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Il Libro degli Spiriti > LIBRO SECONDO — MONDO SPIRITISTA O DEGLI SPIRITI > Capitolo IV — Pluralità Delle Esistenze > Giustizia della reincarnazione
Giustizia della reincarnazione
171. Su che cosa si fonda il dogma della reincarnazione?
«Sulla giustizia di Dio e sulla rivelazione, perché — lo ripeteremo di continuo — un buon padre lascia sempre ai suoi figli una porta aperta al pentimento. La ragione non vi dice forse che sarebbe ingiusto privare per sempre della felicita eterna tutti quelli il cui miglioramento non è dipeso da loro stessi? Gli uomini non sono forse tutti figli di Dio? È solo fra gli uomini egoisti che si trovano l'iniquità, l'odio implacabile e i castighi senza remissione.»
Tutti gli Spiriti tendono alla perfezione, e Dio fornisce loro i mezzi per raggiungerla attraverso le prove della vita materiale. Ma, nella Sua giustizia, permette loro di compiere nelle nuove esistenze ciò che essi non hanno potuto fare o terminare in una precedente prova.
Non sarebbe né secondo l'equità né secondo la bontà di Dio, condannare per sempre quelli che hanno potuto incontrare degli ostacoli al loro miglioramento, al di là della loro volontà e dell'ambiente in cui sono venuti a trovarsi. Se la sorte dell'uomo fosse irrevocabilmente fissata dopo la morte, Dio non avrebbe pesato le azioni di tutti sulla stessa bilancia né li avrebbe trattati con imparzialità.
La dottrina della reincarnazione, ossia quella che consiste nell'ammettere per l'uomo molte esistenze consecutive, e la sola che risponda all'idea che noi ci facciamo della giustizia di Dio, riguardo agli uomini che si trovano in una condizione morale inferiore, la sola che possa spiegarci il futuro e rafforzare le nostre speranze, perché essa ci offre il mezzo per riscattare i nostri errori con delle nuove prove. La ragione ce lo indica e gli Spiriti ce lo insegnano.
L'uomo che ha coscienza della sua inferiorità attinge nella dottrina della reincarnazione una speranza consolatrice. Se crede nella giustizia divina, non può sperare di essere a un tratto, e per l'eternità, uguale a coloro che hanno agito meglio di lui. Tuttavia il pensiero che questa inferiorità non lo priverà per sempre del bene supremo e che egli potrà conquistarlo con nuovi sforzi, lo sostiene e rianima il suo coraggio. Qual è quello che, al termine della sua carriera, non rimpiange di aver acquisito troppo tardi un'esperienza di cui non può più approfittare? Questa esperienza tardiva non è assolutamente persa. Egli la metterà a profitto in una nuova vita.
«Sulla giustizia di Dio e sulla rivelazione, perché — lo ripeteremo di continuo — un buon padre lascia sempre ai suoi figli una porta aperta al pentimento. La ragione non vi dice forse che sarebbe ingiusto privare per sempre della felicita eterna tutti quelli il cui miglioramento non è dipeso da loro stessi? Gli uomini non sono forse tutti figli di Dio? È solo fra gli uomini egoisti che si trovano l'iniquità, l'odio implacabile e i castighi senza remissione.»
Tutti gli Spiriti tendono alla perfezione, e Dio fornisce loro i mezzi per raggiungerla attraverso le prove della vita materiale. Ma, nella Sua giustizia, permette loro di compiere nelle nuove esistenze ciò che essi non hanno potuto fare o terminare in una precedente prova.
Non sarebbe né secondo l'equità né secondo la bontà di Dio, condannare per sempre quelli che hanno potuto incontrare degli ostacoli al loro miglioramento, al di là della loro volontà e dell'ambiente in cui sono venuti a trovarsi. Se la sorte dell'uomo fosse irrevocabilmente fissata dopo la morte, Dio non avrebbe pesato le azioni di tutti sulla stessa bilancia né li avrebbe trattati con imparzialità.
La dottrina della reincarnazione, ossia quella che consiste nell'ammettere per l'uomo molte esistenze consecutive, e la sola che risponda all'idea che noi ci facciamo della giustizia di Dio, riguardo agli uomini che si trovano in una condizione morale inferiore, la sola che possa spiegarci il futuro e rafforzare le nostre speranze, perché essa ci offre il mezzo per riscattare i nostri errori con delle nuove prove. La ragione ce lo indica e gli Spiriti ce lo insegnano.
L'uomo che ha coscienza della sua inferiorità attinge nella dottrina della reincarnazione una speranza consolatrice. Se crede nella giustizia divina, non può sperare di essere a un tratto, e per l'eternità, uguale a coloro che hanno agito meglio di lui. Tuttavia il pensiero che questa inferiorità non lo priverà per sempre del bene supremo e che egli potrà conquistarlo con nuovi sforzi, lo sostiene e rianima il suo coraggio. Qual è quello che, al termine della sua carriera, non rimpiange di aver acquisito troppo tardi un'esperienza di cui non può più approfittare? Questa esperienza tardiva non è assolutamente persa. Egli la metterà a profitto in una nuova vita.