore, perché stia con voi per sempre lo Spirito di Verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi.

Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto." (Giovanni 14:15–17,26; Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. VI)

36. "Eppure, io vi dico la verità: è utile per voi che io me ne vada; perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, io ve lo manderò. Quando sarà venuto, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, perché non credono in me; quanto alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più; quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato.

Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata; quando però sarà venuto lui, lo Spirito di Verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire. Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà. (Giovanni 16:7-14)

37. Questa predizione è incontestabilmente una delle più importanti dal punto di vista religioso, perché constata, senza la possibilità del minimo equivoco, che Gesù non ha detto tutto quello che aveva da dire, poiché non sarebbe stato compreso, neppure dai suoi apostoli, dato che a loro il Maestro si rivolgeva. Se egli avesse dato loro delle istruzioni segrete, essi ne avrebbero fatta menzione nel Vangelo. Dal momento che non ha detto tutto ai suoi apostoli, i successori di questi non hanno potuto saperne più di loro. Essi, dunque, hanno potuto ingannarsi sul senso delle parole del Signore e dare una falsa interpretazione ai suoi pensieri, nascosti spesso sotto forma di parabola. Le religioni basate sul Vangelo non possono dunque dirsi in possesso di tutta la verità, poiché Gesù si è riservato di completare in seguito le sue istruzioni. Il loro principio di immutabilità costituisce così una smentita inflitta alle parole stesse di Gesù.

Egli annuncia sotto il nome di Consolatore e di Spirito di Verità la venuta di colui che deve insegnare tutte le cose e far ricordare ciò che egli ha detto: dunque il suo insegnamento non era completo. Anzi, egli prevede che ci si dimenticherà di ciò ch'egli ha detto e che lo si snaturerà, dal momento che lo Spirito di Verità dovrà farlo ricordare e, in accordo con Elia, dovrà ristabilire tutte le cose, cioè secondo il vero pensiero di Gesù.

38. Quando dovrà venire questo nuovo rivelatore? È più che evidente che se, all'epoca in cui parlava Gesù, gli uomini non erano in grado di comprendere le cose che gli restavano da dire, non è che in pochi anni avrebbero potuto acquisire i lumi necessari. Per la comprensione di determinate parti del Vangelo, fatta eccezione dei precetti morali, v'era bisogno di conoscenze che soltanto il progresso delle scienze poteva dare e che dovevano essere opera del tempo e di parecchie generazioni. Se dunque il nuovo Messia fosse venuto poco tempo dopo il Cristo, avrebbe trovato egualmente un terreno poco propizio e non avrebbe ottenuto nulla più di lui. Ora, dai tempi del Cristo fino ai nostri giorni, non si è verificata nessuna grande rivelazione che abbia completato il Vangelo e che ne abbia delucidato le parti oscure, evidente indizio che l'Inviato non è ancora apparso.

39. Chi dovrà essere questo Inviato? Dicendo Gesù: "Pregherò il Padre mio, ed Egli vi invierà un altro Consolatore", egli indica chiaramente che questo Consolatore non sarà lui stesso, altrimenti avrebbe detto: "Ritornerò a completare ciò che vi ho insegnato". Poi aggiunge: Perché egli rimanga eternamente con voi. E sarà in voi. Questa espressione non potrebbe accordarsi con una individualità incarnata, la quale non può restare eternamente con noi, né, ancor meno, essere in noi. Tale espressione, invece, può molto bene intendersi con riferimento a una dottrina, la quale, in effetti, allorché l'abbiamo assimilata, può essere eternamente in noi. Il Consolatore è dunque, nel pensiero di Gesù, la personificazione di una dottrina, consolante in modo supremo, il cui ispiratore dovrà essere lo Spirito di Verità.

40. Lo Spiritismo realizza, come è stato dimostrato (cap. I, n. 30), tutte le condizioni del Consolatore promesso da Gesù. Lo Spiritismo non è affatto una dottrina individuale, né di concezione umana: nessuno può dirsene il creatore. Esso è il frutto dell'insegnamento collettivo degli Spiriti, presieduto dallo Spirito di Verità. Nulla esso sopprime del Vangelo: anzi lo completa e lo spiega. Con l'aiuto delle nuove leggi, ch'esso rivela, unite a quelle della scienza, fa sì che si comprenda ciò che era inintellegibile e che si ammetta la possibilità di quanto l'incredulità riteneva inammissibile. Esso ha avuto i suoi precursori e i suoi profeti, i quali hanno preannunciato la sua venuta. Attraverso la sua potenza moralizzatrice, prepara il regno del bene sulla Terra.

La dottrina di Mosè, incompleta, è rimasta circoscritta al popolo ebraico; quella di Gesù, più completa, si è diffusa su tutta la Terra attraverso il Cristianesimo, ma non ha convertito tutti; lo Spiritismo, ancora più completo, avendo radici in tutte le credenze, convertirà l'umanità. [92]

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[92] Tutte le dottrine filosofiche e religiose portano il nome del suo fondatore. Si dice, infatti: il Mosaismo, il Cristianesimo, il Maomettismo, il Buddismo, il Cartesianismo, il Fourierismo, il Sansimonismo ecc. Il termine Spiritismo, al contrario, non fa riferimento a nessuna personalità; racchiude un'idea generale, che indica contemporaneamente il carattere e le fonti molteplici della dottrina.

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41. Dicendo ai suoi apostoli: "Un altro verrà più tardi e vi insegnerà ciò che io ora non posso insegnarvi", Gesù proclamava la necessità della reincarnazione. Come avrebbero potuto quegli uomini approfittare di un insegnamento più completo, che avrebbe dovuto essere loro impartito soltanto in seguito? Come, dunque, sarebbero stati più idonei a comprenderlo, se non avessero dovuto rivivere? Gesù avrebbe allora detto una incongruenza, dal momento che gli uomini futuri avrebbero dovuto essere, secondo la dottrina comune degli uomini nuovi, delle anime uscite dal nulla in occasione della loro nascita. Si ammetta, al contrario, che gli apostoli e gli uomini del loro tempo hanno vissuto ancora dopo, ch 'essi rivivono ancora oggi, e allora la promessa di Gesù sarà pienamente giustificata. La loro intelligenza, che si è dovuta necessariamente sviluppare a contatto del progresso sociale, può raggiungere ora ciò che non poteva raggiungere prima. Senza la reincarnazione, la promessa di Gesù sarebbe stata illusoria.

42. Se si dicesse che questa promessa si realizzò nel giorno di Pentecoste per mezzo della discesa dello Spirito Santo, si potrebbe rispondere che lo Spirito Santo li ha ispirati, che ha potuto dischiudere la loro intelligenza, sviluppare in loro le attitudini medianiche, le quali avrebbero dovuto facilitare la loro missione, ma che nulla ha insegnato loro più di quanto non avesse già insegnato Gesù, poiché non si rinviene traccia alcuna di un insegnamento particolare. Lo Spirito Santo non ha dunque affatto realizzato ciò che Gesù aveva annunciato relativamente al Consolatore, altrimenti gli apostoli avrebbero chiarito, quando erano ancora in vita, tutto ciò che nel Vangelo è rimasto oscuro fino al giorno d'oggi, e la cui interpretazione contraddittoria ha dato luogo alle innumerevoli sette che hanno diviso il Cristianesimo fin dai primi secoli.




Secondo avvento del Cristo

43. Allora Gesù disse ai suoi discepoli: "Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita per amor mio, la troverà. Che gioverà a un uomo se, dopo aver guadagnato tutto il mondo, perde poi l'anima sua? O che darà l'uomo in cambio dell'anima sua? Perché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo l'opera sua. In verità vi dico che alcuni di coloro che sono qui presenti non gusteranno la morte, finché non abbiano visto il Figlio dell'uomo venire nel suo regno". (Matteo 16:24-28)

44. Allora il sommo sacerdote, alzatosi in piedi nel mezzo, domandò a Gesù: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?" Ma egli tacque e non rispose nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò e gli disse: "Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?" Gesù disse: "Io sono; e vedrete il Figlio dell'uomo, seduto alla destra della Potenza, venire sulle nuvole del cielo". Il sommo sacerdote si stracciò le vesti e disse: "Che bisogno abbiamo ancora di testimoni?" (Marco 14:60-63)

45. Gesù annuncia il suo secondo avvento, ma non dice affatto ch'egli tornerà sulla Terra con un corpo carnale, né che il Consolatore si personificherà in lui. Egli si annuncia come se dovesse venire in Spirito, nella gloria del Padre suo, a giudicare il merito e il demerito e a dare a ciascuno secondo le sue opere quando saranno arrivati i giusti tempi.

Queste parole: "Ci sono alcuni, di coloro che sono qui, che non patiranno la morte se non quando avranno visto il Figlio dell'uomo venire nel suo regno" sembrano una contraddizione, poiché è certo ch'egli non è venuto da nessuno, ancora in vita, di quelli che erano lì presenti. Gesù non poteva tuttavia ingannarsi su una previsione di questa natura e soprattutto in relazione a una cosa contemporanea che lo riguardava personalmente. Innanzi tutto bisogna chiedersi se le sue parole sono sempre state rese in modo ineccepibilmente fedele. E di ciò si può anche dubitare, se si considera ch'egli non ha scritto nulla, e che le sue parole sono state raccolte soltanto dopo la sua morte. Quando poi si osserva che il medesimo discorso è stato quasi sempre riprodotto con termini differenti presso ciascun evangelista, si ha allora la prova evidente che quelle non sono le espressioni testuali di Gesù. È inoltre probabile che il senso debba essere stato talvolta alterato, attraverso il susseguirsi delle traduzioni.

D'altronde, è certo che se Gesù avesse detto tutto quello che avrebbe potuto dire, si sarebbe espresso in maniera chiara e precisa, così da non dar luogo a nessun equivoco, come fa per i principi morali, mentre ha dovuto velare il suo pensiero su quegli argomenti che ha giudicato opportuno non approfondire. Gli apostoli, persuasi che la generazione di cui essi facevano parte dovesse essere testimone di quanto egli annunciava, hanno dovuto interpretare il pensiero di Gesù secondo la loro idea. Essi hanno potuto, di conseguenza, redigere dal punto di vista del presente ciò che il Maestro aveva detto, facendolo in maniera più assoluta di quanto, forse, non avrebbe fatto lui stesso. Comunque sia, i fatti stanno qui a dimostrare che le cose non sono andate come essi supponevano.

46. Un punto fondamentale che Gesù non ha potuto sviluppare, perché gli uomini del suo tempo non erano sufficientemente preparati a quest'ordine d'idee e alle relative conseguenze, Ma di cui egli ha tuttavia posto il principio, come d'altronde ha fatto per tutte le cose, è la grande e importante legge della reincarnazione. Questa legge, studiata e messa in luce ai giorni nostri dallo Spiritismo, è la chiave di parecchi passaggi del Vangelo che, senza di essa, apparirebbero come dei controsensi.

È in questa legge che può trovarsi la spiegazione razionale delle parole di cui sopra, ammesso che siano testuali. Dal momento che non possono essere applicate alle persone degli apostoli, è evidente che si riferiscono al regno futuro del Cristo, cioè al tempo in cui la sua dottrina, in miglior modo compresa, sarà legge universale. Pertanto, dicendo Gesù che alcuni di coloro che erano presenti avrebberoassistito al suo avvento, ciò non poteva intendersi che in un solo senso: essi, cioè, di nuovo sarebbero vissuti in quell'epoca. Ma gli Ebrei s'immaginavano ch'essi fossero sul punto di vedere tutto ciò che Gesù annunciava, e prendevano alla lettera le sue allegorie.

Del resto, alcune delle sue predizioni si sono realizzate al loro tempo, quali la rovina di Gerusalemme, le disgrazie che ne seguirono, e la dispersione degli Ebrei. Ma Gesù proiettava la sua visione molto più lontano e, parlando del presente, alludeva costantemente al futuro.




Segni precursori

47. "Voi udrete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, infatti bisogna che questo avvenga, ma non sarà ancora la fine. Perché insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo non sarà che principio di dolori." (Matteo 24:6-8)

48. Il fratello darà il fratello alla morte, il padre darà il figlio; i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato. (Marco 13:12-13)

49. “Quando dunque vedrete l'abominazione della desolazione, della quale ha parlato il profeta Daniele, posta in luogo santo (chi legge faccia attenzione!), allora quelli che saranno nella Giudea fuggano ai monti; [93] chi sarà sulla terrazza non scenda per prendere quello che è in casa sua; e chi sarà nel campo non torni indietro a prendere la sua veste. Guai alle donne che saranno incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni! Pregate che la vostra fuga non avvenga d'inverno né di sabato; perché allora vi sarà una grande tribolazione, quale non v'è stata dal principio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. Se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno scamperebbe; ma, a motivo degli eletti, quei giorni saranno abbreviati." (Matteo 24:15-22)

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[93] Questa espressione, l'abominazione della desolazione, non solo non ha alcun senso, ma si presta al ridicolo. La traduzione di Ostervald dice: "L'abominazione che Causa la desolazione", il che è ben diverso; il senso allora diviene perfettamente chiaro, perché si comprende che le abominazioni devono arrecare la desolazione come castigo. Quando, dice Gesù, l'abominazione s'installerà nel luogo santo, vi subentrerà anche la desolazione, e questo sarà uno dei segnali che prossimi sono i tempi.

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50. Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più il suo splendore, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno scrollate. Allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo; e allora tutte le tribù della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nuvole del cielo con gran potenza e gloria. E manderà i suoi angeli con gran suono di tromba per riunire i suoi eletti dai quattro venti, da un capo all'altro dei cieli. Imparate dal fico questa similitudine: quando già i suoi rami si fanno teneri e mettono le foglie, voi sapete che l'estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, proprio alle porte. Io vi dico in verità che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute. (Matteo 24:29-34)

"Come fu ai giorni di Noè, così sarà alla venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni prima del diluvio si mangiava e si beveva, si prendeva moglie e s'andava a marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e la gente non si accorse di nulla, finché venne il diluvio che portò via tutti quanti, così avverrà alla venuta del Figlio dell'uomo". (Matteo 24:37-39)

51. Quanto a quel giorno e a quell'ora, nessuno li sa, neppure gli angeli del cielo, neppure il Figlio, ma solo il Padre. (Marco 13:32)

52. "In verità, in verità vi dico che voi piangerete e farete cordoglio, e il mondo si rallegrerà. Sarete rattristati, ma la vostra tristezza sarà cambiata in gioia. La donna, quando partorisce, prova dolore, perché è venuta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'angoscia per la gioia che sia venuta al mondo una creatura umana. Così anche voi siete ora nel dolore; ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia". (Giovanni 16:20-22)

53. Molti falsi profeti sorgeranno e sedurranno molti. Poiché l'iniquità aumenterà, l'amore dei più si raffredderà. Ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvato. E questo vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo, affinché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; allora verrà la fine. (Matteo 24:11-14)

54. Questo quadro della fine dei tempi è evidentemente allegorico, come la maggior parte di quelli che Gesù presentava. Per il loro vigore, le immagini che esso contiene sono di una natura tale da impressionare delle intelligenze ancora rozze. Per colpire queste immaginazioni poco perspicaci, c'era bisogno di pitture vigorose, dai colori decisi. Gesù si rivolgeva soprattutto al popolo, agli uomini meno illuminati, incapaci di comprendere le astrazioni metafisiche e di afferrare la delicatezza delle forme. Per giungere al cuore, bisognava parlare agli occhi per mezzo di segni materiali, e alle orecchie attraverso la forza del linguaggio.

Per una conseguenza naturale di questa disposizione di spirito, la forza suprema non poteva manifestarsi, secondo la credenza di allora, se non attraverso cose straordinarie, soprannaturali; più esse erano impossibili e meglio venivano accettate come probabili.

Il Figlio dell'uomo che viene sulle nuvole del cielo, con una grande maestà, circondato dai suoi angeli e al suono delle trombe, appariva loro ben diversamente imponente da un essere investito del solo potere morale. Così gli Ebrei, che attendevano nel Messia un re della Terra, il più potente tra tutti i re, per porre la loro nazione in primo piano e risollevare il trono di Davide e di Salomone, non vollero riconoscerlo nell'umile figlio del carpentiere, senza alcuna autorità materiale.

Tuttavia, questo povero proletario della Giudea è diventato il più grande tra i più grandi; ha conquistato con la sua sovranità più regni di quanti non ne abbiano conquistati i più potenti tra i potenti; con la sola sua parola e con alcuni poveri pescatori ha rivoluzionato il mondo, ed è a lui che gli Ebrei dovranno la loro riabilitazione. Egli è dunque nel vero quando alla domanda di Pilato: "Sei tu re?" risponde: "Tu l'hai detto".

55. C'è da osservare che, presso gli Antichi, i terremoti e l'oscuramento del sole erano manifestazioni che accompagnavano obbligatoriamente tutti gli avvenimenti e i presagi sinistri; si ritrovano alla morte di Gesù, a quella di Cesare e in una infinità di circostanze della storia del paganesimo. Se tali fenomeni si fossero veramente verificati così spesso come si racconta, parrebbe impossibile che gli uomini non ne avessero conservata la memoria attraverso la tradizione. Qui vengono persino aggiunte le stelle che cadono dal cielo, quasi a testimoniare alle generazioni future, senz'altro più illuminate, che non si tratta che di una finzione, poiché ora si sa che le stelle non possono cadere.

56. Tuttavia, sotto queste allegorie si nascondono delle grandi verità. Innanzi tutto, c'è l'annuncio di calamità di tutti i generi, che colpiranno l'umanità e la decimeranno; calamità generate dalla lotta suprema tra il bene e il male, tra la fede e la miscredenza, tra le idee progressiste e le idee retrograde. In secondo luogo c'è l'annuncio della diffusione, per tutta la Terra, del Vangelo, restituito alla sua purezza primitiva; quindi, il regno del bene, che sarà quello della pace e della fraternità universali, uscirà dal codice della morale evangelica e sarà messo in pratica da tutti i popoli. Sarà questo il vero regno di Gesù, poiché egli presiederà alla sua instaurazione e perché gli uomini vivranno sotto l'egida della sua legge. Sarà il regno della felicità, perché egli dice: "Dopo i giorni del dolore verranno i giorni della gioia".

57. Quando avverranno queste cose? "Nessuno lo sa", disse Gesù, "neppure il Figlio"; ma quando il momento sarà giunto, gli uomini ne saranno avvertiti da indizi precursori. Questi indizi non saranno né nel sole né nelle stelle, ma nello stato sociale e in fenomeni più morali che fisici, i quali si possono in parte dedurre dalle sue allusioni.

Senza alcun dubbio questo cambiamento non poteva essersi verificato mentre gli apostoli erano ancora in vita, altrimenti Gesù non avrebbe potuto ignorarlo, né d'altronde una tale trasformazione si sarebbe potuta compiere in pochi anni. Tuttavia Gesù parla loro come se essi ne dovessero essere testimoni; il fatto è che, in effetti, essi potranno rivivere in quell'epoca e impegnarsi essi stessi nella trasformazione. Talvolta egli parla della sorte vicina di Gerusalemme, talaltra egli assume questo fatto come punto di riferimento per quanto sarebbe avvenuto nel futuro.

58. È forse la fine del mondo che Gesù annuncia con la sua nuova venuta, quando dice: "Allorché il Vangelo sarà predicato su tutta la Terra, è allora che giungerà la fine"?

Non è però razionale supporre che Dio distrugga il mondo nel preciso momento in cui esso entrerà nella via del progresso morale, attraverso la pratica degli insegnamenti evangelici. Nulla, d'altronde, nelle parole del Cristo, indica una distruzione universale, la quale, in simili condizioni, non sarebbe affatto giustificata.

La pratica generale del Vangelo, dovendo portare a un miglioramento nello stato morale degli uomini, porterà, per ciò stesso, al regno del bene e causerà la caduta del regno del male. È dunque alla fine del vecchio mondo, del mondo governato dai pregiudizi, dall'orgoglio, dall'egoismo, dal fanatismo, dalla miscredenza, dalla cupidigia e da tutte le cattive passioni, che il Cristo allude, quando dice: "Allorché il Vangelo sarà predicato su tutta la Terra, è allora che giungerà la fine"; ma questa fine porterà con sé una lotta, ed è da questa lotta che nasceranno i mali ch'egli prevede.




I vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno

59. "Avverrà negli ultimi giorni", dice Dio, "che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona, i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. Anche sui miei servi e sulle mie serve, in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno." (Atti 2:17-18) (Gioele 2:28-29)

60. Se si considerano lo stato attuale del mondo fisico e del mondo morale, le tendenze, le aspirazioni e i presentimenti delle masse, la decadenza delle vecchie idee, che invano si dibattono da un secolo contro le nuove idee, non si può dubitare che un nuovo ordine di idee si sta preparando e che il vecchio mondo sta sfiorando il suo termine.

Se ora, tenendo conto della forma allegorica di certi quadri e scrutando il senso più profondo delle parole di Gesù, si confrontassero la situazione attuale e quella dei tempi da lui descritti, quali indicatori dell'era del rinnovamento, non si potrebbe negare che molte delle sue predizioni si stanno oggi realizzando. Da ciò si deve concludere che ci avviciniamo ai tempi annunciati, cosa che confermano gli Spiriti, che si manifestano in tutti i punti del globo.

61. Come si è visto (cap. I, n. 32), l'avvento dello Spiritismo, coincidendo con altre circostanze, realizza una delle più importanti predizioni di Gesù, per l'influenza che deve necessariamente esercitare sulle idee. Esso è, inoltre, chiaramente annunciato nella predizione che è riferita negli Atti degli Apostoli: "Nei tempi a venire", dice il Signore, "io spanderò il mio spirito su ogni carne; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno".

È l'annuncio inequivocabile della divulgazione della medianità, che si rivela ai nostri giorni in individui di ogni età, di ambo i sessi e di tutte le condizioni; di conseguenza, è l'annuncio della manifestazione universale degli Spiriti, posto che senza gli Spiriti non ci sarebbero i medium. Questo, è detto, avverrà nei tempi a venire, ora, poiché noi non ci troviamo alla fine del mondo, ma al contrario alla sua rigenerazione, bisogna intendere quelle parole come indicanti gli ultimi tempi del mondo morale, che sta per giungere al suo termine (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. XXI).




Il giudizio finale

62. “Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri; e metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli della sua destra: ‘Venite, voi, i benedetti del Padre mio’” ecc. (Matteo 25:31–46) (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. XV)

63. Dovendo il bene regnare sulla Terra, è necessario che gli Spiriti induriti nel male e che potrebbero portarvi dei turbamenti ne siano esclusi. Dio permise che vi rimanessero il tempo necessario al loro miglioramento. Ma, essendo giunto il momento in cui il globo deve elevarsi nella gerarchia dei mondi, attraverso il progresso morale dei suoi abitanti, ne sarà interdetta la dimora, come Spiriti e come Incarnati, a coloro che non avranno tratto vantaggio dagli insegnamenti che erano stati in grado di ivi ricevere. Essi saranno esiliati in mondi inferiori — come lo furono un tempo sulla Terra quelli della razza adamitica — e saranno sostituiti da Spiriti migliori. A tale separazione, che Gesù presiederà, alludono queste sue parole del giudizio finale: "I buoni passeranno alla mia destra, e i malvagi alla mia sinistra" (cap. XI, n. 31 e ss.).

64. La dottrina di un giudizio finale, unico e universale, che metta per sempre fine all'umanità, ripugna alla ragione, nel senso che essa implicherebbe l'inattività di Dio durante l'eternità che ha preceduto la creazione della Terra e durante l'eternità che seguirà alla sua distruzione. Ci si domanda allora di quale utilità sarebbero il Sole, la Luna e le stelle che, secondo la Genesi, sono stati creati per illuminare il nostro mondo. Ci si stupisce che un'opera così immensa sia stata fatta per un tempo così breve e a vantaggio di esseri, la cui maggior parte era anticipatamente votata ai supplizi eterni.

65. Materialmente, l'idea di un giudizio unico era, e fino a un certo punto, ammissibile per coloro che non ricercano la ragione delle cose, quando si credeva che tutta l'umanità fosse concentrata sulla Terra, e che tutto, nell'universo, fosse stato fatto per i suoi abitanti. Ma questa idea diventa inammissibile dopo che si è scoperto che ci sono miliardi di mondi simili, i quali perpetuano le umanità per l'eternità, e fra i quali la Terra è uno dei mondi meno considerevoli, quasi un impercettibile punto.

Ben si comprende da questo solo fatto che Gesù aveva ragione, quando diceva ai suoi discepoli: "Molte sono le cose che io non posso dirvi, per il fatto che voi non le capireste". Infatti, per una giusta interpretazione di alcune delle sue parole, era indispensabile il progresso delle scienze. Di sicuro, gli apostoli, san Paolo e i primi discepoli avrebbero fissato in modo ben diverso certi dogmi, se avessero avuto le conoscenze astronomiche, geologiche, fisiche, chimiche, fisiologiche e psicologiche che si possiedono al giorno d'oggi. Così, Gesù ha procrastinato il completamento dei suoi insegnamenti e ha annunciato che tutte le cose avrebbero dovuto essere ristabilite.

66. Moralmente, un giudizio definitivo e senza appello è inconciliabile con la bontà infinita del Creatore, che Gesù ci presenta di continuo come un buon Padre, che lascia sempre una strada aperta al pentimento e sempre pronto a tendere le braccia al figliol prodigo. Se Gesù avesse inteso il giudizio in quel senso, avrebbe smentito le sue stesse parole.

E poi, se il giudizio finale deve sorprendere gli uomini all'improvviso, nel bel mezzo delle loro abituali occupazioni, e anche le donne incinte, ci si domanda per quale scopo Dio, il quale non fa nulla né d'inutile né d'ingiusto, farebbe nascere dei bambini e creerebbe delle nuove anime in quel momento supremo, al termine fatale dell'umanità. Sarebbe forse per sottoporle a giudizio subito al loro uscire dal grembo materno, prima che abbiano coscienza di sé stesse, quando altri hanno avuto migliaia di anni per prendere coscienza di sé? E da quale lato, a destra o a sinistra, si metteranno queste anime, le quali ancora non possono essere né buone né cattive, e alle quali ogni ulteriore via di progresso è ormai preclusa, dal momento che l'umanità non esisterà più? (cap. II, n. 19).

Quanti di coloro la cui ragione si accontenta di simili credenze le conservino pure: è nel loro diritto, né alcuno vi trovi nulla da ridire; ma non si consideri ingiustamente neppure il fatto che non tutti siano dello stesso parere.

67. Il giudizio, attraverso il processo di emigrazione, come è stato definito più sopra (n. 63), è razionale. Esso è fondato sulla più rigorosa giustizia dato che lascia eternamente allo Spirito il suo libero arbitrio; dato che non costituisce privilegi per nessuno; che un'eguale libertà d'azione è concessa da Dio a tutte le Sue creature, al fine di progredire; e dato che, infine, neppure l'annientamento di un mondo, che porta con sé la distruzione del corpo, apporterebbe alcuna interruzione alla marcia progressiva dello Spirito. Tali sono le conseguenze della pluralità dei mondi e della pluralità delle esistenze.

Secondo questa interpretazione, la qualifica di giudizio finale non è esatta, poiché gli Spiriti passano attraverso analoghe corti d'assise a ogni rinnovamento dei mondi da essi abitati, finché non abbiano raggiunto un certo grado di perfezione. Non c'è, dunque, propriamente parlando, un giudizio finale, ma ci sono dei giudizi generali in tutte le epoche di rinnovamento parziale o totale della popolazione dei mondi. È in seguito a ciò che avvengono le grandi emigrazioni e immigrazioni degli Spiriti.





Capitolo XVIII - I TEMPI SONO ARRIVATI



Segni dei tempi

1. Sono arrivati i tempi, ce lo dicono da ogni parte, i tempi segnati da Dio, in cui grandi avvenimenti stanno per compiersi per la rigenerazione dell'umanità. In qual senso si devono intendere queste profetiche parole? Per i miscredenti esse non hanno alcuna importanza; ai loro occhi, esse non sono che l'espressione di una credenza puerile, senza fondamento. Per il maggior numero dei credenti, esse hanno un qualcosa di mistico e di sovrannaturale, che sembra essere il preannuncio del sovvertimento delle leggi della natura. Queste due interpretazioni sono egualmente erronee: la prima, in quanto essa implica la negazione della Provvidenza; la seconda, in quanto quelle parole non preannunciano affatto la perturbazione delle leggi della natura, ma piuttosto il loro realizzarsi.

2. Tutto è armonia nella creazione; tutto rivela una previdenza che non si smentisce né nelle più piccole cose né in quelle più grandi. Noi dobbiamo, pertanto, scartare innanzi tutto ogni idea di capriccio, in quanto inconciliabile con la saggezza divina; in secondo luogo, se la nostra epoca è caratterizzata dalla realizzazione di talune cose, il fatto è che esse hanno la loro ragion d'essere nel processo d'insieme.

Ammesso questo, diremo che il nostro globo, come tutto ciò che esiste, è sottoposto alla legge del progresso. Esso progredisce fisicamente attraverso la trasformazione degli elementi che lo compongono, e moralmente attraverso la purificazione degli Spiriti incarnati e disincarnati che lo popolano. Questi due tipi di progresso si susseguono e procedono parallelamente, poiché la perfezione dell'abitazione è in stretto rapporto con quella del suo abitante. Fisicamente, il globo ha subito delle trasformazioni, constatate dalla scienza, che l'hanno successivamente reso abitabile da parte di esseri sempre più perfezionati. Moralmente, l'umanità progredisce attraverso lo sviluppo dell'intelligenza e del senso morale, e per l'ammorbidimento dei costumi. Nel medesimo tempo, il miglioramento del globo si realizza sotto il dominio delle forze materiali, e gli uomini vi concorrono con gli sforzi della loro intelligenza; bonificano le terre insalubri, rendono più facili le comunicazioni e più produttivo il terreno.

Queste duplice progresso si compie in due modi: l'uno lento, graduale e quasi impercettibile; l'altro attraverso cambiamenti più bruschi, a ciascuno dei quali corrisponde un movimento ascensionale più rapido, il quale segnala, con caratteri netti, i periodi progressivi dell'umanità. Questi movimenti, subordinati nei dettagli al libero arbitrio degli uomini, sono praticamente fatali nel loro complesso, perché soggetti a delle leggi, come i movimenti che si verificano nella germinazione, nella crescita e nella maturazione delle piante. È per questo che il movimento progressivo è a volte parziale, limitato cioè a una razza o a una nazione, e altre volte generale.

Il progresso dell'umanità si effettua, dunque, in virtù di una legge. Ora, siccome tutte le leggi della natura sono l'opera eterna della saggezza e della prescienza divine, tutto ciò che è l'effetto di queste leggi è il risultato della volontà di Dio, non di una volontà accidentale e capricciosa, ma di una volontà immutabile. Allorché, dunque, l'umanità è matura per superare un gradino, si può dire che i tempi segnati da Dio sono arrivati, così come si può dire che, nella tale stagione, sono arrivati i tempi per la maturazione dei frutti e per il raccolto.

3. Per il fatto che il movimento progressivo dell'umanità è inevitabile, poiché è insito nella natura, non ne consegue affatto che Dio sia a esso indifferente e che, dopo aver stabilito delle leggi, Egli si sia raccolto nell'inazione, lasciando che le cose andassero per conto loro. Le Sue leggi sono eterne e immutabili, senza alcun dubbio, ma questo avviene perché la Sua stessa volontà è eterna e costante, e perché il Suo pensiero anima tutte le cose ininterrottamente. Il Suo pensiero, che penetra tutto, è la forza intelligente e permanente che mantiene tutto nell'armonia; se questo pensiero per un solo istante cessasse di agire, l'universo sarebbe come un orologio senza il bilanciere regolatore. Dio, pertanto, veglia incessantemente sull'esecuzione delle Sue leggi, e gli Spiriti che popolano lo spazio sono i Suoi ministri, incaricati dei dettagli, a seconda delle attribuzioni, corrispondenti al loro grado di avanzamento.

4. L'universo è, allo stesso tempo, un meccanismo incommensurabileazionato da un numero non meno incommensurabile di intelligenze, un immenso governo dove ogni essere intelligente ha la sua parte d'azione sotto lo sguardo del sovrano Padrone, la cui unica volontà mantiene dappertutto l' unità. Sotto il dominio di questa vasta potenza regolatrice, tutto si muove, tutto funziona con un ordine perfetto. Ciò che ci sembra possano essere delle perturbazioni sono movimenti parziali e isolati, che ci appaiono irregolari solo perché la nostra vista è circoscritta. Se noi potessimo abbracciarne l'insieme vedremmo che queste irregolarità sono solo apparenti e che armonizzano con il tutto.

5. L'umanità ha compiuto fino a oggi incontestabili progressi; gli uomini, con la loro intelligenza, hanno raggiunto dei risultati che non avevano mai ottenuto nel campo delle scienze, delle arti e del benessere materiale. Resta, però, loro ancora un immenso progresso da realizzare: quello di far sì che regni tra di loro la carità, la fraternità e la solidarietà, per assicurare il benessere morale. Essi non avrebbero potuto conseguirlo né con le loro credenze, né con le loro istituzioni antiquate, resti di un'altra età, buone per una certa epoca, sufficienti in un periodo transitorio, ma che, avendo ormai dato tutto ciò che comportavano, oggi rappresenterebbero soltanto una battuta d'arresto. Non è più soltanto lo sviluppo dell'intelligenza quello di cui hanno bisogno gli uomini, ma dell'elevazione del sentimento. Per questo è necessario distruggere tutto ciò che potrebbe provocare in loro un violento egoismo e orgoglio.

Tale è il periodo in cui gli uomini stanno ormai per entrare e che segnerà una delle fasi principali dell'umanità. La fase che si sta elaborando in questo momento è il completamento necessario dell'epoca precedente, come l'età virile è il completamento della giovinezza. Essa, perciò, poteva essere prevista e predetta anticipatamente; ed è per questo che si dice che i tempi indicati da Dio sono arrivati.

6. In questo tempo, non si tratta di un cambiamento parziale, di un rinnovamento limitato a un paese, a un popolo, a una razza; si tratta di un movimento universale che si effettua nel senso del progresso morale. Tende, cioè, a stabilirsi un nuovo ordine di cose, e gli uomini che vi si sono maggiormente opposti vi hanno collaborato a loro insaputa. La generazione futura, sbarazzatasi delle scorie del vecchio mondo e formata da elementi più puri, si troverà animata da idee e da sentimenti molto diversi da quelli della generazione attuale che se ne va a passo di gigante. Il vecchio mondo sarà morto e vivrà nella storia, così come ne è oggi per i tempi del Medioevo coi suoi costumi barbari e le sue credenze superstiziose.

Del resto, ognuno sa quanto l'ordine attuale delle cose lasci ancora molto a desiderare. Dopo avere, per così dire, considerato il solo benessere materiale, che è il prodotto dell'intelligenza, si giunge a comprendere che il completamento di questo benessere non può trovarsi che nello sviluppo morale. Quanto più si avanza, tanto più si avverte ciò che manca, senza tuttavia poterlo ancora definire chiaramente: è questo l'effetto del travaglio intimo che si opera per la rigenerazione. Si hanno dei desideri, delle aspirazioni che sono come il presentimento di uno stato migliore.

7. Ma un cambiamento così radicale come quello che si sta elaborando non può effettuarsi senza scosse. C'è, inevitabilmente, una lotta di idee. Da questo conflitto nasceranno per forza di cose delle perturbazioni temporanee fino a quando il terreno non sia stato appianato e l'equilibrio ristabilito. È dunque dalla lotta delle idee che sorgeranno i gravi avvenimenti annunciati e non già da cataclismi o catastrofi puramente materiali. I cataclismi generali erano la conseguenza dello stato di formazione della Terra. Oggi non sono più le viscere del pianeta che si agitano: sono quelle dell'umanità.

8. Se ora la Terra non ha più da temere i cataclismi generali, non per questo essa cessa d'essere soggetta a rivoluzioni periodiche, le cui cause sono spiegate, dal punto di vista scientifico, da due eminenti Spiriti, nelle istruzioni da essi fornite e che qui riportiamo.[89]

“Ogni corpo celeste, oltre alle leggi semplici che presiedono alla divisione dei giorni e delle notti, delle stagioni ecc., subisce delle rivoluzioni, che richiedono migliaia di secoli per la loro completa effettuazione, ma che, come le rivoluzioni più brevi, passano attraverso tutti i periodi, dalla nascita fino a un massimo dell'effetto, dopo il quale c'è una decrescita fino al limite estremo, per ricominciare in seguito a percorrere le medesime fasi.

L'uomo si rende conto soltanto delle fasi dalla durata relativamente breve e di cui può constatare la periodicità. Ma vi sono fasi che comprendono lunghe generazioni di esseri e persino successioni di razze, i cui effetti, di conseguenza, hanno per l'uomo le apparenze della novità e della spontaneità, mentre, se il suo sguardo potesse portarsi indietro di alcune migliaia di secoli, vedrebbe, tra questi stessi effetti e le loro cause, una correlazione che neppure suppone. Questi periodi che, per la loro relativa lunghezza, confondono l'immaginazione degli umani, non sono tuttavia che degli istanti rispetto alla durata eterna.In un medesimo sistema planetario, tutti i corpi che lo costituiscono reagiscono gli uni sugli altri. Tutte le influenze fisiche sono in esso solidali e non c'è un solo effetto, di quelli che voi designate con il nome di grandi perturbazioni, che non sia la conseguenza della componente delle influenze di tutto questo sistema.

Vado più lontano: io dico che i sistemi planetari reagiscono gli uni sugli altri, in ragione dell'avvicinamento o dell'allontanamento che risulta dal loro moto di traslazione, attraverso le miriadi di sistemi che compongono la nostra nebulosa. Vado più lontano ancora: io dico che la nostra nebulosa, la quale è come un arcipelago nell'immensità, avendo anche il suo movimento di traslazione attraverso le miriadi di nebulose, subisce l'influenza di quelle cui si avvicina.

Così le nebulose reagiscono sulle nebulose, i sistemi reagiscono sui sistemi, come i pianeti reagiscono sui pianeti, come gli elementi di ogni pianeta reagiscono gli uni sugli altri e così, progressivamente fino all'atomo; da qui, in ogni mondo, avvengono rivoluzioni locali o generali, che non sembrano delle perturbazioni soltanto perché la brevità della vita non permette di averne che gli effetti parziali. Non sarebbe potuta sfuggire a queste influenze la materia organica. Le perturbazioni ch'essa subisce possono dunque alterare lo stato fisico degli esseri viventi e determinare alcune di quelle malattie che imperversano in maniera generale sulle piante, sugli animali e sugli uomini. Queste malattie, come tutti i flagelli, sono per l'intelligenza umana uno stimolo che la spinge, per forza di necessità, alla ricerca dei mezzi per combatterle e alla scoperta delle leggi della natura.

Ma la materia organica agisce a sua volta sullo Spirito; questo, per il suo contatto e intimo legame con gli elementi materiali, subisce anch'esso delle influenze, le quali modificano le sue disposizioni, senza tuttavia privarlo del suo libero arbitrio, sovreccitano o rallentano la sua attività e, per questo stesso motivo, contribuiscono al suo sviluppo. L'effervescenza, che talvolta si manifesta in tutta una popolazione, fra gli uomini di una stessa razza, non è un fatto fortuito né il risultato di un capriccio; essa ha la sua causa nelle leggi della natura. Questa effervescenza, che in principio è a livello inconscio, non è che un vago desiderio, un'aspirazione indefinita verso qualcosa di migliore, un bisogno di cambiamento, i quali si traducono in una sorda agitazione, poi in azioni che conducono alle rivoluzioni sociali, le quali, sappiatelo, hanno anch'esse la loro periodicità, proprio come le rivoluzioni fisiche, poiché tutto si concatena. Se la vista spirituale non fosse arginata dal velo materiale, voi vedreste queste correnti fluidiche legare, al pari di migliaia di fili conduttori, le cose del mondo spirituale a quelle del mondo materiale.

Qualora vi si dica che l'umanità è giunta a un periodo di trasformazione, e che la Terra deve elevarsi nella gerarchia dei mondi, non cercate in queste parole alcunché di mistico, ma, al contrario, il realizzarsi di una delle grandi leggi fatali dell'universo, contro le quali s'infrange ogni malvolere umano.”


ARAGO

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[89] Estratto di due comunicazioni date alla Società di Parigi e pubblicate nella Rivista Spiritistadell'ottobre 1868, pag. 313. Esse sono il corollario di quelle di Galileo, riportate nel capitolo VI, e un completamento al capitolo IX sulle rivoluzioni del globo.
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9. "Sì, certo, l'umanità si trasforma come già si è trasformata in altre epoche, e ogni trasformazione è segnata da una crisi che è, per il genere umano, ciò che le crisi di crescita sono per gli individui. Quelle crisi diventano spesso penose, dolorose, e trascinano con sé le generazioni e le istituzioni, ma sempre sono seguite da una fase di progresso materiale e morale.

L'umanità terrestre, giunta a uno di questi periodi di crescita, è nel pieno del suo lavoro di trasformazione da quasi un secolo. È per questo che si agita da tutte le parti, in preda a una sorta di febbre e come mossa da una forza invisibile, fino a quando non abbia ripreso il suo assetto su nuove basi. Chi la osserverà allora la vedrà molto cambiata nei suoi costumi, nel suo carattere, nelle sue leggi, nelle sue credenze, per dirla in breve, in tutto il suo stato sociale.

Una cosa che vi sembrerà strana, ma che non per questo è una verità meno rigorosa, sta nel fatto che il mondo degli Spiriti che vi circonda subisce il contraccolpo di tutti i sommovimenti che agitano il mondo degli incarnati; dico persino che vi prende parte attiva. Questa cosa non ha nulla di sorprendente per chiunque sappia che gli Spiriti fanno un corpo solo con l'umanità; che da questa essi escono e a questa devono ritornare; è perciò naturale che s'interessino ai movimenti che si operano tra gli uomini. Siate quindi certi che, quando sulla Terra avviene una rivoluzione sociale, essa sconvolge egualmente il mondo invisibile, e tutte le passioni buone e cattive vi si scatenano come accade presso di voi. Una indicibile effervescenza regna fra gli Spiriti che fanno ancora parte del vostro mondo e che attendono il momento di rientrarvi.

All'agitazione degli incarnati e dei disincarnati si aggiungono a volte, anzi il più delle volte, poiché tutto si svolge nella natura, le perturbazioni degli elementi fisici. Avviene allora, per un certo tempo, una vera confusione generale, che passa però come un uragano, dopodiché il cielo ridiviene sereno, e l'umanità, ricostituita su nuove basi, imbevuta di nuove idee, attraversa una nuova tappa di progresso.

È nel periodo che sta ora iniziando che si vedrà fiorire lo Spiritismo; e porterà i suoi frutti. È dunque per l'avvenire, più che per il presente, che voi lavorate. Ma era necessario che questi lavori fossero elaborati anticipatamente, poiché essi preparano le strade della rigenerazione per l'unificazione e la razionalità delle credenze. Felici quelli che se ne avvantaggiano fin d'ora: ciò sarà per loro tanto di guadagnato e tanto di pene risparmiate."

DOTTOR BARRY




10. Risulta, da quanto precede, che in seguito al loro movimento di traslazione attraverso lo spazio, i corpi celesti esercitano, gli uni sugli altri, una influenza più o meno grande a seconda della vicinanza in cui si trovano tra di loro e la loro rispettiva posizione. Risulta, inoltre, che questa influenza può condurre a una perturbazione momentanea nei loro elementi costitutivi e modificare le condizioni di vitalità dei loro abitanti. La regolarità dei movimenti determina il ritorno periodico delle medesime cause e dei medesimi effetti. La durata di certi periodi è abbastanza breve da poter essere valutata dall'uomo, mentre altri periodi vedono passare generazioni e razze, le quali non se ne possono accorgere e per le quali lo stato delle cose è uno stato normale. Al contrario, le generazioni contemporanee alla transizione ne subiscono il contraccolpo e tutto sembra loro allontanarsi dalle leggi comuni. Esse vedono una causa soprannaturale, meravigliosa, miracolosa in ciò che, in realtà, non è che la realizzazione delle leggi della natura.

Se, per il concatenarsi e per la connessione delle cause e degli effetti, i periodi di rinnovamento morale dell'umanità coincidono, come tutto induce a credere, con le rivoluzioni fisiche del globo, possono i suddetti periodi essere accompagnati, o preceduti, da fenomeni naturali. Tali fenomeni risultano insoliti per coloro che non vi sono abituati, così come sembrano strane certe meteore, o una particolare recrudescenza, o una atipica intensità, elementi inconsueti nei flagelli distruttori. Questi flagelli non sono né una causa né presagi soprannaturali, ma una conseguenza del movimento generale che si verifica nel mondo fisico e nel mondo morale.

Predicendo l'era di rinnovamento che avrebbe dovuto aprirsi per l'umanità e segnare la fine del vecchio mondo, Gesù ha dunque potuto dire ch'essa sarebbe stata segnalata da fenomeni straordinari, da terremoti, da vari flagelli, da segni nel cielo che altro non sono che meteore, senza abrogazione alcuna delle leggi naturali. Ma il volgo ignorante ha visto in queste parole l'annuncio di fatti miracolosi. [94]

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[94] La terribile epidemia che, dal 1866 al 1868, ha decimato la popolazione dell'Isola Maurizio, è stata preceduta, nel novembre del 1866, da una pioggia così straordinaria e abbondante di stelle filanti che gli abitanti ne rimasero terrificati. È da quel momento che la malattia, che imperversava da alcuni mesi, ma in maniera abbastanza benigna, è diventata un vero flagello devastatore. Era proprio quello un segno nel cielo, e forse è in questo senso che bisogna intendere la frase, le stelle che cadono dal cielo, cui allude il Vangelo, come uno dei segni del tempo (particolari sull'epidemia dell'Isola Maurizio in Rivista Spiritista, luglio 1867, pag. 208; novembre 1868, pag. 321).
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11. La previsione dei movimenti progressivi dell'umanità non ha nulla di sorprendente presso esseri smaterializzati, i quali vedono il fine cui tendono tutte le cose, avendo alcuni di essi conoscenza diretta del pensiero di Dio. In. base ai movimenti parziali, questi esseri stabiliscono il tempo nel quale potrà compiersi un movimento generale, così come si stabilisce in anticipo il tempo che è necessario a un albero per dare i frutti, così come gli astronomi calcolano l'epoca di un fenomeno astronomico attraverso il tempo che è necessario a un astro per compiere la sua rivoluzione.

12. L'umanità è un essere collettivo in cui si verificano le medesime rivoluzioni morali che avvengono in ogni essere individuale, con la differenza secondo cui le une si compiono di anno in anno e le altre di secolo in secolo. Si segua l'umanità nelle sue evoluzioni attraverso il tempo e si vedrà la vita delle diverse razze segnata da periodi che danno a ciascuna epoca una fisionomia particolare.

13. Il cammino progressivo dell'umanità avviene in due modi, come abbiamo detto: l'uno graduale, lento, impercettibile — se si considerano le epoche consecutive — e che si traduce in miglioramenti susseguentisi nelle leggi, negli usi e costumi, di cui ci si accorge solo alla lunga, come i cambiamenti che i corsi d'acqua apportano alla superficie del globo. L'altro modo è quello che avviene attraverso movimenti relativamente bruschi e rapidi, simili a quelli di un torrente che, rompendo i suoi argini, riesce a coprire in pochi anni una distesa di terreno tale che a percorrerla ci sarebbero voluti dei secoli. È, pertanto, un cataclisma morale che inghiotte in pochi istanti le istituzioni del passato, e al quale succede un nuovo ordine di cose che, a poco a poco, si stabilizza, nella misura in cui si ristabilisce la calma, diventando definitivo.

A colui che viva abbastanza a lungo da abbracciare i due versanti della nuova fase, sembra che un nuovo mondo sia nato dalle rovine del vecchio; il carattere, i costumi, gli usi, tutto è cambiato. Il fatto è che, in effetti, degli uomini nuovi o, meglio, rigenerati, sono nati. Le idee, che la generazione che si sta estinguendo ha portato con sé, hanno fatto posto, nella generazione che si eleva, a idee nuove.

14. L'umanità, divenuta adulta, ha delle nuove esigenze, delle aspirazioni più vaste, più elevate. Essa comprende il vuoto delle idee in cui è stata cullata, l'insufficienza delle sue istituzioni, per raggiungere la sua felicità; essa non trova più nell'attuale stato delle cose le legittime soddisfazioni alle quali si sente chiamata. È per questo che si libera delle sue fasce e si slancia, spinta da una forza irresistibile, verso rive sconosciute, alla scoperta di nuovi e meno limitati orizzonti.

È a uno di questi periodi di trasformazione oppure, se si preferisce, di crescita morale, che l'umanità è pervenuta. Dall'adolescenza essa sta passando all'età adulta; non può più bastare il passato alle sue nuove aspirazioni, alle sue nuove esigenze; non può più essere guidata con i medesimi metodi; non si accontenta più di illusioni e giochi di prestigio: sono necessari alla sua ragione ormai matura alimenti più sostanziosi. Il presente è troppo effimero. Sente che il suo destino è più vasto e che la vita corporale è troppo angusta per racchiuderlo interamente. È per questo che l'umanità spinge il suo sguardo nel passato e nell'avvenire, al fine di scoprirvi il mistero della sua esistenza e attingervi una consolante sicurezza.

Ed è proprio in questo momento — in cui l'umanità si trova troppo stretta nella sua sfera materiale, in cui prorompe la vita intellettuale, in cui sboccia il sentimento della spiritualità — che uomini, sedicenti filosofi, sperano di colmare il vuoto con le dottrine del nichilismo e del materialismo! Singolare aberrazione! Questi stessi uomini, che pretendono di spingere l'umanità in avanti, si sforzano invece di circoscriverla nello stretto cerchio del materialismo, mentre essa aspira soltanto a uscirne. Le negano all'umanità l'aspetto della vita infinita e, mostrandole la tomba, le dicono: Nec plus ultra!

15. Chiunque abbia riflettuto sullo Spiritismo e sulle sue conseguenze, e non lo circoscriva nella produzione di certi fenomeni, comprenderà ch'esso apre all'umanità una nuova strada, la quale le svelerà gli orizzonti dell'infinito. Iniziando l'uomo ai misteri del mondo invisibile, lo Spiritismo gli mostra il suo vero ruolo nella creazione, ruolo perpetuamente attivo, tanto nello stato spirituale quanto nello stato corporale. L'uomo non procede più come un cieco: egli sa da dove viene, doveva, e perché è sulla Terra. Liberatosi dei pregiudizi dell'ignoranza e della superstizione, l'avvenire gli si mostra nella sua realtà: esso non è più una vaga speranza: è una verità palpabile, tanto certa per lui quanto l'alternarsi del giorno e della notte. L'uomo sa che il suo essere non può limitarsi a qualche istante di un'esistenza effimera; che la vita spirituale non è interrotta dalla morte; che già visse e che ancora rivivrà; che, di tutto quanto acquisisca in perfezione con il lavoro, nulla andrà perduto. Egli trova nelle sue esistenze anteriori la ragione di ciò ch'egli è oggi; e da ciò che l'uomo oggi diventa, può dedurre ciò che sarà un giorno.

16. Con l'idea che l'attività e la cooperazione individuali, nell'opera generale della civilizzazione, sono limitate alla vita presente, che non si è stati nulla prima e che nulla si sarà dopo, che cosa può importare all'uomo l'ulteriore progresso dell'umanità? Che cosa può importargli che in futuro i popoli siano governati meglio, che siano più felici, più illuminati, migliori gli uni verso gli altri? Poiché non deve trarne alcun frutto, questo progresso non è forse perduto per lui? A che gli serve lavorare per quelli che verranno dopo di lui, se non gli sarà mai dato conoscerli, se i suoi posteri saranno creature nuove che poco dopo rientreranno anch'esse nel nulla? Sotto il dominio della negazione dell'avvenire individuale, tutto si riduce necessariamente alle meschine proporzioni del momento e della individualità.

Al contrario, quale ampiezza dà alla mente dell'uomo la certezza della perpetuità nel suo essere spirituale! Che cosa di più razionale, di più grandioso, di più degno del Creatore di questa legge, secondo la quale la vita spirituale e la vita corporale non sono che due modi di esistere, i quali si alternano per la realizzazione del progresso? Che cosa di più giusto e di più consolante dell'idea dei medesimi esseri che progrediscono incessantemente, dapprima attraverso le generazioni dello stesso mondo, e in seguito di mondo in mondo, fino alla perfezione, senza soluzione di continuità? Tutte le azioni hanno allora uno scopo, perché, lavorando per tutti, si lavora per sé stessi, e viceversa; in tal modo né il progresso individuale né il progresso generale saranno mai sterili. Entrambi questi progressi gioveranno alle generazioni e alle individualità future, che altro non sono se non le generazioni e le individualità passate, giunte a un più altro grado di avanzamento.

17. La fraternità dovrà essere la pietra angolare del nuovo ordine sociale; ma non può esserci fraternità reale, solida ed effettiva se non è poggiata su di una base incrollabile: questa base è la fede. Ma non la fede in tali o talaltri dogmi particolari, che cambiano con i tempi e con i popoli, i quali si scagliano pietre, poiché sanno che, anatematizzandosi gli uni con gli altri, alimentano l'antagonismo; bensì la fede nei principi fondamentali, che tutti possono accettare: Dio, l'anima, l'avvenire, IL PROGRESSO INDIVIDUALE INDEFINITO, LA PERPETUITÀ DEI RAPPORTI FRA GLI ESSERI. Quando tutti gli uomini saranno convinti che Dio è il medesimo per tutti; che questo Dio, sovranamente giusto e buono, non può volere niente di ingiusto; che il male viene dagli uomini e non da Lui, tutti si considereranno figli di uno stesso Padre e si tenderanno la mano.

Questa è la fede che offre lo Spiritismo e che d'ora in avanti sarà il cardine sul quale si muoverà il genere umano, quali che siano i modi di adorazione e le credenze particolari.

18. Il progresso intellettuale, compiuto finora nelle più vaste proporzioni, costituisce un grande passo avanti e segna la prima fase dell'umanità, ma da solo esso è impotente a rigenerarla; fintantoché l'uomo sarà dominato dall'orgoglio e dall'egoismo, egli utilizzerà la sua intelligenza e le sue conoscenze soltanto a vantaggio delle proprie passioni e dei propri interessi personali. Ecco perché le applica al perfezionamento dei mezzi con cui nuocere ai suoi simili e distruggerli.

19. Soltanto il progresso morale può assicurare la felicità agli uomini, mettendo un freno alle cattive passioni. Soltanto il progresso morale può far sì che tra gli uomini regnino la concordia, la pace e la fraternità.

È il progresso morale che abbatterà le barriere che separano i popoli, farà cadere i pregiudizi di casta e farà tacere gli antagonismi di setta, insegnando agli uomini a considerarsi fratelli chiamati ad aiutarsi a vicenda e non destinati a vivere gli uni a spese degli altri.

E sarà ancora il progresso morale che, assecondato a questo punto dal progresso dell'intelligenza, riunirà gli uomini in una medesima credenza, fondata sulle verità eterne, non soggette a discussioni e, per questo stesso motivo, accettate da tutti.

L'unità di credenza sarà il legame più potente, il fondamento più solido della fraternità universale, spezzata in ogni tempo dagli antagonismi religiosi, i quali dividono popoli e famiglie, i quali fanno vedere, nei dissidenti religiosi, dei nemici che bisogna fuggire, combattere, sterminare, anziché dei fratelli che bisogna amare.

20. Un tale stato di cose presuppone un cambiamento radicale nei sentimenti delle masse, un progresso generale che non si poteva realizzare se non uscendo dal circolo delle idee ristrette e terra terra che fomentano l'egoismo. In epoche diverse, uomini insigni hanno cercato di spingere l'umanità su questa strada; ma l'umanità, ancora troppo giovane, è restata sorda. Così i loro insegnamenti hanno finito per essere come il buon seme caduto sulla pietra.

Oggi l'umanità è matura per volgere il suo sguardo più in alto di quanto non abbia fatto finora, per assimilare idee più vaste e per comprendere ciò ch'essa finora non aveva compreso.

La generazione che scompare porterà con sé i suoi pregiudizi e i suoi errori. La generazione che sorge, ritempratasi a una fonte più pura, imbevuta di idee più sane, imprimerà al mondo il movimento ascensionale, nel senso del progresso morale, che dovrà segnare la nuova fase dell'umanità.

21. Questa fase già si rivela attraverso inequivocabili segni, attraverso tentativi di utili riforme, attraverso idee grandi e generose che incominciano a venire alla luce e a trovare eco. Accade, pertanto, che si vedano nascere un'infinità di istituzioni protettrici, civilizzatrici ed emancipatrici, sotto l'impulso e per iniziativa di uomini evidentemente predestinati all'opera di rigenerazione. Si osserva, inoltre, che le leggi penali ogni giorno s'impregnano d'un sentimento più umano. I pregiudizi di razza si affievoliscono, i popoli incominciano a guardarsi come i membri di una grande famiglia. Grazie all'uniformità e alla facilità dei mezzi di scambio, essi sopprimono le barriere che li dividevano. Da tutte le parti del mondo, si riuniscono in assemblee universali, per i pacifici tornei dell'intelligenza.

Manca, però, a queste riforme una base che permetta loro di svilupparsi, completarsi, consolidarsi; una predisposizione morale più generale per far sì ch'esse fruttifichino e che le masse le accettino. Ma ciò resta pur sempre un segno caratteristico del tempo, il preludio di ciò che si realizzerà su più vasta scala, nella misura in cui il terreno diventerà più propizio.

22. Altro segno, non meno caratteristico del periodo in cui stiamo entrando, è l'evidente risposta che va rivolgendosi in direzione delle idee spiritualiste; mentre una repulsione istintiva si manifesta contro le idee materialiste. Lo spirito di miscredenza, che si era impadronito delle masse, ignoranti o anche illuminate, e che le aveva indotte a respingere, insieme alla forma, la sostanza stessa di ogni credenza, sembra essere stato un sonno, al cui risveglio si provi il bisogno di respirare un'aria più vivificante. Involontariamente, là dove si è fatto il vuoto si ricerca un qualcosa, un punto d'appoggio, una speranza.

23. Se supponiamo la maggior parte degli uomini imbevuti di questi sentimenti, possiamo facilmente immaginare le modifiche che essi potrebbero apportare nelle relazioni sociali: carità, fraternità, benevolenza verso tutti, tolleranza per tutte le credenze, questa sarà la loro divisa. Questo è il fine al quale evidentemente tende l'umanità, questo l'oggetto delle sue aspirazioni, dei suoi desideri, senza ch'essa però si renda ben conto dei mezzi necessari per realizzarli. Tenta, esita, ma il suo cammino viene arrestato da resistenze attive o dalla forza d'inerzia dei pregiudizi, delle credenze stazionarie e refrattarie al progresso. Sono queste resistenze che è necessario vincere, e questa sarà l'opera della nuova generazione. E se si segue il corso attuale delle cose, si riconoscerà che tutto sembra predestinato ad aprirle la strada. La nuova generazione avrà dalla sua la duplice potenza del numero e delle idee e, inoltre, l'esperienza del passato.

24. La nuova generazione marcerà dunque alla volta della realizzazione di tutte quelle idee umanitarie compatibili con il grado di avanzamento cui sarà pervenuta. Procedendo lo Spiritismo verso il medesimo fine e realizzando i suoi obiettivi, essi si incontreranno sullo stesso terreno. Gli uomini progressisti troveranno nelle idee spiritiste una leva poderosa, e lo Spiritismo troverà negli uomini nuovi degli Spiriti pronti ad accoglierlo. In questo stato di cose, che cosa potranno mai fare tutti coloro che vorrebbero metterglisi di traverso?

25. Non è lo Spiritismo che crea il rinnovamento sociale, è la maturità dell'umanità che fa di questo rinnovamento una necessità. Con il suo potere moralizzatore, con le sue tendenze progressiste, con l'ampiezza delle sue vedute, con la generalità dei problemi che abbraccia, lo Spiritismo è, più di ogni altra dottrina, adatto ad assecondare il movimento rigeneratore; per questo è contemporaneo di tale movimento. Lo Spiritismo è arrivato nel momento in cui poteva essere utile, perché anche per esso è arrivato il suo tempo. Se fosse arrivato prima avrebbe incontrato degli ostacoli insormontabili; inevitabilmente sarebbe stato sopraffatto, perché gli uomini, soddisfatti di ciò che avevano, ancora non avvertivano il bisogno di quanto lo Spiritismo porta con sé. Nato con il movimento delle idee che fermentano oggi, lo Spiritismo ha così trovato il terreno adatto a riceverlo; gli spiriti, stanchi del dubbio e dell'incertezza, terrorizzati dall'abisso che si apre di fronte a loro, lo accolgono come un'àncora di salvezza e una suprema consolazione.

26. Il numero dei ritardatari è, senza dubbio, ancora grande; ma che possono costoro contro la marea che sale se non gettarvi contro qualche pietra? Questa marea è la generazione che cresce, mentre quelli scompaiono con la generazione che ogni giorno se ne va a grandi passi. Fino ad allora essi difenderanno palmo a palmo il terreno. C'è dunque una lotta inevitabile, ma si tratta di una lotta ineguale, perché è quella del decrepito passato che cade a pezzi, contro l'avvenire giovanile; è la lotta del ristagno contro il progresso; è la lotta della creatura contro la volontà di Dio, poiché i tempi da Lui stabiliti sono arrivati.




La nuova generazione

27. Perché gli uomini siano felici sulla Terra, è necessario che questa sia popolata soltanto da buoni Spiriti, incarnati e disincarnati, che si dedichino soltanto al bene. Essendo quel tempo giunto, una grande emigrazione si verifica in questo momento fra coloro che l'abitano. Quanti praticano il male per il male, e non sono neppure sfiorati dal sentimento del bene, non essendo più degni della Terra così trasformata, ne saranno esclusi, poiché vi porterebbero di nuovo turbamenti e confusione e sarebbero un ostacolo al progresso. Costoro andranno a espiare l'inasprimento dei loro cuori, alcuni in mondi inferiori, altri presso quelle razze terrestri ancora arretrate, le quali saranno l'equivalente di mondi inferiori. Qui gli espiatori porteranno le loro conoscenze acquisite, poiché avranno per missione quella di far progredire tali mondi e tali razze. Verranno poi sostituiti da Spiriti migliori, i quali faranno regnare tra costoro la giustizia, la pace e la fraternità.

La Terra, secondo quanto dicono gli Spiriti, non dovrà essere trasformata da un cataclisma che annienterebbe all'improvviso una generazione. La generazione attuale scomparirà gradualmente, e la nuova le succederà allo stesso modo, senza che nulla venga cambiato nell'ordine naturale delle cose.

Tutto, esteriormente, accadrà dunque come d'abitudine, con questa unica, ma capitale differenza: una parte degli Spiriti che s'incarnavano sulla Terra non vi si incarneranno più. In ogni bambino che nasca, al posto di uno Spirito arretrato e portato al male che vi si sarebbe potuto incarnare, ci sarà uno Spirito più avanzato e portato al bene.

Molto meno che di una nuova generazione corporea, si tratta dunque di una nuova generazione di Spiriti. E, senza dubbio, è questo che Gesù intendeva dire con le parole: "In verità, io vi dico che questa generazione non passerà senza che questi fatti si siano verificati". Così, quanti si aspettavano di vedere la trasformazione compiersi con effetti sovrannaturali e meravigliosi saranno delusi.

28. L'epoca attuale è l'epoca della transizione; gli elementi delle due generazioni si confondono. Situati nel punto intermedio, noi assistiamo alla scomparsa dell'una e all'arrivo dell'altra; e ciascuna già si segnala nel mondo con i caratteri che le sono peculiari.

Le due generazioni che si succedono hanno idee e punti di vista del tutto opposti. Dalla natura delle disposizioni morali, ma soprattutto dalle disposizioni intuitive e innate, è facile riconoscere a quale delle due generazioni appartiene ogni individuo.

La nuova generazione, quella che deve fondare l'era del progresso morale, si distingue per una intelligenza e una razionalità generalmente precoci, unite al sentimento innato del bene e delle credenze spirituali, le quali cose sono il segno indubbio di un certo grado di avanzamento anteriore. Tale nuova generazione non sarà affatto composta da Spiriti esclusivamente ed eminentemente superiori, ma da quegli Spiriti che, avendo già progredito, sono meglio disposti ad assimilare tutte le idee progressiste e più adatti ad assecondare il movimento rigeneratore.

Al contrario, ciò che distingue gli Spiriti arretrati è, innanzi tutto, la rivolta contro Dio attraverso il rifiuto di riconoscere che possa esistere una qualsiasi potenza al di sopra dell'umanità; poi, la propensione istintiva alle passioni, degradanti, ai sentimenti antifraterni dell'egoismo, dell'orgoglio, dell'invidia, della gelosia; infine, l'attaccamento morboso a tutto ciò che è materiale: la sensualità, la cupidigia, l'avarizia.

Sono questi i vizi da cui la Terra deve essere liberata attraverso l'allontanamento di coloro che rifiutano di emendarsi, poiché essi non sono compatibili con il regno della fraternità e poiché il contatto con loro costituirà sempre una sofferenza per gli uomini dabbene.

Quando la Terra se ne sarà liberata, gli uomini marceranno senza ostacoli verso quell'avvenire migliore che è loro riservato già sulla Terra, quale premio dei loro sforzi e della loro perseveranza, mentre attendono che una epurazione ancora più completa dia loro accesso ai mondi superiori.

29. Non si deve però pensare che, tramite questa emigrazione di Spiriti, saranno espulsi dalla Terra e relegati nei mondi inferiori tutti gli Spiriti ritardatari. Al contrario, molti vi ritorneranno, perché molti sono quelli che avranno ceduto alla forza delle circostanze e dell'esempio. In loro la scorza era peggiore dell'interno. Una volta sottratti all'influenza della materia e dei pregiudizi del mondo corporale, la maggior parte di essi vedrà le cose in maniera del tutto diversa da come le vedeva quand'era in vita: di siffatti casi abbiamo numerosi esempi. In ciò, essi sono aiutati dagli Spiriti benevoli, i quali s'interessano a loro e si preoccupano di illuminarli e di mostrar loro quanto falso fosse il cammino che avevano seguito. Con le nostre preghiere noi stessi possiamo contribuire al loro miglioramento, poiché tra i morti e i vivi esiste una perpetua solidarietà.

La maniera in cui avviene la trasformazione è molto semplice e, come si vede, è interamente morale e non si discosta in nulla dalle leggi della natura.


30. Che gli Spiriti della nuova generazione siano degli Spiriti nuovi e migliori, oppure che si tratti degli antichi Spiriti migliorati, il risultato è il medesimo. Dal momento che apportano disposizioni migliori, si tratta sempre di un rinnovamento. Gli Spiriti incarnati formano pertanto due categorie, a seconda delle loro naturali disposizioni: da una parte gli Spiriti ritardatari che se ne vanno, dall'altra gli Spiriti progressisti che arrivano. Lo stato dei costumi e della società sarà dunque, presso un popolo, presso una razza o nel mondo intero, a seconda di quella delle due categorie che avrà la preponderanza.

31. Un comune paragone farà comprendere ancor meglio ciò che avviene in tale circostanza. Supponiamo un reggimento composto, per la maggior parte, da uomini turbolenti e indisciplinati. Costoro vi porteranno di continuo un disordine tale che la severità della legge penale farà spesso fatica a reprimere. Questi uomini sono i più forti, solo perché sono in maggior numero; essi si sostengono, si incoraggiano e si stimolano con l'esempio. I pochi buoni sono senza alcuna influenza; i loro consigli sono disprezzati; essi stessi sono sbeffeggiati e maltrattai dagli altri e a contatto di costoro molto essi soffrono. Non è questa forse l'immagine della società attuale?

Supponiamo che questi uomini vengano ritirati dal reggimento a uno a uno, a dieci a dieci, a cento a cento e che vengano via via rimpiazzati da un eguale numero di buoni soldati, anche da alcuni di quelli che erano stati espulsi, ma che si saranno seriamente corretti. Di lì a qualche tempo, si avrà sempre lo stesso reggimento, ma trasformato; il buon ordine sarà seguito al disordine. Lo stesso sarà dell'umanità rigenerata.

32. Le grandi partenze collettive non hanno pertanto come unico scopo quello di attivare le uscite, ma anche quello di trasformare più rapidamente lo spirito della massa, liberandola dalle cattive influenze, e di dare maggior ascendente alle idee nuove.

Essendo molti, malgrado le loro imperfezioni, quelli maturi per questa trasformazione, molti sono quelli che partono allo scopo di andare a ritemprarsi a una sorgente più pura. Fintantoché fossero rimasti nel medesimo ambiente e sotto le medesime influenze, essi avrebbero persistito nelle loro opinioni e nella loro maniera di vedere le cose. È sufficiente, per aprire loro gli occhi, un soggiorno nel mondo degli Spiriti, perché vi vedano ciò che sulla Terra non potevano vedere. Il miscredente, il fanatico, l'assolutista potranno così ritornare con idee innate di fede, di tolleranza e di libertà. Al loro ritorno, essi troveranno le cose cambiate e subiranno l'ascendente del nuovo ambiente dove saranno nati. Invece di fare opposizione alle idee nuove, ne saranno i cooperatori.

33. La rigenerazione dell'umanità non ha dunque assolutamente bisogno del rinnovamento integrale degli Spiriti: è sufficiente una modifica nelle loro disposizioni morali. Questa modifica si verifica, presso tutti coloro che a essa sono predisposti, allorché vengano sottratti all'influenza perniciosa del mondo. Coloro che ritornano, allora, non sempre sono altri Spiriti, ma spesso si tratta dei medesimi Spiriti che pensano e sentono diversamente.

Quando questo miglioramento è isolato e individuale passa del tutto inosservato e non ha alcuna evidente influenza sul mondo. Ben diverso è l'effetto, allorché si agisca simultaneamente su grandi masse. In tal caso, infatti, a seconda delle proporzioni, in una generazione, le idee di un popolo o di una razza possono risultare profondamente modificate.

È ciò che quasi sempre si nota dopo i grandi sconvolgimenti che decimano le popolazioni. I flagelli distruttori distruggono soltanto il corpo, ma non raggiungono lo Spirito. Essi attivano il movimento di andirivieni tra il mondo corporale e il mondo spirituale e, in seguito, il movimento progressivo degli Spiriti incarnati e disincarnati. È da osservare che, in tutte le epoche della storia, alle grandi crisi sociali è generalmente seguita un'era di progresso.

34. In questo momento è uno di tali movimenti che si sta attuando e che realizzerà il rimodellamento dell'umanità. La molteplicità delle cause di distruzione è un caratteristico segno dei tempi, dato che esse affretteranno lo schiudersi dei nuovi germi. Sono le foglie d'autunno che cadono e alle quali succederanno nuove foglie piene di vita, poiché l'umanità ha le sue stagioni, come gli individui hanno le loro varie età. Le foglie morte dell'umanità cadono spazzate via dalle raffiche e dai colpi di vento, ma per rinascere più vivaci sotto il medesimo soffio di vita, che non si estingue, ma si purifica.

35. Per il materialista, i flagelli distruttori sono calamità senza compensazioni, senza risultati utili, poiché, secondo lui, essi annientano gli esseri senza ritorno. Ma, per colui che sa come la morte distrugga soltanto l'involucro, quei flagelli distruttori non hanno le medesime conseguenze e non gli causano il benché minimo timore; egli ne comprende lo scopo e sa anche che gli uomini non perdono a morire insieme più di quanto possano perdere a morire isolati, dato che, in una maniera o nell'altra, sempre là bisogna arrivare.

I miscredenti rideranno di queste cose e le giudicheranno delle chimere; ma qualsiasi cosa dicano, non sfuggiranno alla legge comune; cadranno a loro volta come gli altri. E allora che sarà di loro? Essi dicono: Nulla! Ma, a dispetto di sé stessi, vivranno. E saranno, un giorno, costretti ad aprire gli occhi.