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Il Libro degli Spiriti > LIBRO TERZO — LEGGI MORALI > Capítulo X - 9. Legge di Libertà > Riassunto teorico del movente delle azioni dell'uomo
Riassunto teorico del movente delle azioni dell'uomo
872. La questione del libero arbitrio può riassumersi come segue.
L'uomo non è affatto portato fatalmente al male. Le azioni che compie non sono affatto scritte in precedenza, e i crimini che commette non avvengono affatto a causa di una sentenza del destino. L'uomo può, come prova e come espiazione, scegliere un'esistenza in cui avrà degli impulsi criminali, sia a causa dell'ambiente sociale in cui si trova, sia a causa delle circostanze che si verificano, ma e sempre libero di agire o di non agire. Pertanto il libero arbitrio esiste: allo stato di Spirito, nella scelta dell'esistenza e delle prove; allo stato fisico, nella facoltà di cedere o di opporsi agli impulsi ai quali ci siamo volontariamente sottoposti. È l'educazione che deve combattere queste cattive tendenze. Essa lo farà utilmente quando sarà basata sullo studio approfondito della natura morale dell'uomo. Attraverso la conoscenza delle leggi che reggono questa natura morale, si arriverà a modificarla, così come si modifica l'intelligenza attraverso l'istruzione, e il temperamento attraverso l'igiene.
Lo Spirito, liberato della materia e in stato errante, fauna scelta delle sue esistenze corporee future secondo il grado di perfezione al quale e pervenuto, ed e in ciò, come abbiamo già detto, che consiste soprattutto il suo libero arbitrio. Questa libertà non viene assolutamente annullata dall'incarnazione. Se l'uomo cede all'influenza della materia, vuol dire che soccombe alle prove stesse che ha scelto. È per essere aiutato a superarle che può invocare l'assistenza di Dio e dei buoni Spiriti. (Vedere n. 337)
Senza il libero arbitrio, l'uomo non avrebbe ne demerito nel male, né merito nel bene. E ciò è talmente evidente che nel nostro mondo il biasimo o l'elogio si mettono sempre in relazione all'intenzione, ossia alla volontà. Pertanto, chi dice volontà dice libertà. L'uomo non potrebbe dunque cercare una scusa ai suoi misfatti nel suo organismo, senza rinnegare la sua ragione e la sua condizione di essere umano, rendendosi quindi simile al bruto. Se così fosse per il male, altrettanto dovrebbe esserlo per il bene. Però, quando l'uomo fa del bene, si preoccupa molto di farsene un merito, e si guarda bene dal gratificarne i suoi organi, la qual cosa dimostra che istintivamente egli non rinuncia mai, nonostante le congetture di qualche scienza sistematica, al più bello dei privilegi della sua specie: la libertà di pensiero.
La fatalità, così come la s'intende generalmente, suppone la determinazione presciente e irrevocabile di tutti gli avvenimenti della vita, qualunque sia la loro importanza. Se tale fosse l'ordine delle cose, l'uomo sarebbe una macchina senza volontà. A che cosa gli servirebbe la sua intelligenza, dal momento che sarebbe costantemente dominato in tutti i suoi atti dalla forza del destino? Una tale dottrina, se fosse vera, sarebbe l'annullamento di ogni libertà morale. Non ci sarebbe più per l'uomo alcuna responsabilità e, di conseguenza, non ci sarebbero né bene né male né crimini né virtù. Dio, sovranamente giusto, non potrebbe castigare una sua creatura per degli errori che non sarebbe dipeso da lei commettere o non commettere, ne potrebbe ricompensarla per delle virtù di cui non avrebbe alcun merito. Una tale legge sarebbe inoltre la negazione della legge del progresso, perché l'uomo che si attendesse tutto dalla sorte non tenterebbe minimamente di migliorare la sua posizione, dal momento che non potrebbe cambiarla né in meglio né in peggio.
Però la fatalità non è una parola vana. Essa esiste nella posizione che l'uomo occupa sulla Terra e nelle funzioni che vi compie, in conseguenza del genere di esistenza scelto dal suo Spirito come prova, espiazione o missione. Egli subisce fatalmente tutte le vicissitudini di questa esistenza e tutte le tendenze buone o cattive a essa inerenti. Ma lì si ferma la fatalità, perché dipende dalla volontà dell'uomo cedere o non cedere a queste tendenze. Il dettaglio degli avvenimenti è subordinato alle circostanze che provoca lui stesso con le sue azioni, e sulle quali gli Spiriti possono influire attraverso i pensieri che gli suggeriscono. (Vedere n. 459)
La fatalista sta dunque negli avvenimenti che si presentano, perché essi sono la conseguenza della scelta dell'esistenza fatta dallo Spirito. Può non esserci nell'esito di questi avvenimenti, perché può dipendere dall'uomo modificarne il corso con la sua prudenza. Non c'è mai fatalità negli atti della vita morale.
È nella morte che l'uomo e sottomesso, in modo assoluto, all'inesorabile legge della fatalità. Egli infatti non può sottrarsi alla sentenza che fissa il termine della sua esistenza, né al genere di morte che deve interrompere il corso della sua vita.
Secondo la dottrina volgare, l'uomo attingerebbe tutti i suoi istinti in sé stesso. Essi procederebbero sia dal suo organismo, — e pertanto non ne sarebbe responsabile — sia dalla sua stessa natura, nella quale può cercare una giustificazione ai suoi stessi occhi, asserendo che non è colpa sua s e è fatto così. La Dottrina Spiritista e in modo evidente più morale. Essa ammette nell'uomo il libero arbitrio in tutta la sua completezza. E dicendogli che, se commette il male cede a una cattiva ed estranea suggestione, gliene lascia tutta la responsabilità, poiché gli riconosce il potere di resistere, cosa evidentemente più facile che se dovesse lottare contro la sua stessa natura. Così, secondo la Dottrina Spiritista, non ci sono impulsi irrefrenabili: l'uomo può sempre chiudere le orecchie alla voce occulta che nel suo intimo lo sollecita al male, come può chiuderle alla voce materiale di qualcuno che gli parla. Lo può fare di sua volontà, domandando a Dio la forza necessaria e chiedendo a questo scopo l'assistenza dei buoni Spiriti. È ciò che Gesù ci insegna nella sublime Orazione domenicale, quando ci fa dire: «Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male.»
Questa teoria della causa determinante dei nostri atti risulta evidente da tutto l'insegnamento dato dagli Spiriti. Non solo essa è sublime in quanto a moralità, ma aggiungeremo ch'essa rivela l'uomo ai suoi stessi occhi; lo mostra libero di scuotere un giogo che lo ossessiona, così come è libero di chiudere la sua casa agli importuni. Non è più una macchina che agisce per un impulso indipendente dalla sua volontà, e un essere dotato di ragione, che ascolta, giudica e sceglie liberamente fra due partiti. Aggiungiamo ancora che, malgrado ciò, l'uomo non è affatto privato della sua iniziativa, non cessa di agire secondo i suoi impulsi, perché in definitiva non è che uno Spirito incarnato, il quale conserva, sotto l'involucro del corpo, le qualità e i difetti che aveva come Spirito. Gli errori che commettiamo hanno dunque la loro origine primitiva nell'imperfezione del nostro stesso Spirito, che non ha ancora raggiunto la superiorità morale che avrà un giorno, ma che non per questo il suo libero arbitrio ha dei limiti. La vita fisica gli viene data per purificarsi delle sue imperfezioni attraverso le prove che subisce, e sono precisamente queste imperfezioni che lo rendono più debole e più accessibile alle suggestioni degli Spiriti imperfetti. Costoro, a loro volta, ne approfittano per cercare di farlo soccombere nella lotta che egli ha intrapreso. Se esce vincitore da questa battaglia, si eleva. Se soccombe, rimane quello che era, ne peggiore, ne migliore: è una prova che dovrà essere ricominciata e che potrà così durare a lungo. Più si purifica, più i suoi lati deboli diminuiscono e meno dà adito a chi lo sollecita al male. La sua forza morale cresce in ragione della sua elevatezza, e i cattivi Spiriti si allontanano da lui.
Tutti gli Spiriti più o meno buoni, quando si incarnano, costituiscono la specie umana. Poiché la nostra Terra e uno dei mondi meno avanzati, in essa si trovano più Spiriti cattivi che Spiriti buoni. Ecco perché qui vediamo tante perversioni. Compiamo dunque tutti i nostri sforzi per non ritornarci dopo questa stazione, e per meritarci di andare a riposare in un mondo migliore, in uno di quei mondi privilegiati dove il bene regna assoluto, e dove ci ricorderemo del nostro passaggio su questa Terra solo come di un tempo d'esilio.
L'uomo non è affatto portato fatalmente al male. Le azioni che compie non sono affatto scritte in precedenza, e i crimini che commette non avvengono affatto a causa di una sentenza del destino. L'uomo può, come prova e come espiazione, scegliere un'esistenza in cui avrà degli impulsi criminali, sia a causa dell'ambiente sociale in cui si trova, sia a causa delle circostanze che si verificano, ma e sempre libero di agire o di non agire. Pertanto il libero arbitrio esiste: allo stato di Spirito, nella scelta dell'esistenza e delle prove; allo stato fisico, nella facoltà di cedere o di opporsi agli impulsi ai quali ci siamo volontariamente sottoposti. È l'educazione che deve combattere queste cattive tendenze. Essa lo farà utilmente quando sarà basata sullo studio approfondito della natura morale dell'uomo. Attraverso la conoscenza delle leggi che reggono questa natura morale, si arriverà a modificarla, così come si modifica l'intelligenza attraverso l'istruzione, e il temperamento attraverso l'igiene.
Lo Spirito, liberato della materia e in stato errante, fauna scelta delle sue esistenze corporee future secondo il grado di perfezione al quale e pervenuto, ed e in ciò, come abbiamo già detto, che consiste soprattutto il suo libero arbitrio. Questa libertà non viene assolutamente annullata dall'incarnazione. Se l'uomo cede all'influenza della materia, vuol dire che soccombe alle prove stesse che ha scelto. È per essere aiutato a superarle che può invocare l'assistenza di Dio e dei buoni Spiriti. (Vedere n. 337)
Senza il libero arbitrio, l'uomo non avrebbe ne demerito nel male, né merito nel bene. E ciò è talmente evidente che nel nostro mondo il biasimo o l'elogio si mettono sempre in relazione all'intenzione, ossia alla volontà. Pertanto, chi dice volontà dice libertà. L'uomo non potrebbe dunque cercare una scusa ai suoi misfatti nel suo organismo, senza rinnegare la sua ragione e la sua condizione di essere umano, rendendosi quindi simile al bruto. Se così fosse per il male, altrettanto dovrebbe esserlo per il bene. Però, quando l'uomo fa del bene, si preoccupa molto di farsene un merito, e si guarda bene dal gratificarne i suoi organi, la qual cosa dimostra che istintivamente egli non rinuncia mai, nonostante le congetture di qualche scienza sistematica, al più bello dei privilegi della sua specie: la libertà di pensiero.
La fatalità, così come la s'intende generalmente, suppone la determinazione presciente e irrevocabile di tutti gli avvenimenti della vita, qualunque sia la loro importanza. Se tale fosse l'ordine delle cose, l'uomo sarebbe una macchina senza volontà. A che cosa gli servirebbe la sua intelligenza, dal momento che sarebbe costantemente dominato in tutti i suoi atti dalla forza del destino? Una tale dottrina, se fosse vera, sarebbe l'annullamento di ogni libertà morale. Non ci sarebbe più per l'uomo alcuna responsabilità e, di conseguenza, non ci sarebbero né bene né male né crimini né virtù. Dio, sovranamente giusto, non potrebbe castigare una sua creatura per degli errori che non sarebbe dipeso da lei commettere o non commettere, ne potrebbe ricompensarla per delle virtù di cui non avrebbe alcun merito. Una tale legge sarebbe inoltre la negazione della legge del progresso, perché l'uomo che si attendesse tutto dalla sorte non tenterebbe minimamente di migliorare la sua posizione, dal momento che non potrebbe cambiarla né in meglio né in peggio.
Però la fatalità non è una parola vana. Essa esiste nella posizione che l'uomo occupa sulla Terra e nelle funzioni che vi compie, in conseguenza del genere di esistenza scelto dal suo Spirito come prova, espiazione o missione. Egli subisce fatalmente tutte le vicissitudini di questa esistenza e tutte le tendenze buone o cattive a essa inerenti. Ma lì si ferma la fatalità, perché dipende dalla volontà dell'uomo cedere o non cedere a queste tendenze. Il dettaglio degli avvenimenti è subordinato alle circostanze che provoca lui stesso con le sue azioni, e sulle quali gli Spiriti possono influire attraverso i pensieri che gli suggeriscono. (Vedere n. 459)
La fatalista sta dunque negli avvenimenti che si presentano, perché essi sono la conseguenza della scelta dell'esistenza fatta dallo Spirito. Può non esserci nell'esito di questi avvenimenti, perché può dipendere dall'uomo modificarne il corso con la sua prudenza. Non c'è mai fatalità negli atti della vita morale.
È nella morte che l'uomo e sottomesso, in modo assoluto, all'inesorabile legge della fatalità. Egli infatti non può sottrarsi alla sentenza che fissa il termine della sua esistenza, né al genere di morte che deve interrompere il corso della sua vita.
Secondo la dottrina volgare, l'uomo attingerebbe tutti i suoi istinti in sé stesso. Essi procederebbero sia dal suo organismo, — e pertanto non ne sarebbe responsabile — sia dalla sua stessa natura, nella quale può cercare una giustificazione ai suoi stessi occhi, asserendo che non è colpa sua s e è fatto così. La Dottrina Spiritista e in modo evidente più morale. Essa ammette nell'uomo il libero arbitrio in tutta la sua completezza. E dicendogli che, se commette il male cede a una cattiva ed estranea suggestione, gliene lascia tutta la responsabilità, poiché gli riconosce il potere di resistere, cosa evidentemente più facile che se dovesse lottare contro la sua stessa natura. Così, secondo la Dottrina Spiritista, non ci sono impulsi irrefrenabili: l'uomo può sempre chiudere le orecchie alla voce occulta che nel suo intimo lo sollecita al male, come può chiuderle alla voce materiale di qualcuno che gli parla. Lo può fare di sua volontà, domandando a Dio la forza necessaria e chiedendo a questo scopo l'assistenza dei buoni Spiriti. È ciò che Gesù ci insegna nella sublime Orazione domenicale, quando ci fa dire: «Non c'indurre in tentazione, ma liberaci dal male.»
Questa teoria della causa determinante dei nostri atti risulta evidente da tutto l'insegnamento dato dagli Spiriti. Non solo essa è sublime in quanto a moralità, ma aggiungeremo ch'essa rivela l'uomo ai suoi stessi occhi; lo mostra libero di scuotere un giogo che lo ossessiona, così come è libero di chiudere la sua casa agli importuni. Non è più una macchina che agisce per un impulso indipendente dalla sua volontà, e un essere dotato di ragione, che ascolta, giudica e sceglie liberamente fra due partiti. Aggiungiamo ancora che, malgrado ciò, l'uomo non è affatto privato della sua iniziativa, non cessa di agire secondo i suoi impulsi, perché in definitiva non è che uno Spirito incarnato, il quale conserva, sotto l'involucro del corpo, le qualità e i difetti che aveva come Spirito. Gli errori che commettiamo hanno dunque la loro origine primitiva nell'imperfezione del nostro stesso Spirito, che non ha ancora raggiunto la superiorità morale che avrà un giorno, ma che non per questo il suo libero arbitrio ha dei limiti. La vita fisica gli viene data per purificarsi delle sue imperfezioni attraverso le prove che subisce, e sono precisamente queste imperfezioni che lo rendono più debole e più accessibile alle suggestioni degli Spiriti imperfetti. Costoro, a loro volta, ne approfittano per cercare di farlo soccombere nella lotta che egli ha intrapreso. Se esce vincitore da questa battaglia, si eleva. Se soccombe, rimane quello che era, ne peggiore, ne migliore: è una prova che dovrà essere ricominciata e che potrà così durare a lungo. Più si purifica, più i suoi lati deboli diminuiscono e meno dà adito a chi lo sollecita al male. La sua forza morale cresce in ragione della sua elevatezza, e i cattivi Spiriti si allontanano da lui.
Tutti gli Spiriti più o meno buoni, quando si incarnano, costituiscono la specie umana. Poiché la nostra Terra e uno dei mondi meno avanzati, in essa si trovano più Spiriti cattivi che Spiriti buoni. Ecco perché qui vediamo tante perversioni. Compiamo dunque tutti i nostri sforzi per non ritornarci dopo questa stazione, e per meritarci di andare a riposare in un mondo migliore, in uno di quei mondi privilegiati dove il bene regna assoluto, e dove ci ricorderemo del nostro passaggio su questa Terra solo come di un tempo d'esilio.