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IL CIELO E L'INFERNO OVVERO LA GIUSTIZIA SECONDO LO SPIRITISMO > PARTE PRIMA - DOTTRINA > Capitolo VI - DOTTRINA DELLE PENE ETERNE > Impossibilità materiale delle pene eterne > 20
20. Ecco, come se ne vedono
tanti, un giovane di vent'anni, ignorante, dagli istinti viziosi, che
nega Dio e la sua anima, che si abbandona al disordine e che commette
ogni genere di misfatti. Tuttavia egli si trova in un ambiente
favorevole al suo miglioramento; lavora, s'istruisce, a poco a poco si
corregge e infine diventa pio. Non è forse questo un esempio palpabile
del progresso dell'anima durante la vita? E non se ne vedono forse di
simili tutti i giorni? Questo uomo muore santamente in età avanzata, e
naturalmente la sua salvezza è assicurata. Ma quale sarebbe stata la sua
sorte, se un caso accidentale l'avesse portato alla morte quaranta o
cinquant'anni prima? Egli si trovava in tutte quelle condizioni atte a
essere dannato; orbene, una volta dannato, ogni progresso si sarebbe
arrestato. Ecco, dunque, un uomo che si è salvato perché ha vissuto a
lungo, e che, secondo la dottrina delle pene eterne, sarebbe stato
perduto per sempre se fosse vissuto meno, cosa che poteva accadere per
incidente fortuito. Dal momento che la sua anima ha potuto progredire in
un determinato tempo, perché non avrebbe potuto progredire nel medesimo
tempo dopo la morte, se una causa indipendente dalla sua volontà gli
avesse impedito di farlo durante la vita? Perché Dio gliene avrebbe
rifiutato i mezzi? Il pentimento, sia pure tardivo, sarebbe pur sempre
venuto a suo tempo. Ma se, dall'istante della sua morte, una condanna
irremissibile lo avesse colpito, il suo pentimento sarebbe stato senza
frutto per l'eternità e la sua attitudine a progredire sarebbe stata
distrutta per sempre.