Capítulo XII — Perfezione Morale
Le virtù e i vizi
«Tutte le virtù hanno un loro merito, perché tutte sono segni di progresso sulla via del bene. C’è virtù tutte le volte che si oppone resistenza volontaria all'impulso delle cattive tendenze. Ma il sublime della virtù consiste nel sacrificio dell'interesse personale per il bene del prossimo, senza secondi fini. La più meritoria delle virtù è quella che si fonda sulla carità più disinteressata.»
«Quelli che non devono affatto lottare sono coloro in cui il progresso e compiuto. Essi un tempo hanno lottato e hanno trionfato. È per questo che i buoni sentimenti non costano loro nessuno sforzo e le loro azioni sembrano del tutto naturali. Per costoro il bene e diventato un'abitudine. Bisogna dunque onorarli come dei vecchi guerrieri che si sono conquistati i gradi.
Poiché voi siete ancora molto lontani dalla perfezione, questi esempi vi impressionano per il loro contrasto, e quanto più sono rari tanto più li ammirate. Ma sappiate che, nei mondi più avanzati del vostro, ciò che fra di voi è un'eccezione, là è la regola. Il sentimento del bene là è ovunque spontaneo, perché vi abitano solo buoni Spiriti e una sola cattiva intenzione sarebbe un'eccezione mostruosa. Ecco perché le creature là sono felici. Sarà lo stesso sulla Terra quando l'umanità si sarà trasformata e quando essa capirà e praticherà la carità nella sua vera accezione.»
«È l'interesse personale. Le qualità morali sono sovente come la doratura applicata su un oggetto di rame, e che non resiste alla pietra di paragone. Un uomo può possedere delle qualità oggettive che ne fanno, per il mondo, un uomo dabbene. Ma queste qualità, sebbene costituiscano un progresso, non sempre sopportano certe prove, e a volte basta toccare la corda dell'interesse personale per portare allo scoperto il fondo. Il vero disinteresse e cosa talmente rara sulla Terra che quando si presenta lo si ammira come se fosse un fenomeno. L'attaccamento alle cose materiali e un notorio segno di inferiorità perché, più l'uomo tiene ai beni di questo mondo, meno comprende il suo destino. Con il disinteresse, invece, egli dimostra di vedere il futuro da un punto di vista più elevato.»
«Hanno il merito del disinteresse, ma non quello del bene che potrebbero fare. Se il disinteresse e una virtù, la prodigalità irragionevole e sempre, come minimo, una mancanza di buonsenso. La ricchezza non viene data a certuni per essere gettata al vento, né ad altri per venire rinchiusa in cassaforte. È un deposito di cui i privilegiati dovranno rendere conto, perché dovranno rispondere di tutto il bene che era in loro potere fare e che non avranno fatto, di tutte le lacrime che avrebbero potuto asciugare con i soldi che hanno dato a coloro che non ne avevano bisogno.»
«Sì. Si deve fare il bene con carità, ossia con disinteresse.»
897a. Comunque tutti hanno il desiderio molto naturale di avanzare, per uscire dallo stato penoso di questa vita. Gli stessi Spiriti non ci insegnano forse a praticare il bene a questo scopo? è dunque un male pensare che, facendo il bene, si può sperare di stare meglio che sulla Terra?
«Certamente no. Ma chi fa del bene senza secondi fini, e per il solo piacere di essere gradito a Dio e al suo prossimo sofferente, si trova già a un certo grado di avanzamento che gli permetterà di arrivare molto prima alla felicita di suo fratello che, più calcolatore, f a il bene con raziocinio e non è spinto dal calore naturale del suo cuore.» (Vedere n. 894)
897b. A questo punto non è il caso di distinguere fra il bene che si può fare al prossimo e l'impegno che si mette per correggersi dei propri difetti? Noi ben comprendiamo che fare il bene con il pensiero che se ne terrà conto nell'altra vita è poco meritorio. Ma correggersi, vincere le proprie passioni, migliorare il proprio carattere per avvicinarsi ai buoni Spiriti ed elevarsi, non è ugualmente un segno di inferiorità?
«No. Assolutamente no. Quando diciamo fare il bene, noi intendiamo dire essere caritatevoli. Chi calcola quanto ogni buona azione può fruttargli nella vita futura, così come in quella terrena, agisce da egoista. Non c’è invece alcun egoismo nel migliorare sé stesso con lo scopo di avvicinarsi a Dio, perché questo è il fine cui ognuno deve tendere.»
«Senza dubbio. Innanzi tutto, ciò vi mette in grado di soccorrere i vostri fratelli, poi il vostro Spirito salirà più velocemente se ha già progredito in intelligenza. Nell'intervallo fra una reincarnazione e l'altra, voi imparerete in un'ora ciò che sulla vostra Terra vi richiederebbe degli anni. Non c’è conoscenza che non sia utile. Tutte contribuiscono più o meno al progresso, perché uno Spirito perfetto deve sapere tutto, e perché, dovendo il progresso compiersi in tutti i sensi, tutte le idee acquisite contribuiscono allo sviluppo dello Spirito.»
«Quello che ha conosciuto le sofferenze. Egli sa che cosa vuol dire soffrire, conosce quel dolore che ora, pero, egli non allevia negli altri, perché troppo spesso non si ricorda più del suo.»
«Si tratta di un compromesso con la sua cattiva coscienza.»
«Quello che se la gode: lui e più egoista dell'avaro. L'altro ha già trovato in parte la sua punizione.»
«Il sentimento è senza dubbio apprezzabile, quando è puro. Ma questo desiderio è sempre così disinteressato? Non nasconde nessun secondo fine personale? La prima persona alla quale desiderate fare del bene non è sovente la vostra?»
«Se e per criticarli e divulgarli si e molto colpevoli, perché è mancare di carità. Se e per trarne un vantaggio personale, al fine di evitarli noi stessi, può qualche volta essere utile. Ma non bisogna dimenticare che l'indulgenza per i difetti altrui e una delle virtù comprese nella carità. Prima di censurare gli altri per i loro difetti, osservate se non si potrebbe dire lo stesso di voi. Cercate dunque di avere le qualità opposte a quei difetti che si criticano negli altri. È questo il modo di rendersi superiori. Rimproverate a qualcuno di essere avaro? Siate generosi. Di essere orgoglioso? Siate umili e modesti. Di essere duro? Siate dolci. Di agire con piccineria? Siate grandi in tutte le vostre azioni. In una parola, fate in modo che non si possano applicare a voile parole di Gesù: Egli vede una pagliuzza nell'occhio del suo vicino e non vede una trave nel proprio.»
«Dipende dal sentimento con cui si è indotti a farlo. Se chi scrive non ha che l'intento di sollevare scandalo, e una soddisfazione personale che si procura presentando dei quadri che sono piuttosto dei cattivi che dei buoni esempi. Lo Spirito apprezza, ma può essere punito per questo tipo di piacere che prova nel rivelare il male.»
904a. In questo caso, come giudicare la purezza delle intenzioni e la sincerità di chi scrive?
«Non sempre questo vostro esame e utile. Ma se costui scrive delle cose buone, ricavatene un vantaggio. Se invece scrive cose cattive, è una questione di coscienza che riguarda lui solo. Del resto, se tiene a provare la sua sincerità, sta a lui suffragare l'insegnamento col suo stesso esempio.»
«La morale, senza le azioni, e la semente senza il lavoro. A che cosa vi serve la semente se non la fate fruttare per nutrirvi? Questi uomini sono più colpevoli, perché avevano l'intelligenza per comprendere. Non praticando le massime che davano agli altri, hanno rinunciato a raccoglierne i frutti.»
«Dal momento che l'uomo può avere coscienza del male che ha fatto, deve avere anche coscienza del bene, al fine di sapere se agisce bene o male. È pesando tutte le sue azioni sulla bilancia della legge di Dio, e soprattutto su quella della legge di giustizia, amore e carità, le potrà dire se esse sono buone o cattive, se approvarle o disapprovarle. Egli non può dunque essere biasimevole di riconoscere che ha trionfato sulle cattive tendenze, e di esserne soddisfatto, purché non ne tragga motivo di vanita, nel qual caso cadrebbe in un altro errore.» (Vedere n. 919)
Delle passioni
«No. La passione sta nell'eccesso unito alla volontà, poiché tale principio è stato dato all'uomo a fin di bene, e le passioni possono portarloa realizzare grandi cose. È l'abuso ch'egli può farne che causa il male.»
«Le passioni sono come un cavallo, che è utile quando e domato ed e dannoso quando è lui a dominare. Riconoscete dunque che una passione diventa perniciosa nel momento in cui cessate di poterla governare ed essa diventa in qualche modo pregiudizievole per voi o per gli altri.»
Le passioni sono delle leve che moltiplicano le forze dell'uomo e lo aiutano a realizzare i disegni della Provvidenza. Ma se, anziché indirizzarle, l'uomo si lascia da loro condurre, cade negli eccessi, e quella forza stessa, che nelle sue mani avrebbe potuto fare il bene, ricade su di lui e lo fa crollare.
Tutte le passioni hanno il loro principio in un sentimento o in una necessita naturale. Il principio delle passioni pertanto non è affatto un male, poiché poggia su una delle condizioni provvidenziali della nostra esistenza. La passione propriamente detta e l'esagerazione di una necessita o di un sentimento. Essa sta dunque nell'eccesso e non nella causa. Questo eccesso diventa un male quando ha per conseguenza un male qualsiasi.
Ogni passione, che avvicini l'uomo alla natura animale, lo allontana dalla natura spirituale.
Ogni sentimento che elevi l'uomo al di sopra della natura animale annuncia la predominanza dello Spirito sulla materia e lo avvicina alla perfezione.
«Sì, e qualche volta con un impegno relativo: è la volontà che gli manca. Ahimè! Come sono pochi fra di voi quelli che si impegnano!»
«Se prega Dio e il suo buon genio con sincerità, i buoni Spiriti gli verranno certamente in aiuto perché questa e la loro missione.» (Vedere n. 459)
«Ci sono molte persone che dicono: Io voglio, ma la volontà non è che sulle loro labbra. Esse vogliono, ma sono ben contente che ciò non avvenga. Quando si crede di non poter vincere le proprie passioni, è lo Spirito che se ne compiace a causa della sua inferiorità. Chi cerca di reprimerle comprende la sua natura spirituale. Vincerle e per lui una vittoria dello Spirito sulla materia.»
«Praticare il disinteresse verso sé stessi.»
Dell'egoismo
«L'abbiamo detto molte volte: e l'egoismo. Da esso deriva tutto il male. Considerate tutti i vizi e vedrete che al fondo di ognuno di essi c’è l'egoismo. Avrete un bel combatterli, ma non arriverete mai a estirparli finché non avrete attaccato il male alle sue radici, finché non ne avrete distrutto la causa. Che tutti i vostri sforzi tendano dunque a questo scopo, perché lì sta la vera piaga della società. Chiunque voglia avvicinarsi, fin da questa vita, alla perfezione morale, deve estirpare dal suo cuore ogni sentimento d'egoismo, perché l'egoismo è incompatibile con la giustizia, l'amore e la carità. Esso neutralizza tutte le altre qualità.»
«Nella misura in cui l'uomo si illumina sulle cose spirituali, dara meno valore alle cose materiali. È necessario quindi riformare le istituzioni umane che favoriscono e sollecitano l'egoismo. Ciò dipende dall'educazione.»
«È certo che l'egoismo è il più grande dei vostri mali, ma esso attiene all'inferiorità degli Spiriti incarnati sulla Terra, e non all'umanità in sé stessa. Pertanto gli Spiriti, purificandosi attraverso le incarnazioni successive, perdono l'egoismo così come perdono le altre loro impunita. Non avete voi sulla Terra alcun uomo privo d'egoismo e che pratichi la canta? Ce ne sono più di quanti voi crediate, ma li conoscete poco, perché la virtù non cerca la piena luce del giorno. E se ce n'e uno, perché non dovrebbero essercene dieci? Se ce ne sono dieci, perché non dovrebbero essercene mille, e così di seguito?»
«Più il male è grande, più diventa mostruoso. Era proprio necessario che l'egoismo causasse molto male per far comprendere la necessità di estirparlo. Quando gli uomini avranno abbandonato l'egoismo che li domina, vivranno come fratelli, non facendosi nessun male, aiutandosi reciprocamente attraverso il mutuo sentimento della solidarietà. Allora il forte sarà l'appoggio e non l'oppressore del debole, né si vedrà più un solo uomo mancare del necessario, perché tutti praticheranno la legge della giustizia. Questo e il regno del bene che gli Spiriti sono incaricati di preparare.» (Vedere n. 784)
«Fra tutte le imperfezioni umane e la più difficile da estirpare, perché l'egoismo deriva dall'influenza della materia dalla quale l'uomo, ancora troppo vicino alle sue origini, non ha potuto affrancarsi. E questa influenza tutto concorre a mantenerla: le sue leggi, la sua organizzazione sociale, la sua educazione. L'egoismo si affievolirà con la predominanza della vita morale su quella materiale e soprattutto con la comprensibile visione, che lo Spiritismo vi da, della vostra vera condizione futura, e non alterata dalle creazioni allegoriche. Lo Spiritismo ben compreso, quando si sarà identificato con i costumi e le credenze, trasformerà le abitudini, gli usi e le relazioni sociali. L'egoismo e fondato sull'importanza della personalità. Pertanto lo Spiritismo ben compreso, lo ripeto, fa vedere le cose così dall'alto che il sentimento della personalità in qualche modo sparisce di fronte all'immensità. Annullando questa importanza, o quanto meno facendola vedere per quello che è, necessariamente si combatte l'egoismo.
È il turbamento che l'uomo prova per l'egoismo degli altri che sovente rende egoista lui stesso, perché sente la necessita di tenersi sulla difensiva. Vedendo che gli altri pensano solo a sé stessi, egli è portato a occuparsi di sé più che degli altri. Sia il principio della carità e della fraternita la base delle istituzioni sociali, delle relazioni legali da popolo a popolo, da uomo a uomo, e l'uomo penserà meno alla sua persona quando vedrà che altri ci hanno pensato. Egli subirà l'influenza moralizzatrice dell'esempio e della relazione con gli altri. Di fronte a questo straripamento d'egoismo, ci vuole una vera virtù per praticare il disinteresse della propria personalità a favore degli altri, che sovente non ne hanno nessuna riconoscenza. È soprattutto per quanti possiedono questa virtù che il regno dei cieli è aperto. A questi soprattutto è riservata la felicita degli eletti perché io in verità vi dico che nel giorno della giustizia chiunque avrà pensato solo a sé stesso sarà messo da parte, e soffrirà del suo abbandono.» (Vedere n. 785)
FÉNELON
L'uomo vuole essere felice, e questo sentimento è naturale. Per questo lavora incessantemente per migliorare la sua posizione sulla Terra e cerca le cause dei suoi mali per porvi rimedio. Quando avrà ben compreso che l'egoismo è una di queste cause, quella che genera l'orgoglio, l'ambizione, la cupidigia, l'invidia, l'odio, la gelosia — da cui è a ogni istante colpito —, quella che porta il turbamento in tutte le relazioni sociali, che provoca i dissensi, che distrugge la fiducia, che obbliga a tenersi costantemente sulla difensiva col vicino, quella infine che fa dell'amico un nemico, allora comprenderà pure che questo vizio e incompatibile con la sua stessa felicita e, aggiungiamo noi, anche con la sua stessa sicurezza. Più avrà sofferto per questo, più sentirà la necessita di combatterlo, come si combatte la peste, gli animali nocivi e tutti gli altri flagelli. Sarà così sollecitato ad agire nel suo stesso interesse. (Vedere n. 784)
L'egoismo e la fonte di tutti i vizi, come la carità lo è di tutte le virtù. Distruggere l'uno, sviluppare l'altra, tale dev'essere lo scopo di tutti gli sforzi dell'uomo, se vuole assicurarsi la sua felicita su questa Terra come pure in futuro.
Caratteristiche dell'uomo dabbene
«Lo Spirito dimostra il suo grado di elevatezza quando tutte le azioni della sua vita fisica sono la messa in pratica della legge di Dio, e quando egli comprende in anticipo la vita spirituale.»
Il vero uomo dabbene è colui che pratica la legge di giustizia, amore e carità nel suo più alto grado di purezza. Se interroga la sua coscienza sulle azioni compiute, si domanderà se non ha minimamente violato questa legge, se non ha fatto assolutamente del male, se ha fatto tutto il bene che ha potuto, se nessuno si è dovuto lamentare di lui, se infine ha fatto agli altri tutto ciò che avrebbe voluto che fosse fatto a lui.
L'uomo pervaso dal sentimento di carità e di amore per il prossimo fa il bene per il bene, senza sperare in un ritorno, e sacrifica il suo interesse alla giustizia.
Egli è buono, umano e benevolo con tutti, perché vede dei fratelli in tutti gli uomini, senza eccezione di razza o di fede.
Se Dio gli ha dato il potere e la ricchezza, considera queste cose come un deposito di cui deve servirsi per fare il bene. Né di queste cose si fa vanto, perché sa che Dio, il quale gliele ha date, può togliergliele.
Se l'ordine sociale ha posto degli uomini alle sue dipendenze, egli li tratta con bontà e benevolenza, perché davanti a Dio essi sono suoi uguali. Usa della sua autorità per sollevare il loro morale, e non per frustrarli con il suo orgoglio.
È indulgente con le debolezze altrui, perché sa che lui stesso ha bisogno di indulgenza e perché si ricorda di queste parole di Cristo: Colui che è senza peccato scagli la prima pietra.
Non è affatto vendicativo. Sull'esempio di Gesù perdona le offese per ricordarsi solo dei benefici, perché sa che sarà perdonato come lui stesso avrà perdonato.
Infine rispetta nei suoi simili tutti i diritti che le leggi naturali concedono, come vorrebbe che venissero rispettati nei suoi confronti.
Conoscenza di sé stesso
919. Qual è il mezzo pratico più efficace per migliorare sé stessi in questa vita e resistere alle tentazioni del male?
«Un saggio dell'antichità ve l'ha già detto: Conosci te stesso.»
919a. Noi comprendiamo tutta la saggezza di questa massima, ma la difficoltà sta appunto nel conoscere sé stessi. Qual è il mezzo per riuscirvi?
«Fate come facevo io stesso quando vivevo sulla Terra: alla fine della giornata interrogavo la mia coscienza, passavo in rassegna ciò che avevo fatto e mi domandavo se avessi mancato a qualche dovere, se qualcuno si fosse dovuto lamentare di me. È così che arrivai a conoscermi e a vedere che cosa c'era da modificare in me. Colui che ogni sera richiamerà alla memoria tutte le azioni della sua giornata e si domanderà che cosa ha fatto di bene o di male, pregando Dio e il suo angelo custode di illuminarlo, acquisterà una grande forza per perfezionarsi, perché, credetemi, Dio lo assisterà. Ponetevi dunque delle domande. Chiedetevi ciò che avete fatto, con quale scopo avete agito in una certa circostanza, se avete fatto qualcosa che biasimereste negli altri, se avete compiuto un'azione che non osereste confessare. Domandatevi ancora questo: "Se a Dio piacesse richiamarmi in questo momento, rientrando io nel mondo degli Spiriti dove niente e nascosto, avrei da temere di fronte a qualcuno?" Esaminate quello che potete aver fatto contro Dio, poi contro il vostro prossimo e, infine, contro voi stessi. Le risposte potranno essere un sollievo per la vostra coscienza o il segnale di un male che bisogna guarire.
La conoscenza di sé stessi è dunque la chiave del miglioramento individuale. Ma, direte voi, come giudicarsi? Non c’è forse l'inganno dell'amor proprio, che attenua gli errori e li fa scusare? L'avaro si crede semplicemente economo e previdente, l'orgoglioso crede di avere solo della dignità. Ciò e più che vero, ma voi avete un mezzo di controllo che non può ingannarvi. Quando siete indecisi sul valore di una vostra azione, domandatevi come la qualifichereste se fosse l'azione di un'altra persona. Se la biasimate in altri, non potrebbe più essere legittima in voi, perché Dio non ha due misure per la giustizia. Cercate anche di sapere che cosa ne pensano gli altri e non trascurate l'opinione dei vostri nemici, perché costoro non hanno nessun interesse a dissimulare la verità. Sovente Dio li mette al vostro fianco come uno specchio, perché vi avvertano con più franchezza di quanto non farebbe un amico. Chi ha la seria volontà di migliorarsi, esplori dunque la sua coscienza, al fine di estirpare le sue cattive tendenze, così come estirpa le erbe cattive del suo giardino. Faccia il bilancio della propria giornata morale, così come il mercante fa quello del suo passivo e del suo attivo, e vi assicuro che l'uno gli apporterà più dell'altro. Se può dire a sé stesso che la sua giornata e stata buona, può dormire in pace e attendere senza timore il risveglio in un'altra vita.
Ponetevi dunque delle domande nette e precise e non temete dì moltiplicarle: si può ben concedere qualche minuto alla conquista della felicita eterna. Non lavorate forse tutti i giorni per risparmiare quanto vi possa concedere la tranquillità nei giorni della vecchiaia? Questa futura tranquillità non è forse l'oggetto dei vostri desideri, lo scopo che vi fa sopportare al momento fatiche e privazioni? Ebbene! Che cos'e questo riposo di pochi giorni, turbato dalle infermità del corpo, a confronto di quello che attende l'uomo dabbene? Non vale forse la pena di fare qualche sacrificio? Io so che molti dicono che il presente e certo e il futuro incerto. Ora, ecco esattamente il pensiero che noi siamo incaricati di distruggere in voi, dal momento che vogliamo farvi comprendere questo futuro, in modo che non possa lasciare alcun dubbio nella vostra anima. È per questo che abbiamo dapprima richiamato la vostra attenzione sui fenomeni naturali capaci di colpire i vostri sensi, dopo vi abbiamo dato delle istruzioni che ognuno di voi e incaricato di divulgare. È a questo scopo che noi abbiamo dettato Il libro degli Spiriti.»
SANT'AGOSTINO
Molti degli errori che noi commettiamo passano per noi inavvertiti. Se, in effetti, seguendo il consiglio di sant'Agostino, noi interrogassimo più frequentemente la nostra coscienza, vedremmo quante volte abbiamo sbagliato senza pensarci, per non aver esaminato la natura e le motivazioni delle nostre azioni. La forma interrogativa ha qualcosa di più preciso di un motto, che sovente non si applica. Essa esige delle risposte categoriche, attraverso il sì o il no, che non lasciano alternative. Sono altrettanti argomenti personali, e per mezzo della somma delle risposte si può calcolare la somma del bene e del male che è in noi.