Gli angeli secondo la Chiesa
1.
Tutte le religioni hanno avuto, sotto vari nomi, degli angeli, degli
esseri, cioè, superiori all'Umanità, intermediari tra Dio e gli uomini.
Il materialismo, negando ogni esistenza spirituale al di fuori della
vita organica, ha naturalmente collocato gli angeli tra le finzioni e le
allegorie. Il credere negli angeli costituisce una delle parti
essenziali dei dogmi della Chiesa, la quale li definisce come qui di
seguito riportiamo. [1]
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[1] Abbiamo tratto questo riassunto dalla lettera pastorale di
Monsignor Gousset, cardinale arcivescovo di Reims, per la Quaresima del
1864. Esso può, dunque, considerarsi come quello sui demoni, tratto dalla medesima fonte e citato nel capitolo successivo quale l'ultima espressione del dogma della Chiesa su questo punto.
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2.
«Noi crediamo fermamente, proclama un concilio generale ed ecumenico,
[2] che non vi sia che un solo vero Dio, eterno e infinito, il quale, all'inizio del tempo, ha tratto congiuntamente
dal niente l'una e l'altra creatura, la spirituale e la corporale,
l'angelica e la mondana, e che, in seguito, ha formato, quale raccordo
tra le due, la natura umana, composta di corpo e di spirito.
Tale è, secondo la fede, il piano divino nell'opera della creazione,
piano maestoso e completo come si addiceva alla saggezza eterna. Così
concepito, esso offre ai nostri pensieri l'essere in tutti i suoi gradi e
in tutte le sue condizioni. Nella sfera più elevata compaiono
l'esistenza e la vita puramente spirituali; nell'ultimo ordine,
l'esistenza e la vita puramente materiali; e intermediariamente,
separandole l'una dall'altra, una meravigliosa unione delle due
sostanze, una vita allo stesso tempo comune allo spirito intelligente e
al corpo organizzato.
La nostra anima è di una natura
semplice e indivisibile, ma è limitata nelle sue facoltà. L'idea che noi
abbiamo della perfezione ci fa comprendere che ci possono essere altri
esseri semplici quanto essa, e superiori per le loro qualità e i loro
privilegi. L'anima è grande e nobile, ma è associata alla materia, è
servita da organi fragili ed è limitata nella sua azione e nella sua
potenza. Perché non dovrebbero esserci altre nature ancora più nobili,
libere da questa schiavitù e da questi ostacoli, dotate di una forza più
grande e di una attività incomparabile? Prima che Dio collocasse gli
uomini sulla Terra perché Lo conoscessero, L'amassero e Lo servissero,
non aveva forse Egli già dovuto chiamare altre creature a comporre la
Sua corte celeste, perché Lo adorassero nella dimora della Sua gloria?
Dio, infine, riceve dalle mani dell'uomo il tributo d'onore e l'omaggio
di questo Universo. C'è dunque da meravigliarsi ch'Egli riceva dalle
mani dell'angelo l'incenso e la preghiera dell'uomo? Se, quindi,' gli
angeli non esistessero, la grande opera del Creatore non avrebbe il
coronamento e la perfezione di cui era suscettibile. Questo mondo, che
attesta la Sua onnipotenza, non sarebbe più il capolavoro della Sua
saggezza; la nostra ragione stessa, per quanto debole e fragile,
potrebbe facilmente concepire un Dio più completo e più perfetto.
In ogni pagina dei libri sacri dell'Antico e del Nuovo Testamento,
si fa menzione di queste sublimi intelligenze, in pie invocazioni o in
brani di storia. Il loro intervento appariva manifestamente nella vita
dei patriarchi e dei profeti. Dio si serve del loro ministero sia per
trasmettere le Sue volontà, sia per annunciare gli eventi futuri; quasi
sempre ne fa gli organi della Sua giustizia o della Sua misericordia. La
loro presenza è congiunta alle diverse circostanze della nascita, della
vita e della passione del Salvatore; il loro ricordo è inseparabile da
quello dei grandi uomini e da quello dei più importanti fatti
dell'antichità religiosa. La credenza negli angeli si trova anche in
seno al politeismo e nelle favole mitologiche, perché la credenza di cui
si parla è antica e universale quanto il mondo. Il culto che i pagani
tributavano ai buoni e cattivi geni altro non era che una falsa
applicazione della verità, una traccia degenerata del dogma primitivo.
Le parole del santo Concilio Lateranense contengono una distinzione
fondamentale tra gli angeli e gli uomini. Esse ci insegnano che i primi
sono dei puri Spiriti, mentre questi altri sono composti di un corpo e
di un'anima; vale a dire che la natura angelica si sostiene da sé
stessa, non solo senza mescolanza alcuna, ma anche senza alcuna
possibile associazione reale con la materia, per quanto leggera e
sottile la si supponga. Invece, la nostra anima, egualmente spirituale, è
associata al corpo in maniera da formare con esso una sola e stessa
persona. E tale è essenzialmente la sua destinazione.
Finché perdura questa unione così intima dell'anima con il corpo,
queste due sostanze hanno una vita comune ed esercitano l'una sull'altra
un'influenza reciproca. L'anima non può affrancarsi interamente dalla
condizione imperfetta che per lei ne risulta: le sue idee arrivano al
corpo attraverso i sensi, attraverso il confronto degli oggetti
esteriori, e sempre sotto immagini più o meno apparenti. Da ciò deriva
il fatto per cui essa non può contemplare sé stessa, né può
rappresentarsi Dio e gli angeli senza immaginare una qualche loro forma
visibile e palpabile. È per questo che gli angeli, per farsi vedere dai
santi e dai profeti, hanno dovuto fare ricorso a delle figure corporee;
ma queste figure non erano che dei corpi aerei ch'essi facevano muovere
senza identificarsi con loro; oppure erano degli attributi simbolici in
rapporto con la missione di cui erano incaricati.
Il loro
essere e i loro movimenti non sono localizzati né circoscritti in un
punto fisso e delimitato dello Spazio. Non essendo essi legati ad alcun
corpo, non possono essere né fermati né limitati, come invece lo siamo
noi, da altri corpi. Non occupano alcun posto e non riempiono alcun
vuoto; ma, così come la nostra anima è tutta intera nel nostro corpo e
in ciascuna delle sue parti, anch'essi sono tutti interi, e quasi
simultaneamente, su tutti i punti e in tutte le parti del mondo. Più
veloci del pensiero, essi possono essere dappertutto in un batter
d'occhio e agire da soli, senza altri ostacoli ai loro disegni che la
volontà di Dio e la resistenza della libertà umana.
Mentre
noi siamo costretti a vedere solo a poco a poco, e in una certa misura,
le cose che sono al di fuori di noi; mentre le verità di ordine
soprannaturale ci appaiono come in un enigma e in uno specchio, secondo
l'espressione dell'apostolo san Paolo; essi vedono senza sforzo ciò che a
loro importa sapere ed entrano immediatamente in rapporto con l'oggetto
del loro pensiero. Le loro conoscenze non sono il risultato dell'induzione e del ragionamento, ma
di quella intuizione chiara e profonda che abbraccia al tempo stesso il
genere e le specie che ne derivano, i principi e le conseguenze che ne
provengono.
La distanza dei tempi, la differenza dei luoghi,
la molteplicità degli oggetti non possono produrre alcuna confusione nei
loro spiriti.
L'essenza divina, essendo infinita, è
incomprensibile; essa ha dei misteri e delle profondità che gli angeli
non possono penetrare. I disegni particolari della Provvidenza sono loro
celati; ma essa ne disvela loro il segreto, allorché li incarica, in
certe circostanze, di annunciarli agli uomini.
Le
comunicazioni di Dio agli angeli, e quelle degli angeli tra di loro, non
si fanno, come avviene fra di noi, per mezzo di suoni articolati o di
altri segni sensibili. Le pure intelligenze non hanno bisogno né degli
occhi per vedere né delle orecchie per sentire; esse non hanno neppure
l'organo della voce per manifestare i loro pensieri; questo
intermediario, usuale nelle nostre relazioni, non è loro necessario. Ma
esse comunicano i loro sentimenti in un modo, solo a esse peculiare e
che è del tutto spirituale. Per essere compresi, è loro sufficiente
volerlo.
Dio soltanto conosce il numero degli angeli. Questo
numero, senza dubbio, non potrebbe essere infinito, e in effetti non lo
è; ma, secondo gli autori sacri e i santi dottori, esso è molto
considerevole e veramente prodigioso. Se è naturale commisurare il
numero degli abitanti di una città alla sua grandezza e alla sua
estensione, non essendo la Terra che un atomo in confronto al firmamento
e alle immense regioni dello Spazio, bisogna concludere che il numero
degli abitanti del cielo e dell'aria è molto più grande di quello degli
uomini.
Poiché la maestà dei re trae il suo splendore dal
numero dei loro sudditi, devi loro funzionari e dei loro servitori, che
cosa c'è di meglio, per darci un'idea della maestà del Re dei re, di
questa innumerevole moltitudine di angeli, i quali popolano il cielo e
la terra, il mare e gli abissi? E che cosa di meglio della dignità di
coloro che se ne stanno di continuo prosternati o in piedi davanti al suo trono?
I Padri della Chiesa e i teologi generalmente insegnano che gli
angeli sono distribuiti in tre grandi gerarchie o principati, e ogni
gerarchia in tre compagnie o cori.
Quelli della prima e più alta gerarchia sono designati a seguito delle funzioni che esercitano in cielo. Quelli chiamati Serafini sono detti così, perché sono come ardenti, avanti a Dio, degli ardori della carità; i Cherubini, detti così perché sono un riflesso luminoso della Sua saggezza; i Troni, perché proclamano la Sua grandezza e ne fanno risplendere il fulgore.
Gli angeli della seconda gerarchia ricevono i loro nomi dalle
operazioni che sono loro affidate nel governo generale dell'Universo, e
sono: le Dominazioni, che assegnano le loro missioni e i loro incarichi agli angeli degli ordini inferiori; le Virtù, che compiono i prodigi reclamati dai grandi interessi della Chiesa e del genere umano; la Potestà, che proteggono con la loro forza e la loro vigilanza le leggiche reggono il mondo fisico e morale.
Gli angeli della terza gerarchia si suddividono la direzione delle società e delle persone, e sono: i Principati, preposti ai regni, alle provincie e alle diocesi; gli Arcangeli, che trasmettono i messaggi di alta importanza; gli Angeli custodi, che accompagnano ognuno di noi, per vegliare sulla nostra sicurezza e sulla nostra santificazione.»
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[2] Concilio Lateranense.