IL CIELO E L'INFERNO OVVERO LA GIUSTIZIA SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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PARTE SECONDA - ESEMPI



Capitolo I - IL PASSAGGIO

1. La certezza nella vita futura non esclude affatto le apprensioni del passaggio da questa vita all'altra. Molti non temono la morte in sé stessa; ciò che temono è il momento della transizione. Si soffre o non si soffre durante la traversata? È questo ciò che li inquieta, e con ragione, visto che nessuno sfugge alla legge fatale di questa transizione. Ci si può dispensare da un viaggio terreno; ma qui i ricchi come i poveri devono superare l'ostacolo, e se ciò è doloroso, né il rango né la fortuna potrebbero addolcirne l'amarezza.

2. Nell'osservare la calma di certe morti, e le terribili convulsioni dell'agonia in certe altre, si può già giudicare che le sensazioni non sempre sono le medesime; ma chi può illuminarci a questo riguardo? Chi ci descriverà il fenomeno fisiologico della separazione dell'anima e del corpo? Chi ci dirà le impressioni di questo istante supremo? Su questo punto la Scienza e la Religione sono mute.

E perché questo? Perché manca all'una e all'altra la conoscenza delle leggi che reggono i rapporti dello spirito e della materia; l'una si arresta sulla soglia della vita spirituale, l'altra su quella della vita materiale. Lo Spiritismo è il tramite tra le due; solo lo Spiritismo può dire come avviene la transizione, sia attraverso le nozioni più positive ch'esso ci dà sulla natura dell'anima, sia attraverso il racconto di coloro che hanno lasciato la vita. La conoscenza del legame fluidico che unisce l'anima e il corpo è la chiave di questo fenomeno, come di molti altri.

3. La materia inerte è insensibile: questo è un fatto positivo; solo l'anima prova le sensazioni del piacere e del dolore. Durante la vita, ogni disgregazione della materia si ripercuote sull'anima, la quale ne riceve una impressione più o meno dolorosa. È l'anima che soffre, non il corpo; questo non è che lo strumento del dolore, l'anima è il paziente. Dopo la morte, il corpo, essendo separato dall'anima, può essere impunemente mutilato, poiché non sente nulla; l'anima, essendo da esso isolata, non riceve alcun danno dalla disgregazione del corpo; essa ha sue proprie sensazioni, la cui origine non è nella materia tangibile.

Il perispirito è l'involucro fluidico dell'anima, dalla quale esso non è separato né prima né dopo la morte e con la quale esso non fa, per così dire, che un tutt'uno, poiché l'uno non può concepirsi senza l'altra. Durante la vita, il fluido del perispirito penetra il corpo in tutte le sue parti e serve da veicolo alle sensazioni fisiche dell'anima; è anche attraverso questo intermediario che l'anima agisce sul corpo e ne dirige i movimenti.

4. L'estinzione della vita organica conduce alla separazione dell'anima e del corpo attraverso la rottura del legame fluidico che li univa; ma questa separazione non è mai brusca; il fluido del perispirito si libera a poco a poco da tutti gli organi, così che la separazione è completa e assoluta solo quando non resta più un solo atomo del perispirito unito a una molecola del corpo. La sensazione dolorosa che l'anima prova in questo momento è in ragione della somma dei punti di contatto che esistono tra il corpo e il perispirito, e della maggiore o minore difficoltà e lentezza che la separazione presenta. Non ci si deve dunque nascondere che, a seconda delle circostanze, la morte può essere più o meno dolorosa. Sono queste le differenti circostanze che ci accingeremo a esaminare.

5. Prendiamo innanzi tutto, per iniziare, i quattro seguenti casi, che si possono considerare come le situazioni estreme, tra le quali c'è una infinità di varianti: 1° se al momento dell'estinzione della vita organica, la separazione del perispirito fosse stata completamente attuata, l'anima non sentirebbe assolutamente nulla; 2° se in quel momento la coesione dei due elementi si trova al massimo della sua forza, si produce allora una sorta di lacerazione che reagisce dolorosamente sull'anima; 3° se la coesione è debole, la separazione è facile e si attua senza scosse; 4° se, dopo la cessazione completa della vita organica, esistono ancora numerosi punti di contatto tra il corpo e il perispirito, l'anima potrebbe risentire degli effetti della decomposizione del corpo fin quando questo legame non sia completamente spezzato.

Da tutto ciò risulta che la sofferenza, che accompagna la morte, è subordinata alla forza di coesione che unisce il corpo e il perispirito; che tutto quanto può esser d'aiuto alla diminuzione di questa forza e alla rapidità del distacco rende il trapasso meno penoso; che, infine, se la separazione si attua senza alcuna difficoltà, l'anima non ne prova alcuna sensazione sgradevole.

6. Nel passaggio dalla vita corporale alla vita spirituale, si produce ancora un altro fenomeno, d'importanza capitale: è quello del turbamento. In questa situazione, l'anima prova un intorpidimento che paralizza momentaneamente le sue facoltà e paralizza, almeno in parte, le sensazioni. Essa si trova, per così dire, in uno stato di catalessi di modo che non è quasi mai testimone cosciente dell'ultimo respiro. Dicono quasi mai, perché c'è un caso in cui l'anima può averne coscienza, come vedremo fra poco. Il turbamento può dunque essere considerato come lo stato normale nel momento della morte; indeterminata è la sua durata, che può variare da alcune ore ad alcuni anni. Man mano che esso si dissipa, l'anima è nella condizione di un uomo che si svegli da un sonno profondo; le idee sono confuse, vaghe e incerte; la vista distingue a fatica, come attraverso una nebbia; poi a poco a poco la vista si schiarisce, la memoria ritorna, e l'anima riconosce sé stessa. Ma questo risveglio differisce molto da individuo a individuo; in alcuni è tranquillo e procura una sensazione deliziosa; in altri è pieno di terrore e di angoscia e produce l'effetto di un incubo orrendo.

7. Il momento dell'ultimo respiro non è quindi il più penoso, perché, nella maggior parte dei casi, l'anima non ha coscienza di sé stessa. Ma prima, soffre per la disgregazione della materia durante le convulsioni dell'agonia, e dopo, per le angosce del turbamento. Diciamo subito che questo stato non è generale. L'intensità e la durata della sofferenza sono, come abbiamo già detto, proporzionali all'affinità che esiste tra il corpo e il perispirito; più grande è questa affinità, più gli sforzi dello Spirito, per liberarsi dai suoi legami, sono lunghi e dolorosi. Ma ci sono persone presso le quali la coesione è così debole che il distacco si attua da sé stesso e naturalmente. Lo Spirito si separa dal corpo come un frutto maturo si stacca dal suo ramo; è il caso, questo, delle morti tranquille e dei risvegli pacifici.

8. Lo stato morale dell'anima è la causa che principalmente influisce sulla maggiore o minore facilità del distacco. L'affinità tra il corpo e il perispirito è proporzionale all'attaccamento dello Spirito per la materia. Tale affinità è al suo massimo nell'uomo le cui preoccupazioni si concentrano tutte sulla vita e sui piaceri materiali; essa è quasi nulla in colui la cui anima purificata si è identificata anticipatamente con la vita spirituale. Poiché la lentezza e la difficoltà della separazione sono in ragione del grado di purificazione e di dematerializzazione dell'anima, dipende da ognuno rendere questo passaggio più o meno facile o faticoso, più o meno lieve o doloroso.

Posto questo, sia come teoria sia come risultato dell'osservazione, non ci resta che esaminare l'influenza del genere di morte sulle sensazioni dell'anima negli ultimi momenti.

9. Nella morte naturale, quella che risulta dall'estinzione delle forze vitali, a causa dell'età o della malattia, la separazione si attua gradualmente. Nell'uomo la cui anima è dematerializzata e i cui pensieri si sono staccati dalle cose terrene, la separazione è pressoché completa ancor prima della morte reale; il corpo vive ancora della vita organica, quando l'anima è già entrata nella vita spirituale e non è più legata al corpo che da un legame così debole che si spezza senza fatica all'ultimo battito del cuore. In questa situazione, lo Spirito può aver già riscoperto la sua lucidità ed essere testimone cosciente dell'estinzione della vita dal suo corpo, del quale è felice d'essersi liberato, e per il quale il turbamento è quasi nullo. Per il corpo questo non è che un momento di sonno sereno, dal quale esce con una indicibile impressione di felicità e di speranza.

Nell'uomo materiale e sensuale, il quale ha vissuto più con il corpo che con lo spirito, per il quale la vita spirituale non significa nulla, neppure come una realtà nella sua mente, tutto ha contribuito a rafforzare i legami che lo avvincono alla materia; niente è venuto ad allentarli durante la sua vita. All'avvicinarsi della morte, il distacco avviene per gradi, ma con sforzi continui. Le convulsioni dell'agonia sono l'indice della lotta che sostiene lo Spirito, il quale a volte vuole rompere i legami che gli resistono, e altre volte si aggrappa al suo corpo, dal quale una forza irresistibile lo strappa violentemente, molecola per molecola.

10. Lo Spirito si attacca maggiormente alla vita corporale in quanto nulla vede al di là di essa; sente che questa gli sfugge e vuole trattenerla; invece di abbandonarsi al movimento che lo travolge, gli resiste con tutte le sue forze. Può così prolungare la lotta per giorni, settimane e anche per mesi interi. Senza dubbio, in questo momento, lo Spirito non possiede tutta la sua lucidità; il turbamento è cominciato molto tempo prima della morte, ma non per questo egli soffre meno. Il vuoto in cui si trova e l'incertezza di ciò che sarà di lui si aggiungono alle sue angosce. La morte arriva, e non tutto è finito. Il turbamento continua. Lo Spirito sente che vive, ma non sa se si tratta della vita materiale o della vita spirituale; lotta ancora fin quando gli ultimi legami del perispirito non sono spezzati. La morte ha messo termine alla malattia effettiva, ma non ne ha arrestato le conseguenze; finché esistono punti di contatto tra il corpo e il perispirito, lo Spirito ne risente le conseguenze e ne soffre.

11. Ben differente è la posizione dello Spirito dematerializzato, anche nelle più crudeli malattie. Poiché i legami fluidici che lo legano al corpo sono molto fragili, essi si spezzano senza alcuna scossa; inoltre, la sua fiducia nel futuro, ch'egli intravede già col pensiero e, a volte, anche nella realtà, gli fa considerare la morte come una liberazione, e i suoi mali come una prova; da tutto ciò, in lui sopraggiungono una calma morale e una rassegnazione che addolciscono la sofferenza.

Dopo la morte, essendosi quei legami spezzati nel medesimo istante, nessuna reazione dolorosa avviene in lui. Egli si sente, al suo risveglio, libero, riposato, alleviato di un gran peso e pienamente felice di non soffrire più.

12. Nella morte violenta, le condizioni non sono le stesse. Nessuna disgregazione parziale ha potuto indurre una separazione preliminare tra il corpo e il perispirito; la vita organica, nella piena esuberanza della sua forza, viene all'improvviso arrestata; il distacco del perispirito non inizia, dunque, che dopo la morte; in questo caso come negli altri, esso non può attuarsi istantaneamente.

Lo Spirito, colto all'improvviso, è come stordito; ma accorgendosi di pensare, si crede ancora in vita, e questa illusione dura, finché non si sarà reso conto della sua posizione. Questo stato intermedio tra la vita corporale e la vita spirituale è uno dei più interessanti da studiare, perché presenta il singolare spettacolo di uno Spirito, che confonde il suo corpo fluidico con il suo corpo materiale, e che prova tutte le sensazioni della vita organica. Questo stato intermedio offre inoltre una varietà infinita di modalità a seconda del carattere, delle cognizioni e del grado di avanzamento morale dello Spirito. Esso è di breve durata per coloro la cui anima è purificata, poiché in essi c'era già un distacco anticipato, di cui la morte, anche la più improvvisa, non fa che accelerare la conclusione; in altri, questo stato può prolungarsi anche per anni. Esso è molto frequente anche nei casi di morte ordinaria; e non c'è, per alcuni, niente di doloroso, a seconda delle qualità dello Spirito; ma per altri è una situazione terribile. È nel suicidio soprattutto che questa posizione diventa oltremodo dolorosa. Stando il corpo attaccato al perispirito con tutte le sue fibre, ogni convulsione del corpo si ripercuote sull'anima, che ne prova atroci sofferenze.

13. Lo stato dello Spirito al momento della morte può riassumersi nel modo che segue.

Lo Spirito tanto più soffre quanto più lento è il distacco del perispirito; la celerità del distacco è in rapporto col grado di avanzamento morale dello Spirito; per lo Spirito e materializzato, la cui coscienza è pura, la morte è un sonno di qualche istante, esente da ogni sofferenza, e il cui risveglio è pieno di soavità.

14. Per lavorare alla propria purificazione, reprimere le proprie cattive tendenze, vincere le proprie passioni, bisogna vederne i vantaggi nel futuro; per identificarsi con la vita futura, dirigervi le proprie aspirazioni e preferirla alla vita terrena, bisogna non solo credervi, ma anche comprenderla. Bisogna rappresentarsela sotto un aspetto soddisfacente per la ragione, in completo accordo con la logica, il buon senso e l'idea che ci si fa della grandezza, della bontà e della giustizia di Dio.

Di tutte le dottrine filosofiche, lo Spiritismo è quella che esercita, sotto questo aspetto, l'influenza più potente attraverso la fede incrollabile che esso sa offrire.

Lo Spiritista serio non si limita a credere; egli crede perché comprende, ed egli comprende perché ci si rivolge al suo giudizio; la vita futura è una realtà che si svolge senza tregua davanti ai suoi occhi; egli la vede e la tocca, per così dire, a ogni istante; il dubbio non può entrare nella sua anima. La vita corporale, così limitata, si cancella per lui davanti alla vita spirituale che è la vera vita; da qui la poca importanza ch'egli dà agli incidenti di percorso; da qui la sua rassegnazione di fronte alle vicissitudini della vita delle quali comprende la causa e l'utilità. La sua anima si eleva attraverso i rapporti diretti ch'egli intrattiene con il mondo invisibile; i legami fluidici che lo legano alla materia si affievoliscono, e così si attua un primo parziale distacco, che facilita il passaggio da questa vita all'altra. Il turbamento inseparabile della transizione è di breve durata, perché, appena superato l'ostacolo, egli si riconosce; niente gli è estraneo. Egli si rende conto della sua situazione.

15. Lo Spiritismo non è sicuramente indispensabile per raggiungere questo risultato; così come non ha la pretesa di assicurare, lui soltanto, la salvezza dell'anima, ma la facilita attraverso le conoscenze ch'esso procura, attraverso i sentimenti che ispira e attraverso la disponibilità nella quale pone lo Spirito, a cui fa comprendere la necessità di migliorarsi. A ciascuno, inoltre, lo Spiritismo dà i mezzi per facilitare il distacco degli altri Spiriti al momento in cui abbandonano l'involucro terreno, e per abbreviare la durata del turbamento con la preghiera e l'evocazione. Con la preghiera sincera, che è una magnetizzazione spirituale, si provoca una disgregazione più celere del fluido del perispirito; con una evocazione condotta con saggezza e prudenza, e con parole ricche di benevolenza e incoraggiamento, si trae fuori lo Spirito dall'intorpidimento in cui si trova, e lo si aiuta a riconoscersi molto prima; se è sofferente, lo si incita al pentimento, che è il solo a poter abbreviare le sofferenze. [1]

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[1] Gli esempi che ci apprestiamo a citare presentano gli Spiriti nelle differenti fasi di felicità e infelicità della vita spirituale. Non siamo stati a cercarli tra le persone più o meno illustri dell'antichità, la cui condizione è potuta considerevolmente cambiare, dopo l'esistenza che di loro abbiamo conosciuta, e che non offrirebbero, d'altra parte, sufficienti prove di autenticità. Al contrario, abbiamo preso questi esempi nelle circostanze più comuni della vita contemporanea, perché sono quelli in cui ciascuno può trovare le maggiori similitudini, e da cui si possono trarre le istruzioni più proficue attraverso il confronto. Quanto più l'esistenza terrena degli Spiriti si avvicina alla nostra, per la posizione sociale, per le relazioni o i legami di parentela, tanto più essi ci interessano, e tanto più facile è controllarne l'identità. Le posizioni comuni sono le più numerose, e ciò accade perché ognuno può più facilmente applicarle a sé stesso; le posizioni eccezionali toccano meno, perché escono dalla sfera delle nostre abitudini. Dunque, non sono affatto le celebrità che noi abbiamo ricercato; se poi tra questi esempi si trovano alcune personalità conosciute, la maggior parte degli esempi fa riferimento a persone del tutto oscure; ai fini dell'istruzione, nomi altisonanti nulla avrebbero aggiunto, mentre avrebbero potuto urtare alcune suscettibilità. Noi non ci rivolgiamo né ai curiosi né agli amanti degli scandali, ma a coloro che vogliono seriamente istruirsi. Questi esempi potrebbero essere moltiplicati all'infinito; ma costretti a limitarne il numero, abbiamo scelto quelli che potevano gettare più luce sulle condizioni del mondo spirituale, sia per la situazione dello Spirito, sia per le spiegazioni che questi era in grado di dare. Per la maggior parte essi sono inediti; soltanto alcuni sono già stati pubblicati sulla Rivista Spiritista di questi, abbiamo soppresso i dettagli superflui, conservando solo le parti essenziali per il fine che qui ci prefiggiamo, e vi abbiamo aggiunto le istruzioni complementari a cui hanno potuto dar luogo ulteriormente.




Capitolo II - SPIRITI FELICI

Il signor Sanson

Il signor Sanson, antico membro della Società Spiritista di Parigi, è morto il 21 aprile 1862, dopo un anno di crudeli sofferenze. In previsione della sua fine, egli aveva indirizzato al presidente della Società una lettera contenente il brano che segue.

"Potendo darsi il caso che venga sorpreso dalla separazione tra la mia anima e il mio corpo, ho l'onore di ricordarvi una preghiera che vi ho già fatta circa un anno fa. Si tratta di evocare il mio Spirito il più presto possibile e quanto più spesso voi giudicherete al riguardo, in modo che io, membro alquanto inutile della nostra Società durante la mia esistenza sulla Terra, possa servirle a qualcosa nell'oltretomba. Potrei così darle, in queste evocazioni, i mezzi per studiare fase per fase le diverse circostanze che fanno seguito a ciò che il volgo chiama morte, ma che, per noi Spiritisti, altro non è che una trasformazione, secondo le vedute insondabili di Dio, ma sempre utile allo scopo ch'Egli si propone.

Oltre a tale autorizzazione e alla preghiera di farmi l'onore di questa specie di autopsia spirituale — che il mio modesto avanzamento come Spirito renderà forse sterile, nel qual caso la vostra saggezza vi porterà naturalmente a non spingervi oltre a un certo numero di tentativi — io oso rivolgervi ancora un'altra preghiera. Io prego personalmente voi, così come tutti i miei colleghi, di voler supplicare l'Onnipotente affinché voglia permettere ai buoni Spiriti di assistermi con i loro benevoli consigli — in particolare, san Luigi, nostro presidente spirituale —, con lo scopo di guidarmi nella scelta e circa l'epoca di una reincarnazione. Infatti, fin d'ora ciò molto mi preoccupa; temo di ingannarmi sulle mie forze spirituali e di domandare a Dio, troppo presto e troppo presuntuosamente, uno stato corporale nel quale io non potrei giustificare la bontà divina, cosa che, invece di servirmi per avanzare, prolungherebbe la mia permanenza sulla Terra o altrove, nel caso in cui fallissi."

Per conformarci al suo desiderio di essere evocato il più presto possibile dopo il suo decesso, ci siamo recati nella camera mortuaria con alcuni membri della Società. Il dialogo che riportiamo ha avuto luogo, al cospetto del cadavere, un'ora prima dell'inumazione. Noi avevamo, in questo, un duplice scopo, quello di esaudire un'ultima volontà, e quello di osservare una volta di più la situazione dell'anima in un momento così vicino alla morte; e ciò, in un uomo eminentemente intelligente e illuminato e profondamente convinto delle verità spiritiste. Volevamo costatare l'influenza di queste credenze sullo stato dello Spirito, per afferrare le sue prime impressioni. La nostra attesa non è stata ingannata. Il signor Sanson ha descritto con perfetta lucidità l'istante della transizione. Egli si è visto morire e si è visto rinascere, circostanza poco comune e che dipendeva dall'elevatezza del suo Spirito.


I

(Camera mortuaria, 23 aprile 1862)


1. Evocazione. Vengo al vostro appello per mantenere la mia promessa.

2. Caro signor Sanson, compiendo un dovere, con piacere vi abbiamo evocato il più presto possibile dopo la vostra morte, come era vostro desiderio.

«È una speciale grazia di Dio che permette al mio Spirito di poter comunicare. Vi ringrazio per la vostra buona volontà; ma io sono così debole che tremo.»

3. Soffrivate tanto che possiamo, io penso, chiedervi come state ora. Risentite ancora dei vostri dolori? Quale sensazione provate paragonando la vostra presente situazione con quella di due giorni fa?

«La mia posizione è molto felice, perché io non sento più nulla dei miei vecchi dolori; sono come rigenerato e rimesso a nuovo, come dite tra di voi. La transizione dalla vita terrena alla vita degli Spiriti, per prima cosa, mi aveva lasciato in uno stato di totale confusione, perché restiamo talvolta per parecchi giorni senza aver recuperato la nostra lucidità. Ma, prima di morire, io ho rivolto una preghiera a Dio per chiederGli di poter parlare con coloro che amo, e Dio mi ha ascoltato.»

4. Dopo quanto tempo avete recuperato la lucidità delle vostre idee?

«Dopo otto ore. Dio, ve lo ripeto, mi aveva dato un segno della Sua bontà; mi aveva giudicato sufficientemente degno, e io non saprò mai sufficientemente ringraziarLo.»

5. Siete ben certo di non appartenere più al nostro mondo? E da che cosa l o stabilite?

«Oh, certamente! No, non faccio più parte del vostro mondo. Ma io sarò sempre accanto a voi per proteggervi e sostenervi, al fine di predicare la carità e l'abnegazione che furono le guide della mia vita. E poi insegnerò la fede vera, la fede spiritista che deve risollevare la credenza del buono e del giusto. Io sono forte, anzi fortissimo, in una parola, trasformato; voi non riconoscereste più il vecchio infermo, che doveva dimenticare tutto tenendo lontano da sé ogni piacere, ogni gioia. Io sono uno Spirito; la mia patria è lo Spazio, e il mio avvenire è Dio, che risplende nell'immensità. Vorrei poter parlare ai miei figli, perché insegnerei loro ciò che hanno sempre disdegnato di credere.»

6. Che effetto vi fa la vista del vostro corpo, qui a fianco?

«Il mio corpo! Povera e infima spoglia, tu devi tornare alla polvere, e io, io conservo il buon ricordo di tutti quelli che mi stimavano. Guardo questa povera carne deformata, dimora del mio Spirito, prova di tanti anni! Grazie, mio povero corpo! Tu hai purificato il mio Spirito, e la sofferenza, dieci volte santa, mi ha dato un posto ben meritato, dal momento che immediatamente ho avuta la possibilità di parlare con voi.»

7. Avete conservato le vostre idee fino all'ultimo istante?

«Sì. Il mio Spirito ha conservato le sue facoltà; io non vedevo più, ma presentivo. Tutta la mia vita mi si è dispiegata nella memoria, e il mio ultimo pensiero, la mia ultima preghiera è stata quella di potervi parlare, cosa che sto facendo ora. Poi ho chiesto a Dio di proteggervi, affinché il sogno della mia vita si concludesse.»

8. Avete avuto coscienza del momento in cui il vostro corpo ha esalato l'ultimo respiro? Che cosa è successo in voi in quel momento? Quale sensazione avete provata?

«La vita si spezza, e la vista — o piuttosto la vista dello Spirito — si spegne. S'incontra il vuoto, l'ignoto, e, trasportati da non so quale potere, ci si trova in un mondo dove tutto è gioia e magnificenza. Io non sentivo più, non mi rendevo conto di nulla, e tuttavia mi colmava una ineffabile felicità. Io non sentivo più la morsa del dolore.»

9. Avete conoscenza di... (che cosa mi accingo a leggere sulla vostra tomba?)

Le prime parole della domanda sono state appena pronunciate, che lo Spirito risponde prima ancora che la domanda sia completamente formulata. Egli interviene inoltre — e senza che la questione venga proposta — in una discussione, che si era levata tra gli astanti, sull'opportunità di leggere questa comunicazione al cimitero, relativamente al fatto che le persone avrebbero potuto o non potuto condividere tali opinioni.

«Oh! amico mio, io lo so, perché vi ho visto ieri e vi vedo oggi; grandissima è la mia soddisfazione!...Grazie! Grazie! Parlate, affinché mi si comprenda e vi si stimi; nulla dovete temere, poiché si rispetta la morte; parlate dunque, affinché i non credenti acquistino la fede. Addio! Parlate! Coraggio e fiducia! E possano i miei figli convertirsi a una fede sacrosanta!»

J. SANSON


Durante la cerimonia al cimitero, egli dettò le seguenti parole: "Che la morte non vi spaventi, amici miei; essa è uno stadio della vostra vita, se avete saputo ben vivere; essa è una felicità, se avete degnamente meritato e superato le vostre prove. Ve lo ripeto: coraggio e buona volontà! Non attribuite che un prezzo mediocre ai beni della terra, e ne sarete ricompensati. Non si può gioire troppo, senza sottrarre il benessere a un altro, e senza farsi moralmente un male immenso. Che la terra mi sia leggera."


II

(Società Spiritista di Parigi, 25 aprile 1862)



1. Evocazione. Sono accanto a voi, amici miei.

2. Siamo molto felici del colloquio che abbiamo avuto con voi il giorno della vostra sepoltura e, poiché lo permettete, vi saremmo grati se fosse possibile completarlo a beneficio della nostra istruzione.

«Sono pronto e sono felice che pensiate a me.»

3.Tutto ciò che può illuminarci sullo stato del mondo invisibile e farcelo comprendere è un alto insegnamento perché è l'idea falsa, che di esso ci si fa, che conduce il più delle volte alla incredulità. Non siate dunque sorpreso delle domande che potremo rivolgervi.

«Non ne sarò stupito e attendo le vostre domande.»

4. Voi avete descritto con luminosa chiarezza il passaggio dalla vita alla morte. Avete detto che nel momento in cui il corpo esala l'ultimo respiro la vita si spezza, e che la vista dello Spirito si spegne. Questo momento è accompagnato da una sensazione penosa, dolorosa?

«Senza dubbio, perché la vita è un susseguirsi continuo di dolori, e la morte è il completamento di tutti questi dolori. Da qui, uno strappo violento, come se lo Spirito dovesse compiere uno sforzo sovrumano per fuggire dal suo involucro, ed è questo sforzo che assorbe tutto il nostro essere facendogli perdere la coscienza di ciò che avviene.»

Questo non è un caso comune. L'esperienza dimostra che molti Spiriti perdono conoscenza prima di spirare, e che, in coloro che sono giunti a un certo grado di smaterializzazione, la separazione si attua senza sforzi.

5. Sapete se ci sono degli Spiriti per i quali questo momento è più doloroso? Per esempio, è più penoso per il materialista, per chi crede che tutto per lui finisca in quel momento?

«Questo è certo, perché lo Spirito preparato ha già dimenticato la

sofferenza, o piuttosto ne ha l'abitudine, e la serenità con cui egli vede la morte gli impedisce di soffrire doppiamente, perché sa ciò che lo attende. La pena morale è quella più forte, e l'assenza di questa nell'istante della morte è un sollievo molto grande. Colui che non crede assomiglia a quel condannato alla pena capitale, il cui pensiero vede il coltello e l'ignoto. C'è una certa analogia tra questa morte e quella dell'ateo.»

6. Esistono materialisti così irriducibili da credere seriamente che, in questo momento supremo, stiano per essere sprofondati nel nulla?

«Senza dubbio. Ve ne sono di quelli che fino all'ultima ora credono al nulla. Ma, al momento della separazione, lo Spirito ha un profondo ravvedimento; il dubbio s'impadronisce di lui e lo tortura, perché si domanda che cosa diventerà; vuole afferrare qualcosa e non vi riesce. La separazione non può avvenire senza queste impressioni.»

Uno Spirito ci ha dato, in un'altra circostanza, il seguente quadro della fine dell'incredulo.

"L'incredulo irriducibile prova nei suoi ultimi istanti le angosce di quei terribili incubi, dove ci si vede sull'orlo di un precipizio, sul punto di cadere nell'abisso; si fanno inutili sforzi per fuggire, ma non si riesce a camminare; ci si vuole aggrappare a qualcosa, afferrare un punto d'appoggio, ma ci si sente scivolare; si vuole invocare qualcuno, ma non si può articolare alcun suono; è a questo punto che si vede il moribondo dibattersi, torcersi le mani ed emettere grida soffocate, segni certi dell'incubo al quale è in preda. Nell'incubo comune, il risveglio vi tira fuori dall'inquietudine, e voi vi sentite felici di scoprire che avete fatto soltanto un sogno. Ma l'incubo della morte si protrae spesso per lungo tempo, anche per anni, dopo il trapasso, e ciò che rende queste sensazioni ancora più penose per lo Spirito sono le tenebre, in cui a volte egli si trova sprofondato."

7. Voi avete detto che al momento di morire non vedevate più, ma che presentivate. Non vedevate più corporalmente, questo ben si comprende; ma, prima dell'estinzione della vita, presentivate già in che cosa sarebbe consistita la luminosità del mondo degli Spiriti?

«È ciò che ho detto precedentemente: l'istante della morte dona allo Spirito la chiaroveggenza; gli occhi non vedono più, ma lo Spirito, che possiede una vista ben più profonda, scopre istantaneamente un mondo sconosciuto. La verità, che improvvisamente gli appare, gli dà — momentaneamente, è vero — o una gioia profonda o una pena inesprimibile, secondo lo stato della sua coscienza e il ricordo della sua vita passata.»

Si tratta dell'istante che precede quello in cui lo Spirito perde conoscenza, il che spiega l'impiego del termine momentaneamente perché le medesime impressioni, gradevoli o penose, proseguono al risveglio.

8. Abbiate la compiacenza di riferirci ciò che, nell'istante in cui i vostri occhi si sono aperti alla luce, vi ha impressionato maggiormente, ciò che, insomma, avete visto. Se è possibile, descriveteci l'aspetto delle cose che si sono offerte alla vostra vista.

«Quando son potuto tornare in me e ho potuto vedere ciò che avevo davanti agli occhi, ero come tramortito e non me ne rendevo ben conto, poiché la lucidità non ritorna istantaneamente. Ma Dio, che mi ha dato un segno profondo della Sua bontà, ha permesso che io recuperassi le mie facoltà. Io mi sono visto attorniato da numerosi e fedeli amici. Tutti gli Spiriti protettori che vengono ad assisterci mi attorniavano e mi sorridevano; una felicità senza pari li animava, e io stesso, forte e in salute, potevo, senza sforzo alcuno, trasportarmi attraverso lo Spazio. Ciò che ho visto non ha nome nel linguaggio umano.

Vi parlerò, del resto, più ampiamente di tutte le mie felicità, senza tuttavia oltrepassare il limite che Dio esige. Sappiate che la felicità, come fra di voi la concepite, è una finzione. Vivete saggiamente, santamente, nello spirito di carità e di amore, e vi sarete preparati a delle impressioni che i vostri più grandi poeti non saprebbero descrivere.»

Le fiabe sono senza dubbio piene di cose assurde; ma non sarebbero in alcuni punti, l'immagine di ciò che avviene nel mondo degli Spiriti? Il racconto del Signor Sanson non assomiglia forse a quello di un uomo che, addormentatosi in una povera e buia capanna, si sveglia in uno splendido palazzo, in mezzo a una corte brillante?


III


9. Sotto quale aspetto gli Spiriti vi si sono presentati? Sotto forma umana?

«Sì, mio caro amico. Gli Spiriti, sulla Terra, ci avevano insegnato che essi conservavano nell'altro mondo la forma transitoria che avevano avuto sulla Terra; ed è la verità. Ma quale differenza tra la macchina informe, che si trascina penosamente con il suo carico di prove, e la meravigliosa fluidità del corpo degli Spiriti! La bruttezza non esiste più, perché i tratti hanno perduto la durezza d'espressione che forma il carattere distintivo della razza umana. Dio ha beatificato tutti questi corpi graziosi che si muovono con ogni eleganza della forma; il linguaggio ha delle intonazioni, per voi intraducibili, e lo sguardo ha la profondità di una stella. Fate in modo di vedere, con il pensiero, ciò che Dio può fare nella sua onnipotenza, Lui l'architetto degli architetti, e vi sarete fatti una tenue idea della forma degli Spiriti.»

10. E voi, voi come vi vedete? Vi riconoscete una forma delimitata, circoscritta, benché fluidica? Vi sentite una testa, un tronco, delle braccia, delle gambe?

«Lo Spirito, avendo conservato la sua forma umana, ma divinizzata e idealizzata, ha incontestabilmente tutte le membra di cui voi parlate. Io mi sento perfettamente gambe e dita, perché noi possiamo, per nostra volontà, apparirvi o stringervi le mani. Io sono accanto a voi e ho stretto la mano di tutti i miei amici, senza che essi ne abbiano avuta coscienza; la nostra fluidità può stare dappertutto senza perturbare lo spazio, senza dare alcuna sensazione, se questo è il nostro desiderio. In questo momento, voi avete le mani intrecciate, e io ho le mie tra le vostre. Io vi dico: vi voglio bene, ma il mio corpo non occupa spazio, la luce lo attraversa, e quello che voi chiamereste un miracolo — nel caso ciò fosse possibile —, per gli Spiriti è l'azione continua di tutti gli istanti.

La vista degli Spiriti non si può paragonare con la vista umana, allo stesso modo che il loro corpo non ha una qualsiasi somiglianza reale, poiché tutto è cambiato nell'insieme e nell'essenza. Lo Spirito — ve lo ripeto — ha una perspicacia divina che abbraccia tutto, poiché può intuire anche il vostro pensiero; e può anche, all'occasione, prendere la forma che meglio può ricordarlo alla vostra memoria. Ma, di fatto, lo Spirito superiore, che ha terminato le sue prove, ama la forma che ha potuto condurlo vicino a Dio.»

11. Gli Spiriti non hanno sesso. Tuttavia, poiché fino a pochi giorni fa voi eravate un uomo, nel vostro nuovo stato, conservate la natura maschile più di quella femminile? Ed è la medesima cosa per uno Spirito che avesse lasciato il suo corpo da lungo tempo?

«Non abbiamo alcun motivo per essere di natura maschile o femminile: gli Spiriti non si riproducono. Dio li creò secondo la Sua volontà e se, per i Suoi disegni meravigliosi, Egli ha voluto che gli Spiriti si reincarnassero sulla Terra, ha dovuto decretare la riproduzione delle specie attraverso il maschio e la femmina. Ma — ben lo capirete, senza che sia necessaria alcuna spiegazione — gli Spiriti non possono avere un sesso.»

Sempre è stato detto che gli Spiriti non hanno sesso; i sessi non sono necessari che per la riproduzione dei corpi. E poiché gli Spiriti non si riproducono, i sessi sarebbero per loro inutili. La nostra domanda non si prefiggeva di confermare questo fatto; ma, in seguito alla recente morte del signor Sanson, noi volevamo sapere se gli rimaneva qualche impressione del suo stato terreno. Gli Spiriti purificati si rendono perfettamente conto della loro natura, ma fra gli Spiriti inferiori, non dematerializzati, ve ne sono molti che credono di essere ancora ciò che erano sulla Terra e conservano le medesime passioni e i medesimi desideri. Costoro si credono ancora uomini o donne, ed ecco perché ci sono di quelli che hanno affermato che gli Spiriti hanno un sesso. È così che certe contraddizioni derivano dallo stato più o meno avanzato degli Spiriti che si manifestano; il torto non è però tanto da addebitare agli Spiriti, quanto a coloro che li interrogano e non si danno la pena di approfondire le questioni.

12. Con quale aspetto vi si presenta la seduta? È, per le vostre nuove vedute, ciò che vi appariva quando eravate vivo? Le persone hanno per voi il medesimo aspetto? Tutto è parimenti chiaro, parimenti nitido?

«Più che chiaro, perché io posso leggere nel pensiero di tutti, e sono molto felice della benefica impressione che mi procura la buona volontà di tutti gli Spiriti riuniti. Io desidero che la medesima intesa possa avvenire non solo a Parigi, attraverso la riunione di tutti i gruppi, ma anche nella Francia intera, dove vi sono dei gruppi che si separano, invidiandosi vicendevolmente, incitati da Spiriti turbolenti che si compiacciono del disordine, mentre lo Spiritismo deve essere l'oblio completo e assoluto dell'io.»

13. Voi dite che leggete nel nostro pensiero. Potreste farci comprendere come avviene questa trasmissione del pensiero?

«Ciò non è facile. Per descrivervi, per spiegarvi questo prodigio singolare della vita degli Spiriti, bisognerebbe schiudervi tutto un arsenale di agenti nuovi, così che voi diventereste sapienti quanto noi, il che non è possibile, poiché le vostre facoltà sono limitate dalla materia. Pazienza! Migliorate, e vi arriverete. Voi, attualmente, non avete che quanto Dio vi concede, ma con la speranza di progredire continuamente. Più avanti, voi sarete come noi. Nel frattempo fate dunque in modo di ben morire per saperne di più. La curiosità, che è lo stimolo dell'uomo pensante, vi accompagna tranquillamente fino alla morte, riservandovi l'appagamento di tutte le vostre curiosità passate, presenti, e future. Nell'attesa, per rispondere, bene o male che sia, alla vostra domanda, vi dirò: l'aria che vi circonda, come noi impalpabile, trasporta, per così dire, il carattere del vostro pensiero; il respiro che voi esalate è, per così dire, la pagina scritta dei vostri pensieri; essi sono letti e commentati dagli Spiriti che di continuo sono acanto a voi; sono i messaggi di una telegrafia divina cui nulla sfugge.»


La morte del giusto


Dopo la prima evocazione del signor Sanson, avvenuta presso la Società di Parigi, uno Spirito fece, a tal proposito, la comunicazione che segue.

"La morte dell'uomo di cui vi occupate in questo momento è stata la morte del giusto; vale a dire, accompagnata da tranquillità e speranza. Come il giorno succede naturalmente all'alba, così la vita spirituale è succeduta per lui alla vita terrena, senza scosse, senza lacerazioni, e il suo ultimo respiro è stato esalato in un inno di riconoscenza e di amore. Quanto pochi sono coloro che attraversano così questo duro passaggio! Quanto pochi sono coloro che, dopo la confusione e la disperazione della vita, sentono il ritmo armonioso delle sfere! Come l'uomo in buona salute, mutilato da una pallottola, soffre ancora nelle membra da cui il suo corpo è ormai separato, così l'anima dell'uomo, che muore senza fede e senza speranza, si lacera e palpita fuggendo dal corpo e lanciandosi, inconscia di sé stessa, nello Spazio.

Pregate per queste anime tormentate; pregate per tutti coloro che soffrono; la carità non è limitata all'Umanità visibile: essa soccorre e consola anche gli esseri che popolano lo Spazio. Voi ne avete avuta una prova toccante attraverso la conversione così improvvisa di questo Spirito, mosso a pietà dalle preghiere spiritiste recitate sulla tomba dell'uomo dabbene, che voi dovete interrogare e che desidera farvi avanzare sulla santa via. 1 L'amore non ha limiti; esso riempie lo Spazio donando e ricevendo mutuamente le sue divine consolazioni. Il mare si estende in una prospettiva infinita, il suo ultimo orizzonte sembra confondersi con il cielo, e lo Spirito è inebriato dallo splendido spettacolo di queste due grandezze. Così l'amore, più profondo dei flutti, più infinito dello Spazio, deve riunire tutti voi, incarnati e disincarnati, nella medesima comunione di carità e realizzare la sublime fusione del finito e dell'eterno."

GEORGES

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[1] Allusione allo Spirito di Bernard, che spontaneamente si è manifestato il giorno delle esequie del signor Sanson (vedere la Rivista Spiritista del maggio 1862, p.132)

Il signor Jobard

Direttore del Museo dell'Industria di Bruxelles; nato a Bissey (Alta Marna); morto a Bruxelles, d'un attacco di apoplessia fulminante, il 27 ottobre 1861, all'età di sessantanove anni

Il signor Jobard era presidente onorario della Società Spiritista di Parigi. Si era stabilito di evocarlo nella seduta dell'8 novembre, allorché egli prevenne il nostro desiderio, dandoci spontaneamente la comunicazione che segue.

"Eccomi, sono quello che voi state per evocare, e voglio manifestarmi subito al medium che finora ho vanamente sollecitato.

Innanzi tutto voglio raccontarvi le impressioni da me provate al momento della separazione della mia anima: ho avvertito in me una scossa incredibile, di colpo mi sono ricordato della mia nascita, della mia giovinezza, della mia età matura; tutta la mia vita è sfilata nitida nella mia memoria. Non provavo che un pio desiderio: quello di ritrovarmi nelle regioni rivelate dalla cara credenza; poi, tutto questo tumulto si è calmato. Io ero libero, e il mio corpo giaceva inerte. Ah, miei cari amici, quale ebbrezza liberarsi del peso del corpo! Quale ebbrezza abbracciare lo Spazio! Non dovete pensare tuttavia che io sia diventato tutt'a un tratto un eletto del Signore. No. Io mi trovo tra quegli Spiriti che, avendo imparato qualcosa, molto devono ancora imparare. Non ho tardato a ricordarmi di voi, miei fratelli in esilio, e, ve lo assicuro, siete stati circondati da tutta la mia simpatia e da tutti i miei auguri.

Volete sapere quali sono gli Spiriti che mi hanno ricevuto? Quali sono state le mie impressioni? Mi sono stati amici tutti coloro che noi evochiamo, tutti i fratelli che hanno partecipato ai nostri lavori. Ho conosciuto lo splendore, ma non riesco a descriverlo. Mi sono applicato per ravvisare ciò che c'era di vero nelle comunicazioni, pronto a rettificare tutte le asserzioni erronee; pronto, infine, a essere il cavaliere della verità nell'altro mondo come lo sono stato nel vostro."

Jobard

1. Quando eravate vivo, ci avevate raccomandato di chiamarvi quando avreste lasciato la Terra; lo stiamo facendo, non solo per conformarci al vostro desiderio, ma soprattutto per rinnovarvi la testimonianza della nostra vivissima e sincera simpatia, e anche nell'interesse della nostra istruzione, poiché voi, come nessun altro, siete in grado di offrirci degli insegnamenti precisi riguardo al mondo in cui vi trovate. Saremmo dunque felici se voi voleste rispondere alle nostre domande.

«In questo momento, ciò che importa di più è la vostra istruzione. Riguardo alla vostra simpatia, io la vedo e non ne avverto più la manifestazione solo attraverso le orecchie, la qual cosa costituisce un grande progresso.»

2. Per meglio fissare le nostre idee e per non parlare in modo vago, vi domanderemo subito quale posto, qui, voi occupate, e come vi vedremmo se potessimo vedervi.

«Mi trovo vicino al medium, e voi mi vedreste sotto le apparenze di quel Jobard che sedeva al vostro tavolo, poiché i vostri occhi mortali, ancora bendati, possano vedere gli Spiriti solo sotto le loro apparenze mortali.»

3. Avreste voi la possibilità di rendervi visibile a noi? E se non lo potete, che cosa vi si oppone?

«La predisposizione che, riguardo a ciò, voi avete e che è del tutto personale. Un medium veggente mi vedrebbe, ma gli altri non mi vedono.»

4. Questo posto è quello che voi occupavate da vivo, quando assistevate alle nostre sedute, e che noi vi abbiamo riservato. Quindi coloro che vi hanno visto qui devono immaginare di vedervi qui tale e quale eravate allora. Se non ci siete con il vostro corpo materiale, ci siete con il vostro corpo fluidico che ha la medesima forma. Se noi non vi vediamo con gli occhi del corpo, vi vediamo con quelli del pensiero; se voi non potete comunicare con la parola, potete farlo attraverso la scrittura con l'aiuto di un medium. I nostri rapporti con voi non sono dunque affatto interrotti a causa della vostra morte, e possiamo intrattenerci con voi altrettanto facilmente e altrettanto completamente come le altre volte. È dunque così che stanno le cose?

«Sì. E voi lo sapete da molto tempo. Occuperò spesso questo posto, e anche a vostra insaputa, perché il mio Spirito abiterà fra di voi.»

Osservazione: Richiamiamo l'attenzione su quest'ultima frase: "Il mio Spirito abiterà fra di voi". In questo caso, non si tratta di una figura retorica, ma di una realtà. In virtù della conoscenza che lo Spiritismo ci dà sulla natura degli Spiriti, sappiamo che uno Spirito può essere tra di noi non solamente con il pensiero, ma di persona, per mezzo del suo corpo etereo, che fa di lui una individualità ben distinta. Uno Spirito può dunque abitare tra di noi dopo la morte, come da vivo con il suo corpo; anzi, meglio ancora, poiché può andare e venire quando vuole. Noi abbiamo così una folla di ospiti invisibili, alcuni indifferenti, altri che sono a noi legati dall'affetto. È a questi ultimi soprattutto che si addice questa frase: "Essi abitano fra di noi," che può così tradursi: essi ci assistono, ci ispirano e ci proteggono.

5. Non è molto che, da vivo, voi sedevate in questo medesimo posto; le condizioni nelle quali vi trovate ora vi sembrano strane? Quale effetto produce in voi questo cambiamento?

«Queste condizioni non mi sembrano affatto strane, poiché il mio Spirito disincarnato gode di una chiarezza che non lascia in ombra nessuna delle questioni ch'egli considera.»

6. Vi ricordate di essere stato in questa medesima condizione prima della vostra ultima esistenza? E vi trovate in qualcosa cambiato?

«Ricordo le mie anteriori esistenze e trovo che sono migliorato; per questo mi identifico con ciò che vedo. All'epoca delle mie precedenti incarnazioni — il mio Spirito era turbato — mi accorgevo soltanto delle lacune terrene.»

7. Vi ricordate della vostra penultima esistenza, di quella che precedette l'esistenza del signor Jobard?

«Nella mia penultima esistenza, io ero un operaio meccanico, tormentato dalla miseria e dal desiderio di perfezionarmi nel mio lavoro. Ho realizzato, diventando Jobard, i sogni del povero operaio, e lodo Dio la cui bontà infinita ha fatto germogliare la pianta, di cui aveva deposto il seme nel mio cervello.»

8. Voi avete già comunicato da qualche altra parte?

«Finora non ho comunicato che molto poco. In molti luoghi, uno Spirito ha preso il mio nome; a volte ero vicino a lui, senza poterlo fare direttamente; la mia morte è così recente che ancora sono soggetto a certe influenze terrene. Dev'esserci una perfetta simpatia perché io possa esprimere il mio pensiero. Fra poco agirò incondizionatamente; ma, lo ripeto, attualmente non posso ancora farlo. Quando un uomo alquanto conosciuto muore, viene chiamato da tutte le parti; mille Spiriti s'impegnano a rivestire la sua individualità; è ciò che è accaduto anche a me in parecchie circostanze. Io vi assicuro che subito dopo la liberazione, non sono molti gli Spiriti che possono comunicare, neppure con il medium preferito.»

9. Vedete gli Spiriti, che sono qui con noi?

«Io vedo soprattutto Lazzaro ed Éraste, poi, più lontano, lo Spirito di Verità che plana nello Spazio; poi una folla di Spiriti amici, i quali vi attorniano solleciti e benevoli. Siate felici, amici, poiché buone influenze vi contendono alle calamità dell'errore.»

10. Quand'eravate vivo, voi condividevate l'opinione che era stata formulata sulla formazione della Terra, che essa, cioè, risulterebbe dall'incrostazione di quattro pianeti che sarebbero stati saldati insieme. Siete sempre di questa stessa opinione?

«Si tratta di un errore. Le recenti scoperte geologiche provano le convulsioni della Terra e la sua successiva formazione. La Terra, come gli altri pianeti, ha avuto la sua propria vita, e Dio non ha avuto bisogno di quel grande disordine o di quella aggregazione di pianeti. L'acqua e il fuoco sono i soli elementi organici della Terra.»

11. Voi pensavate anche che gli uomini potessero entrare in catalessi per un tempo illimitato? E che il genere umano fosse apparso sulla Terra in questo modo?

«Illusione della mia immaginazione che superava sempre il limite. La catalessi può essere lunga, ma non indeterminata. Tradizioni, grossolane leggende elaborate dall'immaginazione orientale. Amici miei, io ho già molto sofferto riandando col pensiero alle illusioni di cui ho nutrito il mio spirito: non ingannatevi a questo riguardo. Molto avevo appreso e, posso ben dirlo, la mia intelligenza, pronta ad appropriarsi di questi vasti e diversi studi, aveva mantenuto nella mia ultima incarnazione l'amore per il meraviglioso e per il complicato, attinto dalle immaginazioni popolari.

Io, per ora, mi sono poco occupato delle questioni puramente intellettuali, nel senso che intendete voi. E come potrei farlo, abbagliato e incantato come sono dallo spettacolo meraviglioso che mi circonda? Il vincolo dello Spiritismo, più forte di quanto voialtri potete immaginare, è il solo che può attirare il mio essere verso questa Terra che io abbandono, non con gioia — ciò sarebbe un'empietà ma con la profonda riconoscenza della liberazione.»

Al momento della sottoscrizione aperta dalla Società a favore degli operai di Lione, nel febbraio del 1862, un membro ha versato 50 franchi, di cui 25 a suo nome, e 25 a nome del signor Jobard. Questi fece, a tale proposito, la seguente comunicazione:

"Sono felice e riconoscente per non essere stato dimenticato dai miei fratelli spiritisti. Grazie al cuore generoso che vi ha portato l'offerta, che vi avrei data io stesso se avessi ancora abitato il vostro mondo. In quello in cui abito ora, non v'è bisogno di denaro. Perciò ho dovuto attingere nella borsa dell'amicizia per dare la prova materiale che anch'io ero rimasto profondamente turbato dall'infortunio occorso ai miei fratelli di Lione. Onesti lavoratori, che ardentemente coltivate la vigna del Signore, quanto ora dovete credere che la carità non è una vana parola, dal momento che piccoli e grandi vi hanno dimostrato simpatia e fraternità! Siete sulla grande strada umanitaria del progresso: possa Dio mantenervici, e possiate essere più felici. Gli Spiriti amici vi sosterranno, e voi trionferete!

Io incomincio a vivere spiritualmente, più calmo e meno tormentato dalle evocazioni che piovevano su di me da ogni parte. La moda impera anche sugli Spiriti. Quando la 'moda Jobard' farà posto a un'altra moda, e quando io rientrerò nel nulla dell'oblio umano, io, allora, pregherò i miei amici seri — intendo, attraverso questo termine, coloro la cui intelligenza non dimentica — e li pregherò di evocarmi; approfondiremo, allora, quelle questioni trattate troppo superficialmente, e il vostro Jobard, completamente trasfigurato, potrà essere utile, cosa ch'egli si augura di tutto cuore."

Jobard

Dopo i primi tempi, consacrati a rassicurare i suoi amici, il signor Jobard ha preso posto tra gli Spiriti che lavorano attivamente al rinnovamento sociale, attendendo il suo prossimo ritorno tra i vivi per prendere una parte ancora più attiva e diretta a tale movimento. Dopo questo periodo, ha sovente dato alla Società di Parigi, della quale egli tiene molto a restare membro, delle comunicazioni di incontestabile superiorità senza allontanarsi dall'originalità e dalle battute spiritose che costituivano il fondo del suo carattere e che lo fanno riconoscere prima ancora ch'egli vi abbia apposto la sua firma.

Samuel Philippe

Samuel Philippe era un uomo dabbene, nella totale accezione del termine. Nessuno ricordava di avergli mai visto commettere una cattiva azione, né fare volontariamente un torto a chicchessia. D'una devozione senza limiti verso i suoi amici, si poteva star certi di trovarlo sempre disponibile quando si trattava di fare un favore, fors'anche a scapito dei suoi interessi. Pene, fatiche, sacrifici, nulla gli impediva di essere utile, ed egli faceva tutto naturalmente, senza alcuna ostentazione, meravigliandosi anzi che gliene si facesse un merito. Giammai ne ha voluto a coloro che gli avevano fatto del male, e poneva, nel rendere loro dei piaceri, altrettanta sollecitudine che se gli avessero fatto del bene. Quando aveva a che fare con degli ingrati, diceva: "Non me bisogna compiangere, bensì loro". Benché molto intelligente e benché dotato naturalmente di molto spirito, la sua vita, interamente fatta di lavoro, era stata oscura e disseminata di dure prove. Era una di quelle nature elette che fioriscono nell'ombra, di cui il mondo non parla, e il cui splendore non erompe su questa terra. Egli aveva attinto dalla conoscenza dello Spiritismo un'ardente fede nella vita futura e una grande rassegnazione riguardo ai mali della vita terrena. È morto nel dicembre del 1862, all'età di cinquant'anni, in seguito a una dolorosa malattia, sinceramente rimpianto dalla sua famiglia e dagli amici. È stato evocato parecchi mesi dopo la sua morte.

— Avete un ricordo preciso dei vostri ultimi istanti sulla Terra?

«Certamente. Questo ricordo mi è ritornato poco a poco, poiché in quel momento le mie idee erano ancora confuse.»

— Vorreste descriverci, per nostra istruzione e per l'interesse che ci ispira la vostra vita esemplare, come per voi si è effettuato il passaggio dalla vita corporale alla vita spirituale? E qual è la vostra situazione nel mondo degli Spiriti?

«Questa relazione non sarà utile soltanto a voi, ma lo sarà anche a me. Riportando i miei pensieri sulla Terra, il confronto mi farà ancor meglio apprezzare la bontà del Creatore.

Voi sapete di quante tribolazioni è stata disseminata la mia vita; ma io, grazie a Dio, non ho mai mancato di coraggio nelle avversità. E oggi ne gioisco. Quante cose avrei perduto se avessi ceduto allo scoraggiamento! E ancora tremo al solo pensiero che, per una mia debolezza, ciò che ho sopportato sarebbe stato senza alcuna utilità e tutto sarebbe stato da ricominciare daccapo. Oh, amici miei, possiate voi intimamente compenetrarvi in questa verità! Ne va della vostra felicità futura. No, siatene certi, non significa acquistare questa felicità a un prezzo troppo alto il pagarla con alcuni anni di sofferenza. Ah, se voi sapeste quanto siano pochi alcuni anni di fronte all'infinito!

Se la mia ultima esistenza ha avuto, ai vostri occhi, qualche merito, non altrettanto avreste detto di quelle che l'hanno preceduta. È a forza di lavoro su me stesso che io sono diventato quello che adesso sono. Per cancellare le ultime tracce dei miei errori anteriori, era necessario che io subissi ancora queste ultime prove che ho volontariamente accettato. Dalla fermezza delle mie risoluzioni ho attinto la forza per sopportarle senza lamentele. Oggi, quelle prove, io le benedico; grazie a esse, ho rotto con il passato, che per me altro non è che un ricordo, e posso ormai contemplare con legittima soddisfazione il cammino che ho percorso.

Oh voi, che mi avete fatto soffrire sulla Terra, che siete stati duri e maldisposti verso di me, che mi avete umiliato e riempito d'amarezza, o voi, la cui malafede mi ha spesso indotto alle più dure privazioni, non solo io vi perdono, ma vi ringrazio. Volendo farmi del male, voi non sospettavate che mi stavate facendo altrettanto bene.

È vero, pertanto, che è a voi che io devo in gran parte la felicità di cui ora godo, perché voi mi avete fornito l'occasione di perdonare e di rendere bene per male. Dio vi ha messo sulla mia strada per saggiare la mia pazienza, e perché io mi esercitassi nella pratica della carità, quella più difficile: l'amore per i propri nemici.

Non perdete la pazienza per questa mia digressione. Arrivo subito a ciò che mi avete domandato.

Nella mia ultima malattia, pur soffrendo crudelmente, io non ho avuto agonia; la morte è venuta per me, come viene il sonno, senza lotte e senza scosse. Non avendo alcun genere di apprensione per il futuro, non mi sono avvinghiato alla vita; non ho dovuto, di conseguenza, dibattermi sotto le ultime strette; la separazione si è conclusa senza sforzi, senza dolore e senza che io me ne accorgessi.

Non so quanto sia durato quest'ultimo sonno, ma credo sia stato breve. Il risveglio è stato di una calma che contrastava con il mio stato precedente. Non avvertivo più dolore e ne gioivo; volevo alzarmi, camminare, ma un intorpidimento che però non aveva niente di sgradevole, che aveva anzi una certa attrattiva, mi tratteneva, e io mi ci abbandonavo con una sorta di voluttà senza affatto rendermi conto della mia situazione e senza sospettare di aver lasciato la Terra. Ciò che mi circondava mi appariva come in un sogno. Vidi mia moglie e alcuni miei amici, in ginocchio nella stanza, che piangevano, e io mi dissi che senza dubbio essi mi credevano morto. Volli disincantarli, ma non riuscii ad articolare parola, dal che dedussi che stavo sognando. Ciò che mi confermò questa idea è il fatto che io mi vidi attorniato da molte persone care, morte da tempo, e da altre che di primo acchito non riconobbi, e che sembravano vegliare su di me e attendere il mio risveglio.

Questo stato fu inframmezzato da momenti di lucidità e di torpore, durante i quali recuperavo e perdevo alternativamente la coscienza del mio Io. A poco, a poco le mie idee acquisirono una maggiore nitidezza; la luce che intravedevo solo attraverso una specie di nebbia, divenne più brillante; allora incominciai a riconoscermi e compresi che non appartenevo più al mondo terreno. Se non avessi conosciuto lo Spiritismo, l'illusione si sarebbe senza dubbio protratta molto più a lungo.

La mia spoglia mortale non era stata ancora seppellita. La considerai con pietà, gioendo di essermene alla fine sbarazzato. Ero così felice di essere libero! Respiravo perfettamente a mio agio, come qualcuno che esca da un'atmosfera nauseabonda; una indicibile sensazione di felicità penetrava tutto il mio essere. La presenza di coloro che io avevo amato mi colmava di gioia, né ero per nulla sorpreso di vederli; ciò mi sembrava del tutto naturale, ma mi pareva di rivederli dopo un lungo viaggio. Una cosa mi stupì subito, ed era il fatto che ci comprendessimo senza articolare alcuna parola; i nostri pensieri si trasmettevano attraverso il solo sguardo e come per una penetrazione fluidica.

Tuttavia io non mi ero ancora del tutto liberato dalle idee terrene; il ricordo di ciò che avevo sopportato mi ritornava di tanto in tanto alla memoria, come per farmi meglio apprezzare la mia nuova situazione. Avevo sofferto fisicamente, ma soprattutto moralmente; ero stato bersaglio della maldicenza, di quelle mille preoccupazioni più penose forse a sopportarsi delle sofferenze reali, poiché sono causa di un'ansietà perpetua. Quella impressione non mi si era ancora completamente cancellata, e a volte io mi chiedevo se me ne fossi realmente liberato; mi sembrava di udire ancora certe sgradevoli voci; temevo quegli imbarazzi che tanto spesso mi avevano tormentato e, mio malgrado, tremavo. Mi tastavo, per così dire, per assicurarmi che non ero vittima di un sogno. E, quando raggiunsi la certezza che tutto quello era per davvero finito, mi sembrò che un peso enorme mi fosse stato levato via. È dunque vero, mi dicevo, che sono alfine libero da tutte quelle preoccupazioni che costituiscono il tormento della vita. E ne rendevo grazie a Dio. Ero come un povero al quale tutt'a un tratto tocchi in sorte una grande fortuna; per qualche tempo egli dubita della realtà e avverte ancora le apprensioni del bisogno. Oh, se gli uomini concepissero la vita futura! Quale forza, quale coraggio darebbe loro questo convincimento nelle avversità! Che cosa essi non farebbero, mentre sono sulla Terra, per assicurarsi la felicità che Dio riserva a quanti dei Suoi figli sono stati ligi alle Sue leggi! Vedrebbero essi quanto le gioie che invidiano siano ben poca cosa a fronte di quelle che trascurano!»

— Questo mondo — per voi così nuovo e al cui confronto il nostro è sì poca cosa — e i numerosi amici, che qui avete ritrovato, vi hanno fatto forse perdere di vista la vostra famiglia e i vostri amici ancora sulla Terra?

«Se li avessi dimenticati, sarei indegno della felicità di cui godo: Dio non ricompensa l'egoismo, lo punisce. Il mondo in cui mi trovo può farmi disdegnare la Terra, ma non gli Spiriti che vi sono incarnati. È soltanto fra gli uomini che notiamo come la prosperità faccia dimenticare i compagni di sventura. Io vado spesso a rivedere i miei; sono felice del buon ricordo ch'essi hanno serbato di me. Il loro pensiero mi attrae verso di loro; assisto alle loro conversazioni, gioisco delle loro gioie, le loro pene mi rattristano, ma non si tratta più di quella tristezza ansiosa della vita umana, perché comprendo che quelle pene non sono che temporanee e sono per il loro bene. Io sono felice al pensiero che un giorno essi verranno in questa fortunata dimora dove il dolore è sconosciuto. È in ciò che io mi impegno, al fine di renderli meritevoli di questo. Mi sforzo di suggerir loro la rassegnazione, che io stesso ho avuto, alla volontà di Dio. La mia più grande pena è quella di vederli protrarre questo momento con la loro mancanza di coraggio, con le loro lamentele, con i loro dubbi sull'avvenire o con qualche azione biasimevole. Cerco allora di allontanarli dalla cattiva strada; se ci riesco, è una grande felicità per me, e tutti qui ne esultiamo; se fallisco, mi dico con amarezza: ancora, per loro, un ritardo. Mami consolo pensando che nulla è irrimediabilmente perduto.»

Il signor Van Durst

Ex funzionario, morto ad Anversa nel 1863, all'età di ottant'anni

Poco tempo dopo la sua morte, avendo un medium domandato alla sua guida spirituale se si poteva evocarlo, gli fu cosi risposto: "Questo Spirito sta lentamente uscendo dal suo turbamento. Egli potrebbe già rispondervi, ma la comunicazione gli costerebbe troppa fatica. Vi prego perciò di attendere ancora quattro giorni, ed egli vi risponderà. Da qui ad allora egli saprà delle buone intenzioni che voi avete espresso nei suoi riguardi, e vi verrà incontro riconoscente e da buon amico".

Quattro giorni più tardi lo Spirito dettò quanto segue:

"Amico mio, la mia vita fu di ben poco peso sulla bilancia dell'eternità; tuttavia io sono lontano dall'essere infelice; mi trovo nella condizione modesta, ma relativamente felice, di colui che praticò poco il male, senza per questo mirare alla perfezione. Se ci sono persone felici in una piccola sfera, ebbene, io sono tra queste! Non rimpiango che una cosa, ed è quella di non aver conosciuto ciò che voi ora sapete; il mio turbamento sarebbe stato meno lungo e meno penoso. Esso, in effetti, è stato grande: un vivere e non vivere; vedere il proprio corpo, esservi fortemente attaccato, e tuttavia non poter più servirsene; vedere quelli che abbiamo amato e sentire il pensiero, che ci unisce a loro, affievolirsi. Oh, come è terribile! Oh, che momento crudele! Che momento quello, allorché lo stordimento vi afferra e vi soffoca! E, un istante dopo, le tenebre. Sentire e, un istante dopo, essere annientati. Si vuole avere la coscienza del proprio io, e non si può ritrovarla; non si esiste più, e tuttavia si sente che si esiste; ma ci si trova in un turbamento profondo! E poi, dopo un tempo incommensurabile, un tempo di angosce represse, perché non si ha più la forza di sentirle, dopo questo tempo che pare interminabile, rinascere lentamente alla vita:

svegliarsi in un mondo nuovo! Niente più corpo materiale, niente più vita terrena: la vita immortale! Niente più uomini carnali, ma forme leggere, Spiriti che vagano da ogni parte, che volteggiano intorno a voi; e voi non potete abbracciarli tutti con lo sguardo, perché è nell'infinito ch'essi fluttuano! Avere davanti a sé lo spazio e poterlo varcare con la sola volontà; comunicare attraverso il pensiero con tutto ciò che vi circonda! Amico, quale nuova vita! Quale vita brillante! Quale vita di gioie!... Salve! Oh, salve eternità, che mi serri nel tuo seno!... Addio, Terra, che così a lungo mi trattenesti lontano dall'elemento naturale della mia anima! No. Io non voglio più saperne di te, perché tu sei terra d'esilio, e la tua più grande felicità è un nulla!

Ma se io avessi saputo ciò che voi sapete, quanto questa iniziazione all'altra vita mi sarebbe stata più facile e più piacevole! Avrei saputo prima di morire ciò che ho dovuto apprendere più tardi, al momento della separazione dal corpo, e la mia anima si sarebbe liberata più facilmente. Voi siete sulla via, ma non andrete mai e poi mai troppo lontano! Ditelo a mio figlio, ma diteglielo tante e tante volte finché vi creda e s'istruisca; allora, al suo arrivo qui, non saremo separati.

Addio a tutti, amici, addio. Vi attendo e, per tutto il tempo che voi sarete sulla Terra, verrò spesso a istruirmi presso di voi, perché io ancora non so tanto quanto parecchi di voi sanno. Ma imparerò velocemente qui, dove non ho più ostacoli che mi trattengono, e dove non ho più gli anni a indebolire le mie forze. Qui si vive a grandi tratti e si avanza, perché si vedono davanti a sé orizzonti così belli che si è impazienti di abbracciarli.

Addio, vi lascio, addio."

VAN DURST

Sixdeniers

Uomo dabbene, morto in un incidente, da vivo, conosciuto dal medium

(Bordeaux, 11 febbraio 1861)

— Potete darmi alcuni dettagli sulla vostra morte?

«Dettagli sulla mia morte, dopo essere annegato, sì.»

— Perché non prima?

«Perché già li conosci» (Il medium effettivamente li conosceva).

— Vogliate dunque descrivermi le vostre sensazioni dopo la morte.

«È trascorso molto tempo prima di riconoscermi, ma con la grazia di Dio e con l'aiuto di coloro che mi circondavano, quando si è fatta luce, ne sono stato inondato. Puoi ben sperare: sempre troverai più di quanto t'attendi. Niente di materiale; tutto colpisce i sensi nascosti; tutto ciò che non può toccare né l'occhio né la mano. Mi comprendi? Si tratta di un'estasi spirituale che supera il vostro intendimento, perché non ci sono parole per spiegarla: solo l'anima può percepirla.

Il mio risveglio è stato molto felice. La vita è uno di quei sogni che, nonostante l'idea grottesca che si attribuisce a questa parola, posso solo definire come un incubo spaventoso. Immagina di essere chiuso in un carcere infetto; immagina che il tuo corpo, roso dai vermi che penetrano fin nel midollo delle ossa, sia sospeso sopra una fornace ardente; che la tua bocca riarsa non trovi neppure l'aria per rinfrescarla; che il tuo Spirito colpito dall'onore non veda intorno a te che mostri pronti a divorarti; figurati, infine, tutto ciò che di più odioso, di più orribile un sogno fantastico può generare, e trovati tutt'a un tratto trasportato in un Eden delizioso. Svegliati circondato da tutti coloro che tu hai amato e pianto; guarda intorno a te i loro adorati volti che ti sorridono di gioia; respira i più soavi odori; rinfrescati la gola riarsa alla sorgente d'acqua viva; senti come il tuo corpo si elevi nello Spazio infinito, che lo trasporta e lo culla come fa la brezza con un fiore staccato dalla cima di un albero; sentiti avvolto dall'amore di Dio, come il bimbo che nasce è avviluppato dall'amore di sua madre. E, pur con tutto ciò, tu non avrai che un'idea imperfetta di questa transizione. Io ho cercato di spiegarti la felicità della vita che attende l'uomo dopo la morte del suo corpo, ma non ho potuto farlo che blandamente. Si spiega forse l'infinito a colui che ha gli occhi chiusi alla luce e le cui membra non sono mai potute uscire dallo stretto cerchio in cui sono racchiuse? Per spiegarti la felicità eterna, ti dirò questo: ama! Solo l'amore infatti può farla presentire; e chi dice amore, dice assenza d'egoismo.»

— La vostra situazione è stata felice fin dal vostro ingresso nel mondo degli Spiriti?

«No. Dovetti pagare il debito dell'uomo. Il mio cuore mi aveva fatto presentire l'avvenire dello Spirito, ma mi mancava la fede. E ho dovuto espiare la mia indifferenza verso il mio Creatore, ma la Sua misericordia ha tenuto conto di quel poco di bene che avevo potuto fare, dei dolori che avevo sopportato con rassegnazione nonostante la mia sofferenza. La Sua giustizia, inoltre, che ha una bilancia che gli uomini non comprenderanno mai, ha pesato il bene con tanta bontà e tanto amore che il male è stato velocemente cancellato.»

— Vorreste darmi notizie di vostra figlia? (Morta quattro o cinque anni dopo la morte del padre.)

«È in missione sulla vostra Terra.»

— Ed è felice come incarnata? Ma non vorrei farvi una domanda indiscreta.

«Lo so bene: non vedo io forse il tuo pensiero come un quadro davanti ai miei occhi? No. Come creatura incarnata non è felice, al contrario. Devono attenderla tutte le miserie della vostra vita; ma essa deve predicare con l'esempio quelle grandi virtù da cui voi traete grandi parole; io l'aiuterò, perché devo vegliare su di lei; ma lei non farà grande fatica a superare gli ostacoli. Ella non è in espiazione, ma in missione. Rassicurati dunque per lei, e grazie del tuo ricordo.» In questo momento, il medium prova una certa difficoltà a scrivere e dice: "Se c'è uno Spirito sofferente che mi sta fermando, io lo prego di inserirsi".

«Una infelice.»

— Vogliate dirmi il vostro nome.

«Valerie.»

— Volete dirmi che cosa ha attirato il castigo su di voi?

«No.»

— Siete pentita dei vostri errori?

«Tu lo vedi bene.»

— Chi vi ha condotto qui?

«Sixdeniers.»

— Con qual fine lo ha fatto?

«Perché tu possa aiutarmi.»

— Siete voi che mi avete impedito di scrivere poco fa?

«Mi ha messo al suo posto.»

— Che rapporto c'è fra voi due?

«Lui mi guida.»

— Domandategli di unirsi a noi per la preghiera. (Dopo la preghiera, Sixdeniers riprende.)

«Grazie per lei. Hai capito. Non ti dimenticherò. Pensa a lei.»

— (A Sixdeniers) Come Spirito, avete molti Spiriti sofferenti da guidare?

«No. Ma non appena ne abbiamo ricondotto uno al bene, ne prendiamo un altro, senza per questo abbandonare i primi.»

— Come potete sopperire a una sorveglianza che deve moltiplicarsi all'infinito, nei secoli?

«Tu comprendi che quelli che abbiamo ricondotto al bene si purificano e progrediscono; dunque comportano per noi meno fatica; nello stesso tempo, poi, eleviamo noi stessi, e, nell'ascesa, le nostre facoltà progrediscono e il nostro potere risplende proporzionalmente alla nostra purezza.»

Osservazione: Gli Spiriti inferiori sono dunque assistiti dagli Spiriti buoni che hanno la missione di guidarli; questo compito non è affidato esclusivamente agli incarnati, ma questi devono concorrervi, poiché è per loro un mezzo di avanzamento. Allorché uno Spirito inferiore viene a mettersi di traverso durante una buona comunicazione, come nel presente caso, senza dubbio non sempre lo fa con buone intenzioni, ma gli Spiriti buoni lo permettono, sia come prova, sia perché colui al quale lo Spirito inferiore si rivolge lavori al suo miglioramento. La sua persistenza, è vero, degenera a volte in ossessione, ma più essa è tenace, più dimostra quanto grande sia il bisogno di aiuto. È quindi un errore respingerlo; bisogna considerarlo come un povero che venga a chiedere l'elemosina, e dirsi: "È uno Spirito infelice che i buoni Spiriti mi inviano per provvedere alla sua educazione. Se vi riuscissi, avrei la gioia di aver ricondotto un'anima al bene e di aver abbreviato le sue sofferenze". Questo compito è spesso faticoso; senza dubbio sarebbe più piacevole avere sempre delle belle comunicazioni e conversare soltanto con Spiriti di propria scelta. Ma non è cercando solo la propria soddisfazione e rifiutando le occasioni che ci si offrono per fare il bene, che meriteremo la protezione dei buoni Spiriti.

Il dottor Demeure

Morto ad Albi (Tarn), il 25 gennaio del 1865

Demeure era un notissimo medico omeopata di Albi. Tanto con il suo carattere quanto con la sua scienza, si era guadagnato la stima e la venerazione dei suoi concittadini. La sua bontà e la sua carità erano inestimabili, e, nonostante l'età avanzata, non si risparmiava quando si trattava di andare a prestare le sue cure a dei poveri malati. Il prezzo delle sue visite era il minore dei suoi crucci; di preferenza sacrificava la sua comodità per gli sventurati, piuttosto che per quelli ch'egli sapeva che potevano pagarlo, perché, diceva, questi ultimi in mancanza di lui potevano sempre procurarsi un medico. Ai primi non solo dava le medicine gratuitamente, ma spesso lasciava loro di che sopperire ai bisogni materiali, cosa che a volte è la più utile delle medicine. Si può dire di lui che era il curato d'Ars della medicina.

Il dottor Demeure aveva abbracciato con ardore la Dottrina Spiritista, nella quale aveva trovato la chiave dei problemi più gravi, di cui aveva invano cercato la soluzione nella scienza e in tutte le filosofie. Il suo Spirito profondo e indagatore gliene fece immediatamente comprendere tutta la portata, e così divenne uno dei suoi più attivi propagatori. Rapporti di viva e vicendevole simpatia si erano stabiliti tra lui e noi per corrispondenza.

Apprendemmo della sua morte il 30 gennaio, e il nostro primo pensiero fu quello di intrattenerci con lui. Ecco la comunicazione che ci fece quel giorno stesso:

"Eccomi. In vita, mi ero ripromesso che, appena fossi morto, sarei venuto, se ciò mi fosse stato possibile, a stringere la mano al mio caro maestro e amico Allan Kardec.

La morte aveva dato alla mia anima quel sonno pesante chiamato letargo; ma il mio pensiero vegliava. Io mi sono liberato da questo funesto torpore che prolunga il turbamento che segue alla morte, mi sono svegliato e d'un balzo ho fatto il viaggio.

Quanto sono felice! Non sono più né vecchio né infermo. Il mio corpo altro non era che un mascheramento imposto. Io sono giovane e bello, bello di quella eterna giovinezza degli Spiriti, perché le rughe non segnano mai il loro volto, e i capelli non imbiancano col protrarsi del tempo. Io sono leggero come l'uccello che attraversa in rapido volo l'orizzonte del vostro cielo nebuloso, e ammiro, contemplo, benedico, amo e m'inchino, io che non sono che un atomo, dinanzi alla grandezza, alla saggezza, alla scienza del nostro Creatore, dinanzi alle meraviglie che mi circondano.

Io sono felice! Sono nella gloria! Oh, chi potrà mai raccontare le splendide bellezze della dimora degli eletti; i Cieli, i Mondi, i Soli e il loro importante ruolo nel concorrere all'armonia dell'Universo? Ebbene, io ci proverò, o mio maestro! Studierò tali bellezze e deporrò accanto a voi l'omaggio dei miei lavori di Spirito, che vi dedico fin d’ora. A presto."

Demeure

Osservazione: Le due comunicazioni che seguono, fatte il 1° e il 2 febbraio, sono relative alla malattia che ci aveva colpito in quel momento. Benché tali comunicazioni siano personali, le riproduciamo, perché provano che il dottor Demeure è tanto buono come Spirito, quanto lo era come uomo.

"Mio buon amico, abbiate fiducia in noi e abbiate coraggio. Questa crisi, benché spossante e dolorosa, non sarà lunga, e con le precauzioni prescritte voi potrete, secondo i vostri desideri, portare a termine l'opera che è stata lo scopo principale della vostra esistenza. Nondimeno ci sono sempre io a starvi accanto, con lo Spirito di Verità che mi permette di prendere a suo nome la parola, come ultimo dei vostri amici venuto tra gli Spiriti. Essi mi fanno gli onori di benvenuto. Caro maestro, come sono felice di essere morto in tempo per essere con loro in questo momento! Forse, se fossi morto prima, avrei potuto evitarvi questa crisi che non prevedevo. Da troppo poco tempo ero disincarnato, perché potessi occuparmi di altre cose che non fossero quelle spirituali. Ma ora veglierò su di voi, caro maestro. È il vostro fratello e amico che è felice di essere Spirito per essere accanto a voi e offrirvi le sue cure nella vostra malattia. Ma voi conoscete il proverbio: 'Aiutati, e il Cielo ti aiuterà'. Aiutate dunque gli Spiriti buoni nelle cure ch'essi vi offrono, attenendovi strettamente alle loro prescrizioni.

Qui fa troppo caldo; questo fumo è irritante. Fintanto che sarete malato, non bruciate carbone; esso contribuisce ad aumentare la vostra oppressione; e i gas che da esso si liberano sono deleteri."

Il vostro amico DEMEURE


"Sono io, Demeure, l'amico del signor Kardec. Vengo per dirgli che io ero accanto a lui al momento dell'incidente che gli è occorso, e che avrebbe potuto essere funesto senza l'intervento efficace al quale sono stato felice di concorrere. Secondo le mie osservazioni e gli insegnamenti che ho attinto da una buona fonte, è evidente, a mio parere, che, tanto prima si opererà la sua disincarnazione e tanto prima potrà compiersi la reincarnazione, attraverso la quale porterà a termine la sua opera. Tuttavia, prima di partire, bisogna ch'egli dia un ultimo sguardo alle opere che devono completare la teoria dottrinale di cui è l'iniziatore. Egli si rende colpevole d'omicidio volontario, poiché contribuisce, con un eccesso di lavoro, alla sua debilitazione organica, che lo minaccia d'una improvvisa partenza verso il nostro mondo. Non bisogna temere di dirgli tutta la verità, affinché stia in guardia e segua alla lettera le nostre prescrizioni."
DEMEURE

La comunicazione che segue è stata ottenuta a Montauban, il 26 gennaio, l'indomani della sua morte, nella cerchia dei suoi amici spiritisti ch'egli aveva in quella città.

"Antoine Demeure. Per voi, miei buoni amici, io non sono morto. Sono morto solo per coloro che non conoscono, come voi conoscete, questa santa dottrina che riunisce coloro che si sono amati su questa Terra, e che hanno avuto i medesimi pensieri e i medesimi sentimenti d'amore e di carità.

Io sono felice, più felice di quanto potessi sperare, poiché godo di una lucidità che è rara negli Spiriti liberatisi della materia da così poco tempo. Prendete coraggio, miei buoni amici; io sarò spesso presso di voi, e non mancherò d'istruirvi su molte cose, che ignoriamo quando siamo attaccati alla nostra povera materia, la quale ci nasconde tante magnificenze e tante gioie. Pregate per coloro che sono privi di questa felicità, perché essi non sanno il male che fanno a sé stessi.

Oggi non continuerò più a lungo, ma voglio dirvi che io non mi sento del tutto estraneo in questo mondo degli invisibili; mi sembra di avervi sempre abitato. Qui io sono felice, perché qui vedo i miei amici e posso comunicare con loro tutte le volte che lo desidero.

Non piangete, amici miei: mi fareste rimpiangere di avervi conosciuto. Lasciate fare al tempo, e Dio vi condurrà a questa dimora dove dovremo trovarci riuniti tutti insieme. Buonasera, amici miei: che Dio vi consoli. Io sono accanto a voi."

DEMEURE


Un'altra lettera, da Montauban, contiene il racconto che segue. "Avevamo nascosto alla signora G., medium veggente e sonnambula lucidissima, la morte del dottor Demeure per rispettare la sua estrema sensibilità. E il buon dottore, assecondando le nostre intenzioni, aveva evitato di manifestarsi a lei. Il 10 febbraio scorso, eravamo tutti riuniti, su invito delle nostre guide, le quali — dicevano — volevano confortare la signora G. per una lussazione di cui soffriva crudelmente dal giorno prima. Noi non ne sapevamo niente di più ed eravamo lontani dall'attenderci la sorpresa che ci stavano preparando. Non appena la signora fu in stato di sonnambulismo, cominciò a lanciare grida strazianti, mostrando il suo piede. Ed ecco che cosa accadde.

La signora G. vedeva uno Spirito chino sulla sua gamba, ma il suo viso le rimaneva nascosto; egli effettuava frizioni e massaggi, esercitando di quando in quando sulla parte malata una trazione longitudinale, esattamente come avrebbe potuto fare un medico. L'operazione era così dolorosa che la paziente si lasciava andare talvolta a urla e a movimenti scoordinati. Ma la crisi non ebbe lunga durata; in capo a dieci minuti ogni traccia di lussazione era scomparsa, niente più infiammazione, e il piede aveva ripreso il suo aspetto normale. La signora G. era guarita.

Tuttavia lo Spirito continuava a rimanere sconosciuto alla medium e insisteva a non mostrare il viso. Egli aveva anzi l'aria di volersene fuggir via, quando d'un balzo la nostra malata, che fino a qualche minuto prima non poteva fare un passo, si slancia in mezzo alla stanza per prendere e stringere la mano del suo dottore spirituale. Anche questa volta lo Spirito aveva voltato la testa lasciandole la mano nella sua. A quel punto la signora G. getta un grido e cade svenuta sul pavimento. Aveva appena riconosciuto nello Spirito guaritore il dottor Demeure. Durante la sincope, la signora ricevette le cure premurose di molti simpatici Spiriti. Infine, avendo recuperato la lucidità sonnambolica, ella parlò con gli Spiriti, scambiando con loro calorose strette di mano; soprattutto con lo Spirito del dottore, il quale rispondeva alle sue testimonianze di affetto irradiandola con un fluido riparatore.

Questa scena non è forse sorprendentemente drammatica? E non ci si immaginerebbe forse di vedere tutti questi personaggi giocare il loro ruolo nella vita umana? Non è forse questa una prova, tra le mille, che gli Spiriti sono esseri reali, aventi un corpo, e che agiscono come facevano prima sulla Terra? Noi eravamo felici di ritrovare spiritualizzato il nostro amico, il nostro amico con il suo splendido cuore e la sua delicata premura. Egli era stato, durante la sua vita, il medico della medium; conosceva la sua profonda sensibilità e aveva avuto cura di lei, come di una sua figlia. Questa prova d'identità, data a coloro che lo Spirito amava, non è stupefacente? E non è forse fatta proprio per farci considerare la vita futura sotto il suo aspetto più consolante?"

Osservazione: La condizione del dottor Demeure, come Spirito, è proprio quella che poteva far presentire la sua vita così degnamente e utilmente vissuta. Ma un altro fatto non meno istruttivo si evince da queste comunicazioni, cioè l'attività ch'egli svolge, quasi immediatamente dopo la sua morte, per rendersi utile. Per la sua profonda intelligenza e per le sue qualità morali, egli appartiene all'ordine degli Spiriti molto avanzati; egli è felice, ma la sua felicità non è l'inattività. Fino a pochi giorni prima della sua morte, egli curava i malati come medico, e, appena liberatosi della materia, si affretta ad andare a curarli come Spirito. Che cosa si guadagna dunque nell'essere nell'altro mondo, diranno certuni, se non vi si gode di alcun riposo? In risposta a ciò noi innanzitutto chiederemmo loro se non significa niente non aver più né gli affanni né i bisogni né le infermità della vita, essere liberi, poter percorrere senza fatica lo Spazio con la rapidità del pensiero e andare a vedere i propri amici a qualsiasi ora e a qualsiasi distanza essi si trovino. Poi aggiungeremmo: quando sarete nell'altro mondo, niente e nessuno vi obbligheranno a fare una qualsiasi cosa; voi sarete perfettamente liberi di rimanere in un ozio beato quanto a lungo vi piacerà; ma vi stancherete ben presto di questo ozio egoistico e sarete voi i primi a cercare una occupazione. Allora vi sarà risposto: se a non far niente vi annoiate, cercatevi voi stessi qualcosa da fare; le occasioni per rendersi utili non mancano, tanto nel mondo degli Spiriti quanto fra gli uomini. È così che l'attività spirituale non è una costrizione, ma un'esigenza, una soddisfazione per gli Spiriti, i quali ricercano le occupazioni in rapporto ai loro gusti e alle loro attitudini e scelgono di preferenza quelle che possono concorrere al loro avanzamento.

La vedova Foulon, nata Wollis

La signora Foulon, morta ad Antibes il 3 febbraio del 1865, aveva a lungo abitato a Le Havre, dove si era fatta una reputazione come abilissima miniaturista. Il suo notevole talento, agli inizi, non fu per lei che un passatempo amatoriale; ma più tardi, quando vennero i tempi duri, ella seppe farne una risorsa per lei preziosa. Ciò che la faceva soprattutto amare e stimare, ciò che rende cara la sua memoria, a tutti quelli che l'hanno conosciuta, è la festosità del suo carattere, sono le sue qualità personali, di cui possono apprezzare tutta la profondità solo coloro che conoscono la sua vita intima; infatti, come tutte le persone in cui il sentimento del bene è innato non ne faceva sfoggio, anzi neppure sospettava di possederlo. Se c'è qualcuno su cui l'egoismo non aveva alcuna presa, era senza dubbio lei; forse mai il sentimento dell'abnegazione personale fu portato più lontano. Sempre pronta a sacrificare il suo riposo, la sua salute, i suoi interessi per coloro cui ella poteva essere utile, la sua vita non è stata che un lungo susseguirsi di dedizioni, come, dopo la giovinezza non è stata che un lungo susseguirsi di dure e crudeli prove, di fronte alle quali il suo coraggio, la sua rassegnazione e la sua perseveranza non sono mai venute meno. Ma, ahimè, la sua vista, affaticata da un lavoro così minuzioso, si andava spegnendo di giorno in giorno; poco tempo ancora, e la cecità, già molto avanzata, sarebbe stata completa.

Quando la signora Foulon venne a conoscere la Dottrina Spiritista, fu per lei come un raggio di luce; le parve che un velo si alzasse su qualcosa che non le era sconosciuto, ma di cui non aveva che una vaga intuizione. Così si mise a studiarla con ardore, ma nello stesso tempo con quella lucidità di spirito, con quella onestà di giudizio che costituivano la caratteristica della sua profonda intelligenza. Bisogna conoscere tutte le perplessità della sua vita — perplessità che avevano sempre avuto come movente non lei stessa, ma gli esseri che le erano cari — per capire quante consolazioni ella attinse da questa sublime rivelazione, che le dava una fede incrollabile nell'avvenire e le mostrava il nulla delle cose terrene.

La sua morte è stata degna della sua vita. Ella ne ha visto l'avvicinarsi senza alcuna penosa apprensione; per lei si trattava della liberazione dai legami terreni, che doveva aprirle quella felice vita spirituale con la quale si era identificata attraverso lo studio dello Spiritismo. Ella è morta con tranquillità, perché aveva la coscienza di aver compiuto la missione che aveva accettato venendo sulla Terra, e di aver scrupolosamente adempiuto i suoi doveri di sposa e di madre di famiglia; perché aveva, durante la sua vita, rinunciato a ogni risentimento nei confronti di coloro di cui ella avrebbe avuto di che lagnarsi, e che l'avevano ripagata con l'ingratitudine; perché aveva sempre reso bene per male; perché, infine, ha lasciato la vita perdonandoli e rimettendosi, per quanto riguardava sé stessa, alla bontà e alla giustizia di Dio. Ella è morta, infine, con la serenità che proviene da una coscienza pura, e dalla certezza di essere meno separata dai suoi figli di quanto lo fosse durante l'esistenza fisica, poiché ormai avrebbe potuto essere con loro in Spirito; e in qualunque punto del globo essi si fossero trovati, avrebbe potuto aiutarli con i suoi consigli e con la sua protezione.

Non appena abbiamo saputo della morte della signora Foulon, il nostro primo desiderio fu quello di evocarla. I rapporti di amicizia e di simpatia, che la Dottrina Spiritista aveva fatto nascere tra lei e noi, spiegano alcune sue frasi e la familiarità del suo linguaggio.


I



(Parigi, 6 febbraio 1865, tre giorni dopo la sua morte)

"Io ero sicura che voi avreste avuto l'idea di evocarmi subito dopo la mia liberazione dalla materia e mi tenevo pronta a rispondervi, poiché non ho subito alcun turbamento; soltanto coloro che hanno paura vengono avvolti dalle fitte tenebre della morte.

Ebbene, amico mio, io ora sono felice! Questi poveri occhi — che si erano indeboliti e che mi lasciavano solo il ricordo dei prismi che avevano colorato del loro cangiante splendore la mia giovinezza — si sono qui aperti e hanno ritrovato gli splendidi orizzonti che idealizzavano, nelle loro vaghe riproduzioni, alcuni dei vostri grandi artisti, ma la cui realtà maestosa, severa e tuttavia piena di fascino, è improntata alla più completa realtà.

Sono solo tre giorni dacché sono morta, e sento di essere un'artista. Le mie aspirazioni verso l'ideale della bellezza nell'arte non erano che l'intuizione di facoltà che avevo studiato e acquisito in altre esistenze e che nella mia ultima si sono sviluppate. Ma quanto devo lavorare per riprodurre un capolavoro degno del grande scenario che colpisce lo spirito, giungendo nella regione della luce! Dei pennelli, dei pennelli! Proverò al mondo che l'arte spiritista è il completamento dell'arte pagana e dell'arte cristiana che sta andando a rotoli, proverò altresì che soltanto allo Spiritismo è riservata la gloria di far rivivere quest'arte in tutto il suo splendore nel vostro mondo diseredato.

Basta con l'artista; ora tocca all'amica.

Perché, mia buona amica, (si riferisce alla signora Allan Kardec) addolorarvi così per la mia morte? Voi soprattutto, che conoscete le delusioni e le amarezze della mia vita, dovreste al contrario rallegrarvi nel vedere che io ora non debbo più bere dall'amaro calice dei dolori terreni, che ho svuotato fino alla feccia. Credetemi, i morti sono più felici dei vivi, e piangerli vuol dire dubitare della verità dello Spiritismo. Mi rivedrete, siatene certa; io sono partita per prima perché il mio compito sulla Terra era terminato; ciascuno ha il suo da compiere sulla Terra, e quando anche il vostro sarà terminato, verrete a riposarvi un po' accanto a me, per ricominciare poi, se ve n'è bisogno, posto che niente nella natura resta inattivo. Ognuno ha le sue tendenze e vi obbedisce: è una legge suprema che prova la potenza del libero arbitrio. Pertanto, buona amica, indulgenza e carità: noi tutti ne abbiamo reciprocamente bisogno, sia nel mondo visibile sia nel mondo invisibile. Con questo motto, tutto va bene.

Voi non mi direste mai di fermarmi. Sapete voi che è la prima volta che parlo così a lungo? Pertanto, ora vi lascio e mi rivolgo al mio eccellente amico, signor Kardec. Voglio ringraziarlo delle affettuose parole che ha avuto la benevolenza di rivolgere all'amica che l'ha preceduto nella tomba, dal momento che non siamo riusciti a partire insieme per il mondo dove io mi trovo, mio buon amico! (Allusione alla malattia di cui parla il dottor Demeure.) Che cosa avrebbe detto la compagna tanto amata dei vostri giorni, se i buoni Spiriti non fossero intervenuti? È allora che avrebbe pianto e sofferto, e io comprendo questo. Ma lei deve vegliare affinché voi non vi esponiate di nuovo al pericolo prima di aver portato a termine il vostro lavoro d'iniziazione spiritista; senza di ciò voi correreste il rischio di arrivare troppo presto tra di noi e di vedere, come Mosè, la Terra promessa solo da lontano. Riguardatevi, dunque, è un'amica che vi avverte.

Ora, io me ne vado. Ritorno presso i miei cari figli; poi andrò a vedere, al di là dei mari, se la mia pecorella viaggiatrice è finalmente giunta in porto o se è in balia della tempesta (si tratta di una delle mie figlie, che abitava in America). Che i buoni Spiriti la proteggano; vado a unirmi a loro per questo. Tornerò a parlare con voi, perché sono una conversatrice instancabile, e voi ve ne ricordate certamente. Arrivederci, dunque, buoni e cari amici. A presto."

Vedova Faulon


II


(8 febbraio 1865)

— Cara signora Foulon, sono felicissimo della comunicazione che mi avete fatto pervenire l'altro giorno e della vostra promessa di continuare la nostra conversazione.

Vi ho perfettamente riconosciuta nella comunicazione; in essa parlate di cose ignorate dal medium e che quindi non possono venire che da voi; inoltre il vostro linguaggio, così affettuoso nei nostri riguardi, è proprio quello della vostra anima delicata. Ma c'è nelle vostre parole una sicurezza, un autocontrollo, una fermezza che io non vi conoscevo quando eravate in vita. Voi sapete che, a questo riguardo, mi sono permesso più di una volta di rivolgervi delle esortazioni in determinate circostanze.

«È vero; ma da quando mi sono vista gravemente ammalata, ho riacquistato la mia fermezza di spirito, perduta a causa degli affanni e delle vicissitudini che talvolta in vita mi avevano reso timorosa. Mi sono detta: "Tu sei Spirito; dimentica la Terra; preparati alla trasformazione del tuo essere; cerca di vedere, con il pensiero, il sentiero luminoso che la tua anima deve seguire lasciando il tuo corpo, e che la condurrà, felice e libera, nelle sfere celesti dove tu devi ormai vivere".

Voi mi direte che era un po' presuntuoso, da parte mia, contare sulla perfetta felicità lasciando la terra, ma tanto avevo sofferto che avevo dovuto espiare le mie colpe di questa esistenza e delle esistenze precedenti. Questa intuizione non mi aveva ingannata, ed è stata lei a darmi il coraggio, la calma e la fermezza degli ultimi istanti. Questa fermezza è naturalmente aumentata quando, dopo la mia liberazione, ho visto le mie speranze realizzate.»

— Usateci ora la cortesia di descriverci il vostro passaggio, il vostro risveglio e le vostre prime impressioni.

«Ho sofferto, ma il mio Spirito è stato più forte della sofferenza materiale che il distacco gli faceva provare. Mi sono ritrovata, dopo l'ultimo respiro, come in deliquio, non avendo alcuna coscienza del mio stato, non pensando a nulla, e come immersa in una vaga sonnolenza che non era né il sonno del corpo né il risveglio dell'anima. Sono rimasta così abbastanza a lungo; poi, come se venissi fuori da un lungo svenimento, mi sono a poco a poco risvegliata in mezzo a fratelli che non conoscevo. Essi si prodigavano in cure e premure e, mostrandomi un punto nello Spazio che assomigliava a una stella splendente, mi hanno detto: "È là che tu verrai con noi. Tu non appartieni più alla Terra". Allora mi sono ricordata. Mi sono appoggiata a loro, e, come un elegante gruppo che si lancia verso le sfere sconosciute, ma con la certezza di trovarvi la felicità, siamo saliti, saliti, e la stella ingrandiva, ingrandiva. È un mondo felice, un mondo superiore, dove la vostra buona amica troverà il riposo. E intendo dire riposo riguardo alle fatiche fisiche, che io ho sopportato, e alle vicissitudini della vita terrena; non intendo certo l'indolenza dello Spirito, poiché l'attività per lo Spirito è una gioia.»

— Avete abbandonata la Terra definitivamente?

«Vi lascio ancora troppi esseri che mi sono cari per abbandonarla definitivamente. Vi ritornerò, perciò, in Spirito, perché ho una missione da compiere accanto ai miei nipotini. Voi sapete bene, d'altronde, come nessun ostacolo possa opporsi acché gli Spiriti che risiedono nei mondi superiori vengano a visitare la Terra.»

— Vi sembra che la posizione in cui vi trovate debba rallentare i vostri rapporti con coloro che avete lasciato sulla Terra?

«No, amico mio. L'amore avvicina le anime. Credetemi, sulla Terra si può essere più vicini a quanti hanno raggiunto la perfezione che a quanti inferiorità ed egoismo fanno turbinare intorno alla sfera terrestre. Carità e amore sono due motori di potente attrazione, credete, la quale è il legame che cementa l'unione delle anime legate l'una all'altra e che la prolunga nonostante luoghi e distanze. La distanza esiste solo per i corpi materiali, per gli Spiriti non esiste.»

— Quale idea vi siete fatta, ora, dei miei lavori concernenti lo Spiritismo?

«Trovo che abbiate la responsabilità di molte anime e che il fardello sia faticoso da portare. Ma ne comprendo il fine e so che lo raggiungerete. Io vi aiuterò, se sarà possibile, con i miei consigli di Spirito, perché voi possiate superare le difficoltà che vi si presenteranno, esortandovi a prendere opportunamente determinate misure atte ad attivare, mentre siete in vita, il movimento rinnovatore al quale mira lo Spiritismo. Il vostro amico Demeure, unito allo Spirito di Verità, sarà per voi un aiuto più utile ancora: egli è più sapiente e più saggio di me. Ma poiché io so che l'assistenza dei buoni Spiriti vi fortifica e vi sostiene nel vostro lavoro, credete, il mio aiuto vi sarà assicurato sempre e ovunque.»

— Si potrebbe dedurre da alcune vostre parole che voi non offrirete una cooperazione personale molto attiva all'opera dello Spiritismo.

«Vi sbagliate. Il fatto è che io vedo tanti altri Spiriti più validi di me a trattare questa importante questione, che un invincibile sentimento di timidezza m'impedisce, per il momento, di rispondervi secondo i vostri desideri. Questo forse avverrà; avrò più coraggio, più audacia; ma prima occorre che io conosca meglio questi Spiriti. Non sono che quattro giorni dacché sono morta; sono ancora sotto l'influenza abbagliante di tutto ciò che mi circonda. Amico mio, non lo comprendete? Non riesco a esprimere le nuove sensazioni che provo. Ho dovuto farmi forza per sottrarmi al fascino che esercitano sul mio essere le meraviglie ch'esso ammira. Io non posso che benedire e adorare Dio nelle Sue opere. Ma tutto ciò passerà. Gli Spiriti mi assicurano che presto io mi sarò abituata a tutte queste meraviglie e che potrò allora, cori la mia lucidità di Spirito, trattare tutte le questioni relative al rinnovamento terrestre. Inoltre, tenete conto che, con tutto ciò, in questo momento soprattutto, io ho una famiglia da consolare.

Addio e a presto. La vostra buona amica che vi ama e vi amerà sempre, mio maestro, perché è a voi ch'essa deve la sola consolazione vera e duratura che ha provato sulla Terra.»

Vedova Faulon


III


La comunicazione che segue fu fatta per i suoi figli, il 9 febbraio:

"Miei amatissimi figli, Dio mi ha allontanata da voi, ma la ricompensa ch'Egli si degna di accordarmi è grandissima, in confronto al poco che io ho compiuto sulla Terra. Rassegnatevi, miei buoni figli, alla volontà dell'Altissimo; attingete, in tutto quello ch'Egli ha permesso che voi riceveste, la forza per sopportare le prove della vita. Tenete sempre racchiusa nel vostro cuore questa fede, la quale tanto ha facilitato il mio passaggio dalla vita terrena alla vita che ci attende nell'uscire da questo mondo. Dio ha effuso su di me, dopo la morte, la Sua inesauribile bontà, così come ha voluto fare quando ero sulla Terra. RingraziateLo di tutti i benefici ch'Egli vi accorda; benediteLo, figli miei, benediteLo sempre, in ogni istante. Non perdete mai di vista lo scopo che vi è stato indicato né la via che dovete seguire; pensate all'impiego che dovete fare del tempo che Dio vi accorda sulla Terra. Ne sarete felici, carissimi, felici gli uni per gli altri, se l'unione regna tra di voi; felici per i vostri figli, se li educherete verso la buona strada, quella che Dio ha permesso che vi fosse rivelata.

Oh, se voi non potete vedermi, sappiate che il legame che ci univa sulla Terra non è affatto rotto dalla morte del corpo, perché non è l'involucro che ci univa, ma lo Spirito! Ed è attraverso questo, miei carissimi, che io potrò, in virtù della bontà dell'Onnipotente, guidarvi ancora e incoraggiarvi nel vostro cammino per ricongiungerci più tardi.

Andate, figli miei, coltivate con lo stesso amore questa fede sublime; bei giorni sono a voi riservati, a voi che credete. Vi è stato detto, ma io non dovevo vederli sulla Terra. È dall'alto che io giudicherò i tempi felici promessi dal Dio buono, giusto e misericordioso.

Non piangete, figli miei. Fortifichino questi colloqui la vostra fede, il vostro amore in Dio, che tanti doni ha profuso su di voi, che tante volte ha inviato soccorsi a vostra madre. PregateLo sempre: la preghiera fortifica. Conformate alle istruzioni, che io seguivo tanto ardentemente, la vita che Dio vi accorda.

Tornerò a voi, figli miei, ma bisogna che io sostenga la mia povera figlia che ha ancora tanto bisogno di me. Addio, a presto. Credete nella bontà dell'Onnipotente. Io Lo prego per voi. Arrivederci."

Vedova Faulon


Osservazione: Ogni Spiritista serio e illuminato trarrà facilmente, da queste comunicazioni, gli insegnamenti che ne derivano; noi, richiameremo l'attenzione soltanto su due punti. Il primo di questi punti s'incentra sul fatto che questo esempio ci dimostra la possibilità di non incarnarci più sulla Terra e di passare da qui in un mondo superiore, senza per questo venire separati dagli esseri cari che vi si lasciano. Quanti, dunque, temono la reincarnazione a causa delle miserie della vita, possono liberarsi da questo timore agendo come si deve, vale a dire lavorando al proprio miglioramento. Proprio come chi non voglia vegetare nei ranghi inferiori deve istruirsi e lavorare per salire di grado.

Il secondo punto riguarda la conferma di questa verità, secondo cui noi, dopo la morte, siamo separati dagli esseri che ci sono cari, meno di quanto lo fossimo durante la vita. La signora Foulon, trattenuta dall'età e dalla malattia, in una piccola città del Mezzogiorno, non aveva accanto a sé che una piccola parte della sua famiglia; la maggior parte dei suoi figli e dei suoi amici era sparsa in località lontane; inoltre, ostacoli materiali si opponevano affinché ella potesse vederli tanto sovente quanto da una parte e dall'altra si sarebbe desiderato. La grande lontananza rendeva anche la corrispondenza rara e difficile per alcuni di loro. Non appena liberatasi dell'involucro, accorre leggera presso ciascuno di loro, annulla le distanze senza fatica con la velocità della luce, li vede, assiste alle loro riunioni personali, li circonda della sua protezione e, attraverso la medianità, può intrattenersi con loro a ogni istante, come da viva. E dire che c'è gente che a questo consolante pensiero preferisce l'idea d'una separazione indefinita!

Un medico russo

Il dottor R era un medico di Mosca, noto sia per le sue eccelse qualità morali sia per la sua scienza. La persona che lo ha evocato lo conosceva soltanto di fama e non aveva avuto con lui che dei rapporti indiretti. La comunicazione originale era in lingua russa.

— (Dopo l'evocazione) Siete qui?

«Sì. Il giorno della mia morte io vi ho incalzato con la mia presenza, ma voi vi siete opposti a tutti i miei tentativi per indurvi a scrivere. Avevo saputo delle vostre considerazioni sul mio conto; questo mi aveva dato l'occasione di conoscervi, e allora ho avuto il desiderio d'intrattenermi con voi per esservi utile.»

— Perché voi, che siete così buono, avete tanto sofferto?

«La bontà era del Signore, il quale voleva in tal modo farmi doppiamente sentire il prezzo della mia liberazione e farmi avanzare il più possibile sulla Terra.»

— Il pensiero della morte vi ha causato terrore?

«Avevo sufficiente fede in Dio perché ciò non succedesse.»

— La separazione è stata dolorosa?

«No. Ciò che voi chiamate l'ultimo momento non è nulla. Io non ho sentito che un brevissimo scricchiolio, e subito dopo mi sono ritrovato tutto felice per essermi sbarazzato della mia miserabile carcassa.»

— Che cosa è accaduto allora?

«Ho avuto la gioia di vedere un gran numero di amici venirmi incontro e darmi il benvenuto, soprattutto coloro che ebbi la soddisfazione di aiutare.»

— Quale regione abitate? Vi trovate su di un pianeta?

«Tutto ciò che non è un pianeta è ciò che voi chiamate Spazio. È qui che io mi trovo. Ma quanti gli stadi in questa immensità di cui l'uomo non può farsi un'idea! Quanti i gradini in questa scala di Giacobbe che va dalla Terra al Cielo, vale a dire dall'avvilimento dell'incarnazione su di un mondo inferiore come il vostro, fino alla purificazione completa dell'anima! Qui, dove io mi trovo, non si arriva che in seguito a molte prove, il che significa dopo molte incarnazioni.»

— A questa stregua voi dovete aver avuto parecchie esistenze.

«Come potrebbe essere altrimenti? Nell'ordine immutabile stabilito da Dio, nulla può costituire un'eccezione; la ricompensa non può venire che dopo la vittoria riportata sulla lotta; e quando la ricompensa è grande, bisogna necessariamente che anche la lotta lo sia stata. Ma la vita umana è così breve che la lotta, in realtà, non avviene che a intervalli, e questi intervalli sono il susseguirsi delle diverse esistenze. Ora, poiché io mi trovo su di un gradino già elevato, è certo che ho raggiunto questa felicità attraverso una serie continua di combattimenti nei quali Dio ha permesso che talvolta io riportassi la vittoria.»

— In che cosa consiste la vostra felicità?

«Questo è più difficile da farvi comprendere. La felicità di cui godo è una specie di estrema contentezza di me stesso; non dei miei meriti — questo sarebbe orgoglio, e l'orgoglio è proprio degli Spiriti malvagi —, ma una contentezza come immersa, per così dire, nell'amore di Dio, nella riconoscenza per la Sua bontà infinita; è la gioia profonda che ci proviene dal bene; è la gioia di dire a sé stessi: "Forse ho contribuito al miglioramento di alcuni di coloro che si sono elevati verso il Signore". È come identificarsi con il benessere; è una specie di fusione dello Spirito e della bontà divina. Si ha il dono di vedere gli Spiriti più avanzati, di comprenderne la missione, e di sapere che anche noi arriveremo là. Si intravedono, nell'infinito incommensurabile, le regioni così risplendenti del fuoco divino che se ne rimane abbagliati pur contemplandole attraverso il velo che ancora le ricopre. Ma che cosa vado dicendovi? Comprendete le mie parole? Per esempio, questo fuoco di cui parlo, credete voi forse che sia simile al sole? No. No. È qualcosa d'indicibile per l'uomo, perché le parole esprimono solo gli oggetti, le cose fisiche o metafisiche di cui egli ha conoscenza attraverso la memoria o l'intuizione della sua anima, mentre, non potendo avere questa memoria riguardo all'ignoto assoluto, non esistono termini che possano dargliene la percezione. Ma sappiatelo: è già un'immensa felicità pensare che ci si può elevare infinitamente.»

— Avete avuta la bontà di dirmi che volete essermi utile. Vi prego: in che cosa?

«Posso aiutarvi quando cadete in errore, sostenervi nelle vostre debolezze, consolarvi nelle vostre afflizioni. Se la vostra fede, scossa da qualche affanno che vi turba, sta per vacillare, chiamatemi: Dio mi darà le parole giuste perché possiate voi ricordarvi di Lui e possa io ricondurvi a Lui. Se vi sentite sul punto di soccombere sotto il peso di inclinazioni che anche voi riconoscete essere riprovevoli, chiamatemi: io vi aiuterò a portare la vostra croce, come un tempo Gesù fu aiutato a portare la sua, quella che doveva proclamarci in modo così sublime la verità e la carità. Se sotto il peso dei vostri affanni diventate fragile, se la disperazione s'impossessa di voi, chiamatemi: io verrò a trarvi fuori da questo abisso parlandovi da Spirito a Spirito, richiamandovi ai doveri che vi sono stati imposti, non per delle considerazioni sociali e materiali, ma per l'amore che voi sentirete m me, amore che Dio ha posto nel mio essere, perché sia trasmesso a coloro che da questo amore possono essere salvati.

Senza dubbio voi avete sulla Terra degli amici; forse costoro prendevano parte ai vostri dolori e forse vi hanno già salvata. Nel dolore voi andate a trovarli, andate a portar loro i vostri lamenti e le vostre lacrime, ed essi vi daranno, in cambio di questo vostro segno d'affetto, i loro consigli, il loro appoggio, le loro premure. Ebbene, non ritenete che avere un amico anche qui sia una buona cosa? È certo consolante poter dire a sé stessi: "Quando morirò, i miei amici della Terra saranno al mio capezzale, pregando per me e piangendo su di me". Ma più consolante ancora è poter dire: "I miei amici dello Spazio saranno sulla soglia della vita e verranno, sorridenti, a prendermi per condurmi nel luogo che avrò meritato con le mie virtù".»

— In qual modo dunque ho io meritata la protezione che voi avete la bontà di accordarmi?

«Ecco perché mi sono legato a voi fin dal giorno della mia morte. Ho visto che siete una Spiritista, una buona medium e una sincera adepta. Fra coloro che ho lasciato sulla Terra, subito non ho visto che voi; allora ho deciso di venire a contribuire al vostro avanzamento, senza dubbio nel vostro interesse, ma ancor più nell'interesse di tutti coloro che voi siete chiamata a istruire nella verità. Pur lo vedete, Dio vi ama tanto da rendervi missionaria; attorno a voi, tutti, a poco a poco, condividono le vostre credenze; i più ribelli, almeno vi ascoltano, e un giorno, vedrete, vi crederanno. Non stancatevi! Continuate a camminare, malgrado gli ostacoli del cammino. Prendetemi come il vostro bastone nei momenti di debolezza.»

— Credete davvero che io meriti un così grande favore?

«Senza dubbio, siete lontana dalla perfezione. Ma il vostro ardore nel diffondere le sane dottrine, nel sostenere la fede di coloro che vi ascoltano, nel predicare la carità, la bontà, la benevolenza — anche quando verso di voi si usano delle cattive maniere —, la tenacia nell'opporvi ai vostri istinti di collera, che così facilmente potrebbero darvi soddisfazione contro quanti vi affliggono o disconoscono le vostre intenzioni, servono per fortuna da contrappeso a quanto in voi può esserci di cattivo. E seppiatelo: non c'è contrappeso più potente del perdono.

Dio vi colma delle Sue grazie attraverso la facoltà che vi concede e che spetta a voi sviluppare con i vostri sforzi, al fine di lavorare efficacemente alla salvezza del prossimo. Ora vi lascio, ma contate su di me. Cercate di limitare i vostri pensieri terreni e di vivere più spesso con i vostri amici di qui.»

Bernardin

(Bordeaux, aprile del 1862)

"Io sono uno Spirito dimenticato da molti secoli. Ho vissuto sulla Terra nella miseria e nell'ignominia. Ho lavorato senza tregua per portare ogni giorno alla mia famiglia un misero tozzo di pane. Amavo, però, il mio vero Signore, e quando quello che mi tormentava sulla Terra aumentava il mio fardello di dolori, io dicevo: 'Mio Dio, datemi la forza di sopportare questo peso senza lamentarmi'. Io espiavo, amici miei. Ma una volta uscito da questa dura prova, il Signore mi ha ricevuto nella pace, e il mio augurio più caro è quello di riunirvi tutti attorno a me, figli miei, fratelli miei, e dirvi: 'Qualsiasi prezzo paghiate, la felicità che vi attende è ancora ben al di sopra di quel prezzo'.

Io non avevo una posizione sociale. Figlio di una famiglia numerosa, ho servito chi poteva aiutarmi a sopportare la mia esistenza. Nato in un'epoca in cui l'essere servi era condizione crudele, ho sopportato tutte le ingiustizie, tutte le fatiche, tutti i pesi che ai subalterni del Signore piaceva impormi. Ho visto la mia sposa oltraggiata; ho visto le mie figlie rapite e in seguito ripudiate, senza che io potessi protestare; ho visto i miei figli, buttati in guerre di crimini e saccheggi, venire impiccati per colpe che non avevano commesso! Se voi sapeste, miei poveri amici, ciò che ho sopportato nella mia troppo lunga esistenza! Ma attendevo. Attendevo la felicità che non sta sulla Terra, e il Signore me l'ha concessa. A voi tutti dunque, fratelli miei, coraggio, pazienza e rassegnazione.

Tu, figlio mio, custodisci ciò che ti ho dato: è un insegnamento pratico. Colui che predica è molto meglio ascoltato quando può dire: Io ho ascoltato più di voi. Io ho sopportato senza lamentarmi."

— In quale epoca siete vissuto?

«Dal 1400 al 1460.»

— Dopo, avete avuta un'altra esistenza?

«Sì. Ho vissuto ancora tra di voi come missionario. Sì, missionario della fede; ma di quella vera, di quella pura, di quella che proviene dalla mano di Dio, e non di quella manipolata dagli uomini.

— Ora, come Spirito, avete ancora delle occupazioni?

«Potresti forse credere che gli Spiriti restino inattivi? L'inattività, l'inutilità sarebbe un supplizio per loro. La mia missione è quella di guidare dei centri operai nello Spiritismo. Ispiro loro dei buoni pensieri e mi sforzo di neutralizzare quelli che gli Spiriti malvagi cercano di suggerire loro.»

BERNARDIN

La contessa Paula

Era una donna giovane, bella, ricca, di origine illustre e, inoltre, un modello perfetto di tutte le qualità del cuore e dello spirito. È morta, a trentasei anni, nel 1851. Era una di quelle persone la cui orazione funebre si compendia su tutte le bocche in queste parole: "Perché Dio toglie tanto presto dalla Terra siffatte persone?" Beati coloro che, così, rendono benedetta la loro memoria! Ella era buona, dolce e indulgente verso tutti; sempre pronta a scusare o attenuare il male, invece di acuirlo; mai la maldicenza aveva insudiciato le sue labbra. Senza presunzione né alterigia, trattava i suoi subalterni con una benevolenza che non aveva nulla della familiarità condiscendente, e senza ostentare verso di loro arie di altezzosità o di protezionismo mortificante. Comprendendo che le persone che vivono del proprio lavoro non hanno rendite personali, e che del denaro loro dovuto hanno realmente bisogno, sia per la loro condizione, sia per vivere, mai fece loro attendere un solo salario. Il pensiero che qualcuno potesse soffrire per la mancanza di un pagamento a causa sua, sarebbe stato per lei un rimorso di coscienza. Non era certo di quelle persone che per soddisfare i propri capricci il denaro lo trovano sempre, mentre per pagare ciò che devono non ne hanno mai. Lei non capiva come potesse essere di buon gusto per un ricco avere dei debiti; lei si sarebbe sentita umiliata se qualcuno avesse potuto dire che i suoi fornitori erano obbligati a farle credito. Così, alla sua morte, non ci furono che rimpianti e neppure una rimostranza.

La sua beneficenza era inesauribile, ma non si trattava di quella beneficenza ufficiale che veniva ostentata alla luce del sole; in lei c'era la carità del cuore e non quella dell'ostentazione. Dio solo sa le lacrime che lei ha asciugato e le disperazioni che ha quietato, poiché queste buone azioni non avevano come testimoni altri che lei e gli infelici ch'ella assisteva. Sapeva soprattutto scoprire quelle sventure nascoste, che sono le più strazianti, e vi portava il suo soccorso cori una tale delicatezza da risollevare il morale anziché deprimerlo.

Il suo rango e le alte funzioni di suo marito la obbligavano a un tenore di vita al quale non poteva derogare. Ma, pur ottemperando alle esigenze della sua posizione sociale senza grette avarizie, ella si avvaleva di un metodo tale che, evitando gli sprechi rovinosi e le spese superflue, le permetteva di sopperirvi con metà del denaro che avrebbero speso altri, i quali non per questo avrebbero ottenuto risultati migliori.

Poteva così prelevare dal suo patrimonio una più larga parte per i bisognosi. Dalle sue sostanze aveva distratto un importante capitale, la cui rendita era esclusivamente destinata a questo scopo, che lei considerava sacro, e motivo per cui aveva meno da spendere per la sua casa. Trovava così il modo di conciliare i suoi doveri verso la società e quelli verso la sventura. [2]

Evocata, dodici anni dopo la sua morte, da uno dei suoi parenti, iniziato allo Spiritismo, ha fatta la comunicazione, qui sotto riportata, in risposta a diverse domande che le erano state rivolte. [3]

"Voi avete ragione, amico mio, di pensare che sono felice. Lo sono, in effetti, al di là di tutto quanto si possa esprimere, eppure sono ancora lontana dall'ultimo gradino. Anche sulla Terra ero tra i fortunati, dal momento che non ricordo di aver mai provato un vero dolore. Giovinezza, salute, ricchezze, omaggi: io avevo tutto quello che costituisce la felicità tra di voi; ma che cos'è questa felicità vicino a quella che si gode qui? Che cosa sono le vostre feste più splendide, in cui si ostentano gli ornamenti più ricchi, accanto a questa folla di Spiriti risplendenti di un bagliore che la vostra vista non potrebbe sopportare e che è l'appannaggio della purezza? Che cosa sono i vostri palazzi e i vostri saloni dorati accanto alle dimore aeree, ai vasti campi dello Spazio disseminati di colori che farebbero impallidire l'arcobaleno? Che cosa sono le vostre passeggiate dai passi contati nei vostri parchi, a paragone delle corse attraverso l'immensità, più veloci del lampo? Che cosa sono i vostri orizzonti limitati e nuvolosi accanto allo spettacolo grandioso dei mondi che si muovono nell'Universo senza confini, sotto la mano possente dell'Altissimo? Quanto i vostri più melodiosi concerti sono tristi e stridenti a paragone di questa soave armonia che fa vibrare i fluidi dell'etere e tutte le fibre dell'anima! Quanto le vostre più grandi gioie sono tristi e insulse accanto alla ineffabile sensazione di felicità che incessantemente penetra in tutto il nostro essere come un benefico effluvio, senza quella vaga mescolanza d'inquietudine, di apprensione e di sofferenza! Qui tutto spira amore, fiducia, sincerità. Dappertutto cuori che si amano, dappertutto degli amici, da nessuna parte ci sono né invidiosi né gelosi. Questo è il mondo dove io mi trovo, amico mio, e dove voi giungerete infallibilmente seguendo la retta via.

Tuttavia prima o poi ci si stancherebbe di una felicità tanto uniforme; non crediate perciò che la nostra sia esente da vicissitudini di vario genere. Tale felicità non consiste né in un concerto perpetuo, né in una festa senza fine, né in una beata contemplazione per tutta l'eternità. No. Essa è il movimento, la vita, l'attività. Le occupazioni, benché esenti da vere e proprie fatiche, vi apportano una incessante varietà di aspetti ed emozioni, a causa dei mille avvenimenti di cui tali occupazioni sono permeate. Ognuno ha la sua missione da compiere, i suoi protetti da assistere, amici della Terra da visitare, meccanismi della Natura da dirigere, anime sofferenti da consolare; si va, si viene, non da una strada all'altra, ma da un mondo all'altro; ci si raduna, ci si separa per ricongiungersi in seguito; a un certo punto ci si riunisce, ci si comunica ciò che si è fatto, ci si congratula a vicenda dei successi ottenuti; ci si accorda, ci si assiste reciprocamente nei casi difficili. Vi assicuro, infine, che nessuno ha il tempo di annoiarsi un solo secondo.

In questo momento la Terra è il centro delle nostre più gravi preoccupazioni. Quale sommovimento tra gli Spiriti! Quali e quante coorti vi affluiscono per concorrere alla trasformazione di questo pianeta! Si direbbe trattarsi di un nugolo di lavoratori occupati a diboscare una foresta, sotto gli ordini di capi esperti; gli uni abbattono con la scure i vecchi alberi e ne strappano le profonde radici; gli altri spianano il terreno, quelli arandolo e seminandolo; questi edifi cando la nuova città sulle rovine decrepite del vecchio mondo. Per tutto questo tempo, i capi si radunano, tengono consigli e inviano messaggeri a dare ordini in tutte le direzioni. La Terra deve essere rigenerata in un determinato tempo. Bisogna che i disegni della Provvidenza si compiano, ed è per questo che ciascuno è all'opera. Non crediate, però, che io sia una semplice spettatrice di questo grande lavoro; proverei vergogna a restarmene inattiva quando tutti sono indaffarati. Mi è stata affidata una importante missione e cerco di compierla al meglio delle mie possibilità.

Non è certo senza lotte che sono arrivata al rango che ora occupo nella vita spirituale. Sappiate che la mia ultima esistenza, per quanto meritevole possa sembrarvi, non sarebbe stata, per questo, sufficiente. Durante parecchie esistenze, sono passata attraverso le prove del lavoro e della miseria che avevo volontariamente scelto per fortificare e purificare la mia anima. Ho avuto la fortuna di uscirne vittoriosa, ma restava ancora una prova da sopportare, la più pericolosa di tutte: quella della ricchezza e del benessere materiale, di un benessere senza ombra di amarezza, e qui stava il pericolo. Prima di tentare questa prova, ho voluto sentirmi abbastanza forte per non esserne travolta. Dio ha tenuto conto delle mie buone intenzioni e mi ha fatto la grazia di sostenermi. Molti altri Spiriti, sedotti dalle apparenze, si affrettano a fare questa scelta: troppo deboli, ahimè, per affrontarne il pericolo! Cosicché le seduzioni hanno facilmente ragione della inesperienza di costoro.

Lavoratori, io sono stata nelle vostre fila. Io, la nobile dama, mi sono guadagnata, come voi, il pane col sudore della fronte; ho sopportato le privazioni, ho sofferto le intemperie, ed è questo che ha sviluppato le forze virili del mio animo. Altrimenti avrei probabilmente fallito nella mia ultima prova, la qual cosa mi avrebbe rigettato molto indietro. Come me, anche voi, a vostra volta, avrete la prova della fortuna, ma non affrettatevi a chiederla troppo presto. E voi che siete ricchi abbiate sempre presente nella vostra mente che la vera fortuna, la fortuna imperitura, non sta sulla Terra, e comprenderete a quale prezzo potete meritare i benefici dell'Onnipotente."

PAULA, sulla Terra contessa di ***


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[2] Possiamo dire che questa dama era il ritratto vivente della donna benefica, tracciato ne Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. XIII.

[3] Abbiamo estrapolato da questa comunicazione, il cui originale è in lingua tedesca, le parti più importanti riguardo all'argomento che ci interessa, sopprimendo quanto è d'interesse esclusivamente familiare.

Jean Reynaud

(Società Spiritista di Parigi. Comunicazione spontanea)

"Amici miei, quanto questa nuova vita è meravigliosa! Simile a un torrente luminoso trascina nel suo corso immenso le anime inebriate dall'infinito! Dopo il distacco dai legami carnali, i miei occhi hanno abbracciato i nuovi orizzonti che mi circondano e hanno gioito delle splendide meraviglie dell'infinito. Sono passato dalle ombre della materia all'alba luminosa che annuncia l'Onnipotente. Io sono salvo, non per merito delle mie azioni, ma per la conoscenza del principio eterno, che mi ha fatto evitare le macchie impresse dall'ignoranza sulla povera Umanità. La mia morte è stata benedetta; i miei biografi la giudicheranno prematura. Quei ciechi! Rimpiangeranno qualche scritto nato dalla polvere, e non comprenderanno quanto quel poco di rumore, che si fa attorno alla mia tomba socchiusa, sia utile alla santa causa dello Spiritismo. La mia opera era terminata; i miei predecessori seguivano la rotta; io avevo raggiunto quel punto culminante in cui l'uomo ha dato ciò che aveva di meglio, in cui non può far altro che ricominciare. La mia morte ravviva l'attenzione dei letterati e la riconduce sulla mia opera fondamentale che tratta della grande questione spiritista, che essi fingono di disconoscere e che ben presto li avvincerà. Gloria a Dio! Con l'aiuto degli Spiriti Superiori che proteggono la nuova dottrina, sarò uno dei precursori che vi indicheranno la strada."

Jean Reynaud

(Parigi, riunione familiare. Altra comunicazione spontanea)

Lo Spirito risponde a una riflessione sulla sua morte inaspettata, a un'età poco avanzata, che ha sorpreso tutti.

"Chi vi dice che la mia morte non sia un beneficio per lo Spiritismo, per il suo avvenire, per le sue conseguenze? Avete notato, amico mio, la strada che sta imboccando il progresso, la strada che sta prendendo la fede spiritista? Dio ha prima di tutto dato delle prove materiali: la danza dei tavolini, i colpi picchiati e ogni sorta di fenomeni. Era per richiamare l'attenzione; era un inizio divertente. Agli uomini occorrono delle prove palpabili per credere. Ora vi è ben altro! Dopo i fatti materiali, Dio si rivolge all'intelligenza, al buonsenso, alla fredda ragione; non si tratta più di azioni faticose, ma di cose razionali che devono convincere e riunire anche gli increduli più ostinati. E questo non è che l'inizio. Fate molta attenzione a ciò che vi dico: seguirà tutta una serie di fatti intelligenti e irrefutabili, e il numero degli adepti della fede spiritista, già così grande, aumenterà ancora. Dio s'insinuerà nel fior fiore delle intelligenze, nelle vette più alte dello Spirito, del talento e del sapere. Sarà un raggio di luce che si spanderà su tutta la Terra come un fluido magnetico irresistibile, e spingerà i più recalcitranti alla ricerca dell'infinito, allo studio di questa scienza meravigliosa che ci insegna massime così sublimi. Tutti si raduneranno attorno a voi e, prescindendo dal diploma di genio che è stato loro dato, si faranno umili e piccoli per apprendere e per convincersi. Poi, più avanti, quando saranno ben istruiti e convinti, si serviranno della loro autorità e della notorietà del loro nome per spingersi ancora più lontano e raggiungere gli ultimi limiti del fine che voi tutti vi siete proposti: la rigenerazione della specie umana attraverso la conoscenza ragionata e approfondita delle esistenze passate e future. Ecco la mia opinione sincera sullo stato attuale dello Spiritismo."

(Bordeaux)

Evocazione. "Con piacere, signora, io mi presento al vostro appello. Sì, voi avete ragione; il turbamento spirituale, per così dire, per me non è esistito (questo rispondeva al pensiero della medium). Esiliato volontariamente sulla vostra Terra, dove dovevo gettare il primo seme serio delle grandi verità che avvolgono il mondo in questo momento, io ho sempre avuto la coscienza della mia patria spirituale e mi sono rapidamente riconosciuto in mezzo ai miei fratelli."

— Vi ringrazio per esser voluto venire. Non avrei mai creduto, però, che il mio desiderio d'intrattenermi con voi avrebbe avuto una qualche influenza su di voi. Deve necessariamente esserci una tale differenza tra di noi, che io penso a voi soltanto col più grande rispetto.

«Grazie, figlia mia, di questo bel pensiero. Ma dovete anche sapere che, qualunque distanza possano stabilire tra noi le prove superate più o meno prontamente, più o meno felicemente, c'è sempre un potente legame che ci unisce: la simpatia. E voi, questo legame, lo avete rafforzato con il vostro costante pensiero.»

— Benché siano molti gli Spiriti che hanno spiegato le loro prime sensazioni al momento del risveglio, sareste così gentile da rivelarmi che cosa avete provato voi riconoscendomi? E come si è verificata la separazione del vostro Spirito e del vostro corpo?

«Come per tutti. Ho sentito avvicinarsi il momento della liberazione; ma, più fortunato di molti altri, essa non mi ha causato angosce poiché ne conoscevo i risultati, quantunque fossero più grandi di quanto non pensassi. Il corpo costituisce un ostacolo alle facoltà spirituali, e — quali che siano le luci da esso conservate — esse sono sempre più o meno offuscate dal contatto della materia. Mi sono addormentato confidando in un risveglio felice; il sonno è stato breve, lo stupore immenso! Gli splendori celesti, che si estendevano sotto il mio sguardo, brillavano in tutta la loro magnificenza. La mia vista meravigliata s'immergeva nella immensità di questi mondi di cui avevo constatato l'esistenza e l'abitabilità. Era un miraggio che mi rivelava e, nello stesso tempo, mi confermava la verità dei miei sentimenti. L'uomo ha un bel credersi sicuro, ma quando parla ha spesso in fondo al cuore dei momenti di dubbio, d'incertezza. Egli sovente diffida — se non delle verità che proclama — almeno dei mezzi imperfetti di cui si serve per dimostrarla. Convinto della verità che volevo far accogliere, ho dovuto spesso combattere contro me stesso, contro lo scoraggiamento di vedere, di toccare, per così dire, la verità, e di non poterla rendere palpabile a coloro che tanto avrebbero avuto bisogno di credervi per camminare sicuri sulla via che devono seguire.»

— Durante la vostra vita, professavate lo Spiritismo?

«Tra il professare e il praticare c'è una grande differenza. Molti professano una dottrina che non praticano affatto; io praticavo, ma non professavo. Come ogni uomo che segua, foss'anche senza conoscerle, le leggi del Cristo è Cristiano, così ogni uomo può essere Spiritista, quando creda all'immortalità della sua anima, alle sue reincarnazioni, al suo progressivo e incessante cammino, alle sue prove terrene, abluzioni necessarie per purificarsi. Io credevo in tutto questo, io ero dunque uno Spiritista. Ho compreso l'erraticità, questo legame intermedio tra le incarnazioni, questo purgatorio dove lo Spirito colpevole si spoglia delle sue vesti insozzate per indossare una veste nuova, dove lo Spirito in progresso tesse con diligenza la veste che indosserà nuovamente e che vuole conservare pura. Io ho compreso — ve l'ho detto — e senza professare ho continuato a praticare.»

Osservazione: Queste tre comunicazioni sono state ottenute da tre medium diversi, completamente estranei l'uno all'altro. Dall'analogia dei pensieri, dallo stile del linguaggio, possiamo, almeno come presunzione, ammetterne l'autenticità. L'espressione tesse con diligenza la veste che indosserà nuovamente è un'espressione seducente che rispecchia la sollecitudine con cui lo Spirito in progresso prepara la nuova esistenza che dovrà farlo progredire ulteriormente. Gli Spiriti arretrati prendono meno precauzioni e fanno a volte scelte infelici che li inducono a ricominciare.

Antoine Costeau

Membro della Società Spiritista di Parigi, fu inumato il 12 settembre 1863 nel cimitero di Montmartre, nella fossa comune. Era un uomo di cuore che lo Spiritismo ha ricondotto a Dio; la sua fede nel futuro era completa, sincera e profonda. Semplice operaio lastricatore, praticava la carità attraverso i pensieri, le parole e le azioni, e, secondo le sue deboli risorse, trovava ancora il modo di assistere quelli che avevano meno di lui. Se la Società Spiritista non ha sostenuto le spese di una sepoltura individuale, è perché c'era un impiego più utile da Fare di quei fondi, che sarebbero stati adoperati senza profitto per i vivi, per una vana soddisfazione d'amor proprio. Gli Spiritisti, soprattutto, sanno che la fossa comune è una porta che conduce al cielo tanto quanto il più sontuoso mausoleo.

Il signor Canu, segretario della Società Spiritista, un tempo radicato materialista, ha pronunciato ai suoi funerali l'orazione che qui riportiamo.

"Caro fratello Costeau, soltanto alcuni anni fa, molti di noi — e, lo confesso, io primo fra tutti — non avrebbero visto davanti a questa tomba aperta che la fine delle miserie umane e, dopo, il nulla, il terribile nulla; vale a dire niente anima per meritare premi o espiare e, di conseguenza, niente Dio che ricompensi, castighi o perdoni. Oggi, grazie alla nostra divina dottrina, noi vi ravvisiamo la fine delle prove, e per voi, fratello caro, di cui rendiamo alla terra le spoglie mortali, noi vi scorgiamo il trionfo del vostro impegno e il principio delle ricompense che avete meritato con il vostro coraggio, con la vostra rassegnazione, con la vostra carità, in una parola con le vostre virtù; e soprattutto vi scorgiamo la glorificazione di un Dio saggio, onnipotente, giusto e buono. Siate dunque, fratello caro, il portatore delle grazie che noi rendiamo all'Eterno, il quale ha voluto dissipare attorno a noi le tenebre dell'errore e della miscredenza. Infatti, fino a poco tempo fa, noi, la fronte triste e la mestizia nel cuore, in questa circostanza vi avremmo detto: 'Addio, amico, addio per sempre'. Oggi noi, la fronte alta e splendente di speranza, il cuore pieno di coraggio e d'amore, vi diciamo: 'Fratello caro, arrivederci, e pregate per noi'." [4]

Uno dei medium della Società ricevette, sulla fossa stessa non ancora ricoperta, la comunicazione che segue, della quale tutti gli astanti, compresi i necrofori, ascoltarono la lettura, a testa nuda e con profonda emozione. Era, infatti, uno spettacolo nuovo e impressionante udire le parole di un morto, raccolte dal seno stesso della tomba.

"Grazie, amici, grazie. La mia tomba non è ancora chiusa eppure, ancora un secondo, e la terra ricoprirà i miei resti. Ma — voi lo sapete — sotto questa polvere non verrà seppellita la mia anima. Essa si librerà nello Spazio, per salire verso Dio!

Cosicché diviene consolante poter ancora dire a sé stessi: Oh, no! Io non sono affatto morto, io vivo della vita vera, della vita eterna!

Il corteo funebre del povero non è seguito da un grande numero di persone. Sulla sua tomba non hanno luogo superbe manifestazioni, tuttavia, amici, credetemi, la folla immensa qui non manca, e Spiriti buoni hanno seguito con voi e con queste pie donne il corpo di colui che ora è steso laggiù! Almeno voi, voi tutti, avete dimostrato di credere e di amare il buon Dio!

Oh, certo che no! Noi non moriamo perché il nostro corpo va in frantumi, sposa amatissima! D'ora in poi io sarò sempre accanto a te per consolarti e aiutarti a sopportare la prova. Dura sarà per te la vita. Ma con l'idea dell'eternità, e pieno il tuo cuore dell'amore di Dio, quanto le tue sofferenze ti saranno leggere!

Parenti che attorniate la mia amatissima compagna, amatela e rispettatela; siate per lei dei fratelli e delle sorelle. Non dimenticate che voi tutti vi dovete reciproca assistenza sulla Terra, se volete entrare nella dimora del Signore.

E a voi Spiritisti, fratelli e amici, grazie per essere venuti a dirmi addio fino a questa dimora di polvere e di fango. Ma voi, voi sapete bene che la mia anima vive immortale, e che talvolta essa verrà a chiedervi delle preghiere, che non mi saranno rifiutate, così da aiutarmi a camminare su questa magnifica strada, che voi, Spiritisti, mi avete rivelata durante la mia vita terrena.

A voi tutti, che siete qui, addio! Potremo rivederci in altro luogo che non sia su questa tomba. Le anime mi chiamano al loro raduno.

Addio! Voi pregate per quelle che soffrono. Arrivederci!"

COSTEAU


Tre giorni più tardi, lo Spirito di Costeau, evocato da un gruppo privato, tramite un altro medium, dettò quanto qui di seguito riportiamo.

"La morte è la vita. Io non faccio che ripetere ciò che è stato già detto; ma per voi non c'è altra espressione che questa, malgrado ciò che dicono i materialisti, i quali vogliono restare ciechi. Oh, amici miei, quale splendida visione quella di veder sventolare sulla Terra le bandiere dello Spiritismo! Questa scienza immensa di cui voi possedete appena le prime parole! Quali chiarezze essa porta agli uomini di buona volontà, a coloro che hanno spezzato le terribili catene dell'orgoglio per levare in alto la loro fede in Dio! Pregate, umani, ringraziateLo di tutti i Suoi benefici. Povera Umanità! Ah, se ti fosse concesso di comprendere!... E invece no! Ancora non è giunto quel tempo in cui la misericordia del Signore dovrà estendersi su tutti gli uomini, affinché riconoscano le Sue volontà e vi si sottomettano.

Sarà attraverso i tuoi raggi luminosi, scienza benedetta, ch'essi vi arriveranno e comprenderanno. Sarà al tuo calore benefico e al fuoco divino, portatore di fede e consolazioni, ch'essi verranno a riscaldare i loro cuori. Sarà sotto i tuoi raggi vivificanti che il padrone e l'operaio si confonderanno e costituiranno una persona sola, perché avranno compreso quella carità fraterna predicata dal divino Messia.

Oh, miei fratelli, pensate alla fortuna immensa che possedete per essere stati i primi iniziati all'opera rigeneratrice. Onore a voi, amici! Continuate così e, come me, un giorno venendo nella patria degli Spiriti, voi direte: La morte è la vita; o, piuttosto è un sogno, una specie di sogno angoscioso che dura lo spazio di un minuto, e dal quale si esce per vedersi circondati da amici, che vi festeggiano e sono felici di tendervi le braccia. La mia felicità è stata così grande che io non riuscivo a comprendere come Dio potesse accordarmi tante grazie per aver fatto io così poco. Mi sembrava di sognare e, siccome qualche volta mi era capitato di sognare che ero morto, ho avuto paura, per un istante, di essere obbligato a ritornare in quel misero corpo; ma non tardai a rendermi conto della realtà, e ne ringraziai Dio. Benedicevo il maestro che così bene aveva saputo risvegliare in me i doveri dell'uomo che crede nella vita futura. Sì, io lo benedicevo e lo ringraziavo, perché Il libro degli Spiriti aveva risvegliato nella mia anima gli slanci d'amore per il mio Creatore.

Grazie, miei buoni amici, per avermi attratto verso di voi. Dite ai nostri fratelli che io sono spesso in compagnia del nostro amico Sanson. Arrivederci e coraggio! La vittoria vi attende! Felici coloro che avranno preso parte alla battaglia!"

Dopo di allora il signor Costeau si è sovente manifestato sia nella Società Spiritista sia in altre riunioni, dove ha sempre dato prova dell'elevatezza di pensiero che caratterizza gli Spiriti avanzati.

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[4] Per maggiori dettagli e per altre orazioni funebri, si veda la Rivista Spiritista dell'ottobre 1863, pag. 297.

A Srta. Emma

La signorina Emma [5] era una giovane donna, morta in seguito a un incidente causato dal fuoco, e dopo crudeli sofferenze. Qualcuno si era proposto di chiederne l'evocazione alla Società Spiritista di Parigi, allorché ella si è presentata spontaneamente il 31 luglio 1863, poco tempo dopo la sua morte.

"Eccomi, dunque, ancora sulle scene del mondo, io che mi credevo sepolta per sempre nel mio velo d'innocenza e giovinezza. Il fuoco della Terra mi salvava dal fuoco dell'Inferno: questo io pensavo nella mia fede cattolica e, se non osavo intravedere gli splendori del paradiso, la mia anima si rifugiava trepidante nell'espiazione del purgatorio. E pregavo, soffrivo, piangevo. Ma chi dava a me, così fragile, la forza di sopportare le mie angosce? Chi nelle lunghe notti d'insonnia e di febbre debilitante si chinava sul mio letto di martirio? Chi rinfrescava le mie labbra riarse? Eravate voi, mio angelo custode, la cui bianca aureola mi circondava tutta; eravate anche voi, cari Spiriti amici, che venivate a sussurrare al mio orecchio parole di speranza e di amore.

La fiamma che consumò il mio debole corpo mi dispogliò dell'attaccamento a ciò che è passeggero. Così morii che già vivevo della vera vita. Io non conobbi il turbamento ed entrai serena e quieta nel giorno radioso che avvolge quelli che, dopo aver sofferto molto, hanno un po' sperato. Mia madre, la mia cara madre, fu l'ultima vibrazione terrestre che risuonò nella mia anima. Come vorrei ch'ella diventasse Spiritista!

Io mi sono staccata dall'albero terrestre come un frutto maturato prima del tempo. Io non ero ancora stata sfiorata dal demone dell'orgoglio che tormenta le anime delle infelici, travolte dal successo brillante e dall'esaltazione della giovinezza. Io benedico la fiamma. Io benedico le sofferenze. Io benedico la prova che era una espiazione. Simile a quei leggeri fili chiari dell'autunno, fluttuo trasportata nella corrente luminosa. Non sono più le stelle di diamanti a brillare sulla mia fronte, ma le stelle d'oro del buon Dio."

EMMA


In un altro centro, il 30 luglio 1863, a Le Havre, il medesimo Spirito diede, anche qui spontaneamente, la comunicazione che segue.

"Coloro che soffrono sulla Terra sono ricompensati nell'altra vita. Dio è pieno di giustizia e misericordia per coloro che soffrono sulla Terra. Egli dona una felicità così pura, una beatitudine così perfetta, che non si dovrebbero temere né la sofferenza né la morte, se alle povere creature umane fosse possibile sondare i misteriosi disegni del nostro Creatore. Ma la Terra è un luogo di prove spesso assai grandi, spesso costellate di dolori assai crudeli. A tutte queste prove siate rassegnati, se ne siete colpiti; a tutte inchinatevi davanti alla bontà suprema del Dio che è onnipotente, s'Egli vi dà un pesante fardello da sopportare. Se Egli vi richiama a Lui dopo grandi sofferenze, voi nell'altra vita, nella vita felice, vedrete quanto questi dolori e queste pene della Terra fossero ben poca cosa, allorché giudicherete la ricompensa che Dio vi riserva, posto che né lagnanze né dicerie siano entrate nel vostro cuore. Ancora molto giovane, ho lasciato la Terra. Dio ha voluto perdonarmi e darmi la vita di coloro che hanno rispettato le Sue volontà. Adorate sempre Dio. Amatelo con tutto il vostro cuore. PregateLo, soprattutto, pregateLo fermamente: è il vostro sostegno sulla Terra, la vostra speranza, la vostra salvezza."

Emma

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[5] Signorina Emma Livry.

Il dottor Vignal

Antico membro della Società Spiritista di Parigi, morto il 27 marzo 1865. Alla vigilia della sepoltura, un sonnambulo lucidissimo e che vede molto bene gli Spiriti, pregato di trasportarsi presso di lui e di dire se lo vedesse, così risponde: "Vedo un cadavere nel quale si sta attuando un travaglio straordinario; si direbbe una massa che si agita, come un qualcosa che compia degli sforzi per liberarsene, ma che faccia fatica a vincere la resistenza. Non distinguo una forma di Spirito ben determinata".

Il dottor Vignal è stato evocato nella Società Spiritista di Parigi il 31 marzo.

— Caro dottor Vignal, tutti i vostri ex colleghi della Società di Parigi hanno conservato di voi il migliore dei ricordi, e io quello, in particolare, degli eccellenti rapporti che fra di noi non si sono mai interrotti. Il nostro scopo, chiamandovi fra di noi, è innanzi tutto quello di darvi una testimonianza della nostra simpatia, e saremmo molto felici se voi voleste o poteste venire a intrattenervi con noi.

«Amico caro e degno maestro, il buon ricordo che di me serbate e le vostre testimonianze di simpatia mi giungono molto gradite. Se oggi posso venire a voi e assistere libero a questa riunione di tutti i nostri buoni amici fratelli spiritisti, è grazie alla vostra evocazione e all'assistenza che le vostre preghiere mi hanno apportato. Come giustamente diceva il mio giovane segretario, ero impaziente di comunicare; fin dall'inizio di questa serata, ho impiegato tutte le mie forze spirituali per dominare questo desiderio. I vostri discorsi e i gravi problemi che avete sollevato, vivamente interessandomi, hanno reso la mia attesa meno penosa. Perdonate, amici miei, ma la mia riconoscenza chiedeva di manifestarsi.»

— Vogliate dirci subito come vi trovate nel mondo degli Spiriti. Vogliate nello stesso tempo descriverci il travaglio della separazione, le vostre sensazioni in quel momento e dirci in capo a quanto tempo voi vi siete riconosciuto.

«Io sono felice quanto lo si può essere quando si vedono pienamente confermati tutti i segreti pensieri che possono essere stati concepiti su una dottrina consolante e riparatrice. Io sono felice. Sì lo sono, perché ora vedo senza alcun ostacolo svilupparsi davanti a me l'avvenire della scienza e della filosofia spiritiste.

Ma mettiamo da parte, per oggi, queste inopportune digressioni. Verrò di nuovo a intrattenermi con voi su questo argomento, ben sapendo che la mia presenza vi procurerà tanto piacere quanto ne provo io stesso a visitarvi.

Il distacco dal corpo è stato abbastanza rapido; più rapido comunque di quanto quel mio poco di merito potesse farmi sperare. Sono stato fortemente aiutato dalla vostra assistenza. Il vostro sonnambulo vi ha dato un'idea abbastanza precisa del fenomeno della separazione, perché io debba insistervi ancora. Si trattava di una sorta di oscillazione intermittente, una specie di trascinamento in due sensi opposti. Lo Spirito ha trionfato, dal momento che sono qui. Non ho completamente lasciato il corpo se non nell'istante in cui è stato deposto nella terra. Sono così ritornato con voi.»

— Che cosa pensate del servizio che è stato fatto per il vostro funerale? Mi sono fatto il dovere di assistervi. In quel momento vi eravate abbastanza liberato per vederlo? E le preghiere che io ho detto per voi (beninteso non ostentatamente) sono esse giunte fino a voi?

«Sì. Come vi ho già detto, la vostra assistenza, in parte, ha fato tutto, e io sono ritornato con voi, abbandonando completamente la mia vecchia crisalide. Poco mi toccano le cose materiali, del resto voi lo sapete. Io non pensavo che all'anima e a Dio.»

— Vi ricordate che, su vostra richiesta, cinque anni fa, nel mese di febbraio del 1860, noi abbiamo fatto uno studio su di voi, quando eravate ancora in vita? [6] In quel momento il vostro Spirito si è liberato per venire a intrattenersi con noi. Abbiate la bontà di descriverci, per quanto possibile, la differenza che esiste tra la vostra liberazione attuale e quella di allora.

«Sì, certo, ricordo. Oh, quale differenza fra il mio stato di allora e quello di oggi! Allora la materia mi serrava ancora nella sua rete inflessibile. Volevo liberarmi in una maniera più assoluta e non potevo farlo. Oggi sono libero. Un vasto campo, quello dell'ignoto, si apre davanti a me. Io spero, con il vostro aiuto e quello dei buoni Spiriti ai quali mi raccomando, di progredire e di immedesimarmi il più rapidamente possibile nei sentimenti che occorre provare e nelle azioni che occorre compiere, per percorrere il sentiero della prova e per meritare il mondo delle ricompense. Quale maestà! Quale grandezza! È quasi un sentimento di sgomento quello che ci domina, quando, fragili come siamo, vogliamo fissare le luci sublimi.»

— Saremo felici di continuare questo colloquio un'altra volta, quando vorrete ritornare fra noi.

«Ho risposto succintamente e in modo forse un po' sconnesso alle vostre varie domande. Non esigete troppo dal vostro fedele discepolo: non sono ancora interamente libero. Parlare, e ancora parlare, sarebbe la mia gioia; la mia guida modera il mio entusiasmo, e io ho già potuto abbastanza apprezzare la sua bontà e la sua giustizia da sottomettermi completamente alla sua decisione, per quanto provi dispiacere a essere interrotto. Mi consolo pensando che spesso potrò venire ad assistere, in incognito, alle vostre riunioni. Alcune volte vi parlerò: vi amo e voglio dimostrarvelo. Ma altri Spiriti, più avanzati di me, reclamano la precedenza, e io devo cancellarmi davanti a coloro che hanno avuto la bontà di permettere al mio Spirito di dare libero corso al torrente di pensieri che vi avevo accumulato.

Amici, vi lascio; e devo doppiamente ringraziare non solo voi Spiritisti che mi avete chiamato, ma anche quello Spirito che ha voluto permettere che io prendessi il suo posto, e che quand'era in vita portava il nome illustre di Pascal.

Colui che fu e che sempre sarà il più devoto dei vostri adepti.»

Dott. Vignal

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[6] Si veda la Rivista Spiritista del mese di marzo del 1860.

Victor Lebufle

Giovane pratico locale, appartenente al porto di Le Havre, morto all'età di vent'anni. Abitava con sua madre, una povera commerciante, a cui egli prodigava le cure più tenere e che sosteneva con i guadagni del suo faticoso lavoro. Non lo si vide mai frequentare osterie, né darsi a quegli eccessi così frequenti in quelli del suo mestiere, poiché non voleva distrarre la benché minima parte del suo guadagno dal caritatevole uso cui lo aveva consacrato. Tutto il tempo che non veniva impiegato nel suo lavoro lo dedicava alla madre, per risparmiarle ogni fatica. Minato da ormai lungo tempo dalla malattia di cui presentiva che sarebbe morto, nascondeva le sue sofferenze per paura di causare delle apprensioni in sua madre e per paura che ella volesse lei stessa occuparsi dei lavori più ingrati. Bisognava che questo giovane uomo avesse una riserva ben profonda di qualità naturali e una ben straordinaria forza di volontà, per resistere, nell'età delle passioni, agli influssi nefasti dell'ambiente in cui viveva. Era di una pietà sincera. Edificante è stata la sua morte.

Alla vigilia della morte, volle che sua madre andasse a riposare un poco, dicendo che lui stesso sentiva il bisogno di dormire. Fu a questo punto che la madre ebbe una visione. Si trovava — disse — in una grande oscurità allorché vide un punto luminoso che ingrandiva a poco a poco, e la stanza si trovò illuminata da un chiarore brillante, da cui si distaccò la figura del figlio, che si levava radiosa nello spazio infinito. Ella comprese che la sua fine era vicina; infatti, il giorno dopo l'anima bella di suo figlio aveva lasciato la Terra, mentre le sue labbra sussurravano una preghiera.

Una famiglia spiritista, che ne conosceva la condotta edificante e che s'interessava della madre rimasta sola, aveva avuto intenzione di evocarlo poco tempo dopo la sua morte, quand'egli si manifestò spontaneamente attraverso questa comunicazione.

"Voi desiderate sapere come sto ora: sono molto felice. Oh, molto felice! Non dovete affatto tener conto delle sofferenze e delle angosce, poiché sono fonte di benedizioni e felicità nell'oltretomba. Felicità! Voi non sapete che cosa significhi questo termine. Le felicità della Terra sono così lontane da ciò che proviamo quando ritorniamo verso il Maestro con una coscienza pura, con la fiducia del servitore che ha svolto bene il suo dovere e che , pieno di gioia, attende l'assenso di colui che è tutto!

Oh, amici miei, la vita è penosa e difficile, se voi non guardate al fine! Ma io ve lo dico in verità: quando verrete tra di noi, se la vostra vita si è svolta secondo la legge di Dio, voi sarete ricompensati ben oltre misura, ben oltre la sofferenza e i meriti che credete di aver guadagnato per il Cielo. Siate buoni, siate caritatevoli, di quella carità sconosciuta a molti degli uomini, che si chiama benevolenza. Siate soccorrevoli verso i vostri simili; fate per loro più di quanto vorreste che si facesse per voi stessi, perché ignorate la miseria intima degli altri, è vero, ma conoscete la vostra. Soccorrete mia madre, la mia povera madre, il mio solo rimpianto della Terra. Ella deve subire altre prove, e bisogna ch'ella arrivi in Cielo. Addio. Vado da lei."

Victor

La guida del medium. Le sofferenze patite sulla Terra durante una incarnazione terrestre non sempre sono una punizione. Gli Spiriti che vengono sulla Terra per compiervi una missione, come colui che ha appena comunicato con voi, sono felici di sopportare mali che per altri sono una espiazione. Il sonno accanto all'Altissimo li ritempra e dona loro la forza di sopportare tutto per la Sua gloria. La missione di questo Spirito, nella sua ultima esistenza, non era una missione da far scalpore; ma quantunque essa sia stata oscura, egli non ne ha avuto che maggior merito, dal momento che non poteva essere stimolato dall'orgoglio. Egli aveva prima di tutto un dovere di riconoscenza da compiere nei confronti di colei che fu sua madre. In secondo luogo, doveva dimostrare che, anche negli ambienti più degradati, si possono trovare delle anime pure, dai sentimenti nobili ed elevati, e che con la volontà si può resistere a tutte le tentazioni. Questa è una prova secondo cui le qualità hanno una causa anteriore. Un tale esempio, inoltre, non sarà stato sterile.

La signora Anais Gourdon

Giovanissima donna, nota per la dolcezza del suo carattere e per le qualità morali tra le più eccellenti, morta nel novembre del 1860, Anais Gourdon apparteneva a una famiglia di minatori, occupati nelle miniere di carbone dei dintorni di Saint-Etienne, circostanza importante per giudicare la sua posizione come Spirito.

Evocazione. «Sono qui.»

— Vostro marito e vostro padre mi hanno pregato di chiamarvi e saranno molto felici di avere da voi una comunicazione.

«Anch'io sono ben felice di offrirla loro.»

— Perché siete stata sottratta così giovane all'affetto della vostra famiglia?

«Perché avevo terminato le mie prove terrene.»

— Andate a vederli qualche volta?

«Oh, io sono spesso accanto a loro!»

— Siete felice come Spirito?

«Sono felice: spero, attendo, amo. I cieli non m'infondono alcun terrore, e io attendo con fede e amore che le ali bianche mi sospingano fino a essi.»

— Che cosa intendete per ali bianche?

«Intendo: diventare puro Spirito e risplendere come i messaggeri celesti che mi abbagliano.»

Le ali degli angeli, degli arcangeli e dei serafini, i quali sono puri Spiriti, non sono che un attributo immaginato dagli uomini per rappresentare la rapidità con la quale essi si trasportano. La loro natura eterea, infatti, li esime da qualsiasi sostegno, per percorrere gli spazi. Essi possono tuttavia apparire agli uomini con questo accessorio per corrispondere alla loro idea, così come altri Spiriti assumono l'aspetto che avevano sulla Terra per farsi riconoscere.

— I vostri parenti possono fare qualcosa che vi sia particolarmente gradito?

«Possono, quei cari esseri, non più rattristarmi con la visione dei loro rimpianti, poiché sanno bene che io non sono perduta per loro. Che il mio pensiero sia loro dolce, leggero e profumato nel loro ricordo. Sono passata come un fiore, e niente di triste deve sussistere del mio rapido passaggio.»

— Come succede che il vostro linguaggio è così poetico e così poco adeguato alla posizione che avevate sulla Terra?

«Il fatto è che qui è la mia anima che parla. Sì, io possedevo delle cognizioni acquisite. Spesso Dio permette che degli Spiriti delicati si incarnino fra gli uomini più rudi per far loro presentire le delicatezze ch'essi raggiungeranno e che comprenderanno più tardi.»

Senza questa spiegazione così logica e così conforme alla sollecitudine di Dio per le Sue creature, difficilmente ci si sarebbe resi conto di ciò che, di primo acchito, potrebbe sembrare un'anomalia. Infatti, che cosa di più gentile e poetico del linguaggio dello Spirito di questa giovane donna, cresciuta in mezzo ai lavori più rudi? Sovente si osserva il contrario. Ci sono Spiriti inferiori incarnati tra gli uomini più evoluti, ma ciò con un fine opposto. È in vista del loro stesso progresso che Dio li mette in contatto con un mondo illuminato, ma a volte anche per servire come prova a quel mondo stesso. Quale altra filosofia potrebbe risolvere tali problemi?

Maurice Gontran

Era un figlio unico, morto a diciotto anni di una malattia polmonare. Intelligenza rara, razionalità precoce, grande amore per lo studio, carattere dolce, affettuoso e simpatico, egli possedeva tutte quelle qualità che danno le più legittime speranze d'un brillante avvenire. I suoi studi erano stati portati a termine assai presto con il più grande successo, ed egli lavorava per la Scuola Politecnica. La sua morte fu per i suoi genitori la causa d'uno di quei dolori che lasciano tracce profonde, e tanto più penose poiché, essendo egli sempre stato di salute delicata, essi attribuivano la sua fine prematura alla fatica cui lo avevano spinto. E se ne rimproveravano. "A che cosa — dicevano — gli serve adesso tutto ciò che ha appreso? Meglio sarebbe stato se fosse rimasto ignorante. Non aveva certo bisogno di quello per vivere. Senza dubbio egli sarebbe ancora fra di noi e sarebbe stato la consolazione dei giorni della nostra vecchiaia." Se avessero conosciuto lo Spiritismo, avrebbero senza dubbio ragionato altrimenti. Più tardi, infatti, vi trovarono la vera consolazione. La comunicazione, qui sotto riportata, fu data dal figlio a uno dei loro amici, alcuni mesi dopo la sua morte.

— Mio caro Maurice, il tenero attaccamento che avevate per i vostri genitori fa sì che io non dubiti del vostro desiderio di dar loro coraggio, se questo è in vostro potere. L'angoscia, direi anzi la disperazione, in cui li ha gettati la vostra morte, scuote visibilmente la loro salute e fa loro affrontare la vita con repulsione. Alcune vostre buone parole potranno senza dubbio farli rinascere alla speranza.

«Mio vecchio amico, con impazienza attendevo l'occasione di comunicare che voi mi offrite. Il dolore dei miei genitori mi affligge, ma esso si calmerà quando avranno la certezza che io non sono perduto per loro. Occorre che voi cerchiate di convincerli di questa verità, e certamente ci riuscirete. Era necessario questo avvenimento per condurli a una fede che porterà loro felicità, perché impedirà che si lamentino contro i decreti della Provvidenza. Mio padre, voi lo sapete, era molto scettico riguardo alla vita futura. Dio ha permesso ch'egli avesse questo dolore per trarlo dal suo errore.

Noi ci ritroveremo qui, in questo mondo dove non si conoscono più le sofferenze della vita e dove io li ho preceduti. Ma spiegate loro che la consolazione di rivedermi qui potrebbe venir rifiutata come punizione della loro mancanza di fede nella bontà divina. Mi sarebbe persino proibito, d'allora in poi, di comunicare con loro mentre essi sono ancora sulla Terra. La disperazione è una rivolta contro la volontà dell'Onnipotente ed è sempre punita con la continuazione della causa che ha prodotto questa disperazione, finché non ci si sia alla fine sottomessi. La disperazione è un vero suicidio, poiché mina le forze del corpo. . Colui che abbrevia i suoi giorni, con l'idea di sottrarsi più in fretta ai lacci del dolore, va incontro ai più crudeli disinganni. Il fatto è che, al contrario, bisogna lavorare per mantenere efficienti le forze fisiche, così da sopportare più facilmente il peso delle prove.

Miei buoni genitori, è a voi che mi rivolgo. Dopo che ho lasciato le mie spoglie mortali, non ho mai cessato d'essere accanto a voi e ci sono più spesso di quando vivevo sulla Terra. Consolatevi dunque, perché io non sono morto, ma il mio Spirito vive sempre. Il mio Spirito è libero, felice, al riparo dalle malattie, dalle invalidità, dal dolore. Invece di affliggervi, rallegratevi di sapermi in un ambiente esente da affanni e pericoli, dove il cuore è inebriato da una gioia pura, senza ombre.

Oh, amici, non piangete coloro che muoiono prematuramente! È una grazia che Dio concede, per risparmiare loro le tribolazioni della vita. La mia esistenza non doveva, questa volta, protrarsi più a lungo sulla Terra; vi avevo acquisito ciò che vi dovevo acquisire, per prepararmi a compiere, più tardi, nello Spazio, una missione più importante. Se fossi vissuto lunghi anni, sapete voi a quali pericoli, a quali seduzioni sarei stato esposto? Sapete che, se — non essendo ancora abbastanza forte per resistere — non fossi morto, ciò poteva equivalere per me a un ritardo di parecchi secoli? Un dolore inconsolabile, in questo caso, denuncerebbe una mancanza di fede e non potrebbe essere legittimata che dalla credenza nel nulla. Oh, sì, sono da compiangere coloro che coltivano questa sconfortante credenza! Per loro, infatti, non c'è alcuna possibile consolazione. Gli esseri che sono loro cari sono perduti senza ritorno! La tomba ha portato via con sé la loro ultima speranza!»

— La vostra morte è stata dolorosa?

«No, amico mio, io ho sofferto soltanto prima di morire, della malattia che mi ha portato via, ma questa sofferenza diminuiva nella misura in cui si avvicinava l'ultimo istante, poi, un giorno, mi sono addormentato senza pensare alla morte. Ho sognato. Oh, un sogno delizioso! Sognavo che ero guarito: non soffrivo più, respiravo a pieni polmoni e con piacere un'aria balsamica e corroborante. Venivo trasportato attraverso lo Spazio da una forza sconosciuta. Una luce abbagliante risplendeva intorno a me, senza tuttavia affaticare la mia vista. Vidi mio nonno: non aveva più la figura scarna, ma un'aria di freschezza e di giovinezza; mi tese le braccia e mi strinse con effusione sul suo cuore. Una folla di altre persone, dal viso sorridente, l'accompagnava; tutti mi accoglievano con bontà e benevolenza, mi sembrava di riconoscerli, ero felice di rivederli, e tutti insieme ci scambiammo parole e testimonianze di amicizia. Ebbene, ciò che io credevo fosse un sogno era la realtà! Non avrei più dovuto risvegliarmi sulla Terra: mi ero risvegliato nel mondo degli Spiriti.»

— La vostra malattia non potrebbe essere stata causata dalla troppo intensa assiduità allo studio?

«Oh, no! Siatene ben persuasi! Il tempo che io dovevo vivere sulla Terra era segnato, e niente avrebbe potuto trattenermi più a lungo. Il mio Spirito, in quei momenti del distacco, lo sapeva perfettamente ed era felice pensando alla sua vicina liberazione. Ma il tempo che ho trascorso sulla Terra non è stato senza profitto e oggi mi compiaccio di non averlo perduto. I seri studi cui mi sono dedicato hanno fortificato la mia anima e hanno accresciuto le mie cognizioni. È tanto ciò che ho appreso, e se non ho potuto applicarlo nel mio breve soggiorno tra voi, lo applicherò più tardi con maggior profitto.

Addio, mio caro amico, vado accanto ai miei genitori, per predisporli a ricevere questa comunicazione.»

Maurice




Capitolo III - SPIRITI IN UNA CONDIZIONE MEDIA

Joseph Bré

Morto nel 1840, evocato a Bordeaux nel 1862 da una sua nipote

L'uomo onesto secondo Dio o secondo gli uomini

1. Caro nonno, volete dirmi come state tra gli Spiriti e darmi qualche dettaglio istruttivo per il nostro avanzamento?

«Tutto ciò che vorrai, mia cara figliola. Io espio la mia mancanza di fede; ma la bontà di Dio è grande: Egli tiene conto delle circostanze. Soffro, non però come tu potresti intendere; soffro per il rimpianto di non aver impiegato bene il mio tempo sulla Terra.»

2. In che modo non l'avete impiegato bene? Voi avete sempre vissuto da uomo onesto.

«Sì, dal punto di vista degli uomini. Ma c'è un abisso tra l'uomo onesto davanti agli uomini e l'uomo onesto davanti a Dio. Tu vuoi istruirti, cara figliola; e io mi impegnerò a dimostrarti questa differenza!

Fra di voi, un uomo viene stimato onesto, quando rispetta le leggi del suo paese; e questo rispetto è, per molti, alquanto elastico. Quando non fa torto ad alcuno rubandogli manifestamente i suoi beni; ma poi, spesso, si tolgono al prossimo, senza scrupolo alcuno, l'onore e la felicità, dal momento che il vostro codice, o l'opinione pubblica, non può punire l'ipocrita colpevole. Quando ha potuto far incidere sulla sua pietra tombale un lungo elenco di virtù, di cui, fra di voi, ci si vanta e con cui si crede di aver pagato il proprio debito all'Umanità. Quale errore! Non è sufficiente, per essere onesti davanti a Dio, non aver infranto le leggi degli uomini, bisogna innanzi tutto non aver trasgredito le leggi divine.

L'uomo onesto davanti a Dio è colui che, pieno di devozione e amore, consacra la sua vita al bene e al progresso dei suoi simili. È colui che, animato da un fervore che egli attinge nel fine, è operoso nella vita: operoso per adempiere il compito materiale che gli viene assegnato, poiché deve insegnare ai suoi fratelli l'amore per il lavoro; operoso nelle opere buone, poiché non deve dimenticare ch'egli non è che un servitore, al quale il padrone domanderà conto, un giorno, dell'impiego del suo tempo; operoso nel fine, perché deve predicare con l'esempio l'amore verso il Signore e verso il prossimo. L'uomo onesto davanti a Dio deve evitare con cura quelle parole mordenti che, veleno nascosto sotto i fiori, distruggono la reputazione e spesso uccidono l'uomo morale coprendolo di ridicolo. L'uomo onesto davanti a Dio deve sempre avere il cuore sbarrato di fronte al minimo fermento d'orgoglio, d'invidia, di ambizione. Egli deve essere paziente e benevolo con coloro che lo attaccano; deve perdonare dal profondo del cuore, senza troppi sforzi e soprattutto senza ostentazione, chiunque l'abbia offeso; deve amare il suo Creatore in tutte le creature; deve infine mettere in pratica questo compendio così conciso e così grande dei doveri dell'uomo: amare Dio sopra tutte le cose e il proprio prossimo come sé stesso.

Ecco, mia cara figliola, ciò che pressappoco deve essere l'uomo onesto davanti a Dio. Ebbene, ho forse io fatto tutto questo? No. Io sono venuto meno a molte di queste condizioni e qui lo confesso senza arrossire. Non ho avuto l'operosità che l'uomo deve avere. L'oblio nei confronti del Signore mi ha condotto ad altri oblii, i quali, per il fatto di non essere passibili di condanna da parte della legge umana, non per questo cessano di essere delle prevaricazioni verso le leggi di Dio. Quando ho capito questo, ne ho sofferto molto. Ecco perché oggi io spero, ma con la consolante speranza nella bontà di Dio, ch'Egli veda il mio pentimento. Dillo, cara figliola, ripetilo a coloro che hanno la coscienza sporca; possano costoro coprire i loro errori a forza di opere buone, affinché la misericordia di Dio si stenda su di essi. I Suoi occhi paterni calcoleranno le espiazioni, e la Sua mano possente cancellerà le colpe.»

La signora Hélène Michel

Giovane donna di venticinque anni, morì improvvisamente, in pochi istanti, in casa sua, senza sofferenze e senza una causa in precedenza conosciuta. Era ricca, un po' frivola, e, in seguito alla leggerezza del suo carattere, si occupava più delle futilità della vita che delle cose serie; ma, nonostante ciò, era di buon cuore, era dolce, cordiale e caritatevole.

Evocata tre giorni dopo la sua morte, da persone che l'avevano conosciuta, si espresse così:

"Non so dove sono... quale confusione mi circonda!... Voi mi avete chiamata, e io sono venuta... Non capisco perché non sono a casa mia... mi si piange come se non ci fossi, e io sono là, e non posso farmi riconoscere da tutti loro... Il mio corpo non mi appartiene più, e tuttavia lo sento freddo, di ghiaccio... Voglio lasciarlo, e vi sono inchiodata; vi ritorno sempre... Ma io sono due persone... Oh, quando comprenderò ciò che mi accade?... Bisogna che io torni laggiù... il mio altro 'io' che cosa diverrebbe, me assente?... Addio."

Il sentimento della dualità, che non è ancora distrutto da un completo distacco, è qui evidente. Il carattere volubile e la sua condizione patrimoniale, che le permetteva di soddisfare ogni suo capriccio, dovettero favorire le sue naturali tendenze alla leggerezza. Non c'è dunque da meravigliarsi che il suo distacco sia stato poco rapido e che, tre giorni dopo la sua morte, ella si sentisse ancora legata al suo involucro corporale. Ma, siccome non c'era in lei alcun vizio grave e siccome in fondo era buona, questa situazione non aveva nulla di molto penoso e non è durata troppo a lungo. Nuovamente evocata da lì a qualche giorno, le sue idee erano già molto cambiate. Ecco ciò che disse:

"Grazie di aver pregato per me. Riconosco la bontà di Dio, che mi ha risparmiato le sofferenze e l'apprensione al momento del distacco del mio corpo e del mio Spirito. La mia povera madre stenterà molto a rassegnarsi. Ma sarà confortata. E quello che ai suoi occhi è una terribile disgrazia era indispensabile, affinché le cose del Cielo divenissero per lei ciò che devono essere: tutto. Io sarò accanto a lei fino alla fine della sua prova terrena e l'aiuterò a sopportarla. Non sono infelice, ma ho ancora molto da fare, per progredire verso la dimora beata. Pregherò Dio di permettermi di ritornare sulla Terra, perché devo riparare al tempo che vi ho perduto in questa esistenza. Che la fede vi sostenga, amici miei; abbiate fiducia nell'efficacia della preghiera, quando essa parta veramente dal cuore. Dio è buono."

— Siete stata a lungo senza riconoscervi?

«Ho compreso la morte lo stesso giorno in cui voi avete pregato per me.»

— Quello stato di turbamento era uno stato di sofferenza?

«No. Io non soffrivo. Credevo di sognare e attendevo il risveglio. La mia vita non è stata priva di dolori, ma ogni essere incarnato sulla Terra deve soffrire. Io mi sono rassegnata alla volontà di Dio, ed Egli ne ha tenuto conto. Vi sono riconoscente delle preghiere: esse mi hanno aiutato a riconoscermi. Grazie. Vi rivedrò sempre con piacere. Addio.»

Helene

Marchese de Saint-Paul

Morto nel 1860, evocato su richiesta della sorella, membro della Società di Parigi, il 16 marzo del 1861

1. Evocazione. «Eccomi.»

2. La vostra signora sorella ci ha pregato di evocarvi, sebbene sia medium lei stessa. Ma non è abbastanza allenata da sentirsi sicura di sé.

«Cercherò di rispondere facendo del mio meglio.»

3. Ella desidera innanzi tutto sapere se siete felice.

«Sono errante, e questo stato transitorio non porta mai né la felicità né il castigo in modo assoluto.»

4. Siete stato per molto tempo senza riconoscervi?

«Sono rimasto a lungo nel turbamento e non ne sono uscito che per benedire la pietà di coloro che non mi dimenticavano e pregavano per me.»

— Potreste valutare la durata di questo turbamento?

«No.»

5. Quali dei vostri parenti avete subito riconosciuto?

«Ho riconosciuto mia madre e mio padre, i quali mi hanno, tutti e due, accolto al risveglio; loro mi hanno iniziato alla nuova vita.»

6. Come mai, al termine della vostra malattia, voi sembraste conversare con coloro che avevate amato sulla Terra?

«Perché ho avuto, prima di morire, la rivelazione del mondo che avrei abitato. Prima di morire io ero veggente, e i miei occhi si sono velati durante il passaggio della definitiva separazione dal corpo, poiché i legami carnali erano ancora molto vigorosi.»

7. Come mai sembrò che vi tornassero di preferenza i ricordi dell'infanzia?

«Perché l'inizio si identifica più con la fine che con la parte centrale della vita.»

— Come spiegate questo?

«Vuol dire che i moribondi ricordano e vedono, come in un miraggio di consolazione, la purezza infantile dei primi anni.»

È probabilmente per un simile provvidenziale motivo che i vecchi, nella misura in cui si avvicinano al termine della vita, hanno a volte un ricordo così preciso dei minimi dettagli dei loro primi anni.

8. Perché, parlando del vostro corpo, parlavate sempre in terza persona?

«Perché ero veggente, ve l'ho già detto, e perché sentivo nettamente le differenze che esistono tra il fisico e il morale. Queste differenze, legate tra loro dal fluido della vita, diventano evidentissime agli occhi dei moribondi chiaroveggenti.»

È una particolare singolarità quella che la morte di questo signore ha presentato. Nei suoi ultimi istanti, egli diceva in continuazione: "Ha sete, bisogna dargli da bere; ha freddo, bisogna riscaldarlo; soffre nel tal punto ecc". E quando gli si diceva: "Ma siete voi che avete sete?", egli rispondeva: "No. È lui". Qui si delineano perfettamente le due esistenze: l' io pensante è nello Spirito e non nel corpo; lo Spirito, già in parte liberato, considerava il suo corpo come un'altra individualità che, propriamente parlando, non gli apparteneva più. Era dunque al suo corpo che bisognava dar da bere, e non a lui Spirito. Questo fenomeno si osserva anche in taluni sonnambuli.

9. Ciò che avete detto del vostro stato erratico e della durata del vostro turbamento porterebbe a credere che non siete molto felice, e tuttavia le vostre qualità dovrebbero far supporre il contrario. D'altronde ci sono Spiriti erranti che sono felici, come ce ne sono di infelici.

«Io mi trovo in uno stato transitorio. Le virtù umane acquisiscono qui il loro vero valore. Senza dubbio, il mio stato è mille volte preferibile a quello dell'incarnazione terrena, ma ho sempre portato in me le aspirazioni del vero bene e del vero bello, e la mia anima non sarà appagata se non quando volerà ai piedi del suo Creatore.»

Il signor Cardon, medico

Il signor Cardon aveva passato una parte della sua vita nella marina mercantile, in qualità di medico su una baleniera, e lì aveva preso delle abitudini e delle idee un po' materialistiche. Ritiratosi nel villaggio di J., vi esercitava la modesta professione di medico di campagna. Dopo qualche tempo aveva acquisito la certezza di essere stato colpito da una ipertrofia cardiaca. Sapendo che questa malattia è incurabile, il pensiero della morte lo gettava in una cupa malinconia da cui nulla poteva distrarlo. Due mesi prima circa, predisse la sua fine in un determinato giorno. Quando si sentì vicino a morire, radunò attorno a sé la famiglia per darle l'ultimo addio. Sua moglie, sua madre, i suoi tre figli e altri parenti erano raccolti intorno al suo letto; nel momento in cui sua moglie provò a sollevarlo, si accasciò, divenne livido, quasi bluastro, gli occhi gli si chiusero e lo si credette morto; la moglie gli si pose davanti per cercar di nascondere quello spettacolo ai figli. Dopo alcuni minuti egli riaprì gli occhi; i suoi lineamenti, per così dire illuminati, assunsero un'espressione di radiosa beatitudine ed egli gridò: "Oh, figli miei, com'è bello! Com'è sublime! Oh, la morte! Quale beneficio! Quale dolce cosa! Io ero morto e ho sentito la mia anima elevarsi alta, altissima; ma Dio mi ha permesso di ritornare per dirvi: 'Non temete la morte. Essa è la liberazione...' Perché non riesco a descrivervi la magnificenza di ciò che ho visto e le impressioni da cui mi sono sentito penetrare? Ma non potreste comprendere... Oh, figli miei, comportatevi sempre in maniera tale da meritarvi questa ineffabile felicità, riservata agli uomini dabbene! Vivete secondo la carità; se qualcosa possedete, donatene una parte a coloro che mancano del necessario... Sposa mia cara, ti lascio in una condizione che non è propriamente felice; qualcuno ci deve del denaro, ma, te ne scongiuro, non tormentare coloro che ce lo devono; se si trovano in ristrettezze, attendi fino a quando potranno sdebitarsi; e, riguardo a coloro che non lo potranno, fa' di ciò il tuo sacrificio: Dio te ne ricompenserà. Tu, figlio mio, lavora per sostenere tua madre, sii sempre un uomo onesto e guardati dal fare una qualsiasi cosa che possa disonorare la nostra famiglia. Prendi questa croce tramandatami da mia madre; non abbandonarla mai, e che essa ti ricordi i miei ultimi consigli... Figli miei, aiutatevi e sostenetevi l'un l'altro; che la buona armonia regni tra di voi; non siate né vacui né orgogliosi; perdonate ai vostri nemici, se volete che Dio perdoni voi..." Poi, avendo fatto avvicinare a sé i suoi figli, tese verso di loro le mani e aggiunse: "Vi benedico, figli miei". E questa volta i suoi occhi si chiusero per sempre. Ma i suoi lineamenti conservarono una espressione così solenne che, fino al momento in cui fu sepolto, una folla numerosa andò a contemplarlo con ammirazione.

Poiché tali interessanti dettagli ci sono stati forniti da un amico della famiglia, abbiamo pensato che questa evocazione potrebbe essere istruttiva per tutti e che, nel medesimo tempo, potrebbe essere utile allo Spirito.

1. Evocazione. «Sono accanto a voi.»

2. Ci è stato riferito dei vostri ultimi istanti, che ci hanno riempito di ammirazione. Vorreste essere così cortese da descriverci, più dettagliatamente di quanto non abbiate fatto finora, ciò che avete visto nell'intervallo di quelle che si potrebbero chiamare le vostre due morti?

«Ciò che io ho visto potreste voi mai comprenderlo? Non lo so, perché dubito di riuscire a trovare espressioni capaci di rendere comprensibile ciò che ho potuto vedere durante alcuni istanti, in cui mi è stato possibile abbandonare le mie spoglie mortali.»

3. Avete consapevolezza del luogo in cui siete stato? È lontano dalla Terra, in un altro pianeta o nello Spazio?

«Lo Spirito non conosce il valore delle distanze allo stesso modo con cui lo considerate voi. Trasportato da non so quale potere meraviglioso, ho visto lo splendore d'un cielo come solo i sogni potrebbero realizzarlo. Questa corsa attraverso l'infinito è stata fatta così rapidamente che io non posso precisare i minuti impiegati dal mio Spirito.»

4. Attualmente godete della felicità che avete intravisto?

«No. Vorrei tanto poterne godere, ma Dio non può ricompensarmi così. Troppo spesso mi sono ribellato ai pensieri benedetti che il cuore mi dettava, e, inoltre, la morte mi sembrava un'ingiustizia. Medico miscredente, avevo attinto dall'arte di guarire un'avversione contro la seconda natura che è il nostro impulso intelligente, divino. L'immortalità dell'anima era per me una finzione atta a sedurre le nature poco elevate; nondimeno il vuoto mi spaventava, perché molto spesso maledicevo questo agente misterioso che colpisce perennemente. La filosofia mi aveva fuorviato, impedendomi di comprendere tutta la grandezza dell'Eterno che sa ripartire il dolore e la gioia, quale insegnamento per l'Umanità.»

5. Al momento della vostra vera morte, vi siete subito riconosciuto?

«No. Mi sono riconosciuto durante la transizione che il mio Spirito ha subito per percorrere i luoghi eterei. Ma non subito dopo la morte reale: sono stati necessari alcuni giorni per il mio risveglio.

Dio mi aveva concessa una grazia. Ve ne dirò la ragione.

La mia miscredenza primitiva non esisteva più. Prima della mia morte, ero diventato credente, perché, dopo aver sondato scientificamente la materia che mi faceva deperire, io non avevo trovato, alla fine di ogni ragione terrena, che la ragione divina. Essa mi aveva ispirato e consolato, e il mio coraggio era più forte del dolore. Benedicevo ciò che avevo maledetto. La fine mi appariva come la liberazione. Il pensiero di Dio è grande come il mondo! Oh, quale suprema consolazione nella preghiera che dà commozioni ineffabili! Essa è l'elemento più certo della nostra natura immateriale; attraverso la preghiera io ho compreso, io ho fermamente e sovranamente creduto, ed è per questo che Dio, tenendo conto delle mie azioni, ha voluto ricompensarmi prima ancora che la mia incarnazione terminasse.»

6. Si potrebbe dire che la prima volta voi eravate morto?

«Sì e no. Avendo lo Spirito abbandonato il corpo, la carne, allora, andava naturalmente spegnendosi. Ma, riprendendo possesso della mia dimora terrena, la vita è ritornata al corpo, il quale aveva subito una transizione, un sonno.»

7. In quel momento sentivate i legami che vi riattaccavano al vostro corpo?

«Senza dubbio. Lo Spirito ha un legame difficile da spezzare e ha bisogno dell'ultimo trasalimento della carne per ritornare alla sua vita naturale.»

8. Come mai, al momento della vostra morte apparente e per alcuni minuti,il vostro Spirito ha potuto liberarsi istantaneamente e senza turbamento, mentre la morte reale è stata seguita da un turbamento di parecchi giorni? Sembra che nel primo caso i legami tra l'anima e il corpo sussistano più che nel secondo, e il distacco perciò dovrebbe essere più lento; ciò che è accaduto è invece il contrario.

«Voi avete spesso fatto l'evocazione di uno Spirito incarnato e ne avete ricevuto delle risposte reali; io mi trovavo nella condizione di quegli Spiriti. Dio mi chiamava, e i Suoi servitori mi avevano detto: "Vieni...". Io ho obbedito e ho ringraziato Dio del favore speciale che ha voluto concedermi; ho potuto vedere la Sua infinita grandezza e rendermene conto. Grazie a voi che mi avete permesso, prima della morte reale, d'indottrinare i miei, affinché le loro siano incarnazioni buone e giuste.»

9. Da dove vi venivano le belle e buone parole che, al momento del vostro ritorno alla vita, avete indirizzato alla vostra famiglia?

«Esse erano il riflesso di ciò che io avevo visto e inteso. I buoni Spiriti ispiravano la mia voce e animavano il mio viso.»

10. Quale impressione credete che abbia fatto la vostra rivelazione sugli astanti e sui vostri figli in particolare?

«Sorprendente, profonda. La morte non è mentitrice. I figli, per quanto ingrati possano essere, s'inchinano di fronte all'incarnazione che se ne sta andando via. Se si potesse scrutare il cuore dei propri figli, accanto a una tomba semiaperta, si sentirebbero palpitare soltanto sentimenti veri, toccati profondamente dalla mano segreta degli Spiriti, che dicono in tutti i pensieri: "Tremate se siete nel dubbio. La morte è la riparazione, è la giustizia di Dio". E io, malgrado gli increduli, ve lo assicuro: i miei amici e la mia famiglia crederanno alle parole che la mia voce ha pronunciato prima di morire. Io ero l'interprete di un altro mondo.»

11. Avete detto che non godete di quella felicità che avevate intravisto. Siete infelice allora?

«No, poiché io credevo prima di morire; e questo avveniva nella mia anima e nella mia coscienza. Il dolore è tormentoso sulla Terra, ma fortifica dal punto di vista del futuro spirituale. Osservate che Dio ha voluto tener conto delle mie preghiere e della mia fede in Lui. Io sono sulla strada che conduce alla perfezione e arriverò al termine che mi è stato permesso d'intravedere. Pregate, amici miei, per questo mondo invisibile che presiede ai vostri destini; questo scambio fraterno è scambio di carità ed è una leva poderosa che pone in comunione gli Spiriti di tutti i mondi.»

12. Vorreste rivolgere qualche parola a vostra moglie e ai vostri figli?

«Io prego i miei tutti di credere nel Dio potente, giusto e immutabile; nella preghiera che conforta e solleva; nella carità che è l'atto più puro dell'incarnazione umana. Ch'essi ricordino che si può dare anche poco: l'obolo del povero è il più meritorio davanti a Dio, il quale sa che un povero dà molto donando poco; occorre che il ricco dia molto e spesso, per meritare tanto quanto quello.

L'avvenire è la carità, è la benevolenza in tutte le azioni; è credere che tutti gli Spiriti sono fratelli, non vantandosi essi mai di tutte quelle puerili vanità della Terra.

Famiglia mia amatissima, avrai dure prove da affrontare; possa tu affrontarle coraggiosamente, pensando che Dio le vede.

Recitate spesso, miei cari, questa preghiera:

"Dio d'amore e di bontà, che dai tutto e sempre, concedici quella forza che non viene meno di fronte ad alcuna pena. Rendici buoni, dolci e caritatevoli, piccoli nella fortuna, grandi nel cuore. Che il nostro Spirito sia spiritista sulla Terra per meglio comprenderVi e amarVi.

Che il Vostro nome, emblema di libertà, sia, o mio Dio, il fine consolatore di tutti gli oppressi, di tutti coloro che hanno bisogno di amare, di perdonare e di credere."»

Cardon

Éric Stanislas

(Comunicazione spontanea; Società di Parigi, agosto del 1863)

"Quale felicità ci procurano le emozioni vivamente sentite dai cuori calorosi! Oh, dolci pensieri che venite ad aprire una via di salvezza a tutto ciò che vive, a tutto ciò che respira materialmente e spiritualmente, non cessi il vostro balsamo consolatore di spandersi a larghi fiotti su di voi e su di noi! Quali espressioni scegliere per tradurre la felicità che provano tutti i vostri fratelli d'oltretomba nella contemplazione del puro amore che vi unisce tutti?

Ah, fratelli, quanto bene dappertutto, quanti dolci sentimenti, elevati e semplici come voi, come la vostra dottrina, voi siete chiamati a seminare sulla lunga strada che dovete ancora percorrere! Ma come tutto ciò vi sarà reso, e ancor prima del momento in cui ne avrete diritto!

Ho assistito a tutta questa serata; ho ascoltato, ho inteso, ho compreso e potrò così, a mia volta, compiere il mio dovere e istruire la classe degli Spiriti imperfetti.

Ascoltate: io ero lontano dall'essere felice; immerso nell'immensità, immerso nell'infinito, le mie sofferenze erano tanto più vive in quanto non potevo rendermene esattamente conto. Dio sia benedetto! Egli mi ha permesso di recarmi in un santuario che i malvagi non possono impunemente varcare. Amici, quanto vi sono riconoscente! Quanta forza ho attinto da voi!

Oh, uomini dabbene, riunitevi spesso! Fate opera d'istruzione, poiché non sarete proprio voi a dubitare di quanti frutti portino le riunioni serie che avete tra di voi. Gli Spiriti, che hanno ancora molte cose da imparare, e coloro che restano volontariamente inattivi, pigri e sono dimentichi dei loro doveri possono trovarsi, sia per una circostanza fortuita, sia per altri motivi, tra di voi. Colpiti da un trauma terribile, essi possono — ed è cosa che capita spesso — ripiegarsi su sé stessi, riconoscersi, intravedere la meta da raggiungere e, forti dell'esempio che voi date loro, cercare quei mezzi in grado di farli uscire dallo stato penoso in cui si trovano. Con assai grande felicità, mi rendo interprete delle anime sofferenti, poiché è a uomini di cuore che io mi rivolgo, e so che non ne sarò respinto.

Vogliate dunque ancora un volta, o uomini generosi, ricevere l'espressione della mia personale riconoscenza e quella di tutti i nostri amici, ai quali voi avete fatto, senza che voi forse lo sospettaste, tanto bene."

Eric Stanislas


La guida del medium. Figli miei, questo è uno Spirito che è stato molto infelice, per il fatto che per lungo tempo fu sviato dalla retta via. Ora ha compreso i suoi torti, si è pentito e ha finalmente rivolto il suo sguardo verso Dio ch'egli aveva rinnegato; la sua condizione non è quella della felicità; ma vi aspira e non ne soffre più. Dio gli ha permesso di venire ad ascoltare e poi di andare in una sfera inferiore a istruire e a far avanzare gli Spiriti che, come lui, hanno trasgredito le leggi dell'Eterno; questa è la riparazione che gli compete. Ormai conquisterà la felicità, perché ne ha la volontà.

La signora Anna Belleville

Giovane donna, morì a trentacinque anni, dopo una lunga e crudele malattia. Vivace, spirituale, dotata di rara intelligenza, d'una grande rettitudine di giudizio e di eccellenti qualità morali, sposa e madre di una famiglia devota, possedeva inoltre una non comune forza di carattere e uno spirito ricco di risorse, che le permettevano di non essere mai presa alla sprovvista, neppure nelle circostanze più critiche della vita. Senza rancori verso coloro da cui ella aveva maggiormente avuto motivo di dolersi, era, all'occasione, sempre pronta a render loro un servigio. Personalmente legati a lei per lunghi anni, abbiamo potuto seguire tutte le fasi della sua esistenza e tutte le traversie della sua fine.

Un incidente provocò la terribile malattia che doveva portarla via e che per tre anni la costrinse a letto, in preda alle più atroci sofferenze, che essa sopportò fino all'ultimo istante con eroico coraggio, e in mezzo alle quali la sua naturale gaiezza non venne mai meno. Credeva fermamente all'anima e alla vita futura, ma se ne preoccupava molto poco; tutti i suoi pensieri erano indirizzati alla vita presente, alla quale teneva moltissimo, senza tuttavia aver paura della morte e senza ricercare le gioie materiali, poiché la sua vita era molto semplice, e faceva a meno, senza alcuna difficoltà, di ciò che non poteva procurarsi; ma essa possedeva istintivamente il gusto del buono e del bello di cui sapeva ammantare anche le più piccole cose. Voleva vivere, più che per sé stessa, per i suoi figli, per i quali sentiva di essere necessaria; ed è per questo che si aggrappava alla vita. Conosceva lo Spiritismo, senza averlo studiato a fondo; vi si interessava e, tuttavia, non giunse mai a fissare i suoi pensieri sull'avvenire; questa era per lei un'idea vera, ma che non lasciava, nel suo spirito, nessuna impressione profonda. Quanto ella faceva di bene era il risultato d'un moto naturale e spontaneo, e non ispirato dal pensiero di una ricompensa o di pene future.

Dopo lungo tempo, il suo stato era ormai disperato, e ci si attendeva di vederla andar via da un momento all'altro; lei stessa non si faceva illusioni. Un giorno — suo marito era essente — si sentì mancare, e comprese che la sua ora era giunta. La vista le si era annebbiata, il turbamento la pervadeva tutta, ed ella provava tutte le angosce del distacco. Tuttavia, morire prima del ritorno di suo marito le costava grandemente. Facendo uno sforzo supremo su sé stessa, si disse: "No. Io non voglio morire!" Sentì allora la vita rinascerle dentro e recuperò il pieno uso delle sue facoltà. Quando suo marito tornò, gli disse: "Stavo per morire, ma ho voluto attendere che tu fossi accanto a me, perché avevo ancora molte raccomandazioni da farti". La lotta tra la vita e la morte si prolungò così per tre mesi, che non furono altro che una lunga e dolorosa agonia.

Evocazione, il giorno dopo la sua morte. «Miei buoni amici, grazie di interessarvi a me; del resto, voi siete stati per me come dei buoni parenti. Ebbene, rallegratevi, io sono felice. Rassicurate il mio povero marito e vegliate sui miei figli. Io sono andata subito accanto a loro.»

— Sembra che il turbamento non sia stato lungo, poiché voi ci rispondete con lucidità.

«Miei amici, ho tanto sofferto, e voi sapete che io soffrivo con rassegnazione! Ebbene, la mia prova è terminata! Dirvi che sono completamente liberata no, non è possibile; ma non soffro più, e questo è per me un così gran sollievo! Questa volta sono radicalmente guarita, ve lo assicuro, ma ho bisogno che mi si aiuti per mezzo delle preghiere, per poter venire in seguito a lavorare con voi.»

— Quale ha potuto essere la causa delle vostre lunghe sofferenze?

«Un passato terribile, amico mio.»

— Potete dirci qual è stato questo passato?

«Oh, lasciatemelo per un po' dimenticare! L'ho pagato così caro!»

— Un mese dopo la sua morte. Ora che dovete essere completamente liberata e che vi riconoscete meglio, saremmo molto felici di avere con voi una conversazione più esplicita. Potreste rivelarci qual è stata la causa della vostra lunga agonia? Perché, per tre mesi, siete stata tra la vita e la morte?

«Grazie, miei buoni amici, del vostro ricordo e delle vostre buone preghiere! Quanto esse mi sono salutari e quanto hanno contribuito alla mia liberazione! Io ho bisogno d'essere ancora sostenuta; continuate a pregare per me. Comprendete l'importanza della preghiera, voi. Non sono formule banali quelle che voi dite; tanti altri, invece, non si rendono conto dell'effetto che produce una buona preghiera.

Molto ho sofferto, ma le mie sofferenze mi vengono largamente calcolate, e mi è permesso di essere spesso accanto ai miei cari figli, che ho lasciato con tanto rimpianto.

Ho prolungato io stessa le mie sofferenze. Il mio ardente desiderio di vivere, per amore dei miei figli, faceva sì che mi aggrappassi in qualche modo alla materia e che, contrariamente agli altri, mi radicassi a questo disgraziato corpo né volessi abbandonarlo, quantunque con esso dovessi rompere i legami e quantunque fosse per me lo strumento di tante torture. Ecco la vera causa della mia lunga agonia. La mia malattia, le sofferenze che ho patito? Un'espiazione del passato, un debito più che pagato.

Ahimè, miei buoni amici, se vi avessi ascoltato, quale immenso cambiamento nella mia vita attuale! Quale sollievo avrei provato nei miei ultimi istanti! Quanto questa separazione sarebbe stata più facile, se, invece di contrastarla, io mi fossi lasciata andare con fiducia alla volontà di Dio, alla corrente che mi trascinava! Ma, invece di indirizzare i miei sguardi verso l'avvenire che mi attendeva, io non vedevo che il presente che stavo per abbandonare!

Quando ritornerò sulla Terra, sarò Spiritista, ve lo assicuro. Quale immensa scienza! Assisto assai spesso alle vostre riunioni e alle istruzioni che vi vengono date. Se, quando ero sulla Terra, avessi potuto capire, le mie sofferenze sarebbero state di molto alleviate; ma non era ancora venuta l'ora. Oggi io comprendo la bontà di Dio e la Sua giustizia; ma non sono ancora abbastanza avanzata da non occuparmi delle cose della vita; ancora mi legano a essa soprattutto i miei figli, non più per viziarli, ma per vegliare su di loro e fare in modo che seguano la strada che lo Spiritismo sta tracciando in questo momento. Sì, miei buoni amici, io ho ancora delle serie preoccupazioni; una, soprattutto, poiché l'avvenire dei miei figli dipende da essa.»

— Potete darci qualche spiegazione riguardo al passato che voi deplorate?

«Ahimè, miei buoni amici, sono del tutto pronta a farvi la mia confessione. Io non avevo voluto ammettere la sofferenza; avevo visto soffrire mia madre senza averne pietà e l'avevo trattata da malata immaginaria. Non vedendola mai allettata, supponevo ch'essa non soffrisse e ridevo delle sue sofferenze. Ecco come Dio punisce.»

Sei mesi dopo la sua morte. Ora che è trascorso un tempo abbastanza lungo dacché avete lasciato il vostro involucro terreno, abbiate la bontà di illustrarci la vostra situazione e le vostre occupazioni nel mondo degli Spiriti.

«Durante la mia vita terrena, io ero ciò che si dice, comunemente, una brava persona, ma amavo prima di tutto il mio benessere. Compassionevole per natura, forse non sarei stata capace d'un penoso sacrificio per alleviare una disgrazia. Oggi tutto è cambiato. Sono, sì, sempre io, ma la me stessa di una volta ha subito delle modifiche. E ci ho guadagnato. Vedo che non ci sono né ranghi né condizioni se non il merito personale, nel mondo degli invisibili, dove un povero, caritatevole e buono, è al di sopra del ricco orgoglioso che lo umiliava con la sua elemosina. Io veglio soprattutto sulla classe di coloro che si affliggono per tormenti di famiglia, per la perdita di parenti o dei loro beni. La mia missione è di consolarli e incoraggiarli, e io sono felice di farlo.»

Anna

Una importante questione nasce dai fatti sopradescritti. Ed è la seguente: può una persona, con uno sforzo della sua volontà, ritardare il momento della separazione dell'anima dal corpo?

Risposta dello Spirito di san Luigi. «Questo problema, se risolto in maniera affermativa e senza restrizioni, potrebbe dar luogo a false conseguenze. Certamente uno Spirito incarnato può, in determinate circostanze, prolungare l'esistenza corporea per portare a termine delle istruzioni indispensabili o ritenute tali. Ciò può essergli concesso sia in casi come quello di cui si tratta, sia in altri di cui si hanno parecchi esempi. Questo prolungamento della vita non potrebbe, in ogni caso, essere che di breve durata, poiché non può essere concesso all'uomo di sovvertire l'ordine delle leggi della Natura, né di provocare un reale ritorno alla vita, quando questa è giunta al suo termine; non è, quindi, che un rinvio momentaneo. Dalla possibilità di un fatto, non bisogna tuttavia concludere che esso possa essere generale, né credere perciò che da ciascuno dipenda prolungare la sua esistenza. Come prova per lo Spirito, o nell'interesse di una missione da concludere, gli organi usurati possono ricevere un supplemento di fluido vitale che permette loro di aggiungere alcuni istanti alla manifestazione materiale del pensiero. Ma casi simili sono delle eccezioni e non la regola. Non bisogna neppure vedere in questo fatto una deroga di Dio all'immutabilità delle Sue leggi, ma una conseguenza del libero arbitrio dell'anima umana, la quale, all'ultimo istante, ha coscienza della missione di cui è stata investita, e vorrebbe attuare, malgrado la morte, ciò che non ha potuto portare a termine. Il fatto di accordare a un'anima un prolungamento di vitalità, di cui necessariamente soffre, può anche essere, talvolta, una sorta di punizione inflitta allo Spirito che dubita dell'avvenire.»

San Luigi

Ci si potrebbe stupire della rapidità del distacco di questo Spirito, tenuto conto del suo attaccamento alla vita corporea; ma bisogna considerare che questo attaccamento non aveva niente di sensuale né di materiale; esso aveva anzi un suo lato morale, poiché era motivato dall'interesse per i suoi figli in tenera età. Questo era, inoltre, uno Spirito avanzato in intelligenza e moralità: un gradino di più e sarebbe stato tra gli Spiriti beati. Non c'era, dunque, nei legami perispiritistici, la tenacia che risulta dall'identificazione con la materia. Si può dire che la vita, indebolita da una lunga malattia, non stava più attaccata che a pochi fili; sono questi fili che lo Spirito voleva impedire che si rompessero. Tuttavia egli è stato punito, per la sua resistenza, con il protrarsi delle sofferenze, che attenevano alla natura della malattia e non alla difficoltà del distacco. È per questo che, dopo la liberazione, il turbamento è stato di breve durata.

Un fatto ugualmente importante scaturisce da questa evocazione, così come da quelle che sono avvenute in tempi diversi, più o meno lontani dalla morte. Si tratta del cambiamento che si verifica gradualmente nelle idee dello Spirito, e delle quali si può seguire il progresso. In questo Spirito il cambiamento si traduce non propriamente in sentimenti migliori, ma in un più sano apprezzamento delle cose. Il progresso dell'anima nella vita spirituale è dunque un fatto dimostrato dall'esperienza; la vita corporea è la messa in pratica di questo progresso, è la prova delle sue risoluzioni, il crogiuolo in cui si purifica.

Dall'istante in cui, dopo la morte, l'anima progredisce, la sua sorte non può essere irrevocabilmente fissata, perché il fissaggio definitivo della sorte è, come altrove abbiamo già detto, la negazione del progresso. Non potendo le due cose esistere simultaneamente, resta quella che ha dalla sua parte la convalida dei fatti e della ragione.




Capitolo IV - SPIRITI SOFFERENTI

Il castigo

Esposizione generale dello stato dei colpevoli, al loro ingresso nel mondo degli Spiriti, dettata alla Società Spiritista di Parigi nell'ottobre del 1860

Gli Spiriti malvagi, egoisti e duri sono, subito dopo la morte, presi da un dubbio crudele riguardo al loro destino presente e futuro. Essi si guardano intorno; e dapprima non vedono alcun soggetto sul quale possa esercitarsi la loro malvagia personalità, poi la disperazione s'impadronisce di loro, poiché l'isolamento e l'inattività sono intollerabili per gli Spiriti malvagi. Essi non levano mai lo sguardo sui luoghi abitati dai puri Spiriti; considerano soltanto ciò che li circonda. E ben presto, colpiti dall'avvilimento degli Spiriti fragili e in punizione, si avventano su di loro come su di una preda, servendosi del ricordo delle passate colpe di costoro, colpe che essi continuamente mettono in campo per le loro gesta derisorie. Non essendo questo ludibrio a loro sufficiente, si precipitano sulla Terra come avvoltoi affamati; cercano fra gli uomini l'anima che aprirà un più facile accesso alle loro tentazioni; se ne impossessano, eccitano le sue bramosie e cercano di spegnere la sua fede in Dio. Quando, infine, padroni di una coscienza, vedono assicurata la loro preda, estendono il loro fatale contagio a tutto ciò che è vicino alla loro vittima.

Lo Spirito malvagio nel manifestare la sua rabbia è quasi felice; soffre soltanto nei momenti in cui non agisce e anche in quelli in cui il bene ha ragione del male.

Tuttavia i secoli passano. Il cattivo Spirito sente tutt'a un tratto le tenebre invaderlo. Il suo cerchio d'azione si restringe. La sua coscienza, muta fino ad allora, gli fa sentire le fitte acute del pentimento. Inattivo, trascinato dal turbine, egli erra, sentendo, come dicono le Scritture, i peli della sua carne rizzarsi per il terrore. Ben presto un grande vuoto si fa in lui e attorno a lui. Il momento è giunto: deve espiare. La reincarnazione è là, minacciosa; egli vede, come in un miraggio, le prove terribili che lo attendono; vorrebbe indietreggiare e invece avanza. Precipitato nell'abisso spalancato della vita, rotea atterrito finché il velo dell'ignoranza ripiomba sui suoi occhi. Vive, agisce, è ancora colpevole; avverte in sé un indefinito ricordo inquieto, presentimenti che lo fanno tremare, ma non allontanare dalla via del male. Al termine delle sue forze e delle sue colpe, egli è sul punto di morire. Disteso su di un giaciglio o sul suo letto — che importa! — l'uomo colpevole sente, sotto la sua apparente immobilità, muoversi e vivere dentro di sé un mondo di sensazioni dimenticate. Sotto le palpebre chiuse vede balenare un chiarore, e sente anche strani suoni; la sua anima che sta per lasciare il corpo si agita impaziente, mentre le sue mani raggrinzite tentano di aggrapparsi ai drappi. Vorrebbe parlare, vorrebbe gridare a coloro che lo attorniano: "Trattenetemi! Io vedo il castigo!" Ma non può. La morte si fissa sulle sue labbra illividite, e gli astanti dicono: "Eccolo in pace!"

Tuttavia egli ode tutto; fluttua attorno al suo corpo che non vorrebbe abbandonare; una forza segreta lo attira; vede, riconosce ciò che ha già visto. Terrorizzato, si lancia nello Spazio dove vorrebbe nascondersi. Niente riparo! Niente riposo! Altri Spiriti gli rendono il male che ha fatto. A sua volta castigato, deriso e confuso, erra ed errerà finché la luce divina penetrerà nella sua durezza e lo rischiarerà per mostrargli il Dio che riscatta, il Dio che trionfa su tutti i mali, e che egli potrà placare solo a forza di gemiti ed espiazioni.

Georges

Mai quadro più eloquente, più terribile e più vero è stato tracciato sulla sorte del malvagio. È dunque necessario far ricorso alla fantasmagoria delle fiamme e delle torture fisiche?

Novel

(Lo Spirito si rivolge al medium, che l'aveva conosciuto da vivo)

"Sto per raccontarti ciò che ho sofferto quando sono morto. Il mio Spirito, attaccato al mio corpo dai legami materiali, ha avuto una grande difficoltà a liberarsene, la qual cosa è stata una prima e dura angoscia. La vita che avevo lasciata a ventiquattro anni era ancora così forte in me, che non potevo credere alla sua perdita. Cercavo il mio corpo, ed ero stupito e spaventato di vedermi sperduto in mezzo a questa folla di ombre. Alla fine, la coscienza del mio stato e la rivelazione degli errori, che avevo commesso in tutte le mie incarnazioni, mi colpirono tutt'a un tratto. Una luce implacabile illuminò le pieghe più recondite della mia anima, che si sentì nuda, schiacciata da una vergogna insopportabile. Cercavo di eluderla interessandomi agli oggetti nuovi, e tuttavia conosciuti, che mi circondavano. Gli Spiriti radiosi, che fluttuavano nell'etere, mi davano l'idea di una felicità alla quale io non potevo aspirare. Forme oscure e desolate, alcune piombate in una cupa disperazione, altre ironiche o furiose, aleggiavano intorno a me e sulla Terra a cui continuavo a restare attaccato. Vedevo gli umani, di cui invidiavo l'ignoranza, agitarsi; tutta una serie di sensazioni sconosciute, o ritrovate, m'invase tutt'a un tratto. Come trascinato da una forza irresistibile, cercando di sfuggire a quel dolore esasperato, superavo le distanze, gli elementi, gli ostacoli, senza che le bellezze della natura e gli splendori celesti potessero calmare per un istante né il tormento della mia coscienza né la paura che la rivelazione dell'eternità mi procurava. Un mortale può avere presentimenti sulle torture materiali attraverso i brividi della carne, ma i vostri fragili dolori, addolciti dalla speranza, temperati dalle distrazioni, uccisi dall'oblio, non potranno mai farvi comprendere le angosce di un'anima che soffre senza tregua, senza speranza, senza pentimento. Ho passato un certo tempo, di cui non posso valutare la durata, individuando gli eletti di cui intravedevo lo splendore, detestando i cattivi Spiriti che mi perseguitavano con i loro motteggi, disprezzando gli umani di cui vedevo le turpitudini, passando da un profondo avvilimento a una rivolta insensata. Alla fine tu mi hai chiamato e, per la prima volta un sentimento dolce e tenero mi ha calmato. Ho ascoltato gli insegnamenti che ti danno le tue guide; la verità mi ha pervaso, e io ho pregato. Dio mi ha ascoltato; Egli si è rivelato a me nella Sua clemenza, così come mi si era rivelato nella Sua giustizia."

Novel

August Michel

(Le Havre, marzo del 1863)

Era un giovane ricco e gaudente, che amava largamente ed esclusivamente la vita materiale. Benché intelligente, l'indifferenza per le cose serie era il tratto saliente del suo carattere. Senza vistose malignità, più buono che cattivo, era apprezzato dai suoi compagni di piacere e molto ricercato nell'alta società per le sue qualità d'uomo di mondo; senza aver fatto del male, non aveva neppur fatto del bene. È morto per una caduta dalla carrozza durante una passeggiata. Evocato, qualche giorno dopo la sua morte, da un medium che lo conosceva indirettamente, egli dà successivamente le comunicazioni che qui di seguito riportiamo.

8 marzo 1863 — "Misono appena distaccato dal mio corpo; così, riesco a parlarvi, anche se con una certa difficoltà. La terribile caduta che fece morire il mio corpo mette il mio Spirito in un grande turbamento. Sono inquieto perché non so che cosa sto per diventare, e questa incertezza è crudele. L'orrenda sofferenza che il mio corpo ha provato è nulla in confronto al turbamento in cui ora mi trovo. Oh, quale dolore! Grazie, mio Dio! Quale dolore! Addio."

18 marzo — "Mi sono già presentato a voi, ma non ho potuto parlarvi che con estrema difficoltà. E anche in questo momento, a fatica posso comunicare con voi. Siete il solo medium a cui io possa chiedere delle preghiere affinché la bontà di Dio mi sottragga al turbamento in cui mi trovo. Perché soffrire ancora quando il mio corpo non soffre più? Perché questo orrendo dolore, questa orribile angoscia sono sempre presenti? Pregate! Oh, pregate perché Dio mi conceda riposo...Oh, quale crudele incertezza! Io sono ancora attaccato al mio corpo. Soltanto a stento riesco a vedere dove posso essere; il mio corpo è là, e perché io rimango sempre là? Venite a pregare su di lui perché io sia liberato da questa morsa crudele. Dio vorrà pur perdonarmi, spero! Vedo gli Spiriti che sono accanto a voi: è grazie a loro che io posso parlarvi. Pregate per me."

6 aprile — "Sono io e vengo a voi per chiedervi di pregare per me. Bisognava andare sul luogo dove giace il mio colpo e pregare l'Onnipotente di placare le mie sofferenze. Io soffro! Oh, io soffro! Andate in quel luogo — è necessario — e rivolgete al Signore una preghiera perché mi conceda il perdono. Vedo che potrei essere più sereno, ma ritorno senza tregua verso il luogo dove hanno deposto ciò che era di mia pertinenza."

Il medium, non essendosi reso conto dell'insistenza dello Spirito che lo sollecitava ad andare a pregare sulla sua tomba, aveva dimenticato di farlo. Vi andò, tuttavia, più tardi e ricevette la comunicazione che segue.

11 maggio — "Vi attendevo. Con speranza attendevo il momento in cui voi sareste venuto, nel luogo dove il mio Spirito sembra fissato al suo involucro, per implorare il Dio di misericordia, affinché la Sua bontà calmi le mie sofferenze. Voi potete farmi del bene con le vostre preghiere. Non fermatevi, ve ne supplico. Vedo bene come la mia vita sia stata all'opposto di ciò che avrebbe dovuto essere; vedo bene gli errori che ho commesso. Sono stato tra gli esseri più inutili al mondo; non ho fatto nessun buono impiego delle mie facoltà; la mia fortuna ad altro non è servita che a soddisfare le mie passioni, i miei capricci di lusso, la mia vanità; non ho pensato che alle gioie del corpo e non alla mia anima. La misericordia di Dio scenderà mai su di me, povero Spirito che ancora soffre delle colpe terrene? Pregate perché Egli mi perdoni, e perché io sia liberato dai dolori di cui ancora risento. Vi ringrazio per essere venuto qui a pregare per me."

8 giugno — "Posso parlarvi e ringrazio Dio di permettere ciò. Ho visto i miei errori e spero che Dio mi perdonerà. Seguite sempre nella vostra vita la fede che vi anima, poiché essa vi riserva, più tardi, una pace che io ancora non possiedo. Grazie delle vostre preghiere. Arrivederci."

L'insistenza dello Spirito perché si vada a pregare sulla sua tomba è una particolarità degna di nota, ma che ha la sua ragion d'essere, se si considera quanto fossero tenaci i legami che lo trattenevano al suo corpo, e quanto la separazione fosse difficile e si protraesse nel tempo, in seguito alla materialità della sua esistenza. Ben si comprende come, avvicinandosi al corpo, la preghiera avrebbe potuto esercitare una sorta d'azione magnetica più potente, atta a facilitare il distacco. L'usanza quasi generale cli pregare presso i corpi dei defunti, non potrebbe provenire dall'intuizione inconscia che si avrebbe di questo effetto? L'efficacia della preghiera, in tal caso, avrebbe un risultato nello stesso tempo morale e materiale.

I rimorsi di un gaudente

(Bordeaux, 19 aprile 1862)

30 luglio — "Ora sono meno infelice, perché non sento più la catena che mi legava al mio corpo. Alfine sono libero, ma non ho ancora del tutto espiato. È necessario che io recuperi il tempo perduto, se non voglio veder prolungare le mie sofferenze. Dio — io lo spero — vedrà il mio pentimento sincero e vorrà accordarmi il Suo perdono. Pregate ancora per me, ve ne supplico.

Uomini, fratelli miei, io ho vissuto soltanto per me stesso, e oggi io espio ciò e soffro! Che Dio conceda a voi la grazia di evitare le spine che ora lacerano me. Proseguite il vostro cammino sulla larga strada del Signore e pregate per me, poiché io ho abusato dei beni che Dio presta alle Sue creature!

Colui che sacrifica agli istinti brutali l'intelligenza e i buoni sentimenti, che Dio ha collocato in lui, assomiglia all'animale ch'egli spesso maltratta. L'uomo deve usare con sobrietà i beni di cui è depositario; deve abituarsi a vivere soltanto in vista dell'eternità che l'attende e, di conseguenza, distaccarsi dai piaceri materiali. La sua alimentazione non deve avere altro scopo che la sua vigoria; il suo lusso deve essere subordinato alle strette esigenze della sua posizione; i suoi gusti e anche le sue naturali passioni devono essere rette dalla più forte delle ragioni, poiché senza tutto ciò egli si materializzerà sempre di più, anziché purificarsi. Le passioni umane sono catene che penetrano strettamente a spirale nella carne: non rinserratele in essa, dunque. Vivete, ma non siate dei gaudenti. Voi non sapete quanto ciò costi, quando si torna in patria! Le passioni terrene vi spogliano prima ancora di lasciarvi, e voi giungete al cospetto del Signore nudi, completamente nudi. Oh! Ricopritevi di opere buone. Esse vi aiuteranno a superare lo spazio che vi separa dall'Eternità. Manto splendente, esse nasconderanno le vostre umane turpitudini. Avvolgetevi di carità e d'amore, vesti divine che durano eternamente."

Istruzioni della guida del medium. Questo Spirito è sulla buona strada, poiché al pentimento aggiunge dei consigli per mettere in guardia contro i pericoli della via ch'egli ha seguito. Riconoscere i propri torti è già un merito è, di fatto, un passo verso il bene; per questo la sua situazione, senza essere felice, non è più quella d'uno Spirito sofferente. Egli si pente. Gli resta la riparazione che compirà in un'altra esistenza di prova. Ma prima di arrivare a ciò, sapete voi qual è la situazione di questi uomini dalla vita completamente sensuale, che non hanno dato al loro Spirito altra attività che quella d'inventare senza tregua nuovi piaceri? L'influenza della materia li segue nell'oltretomba, né la morte pone fine a quegli appetiti. La loro vista, limitata quanto lo era sulla Terra, cerca invano i mezzi per soddisfarli. Non avendo mai ricercato il nutrimento spirituale, la loro anima erra nello Spazio, senza scopo, senza speranza, in preda all'ansia dell'uomo che non ha davanti a sé che la prospettiva di uno sconfinato deserto. La nullità dei loro impegni intellettuali, durante la vita corporea, causa naturalmente la nullità del lavoro dello Spirito dopo la morte. Non potendo più soddisfare il corpo, non resta loro nulla per soddisfare lo Spirito. Da qui, una noia mortale di cui non presagiscono il termine e a cui preferirebbero il nulla. Ma il nulla non esiste. Hanno potuto uccidere il corpo, ma non possono uccidere lo Spirito. Dovranno vivere in queste torture morali finché, vinti dalla stanchezza, si decideranno a levare uno sguardo verso Dio.

Lisbeth

(Bordeaux, 13 febbraio 1862)

Uno Spirito sofferente si firma con il nome di Lisbeth.

1. Volete darmi qualche particolare sulla vostra situazione e dirmi la causa delle vostre sofferenze?

«Sii umile di cuore, sottomessa alla volontà di Dio, paziente nelle difficoltà, caritatevole verso il povero, rassicurante verso il debole, sensibile a tutte le sofferenze, e non subirai le torture che io sopporto.»

2. Se gli errori vi hanno portata a individuarne le opposte qualità, voi sembrate così dolervi di quegli errori. Non dovrebbe, il vostro pentimento, consolarvi?

«No. Il pentimento è sterile quando è solo la conseguenza della sofferenza. Il pentimento fecondo è quello che ha alla base il dolore, per aver offeso Dio, e l'ardente desiderio di riparare a ciò. Io, sfortunatamente, non sono ancora a questo punto. Raccomandatemi alle preghiere di tutti coloro che si consacrano alle sofferenze. Ne ho bisogno.»

Questa è una grande verità. La sofferenza strappa a volta un grido di pentimento, che non è, però, l'espressione sincera del dispiacere d'aver agito male. Infatti, se lo Spirito non soffrisse più, sarebbe pronto a ricominciare. Ecco perché non sempre il pentimento determina l'immediata liberazione dello Spirito. Vi si dispone, ecco tutto. Ma egli deve dimostrare la sincerità e la solidità delle sue risoluzioni attraverso nuove prove, che sono la riparazione del male che ha commesso. Se si esaminano con attenzione tutti gli esempi che noi citiamo, si troveranno nelle parole, anche in quelle degli Spiriti più infimi, seri argomenti d'istruzione, perché esse ci iniziano ai dettagli più profondi della vita spirituale. Mentre l'uomo superficiale non vedrà in questi esempi null'altro che dei racconti più o meno pittoreschi, l'uomo serio e riflessivo vi troverà una ricca sorgente di studi.

3. Farò ciò che voi desiderate. Mi dareste qualche dettaglio sulla vostra ultima esistenza? Per noi potrebbe risultarne un utile insegnamento, e voi rendereste in tal modo il vostro pentimento proficuo.

(Lo Spirito è fortemente indeciso nel rispondere a questa domanda e ad alcune altre di quelle che seguono.)

«Ho avuto natali di elevata condizione. Possedevo tutto ciò che gli uomini considerano fonte di felicità. Ricca, sono stata egoista; bella, sono stata civetta, noncurante e ingannatrice; nobile, sono stata ambiziosa. Ho schiacciato con il mio potere coloro che non si prosternavano abbastanza davanti a me, e schiacciavo ancor di più coloro che già si trovavano sotto i miei piedi, senza pensare che la collera del Signore schiaccia anche, presto o tardi, le fronti più altere.»

4. In quale epoca siete vissuta?

«Centocinquant'anni fa, in Prussia.»

5. Dopo questo tempo, non avete fatto alcun progresso come Spirito?

«No. La materia si ribellava sempre. Tu non puoi comprendere l'influenza che essa ancora esercita, nonostante la separazione del corpo e dello Spirito. L'orgoglio, vedi, vi stringe nelle sue bronzee catene, i cui anelli si rinserrano sempre di più attorno allo sventurato che gli consegna il suo cuore. L'orgoglio! Questa idra dalle cento teste che sempre rinascono, che sa modulare i suoi sibili velenosi in modo tale che uno li prende per musica celeste! L'orgoglio! Questo demone dai mille aspetti che si piega a tutte le aberrazioni del vostro Spirito, che si nasconde nei più intimi recessi del vostro cuore, penetra nelle vostre vene, vi avviluppa, vi consuma e vi trascina nelle tenebre della geenna eterna!... Sì, eterna!»

Lo Spirito sostiene che non ha fatto alcun progresso, senza dubbio perché la sua situazione è sempre penosa; ma la maniera con cui descrive l'orgoglio, deplorandone le conseguenze, è incontestabilmente un progresso. Certamente, infatti, non avrebbe potuto ragionare così né da vivo né poco dopo la sua morte. Egli ora comprende il male, ed è già qualcosa. Il coraggio e la volontà di evitarlo gli verranno in seguito.

6. Dio è troppo buono per condannare le Sue creature a delle pene eterne. Confidate nella Sua misericordia.

«A ciò può esserci un termine. Così si dice. Ma dove? Da lungo tempo io lo cerco questo termine, ma non vedo altro che sofferenza. Sempre! Sempre! Sempre!»

7. Come siete venuta qui oggi?

«Uno Spirito, che mi segue spesso, mi ha qui condotta.»

— Da quanto vedete questo Spirito?

«Non è da molto.»

— Da quando vi siete resa conto degli errori che avete commesso? (Dopo una lunga riflessione.) «Sì, hai ragione; è da allora che lo vedo.»

8. Non comprendete ora il rapporto che c'è tra il vostro pentimento e l'aiuto manifesto che vi offre il vostro Spirito protettore? Ravvisate in ciò, quale origine di questo appoggio — l'amore di Dio — e quale scopo, il Suo perdono e la Sua infinita misericordia.

«Oh, come lo vorrei!»

— Io credo di potervelo promettere nel nome sacro di Colui che non è stato mai sordo alla voce dei Suoi figli in disgrazia. InvocateLo dal profondo del vostro pentimento. Egli vi ascolterà.

«Non posso. Ho paura.»

9. Preghiamo insieme. Egli ci ascolterà. (Dopo la preghiera.) Siete ancora lì?

«Sì, grazie! Non dimenticherò.»

10. Venite qui, inseritevi ogni giorno.

«Sì, sì, verrò sempre.»

La guida del medium. " Non dimenticare mai gli insegnamenti che ricavi dalle sofferenze dei tuoi protetti e, soprattutto, dalle cause di queste sofferenze. Che esse servano a voi tutti d'insegnamento per preservarvi dai medesimi pericoli e dai medesimi castighi. Purificate i vostri cuori, siate umili, amatevi e aiutatevi l'un l'altro, e che il vostro cuore riconoscente non dimentichi mai la fonte di tutte le grazie, la fonte inesauribile dove ciascuno di voi può attingere in abbondanza, la fonte d'acqua viva che disseta e nello stesso tempo nutre, la fonte di vita e di felicità eterna. Andateci, miei amatissimi; attingete lì con fede; gettate lì le vostre reti, ed esse usciranno da quelle onde cariche di benedizioni. Fatene partecipi i vostri fratelli, avvertendoli dei pericoli che possono incontrare. Diffondete le benedizioni del Signore; esse rinascono di continuo; più voi le diffonderete intorno a voi, più esse si moltiplicheranno. Voi le avete nelle vostre mani, perché dicendo ai vostri fratelli: 'Là sono i pericoli, là sono gli scogli; seguiteci per evitarli; imitate noi, noi che diamo l'esempio', voi diffondete le benedizioni del Signore su coloro che vi ascoltano.

Benedetti siano i vostri sforzi, miei amatissimi. Il Signore ama i cuori puri. Meritate il Suo amore."

Saint Paulin

Il principe Ouran

(Bordeaux, 1862)

Uno Spirito che soffre si presenta sotto il nome di Ouran, un tempo principe russo.

— Vorreste darci qualche dettaglio sulla vostra situazione?

Oh, beati gli umili di cuore, a essi appartiene il regno dei cieli! Pregate per me. Beati sono , coloro che, umili di cuore, scelgono una posizione modesta per superare le prove! Voi, voi tutti che l'invidia divora, non sapete in quale stato è ridotto uno di quelli che voi chiamate i felici della Terra. Voi non sapete nulla dei carboni ardenti che si ammassano sulle loro teste. E nulla sapete dei sacrifici che la ricchezza impone, quando da essa si vuole ottenere la salvezza eterna! Che il Signore permetta a me, a me orgoglioso despota, di venire a espiare — tra coloro che io ho schiacciato con la mia tirannia — i delitti che l'orgoglio mi ha fatto commettere! Orgoglio! Ripetete di continuo questa parola, così da non dimenticare mai che l'orgoglio è la fonte di tutte le sofferenze che ci prostrano. Sì, io ho abusato del potere e del favore di cui ho goduto. Sono stato duro e crudele verso i miei sottoposti, i quali dovevano piegarsi a tutti i miei capricci, e soddisfare tutte le mie depravazioni. Avevo voluto per me i titoli nobiliari, gli onori, la ricchezza e sono caduto sotto il peso che io stesso avevo scelto al di sopra delle mie forze.»

Gli Spiriti che soccombono sono generalmente portati a dire che essi avevano un peso al di sopra delle loro forze. È un modo per scusarsi davanti ai loro stessi occhi; è ancora un gesto di orgoglio: essi non vogliono aver fallito per loro stessa colpa. Dio non dà a nessuno al di là di quanto si può sopportare. A nessuno Egli chiede più di quanto Gli si può dare. Egli non esige che l'albero che sta crescendo porti i frutti di quello che è del tutto cresciuto. Dio dà agli Spiriti la libertà; ciò che loro manca è la volontà, e la volontà dipende solo da essi. Con la forza della volontà, non ci sono inclinazioni viziose che non si possano vincere. Ma, allorché di una inclinazione ci si compiace, è naturale che non si facciano sforzi per superarla. Non si deve quindi prendersela che con sé stessi per le conseguenze che ne risultano.

— Avete consapevolezza dei vostri errori. E questo è un primo passo verso il miglioramento.

«Questa consapevolezza è anche una sofferenza. Per molti Spiriti, la sofferenza è un effetto quasi materiale, perché, essendo ancora attaccati all'umanità della loro ultima esistenza, non percepiscono le sensazioni morali. Il mio Spirito si è liberato dalla materia, e il sentimento morale ha aumentato di tutto quanto avevano di orribile le sensazioni credute fisiche.»

— Intravedete un termine alle vostre sofferenze?

«Io so che esse non saranno eterne; ma il termine ancora non lo intravedo. Bisogna che prima ricominci la prova.»

— Sperate di ricominciarla presto?

«Ancora non lo so.»

— Avete memoria delle vostre precedenti esistenze? Ve lo chiedo con intento istruttivo.

«Sì. Le tue guide, le quali sanno ciò di cui hai bisogno, sono qui. Io ho vissuto sotto Marco Aurelio. Là, ancora potente, avevo già ceduto all'orgoglio, causa di tutte le cadute. Dopo aver errato per secoli, ho voluto sperimentare una vita oscura. Povero studente, ho mendicato il mio pane, ma l'orgoglio mi possedeva sempre. Lo Spirito aveva guadagnato in scienza, ma non in virtù. Dotto e ambizioso, ho venduto la mia anima ai maggiori offerenti, servendo tutte le vendette e tutti gli odii. Mi sentivo colpevole, ma la sete di onori e ricchezze soffocava il grido della mia coscienza. L'espiazione è stata finora lunga e crudele. Infine, nella mia ultima incarnazione, ho voluto ricominciare una vita di lusso e di potere. Pensando di riuscire a superare le difficoltà, non ho voluto ascoltare gli avvertimenti. Era l'orgoglio che mi portava ancora una volta a confidare nel mio stesso giudizio, piuttosto che in quello dei miei amici protettori, i quali non cessano mai di vegliare su di noi. Il risultato di questo mio ultimo tentativo tu lo conosci. Oggi, finalmente, ho compreso e spero nella misericordia del Signore. Metto ai Suoi piedi il mio orgoglio sconfitto e Gli chiedo di caricare le mie spalle del più pesante dei Suoi fardelli d'umiltà. Aiutato dalla Sua grazia, il fardello mi sembrerà leggero. Pregate con me e per me; pregate anche perché questo demone di fuoco non divori in voi gli istinti che vi elevano verso Dio. Fratelli nella sofferenza, che il mio esempio vi serva, e non dimenticate mai che l'orgoglio è il nemico della felicità, perché da esso derivano tutti i mali che affliggono l'Umanità e la perseguitano fin nelle regioni celesti.»

La guida del medium. Tu hai concepito dei dubbi su questo Spirito, perché il suo linguaggio non ti è sembrato in accordo con il suo stato di sofferenza, il che prova la sua inferiorità. Vai senza paura: tu hai ricevuta un'istruzione seria. Per quanto questo Spirito possa essere sofferente, egli è abbastanza elevato intellettualmente, per parlare come ha parlato. Mancava solo di quella umiltà senza la quale nessuno Spirito può assurgere fino a Dio. Questa umiltà egli l'ha conquistata ora, e noi speriamo che, con la perseveranza, egli uscirà trionfante da una nuova prova.

Il nostro Padre celeste è pieno di giustizia nella Sua saggezza; Egli tiene conto degli sforzi che l'uomo fa per domare i suoi cattivi istinti. Ogni vittoria riportata su voi stessi è un gradino superato di quella scala, un'estremità della quale poggia sulla vostra Terra, e l'altra estremità si arresta ai piedi del Giudice supremo. Salite dunque con coraggio: leggeri da superare sono quei gradini per coloro che hanno una volontà tenace. Guardate sempre in alto per darvi coraggio, perché disgrazia incoglie a colui che si ferma e volge indietro la testa! Egli viene allora colpito da capogiro; il vuoto che lo circonda lo spaventa; si ritrova senza forze e dice: "A che pro voler avanzare ancora? Ho fatto così poco cammino!" No, amici miei, non volgete mai indietro la testa. L'orgoglio è insito nell'uomo. Ebbene, impiegate questo orgoglio per darvi forza e coraggio per terminare la vostra ascensione. Impiegatelo per debellare le vostre debolezze e salite fino alla sommità della montagna eterna.

Pascal Lavic

(Le Havre, 9 agosto 1863)

Questo Spirito comunica spontaneamente con il medium, senza che questi l'abbia conosciuto da vivo, neppure di nome.

"Io credo nella bontà di Dio che vorrà aver misericordia del mio povero Spirito. Io ho sofferto, ho molto sofferto, e il mio corpo è perito in mare. Il mio Spirito era sempre attaccato al mio corpo, e per lungo tempo è andato errando nei flutti. Dio..."

(La comunicazione viene interrotta; il giorno dopo, lo Spirito continua.)

"... Dio ha voluto permettere che le preghiere di coloro che ho lasciato in Terra mi traessero dallo stato di turbamento e d'incertezza in cui il mio Spirito era piombato. Per lungo tempo essi mi hanno atteso, poi hanno potuto ritrovare il mio corpo. Ora esso riposa, e il mio Spirito, a fatica liberatosi, vede gli errori commessi. A prova consumata, Dio giudica con giustizia, e la Sua bontà si estende su tutti i pentiti. Se per lungo tempo il mio Spirito ha errato con il mio corpo, è per il fatto che dovevo espiare. Seguite la retta via, se volete che Dio prontamente ritiri il vostro Spirito dal suo involucro. Vivete nel Suo amore, pregate, e la morte, così terribile per certuni, sarà dolce per voi, perché voi sapete la vita che vi attende. Io sono perito in mare, e per lungo tempo sono stato atteso. Non potermi distaccare dal mio corpo era per me una terribile prova. È per questo che ho bisogno delle vostre preghiere, di voi che avete fatto il vostro ingresso nel credo che salva, di voi che potete pregare per me il Dio di giustizia Io mi pento e spero ch'Egli vorrà perdonarmi. Il mio corpo è stato rinvenuto il 6 agosto. Ero un povero marinaio e sono morto molto tempo fa. Pregate per me!"

Pascal Lavic

— Dove siete stato ritrovato?

«Non molto lontano da voi.»

Il Journal du Havre dell'il agosto 1863 conteneva l'articolo che qui di seguito riportiamo e di cui il medium non poteva essere a conoscenza.

"Abbiamo già dato notizia che, il giorno 6 di questo mese, è stato rinvenuto il tronco mutilato di un cadavere, arenatosi tra Bléville e La Hève. Esso mancava della testa, delle braccia e del busto. Cionondimeno si è potuta costatare la sua identità attraverso le calzature ancora ai piedi. È stato così riconosciuto che quello era il corpo del pescatore Lavic, il quale era morto 1'11 dicembre, scaraventato in mare da un'ondata, davanti a Tronville, mentre si trovava a bordo del peschereccio l'Alerte. Lavic aveva quarantanove anni ed era nato a Calais. Ne ha costatata l'identità la vedova del defunto."

Il 12 agosto, mentre si discuteva di tale avvenimento, nel circolo dove questo Spirito si era manifestato la prima volta, questi diede di nuovo e spontaneamente la seguente comunicazione:

"Sono in realtà Pascal Lavic e ho bisogno delle vostre preghiere.

Voi potete farmi del bene, perché la prova che ho subito è stata terribile. La separazione del mio Spirito dal mio corpo è avvenuta solo allorché ho riconosciuto le mie colpe. Oltre a ciò, non ancora totalmente distaccato, il mio Spirito continuava a seguire il mio corpo sul mare che lo aveva inghiottito. Pregate dunque Dio di perdonarmi. Pregate perché mi dia la pace. Pregate ve ne supplico. Che questa terribile fine di una esistenza terrena disgraziata sia per voi un ben grande insegnamento! Voi dovete pensare alla vita futura e non dovete mancare di chiedere a Dio la Sua misericordia. Pregate per me.

Ho bisogno che Dio abbia pietà di me."

Pascal Lavic

Ferdinand Bertin

Un medium, che abitava a Le Havre, stava evocando lo Spirito di una persona che era a lui nota. Questo Spirito risponde: "Io voglio comunicare, ma non riesco a superare l'ostacolo che c'è tra di noi. Sono perciò costretto a lasciare che questi sventurati che soffrono si avvicinino a voi". Ed egli riceve pertanto la seguente comunicazione spontanea:

"Mitrovo in un abisso spaventoso! Aiutatemi… O mio Dio! Chi mi trarrà fuori da questo gorgo?... Chi tenderà una mano soccorritrice al disgraziato che il mare inghiotte?... La notte è così nera che io ho paura... Dappertutto il mugghiare dei marosi, e nessuna parola amica per consolarmi e aiutarmi in questo momento supremo; perché questa notte profonda è la morte in tutto il suo orrore, e io non voglio morire!... O mio Dio! Questa non è la morte futura, questa è la morte passata!... Sono separato per sempre da coloro che amo... Vedo il mio corpo, e ciò che provavo poco fa altro non è che il ricordo della spaventosa angoscia della separazione... Abbiate pietà di me, voi che conoscete le mie sofferenze. Pregate per me, perché non voglio provare di nuovo, come mi è accaduto dopo quella notte fatale, tutte le lacerazioni dell'agonia!... Questa, tuttavia, è la mia punizione; lo presagisco... Pregate, ve ne scongiuro!... Oh il mare!... il freddo... sto per essere inghiottito!... Aiuto!... Abbiate pietà! Non respingetemi!... Ci salveremo in due su quel relitto!... Oh, affogo!... Le onde stanno per inghiottirmi, e i miei cari non avranno neppure la triste consolazione di rivedermi!... Ma non è così! Vedo che il mio corpo non è più sballottato dalle onde... Le preghiere di mia madre saranno ascoltate... La mia povera madre! Se potesse immaginare come in realtà sia sventurato suo figlio, pregherebbe di più. Ma ella crede che la causa della mia morte abbia santificato il mio passato. Mi piange come un martire e non come un disgraziato punito!... Oh! voi che sapete, sarete voi senza pietà? No! Voi pregherete."

François Bertin


Questo nome, completamente sconosciuto, non suggeriva al medium alcun ricordo. Egli pensò allora che, senza dubbio, era lo Spirito di qualche sventurato naufrago che veniva a manifestarsi spontaneamente a lui, come già gli era accaduto parecchie volte. Poco più tardi seppe che quello era il nome d'una delle vittime di un grande disastro marittimo, che era accaduto nei paraggi il 2 dicembre 1863. La comunicazione era stata data il giorno 8 dello stesso mese, cioè sei giorni dopo la catastrofe. L'uomo era perito mentre faceva inauditi tentativi per salvare l'equipaggio e nel momento stesso in cui credeva d'essersi assicurata la salvezza.

Questo individuo non era legato al medium da nessun vincolo, né di parentela né di conoscenza. Perché allora si è manifestato a lui piuttosto che a qualche membro della sua famiglia? Il fatto è che gli Spiriti non in tutti trovano le condizioni fluidiche necessarie alla manifestazione. Nel turbamento in cui si trovava, egli non aveva d'altra parte alcuna libertà di scelta. Istintivamente e attrattivamente era stato portato verso questo medium, dotato, a quanto pareva, di una speciale attitudine per le comunicazioni spontanee di quel genere. Senza dubbio presentiva anche che avrebbe trovata in lui una particolare simpatia, come l'avevano trovata altri in circostanze simili. La sua famiglia, estranea allo Spiritismo, forse contraria a questa credenza, non avrebbe accolto la sua rivelazione, come invece poteva fare questo medium.

Benché la morte risalisse a qualche giorno addietro, lo Spirito ne subiva ancora tutte le angosce. È evidente che non si rendeva assolutamente conto della sua situazione. Egli si credeva ancora vivo, mentre lottava contro i flutti. Tuttavia parla del suo corpo come se ne fosse separato. Grida al soccorso, dice che non vuole morire e un istante dopo parla della causa della sua morte, ch'egli riconosce essere un castigo. Tutto ciò denota la confusione di idee che quasi sempre fa seguito alle morti violente.

Due mesi più tardi, il 2 febbraio 1864, egli comunica di nuovo spontaneamente col medesimo medium e gli detta ciò che segue: "La pietà che voi avete dimostrato per le mie sofferenze così orribili mi ha confortato. Comprendo la speranza; intravedo il perdono, ma dopo il castigo per la colpa commessa. Io soffro sempre, e se Dio permette che, per alcuni istanti, io intraveda la fine della mia disgrazia, è solo alle preghiere delle anime caritatevoli, impietosite dalla mia situazione, che io devo questo addolcimento. O speranza, raggio del Cielo, che tu sia benedetta quando ti sento nascere nella mia anima!... Ma, ohimè, l'abisso si squarcia! Il terrore e la sofferenza cancellano quel ricordo di misericordia... La notte. Sempre la notte!... L'acqua, il fragore delle onde che hanno inghiottito il mio corpo non sono che una fragile immagine dell'orrore che circonda il mio povero Spirito... Io sono più calmo quando posso stare accanto a voi; perché allo stesso modo che un terribile segreto, allorché venga deposto nel cuore di un amico, dà sollievo a colui che ne era oppresso, così la vostra pietà, mossa dalla rivelazione delle mie miserie, placa il mio male e dà tregua al mio Spirito... Le vostre preghiere mi fanno bene; non negatemele. Non voglio ripiombare in quell'orribile incubo che diventa realtà quando lo vedo... Prendete più spesso quella matita. Mi fa tanto bene comunicare con voi!"

A qualche giorno di distanza, a questo stesso Spirito, evocato in una riunione spiritista di Parigi, furono rivolte le domande sottoelencate, alle quali egli rispose, con una sola e stessa comunicazione, per mezzo di un altro medium.

— Che cosa vi ha spinto a manifestarvi spontaneamente al primo medium col quale avete comunicato? — Quanto tempo era trascorso da quando eravate morto a quando vi siete manifestato? — Quando avete comunicato, sembravate incerto se foste ancora vivo o già morto, e provavate tutte le angosce d'una morte terribile. Vi rendete più chiaramente conto, ora, della vostra situazione? — Avete detto, in modo assoluto, che la vostra morte era una espiazione. Vorreste dircene la causa? Ciò sarà per noi un insegnamento, e per voi un sollievo. Attraverso questa confessione sincera voi vi attirerete la misericordia di Dio, che noi solleciteremo con le nostre preghiere.

«Sembra impossibile, di primo acchito, che una creatura possa soffrire così crudelmente. Dio! Com'è angoscioso vedersi costantemente in mezzo alla furia delle onde, e sentire senza tregua questa amarezza, questo freddo glaciale che sale, che afferra lo stomaco! Ma a che serve intrattenervi sempre su questo spettacolo? Non dovrei forse — per obbedire alle leggi della riconoscenza — incominciare col ringraziare voi tutti, che mostrate un così grande interesse per i miei tormenti? Voi mi domandate se io mi sia manifestato molto tempo dopo la mia morte. Non mi è possibile rispondere tanto facilmente. Pensate e giudicate in quale orribile situazione io ancora mi trovo! Tuttavia, sono stato condotto accanto al medium, io credo, da una volontà estranea alla mia. Inoltre — cosa che non mi è possibile comprendere — io mi servivo del suo braccio con la medesima facilità con cui mi servo del vostro in questo momento, convinto ch'esso mi appartenesse. Al momento io sento, perfino, che questa è una gioia ben grande, come un particolare sollievo che, ahimè, ben presto finirà. Ma, Dio mio, dovrei fare una confessione; ne avrò la forza?»

Dopo molti incoraggiamenti, lo Spirito aggiunge: «Io sono molto colpevole! Ciò che soprattutto mi addolora è il fatto che si creda che io sia un martire; niente affatto... In una precedente esistenza, io ho fatto mettere in un sacco parecchie vittime e le ho fatte gettare in mare... Pregate per me!»

Istruzione di san Luigi su questa comunicazione. Questa confessione sarà, per questo Spirito, causa di grande consolazione. Sì, egli è stato grandemente colpevole! Ma l'esistenza che ha appena lasciato è stata onorevole. Egli era amato e stimato dai suoi capi. E questo è il frutto del suo pentimento e delle buone risoluzioni che aveva preso prima di ritornare sulla Terra, dove ha voluto essere tanto umano quanto era stato crudele nella precedente esistenza. L'abnegazione di cui ha dato prova era già una riparazione, ma era necessario ch'egli riscattasse le passate colpe con un'ultima espiazione, quella della morte crudele ch'egli ha subito. Ha voluto lui stesso purificarsi subendo le torture che aveva fatto patire agli altri. Osservate, poi, che un'idea lo perseguita: il dolore di costatare che si guardi a lui come a un martire. Credetemi, si terrà conto di questo suo sentimento d'umiltà. Ormai egli ha lasciato la via dell'espiazione per entrare in quella della riabilitazione. Con le vostre preghiere voi potete sostenerlo in ciò, e farlo procedere con passo più fermo e più sicuro.

François Riquier

François Riquier era un comunissimo uomo, un vecchio avaro e un vecchio scapolo, morto a C... nel 1857, lasciando un patrimonio abbastanza considerevole ai parenti collaterali. Egli era stato un tempo il padrone di casa di una signora, la quale in seguito l'aveva completamente dimenticato e non sapeva neppure se egli fosse ancora di questo mondo. Nel 1862, la figlia di questa signora, che è soggetta a crisi di catalessi, seguite da un sonno magnetico spontaneo, e che è inoltre un'ottima medium scrivente, vide, in uno di questi sonni, il signor Riquier il quale, disse, voleva rivolgersi a sua madre. Dopo alcuni giorni, poiché si era manifestato spontaneamente e aveva espresso il desiderio di parlare con quella signora, avvenne con lui la seguente conversazione:

— Che cosa volete da noi?

I miei averi! Mi hanno preso tutto, quei miserabili, per dividerselo tra loro! Hanno venduto le mie fattorie, le mie case, tutto, per dividerselo. Hanno dilapidato i miei beni, come se non appartenessero a me. Fate che mi sia resa giustizia, perché a me loro non danno retta, e io non voglio tollerare tali infamie. Che ero un usuraio, dicono, e intanto si trattengono il mio denaro! Perché non vogliono rendermelo, dal momento che ritengono che sia stato mal guadagnato?»

— Ma voi siete morto, caro il mio buonuomo. Non avete più bisogno di denaro. Chiedete piuttosto a Dio di darvi una nuova esistenza del tutto povera, così da espiare l'avarizia dell'ultima.

«No. Io non potrei vivere da povero. Ci vuole il mio denaro per farmi vivere. D'altronde io non ho bisogno di vivere un'altra vita, dal momento che attualmente sono vivo.»

(La domanda che segue è formulata con lo scopo di ricondurlo alla realtà.)

— Soffrite?

«Oh sì! Soffro torture peggiori della malattia più crudele, perché è la mia anima che patisce queste torture. Ho sempre davanti alla mente l'iniquità della mia vita, che è stata oggetto di scandalo per molti. So bene d'essere stato un miserabile indegno di pietà; ma soffro tanto che bisogna aiutarmi a uscire da questo miserabile stato.»

— Noi pregheremo per voi.

«Grazie! Pregate perché io possa dimenticare le mie ricchezze terrene. Senza di ciò io non potrò mai pentirmi. Addio e grazie.»

François Riquier
Rue de la Charité, n. 14


È abbastanza curioso vedere questo Spirito dare il suo indirizzo, come se fosse ancora vivo. La signora, che tale indirizzo ignorava, si premurò di andare a verificarlo; e fu molto sorpresa nel costatare che la casa indicata era proprio l'ultima in cui il signor Riquier aveva abitato. Così, dopo cinque anni, egli non si credeva morto e si trovava ancora nell'angoscia, terribile per un avaro, di vedere i suoi beni spartiti tra gli eredi. L'evocazione, senza dubbio provocata da qualche buono Spirito, ha avuto per effetto di fargli comprendere la sua posizione e di disporlo al pentimento.

Claire

(Società Spiritista di Parigi, 1861)

Lo Spirito che ha dettato le comunicazioni, che riportiamo qui sotto, è quello di una donna che il medium aveva conosciuto da viva, e la cui condotta e il cui carattere giustificano anche troppo i tormenti ch'ella patisce. La donna era soprattutto dominata da un esasperato sentimento d'egoismo e di orgoglio personale, che si riflette nella terza comunicazione, con la pretesa di volere che il medium si occupi soltanto di lei. Queste comunicazioni sono state ottenute in epoche diverse; le ultime tre denotano un sensibile progresso nelle predisposizioni dello Spirito, grazie alle cure del medium, il quale aveva intrapreso la sua educazione morale.

I. "Eccomi qui, sono io, la sventurata Claire. Che cosa vuoi che ti dica? La rassegnazione e la speranza sono soltanto delle parole per chi sa che, innumerevoli come i ciottoli del greto di un fiume, le sue sofferenze dureranno per tutto l'interminabile susseguirsi dei secoli. Che ne dici? Posso addolcirle? Quali vaghe parole! Dove trovare il coraggio, la speranza per tutto questo? Cerca dunque, cervello limitato, di comprendere che questo è un giorno che non finisce mai. È un giorno, un anno, un secolo? Che ne so io? Le ore non lo dividono, le stagioni non lo variano. Eterno e lento come l'acqua che stilla da una roccia, questo giorno esecrato, questo giorno maledetto pesa su di me come una cassa di piombo...Io soffro!... Non vedo attorno a me che ombre silenziose e indifferenti...Io soffro!

Eppure lo so. Al di sopra di questa miseria regna Dio, il Padre, il Maestro, Colui verso il quale tendono tutte le cose. Voglio pensare a Lui. Voglio implorarLo.

Io mi dibatto e mi trascino come uno storpio che si inerpica lungo il cammino. Io non so quale potere mi attiri verso di te. Sei tu forse la salvezza? Ti lascio e mi sento un po' quietata, un po' riscaldata. Come un vecchio tremante è rianimato da un raggio di sole, così la mia anima ghiacciata attinge nuova vita avvicinandosi a te."

II. "La mia sventura aumenta di giorno in giorno; aumenta nella misura in cui la consapevolezza dell'eternità si sviluppa in me. O meschinità, quanto vi maledico ore colpevoli, ore d'egoismo e d'oblio, in cui, disconoscendo ogni carità e ogni dedizione, io non pensavo che al mio benessere! Siate maledetti umani interessi e vane preoccupazioni materiali! Siate maledetti, voi che mi avete accecata e perduta! Io sono rosa dal continuo rimpianto del tempo passato. Che cosa dirò a te che mi ascolti? Veglia di continuo su te stesso; ama gli altri più di te stesso; non attardarti sulla via del benessere; non ingrassare il tuo corpo a spese della tua anima; stai attento, come diceva il Salvatore ai suoi discepoli. Non ringraziarmi per questi consigli, il mio Spirito li comprende, ma il mio cuore non li ha mai ascoltati. Come un cane frustato, la paura mi fa rabbrividire, ma io non conosco ancora l'amore spontaneo. Tarda molto a levarsi la sua divina aurora! Prega per la mia anima arida e così miserabile!"

III. "Vengo a cercarti fin qui, poiché tu mi stai dimenticando. Credi dunque che delle preghiere isolate, pronunciate a mio nome, saranno sufficienti all'appagamento della mia pena? No. Cento volte no. Io fremo di dolore. Erro senza tregua, senza asilo, senza speranza, sentendo l'eterno aculeo del castigo affondare nella mia anima che si ribella. Rido quando sento i vostri lamenti, quando vi vedo abbattuti. Che cosa sono le vostre effimere miserie, che cosa le vostre lacrime, che cosa i vostri tormenti che il sonno interrompe? E io, dormo forse io? Io voglio — capisci? — io voglio che tu ti occupi di me! Lascia stare le tue dissertazioni filosofiche! Lascia che se ne occupino gli altri. Io non trovo espressioni atte a dipingere l'angoscia di questo tempo che scorre, senza che le ore ne scandiscano i periodi. A stento vedo un flebile raggio di speranza, e questa speranza sei stato tu a darmela. Non abbandonarmi, dunque."

IV. Lo Spirito di san Luigi. Questo quadro è anche troppo vero. Non è affatto esagerato. Forse, ci si domanderà che cosa ha potuto mai fare questa donna per essere così sventurata. Ha, forse, ella commesso qualche orribile crimine? Ha ella rubato, ucciso? No. Ella non ha commesso nulla che potesse meritare la giustizia degli uomini. Godeva, al contrario, di ciò che voi chiamate le felicità terrene. Bellezza, ricchezza, piaceri, adulazioni, tutto le sorrideva, nulla le mancava, e, vedendola, di lei si diceva: "Che donna fortunata!" e si invidiava la sua sorte. Che cosa ha fatto? È stata egoista. Aveva tutto, eccetto il buon cuore. Se essa non ha violato la legge degli uomini, ha violato la legge di Dio, perché ha disconosciuto la carità, la prima delle virtù. Essa non ha amato che sé stessa, ora non è amata da nessuno. Nulla ha dato, nulla le si dà. È isolata, abbandonata, trascurata, perduta nello Spazio dove nessuno pensa a lei, nessuno si occupa di lei. È questo che rende il suo castigo un supplizio. Siccome non ha ricercato che le gioie mondane — e oggi queste gioie non esistono più per lei — le si è fatto il vuoto intorno. Essa non vede che il nulla, e il nulla le sembra l'eternità. Non patisce torture fisiche: i diavoli non vanno a tormentarla; ma ciò non è necessario: è lei a tormentare sé stessa. Così soffre ben di più, perché questi diavoli sarebbero pur sempre degli esseri che penserebbero a lei. L'egoismo ha determinato la sua gioia sulla Terra: ora, esso la perseguita. Questo è ora il verme che le rode il cuore, questo il suo vero demone.

San Luigi


V. "Vi parlerò, ora, dell'importante differenza che esiste tra la morale divina e la morale umana. La prima assiste la donna adultera nel suo abbandono, e dice ai peccatori: "Pentitevi, e il regno dei cieli vi sarà aperto". La morale divina, infine, accetta tutti i pentimenti e tutte le colpe confessate, mentre la morale umana li respinge e ammette, sorridendo, i peccati nascosti che, dice, sono per metà perdonati. All'una la grazia del perdono, all'altra l'ipocrisia. Scegliete, Spiriti avidi di verità! Scegliete, tra i cieli aperti al pentimento e la tolleranza che ammette il male quando non disturbi l'egoismo e le sue false convenzioni, ma che respinge la passione e i singhiozzi di colpe confessate alla luce del sole. Pentitevi, voi tutti che peccate! Rinunciate al male, ma rinunciate soprattutto all'ipocrisia, che nasconde l'abiezione con la maschera ridente e ingannatrice delle mutue convenzioni.

VI. Io sono ora calma e sono rassegnata alla espiazione delle colpe che ho commesso. Il male è in me e non fuori di me. È dunque me stessa che devo cambiare e non le cose esterne. Noi portiamo dentro di noi il nostro Cielo e il nostro inferno. Le nostre colpe, impresse nella coscienza, sono correntemente lette nel giorno della resurrezione e siamo noi allora i giudici di noi stessi, poiché lo stato della nostra anima ci innalza o ci precipita. E mi spiego: uno Spirito impuro e sovraccarico di colpe non può né concepire né desiderare una elevazione che non saprebbe sopportare. Davvero, credete: come le differenti specie di esseri vivono ciascuna nella sfera che le è propria, così gli Spiriti, a seconda del loro grado di avanzamento, si muovono nell'ambiente adeguato alle loro facoltà. Essi non concepiscono altro fin quando il progresso, strumento della lenta trasformazione delle anime, non li sottrae alle loro basse tendenze; li fa dispogliare della crisalide del peccato, affinché essi possano svolazzare, prima di lanciarsi, rapidi come frecce, verso Dio divenuto loro unico e desiderato fine. Ahimè, io neppure ancora mi trascino, ma non odio più e comprendo l'ineffabile felicità dell'amore divino. Prega dunque sempre per me, che spero e attendo."

Nella comunicazione che segue, Claire parla di suo marito — dal quale molto ella aveva avuto a soffrire da viva — e della posizione in cui egli si trova oggi nel mondo degli Spiriti. Questo quadro, che non ha potuto completare da sé stessa, è stato completato dalla guida spirituale del medium.

VII. "Vengo da te, da te che da lungo tempo mi tieni nell'oblio. Ma io ho conquistato la rassegnazione e non sono più disperata. Tu vuoi sapere qual è la situazione del povero Felix. Egli era nelle tenebre, in preda a un profondo denudamento dell'anima. Il suo essere superficiale e leggero, avvilito dal sensualismo, ha sempre ignorato l'amore e l'amicizia. Neppure la passione, coi suoi cupi bagliori, l'ha illuminato. Io paragono il suo stato presente a quello di un bambino inabile alle funzioni della vita e privato dell'aiuto da parte di coloro che lo assistono. Felix erra con terrore in questo mondo a lui estraneo, in cui tutto risplende della luce di quel Dio, che egli ha negato..."

VIII. La guida del medium. Claire non può continuare l'analisi delle sofferenze di suo marito senza risentirne lei stessa. Perciò parlerò io per lei.

Felix, che era superficiale intellettivamente quanto sentimentalmente, violento perché era debole, debosciato perché era freddo, è entrato nel mondo degli Spiriti nudo moralmente come nudo era stato fisicamente. Entrando nella vita terrena, nulla egli ha acquisito e, di conseguenza, tutto egli deve ricominciare. Quale uomo che si svegli da un lungo sogno e riconosca quanto inutile sia stata l'agitazione dei suoi nervi, questo povero essere, uscendo dal perturbamento, riconoscerà che è vissuto di chimere che hanno ingannato la sua vita. Maledirà il materialismo che l'ha indotto ad abbracciare il nulla, quando credeva di stringere la realtà. Maledirà il positivismo che gli faceva definire come chimere le idee di una vita futura, come follie le aspirazioni, e come debolezza la fede in Dio. Lo sventurato, svegliandosi, vedrà che quei nomi da lui scherniti sono la formula della verità, e che, al contrario della favola, la caccia alla preda è stata meno proficua di quella all’ombra.

Georges


Studi sulle comunicazioni di Claire


Queste comunicazioni sono istruttive soprattutto in quanto ci mostrano uno dei lati più volgari della vita: quello dell'egoismo. Non si tratta qui di quei gravi crimini che fanno inorridire tutti — anche gli uomini perversi —, ma si tratta della condizione di una folla di persone le quali vivono in questo mondo onorate e venerate, sia perché hanno una certa vernice, sia perché le loro azioni non cadono sotto la pena delle leggi sociali. Neppure nel mondo degli Spiriti ci sono punizioni eccezionali, il cui quadro potrebbe far rabbrividire, ma v'è una situazione semplice e naturale, conseguenza del loro modo di vivere e dello stato della loro anima. L'isolamento, l'abbandono, ecco la punizione di colui che ha vissuto solo per sé stesso. Claire, era come abbiamo visto, uno Spirito molto intelligente, ma anche un cuore arido. Sulla Terra, la sua posizione sociale, le sue ricchezze, le sue prerogative fisiche le procuravano omaggi che appagavano la sua vanità, e ciò le era sufficiente. Qui ella non incontra altro che indifferenza, e intorno a lei si fa il vuoto. Punizione questa ancora più cocente del dolore, poiché è mortificante. Il dolore, infatti, ispira pietà, compassione: è ancora un modo per attirare gli sguardi, per far sì che ci si occupi di noi, che ci si interessi alla nostra sorte.

La sesta comunicazione racchiude un'idea perfettamente vera, in quanto spiega l'ostinazione di certi Spiriti nel commettere il male. Ci si stupisce nel vedere che alcuni di essi sono insensibili all'idea e anche allo spettacolo della felicità di cui godono i buoni Spiriti. Essi si trovano esattamente nella posizione di quegli uomini degradati che, nel fango, godono dei volgari piaceri sensuali. Qui, questi uomini sono in qualche modo nel loro ambiente; essi non concepiscono la delicatezza di certe gioie. Preferiscono i loro luridi cenci a un abbigliamento dignitoso e decente — perché vi si trovano più a loro agio —, le loro feste orgiastiche ai piaceri della buona compagnia. Si sono talmente identificati con questo genere di vita da diventare essa quasi una loro seconda natura; inoltre si ritengono incapaci di elevarsi al di sopra della loro sfera — ed è per questo che vi restano —, finché una trasformazione del loro essere non abbia dischiuso la loro intelligenza, sviluppando in essi il senso morale e rendendoli aperti a sensazioni più sottili.

Questi Spiriti, allorché sono disincarnati, non possono istantaneamente acquisire delicatezza dei sentimenti, cosicché durante un periodo di tempo più o meno lungo, essi occuperanno i bassifondi del mondo spirituale, così come hanno occupato i bassifondi del mondo corporale; e vi resteranno fintantoché saranno ribelli al progresso. Ma con il passar del tempo, con l'esperienza, le tribolazioni, le miserie delle incarnazioni successive, arriva il momento in cui essi concepiscono che esiste qualcosa di meglio di ciò che hanno, e le loro aspirazioni s'innalzano. Incominciano a comprendere che cos'è ciò che loro manca ed è allora che fanno degli sforzi per ottenerlo e per elevarsi. Una volta imboccata questa strada, la percorrono con rapidità, perché hanno assaporato una soddisfazione che appare loro ben superiore e al cui confronto le altre, essendo solo delle grossolane sensazioni, finiscono per ispirar loro della ripugnanza.

— (Domanda rivolta a san Luigi) Che cosa bisogna intendere per tenebre, quelle cioè in cui sono immerse certe anime sofferenti? Si tratta delle tenebre di cui tanto spesso si parla nelle Scritture?

«Le tenebre in questione sono realmente quelle designate da Gesù e dai profeti, quando parlano del castigo riservato ai malvagi. Ma questo altro non è, anche qui, che un'allegoria destinata a colpire i sensi materiali dei contemporanei, che non avrebbero potuto concepire una punizione di carattere spirituale. Certi Spiriti sono immersi nelle tenebre, ma con questo si deve intendere una vera e propria notte dell'anima paragonabile all'oscurità da cui viene colpita l'intelligenza dell'idiota. Non si tratta di una follia dell'anima, ma di una inconsapevolezza di sé stessa e di ciò che la circonda, che avviene sia in presenza sia in assenza della luce materiale. È, soprattutto, la punizione di coloro che hanno dubitato della destinazione del loro essere. Essi hanno creduto nel nulla, e l'apparenza di questo nulla diventerà il loro supplizio, finché l'anima, ritornata in sé stessa, non lacererà con energia la rete di prostrazione morale che l'ha fino ad allora catturata. Allo stesso modo, un uomo, oppresso da un sogno angoscioso, lotta a un dato momento, con tutta la forza delle sue facoltà, contro i terrori da cui all'inizio si è lasciato dominare. Questa momentanea riduzione dell'anima a un nulla fittizio, con la consapevolezza della sua esistenza, è una sofferenza più crudele di quanto si possa immaginare, a causa di questa quiete apparente da cui essa è colpita; è questo riposo forzato, questa nullità del suo essere, questa incertezza che costituiscono il suo supplizio. Ma è la noia da cui è oppressa il suo più terribile castigo, poiché nulla essa percepisce attorno a sé, né cose né esseri. In tutto ciò consistono le sue vere tenebre.»

San Luigi


(Claire) "Eccomi! Anch'io posso rispondere alla domanda riguardo alle tenebre, poiché ho errato e sofferto per lungo tempo in questi limbi, dove tutto è pianto e miserie. Sì, le tenebre visibili di cui parlano le Scritture esistono. I disgraziati che, terminate le loro prove terrene, lasciano la vita, ignoranti o colpevoli, vengono sprofondati nella gelida regione, inconsapevoli di sé stessi e dei loro destini. Essi credono che quella loro situazione sia eterna, balbettano ancora quelle parole della vita dalle quali sono stati sedotti, e si stupiscono e si spaventano di quella loro grande solitudine. Quel luogo vuoto eppur popolato, quello spazio in cui, trascinati via pallidi e gementi, gli Spiriti errano senza consolazione, senza affetti, senza soccorso di sorta, sono le tenebre. A chi rivolgersi?... Essi sentono là l'eternità pesare su di loro. Tremano e rimpiangono i meschini interessi che scandivano le loro ore; rimpiangono la notte che, succedendo al giorno, traduceva spesso i loro affanni in un sogno felice. Pertanto le tenebre sono per gli Spiriti: l'ignoranza, il vuoto e l'orrore dell’ignoto... Non posso continuare..."

Claire


Di questa oscurità è stata data anche la seguente spiegazione:

"Il perispirito possiede, per sua natura, una proprietà luminosa che si sviluppa sotto il dominio dell'attività e delle qualità dell'anima. Si potrebbe dire che queste qualità stanno al fluido del perispirito come il frizionamento sta al fosforo. L'intensità della luce è in ragione della purezza dello Spirito; le più piccole imperfezioni morali la oscurano e la indeboliscono. La luce che s'irradia da uno Spirito è perciò tanto più vivida quanto questi è più avanzato. Essendo, in qualche modo, ogni Spirito portatore della sua stessa luce, egli vedrà proporzionalmente alla intensità della luce che produce. Da ciò risulta che coloro i quali non ne producono affatto si trovano nell'oscurità più assoluta."

Questa teoria è perfettamente esatta riguardo all'irraggiamento del fluido luminoso da parte degli Spiriti superiori, ed è confermata dall'osservazione. Ma questa non pare essere la vera causa o, almeno, l'unica del fenomeno di cui stiamo parlando, considerato che: 1°) non tutti gli Spiriti inferiori sono nelle tenebre; 2°) il medesimo Spirito non può trovarsi alternativamente nella luce e nella oscurità; 3°) la luce può essere un castigo per certi Spiriti molto molto imperfetti. Se l'oscurità in cui sono immersi certi Spiriti fosse inerente alla loro personalità, essa sarebbe permanente e generale per tutti gli Spiriti malvagi — cosa che non è affatto —, poiché Spiriti di estrema perversità vedono perfettamente, mentre altri, che non potremmo definire perversi, si trovano temporaneamente in tenebre profonde. Tutto prova dunque che, oltre quella che è loro propria, gli Spiriti ricevono egualmente una luce esterna, che viene loro a mancare a seconda delle circostanze. Da tutto ciò bisogna concludere che questa oscurità dipende da una causa o da una volontà estranea, e che essa costituisce una punizione speciale per dei casi stabiliti dalla sovrana giustizia.

(Domanda rivolta a san Luigi.) Qual è la causa per cui l'educazione morale degli Spiriti disincarnati è più facile di quella degli incarnati? 4 rapporti stabiliti dallo Spiritismo tra gli uomini e gli Spiriti dimostrano come questi ultimi si correggano più rapidamente — sotto l'influenza di salutari consigli — di coloro che sono incarnati, come si può ben vedere attraverso le cure delle ossessioni.»

(Società di Parigi.) «L'incarnato, per sua stessa natura, si trova in uno stato di lotta senza tregua per via degli elementi contrari di cui è composto, e che devono condurlo alla sua fine provvidenziale, reagendo l'uno sull'altro. La materia subisce facilmente il predominio di un fluido esterno; se l'anima non reagirà, con tutta la forza morale di cui è capace, si lascerà dominare dall'intermediario del suo corpo. Non solo, ma seguirà l'impulso delle influenze perverse da cui è circondata, e con una facilità ben più grande, in quanto gli invisibili che la assediano attaccano di preferenza i punti più vulnerabili, le tendenze verso la passione dominante.

Per lo Spirito disincarnato, è tutt'altra cosa. Egli, è vero, è ancora sotto un'influenza semi materiale, ma questo stato non ha nulla di paragonabile con quello dell'incarnato. Il rispetto umano, così preponderante tra gli uomini, è inesistente per lo Spirito disincarnato, e questo solo pensiero è sufficiente per indurlo a non resistere a lungo alle ragioni che il suo proprio interesse gli presenta come buone. Può lottare, e in genere lotta, con maggiore violenza dell'incarnato — perché è più libero —, ma nessuna meschina visione d'interesse materiale o di posizione sociale ostacolerà il suo giudizio. Egli lotta per amore del male, ma ben presto acquisisce il senso della propria impotenza di fronte alla superiorità morale che lo domina. La prospettiva di un avvenire migliore gli è più accessibile, perché si trova nella stessa vita in cui questo avvenire deve completarsi, e anche perché questa visione non è oscurata dal turbinio dei piaceri umani. In poche parole, non essendo più sotto l'influenza della carne, tutto ciò rende più facile la sua conversione, soprattutto da quando egli ha raggiunto un certo progresso, grazie alle prove che ha compiuto. Uno Spirito completamente primitivo sarebbe poco incline al raziocinio, diversamente avviene, invece, per colui che ha già sperimentato la vita. D'altra parte, presso l'incarnato come presso il disincarnato, è sull'anima — attraverso il sentimento — che bisogna agire. Ogni azione materiale può sospendere momentaneamente le sofferenze dell'uomo vizioso, ma la medesima azione non può distruggere il principio morboso che è nell'anima. Ogni atto che non tenda a migliorare l'anima non può allontanarla dal male.»

San Luigi




Capitolo V - SUICIDI

Il suicida della Samaritaine

Il 7 aprile 1858, verso le sette di sera, un uomo d'una cinquantina d'anni, dignitosamente vestito, si presentò nello stabilimento della Samaritaine, a Parigi, e si fece preparare un bagno. Il ragazzo addetto ai servizi, meravigliandosi che, dopo due ore, quell'individuo non avesse ancora chiamato, decise di entrare nella stanza da bagno per vedere se si fosse sentito male. Fu così che divenne testimone d'un orrendo spettacolo: il disgraziato si era reciso la gola con un rasoio, e tutto il suo sangue si era mescolato all'acqua della vasca. Non essendosi potuta stabilire l'identità, il cadavere fu trasportato all'Istituto di Medicina Legale.

Lo Spirito di quest'uomo, evocato presso la Società Spiritista di Parigi sei giorni dopo la sua morte, diede le risposte che qui di seguito riportiamo.

1. Evocazione. (Risposta della guida del medium.) «Attendete... è qui.»

2. Dove siete ora?

«Io non lo so... Ditemelo voi dove sono.»

3. Siete in un'assemblea di persone che si occupano di studi spiritisti e che sono molto ben disposte verso di voi.

«Ditemi se sono vivo... Soffoco in questa bara.»

La sua anima, benché separata dal corpo, è ancora completamente immersa in ciò che si potrebbe chiamare vortice della materia corporale. Le idee terrene sono ancora forti. Egli non crede di essere morto.

4. Chi vi ha costretto a venire da noi?

«Mi sono sentito confortato.»

5. Quale il motivo che vi ha portato a suicidarvi?

«Io sarei morto? No... Abito il mio corpo... Voi non sapete quanto io soffra!... Soffoco... Che una mano compassionevole provi a finirmi!»

6. Perché non avete lasciato alcuna traccia che potesse farvi riconoscere?

«Sono abbandonato! Ho fuggito la sofferenza per trovare la tortura.»

7. E ora avete gli stessi motivi per restare sconosciuto?

«Sì. Non rigirate il ferro rovente nella piaga che sanguina.»

8. Non vorreste dirci il vostro nome, la vostra età, la vostra professione, il vostro domicilio?

«No... a tutto no.»

9. Avevate una famiglia, una moglie, dei figli?

«Ero abbandonato. Nessun essere al mondo mi amava.»

10. Che cosa avevate commesso per non essere amato da nessuno?

«Quanti, quanti ce ne sono come me!... Un uomo può sentirsi abbandonato anche in seno alla sua stessa famiglia, quando nessun cuore lo ama.»

11. Al momento di commettere il suicidio, non avete avuto alcuna esitazione?

«Avevo sete di morte... Attendevo il riposo.»

12. Come mai il pensiero del futuro non vi ha fatto rinunciare al vostro proposito?

«Non ci credevo più... al futuro. Ero senza speranze. Il futuro è speranza.»

13. Quali riflessioni avete fatto al momento in cui avete sentito la vita spegnersi in voi?

«Io non ho riflettuto. Io sento... Ma la mia vita non è spenta... La mia anima è legata al mio corpo... sento i vermi divorarmi.»

14. Quale sentimento avete provato nel momento in cui la morte è stata completa?

«Ma lo è completa?»

15. Il momento in cui la vita si spegneva in voi è stato doloroso?

«Meno doloroso che in seguito. Solo il corpo ne ha sofferto.»

16. (Allo Spirito di san Luigi.) Che cosa intende lo Spirito dicendo che il momento della morte è stato meno doloroso che in seguito?

«Lo Spirito si liberava di un fardello che lo opprimeva. Egli provava la voluttà del dolore.»

17. Questo stato è sempre la conseguenza del suicidio?

«Sì. Lo Spirito del suicida è legato al suo corpo fino al termine della sua vita. La morte naturale è la liberazione della vita; il suicidio la spezza completamente.»

18. Accade lo stesso in ogni morte accidentale indipendente dalla volontà, e che abbrevi la durata naturale della vita?

«No... Che cosa intendete voi per suicidio? Lo Spirito è responsabile solo dei suoi atti.»

Questo dubbio, riguardo alla propria mente, è molto comune presso le persone decedute da poco, e soprattutto presso quelle che, durante la loro vita, non hanno elevato la loro anima al di sopra della materia. È, di primo acchito, un fenomeno che può apparire bizzarro, ma che si spiega molto naturalmente. Se a un individuo, posto per la prima volta in stato di sonnambulismo, si chiede se stia dormendo, quasi sempre egli risponde negativamente. E questa sua risposta è logica: è l'interrogante che pone male la domanda, poiché si serve di un termine improprio. L'idea di sonno, nella nostra lingua abituale, è legata alla sospensione di tutte le nostre facoltà sensitive. Orbene, il sonnambulo, che pensa, che vede, che sente, che ha coscienza della sua libertà morale, non crede affatto di dormire; e in effetti egli non dorme, secondo l'accezione comune del termine. È per questo che risponde negativamente, almeno finché non abbia familiarizzato con questa maniera d'intendere il fatto. La stessa cosa avviene per l'uomo che è appena morto; per lui la morte era l'annientamento dell'essere. Come il sonnambulo, egli vede, sente e parla; quindi, secondo lui, egli non è morto, e lo afferma fin quando non abbia acquisito l'intuizione del suo nuovo stato. Questa illusione è sempre più o meno penosa, perché non è mai completa e lascia lo Spirito in una sorta d'ansietà. Nell'esempio qui citato si tratta di un vero e proprio supplizio, per la sensazione dei vermi che corrodono il corpo, e anche per la sua durata, che deve essere quella che avrebbe avuto la vita di quest'uomo, se egli non l'avesse abbreviata. Questo stato è frequente nei suicidi, ma non sempre si presenta in condizioni identiche; tale stato varia soprattutto riguardo alla durata e all'intensità, a seconda delle circostanze aggravanti o attenuanti della colpa. La sensazione dei vermi e della decomposizione del corpo non è neppure una peculiarità dei suicidi; essa, per esempio, è frequente presso coloro che hanno vissuto più della vita materiale che della vita spirituale. In linea di massima, non esistono colpe che rimangano impunite; ma non ci sono regole uniformi e assolute circa i mezzi di punizione.

Il padre e il coscritto

All'inizio della guerra d'Italia, nel 1859, un negoziante di Parigi, padre di famiglia, il quale godeva della stima generale di tutti i suoi vicini, aveva un figlio che la sorte aveva chiamato sotto le armi. Trovandosi, per la sua posizione, nell'impossibilità di richiederne l'esonero dal servizio, ebbe l'idea di suicidarsi, di modo che il figlio fosse esentato come figlio unico di madre vedova. Il suicida è stato evocato un anno dopo, presso la Società di Parigi, su richiesta di una persona che l'aveva conosciuto e che desiderava conoscere la sua sorte nel mondo degli Spiriti.

(A san Luigi) Vogliate dirci se possiamo fare l'evocazione dell'uomo di cui si è appena parlato.

«Ma certo. Egli ne sarà anzi molto felice, perché si sentirà un po' sollevato.»

1. Evocazione. «Oh, grazie! Io soffro molto, ma... è giusto. Tuttavia Egli mi perdonerà.»

Lo Spirito scrive con grande difficoltà; i caratteri sono irregolari e mal formati. Dopo la parola ma, egli si arresta, invano cerca di continuare a scrivere e non fa che qualche segno indecifrabile e dei puntini. È evidente che è la parola Dio che non è riuscito a scrivere.

2. Abbiate la bontà di colmare la lacuna che avete lasciato.

«Non ne sono degno.»

3. Dite di soffrire e avete avuto senza dubbio torto a suicidarvi. Ma il motivo che vi ha spinto a quel gesto non vi ha procurato qualche indulgenza?

«La mia punizione sarà meno lunga, ma l'azione non è per questo meno malvagia.»

4. Potreste descriverci la punizione che state subendo?

«Soffro doppiamente nell'anima e nel corpo: soffro nel corpo pur non possedendolo più, proprio come l'amputato che soffre in quel suo arto che non ha più.»

5. Il vostro gesto ha avuto vostro figlio come unico movente, oppure siete stato sollecitato da qualche altra causa?

«Il solo amore paterno mi ha guidato, ma purtroppo mi ha guidato male. È grazie a questo motivo che la mia pena sarà abbreviata.»

6. Prevedete il termine delle vostre sofferenze?

«Non ne conosco il termine; ma ho la sicurezza che questo termine esiste, la qual cosa è per me un sollievo.»

7. Poco fa non avete potuto scrivere il nome di Dio. Tuttavia noi abbiamo visto degli Spiriti, molto sofferenti, che lo hanno scritto. Ciò fa forse parte della vostra punizione?

«Con grandi sforzi di pentimento, potrei farlo.»

8. Ebbene, fateli questi grandi sforzi e cercate di scriverlo. Siamo convinti che se ci riusciste, ciò sarebbe per voi una grande consolazione.

Lo Spirito finì con lo scrivere in caratteri irregolari, tremolanti e molto grossi: "Dio è molto buono".

9. Sappiamo che siete venuto di buon grado al nostro invito e pregheremo Dio per voi, per richiamare la Sua misericordia su di voi.

«Oh, sì, ve ne prego!»

(A san Luigi) Potreste darci un vostro personale giudizio sul gesto dello Spirito che abbiamo appena evocato?

«Questo Spirito soffre, e giustamente. Egli, infatti, ha mancato della fede in Dio, cosa che è sempre soggetta a punizione. La sua punizione sarebbe più terribile e molto più lunga se non vi fosse a suo favore un lodevole motivo, quello, cioè, d'impedire che suo figlio andasse incontro alla morte. Dio, che vede al fondo dei cuori, e che è giusto, non lo punisce che secondo le sue opere.»

Osservazioni. A tutta prima, questo suicidio appare giustificabile, poiché può essere considerato come un atto di abnegazione. In effetti lo è, ma non lo è in modo assoluto. Come dice lo Spirito di san Luigi, a quest'uomo è mancata la fede in Dio. Forse, con il suo gesto ha impedito che il destino di suo figlio si compisse. Prima di tutto, non è affatto certo che il figlio dovesse morire in guerra; può anzi darsi che la carriera militare avrebbe potuto fornirgli l'occasione di compiere qualcosa che sarebbe stato utile al suo avanzamento. Le sue intenzioni erano senza dubbio buone, e anche di ciò gli si è tenuto conto. L'intenzione attenua il male e merita indulgenza, ma non impedisce che ciò che è male continui a essere male. Senza questo, con la scusa dell'intenzione, si arriverebbe a scusare ogni delitto, e si potrebbe anche uccidere col pretesto di rendere un servigio. Una madre che uccidesse la sua creatura, nella convinzione di mandarla dritta in cielo, è forse meno colpevole, perché lo fa con una buona intenzione? Con questo sistema si giustificherebbero tutti i crimini che un cieco fanatismo ha spinto a commettere nelle guerre di religione.

In linea di massima, l'uomo non ha il diritto di disporre della sua vita, perché essa gli è stata data in vista dei doveri ch'egli deve compiere sulla Terra, ed è per questo che non deve abbreviarla volontariamente per nessun motivo. Siccome ha il suo libero arbitrio, nessuno può impedirglielo, ma sempre ne subisce le conseguenze. Il suicidio più severamente punito è quello che viene compiuto per disperazione, e con la prospettiva di liberarsi delle miserie della vita. Essendo queste miserie delle prove e allo stesso tempo delle espiazioni, sottrarsi a esse vuol dire indietreggiare di fronte all'impegno che uno aveva pur accettato, a volte anche di fronte alla missione che uno avrebbe dovuto compiere.

Il suicidio non consiste soltanto nell'atto volontario che porta alla morte istantanea. Esso consiste anche in tutto ciò che si fa, con cognizione di causa, per affrontare in modo prematuro l'estinzione delle forze vitali.

Non s i può assimilare al suicidio l'abnegazione di colui che si espone a una morte imminente per salvare un suo simile. Innanzi tutto perché non c'è, in questo caso, nessuna intenzione premeditata di sottrarsi alla vita; in secondo luogo, perché non c'è pericolo da cui la Provvidenza non possa trarci, se l'ora di lasciare la Terra non è ancora arrivata. La morte — se essa avviene in simili circostanze — è un sacrificio meritorio, perché è un gesto di abnegazione a vantaggio altrui. (Il Vangelo secondo lo Spiritismo, cap. V, nn. 5, 6, 18 e 19).

Louvet François-Simon (di Le Havre)

La comunicazione che qui riportiamo è stata spontaneamente resa, in una riunione spiritista, a Le Havre, il 12 febbraio 1863.

"Potrete voi aver mai pietà di un povero miserabile che da sì lungo tempo soffre di tanto crudeli torture? Oh, il vuoto... lo spazio... cado, io cado, aiuto!... Mio Dio, ho avuto una così miserabile vita!... Ero un povero diavolo. Spesso, nei giorni della mia vecchiaia, soffrivo la fame; è per questo che mi ero messo a bere e avevo vergogna e disgusto di tutto... Ho deciso di morire e mi sono gettato... Oh, mio Dio, che momento!... Ma perché desiderare di farla finita quando ero così vicino alla fine? Pregate! Perché io più non veda sempre quel vuoto sotto di me. . . Sto per sfracellarmi su quelle rocce!... Ve ne scongiuro!... Io mi rivolgo a voi, a voi che conoscete le miserie di quelli che non sono più sulla Terra, a voi, benché voi non mi conosciate, perché io soffro tanto... Perché volere delle prove? Soffro, non è abbastanza? Se io avessi fame invece di questa sofferenza ben più terribile, ma invisibile per voi, non esitereste a consolarmi dandomi un pezzo di pane. Vi chiedo di pregare per me... non posso restare più a lungo... Domandate a uno di questi beati che si trovano qui, e saprete chi erro. Pregate per me."

François-Simon Louvet


La guida del medium. Colui che si è rivolto a te, figlio mio, è un povero disgraziato, che aveva sulla Terra la prova della miseria; ma il disgusto l'ha sopraffatto, il coraggio gli è venuto meno, e lo sventurato, invece di guardare al cielo, come avrebbe dovuto fare, si è dato al bere. Ha toccato i limiti estremi della disperazione e ha posto fine alla sua triste prova gettandosi dalla torre di Francesco I, il

22 luglio 1857. Abbiate pietà della sua povera anima, che non è progredita, ma che ha tuttavia una tale cognizione della vita futura tanto da soffrire e desiderare una nuova prova. Pregate Dio perché gli accordi questa grazia, e farete un'opera buona.

Fatte le dovute ricerche, si trovò nel Journal du Havre del 23 luglio 1857 il seguente articolo, che così vi riassumiamo:

"Ieri, alle quattro pomeridiane, quanti passeggiavano sul molo sono rimasti dolorosamente impressionati da un tragico incidente: un uomo si è lanciato dalla torre ed è andato a sfracellarsi sulle rocce. Si tratta di un vecchio mozzo d'alzaia, che il vizio del bere ha condotto al suicidio. Si chiamava Frarwois-Victor-Simon Louvet. Il suo corpo è stato trasportato in casa di una delle sue figlie, in me de la Corderie. Aveva sessantasette anni."

Dopo circa sei anni dacché quest'uomo è morto, egli si vede sempre precipitare giù dalla torre e andare a sfracellarsi sulle rocce. Il vuoto che ha davanti a sé lo terrorizza; vive le angosce della caduta... e questo dopo ben sei anni! Quanto durerà tutto ciò? Non ne sa niente, e tale incertezza aumenta le sue angosce. Non vale forse questo l'inferno e le sue fiamme? Chi ha rivelato questi castighi? Sono forse stati inventati? No! Sono quelli stessi che li hanno patiti che vengono a descriverceli; così come altri ci descrivono le loro gioie. Spesso essi lo fanno spontaneamente, senza che si pensi a loro, il che esclude qualsiasi ipotesi circa il fatto che si possa esser vittime della propria immaginazione.

Una madre e suo figlio

Nel mese di marzo del 1865, M. C..., una negoziante di una piccola città vicino a Parigi, aveva in casa il maggiore dei suoi figli, di ventuno anni, gravemente ammalato. Questo giovane uomo, sentendosi sul punto di spirare, chiamò sua madre ed ebbe ancora la forza di abbracciarla. Ella, piangendo a dirotto, gli disse: "Va', figlio mio, precedimi, io non tarderò a seguirti". Detto questo, uscì dalla stanza nascondendosi il volto fra le mani.

Le persone presenti a questa scena straziante considerarono le parole della signora C... semplicemente un'esplosione di dolore che il tempo e la ragione avrebbero placato. Tuttavia, il malato spirò e si dovette cercare la madre per tutta la casa. La si trovò: impiccata in un granaio. Il funerale della madre fu fatto contemporaneamente a quello di suo figlio.

(Evocazione del figlio, parecchi giorni dopo l'avvenimento) Siete venuto a conoscenza della morte di vostra madre, la quale si è suicidata non avendo retto alla disperazione che le ha procurato la vostra perdita?

«Sì. Senza il dolore che mi ha causato la messa in atto della sua fatale risoluzione, io sarei perfettamente felice. Povera, la mia meravigliosa madre! Essa non ha saputo sopportare la prova di questa separazione momentanea, e ha preso, per essere riunita a suo figlio che tanto amava, la strada che l'avrebbe allontanata da lui e, ahimè, per lungo tempo. Ha così ritardato indefinitamente questo ricongiungimento che sarebbe stato tanto rapido se la sottomissione alla volontà del Signore avesse colmato la sua anima, e se ella si fosse rassegnata, umile e ravveduta, davanti alla prova che stava per subire, e alla espiazione che l'avrebbe purificata!

Pregate! Oh, pregate per lei!... E, soprattutto, oh madri che vi siete commosse al triste racconto della sua morte, non imitatela! Non crediate ch'ella amasse meglio di altre madri questo figlio che era la sua gioia e il suo orgoglio. No. Non amava meglio, ma ha mancato di coraggio e di rassegnazione. Madri che mi ascoltate, quando vedrete il tormento dell'agonia velare gli occhi spenti dei vostri figli, ricordatevi che, come Cristo, essi stanno salendo verso la vetta del calvario, da dove si innalzeranno nella gloria eterna.»

BENJAMIN C...


Evocazione della madre. Voglio vedere mio figlio! Voi avete il potere di rendermelo?... Crudeli!... Me l'hanno preso per condurlo nella luce e mi hanno lasciata nelle tenebre!... Io lo voglio, lo voglio... mi appartiene!... Non vale dunque nulla l'amore materno?... Insomma averlo portato in grembo nove mesi; avere nutrito col proprio latte la carne della propria carne, il sangue del proprio sangue; aver guidato i suoi primi passi; avergli insegnato a balbettare il nome sacro di Dio e il dolce nome di mamma; averne fatto un uomo pieno di energie, d'intelligenza, di onestà, di dirittura morale, di amore filiale, e perderlo quando si stavano realizzando le speranze che erano state concepite per lui, quando un brillante avvenire stava schiudendosi davanti a lui! No. Dio non è giusto; questo non è il Dio delle madri; Egli non comprende la loro disperazione e il loro dolore... e quando mi dò la morte per non lasciare il mio ragazzo di nuovo me lo si toglie!... Figlio, figlio mio dove sei?

L'evocatore. Povera madre, noi abbiamo compassione del vostro dolore, ma voi avete adottato un triste mezzo per ricongiungervi a vostro figlio. Il suicidio è un delitto agli occhi di Dio, e voi avreste dovuto sapere che Egli punisce ogni infrazione alle Sue leggi. La mancata visione di vostro figlio è la vostra punizione.

La madre. No! Io credevo Dio migliore degli uomini. Io non credevo al Suo inferno, ma al ricongiungimento eterno delle anime che si sono amate come noi ci amavamo. Mi sono ingannata... Egli non è quel Dio giusto e buono, dal momento che non ha compreso l'immensità del mio dolore e del mio amore!... Oh! Chi mi renderà mio figlio? L'ho, dunque, perduto per sempre? Pietà! Pietà, mio Dio!

L'evocatore. Andiamo, calmate la vostra disperazione. Pensate che, se esiste un mezzo per rivedere vostro figlio, questo non è certo quello di bestemmiare Dio, come voi state facendo. Invece di renderveLo propizio, voi attirate su di voi una Sua maggiore severità.

La madre. Mi hanno detto che non lo rivedrò mai più. Ho capito che è in paradiso che l'hanno condotto. E io? Io sono dunque all'inferno?... L'inferno delle madri? Esiste... Esiste, lo vedo anche troppo!

L'evocatore. Vostro figlio non è affatto perduto; non è perduto per sempre, credetemi. Voi lo rivedrete di certo. Ma è necessario meritarlo con la vostra sottomissione alla volontà di Dio. Invece, con la ribellione voi potreste ritardare questo momento indefinitamente. Ascoltatemi; Dio è infinitamente buono, ma è anche infinitamente giusto. Egli non punisce mai senza una causa, e se vi ha inflitto dei grandi dolori sulla Terra, è perché voi li avevate meritati. La morte di vostro figlio era una prova per la vostra rassegnazione. Sfortunatamente voi avete ceduto da viva, ed ecco che, dopo la vostra morte, di nuovo cedete. Come volete che Dio ricompensi i suoi figli ribelli? Ma Egli non è inesorabile: Egli accoglie sempre il pentimento del colpevole. Se voi aveste accettato senza lamentele e con umiltà la prova ch'Egli vi inviava con questa separazione momentanea, e se pazientemente aveste atteso il momento in cui a Lui fosse piaciuto portarvi via dalla Terra, al vostro ingresso nel mondo in cui siete, immediatamente avreste rivisto vostro figlio, che sarebbe venuto a ricevervi e a tendervi le braccia. Voi avreste avuto la gioia di vederlo radioso dopo questa assenza. Ciò che avete fatto e ciò che ancora state facendo in questo momento, alza una barriera tra voi e lui. Non crediate ch'egli sia disperso tra le profondità dello Spazio. No! Egli vi è più vicino di quanto possiate credere. Ma un velo impenetrabile lo sottrae alla vostra vista. Egli vi vede, vi vuole sempre bene e soffre per la dolorosa posizione in cui vi ha sprofondata la vostra mancanza di fede in Dio. Vivamente egli si augura che giunga presto il felice momento in cui gli sarà permesso di mostrarsi a voi. Dipende solo da voi accelerare o ritardare questo momento. Pregate Dio e dite con me: "Mio Dio, perdonatemi d'aver dubitato della Vostra giustizia e della Vostra bontà. Se mi avete punita, io riconosco di averlo meritato. DegnateVi di accettare il mio pentimento e la mia sottomissione alla Vostra santa volontà."

La madre. Quale luce di speranza voi state per far splendere nella mia anima! È un bagliore, in questa notte che mi circonda. Grazie!

Vado a pregare. Addio!

C...


La morte, anche a causa del suicidio, non ha prodotto in questo Spirito l'illusione di credersi ancora vivo; egli ha perfetta consapevolezza del suo stato. Presso altri, invece, la punizione consiste proprio in questa illusione, nei legami, cioè, che li vincolano ancora ai loro corpi. Questa donna ha voluto lasciare la Terra per seguire suo figlio nel mondo in cui egli era entrato: era necessario ch'ella sapesse che si trovava in quel mondo, dove non avrebbe ritrovato il figlio, per aver meritato d'essere punita. La sua punizione consiste precisamente nel sapere ch'essa non vive più fisicamente, e nella consapevolezza della sua condizione. Avviene così che ogni colpa è punita dalle circostanze che l'accompagnano e che non ci sono punizioni uniformi e costanti per gli errori del medesimo genere.

Doppio suicidio, per amore e per dovere

Un giornale del 13 giugno 1862 riportava il resoconto del seguente fatto di cronaca:

"La signorina Palmyre, modista, che abitava con i suoi genitori, era dotata di un aspetto seducente cui si univa il più amabile dei caratteri; perciò riceveva molte richieste di matrimonio. Fra gli aspiranti alla sua mano, ella aveva notato il signor B..., il quale provava per lei una viva passione. Pur essendone molto innamorata lei stessa, ella credette tuttavia di dover sottomettersi, per amore filiale, ai desideri dei suoi genitori, sposando il signor D..., la cui posizione sociale sembrava loro più vantaggiosa rispetto a quella del suo rivale.

Il signor B... e il signor D... erano intimi amici. Pur non essendoci tra loro alcun rapporto d'interessi, essi non cessarono di vedersi. Il reciproco amore di B... e di Palmyre, divenuta la signora D..., non si era per nulla affievolito; e quantunque cercassero entrambi di soffocarlo, questo aumentava d'intensità, in ragione proporzionalmente diretta al loro sforzo per soffocarlo. Per cercare di spegnerlo, B... prese la decisione di sposarsi. Sposò una giovane donna che possedeva eccellenti qualità, e fece tutto il possibile per amarla. Ma non tardò ad accorgersi che questo eroico mezzo non serviva a guarirlo. Nondimeno, per quattro anni, né B... né la signora D... vennero meno ai loro doveri. Ciò che dovettero soffrire non si può esprimere, perché D..., che voleva veramente bene al suo amico, lo invitava sempre a casa sua, e quando quello voleva fuggirsene via, lo costringeva a restare.

I due innamorati, ritrovatisi un giorno l'uno accanto all'altra per una circostanza fortuita, che essi non avevano affatto cercata, si misero l'un l'altra a parte del loro sentimento e furono d'accordo nel ritenere che la morte era il solo rimedio alle sofferenze che pativano. Stabilirono di darsi la morte insieme e di mettere in atto il loro piano il giorno dopo, poiché il signor D... si sarebbe dovuto assentare dalla sua abitazione per gran parte della giornata. Dopo aver fatto i loro ultimi preparativi, scrissero una lunga e toccante lettera, spiegando che il motivo per cui essi si davano la morte era quello di non voler mancare ai loro doveri. La lettera terminava con una richiesta di perdono e con la preghiera d'essere riuniti nella stessa tomba.

Allorché il signor D... fece ritorno, li trovò asfissiati. Egli ha rispettato le loro ultime volontà e ha voluto che nel cimitero essi non fossero separati."

Proposto questo fatto alla Società di Parigi, come soggetto di studio, uno Spirito rispose:

"I due innamorati che si sono suicidati non sono ancora in grado di rispondervi. Io li vedo: sono immersi nel perturbamento e terrorizzati dalla prospettiva dell'eternità. Le conseguenze morali della loro colpa peseranno su di loro durante migrazioni successive, nelle quali le loro anime, separate, si cercheranno incessantemente e soffriranno il doppio supplizio di presentirsi e di desiderarsi invano. Compiutasi l'espiazione, essi saranno riuniti per sempre in seno all'eterno amore. Entro otto giorni, nella vostra prossima seduta, voi potrete evocarli. Verranno, ma tra di loro non si vedranno: una notte profonda li nasconderà per lungo tempo l'uno dall'altra."

1. Evocazione della donna. Vedete qui il vostro innamorato, con il quale vi siete suicidata?

«Non vedo nulla. Non vedo neppure quegli Spiriti che soffrono con me, nella dimora dove io mi trovo. Che notte! Che notte! E che velo spesso sul mio volto!»

2. Che sensazione avete provato quando vi siete risvegliata dopo la morte?

«Una sensazione strana! Avevo freddo, eppure bruciavo; scorreva ghiaccio nelle mie vene, e c'era fuoco sulla mia fronte! Che strana cosa, che mescolanza inaudita! Ghiaccio e fuoco sembrano circondarmi! Pensai che stavo per morire una seconda volta!»

3. Provate qualche dolore fisico?

«Ogni mia sofferenza è qua, e qua.»

— Che cosa intendete dire con qua e qua?

«Qua nel mio cervello. Qua nel mio cuore.»

È probabile che, se si fosse potuto vedere lo Spirito, lo si sarebbe visto portarsi la mano alla fronte e al cuore.

4. Credete che vi troverete sempre in questa situazione?

«Oh, sempre! Sempre! A volte sento delle risate infernali, delle voci spaventose che mi urlano queste parole: "Sempre così!"»

5. Ebbene noi possiamo dirvi con tutta sicurezza che non sarà sempre così. Pentendovi, voi otterrete il vostro perdono.

«Che cosa avete detto? Non sento.»

6. Vi ripeto che le vostre sofferenze avranno un termine, e che voi potrete accelerare questo termine con il vostro pentimento, mentre noi vi aiuteremo in questo con la preghiera.

«Io non ho sentito che una sola parola e alcuni suoni. Questa parola è grazia! È della grazia che avete voluto parlare? Voi avete parlato di grazia; ma senza dubbio vi siete rivolti all'anima che mi passa accanto, povera creatura che piange e spera.»

Una signora della Società disse che aveva appena rivolto a Dio una preghiera per quella sventurata, e che senza dubbio era questo che l'aveva colpita; poiché, in effetti, essa aveva mentalmente implorato per lei la grazia di Dio.

7. Voi dite che siete nelle tenebre. E non vedete neppure noi?

«Riesco appena a udire qualcuna delle parole che voi pronunciate, ma null'altro vedo se non un velo nero, sul quale, in certe ore, si disegna un volto piangente.»

8. Se non vedete il vostro innamorato, non ne avvertite la presenza accanto a voi? Egli è qui, infatti.

«Ah, non parlatemi di lui! Per ora devo dimenticarlo, se voglio che dal velo si cancelli l'immagine che vi scorgo tracciata.»

9. Qual è questa immagine?

«Quella di un uomo che soffre e di cui io ho ucciso, per lungo tempo, l'esistenza morale sulla Terra.»

Leggendo questa cronaca, si è a tutta prima portati a trovare per questo suicidio delle circostanze attenuanti, a guardare a esso, anzi, come a un atto eroico, poiché è stato causato dal sentimento del dovere. Si vede che è stato giudicato altrimenti, e si ha una pena dei colpevoli così lunga e terribile per essersi volontariamente rifugiati nella morte al fine di sfuggire alla lotta. L'intenzione di non mancare ai loro doveri era senza dubbio onorevole — e di questo sarà loro tenuto conto più tardi — ma il vero merito sarebbe stato quello di vincere la tentazione, mentre essi si sono comportati come il disertore, il quale fugge nel momento del pericolo.

La pena dei due colpevoli consisterà, come si vede, nel cercarsi a lungo senza incontrarsi, sia nel mondo degli Spiriti, sia in altre incarnazioni terrene. Tale pena è momentaneamente aggravata dall'idea che il loro stato presente debba durare per sempre. Poiché questo pensiero fa parte del castigo, non è stato loro permesso d'intendere le parole di speranza che venivano loro rivolte. A quanti trovassero questa pena troppo terribile e troppo lunga — soprattutto se essa non deve cessare che dopo parecchie incarnazioni — noi diremo che la sua durata non è assoluta, e che essa dipenderà dal modo con cui essi sopporteranno le loro prove future; a questo li si può aiutare con la preghiera. Saranno essi stessi, come tutti gli Spiriti colpevoli, arbitri del loro stesso destino. Ciò, tuttavia, non è sempre meglio della dannazione eterna, senza speranza, a cui sono irrevocabilmente condannati, secondo la dottrina della Chiesa, che li considera per sempre votati all'inferno, tanto che ha rifiutato loro le ultime preghiere, ritenendole senza dubbio inutili?

Louis e la cucitrice di stivaletti

Da circa setto od otto mesi, un certo Louis G..., operaio calzaturiero, faceva la corte a una signorina, Victorine R, cucitrice di stivaletti, con la quale si sarebbe dovuto sposare di lì a poco, visto che le pubblicazioni di nozze erano già in corso. Trovandosi le cose a questo punto, i due giovani si consideravano quasi come se fossero definitivamente uniti, e, per motivi di economia, l'operaio andava ogni giorno a pranzare a casa della sua futura sposa.

Un giorno, venuto Louis a pranzo, come al solito, a casa della ragazza, esplose tra loro un litigio per futili motivi. Ci si ostinò da una parte e dall'altra, e le cose arrivarono a un punto tale che Louis lasciò la tavola e se ne andò giurando che non sarebbe tornato mai più.

Il giorno dopo, tuttavia, l'operaio andò a chiedere perdono: la notte, si sa, porta consiglio. Ma la ragazza, prevedendo forse, dopo la scena del giorno prima, ciò che sarebbe potuto accadere quando non ci fosse più stato tempo di indietreggiare, rifiutò di riconciliarsi. Nulla poté commuoverla: né le sue proteste né le sue lacrime né la sua disperazione. Parecchi giorni erano ormai passati dal giorno del litigio, e Louis, sperando che la fidanzata fosse nel frattempo divenuta più trattabile, volle fare un ultimo tentativo. Egli dunque va e bussa in modo da farsi riconoscere, ma dall'altra parte ci si rifiuta di aprirgli. Allora, nuove suppliche da parte dell'innamorato respinto, nuove proteste attraverso la porta, ma niente può toccare il cuore dell'implacabile ragazza. "E allora addio, malvagia!" urla infine il povero giovine. "Addio per sempre! Provatevi a incontrarlo un marito che vi ami tanto quanto me!" Nello stesso momento, la ragazza sente una sorta di gemito soffocato, poi come il rumore di un corpo che cade scivolando lungo la sua porta. Quindi tutto ripiomba nel silenzio. Allora ella s'immagina che Louis si sia installato sulla soglia, per attenderla non appena fosse uscita. Ma la ragazza si ripromette di non mettere il piede fuori fin tanto che lui fosse rimasto là.

Era appena passato un quarto d'ora dacché ciò era successo, quando un inquilino, passando sul pianerottolo con una lampada in mano, lanciò un grido di spavento e chiese aiuto. Subito arrivano i vicini, e la signorina Victorine, che nel frattempo ha aperto la porta, getta un grido d'orrore scorgendo disteso sul pavimento il suo innamorato, pallido ed esanime. Ciascuno si avvicina a lui per prestargli soccorso, ma ben presto ci si accorge che tutto è inutile, e che lo sventurato ha cessato di vivere. L'infelice giovine si era conficcato il suo trincetto nel cuore e il ferro era rimasto nella ferita.

(Società Spiritista di Parigi, agosto 1858)

1. Allo Spirito di san Luigi. La ragazza, causa involontaria della morte del fidanzato, ne è responsabile?

«Sì, perché non lo amava.»

2. Per evitare questa disgrazia, avrebbe dovuto sposarlo malgrado la sua ritrosia?

«Ella cercava un'occasione per separarsi da lui e ha fatto, all'inizio della loro relazione, ciò che avrebbe fatto più tardi.»

3. Così la sua colpevolezza consisterebbe nell'aver alimentato in lui dei sentimenti ch'ella non condivideva, sentimenti che sono stati la causa della morte del giovane?

«Sì. È proprio così.»

4. Allora la sua responsabilità, in questo caso, deve essere proporzionale alla sua colpa. Non deve, cioè, essere tanto rilevante quanto quella che avrebbe avuta se ella avesse volontariamente provocata la sua morte. È così?

«Questo salta agli occhi.»

5. Il suicidio di Louis trova una scusante nello smarrimento in cui l'aveva gettato l'ostinazione di Victorine?

«Sì. Infatti, il suo suicidio, che deriva dall'amore, è meno delittuoso agli occhi di Dio del suicidio dell'uomo che vuole liberarsi della vita per motivi di codardia.»

Allo Spirito di Louis G..., che era stato evocato un'altra volta, vengono rivolte le seguenti domande:

1. Che cosa pensate del gesto che avete commesso?

«Victorine è un'ingrata. Io ho avuto torto a uccidermi per lei, perché lei non lo meritava affatto.»

2. Ella, dunque, non vi amava?

«No. All'inizio, deve averlo creduto; si faceva delle illusioni. La scenata che le ho fatto le ha aperto gli occhi. Così è stata contenta di questo pretesto per sbarazzarsi di me.»

3. E voi, l'amavate sinceramente?

«Nutrivo della passione per lei. Ecco tutto. Almeno, credo. Se l'avessi amata di un amore puro, non avrei mai voluto procurarle un tale dolore.»

4. Se ella avesse saputo che volevate realmente uccidervi, avrebbe persistito nel suo rifiuto?

«Non so. Ma non credo, perché non è cattiva; ma sarebbe stata infelice. Per lei, è ben meglio che le cose siano andate così.»

5. Arrivato davanti alla sua porta, avevate già intenzione di ucciderviin caso di rifiuto?

«No. Non ci pensavo. Non credevo che Victorine sarebbe stata così ostinata. Ciò è avvenuto solo quando ho visto la sua ostinazione: fu allora che mi prese una specie di vertigine.»

6. Voi sembrate dispiacervi del vostro suicidio solo perché Victorine non meritava il vostro sacrificio. È questo il solo sentimento che provate?

«In questo momento, sì. Sono ancora tutto sottosopra. Mi sembra di essere ancora davanti a quella porta. Ma avverto anche un'altra sensazione che non riesco a definire.»

7. Pensate che la comprenderete più avanti?

«Sì, quando sarò libero da questo perturbamento... Ciò che ho fatto è male; avrei dovuto lasciarla in pace... Sono stato debole e ne pago le conseguenze... Vedete, la passione acceca l'uomo e gli fa fare le cose più assurde. E l'uomo capisce questo quando non è più in tempo.»

8. Voi dite che ne state pagando le conseguenze. Quali sono le pene che subite?

«Io ho avuto torto ad abbreviare la mia vita; non avrei dovuto farlo. Dovevo sopportare ogni cosa piuttosto che farla finita prima del tempo. E poi sono infelice. Soffro. È sempre lei che mi fa soffrire. Mi sembra di essere ancora là, davanti alla sua porta. Ingrata! Non parlatemene più; non voglio più pensarci; mi fa troppo male. Addio.»

Si ha qui una nuova prova della giustizia, la quale presiede alla distribuzione delle pene dei colpevoli secondo il grado della loro responsabilità. Nella presente circostanza, la colpa principale è imputabile alla ragazza, che aveva fomentato in Louis un amore ch'ella non condivideva, con cui però si divertiva. Toccherà dunque a lei la maggior parte della responsabilità. Per quanto riguarda il giovane, egli è punito con la sofferenza che sta patendo. Ma la sua pena è leggera, poiché egli non ha fatto che cedere a un moto irriflessivo e a un momento di esaltazione, e non alla fredda premeditazione di quelli che si suicidano per sottrarsi alle prove della vita.

Un ateo

M.J.B.D... era una persona istruita, ma imbevuta fino all'ultimo grado di idee materialiste, non credendo né a Dio né alla propria anima. Egli era stato evocato due anni dopo la sua morte, presso la Società di Parigi, su richiesta di uno dei suoi parenti.

1. Evocazione. «Soffro! Sono un empio.»

2. Siamo stati pregati di chiamarvi, da parte di alcuni vostri parenti che desiderano conoscere la vostra sorte. Vogliate cortesemente comunicarci se la nostra evocazione vi è gradita o penosa.

«Penosa.»

3. La vostra morte è stata volontaria?

«Sì.»

Lo Spirito scrive con una difficoltà estrema. La grafia, che ha caratteri molto grandi e irregolari, è tremolante e quasi illeggibile. In principio lo Spirito si mostra furioso: spezza la matita e riduce in pezzi il foglio.

4.Siate più calmo. Noi tutti pregheremo Dio per voi.

«Sono costretto a credere in Dio.»

5. Quale motivo ha potuto portarvi al suicidio?

«La noia della vita senza speranza.»

Si giunge a concepire il suicidio quando la vita è senza speranza; ci si vuole sottrarre all'infelicità a tutti i costi. Con lo Spiritismo, invece, ci si spiega il futuro e, perciò, si legittima la speranza: il suicidio cessa così di essere un obiettivo; ben di più, poiché, si riconosce che, attraverso questo mezzo, si sfugge a un male solo per cadere in un altro che è cento volte peggiore. Ecco perché lo Spiritismo ha già strappato tante vittime alla morte volontaria. Grandemente colpevoli sono coloro che si sforzano di dar credito — attraverso sofismi scientifici, e facendo credere che ciò sia nel nome della ragione — a questa idea sconfortante, fonte di tanti mali e di tanti crimini, secondo la quale tutto finisce con la vita! Essi saranno considerati responsabili non solo dei loro propri errori, ma anche di tutti i mali di cui essi saranno stati causa.

6. Avete voluto sfuggire alle vicissitudini della vita. Ci avete guadagnato qualcosa? Ora, siete forse più felice?

«Perché non esiste il nulla?»

7. Vogliate essere così comprensivo da descriverci la vostra situazione meglio che potete.

«Io soffro per essere obbligato a dover credere a tutto ciò che negavo. Il mio Spirito è come se fosse in un braciere; è tormentato orribilmente.»

8. Da dove provenivano le idee materialiste che voi avevate quando eravate vivo?

«In un'altra esistenza io ero stato un essere malvagio, e il mio Spirito fu per questo condannato, nell'esistenza successiva, a soffrire i tormenti dell'incertezza. Così mi sono ucciso.»

C'è qui tutto un corollario di idee. Spesso ci si domanda come possano esistere dei materialisti, poiché, essendo già passati attraverso il mondo spirituale, dovrebbero di questo serbare almeno l'intuizione. Orbene, è precisamente questa intuizione che viene rifiutata a certi Spiriti, che hanno conservato il loro orgoglio e non si sono pentiti delle loro colpe. La loro prova consiste nell'acquisire, durante la vita corporea, e a prezzo del loro stesso raziocinio,la dimostrazione dell'esistenza di Dio e della vita futura, che hanno, per così dire, incessantemente sotto gli occhi. Ma, sovente, la presunzione di non voler ammettere nulla che sia al di fuori di loro stessi ha ancora il sopravvento, ed essi ne subiscono la pena fin quando, essendo stato il loro orgoglio domato, si arrendono infine all'evidenza.

9. Quando vi siete dato la morte annegandovi, che cosa avete pensato che sarebbe stato di voi? Quali riflessioni avete fatto in quell'istante?

«Nessuna, poiché il nulla era tutto per me. Solo in seguito ho preso coscienza che, non avendo scontato interamente la mia condanna, avrei sofferto ancora per molto.»

10. Ora, siete convinto dell'esistenza di Dio, dell'anima e della Vita futura?

«Ahimè! Sono perfino troppo tormentato da questo!»

11. Avete rivisto vostro fratello?

«Oh, no!»

12. E perché no?

«Perché mettere insieme i nostri tormenti? La gente si apparta nella sventura e si aggrega nella felicità, ahimè!»

13. Sareste contento di rivedere vostro fratello che noi potremmo chiamare qui, accanto a voi?

«No, no sono troppo in basso.»

14. Perché non volete che noi lo chiamiamo?

«Il fatto è che neppure lui è felice.»

15. Voi temete la sua presenza. Non pensate che questo potrebbe farvi solo del bene?

«No. Più tardi.»

16. Desiderate far dire qualcosa ai vostri parenti?

«Che si preghi per me.»

17. Pare che, nella società che voi frequentavate, alcune persone condividano le opinioni che voi avevate da vivo. Avreste qualcosa da dir loro su questo argomento?

«Ah, i disgraziati! Possano essi credere in un'altra vita! È quanto di più felice io mi senta di augurar loro. Se riuscissero a comprendere la mia triste posizione, ciò li farebbe riflettere a lungo.»

(Evocazione del fratello del precedente, che professava le medesime idee, ma che non si è suicidato. Sebbene infelice, egli è più calmo; la sua scrittura è nitida e leggibile.)

18. Evocazione. «Possa il quadro delle nostre sofferenze esservi di lezione, e persuadervi che esiste un'altra vita, dove si espiano le proprie colpe e la propria miscredenza.»

19. Voi e vostro fratello, che abbiamo appena evocato, vi vedete?

«No. Lui mi evita.»

Ci si potrebbe domandare come possano gli Spiriti sfuggirsi l'un l'altro nel mondo degli Spiriti, dove non esistono né barriere né luoghi appartati nascosti alla vista. Tutto, in questo mondo, è relativo e in rapporto con la natura fluidica degli esseri che lo abitano. Solo gli Spiriti superiori hanno delle percezioni indefinite, mentre negli Spiriti inferiori esse sono limitate; inoltre, su questi ultimi, gli ostacoli fluidici fanno l'effetto di ostacoli materiali. Gli Spiriti si sottraggono alla vista gli uni con gli altri per effetto della loro volontà, che agisce sull'involucro del loro perispirito e sui fluidi ambientali. Ma la Provvidenza, che veglia su ciascuno individualmente, come una madre sui suoi figli, concede loro o rifiuta questa facoltà, secondo le disposizioni morali di ciascuno, cosa che costituisce, secondo le circostanze, una punizione o una ricompensa.

20. Voi siete più calmo di lui. Potreste darci una descrizione più precisa delle vostre sofferenze?

«Sulla Terra non soffrite forse nel vostro amor proprio, nel vostro orgoglio quando siete obbligati a riconoscere i vostri errori? Non si ribella forse il vostro Spirito al pensiero di dovervi umiliare davanti a quello che vi dimostra che siete in errore? Ebbene, quanto pensate che soffra lo Spirito che, per una intera esistenza, si è persuaso che nulla esiste dopo di lui e che solo lui ha ragione contro tutti, quando tutt'a un tratto si trova faccia a faccia con l'imponente verità? Si sente annientato, umiliato. A ciò viene anche ad aggiungersi il rimorso d'aver potuto, per così lungo tempo, dimenticare l'esistenza d'un Dio tanto buono, tanto indulgente. Il suo stato gli è insopportabile: non riesce a trovare né calma né riposo. Ritroverà un po' di tranquillità soltanto nel momento in cui la grazia divina, ciò l'amore di Dio, lo toccherà. L'orgoglio, infatti, s'impadronisce in modo tale del nostro povero Spirito da avvilupparlo completamente, e gli occorrerà ancora molto tempo per disfarsi di questo rivestimento fatale. Solo la preghiera dei nostri fratelli può aiutarci a sbarazzarcene.»

21. Volete parlarci dei vostri fratelli incarnati o Spiriti?

«Vi parlerò degli uni e degli altri.»

22. Mentre ci intrattenevamo con vostro fratello, una persona qui presente ha pregato per lui. Questa preghiera gli è stata utile?

«Di certo non andrà perduta. Se egli ora rifiuta la grazia, essa gli tornerà benaccetta quando sarà in condizione di ricorrere a questa divina panacea.»

Noi vediamo qui un altro genere di castigo, che però non è il medesimo presso tutti i miscredenti. C'è, indipendentemente dalla sofferenza, la necessità per questo Spirito di riconoscere le verità che egli aveva rinnegate da vivo. Le sue idee attuali denotano un certo progresso relativamente ad altri Spiriti che persistono nella negazione di Dio. Ammettere che ci si è ingannati è già qualcosa, è un inizio di umiltà. È più che probabile che, nella sua prossima incarnazione, la miscredenza farà posto al sentimento innato della fede.

Essendo stato il risultato di queste due evocazioni trasmesso alla persona che ci aveva pregato di farle, ricevemmo da questa la seguente risposta:

"Voi non potete immaginare, mio caro signore, il grande beneficio avuto dall'evocazione di mio suocero e mio zio. Li abbiamo perfettamente riconosciuti; la scrittura del primo, soprattutto, ha un'analogia stupefacente con quella ch'egli aveva da vivo; ancor meglio in quanto, negli ultimi mesi ch'egli ha passato con noi, essa era irregolare e indecifrabile. Vi ritroviamo la medesima forma delle lettere ascendenti, del ghirigoro e di certe lettere particolari. Quanto ai termini, alle espressioni e allo stile, la cosa è ancora più sorprendente; per noi, l'analogia è perfetta, se non ch'egli è qui più illuminato su Dio, sull'anima e sull'eternità, tutti argomenti che altre volte negava tassativamente. Noi siamo dunque perfettamente convinti della sua identità. Dio, grazie alla nostra fermissima fede nello Spiritismo, ne sarà glorificato, e i nostri fratelli, disincarnati e incarnati, diverranno migliori. L'identità di suo fratello non è certo meno evidente. Nella differenza pur immensa tra l'ateo e il credente, noi abbiamo riconosciuto il suo carattere, il suo stile, il suo costrutto discorsivo. Ma una parola soprattutto ci ha colpito: panacea; era un suo termine usuale, e lo diceva e lo ripeteva a tutti e a ogni istante.

Ho comunicato queste due evocazioni a parecchie persone, che sono rimaste colpite dalla loro veridicità. Ma i miscredenti, quelli che condividono le opinioni dei miei due parenti, avrebbero voluto delle risposte ancor più categoriche. Secondo costoro M.D., per esempio, avrebbe dovuto precisare il luogo dove è stato sepolto, quello in cui si è annegato, in che modo vi si è risolto ecc. Per soddisfare e convincere costoro, non potreste evocarlo di nuovo? E, in tal caso, dovreste avere la bontà di rivolgergli le domande seguenti: — Dove e come ha compiuto il suicidio? — Quanto tempo è rimasto sott'acqua?

— In quale luogo è stato ritrovato il suo corpo? — In che posto è stato seppellito? — In quale maniera si è proceduto alla sua inumazione, civile o religiosa? Ecc.

Vogliate far sì, ve ne prego signore, che si risponda in modo categorico a queste domande, che sono essenziali per coloro che dubitano ancora. Sono convinto del bene immenso che ciò potrà produrre. Dal canto mio farò in modo che la mia lettera vi giunga domani, venerdì, affinché voi possiate fare questa evocazione nella seduta della Società che deve aver luogo il tal giorno... ecc."

A riprova dell'identità, abbiamo riportato questa lettera, la quale tale identità attesta. Aggiungiamo anche la risposta che a essa abbiamo dato, a beneficio delle persone che non hanno familiarità con le comunicazioni d'oltretomba.

"... Le domande, che voi ci pregate di rivolgere nuovamente allo Spirito di vostro suocero, sono senza dubbio dettate da una lodevole intenzione, quella cioè di convincere i miscredenti, dal momento che presso di voi non si ravvisa in tali domande alcun sentimento di dubbio e di curiosità. Ma una più approfondita conoscenza della scienza spiritista vi avrebbe fatto capire che esse sono superflue.

Innanzitutto, pregandomi voi di far rispondere categoricamente il vostro parente, dimostrate senza dubbio di ignorare che gli Spiriti non si possono governare a proprio piacimento. Essi rispondono quando vogliono, come vogliono e, spesso, come possono. La loro libertà d'azione è ancora più grande di quand'erano vivi, e hanno più mezzi per sottrarsi alla coercizione morale che si vorrebbe esercitare su di loro. Le migliori prove d'identità sono quelle ch'essi danno spontaneamente, di loro propria volontà, o che nascono dalle circostanze. E, queste, è quasi sempre inutile provocarle. Il vostro parente ha dimostrato la sua identità in maniera secondo voi inconfutabile. È dunque più che probabile che rifiuterebbe di rispondere a domande che, a buon diritto, egli può considerare non solo superflue, ma anche formulate allo scopo di soddisfare la curiosità di gente che è a lui indifferente. Egli potrebbe rispondere, come spesso hanno fatto altri Spiriti in casi simili: 'A che pro chiedermi di cose che già conoscete?' Aggiungerò anche che lo stato di turbamento e di sofferenza, in cui egli versa, potrebbe rendergli più dolorose richieste di questo genere. È esattamente come se si volesse costringere un malato, il quale può a malapena pensare e parlare, a raccontare dettagliatamente la propria vita. Ciò significherebbe di certo non aver riguardi per la sua condizione.

Quanto al risultato che speravate di ricavarne, esso sarebbe stato nullo, siatene persuasi. Le prove d'identità che sono state fornite hanno un valore ben più grande, per il fatto stesso che sono spontanee e non anticipatamente premeditate. Se poi i miscredenti non sono soddisfatti, non è che lo sarebbero di più; lo sarebbero forse ancor meno con delle domande prestabilite e che essi potrebbero sospettare di connivenza. Ci sono persone che niente e nessuno possono convincere; essi vedrebbero coi loro occhi il vostro parente in persona e si direbbero vittime di un'allucinazione.

Due parole ancora, signore, riguardo alla domanda che mi rivolgete: di fare, cioè, questa evocazione il giorno stesso in cui dovrei ricevere la vostra lettera. Le evocazioni non si fanno così, a bacchetta; non sempre gli Spiriti rispondono al nostro appello; bisogna per questo che essi lo possano o lo vogliano. Occorre, poi, un medium che sia a loro adeguato, che abbia le attitudini speciali necessarie, e che questo medium sia disponibile a un dato momento. È necessario, infine, che l'ambiente sia simpatico allo Spirito ecc. tutte circostanze, queste, di cui non si può mai rispondere con sicurezza e che è importante conoscere quando si vogliono fare le cose seriamente."

Il signor Félicien

Era un uomo, ricco, istruito e un arguto poeta; aveva un buon carattere, gentile e affabile; ma era, soprattutto, di perfetta onorabilità. Alcune speculazioni errate avevano compromesso le sue sostanze. L'età non gli consentiva più di ricostruirle, cedette perciò allo sconforto e si suicidò nel dicembre del 1864, impiccandosi nella sua camera da letto. Non era né un materialista né un ateo, ma un uomo dal carattere un po' superficiale, che della vita d'oltretomba si dava poco pensiero. Avendolo ben conosciuto, l'abbiamo evocato quattro mesi dopo la morte, per simpatia verso la sua persona.

Evocazione. «Io rimpiango la Terra. Vi ho incontrato delle delusioni, è vero, ma meno che qui. Io, che sognavo meraviglie mi trovo al di sotto del mio ideale di realtà. Il mondo degli Spiriti è molto promiscuo, e per renderlo sopportabile, ci sarebbe bisogno di una buona selezione. Non ne verrò più fuori! Quali studi sui costumi spiritisti si potrebbero realizzare qui! Balzac stesso potrebbe rispondere alla bisogna e sarcasticamente. Ma non l'ho visto. Dove si trovano dunque quei grandi Spiriti che tanto violentemente hanno sferzato i vizi dell'Umanità? Dovrebbero, come me, soggiornare qui per qualche tempo, prima di salire in regioni più elevate. È un curioso pandemonio, che mi piace osservare. E ci resto.»

Benché lo Spirito dichiari di trovarsi in una società molto mista e, di conseguenza, costituita da Spiriti inferiori, il suo linguaggio ci dava motivo di sorprenderci, dato il genere di morte, al quale egli non fa alcun riferimento. A parte questo, in tutto c'era il riflesso del suo carattere. Ma la cosa ci lasciava qualche dubbio sulla sua identità.

— Vogliateci dire, ve ne prego, in che modo siete morto.

«Come sono morto? Della morte che io ho scelto; quella che più mi è piaciuta. Per assai lungo tempo ho meditato circa quella che avrei dovuto scegliere per liberarmi della vita. E, in fede mia, confesso che non ci ho guadagnato granché, se non d'essermi liberato dei miei crucci materiali, per ritrovarmene, però, di più gravi e di più dolorosi nella mia condizione di Spirito, di cui non prevedo la fine.»

— (Alla guida del medium) È proprio lo Spirito del signor Félicien che ha risposto? Questo linguaggio quasi noncurante ci stupisce, trattandosi di un suicida.

«Sì, ma per un sentimento scusabile nella sua posizione — e che voi comprendereste —, egli non voleva rivelare al medium in che modo fosse morto; è per questo che ha parlato con supponenza. Ha finito per confessarlo, spinto dalla vostra domanda diretta, ma ne è molto sconvolto. Soffre assai per essersi suicidato ed evita, per quanto gli è possibile, tutto ciò che può ricordargli quella sua tragica fine.»

(Allo Spirito) La vostra morte ci ha molto colpito, tanto più che ne prevedevamo per voi le tristi conseguenze, e ciò soprattutto per la stima e l'affetto che vi serbavamo. Personalmente, io non ho affatto dimenticato come voi siete stato buono e gentile verso di me. Sarei felice di potervi dimostrare la mia riconoscenza, facendo per voi qualcosa che vi fosse utile.

«E nondimeno non potevo altrimenti sfuggire agli imbarazzi della mia posizione materiale. Ora non ho bisogno che di preghiere. Pregate soprattutto perché io sia liberato dalla compagnia di questi orribili esseri che mi stanno accanto e che mi assediano con le loro risate, con le loro crisi e con le loro beffe infernali. Mi chiamano vigliacco e hanno ragione. È una vigliaccheria abbandonare così la vita. Quattro le volte che soccombo a questa prova. Eppure mi ero ripromesso di non fallire... Fatalità!... Ah, pregate! Quale supplizio il mio! Sono così infelice! Pregando voi farete per me più di quanto non abbia fatto io per voi, quando ero sulla Terra. Ma la prova in cui ho così spesso fallito, si erge di fronte a me in tratti incancellabili. Bisogna che io la subisca di nuovo entro un determinato tempo. Ne avrò la forza? Ah, ricominciare la vita tante volte! Lottare per così lungo tempo ed essere trascinati, nostro malgrado, a soccombere è disperante, anche qui! È per questo che ho bisogno di forza. La si attinge nella preghiera, dicono: pregate per me. Voglio anch'io pregare.»

Questo particolare caso di suicidio, sebbene compiuto in circostanze molto comuni, si presenta nondimeno sotto un aspetto speciale. Esso ci mostra uno Spirito che ha fallito numerose volte quella prova, la quale si rinnova a ogni esistenza e si rinnoverà finché egli non avrà la forza di resistervi. È la conferma di quel principio secondo cui, quando lo scopo del miglioramento per il quale ci siamo incarnati non è raggiunto, noi abbiamo sofferto senza alcun vantaggio, perché occorre sempre che ricominciamo, finché non usciamo vittoriosi dalla lotta.

— (Allo Spirito del signor Félicien) Ascoltate, ve ne prego, ciò che sto per dirvi, e vogliate meditare sulle mie parole. Ciò che voi chiamate fatalità non esiste, altrimenti l'uomo non sarebbe responsabile delle sue azioni. L'uomo è sempre libero, e questo è il suo miglior privilegio. Dio non ha voluto farne una macchina che agisse e obbedisse ciecamente. Se questa libertà lo rende fallibile, lo rende anche perfettibile, ed è soltanto attraverso la perfezione ch'egli giunge alla felicità suprema. Solo il suo orgoglio lo porta ad accusare il Destino delle sue disgrazie sulla Terra, mentre il più delle volte non dovrebbe prendersela che con la sua incuria. Voi, nella vostra ultima esistenza, ne siete un chiaro esempio. Avevate tutto ciò che occorre per essere felici, secondo il concetto degli uomini sulla Terra: spirito, talento, ricchezze, meritata considerazione; non avevate affatto vizi rovinosi, ma, al contrario, delle stimabili virtù. In che modo la vostra posizione è venuta a trovarsi così radicalmente compromessa? Unicamente per la vostra imprevidenza. Convenitene: se aveste agito con più prudenza, se aveste saputo accontentarvi del molto che avevate, invece di cercare di accrescerlo senza necessità, non vi sareste rovinato. Non si è trattato dunque di nessuna fatalità, poiché ciò che è accaduto avreste potuto benissimo evitarlo.

La vostra prova consisteva in una concatenazione di circostanze, che avrebbero potuto darvi, non la necessità, ma la tentazione del suicidio. Disgraziatamente per voi, malgrado il vostro spirito e la vostra istruzione, non avete saputo fronteggiare queste circostanze, e ora soffrite le conseguenze della vostra debolezza. Questa prova, come voi a ragione presentivate, deve tornare a rinnovarsi ancora. Nella vostra prossima esistenza, voi sarete il bersaglio di avvenimenti che di nuovo provocheranno in voi il pensiero del suicidio, e accadrà lo stesso, finché voi non avrete trionfato.

Lungi dall'accusare la sorte, in quanto tutto è opera vostra, ammirate la bontà di Dio, che invece di condannarvi irremissibilmente al primo errore, vi offre incessantemente i mezzi per ripararlo. Voi soffrite dunque, non eternamente però, ma per tanto tempo finché la riparazione non avrà avuto luogo. Dipende da voi, nello stato di Spirito, prendere risoluzioni talmente energiche, esprimere a Dio un pentimento così sincero, sollecitare con sì grande perseveranza l'appoggio dei buoni Spiriti, da arrivare sulla Terra corazzato contro tutte le tentazioni. Una volta raggiunta questa vittoria, voi marcerete sulla via della felicità con maggiore rapidità, visto che sotto altri aspetti, il vostro avanzamento è già considerevole. Occorre dunque affrontare ancora un passo. In ciò noi vi abbiamo aiutato con le nostre preghiere, ma esse sarebbero inutili se voi non ci assecondaste con i vostri sforzi.

«Grazie! Oh, grazie delle vostre buone esortazioni! Ne avevo proprio bisogno, perché io sono molto più infelice di quanto non volessi far credere. Sto per metterle a profitto, ve lo assicuro. Sto anche preparandomi alla mia prossima incarnazione, nella quale questa volta farò in modo di non soccombere. Non vedo l'ora di uscire dall'ignobile ambiente in cui mi trovo relegato.»

Félicien

Antoine Beli

Contabile in una banca del Canada, si suicidò il 28 febbraio 1865. Uno dei nostri corrispondenti, medico e farmacista nella medesima città, ci ha dato sul suo conto le informazioni che qui di seguito riportiamo.

"Conoscevo Bell da più di vent'anni. Era un uomo pacato e a capo di una numerosa famiglia Un po' di tempo fa, egli si era immaginato di aver acquistato da me del veleno e di essersene servito per avvelenare qualcuno. Molto spesso era venuto a supplicarmi di dirgli in quale periodo glielo avessi venduto, e in quelle occasioni si abbandonava a crisi terribili. Perdeva il sonno, si accusava, si batteva il petto. La sua famiglia viveva in un'ansia continua, dalle quattro del pomeriggio fino alle nove del mattino, ora in cui si recava in banca, dove teneva i suoi libri contabili in maniera perfetta, senza mai commettere un solo errore. Aveva l'abitudine di dire che un essere, ch'egli sentiva dentro di sé, gli faceva tenere la sua contabilità con ordine e regolarità. Nel momento in cui sembrava d'essersi convinto dell'assurdità dei suoi pensieri, gridava: 'No! No! Voi volete ingannarmi... io mi ricordo... è la verità!'."

Antoine Bell è stato evocato a Parigi, il 17 aprile 1865, su richiesta del suo amico.

1. Evocazione. «Che cosa pretendete da me? Sottopormi a un interrogatorio? È inutile. Confesserò tutto.»

2. Lungi dalle nostre intenzioni il volervi tormentare con domande indiscrete. Noi desideriamo soltanto sapere qual è la vostra posizione nel mondo dove ora vi trovate, e se possiamo esservi utili.

«Ah! Se lo poteste, io ve ne sarei molto riconoscente. Ho orrore del mio crimine e sono tanto infelice!»

3. Le nostre preghiere — ne abbiamo la speranza — mitigheranno le vostre perle. Voi, del resto, ci sembrate in buone condizioni. Il pentimento fa parte di voi, e questo è già un inizio di riabilitazione. Dio, che è infinitamente misericordioso, ha sempre pietà del peccatore che si pente. Pregate con noi. (A questo punto viene detta la preghiera per i suicidi, che si trova ne Il Vangelo secondo lo Spiritismo.)

Ora, abbiate la bontà di dirci di quale delitto vi riconoscete colpevole. Di questa confessione fatta con umiltà vi sarà tenuto conto.

«Innanzitutto lasciate che vi ringrazi per la speranza che state per far nascere nel mio cuore. Ahimè! Ormai molto tempo fa, vivevo in una città le cui mura erano bagnate dal Mediterraneo. Amavo, riamato, una giovane e bella fanciulla; ma io ero povero e fui respinto dalla sua famiglia. La ragazza mi annunciò che stava per sposare il figlio di un negoziante, i cui commerci si estendevano al di là dei due mari. E io fui messo alla porta. Pazzo di dolore, decisi di togliermi la vita, dopo aver appagato il mio desiderio di vendetta assassinando il mio aborrito rivale. I mezzi violenti, tuttavia, mi ripugnavano. Rabbrividivo all'idea di quel delitto, ma vinse la mia gelosia. La vigilia del giorno in cui la mia amata doveva essere sua, quello morì, avvelenato da me, trovando io questo mezzo meno difficoltoso di altri.

Si spiegano così queste reminiscenze del passato. Sì, ho già vissuto. Ed è necessario ch'io torni a vivere ancora... Oh, mio Dio! Abbiate pietà della mia debolezza e delle mie lacrime!»

4. Noi deploriamo questa sventura che ha ritardato il vostro avanzamento e sinceramente vi compiangiamo; ma poiché siete pentito, Dio avrà pietà di voi. Diteci, vi prego, se metteste in atto il vostro progetto di suicidio.

«No. Confesso, con vergogna, che la speranza mi sbocciò nuovamente nel cuore: volevo godermi il premio del mio delitto. Mi tradirono i miei rimorsi. Espiai quel momento di offuscamento con il supplizio estremo: fui impiccato.»

5. Avevate coscienza di quell'azione criminosa nella vostra ultima esistenza?

«Soltanto negli ultimi anni della mia vita, ed ecco come. Io erro buono per natura. Dopo essere stato sottoposto, come tutti gli Spiriti colpevoli d'omicidio, al tormento della visione continua della mia vittima, che mi perseguitava come un rimorso vivente, ne fui liberato tantissimi anni dopo con le mie preghiere e il mio pentimento. Ricominciai un'altra volta un'esistenza, l'ultima, e la percorsi tranquillo e timoroso. Custodivo in me una vaga intuizione della mia innata debolezza e della mia colpa anteriore, della quale avevo conservato un ricordo latente. Ma uno Spirito ossessore e vendicativo, che altri non è che il padre della mia vittima, non incontrò grandi difficoltà a impossessarsi di me e a far rivivere nel mio cuore, come in uno specchio magico, i ricordi del passato.

Influenzato di volta in volta da lui e dalla guida che mi proteggeva, ora ero l'avvelenatore ora il padre di famiglia che si guadagnava il pane per i figli con il suo lavoro. Fascinato da questo demone ossessore, mi lasciai spingere al suicidio. Sono molto colpevole, è vero, però meno, tuttavia, che se lo avessi deciso io stesso. Le persone suicide della mia categoria, e quelle che sono troppo deboli per resistere agli Spiriti ossessori sono meno colpevoli e meno punibili di coloro che si tolgono la vita per il solo fatto di mettere in atto il loro libero arbitrio. Pregate con me per lo Spirito che mi ha influenzato così fatalmente, affinché egli abdichi ai suoi sentimenti di vendetta. E pregate anche per me, affinché io acquisisca la forza e l'energia necessarie per non fallire, per mia libera volontà, alla prova del suicidio, a cui verrei sottoposto — così mi si dice — nella prossima incarnazione.»

6. (Alla guida del medium) Uno Spirito ossessore può realmente spingere al suicidio?

«Certamente, perché l'ossessione, la quale è essa stessa un genere di prova, può rivestire qualsiasi forma. E questa non è una giustificazione. L'uomo ha sempre il suo libero arbitrio e, di conseguenza, è libero di cedere o di resistere alle suggestioni a cui è esposto; quando soccombe, si tratta sempre di un fatto che riguarda la sua volontà. Lo Spirito del resto, ha ragione quando dice che colui che commette il male su istigazione di un altro è meno riprovevole e meno punibile di colui che lo commetta di sua propria volontà. Ma neppure viene assolto, poiché, fin dal momento in cui si lascia distogliere dalla retta via, significa che il bene non è ancora abbastanza fortemente radicato in lui.»

7. Come avviene che, sebbene la preghiera e il pentimento avessero liberato questo Spirito dal tormento che provava alla sola vista della sua vittima, egli sia stato ancora perseguitato dalla vendetta dello Spirito ossessore nella sua ultima incarnazione?

«Il pentimento — voi ben lo sapete — non è che il preliminare indispensabile per la riabilitazione, ma non è sufficiente per liberare il colpevole da ogni pena. Dio non si accontenta di promesse: bisogna provare, con le proprie azioni, la fondatezza del ritorno al bene. È per questo che lo Spirito viene sottoposto a nuove prove che lo fortificano e che nello stesso tempo gli fanno acquisire un merito in più, quand'egli ne esca vittorioso. Egli è esposto alle persecuzioni degli Spiriti malvagi, finché questi non lo percepiscono come abbastanza forte da resister loro. Solo a questo punto essi lo lasciano in pace, poiché sanno che i loro tentativi sarebbero inutili.»

Questi ultimi due esempi ci mostrano la medesima prova che si rinnova ad ogni incarnazione, e per tanto tempo quello della sua inefficacia. Antoine Bell ci mostra inoltre il fatto, non meno istruttivo, di un uomo perseguitato dal ricordo di un crimine, commesso in un'esistenza anteriore, quale rimorso e avvertimento. Notiamo in tal modo che tutte le esistenze sono correlate le une alle altre; la giustizia , e la bontà di Dio risplendono nella facoltà, che Egli lascia all'uomo, di migliorarsi gradualmente, senza mai chiudere la porta del riscatto dai suoi errori. Il colpevole è punito dalla sua stessa colpa, cosicché la punizione, invece di essere una vendetta di Dio, diviene il mezzo impiegato per farlo progredire.




Capitolo VI - CRIMINALI PENTITI

Verger - Assassino dell'arcivescovo di Parigi

Il 3 gennaio 1857, Monsignor Sibour, arcivescovo di Parigi, mentre usciva dalla chiesa di Saint-Étienne du Mont, fu mortalmente colpito da un giovane prete, un certo Verger. Il colpevole fu condannato a morte e giustiziato il 30 gennaio. Fino all'ultimo, egli non ha mostrato né rimpianto né pentimento né alcun segno di sensibilità. Evocato il giorno stesso della sua esecuzione, diede le risposte che qui di seguito riportiamo.

1. Evocazione. «Sono ancora trattenuto nel mio corpo.»

2. La vostra anima non si è ancora completamente distaccata dal vostro corpo?

Ho paura... Non so... Attendete ch'io torni in me... Non sono morto, non è così?»

3. Vi pentite di ciò che avete fatto?

«Ho avuto torto a uccidere. Ma vi sono stato spinto dal mio carattere che non poteva sopportare le umiliazioni... Evocatemi un'altra volta.»

4. Perché volete di già andarvene?

«Avrei troppa paura se lo vedessi. Avrei paura che facesse contro di me altrettanto.»

5. Ma voi non avete nulla da temere, dal momento che la vostra anima è separata dal vostro corpo. Bandite, dunque, qualsiasi inquietudine, che ora non è affatto ragionevole.

«Ma che volete voi? Siete sempre padrone delle vostre impressioni, voi?... Io non so dove mi trovo... Sono pazzo.»

6. Cercate di calmarvi.

«Non posso, perché sono pazzo... Aspettate... Sto per riprendere tutta la mia lucidità.»

7. Se voi pregaste, questo potrebbe aiutarvi a raccogliere le vostre idee.

«Ho paura...non oso pregare.»

8. Pregate, la misericordia di Dio è grande! Noi pregheremo con voi.

«Sì, la misericordia di Dio è infinita. L'ho sempre creduto.»

9. Ora vi rendete più chiaramente conto della vostra posizione?

È così straordinaria che non riesco ancora a rendermene conto.»

10. Vedete la vostra vittima?

«Mi sembra di sentire una voce che assomiglia alla sua e che mi dice: "Io non te ne voglio...", ma è un effetto della mia immaginazione!... Sono pazzo, ve lo dico io, perché vedo il mio stesso corpo da una parte e la mia testa dall'altra... e ciononostante mi pare d'esser vivo, ma nello Spazio, tra la Terra e quello che voi chiamate Cielo...Sento anche una fredda lama cadermi sul collo..., ma dev'essere la paura che ho di morire... Mi sembra di vedere una moltitudine di Spiriti attorno a me, e mi guardano con compassione... mi parlano, ma io non li comprendo.»

11. Tra questi Spiriti ve n'è uno la cui presenza vi umilia a causa del vostro crimine?

«Vi dirò: non ce n'è che uno che io tema veramente, ed è quello che ho colpito.»

12. Vi ricordate delle vostre esistenze anteriori?

«No. Mi sento confuso... Credo di sognare... Un'altra volta. Bisogna che torni in me.»

13. (Tre giorni dopo.) Vi riconoscete meglio, ora?

«Ora so che non sono più di questo mondo, e non lo rimpiango. Ho rimorso per ciò che ho fatto, ma il mio Spirito è più libero; so che c'è una serie di esistenze che ci danno le conoscenze utili per diventare perfetti per quanto lo possa una creatura umana.»

14. Siete punito per il delitto che avete commesso?

«Sì. Deploro ciò che ho fatto e ne soffro.»

15. In che modo siete punito?

«Ne sono punito, perché riconosco la mia colpa e ne chiedo perdono a Dio. Ne sono punito attraverso la consapevolezza della mia mancanza di fede in Dio, e anche perché ora so che non dobbiamo abbreviare i giorni dei nostri fratelli. Ne sono punito con il rimorso di aver ritardato il mio avanzamento facendo una strada sbagliata, e non avendo voluto ascoltare il grido della mia coscienza, la quale mi diceva che non era affatto uccidendo che avrei raggiunto il mio scopo. Ma io mi sono lasciato dominare dall'orgoglio e dalla gelosia. Mi sono sbagliato e me ne pento; l'uomo, infatti, deve sempre fare degli sforzi per frenare le sue insane passioni, cosa che io non ho fatto.»

16. Quale sentimento provate quando vi evochiamo?

«Piacere e paura, perché io non sono cattivo.»

17. In che cosa consistono questo piacere e questa paura?

«Il piacere consiste nell'intrattenermi con degli uomini e nel poter in parte riparare alla mia colpa confessandola. La paura invece, che non saprei definire, consiste in una sorta di profonda vergogna per essere stato un assassino.»

18. Vorreste essere reincarnato su questa Terra?

«Sì. Anzi lo chiedo. E vorrei trovarmi costantemente sul punto d'essere ucciso, e avere di ciò costantemente paura.»

Evocato Monsignor Sibour, questi disse che perdonava al suo assassino e che pregava perché quello tornasse sulla via del bene. Aggiunse che, benché presente, mai si era mostrato a lui, per non accrescerne la sofferenza, e perché la paura di vederlo — che era un chiaro segno di rimorso — era già un castigo.

L'uomo che commette un omicidio sa che, scegliendo una nuova esistenza, diventerà un assassino?

«No. Egli sa che, scegliendo una vita di lotta, la possibilità per lui di uccidere uno dei suoi simili esiste. Non sa però se lo farà, perché in lui c'è stata quasi sempre lotta.»

La situazione di Verger, al momento della sua morte, è quella di quasi tutti coloro che periscono di morte violenta. Poiché la separazione dell'anima non avviene affatto in maniera brusca, essi sono come storditi e non sanno se sono morti o vivi. La visione dell'arcivescovo gli viene risparmiata, dal momento che non era necessaria per provocare in lui il rimorso, mentre altri, al contrario, sono incessantemente perseguitati dagli sguardi delle loro vittime.

All'enormità del suo crimine, Verger aveva aggiunto quello di non essersene pentito prima di morire; si trovava dunque in tutte le condizioni richieste per incorrere nell'eterna condanna. Tuttavia, non appena lascia la Terra, il pentimento penetra nella sua anima; egli ripudia il suo passato e chiede sinceramente di porvi rimedio. Non è l'eccesso di sofferenze che lo spinge a ciò, poiché ancora non ha avuto il tempo di soffrire; è dunque il solo grido della sua coscienza, che egli non ha voluto ascoltare durante la sua vita e che ascolta soltanto ora. Perché dunque non gli si sarebbe dovuto tener conto di ciò? Perché, a pochi giorni di distanza, ciò che prima l'ebbe salvato dall'inferno, ora non lo potrebbe più? Perché Dio, che fu misericordioso prima della morte, dovrebbe essere senza pietà qualche ora più tardi?

Ci si potrebbe stupire della rapidità con cui avviene talvolta il cambiamento delle idee in un criminale incallito e impenitente fino all'ultimo minuto. Né meno ci si potrebbe stupire che per lui sia sufficiente il passaggio all'altra vita per fargli comprendere l'iniquità della sua condotta. Questo effetto è ben lontano dall'essere generale, poiché senza di esso non ci sarebbero Spiriti malvagi; il pentimento è spesso molto tardivo, così la pena viene di conseguenza prolungata.

L'ostinazione nel male durante la vita è a volte una conseguenza dell'orgoglio, che rifiuta di piegarsi e di riconoscere i suoi torti. E ciò avviene perché l'uomo è sotto l'influenza della materia, che getta un velo sulle sue percezioni spirituali, fascinandolo. Caduto questo velo, una luce improvvisamente lo illumina, ed egli si ritrova come chi si risvegli dopo un'ubriacatura. L'improvviso ritorno a sentimenti migliori è sempre indice di un certo progresso morale realizzato, che non domanda altro che una circostanza favorevole per rivelarsi. Colui, invece, che persiste nel male per un tempo più o meno lungo dopo la morte è incontestabilmente uno Spirito più arretrato. In questi, l'istinto materiale soffoca il germe del bene, ed egli avrà bisogno ancora di nuove prove per emendarsi.

Lemaire

Condannato alla pena capitale dalla Corte d'Assise dell'Aisne e giustiziato il 31 dicembre 1857. Evocato il 29 gennaio 1858

1. Evocazione. «Sono qui.»

2. Quale sentimento provate alla nostra vista?

«Quello della vergogna.»

3. Avete conservato conoscenza fino all'ultimo istante?

«Sì.»

4. Immediatamentedopo la vostra esecuzione, avete avuto consapevolezza di questa nuova esistenza?

«Ero piombato in un profondo perturbamento, dal quale non sono ancora venuto fuori. Ho sentito un grande dolore, e mi è sembrato che fosse il mio cuore a provarlo. Ho visto rotolare non so che cosa ai piedi del patibolo; ho visto del sangue scorrere, e il mio dolore è divenuto ancora più atroce.»

— Era un dolore puramente fisico, analogo a quello che potrebbe essere causato da una grave ferita, per esempio dall'amputazione di un arto?

«No. Immaginatevi un rimorso, un grande dolore morale.»

— Quando avete incominciato a sentire questo tipo di dolore?

«Da quando sono stato libero.»

5. Il dolore fisico causato dal supplizio veniva provato dal corpo o dallo Spirito?

«Il dolore morale era nel mio Spirito, mentre il corpo ha risentito del dolore fisico. Ma lo Spirito separato ne risentiva ancora.»

6. Avete visto il vostro corpo mutilato?

«Ho visto un non so che d'informe, che mi sembrava di non aver lasciato. Ciò nondimeno, io mi sentivo ancora integro: ero, insomma, me stesso.»

— Quale impressione ha fatto su di voi quella vista?

«Sentivo troppo il mio dolore. Ero perduto in esso.»

7. È vero che il corpo vive ancora qualche istante dopo la decapitazione e che il suppliziato ha coscienza delle sue idee?

«Lo Spirito si ritira a poco a poco. Quanto più i lacci della materia lo stringono, tanto meno la separazione da essa è rapida.»

8. Si dice di aver notato sul volto di certi suppliziati l'espressione della collera e certi movimenti come se avessero voluto parlare. È questo l'effetto d'una contrazione nervosa o di un atto della volontà?

«Si tratta proprio della volontà, poiché lo Spirito non si è ancora ritirato.»

9. Qual è il primo sentimento che avete provato entrando nella vostra nuova esistenza?

«Una intollerabile sofferenza; una sorta di intenso rimorso di cui ignoravo la causa.»

10. Vi siete trovato insieme ai vostri complici, giustiziati contemporaneamente a voi?

«Disgraziatamente, sì. Il vederci reciprocamente è un supplizio continuo, poiché ciascuno di noi rimprovera all'altro il suo crimine.»

11. Incontrate le vostre vittime?

«Le vedo... Sono felici... Il loro sguardo mi perseguita... Lo sento penetrare fino in fondo al mio essere... invano cerco di sfuggirlo.»

— Quali sentimenti provate alla loro vista?

«Vergogna e rimorso. Quelle le ho elevate io a vittime con le mie stesse mani, e le odio ancora.»

— Quale sentimento provano esse alla vostra vista?

«La pietà.»

12. Nutrono odio e desiderio di vendetta?

«No. Le loro preghiere invocano per me l'espiazione. Voi non potreste immaginare quale orribile supplizio sia il dover tutto a chi si odia.»

13. Rimpiangete la vita terrena?

«Io mi dolgo solo dei miei delitti. Se il fatto dipendesse ancora da me, io non vi cadrei più.»

14. La tendenza al male era insita nella vostra natura, o vi siete stato trascinato dall'ambiente in cui avete vissuto?

«La tendenza al delitto era nella mia natura, perché io non ero che uno Spirito inferiore. Ho voluto elevarmi rapidamente. Ma ho chiesto più di quello che le mie forze avrebbero potuto sopportare. Ritenendomi forte, ho scelto una rude prova. E ho ceduto alle tentazioni del male.»

15. Se voi aveste ricevuto dei sani principi educativi, avreste potuto essere distolto dalla vita criminale?

Sì. Ma ho scelto io la condizione in cui sono nato.»

— Sareste potuto diventare un uomo dabbene?

«Un uomo debole, incapace di fare del bene come del male. Avrei potuto correggere il male della mia natura, durante la mia esistenza, ma giammai avrei potuto elevarmi fino al punto di fare del bene.»

16. Da vivo, credevate in Dio?

«No.»

— Ma dicono che al momento di morire vi siate pentito. È vero?

«Ho creduto in un Dio vendicatore... ho avuto paura della Sua giustizia.»

— In questo momento, il vostro pentimento è più sincero?

«Ahimè, vedo ciò che ho fatto!»

— Che cosa pensate riguardo a Dio, ora?

«Lo sento e non Lo comprendo.»

17. Trovate giusto il castigo che vi è stato inflitto sulla Terra?

«Si.»

18. Sperate di ottenere il perdono dei vostri crimini?

«Non lo so.»

— Come credete di riscattarli?

«Con delle nuove prove. Mi sembra, però, che tra loro e me ci sia l'eternità.»

19. Dove siete ora?

«Nella mia sofferenza.»

— Vi stiamo chiedendo in quale luogo vi trovate ora.

«Accanto al medium.»

20. Poiché siete qui, se noi potessimo vedervi, sotto quale forma ci apparireste?

«Sotto il mio aspetto fisico: la testa staccata dal tronco.»

— Non potreste apparirci?

«No. Lasciatemi stare.»

21. Avreste la bontà di dirci come siete evaso dalla prigione di Montdidier?

«Non lo so più... La mia sofferenza è così grande, che mi rimane solo il ricordo del mio delitto... Lasciatemi andare.»

22. Potremmo apportare qualche sollievo alle vostre sofferenze?

«Auguratemi che l'espiazione arrivi presto.»

Benoist

(Bordeaux, marzo 1862)

Uno Spirito si presenta spontaneamente alla medium, sotto il nome di Benoist, dice di essere morto nel 1704 e di patire orribili sofferenze.

1. Chi eravate da vivo?

«Un monaco senza fede.»

2. La mancanza di fede è la vostra sola colpa?

«È stata sufficiente per causare le altre.»

3. Potete darci qualche dettaglio sulla vostra vita? Della sincerità delle vostre confessioni vi sarà tenuto conto.

«Povero e indolente, ho preso gli ordini, non per vocazione, ma per farmi una posizione. Intelligente, mi sono conquistato il mio posto; influente, ho abusato del mio potere; vizioso, ho trascinato nelle sregolatezze coloro che avevo l'impegno morale di salvare; crudele, ho perseguitato coloro che avevano l'aria di voler condannare i miei eccessi; mentre quelli pacifici sono stati da me colmati di attenzioni. La fame ha torturato molte vittime; le loro grida si sono spesso spente sotto le violenze. Ora io espio e soffro tutte le torture dell'inferno; sono le stesse mie vittime ad attizzare il fuoco che mi divora. Fame e lussuria mi perseguitano implacabili. La sete irrita le mie labbra brucianti, senza mai che vi si lasci cadere una sola goccia a rinfrescarle. Tutti gli elementi si scatenano contro di me. Pregate per me.»

4. Devono esservi concesse come agli altri le preghiere che si recitano per i defunti?

«Credete voi che possano essere edificanti? Esse hanno per me il valore di quelle che avevo l'aria di recitare io. Non ho compiuto il mio dovere e non ricevo il salario.»

5. Non vi siete mai pentito?

«Da molto tempo. Ma il pentimento è venuto solo dopo la sofferenza. Come io sono stato sordo alle grida di vittime innocenti, anche il Signore è sordo alle mie grida. Giustizia!»

6. Voi riconoscete la giustizia del Signore. Confidate nella Sua bontà e invocateLo in vostro aiuto.

«I demoni urlano più forte di me. Le grida mi si soffocano in gola. Essi riempiono la mia bocca di pece bollente!... L'ho fatto, gran...» (Lo Spirito non può scrivere la parola Dio.)

7. Dunque non siete ancora abbastanza staccato dalle idee terrene da comprendere che le torture che voi patite sono tutte morali?

«Io le patisco, le sento e vedo i miei carnefici. Essi hanno tutti un aspetto a me noto e hanno tutti un nome che trattengo nel mio cervello.»

8. Ma che cosa potrebbe avervi spinto a tutte quelle infamie?

«I vizi di cui ero imbevuto, la brutalità delle passioni.»

9. Non avete mai implorato l'assistenza dei buoni Spiriti, perché vi aiutassero a uscire da questa situazione?

«Altri non vedo che i demoni dell'inferno.»

10. Ne avevate paura da vivo?

«No, assolutamente. Il nulla era la mia fede. Il piacere a ogni costo era il mio culto. Le divinità dell'inferno: esse non mi hanno abbandonato. Ho consacrato loro la mia vita, non mi lasceranno più!»

11. Non intravedete un termine alle vostre sofferenze?

«L'infinito non ha termine.»

12. Dio è infinito nella Sua misericordia. Tutto può avere una fine quando Egli lo vuole.

«Se potesse volerlo!»

13. Perché siete venuto qui?

«Come, non so. Ma ho voluto parlare, così come vorrei gridare per sollevarmi.»

14. I vostri demoni non vi impediscono di scrivere?

«No. Ma sono davanti a me e mi ascoltano; è per questo che non vorrei mai finire.»

15. È la prima volta che scrivete in questo modo?

«Si.»

— Sapete che gli Spiriti possono avvicinarsi così agli uomini?

«No.»

— Come dunque avete potuto comprenderlo?

«Non so.»

16. Che cosa avete provato nell'avvicinarvi a me?

«Una specie di intorpidimento nei miei terrori.»

17. Come vi siete accorto che eravate qui?

«Come quando uno si risveglia.»

18. Come avete fatto a mettervi in contatto con me?

«Non capisco. Ma non sei stato tu a percepirmi?»

19. Non si tratta di me, ma di voi. Cercate di rendervi conto di ciò che fate in questo momento, in cui io scrivo.

«Tu sei il mio pensiero, ecco tutto.»

20. Dunque, non è stata la vostra volontà a farmi scrivere?

«No. Sono io che scrivo, tu pensi per me.»

21. Procurate di sincerarvi sul vostro stato; i buoni Spiriti che ci attorniano vi aiuteranno in ciò.

«No. Gli angeli non vengono all'inferno.»

— Ma tu non sei sola? Guardatevi attorno.

«Sento che mi aiutano ad agire in te... la tua mano mi obbedisce... io non ti tocco, e ti tengo... non capisco.»

22. Chiedete l'aiuto dei vostri protettori; pregheremo insieme.

«Vuoi lasciarmi? Resta con me. Ecco, vengono a riprendermi. Te ne prego, resta! Resta!»

23. Non posso restare più a lungo. Ritornate tutti i giorni. Pregheremo insieme, e i buoni Spiriti vi aiuteranno.

«Sì. Vorrei questa grazia! Chiedetela voi per me. Io non posso.»

La guida della medium. Coraggio, figlia mia. Ciò che tu chiedi gli sarà accordato, ma la fine della espiazione è ancora lontana. Le atrocità ch'egli ha commesso sono innominabili e innumerevoli, ed egli è tanto più colpevole in quanto aveva l'intelligenza e l'istruzione e, inoltre, era sufficientemente illuminato per ben comportarsi. Egli ha dunque errato con cognizione di causa; per questo le sue sofferenze sono atroci. Ma con l'esempio e con l'aiuto della preghiera esse si attenueranno, poiché egli ne vedrà la possibile fine, e la speranza lo sosterrà. Dio lo vede sulla strada del pentimento e gli ha fatto la grazia di poter comunicare affinché sia incoraggiato e sostenuto. Pensa, dunque, spesso a lui. Noi te lo affidiamo per renderlo forte nelle buone risoluzioni ch'egli potrà prendere, essendo aiutato dai tuoi buoni consigli. Al pentimento succederà, nel suo animo, il desiderio della riparazione. È allora che lui stesso chiederà una nuova esistenza sulla Terra, per praticare il bene al posto del male che ha commesso. E allorché Dio sarà soddisfatto di lui e lo vedrà sicuro di sé stesso, gli farà intraprendere i divini chiarori che lo condurranno alla salvezza, e lo riceverà tra le Sue braccia come il padre verso il figliol prodigo. Abbi fiducia, noi ti aiuteremo a compiere la tua opera.

Paulin

Abbiamo collocato questo Spirito tra i criminali, benché egli non sia stato colpito dalla giustizia umana, perché il crimine consiste nelle azioni e non nel castigo inflitto dagli uomini. Avviene lo stesso per lo Spirito che segue.

Lo Spirito di Castelnaudary

In una piccola casa, nei pressi di Castelnaudary, avvenivano strani rumori e varie manifestazioni, per cui si guardava a essa come a una casa abitata da qualche cattivo genio. A causa di questo fatto, nel 1848 fu esorcizzata, ma senza risultato. Il proprietario, M. D...., che aveva voluto abitarla, vi morì improvvisamente qualche anno dopo. Suo figlio, che volle abitarla subito dopo, un giorno, entrando nell'appartamento, ricevette un vigoroso ceffone, assestatogli da una mano sconosciuta. Poiché era assolutamente solo, non ebbe dubbi: quel ceffone era di origine occulta. Ed è per questo che decise di lasciare definitivamente l'appartamento. C'è nel paese una leggenda secondo la quale in quella casa sarebbe stato commesso un atroce delitto.

Lo Spirito che aveva vibrato lo schiaffo fu evocato presso la Società di Parigi nel 1859 e si manifestò con segni di violenza; tutti gli sforzi fatti per calmarlo furono vani. San Luigi, interrogato a questo riguardo, rispose:

"È uno Spirito della peggiore specie. Noi l'abbiamo fatto venire, ma non abbiamo potuto costringerlo a scrivere, malgrado tutto quello che gli è stato detto. Egli ha il suo libero arbitrio: l'infelice ne fa un ben triste uso."

— Questo Spirito è suscettibile di miglioramento?

«Perché no? Non lo sono forse tutti? Quello è come tutti gli altri. Bisogna tuttavia attendersi d'incontrare delle difficoltà. Ma, per quanto perverso egli sia, il bene, reso al posto del male, finirà per sensibilizzarlo. Subito ci si metta a pregare, e lo si evochi entro un mese: potrete allora giudicare il cambiamento che sarà avvenuto in lui.»

Più tardi, nuovamente evocato, lo Spirito si mostra più trattabile, poi a poco a poco sottomesso e pentito. Dalle spiegazioni fornite da lui e da altri Spiriti, risulta che nel 1608 egli abitava quella casa. Lì aveva assassinato suo fratello, per un sospetto di gelosa rivalità, tagliandogli la gola mentre dormiva. Alcuni anni dopo, assassinò la donna che aveva sposato dopo la morte di suo fratello. Morì nel 1659, all'età di ottant'anni, senza essere stato mai perseguito dalle leggi per quegli assassini, ai quali si faceva poca attenzione in quei tempi di grande confusione. Neppure dopo morto, egli aveva cessato di cercare di fare del male, e aveva provocato proprio lui i parecchi incidenti capitati in quella casa. Un medium veggente, il quale assistette alla prima evocazione, lo vide nel momento in cui lo si volle costringere a scrivere, ed egli si mise a strattonare violentemente il braccio del medium. Il suo aspetto era terribile: indossava una camicia ricoperta di sangue e brandiva un pugnale.

1. (A san Luigi) Vi preghiamo di descriverci il genere di supplizio di questo Spirito.

«Gli è stata comminata una pena atroce: è stato condannato ad abitare nella casa dove è stato commesso il crimine, senza poter fissare il suo pensiero su nient'altro che non sia questo delitto, che egli ha sempre davanti agli occhi; inoltre si ritiene condannato a questa tortura per l'eternità. Egli si vede costantemente nel momento in cui ha commesso il suo crimine; ogni altro ricordo gli viene allontanato, e ogni comunicazione con un altro Spirito gli è interdetta. Su questa Terra, egli non può stare che in quella casa, e se si trova nello Spazio, lo è nelle tenebre e nella solitudine.»

2. Non ci sarebbe qualche modo per farlo andar via da quella casa? E quale potrebbe essere?

«Se ci si vuole sbarazzare delle ossessioni di simili Spiriti, il mezzo è facile: pregare per loro. Ciò nondimeno, è proprio questo che si tralascia sempre di fare. Si preferisce spaventarli con formule esorcistiche che, al contrario, li divertono molto.»

3. Suggerendo alle persone interessate di pregare per lui, e pregando noi stesse, lo si farebbe sloggiare?

«Sì, ma badate che io ho detto di pregare, e non di far pregare.»

4. Sono due secoli ch'egli è in questa situazione. Considera tutto questo tempo come lo avrebbe considerato da vivo? Vale a dire il tempo gli sembra altrettanto lungo o meno lungo che se fosse vivo?

«Gli sembra più lungo: il sonno non esiste per lui.»

5. Ci è stato detto che, per gli Spiriti, il tempo non esiste e che per loro un secolo è un punto nell'eternità. Non è dunque la stessa cosa per tutti?

«No, certamente. È così solo per gli Spiriti arrivati a un grado molto elevato d'avanzamento. Ma, per gli Spiriti inferiori, il tempo è a volte molto lungo, soprattutto quando soffrono.»

6. Da dove viene questo Spirito prima della sua incarnazione?

«Aveva avuto un'esistenza fra le tribù più feroci e più selvagge, e precedentemente proveniva da un pianeta inferiore alla Terra.»

7. Questo Spirito è stato punito molto severamente per il delitto che ha commesso; se ha vissuto tra popolazioni barbare, egli ha dovuto, senz'altro commettere delle azioni non meno atroci dell'ultima. Ne è stato punito in modo analogo?

«Ne è stato punito in modo meno severo, poiché, essendo più ignorante, comprendeva meno la portata delle sue azioni.»

8. Lo stato in cui si trova questo Spirito è quello degli esseri volgarmente chiamati dannati?

«Assolutamente no, poiché ve ne sono di molto più orrendi. Le sofferenze sono lontane dall'essere le medesime per tutti, anche per dei crimini simili, poiché esse variano a seconda che il colpevole sia più o meno accessibile al pentimento. Per questo qui, la casa dove ha commesso il crimine è il suo inferno; altri lo portano in sé stessi, attraverso le passioni che li tormentano e che essi non possono soddisfare.»

9. Questo Spirito, malgrado la sua inferiorità, risente dei buoni effetti della preghiera. Abbiamo osservato la medesima cosa in Spiriti egualmente perversi e della più brutale natura. Come avviene, allora, che Spiriti, più illuminati, di intelligenza più sviluppata, mostrino un'assenza completa di buoni sentimenti? Che si facciano beffe di tutto ciò che v'è di più sacro? In una parola, che niente li commuova e che non ci sia alcuna tregua al loro cinismo?

«La preghiera ha effetto soltanto a favore dello Spirito che si pente. Quelli che, spinti dall'orgoglio, si ribellano contro Dio e persistono nei loro errori, per di più esagerandoli, come fanno degli Spiriti sventurati, su costoro la preghiera non può nulla, e non potrà nulla finché un guizzo di pentimento non si sarà manifestato in loro. L'inefficacia della preghiera è per loro un ulteriore castigo. La preghiera solleva soltanto coloro che non sono peccatori del tutto induriti.»

10. Quando si vede che uno Spirito è inaccessibile ai benefici effetti della preghiera, è questa una ragione sufficiente per astenersi dal pregare per lui?

«Senza dubbio, no. Infatti prima o poi essa potrà aver ragione della sua protervia e far germogliare in lui dei salutari pensieri.»

Accade la stessa cosa con certi malati, sui quali le terapie agiscono solo a lungo andare; il loro effetto non è apprezzabile al momento. Su altri, al contrario, esse agiscono prontamente. Se ci si compenetra in questa verità, secondo cui tutti gli Spiriti sono perfettibili e che nessuno è eternamente e fatalmente votato al male, si comprenderà che, presto o tardi, la preghiera farà il suo effetto. E si comprenderà anche che quella, che di primo acchito sembra inefficace, non depone meno germi salutari, tali da predisporre al bene lo Spirito, pur non toccandolo essa immediatamente. Sarebbe perciò uno sbaglio scoraggiarsi subito.

11. Se questo Spirito si reincarnasse, in quale categoria di individui si ritroverebbe?

«Questo dipenderà da lui e dal pentimento che proverà.» Parecchi colloqui con questo Spirito provocarono in lui un notevole cambiamento nelle sue condizioni morali. Ecco alcune delle sue risposte.

12. Allo Spirito. Perché non avete potuto scrivere, la prima volta che vi abbiamo chiamato?

«Non volevo.»

— Perché non volevate?

«Ignoranza e abbrutimento.»

13. Dunque, ora, potete lasciare la casa di Castelnaudary quando volete?

«Me lo si permette perché io possa approfittare dei vostri buoni consigli.»

— Ne provate sollievo?

«Comincio ad avere delle speranze.»

14. Se potessimo vedervi, sotto quali sembianze vi vedremmo?

«Mi vedreste in camicia, senza pugnale.»

— Perché non avreste più il vostro pugnale? Che ne avete fatto?

«Io lo maledico. Dio me ne ha risparmiato la vista.»

15. Se M. D.... figlio — quello che aveva ricevuto lo schiaffo — ritornasse nella casa, voi gli fareste del male?

«No, perché sono pentito.»

— E se volesse ancora affrontarvi?

«Oh, non fatemi questa domanda! Io non potrei dominarmi; ciò sarebbe al di sopra delle mie forze... perché io non sono che un miserabile.»

16. Intravedete la fine delle vostre pene?

«Oh, non ancora! È già molto più di quanto io non meriti il sapere, grazie alla vostra intercessione, che esse non dureranno per sempre.»

17. Abbiate la bontà di descriverci la situazione in cui vi trovavate prima che noi vi chiamassimo la prima volta. Comprenderete che noi ve lo chiediamo per avere un mezzo per tornarvi utili e non per un motivo di curiosità.

«Ve l'ho detto: io non avevo coscienza di nulla al mondo se non del mio crimine, e potevo lasciare la casa dove l'avevo commesso solo per librarmi nello Spazio, dove intorno a me tutto era solitudine e oscurità. Io non saprei darvi un'idea di che cosa si trattasse, poiché non ci ho mai capito nulla. Non appena mi libravo al di sopra dell'aria, c'era l'oscurità, c'era il vuoto. Io non so che cos'era.

Oggi io provo molti più rimorsi e non sono più costretto a rimanere in quella casa fatale. Mi è permesso di errare sulla Terra e di cercare di illuminarmi attraverso le mie osservazioni personali. Ma allora soltanto io comprendo più chiaramente l'enormità dei miei crimini efferati. E se da un lato soffro meno, dall'altro le mie torture aumentano a causa del rimorso. Ma almeno ho la speranza.»

18. Se doveste riprendere un'esistenza corporale, quale scegliereste?

«Non ho ancora sufficientemente veduto e riflettuto per saperlo.»

19. Durante il vostro lungo isolamento — e si potrebbe anche dire la vostra prigionia — avete avuto dei rimorsi?

«Neppure il più piccolo dei rimorsi, ed è per questo che ho sofferto per così lungo tempo. È soltanto quando ho cominciato a provarne che hanno avuto inizio, a mia insaputa, le circostanze che hanno provocato la mia evocazione cui devo l'inizio della mia liberazione. Grazie dunque a voi, che avete avuto pietà di me e che mi avete illuminato.»

Noi abbiamo visto, infatti, degli avari soffrire alla vista dell'oro, che per loro era diventato una vera chimera; degli orgogliosi tormentati dalla gelosia degli onori, ch'essi vedevano tributati ad altri e che non erano rivolti a loro; degli uomini che avevano comandato sulla Terra, umiliati dalla potenza invisibile che li costringeva a obbedire, e dalla vista dei loro subordinati che non si piegavano più davanti a loro; degli atei subire le angosce dell'incertezza e ritrovarsi in un assoluto isolamento in mezzo all'immensità, senza incontrare nessun essere che potesse illuminarli. Nel mondo degli Spiriti, se è vero che ci sono ricompense per tutte le virtù, ci sono anche pene per tutte le colpe; e di queste ultime, quelle che sono sfuggite alle leggi degli uomini sempre sono colpite dalla legge di Dio.

Bisogna inoltre osservare che le medesime colpe, sebbene commesse in condizioni identiche, sono punite con castighi a volte fortemente differenti, secondo il grado di avanzamento intellettuale dello Spirito che delinque. Agli Spiriti più arretrati e di natura bruta, come quelli di cui qui stiamo trattando, sono inflitte pene in qualche modo più materiali che morali, mentre è il contrario per quelli la cui intelligenza e sensibilità sono più sviluppate. Ai primi occorrono castighi adatti alla rudezza della loro scorza, per far loro comprendere i disagi della situazione in cui versano e per ispirare loro il desiderio di uscirne. Avviene così che la sola vergogna, che a loro farebbe, per esempio, poca o nessuna impressione, per gli altri sarebbe intollerabile.

In questo codice penale divino, la saggezza, la bontà e la previdenza di Dio per le Sue creature si rivelano fin nelle più piccole cose. Tutto è proporzionato; tutto è concatenato con meravigliosa cura per rendere accessibili ai colpevoli i mezzi per riabilitarsi. Viene loro tenuto conto delle minime buone aspirazioni dell'anima. Al contrario, secondo i dogmi delle pene eterne, nell'inferno stanno confusi i grandi e i piccoli colpevoli, i colpevoli di un giorno e quelli cento volte recidivi, gli irriducibili e i pentiti. E tutto è calcolato per mantenerli al fondo dell'abisso; nessun'àncora di salvezza viene loro offerta; basta una sola colpa per far sì che si precipiti per sempre, senza che sia tenuto conto del bene che si è pur fatto. Da quale parte sta la vera giustizia e la vera bontà?

Questa evocazione, dunque, non è affatto dovuta al caso. Siccome essa doveva essere utile a questo disgraziato, gli Spiriti che vegliavano su di lui, vedendo ch'egli incominciava a comprendere l'enormità dei suoi crimini, hanno ritenuto che fosse giunto il momento di dargli un aiuto efficace, ed è stato allora che hanno provocato le circostanze propizie. Questo è un fatto che noi abbiamo visto prodursi molte volte.

Ci è stato domandato, a questo riguardo, che cosa sarebbe avvenuto di lui se egli non avesse potuto essere evocato; e che ne è di tutti gli Spiriti sofferenti che non possono esserlo o ai quali nessuno pensa. A ciò viene risposto che le vie di Dio, per la salvezza delle Sue creature, sono innumerevoli. L'evocazione è un mezzo per assisterle, ma non è certamente il solo, e Dio non ne lascia nessuna nell'oblio. D'altronde, le preghiere collettive devono avere sugli Spiriti, suscettibili di pentimento, la loro parte d'influenza.

Dio non poteva subordinare la sorte degli Spiriti sofferenti alle conoscenze e alla buona volontà degli uomini. Da quando questi poterono stabilire dei rapporti regolari con il mondo invisibile, una delle prime conseguenze dello Spiritismo fu quella di insegnare agli uomini i benefici che, con l'aiuto di questi rapporti, essi avrebbero potuto offrire ai loro fratelli disincarnati. Dio ha voluto, attraverso questo mezzo, provar loro la solidarietà che esiste tra tutti gli esseri dell'Universo, e dare una legge di natura come base del principio di fraternità. Aprendo questo nuovo campo all'esercizio della carità, Egli mostra loro il lato veramente utile e serio delle evocazioni, lontane fino ad allora dal loro fine provvidenziale a causa dell'ignoranza e della superstizione. In nessuna epoca, dunque, sono mai mancati agli Spiriti sofferenti i soccorsi; e se le evocazioni aprono loro una nuova via di salvezza, più ancora forse ci guadagnano gli incarnati, in quanto esse sono per loro nuove occasioni per fare del bene, istruendosi nel contempo sul vero stato della vita futura.

Jacques Latour

(Assassino, condannato dalla Corte d'Assise di Foix e giustiziato nel settembre del 1864)

In una riunione spiritista intima, di sette od otto persone, che ebbe luogo a Bruxelles, il 13 settembre 1864, e alla quale noi assistevamo, una medium fu pregata di scrivere. Non essendo stata fatta alcuna speciale evocazione, ella traccia, con una straordinaria agitazione, a caratteri enormi, dopo aver nervosamente spiegazzato il foglio, queste parole:

"Mi pento! Mi pento! Latour."

Sorpresi da questa comunicazione, in nessun modo provocata, poiché nessuno pensava a quello sciagurato, la cui morte anzi era ignorata dalla maggior parte degli astanti, rivolgiamo allo Spirito alcune parole di conforto e di commiserazione. Quindi gli si pone questa domanda:

— Quale motivo può avervi indotto a venire tra noi piuttosto che altrove, dal momento che noi non vi abbiamo chiamato?

La medium, che è anche medium parlante, risponde con voce vivace:

«Ho visto che eravate anime compassionevoli e che avreste avuto pietà di me, mentre altri mi evocano più per curiosità che per vera carità, oppure si allontanano da me pieni d'orrore.»

Ha avuto inizio, allora, una scena indescrivibile che non durò meno di mezz'ora. Poiché la medium accompagna le parole con i gesti e l'espressione del volto, è evidente che lo Spirito si è identificato con la sua persona. A volte i suoi accenti di disperazione sono così dilanianti, le sue angosce e le sue sofferenze sono narrate con un tono così penoso, le sue suppliche sono così veementi, che tutti i presenti ne sono profondamente commossi.

Alcuni, anzi, erano spaventati dalla sovreccitazione della medium, ma noi pensavamo che la comunicazione di uno Spirito, che si pente e che implora pietà, non potesse dar adito ad alcun pericolo. Se egli ha preso in prestito gli organi della medium, è per poter meglio dipingere la sua condizione e interessare maggiormente alla sua sorte gli astanti, e di certo non, come gli Spiriti ossessori e possessori, per impossessarsi di lei con lo scopo di dominarla. Senza dubbio ciò gli è stato permesso nel suo stesso interesse e, forse, anche per l'istruzione delle persone presenti.

Eccolo esclamare:

"Oh, sì, pietà! Ne ho un gran bisogno, perché voi non sapete quello che io soffro!... No, voi non lo sapete. Voi non potete saperlo... è orribile!... La ghigliottina?!... Che cos'è a confronto di quello che patisco ora? Non è niente. È un istante. Ma questo fuoco che mi divora, questo è ben peggio, è una morte continua; è una sofferenza che non concede né tregua né riposo... che non ha fine!

E le mie vittime sono qui, attorno a me... che mi mostrano le loro piaghe..., che mi perseguitano coi loro sguardi!... Esse sono qui, davanti a me..., io le vedo tutte... sì tutte..., io le vedo tutte; non posso evitarle!... E questo mare di sangue!... E questo oro macchiato di sangue!... È tutto qui! Sempre davanti a me!... Sentite l'odore del sangue?... Sangue, sempre sangue!... Eccole lì, quelle povere vittime! Esse mi implorano... e io, senza pietà, colpisco... colpisco sempre! Il sangue mi inebria!

Io credevo che dopo la mia morte tutto sarebbe finito. È per questo che ho sfidato il supplizio, che ho sfidato Dio, che L'ho rinnegato!... Ed ecco che quando mi credevo annientato per sempre, avviene il terribile risveglio... Oh, sì, terribile!... Sono circondato da cadaveri, da figure minacciose... Io cammino in mezzo al sangue... Credevo di essere morto, e invece vivo!... È spaventoso!... È orribile! Più orribile di tutti i supplizi della Terra!

Oh, se tutti gli uomini potessero sapere che cosa c'è al di là della vita! Saprebbero quanto costa commettere il male! Non ci sarebbero più assassini né criminali né malfattori! Io vorrei che tutti gli assassini potessero vedere quello che io vedo e quello che io soffro... Oh, non ce ne sarebbero più... è troppo spaventoso soffrire ciò che io soffro!

So bene di averlo meritato, mio Dio, perché non ho avuto affatto pietà delle mie vittime. Ho respinto le loro mani supplichevoli, quando mi chiedevano di risparmiarle. Sì, anch'io sono stato crudele; sì le ho vigliaccamente uccise per impossessarmi del loro oro!... Sono stato empio; Vi ho rinnegato; ho bestemmiato il Vostro santo nome... Ho voluto ingannare me stesso; è per questo che volevo persuadermi che Voi non esistevate... Oh, mio Dio, sono un grande criminale! Ora lo comprendo. Ma Voi non avrete nessuna pietà di me?... Voi siete Dio, cioè la bontà, la misericordia! Voi siete onnipotente!

Pietà, Signore! Oh, pietà, pietà! Io Ve ne, prego, non siate inflessibile! Liberatemi da questa visione odiosa, da queste immagini orribili..., da questo sangue..., dalle mie vittime i cui sguardi mi trafiggono fino al cuore come fendenti di pugnale.

Voi che siete qui, che mi ascoltate, voi siete delle anime buone, delle anime caritatevoli. Sì, io lo vedo, voi avrete pietà di me, non è così? Voi pregherete per me. Oh, ve ne prego, non respingetemi. Voi chiederete a Dio di togliermi da davanti agli occhi questo orribile spettacolo; Egli vi ascolterà, perché voi siete buoni... Ve ne prego, non respingetemi come io ho respinto gli altri... Pregate per me."

I presenti, impressionati dai suoi rimorsi, gli rivolsero delle parole d'incoraggiamento, e di conforto. Dio, gli si disse, non è inflessibile. Ciò ch'Egli chiede al colpevole è un pentimento sincero e il desiderio di riparare al male che ha fatto. Poiché il vostro cuore non è affatto pietrificato e Gli chiedete perdono dei vostri delitti, Egli stenderà su di voi la Sua misericordia, se voi persevererete nei vostri buoni propositi di riparare al male che avete fatto. Voi non potete senza dubbio restituire alle vostre vittime la vita che avete loro tolto; ma, se voi lo chiederete con fervore, Dio vi accorderà di ritrovarvi con esse in una nuova esistenza. Lì, potrete dimostrar loro tanta dedizione per quanto crudele siete stato nella esistenza passata. E quando Egli riterrà la vostra riparazione sufficiente, allora rientrerete in grazia di Dio. La durata del vostro castigo è così nelle vostre mani; dipende da voi abbreviarla. Noi vi promettiamo di aiutarvi con le nostre preghiere e di invocare su di voi l'assistenza dei buoni Spiriti. Noi diremo per voi la preghiera contenuta ne Il Vangelo secondo lo Spiritismo per gli Spiriti sofferenti e pentiti. Non diremo, certo, quella per gli Spiriti malvagi, visto che vi pentite, che implorate Dio e promettete di non commettere più il male; voi ai nostri occhi siete soltanto uno Spirito sventurato e non uno Spirito malvagio.»

Detta la preghiera, e dopo qualche istante di calma, lo Spirito r prende:

"Grazie, mio Dio!... Oh, grazie! Voi avete avuto pietà di me; quelle orribili immagini si allontanano... Non abbandonatemi... inviatemi i vostri buoni Spiriti perché mi sostengano... Grazie."

Dopo questa scena, la medium, è per un po' di tempo, spossata, annientata, e le sue membra sono indolenzite. Ha, di ciò che è appena accaduto, un ricordo dapprima confuso; poi, a poco a poco rammenta alcune delle parole che ha pronunciate, e che ha dette suo malgrado. Intuisce però che non era lei che parlava.

Il giorno dopo, in una nuova riunione, lo Spirito si manifesta ancora e ricomincia, solo per qualche minuto, la scena del giorno prima, con le stesse espressioni e gli stessi gesti, ma con minore violenza. Poi scrive, per mezzo della medesima medium, con agitazione febbrile, le seguenti parole:

"Grazie delle vostre preghiere. Già si sta manifestando in me un sensibile miglioramento. Ho pregato Dio con tanto fervore ch'Egli ha permesso che, per un momento, le mie sofferenze fossero alleviate. Ma le rivedrò ancora le mie vittime... Eccole! Eccole!... E vedete questo sangue?..."

Viene nuovamente recitata la preghiera del giorno prima. Lo Spirito continua, rivolgendosi alla medium:

"Perdonatemi se ancora m'impossesso di voi. Grazie del sollievo che apportate alle mie sofferenze. Perdonatemi per tutto il male che vi ho causato. Ma ho bisogno di manifestarmi. Voi soltanto potete...

Grazie! Grazie! Un po' di sollievo si fa sentire; ma io non sono al termine delle mie prove. Presto le mie vittime torneranno ancora. Ecco la punizione. Io, mio Dio, l'ho meritata, ma Voi siate indulgente.

Voi tutti pregate per me. Abbiate pietà di me."

Latour


Un membro della Società Spiritista di Parigi, che aveva pregato per questo sventurato Spirito e l'aveva evocato, ne ottenne delle comunicazioni — a vari intervalli l'una dall'altra — che qui di seguito riportiamo.


I


Sono stato evocato quasi subito dopo la mia morte, e non ho potuto prontamente comunicare, ma molti Spiriti leggeri hanno preso il mio nome e il mio posto. Ho approfittato allora della presenza a Bruxelles del presidente della Società di Parigi e, con il permesso degli Spiriti superiori, ho potuto comunicare.

Comunicherò presso la Società e farò delle rivelazioni, che saranno l'inizio della mia riparazione agli errori che ho commesso, e che potranno anche servire d'insegnamento a tutti i criminali che mi leggeranno e che rifletteranno sul racconto delle mie sofferenze.

I discorsi sulle pene dell'inferno fanno poco effetto sullo Spirito dei colpevoli, i quali non credono a tutte quelle immagini spaventose, buone solo per terrorizzare i bambini e gli uomini deboli. Ora, un grande malfattore non può essere uno Spirito pusillanime, e la paura dei gendarmi lo sconvolge molto più del racconto dei tormenti dell'inferno. Ecco perché tutti quelli che mi leggeranno saranno colpiti dalle mie parole e dalle mie sofferenze, che non sono delle favole. Non c'è un solo prete che possa dire: "Ho visto quanto vi dico, ho assistito alle torture dei dannati". Ma allorché io dirò: "Ecco ciò che è accaduto dopo la morte del mio corpo. Ecco qual è stata la mia delusione, riconoscendo che non ero morto, come avevo sperato, e che quanto avevo preso per la fine delle mie sofferenze era invece l'inizio di torture impossibili a descriversi!" Allora, più d'uno s'arresterà sull'orlo del precipizio in cui stava per cadere; così, ogni disgraziato che s'arresterà sulla via del crimine servirà a riscattare una delle mie colpe. È in questo modo che dal male nasce il bene, e che la bontà di Dio si manifesta ovunque, sulla Terra come nello Spazio.

Mi è stato concesso d'essere liberato dalla vista delle mie vittime, che sono diventate i miei carnefici, affinché io possa comunicare con voi; ma quando vi avrò lasciato, le rivedrò, e il solo pensiero mi fa soffrire più di quanto io riesca a dire. Sono felice quando mi si evoca, perché allora io lascio il mio inferno per qualche istante. Pregate sempre per me. Pregate il Signore affinché mi liberi dalla vista delle mie vittime.

Sì, preghiamo insieme. Fa così bene la preghiera!... Mi sento più sollevato. Non avverto più tanto il peso del fardello che mi opprime. Vedo un barlume di speranza risplendere davanti ai miei occhi e, pieno di pentimento, esclamo: "Benedetta sia la mano di Dio; sia fatta la Sua volontà!"


II



La medium. Invece di domandare a Dio di liberarvi dalla vista delle vostre vittime, io vi invito a pregare con me per chiederGli la forza di sopportare questa tortura espiatoria.

Latour. Io avrei preferito essere liberato dalla vista delle mie vittime. Se voi sapeste quanto soffro! Anche l'uomo più insensibile sarebbe impressionato se potesse vedere sul mio volto, come impresse con il fuoco, le sofferenze della mia anima. Farò ciò che voi mi consigliate. Comprendo come questo sia un mezzo per espiare un po' più rapidamente le mie colpe. È come una operazione dolorosa che deve restituire la salute al mio corpo tanto malato.

Ah, se i colpevoli della Terra potessero vedermi, quanto sarebbero terrorizzati dalle conseguenze dei loro crimini, che, nascosti agli occhi degli uomini, sono tuttavia visibili dagli Spiriti! Quanto fatale è l'ignoranza per tanta povera gente!

Quale responsabilità si assumono coloro che rifiutano l'istruzione alle classi povere della società! Credono, costoro, che con i gendarmi e la polizia si possano prevenire i crimini. Quanto, costoro, sono in errore!


III


Le sofferenze che patisco sono orribili, ma dopo le vostre preghiere, io mi sento assistito da buoni Spiriti che mi incitano a sperare. Ben comprendo l'efficacia del rimedio eroico che voi mi avete consigliato, e prego il Signore di accordarmi la forza per sopportare questa dura espiazione. Essa è uguale — io posso dirlo — al male che ho fatto. Non voglio cercare di giustificare i miei delitti. Ma almeno, salvo i pochi istanti di terrore che hanno preceduto, per ciascuna delle mie vittime, il momento della morte, il dolore, una volta compiuto il delitto, è cessato per loro. Quelle, poi, che avevano terminato le loro prove terrene sono andate a ricevere la ricompensa che le attendeva. Ma io, dopo il mio ritorno nel mondo degli Spiriti, non ho cessato, eccettuati i brevissimi momenti in cui ho comunicato, di soffrire le pene dell'inferno.

I preti, malgrado il loro quadro spaventoso delle pene che patiscono i dannati, non hanno che un'idea ben debole delle vere sofferenze che la giustizia di Dio infligge ai Suoi figli che hanno violato la Sua legge d'amore e di carità. Come si può far credere a delle persone raziocinanti che un'anima, vale a dire qualcosa che non ha nulla di materiale, possa soffrire a contatto del fuoco che è materiale? Ciò è assurdo, ed ecco perché tanti criminali si fanno beffe di questi fantastici quadri dell'inferno. Ma non è la stessa cosa riguardo al dolore morale, quello che il condannato subisce, dopo la morte fisica.

Pregate per me, affinché la disperazione non s'impadronisca di me.


IV


Io vi ringrazio per il fine che voi mi fate intravedere, fine glorioso al quale io so che giungerò allorché mi sarò purificato. Soffro molto, e tuttavia mi sembra che le mie sofferenze diminuiscano. Io non posso credere che nel mondo degli Spiriti il dolore diminuisca per il fatto che ci si abitui a poco a poco. No. Io ritengo, invece, che le vostre buone preghiere hanno accresciuto le mie forze; e se i miei dolori sono i medesimi, essendo la mia forza più grande, io soffro meno.

Il mio pensiero torna alla mia ultima esistenza, agli errori che avrei potuto evitare, se avessi saputo pregare. Comprendo oggi l'efficacia della preghiera. Comprendo la forza di queste donne oneste e pie, deboli nella carne, ma forti nella loro fede. Io comprendo questo mistero che non comprendono, invece, i falsi sapienti della Terra. Preghiera! Parola che di per sé stessa provoca il riso degli spiriti forti. Io li attendo nel mondo degli Spiriti, e quando il velo che nasconde loro la verità si squarcerà, essi verranno a loro volta a prostrarsi ai piedi dell'Eterno che hanno rinnegato. E saranno felici di umiliarsi per liberarsi dei loro peccati e dei loro delitti! Comprenderanno, allora, la virtù della preghiera.

Pregare è amare, e amare è pregare! Allora essi ameranno il Signore e Gli rivolgeranno le loro preghiere d'amore e di riconoscenza. Rigenerati dalla sofferenza — poiché, in quanto a soffrire, dovranno soffrire — essi pregheranno, come me, per avere la forza di espiare e di soffrire. E quando avranno cessato di soffrire, pregheranno per ringraziare il Signore del perdono ch'essi avranno meritato con la loro sottomissione e la loro rassegnazione. Preghiamo, fratello, affinché io mi fortifichi sempre di più...

Oh, grazie della tua carità, fratello, poiché io sono perdonato! Dio mi libera della vista delle mie vittime. Oh, mio Dio, siate benedetto per l'eternità, per la grazia che mi accordate! Oh, mio Dio, sento l'enormità dei miei crimini e mi prostro davanti alla Vostra onnipotenza! Signore, io Vi amo con tutto il mio cuore e Vi chiedo di farmi la grazia di permettere, quando la Vostra volontà mi invierà sulla Terra per subire nuove prove, ch'io vi giunga come missionario di pace e di carità, per insegnare ai fanciulli a pronunciare il Vostro nome con rispetto. Vi chiedo di poter loro insegnare ad amarvi, Voi che siete il Padre di tutte le creature. Oh, grazie, mio Dio! Io sono uno Spirito pentito, e il mio pentimento è sincero. Io vi amo, per quanto il mio cuore così impuro può comprendere questo sentimento, pura emanazione della Vostra divinità. Fratello, preghiamo, perché il mio cuore trabocca di riconoscenza. Sono libero, ho spezzato le mie catene, non sono più un reprobo. Sono uno Spirito che soffre, ma che è pentito, e vorrei che il mio esempio potesse fermare sulla soglia del delitto tutte quelle mani criminali che io vedo pronte a levarsi. Oh, arrestatevi, fratelli arrestatevi! Le torture, infatti, che vi preparerete saranno atroci. Non dovete credere che il Signore si lascerà sempre così prontamente piegare dalla preghiera dei Suoi figli. Sono secoli di torture quelli che vi attendono.

La guida della medium. Tu non comprendi, dici, le parole dello Spirito. Renditi conto della sua emozione e della sua riconoscenza verso il Signore. Egli crede di non poterla meglio esprimere e testimoniare, se non cercando di fermare tutti quei criminali ch'egli vede e che tu non puoi vedere. Egli vorrebbe che le sue parole giungessero fino a loro; ma ciò ch'egli non ti ha detto — perché ancora lo ignora — è che gli sarà permesso di incominciare delle missioni riparatrici. Egli andrà presso coloro che furono suoi complici, per cercare di ispirar loro il pentimento e di introdurre nei loro cuori il germe del rimorso. A volte si sono viste sulla Terra persone credute oneste gettarsi ai piedi d'un prete e accusarsi d'un delitto. È il rimorso che li induce alla confessione della loro colpa. E se il velo che ti separa dal mondo invisibile si sollevasse, tu vedresti uno Spirito — che fu il complice o l'istigatore del crimine — venire, come farà Jacques Latour, per cercare di riparare alla sua colpa, ispirando il rimorso allo Spirito incarnato.


La tua guida protettrice


La medium di Bruxelles, che aveva ricevuto la prima manifestazione di Latour, ricevette più tardi, dallo stesso, la comunicazione che qui di seguito riportiamo.

"Non temete più nulla da me; sono più tranquillo, anche se soffro ancora. Dio ha avuto pietà di me, perché ha visto il mio pentimento. Tuttavia, io soffro di questo pentimento che mi mostra l'enormità delle mie colpe.

Se nella vita io fossi stato ben guidato, non avrei commesso tutto il male che ho commesso. Ma i miei istinti non sono stati repressi, e io ho a essi obbedito, non avendo conosciuto alcun freno. Se tutti gli uomini pensassero di più a Dio, o almeno se tutti gli uomini vi credessero, parecchi delitti non si commetterebbero più.

Ma la giustizia degli uomini è errata. Per una colpa, a volte leggera, un uomo viene rinchiuso in una prigione che, sempre, è un luogo di perdizione e di perversione. Ne esce completamente perduto, per i cattivi consigli e i cattivi esempi che lì dentro ha attinto. Se tuttavia la sua natura è abbastanza buona e abbastanza forte da resistere ai cattivi esempi, quando esce di prigione tutte le porte gli vengono chiuse, tutte le mani si ritirano davanti a lui, tutti i cuori onesti lo respingono. Che cosa gli resta? Il disprezzo e la miseria. Se poi egli nutre in sé dei buoni propositi per ritornare al bene non trova altro che abbandono e disperazione. La miseria infine lo spinge a tutto. Anche lui, allora, disprezza il suo simile, lo odia e perde ogni coscienza del bene e del male, poiché si vede respinto, lui che aveva preso la risoluzione di diventare un uomo onesto! Per procurarsi il necessario alla sopravvivenza, ruba, a volte uccide. Poi lo si ghigliottina!

Mio Dio, nel momento in cui le mie allucinazioni stanno per riprendermi, io avverto la Vostra mano che si protende verso di me. Io sento la Vostra bontà che mi avvolge e mi protegge. Grazie, mio Dio! Nella mia prossima esistenza, io impiegherò la mia intelligenza e ogni mio avere nel soccorrere gli infelici che hanno ceduto e li preserverò dalla caduta.

Grazie! O voi che non disdegnate di comunicare con me, siate senza timori! Vedete pur voi che io non sono malvagio. Quando pensate a me, non figuratevi il ritratto che di me avete visto, ma figuratevi una povera anima desolata che vi ringrazia della vostra indulgenza.

Addio! Evocatemi ancora e pregate Dio per me."

Latour

Studio sullo Spirito di Jacques Latour

Non si possono disconoscere la profondità e l'alto significato di alcune delle parole che questa comunicazione racchiude; essa offre, inoltre, uno degli aspetti del mondo degli Spiriti puniti, al di sopra del quale s'intravede tuttavia la misericordia di Dio. L'allegoria mitologica delle Eumenidi non è poi così ridicola come si crede, e i demoni, carnefici ufficiali del mondo invisibile, che le sostituiscono nella credenza moderna, sono molto meno razionali, con le loro corna e i loro forconi, di queste vittime che servono esse stesse al castigo del colpevole.

Ammettendo l'identità di questo Spirito, forse ci si stupirà di un cambiamento così rapido del suo stato morale. Il fatto è, come abbiamo fatto notare in un'altra occasione, che spesso ci sono più risorse in uno Spirito brutalmente malvagio, che in quello Spirito dominato dall'orgoglio o che nasconde i suoi vizi sotto il mantello dell'ipocrisia. Questo rapido ritorno a sentimenti migliori indica una natura più selvaggia che perversa, alla quale è mancata soltanto una buona guida. Confrontando il suo linguaggio con quello di un altro criminale, che ricordiamo più avanti sotto il titolo Il castigo della luce,è facile vedere quale dei due è il più avanzato moralmente, malgrado la differenza della loro istruzione e della loro posizione sociale. L'uno obbediva a un naturale istinto di ferocia, a una sorta di sovreccitazione, mentre l'altro, nella perpetrazione dei suoi delitti, apportava la calma e il sangue freddo tipici d'una lenta e perseverante combinazione d'intenti; e, dopo morto, ancora affrontava con orgoglio il castigo. Soffre, ma non vuole ammetterlo. L'altro, invece, è immediatamente domato. Si può così prevedere quale dei due soffrirà più a lungo.

"Io soffro — dice lo Spirito di Latour — di questo pentimento che mi mostra l'enormità delle mie colpe." C'è qui un profondo concetto. Lo Spirito non comprende realmente la gravità dei suoi misfatti se non quando si pente. Il pentimento porta con sé il dispiacere, il rimorso, sentimento doloroso che segna il passaggio dal male al bene, dalla malattia morale alla salute morale. È per sfuggire a ciò che gli Spiriti perversi si irrigidiscono di fronte alla voce della loro coscienza, come quei malati che respingono il rimedio che deve guarirli. Essi cercano di illudersi, di stordirsi persistendo nel male. Latour è giunto in quel periodo in cui l'indurimento ha finito col cedere, il rimorso è penetrato nel suo cuore, seguito dal pentimento. Egli comprende l'enormità del male che ha fatto, vede la sua abiezione e ne soffre. Ecco perché ha detto: "Soffro di questo pentimento". Nella sua precedente esistenza, egli ha dovuto essere peggiore che in questa, perché se si fosse pentito come sta facendo ora, la sua vita sarebbe stata migliore. Le risoluzioni che egli ora prende influiranno sulla sua esistenza terrena futura; quella che ha appena lasciato, per quanto possa essere stata criminale, ha segnato per lui uno stadio di progresso. È più che probabile che, prima di iniziarla, egli fosse, nell'erraticità, uno di quei malvagi Spiriti ribelli, ostinati nel male, come se ne vedono tanti.

Molte persone hanno domandato quale vantaggio si potrebbe mai trarre dalle esistenze passate, dal momento che non ci si ricorda né di ciò che si è stati né di ciò che si è fatto.

Tale questione è completamente risolta, per il fatto che, se il male che noi abbiamo commesso viene cancellato e se nel nostro cuore non ne resta alcuna traccia, il suo ricordo sarebbe inutile poiché non dobbiamo preoccuparcene. Quanto a ciò di cui non ci siamo completamente corretti, lo conosciamo attraverso le nostre tendenze attuali. È su queste tendenze che noi dobbiamo riversare tutta la nostra attenzione. È sufficiente sapere ciò che siamo, senza che sia necessario sapere ciò che siamo stati.

Quando si considera la difficoltà, durante la vita, della riabilitazione del più pentito dei colpevoli, e la riprovazione di cui egli è fatto oggetto, si deve benedire Dio per aver gettato un velo sul passato. Se Latour fosse stato condannato in tempo, e anche se fosse stato assolto, i suoi precedenti lo avrebbero fatto respingere dalla società. Chi avrebbe voluto, nonostante il suo pentimento, ammetterlo nella propria cerchia intima? I sentimenti ch'egli manifesta oggi come Spirito ci danno la speranza che, nella sua prossima esistenza terrena, egli sarà un uomo onesto, stimato e considerato. Ma supponete che si sappia ch'egli è stato Latour, allora la riprovazione lo perseguiterà ancora. Il velo gettato sul suo passato gli apre la porta della riabilitazione; potrà sedere senza timore e senza vergogna fra le persone più oneste. Quanti ce ne sono che vorrebbero, a qualsiasi prezzo, poter cancellare dalla memoria degli uomini certi anni della propria esistenza!

Che si trovi, dunque, una dottrina che meglio di questa si concilii con la giustizia e la bontà di Dio! Del resto, questa dottrina non è una teoria, ma un risultato di osservazioni. Non sono affatto gli Spiritisti che l'hanno immaginata. Essi hanno visto e osservato le differenti situazioni nelle quali si presentano gli Spiriti; hanno cercato di spiegarsele, e da questa spiegazione è nata la dottrina. Se l'hanno accettata, è perché essa risulta dai fatti e anche perché è loro apparsa più razionale di tutte quelle emesse finora riguardo all'avvenire dell'anima.

Si può forse negare che queste comunicazioni posseggano in sé un alto insegnamento morale? Lo Spirito ha potuto essere, anzi ha dovuto essere aiutato nelle sue riflessioni e soprattutto nella scelta delle sue espressioni, da Spiriti più avanzati. Ma, in simili casi, questi ultimi assistono solo nella forma e non nel contenuto, e non mettono mai lo Spirito inferiore in conflitto con sé stesso. Essi hanno, forse, potuto poeticizzare in Latour la forma del suo pentimento, ma giammai avrebbero potuto fargli esprimere il pentimento suo malgrado, poiché lo Spirito dispone del libero arbitrio. Essi vedevano in lui il germe dei buoni sentimenti, ed è per questo che lo hanno aiutato a esprimersi e, da qui, hanno contribuito a svilupparli, nel medesimo istante in cui hanno invocato su di lui la commiserazione.

C'è niente di più sorprendente, di più morale e tale da impressionare più vivacemente del quadro di questo grande criminale pentito, che manifesta la sua disperazione e i suoi rimorsi, che in mezzo alle torture, perseguitato dallo sguardo continuo delle sue vittime, eleva il suo pensiero a Dio, per implorarne la misericordia? Non è forse questo un salutare esempio per i colpevoli? Ben si comprende la natura delle sue angosce; esse sono razionali e terribili, quantunque semplici e senza alcuna messinscena fantasmagorica.

Forse ci si potrebbe stupire d'un così grande mutamento in un uomo come Latour. Ma perché non avrebbe dovuto pentirsi? Perché non avrebbe dovuto avere in sé una corda sensibile e vibrante? Il colpevole sarebbe dunque votato al male per sempre? Non arriverebbe dunque mai per lui il momento in cui si fa luce nella sua anima? Per Latour questo momento è arrivato. Ed è precisamente nel lato morale delle sue comunicazioni, nella consapevolezza ch'egli ha della sua situazione, nei suoi rimpianti e nei suoi progetti di riparazione: tutti elementi altamente istruttivi. Che cosa si sarebbe trovato di straordinario nel fatto ch'egli si fosse sinceramente pentito prima di morire? Il fatto forse che avesse detto prima ciò che ha detto dopo? Non ne esistono forse numerosi esempi?

Un ritorno al bene, prima della morte, sarebbe apparso agli occhi dei suoi simili come un segno di debolezza. La sua voce dall'oltretomba, invece, è la rivelazione dell'avvenire che li attende. Egli è nel vero più assoluto quando dice che il suo esempio è adatto per correggere i colpevoli più di quanto non lo sia la prospettiva delle fiamme infernali e anche del patibolo! Perché dunque non offrire tale esempio nelle prigioni? Ciò farebbe riflettere più d'uno, come già ne abbiamo parecchi esempi. Ma come credere all'efficacia delle parole di un morto, quando intimamente si crede che quando uno è morto è tutto finito? Giorno verrà tuttavia in cui si riconoscerà questa verità, quella cioè che i morti possono venire a istruire i vivi.

Ci sono parecchi altri importanti insegnamenti da trarre da queste comunicazioni. C'è innanzi tutto la conferma di quel principio di eterna giustizia, secondo il quale il pentimento non è sufficiente per collocare il colpevole nel rango degli eletti. Il pentimento è il primo passo verso la riabilitazione, che la misericordia di Dio riceve. Esso è il preludio del perdono e l'abbreviazione delle sofferenze. Ma Dio non assolve incondizionatamente: occorre l'espiazione e soprattutto la riparazione. È ciò che Latour ha compreso, ed è quello a cui egli si prepara.

In secondo luogo, se si confronta questo criminale con quello di Castelnaudary, si può osservare una notevole differenza nel castigo che è loro inflitto. In quest'ultimo, il pentimento è stato tardivo e di conseguenza la pena più lunga; inoltre, questa pena è quasi materiale. In Latour, invece, la sofferenza è piuttosto morale, per il fatto che, come abbiamo detto più sopra, nell'uno l'intelligenza era molto meno sviluppata che nell'altro; occorreva, perciò qualcosa che potesse colpire dei sensi che erano alquanto ottusi. Le pene morali, però, non sono meno cocenti per colui che è giunto al giusto grado per comprenderle; si può giudicare ciò dai lamenti che emette Latour: non si tratta di collera, ma è l'espressione del rimorso, ben presto seguito dal pentimento e dal desiderio di riparazione, al fine di poter avanzare.




Capitolo VII - SPIRITI INDURITI

Lapommeray

Il castigo della luce

In una delle sedute della Società di Parigi in cui si era discussa la questione del turbamento che segue generalmente la morte, uno Spirito, al quale nessuno aveva fatto allusione e che non si pensava affatto di evocare, si manifestò spontaneamente con la comunicazione che riportiamo; benché essa non fosse firmata, vi si riconobbe senza indugio un grande criminale che la giustizia umana aveva appena colpito.

"Perché parlate del turbamento? Perché queste vane parole? Voi siete soltanto dei sognatori e degli utopisti. Voi ignorate completamente le cose di cui pretendete di occuparvi. No, signori, il turbamento non esiste, salvo forse nei vostri cervelli. Io sono morto il più assolutamente possibile, e vedo chiaro in me, attorno a me, dappertutto!... La vita è una lugubre commedia! Sprovveduti coloro che si fanno mandar via dalla scena prima che cali il sipario!... La morte è un terrore, un castigo, un desiderio, secondo la debolezza o la forza di coloro che la temono, che la sfidano o la implorano. Per tutti, è un'amara beffa!... La luce mi abbaglia e, quale freccia acuminata, penetra la sottigliezza del mio essere... Sono stato punito con le tenebre della tomba o con quelle segnate dalle superstizioni del Cattolicesimo. Ebbene, siete voi, signori, che subite l'oscurità, e io, quello socialmente degradato, io plano al di sopra di voi... Io voglio restare me stesso!... Forte del mio pensiero, disdegno gli avvenimenti che riecheggiano intorno a me... Io vedo chiaro... Un crimine! È una parola! Il crimine esiste dappertutto. Quando esso è commesso da masse di uomini, lo si glorifica; commesso individualmente, lo si considera un'infamia. Che assurdità!

Non voglio essere pianto... non domando niente... io basto a me stesso e saprò lottare contro questa luce odiosa."

Colui che ieri era un uomo


Analizzata questa comunicazione nella seduta successiva, si riconobbe, nel cinismo stesso del suo linguaggio, un profondo insegnamento. Si vide anche, nella situazione di questo sventurato, una nuova fase del castigo che attende il colpevole. In effetti, mentre alcuni sono immersi nelle tenebre o in un isolamento assoluto, altri soffrono, per lunghi anni, le angosce dell'ultima ora, oppure si credono ancora in questo mondo. Ma per costui la luce brilla ancora; il suo Spirito gode della pienezza delle sue facoltà; egli sa perfettamente di essere morto e non si lamenta di nulla; non chiede alcuna assistenza e sfida ancora le leggi divine e umane. Sfuggirà egli, dunque, alla punizione? No. Il fatto è che la giustizia di Dio si compie sotto tutte le forme, e ciò che fa la gioia degli uni costituisce il tormento degli altri. Questa luce è il suo supplizio e contro di essa egli si ribella. E, malgrado il suo orgoglio, lo confessa quando dice: "Io basto a me stesso e saprò lottare contro questa luce odiosa". E in quest'altra frase: "La luce mi abbaglia e, quale freccia acuminata, penetra la sottigliezza del mio essere". Queste parole — la sottigliezza del mio essere — sono caratteristiche; con esse, infatti, egli riconosce che il suo corpo è fluidico ed è penetrabile dalla luce, alla quale egli non può sfuggire; e questa luce lo penetra come una freccia acuminata.

Questo Spirito viene collocato fra gli Spiriti induriti, poiché si è astenuto per lungo tempo dal manifestare il minimo pentimento. È un esempio di quella verità, secondo la quale non sempre il progresso morale segue il processo intellettuale. A poco a poco, tuttavia, egli si è corretto e, più tardi, ha dato delle comunicazioni saggiamente ragionate e istruttive. Oggi egli può essere collocato fra gli Spiriti pentiti.

Le nostre guide spirituali, pregate di esprimere il loro giudizio su questo argomento, hanno dettato le tre comunicazioni che riportiamo qui di seguito e che meritano una particolare attenzione.


I


Dal punto di vista delle esistenze, gli Spiriti nell'erraticità possono considerarsi inattivi e in aspettativa. Ma nel frattempo essi possono espiare, ammesso che il loro orgoglio e la incredibile tenacia nei loro errori non li trattengano al momento della loro progressiva ascesa. Voi ne avete un esempio terribile nell'ultima comunicazione di questo criminale incallito, il quale si dibatte contro la giustizia divina che lo serra dopo quella degli uomini. Allora, in casi simili, l'espiazione, o piuttosto la fatale sofferenza che li opprime, invece di giovare e di far loro cogliere il profondo significato delle loro pene, li inasprisce nella ribellione, e fa loro emettere quei mormorii che le Scritture, nella loro poetica eloquenza, chiamano il digrignar dei denti. Immagine, questa, simbolica per eccellenza! Segno della sofferenza avvilita ma non sottomessa! Perduta nel dolore, ma la cui rivolta è ancora abbastanza grande per rifiutare di riconoscere la verità della pena e la verità della ricompensa!

I grandi errori si susseguono spesso, anzi quasi sempre, nel mondo degli Spiriti; allo stesso modo, le grandi coscienze criminali. Essere sé stessi, malgrado tutto, e sfilare davanti all'infinito assomiglia all'accecamento di quell'uomo che contempla le stelle e le scambia per gli arabeschi di un soffitto, così come credevano i Galli al tempo di Alessandro.

L'infinito morale esiste! Miserabile e infimo è colui che, con il pretesto di continuare le lotte e le abiette imposture della Terra, non vede più lontano, nell'altro mondo, di quanto non vedesse sulla Terra! Per costui, l'accecamento, il disprezzo degli altri, il culto egoistico e meschino della personalità e l'arresto del progresso. O uomini, è ben vero che esiste un accordo segreto tra l'immortalità di un uomo puro lasciato sulla Terra, e l'immortalità che gli Spiriti realmente custodiscono nelle loro prove successive.

Lamennais


II


Precipitare un uomo nelle tenebre o tra i fiotti di luce: il risultato non è forse lo stesso? Nell'uno e nell'altro caso, egli non vede niente di ciò che lo circonda, e si abituerà anzi più rapidamente all'oscurità che alla monotona luminosità elettrica nella quale può trovarsi immerso. Dunque, lo Spirito con cui abbiamo comunicato nell'ultima seduta esprime bene la realtà della sua situazione, quando dice: "Saprò lottare contro questa luce odiosa!" Infatti, questa luce è tanto più terribile, tanto più spaventosa in quanto lo trapassa completamente, rendendo visibili e palesi i suoi pensieri più segreti. È questo uno dei lati più crudeli della sua punizione spirituale. Egli si trova, per così dire, nella casa di vetro invocata da Socrate, e questo è ancora un insegnamento, perché ciò che sarebbe stato la gioia e la consolazione del saggio, diviene la punizione infamante e continua del malvagio, del criminale, del parricida, che rimane sgomentato nel più profondo della sua personalità.

Comprendete, figli miei, il dolore e il terrore che devono tormentare colui che per tutta una sinistra esistenza si è compiaciuto di combinare, di macchinare i delitti più malvagi nel profondo del suo essere, in cui si rifugiava come una belva nella sua tana, e che oggi si ritrova scacciato da quel rifugio nascosto, dove egli si sottraeva agli sguardi e alle indagini dei suoi simili? Ora la sua maschera d'impassibilità gli viene strappata via, e i suoi pensieri, uno dopo l'altro, si riflettono sulla sua fronte!

Sì, ormai, non c'è più nessuna pace, nessun rifugio per questo terribile criminale. Ogni cattivo pensiero — e Dio sa se la sua anima ne esprime — si tradisce fuori e dentro di lui, come sotto una scossa elettrica superiore. Cerca di sfuggire alla moltitudine, e la luminosità odiosa lo trafigge continuamente a giorno. Vuole fuggire, e fugge con una corsa affannosa e disperata attraverso gli incommensurabili spazi. E dappertutto la luce! Dappertutto gli sguardi che s'immergono in lui! Ed egli si precipita di nuovo alla ricerca dell'ombra, alla ricerca della notte, ma l'ombra e la notte non ci sono più per lui. Allora, in suo aiuto, chiama la morte; ma la morte non è che una parola priva di senso. L'infelice fugge sempre! Marcia verso la follia spirituale, castigo terribile, dolore spaventoso, dove si dibatterà contro sé stesso per liberarsi di sé stesso. Questa, infatti, è la legge suprema al di là della Terra: è il colpevole che diventa il più inesorabile castigo di sé stesso.

Quanto tempo durerà questo stato di cose? Fino al momento in cui la sua volontà, alfine vinta, si piegherà alla dilaniante stretta del rimorso; fino al momento in cui la sua fronte superba si umilierà davanti alle sue vittime ormai placate e davanti agli Spiriti di giustizia E osservate l'alta logica delle immutabili leggi: anche in questo, lo Spirito realizzerà ciò che scriveva in quella altezzosa comunicazione, così chiara, così lucida e così perversamente piena di sé, che egli ha trasmesso venerdì scorso, liberandosi con un atto della sua stessa volontà.

Éraste


III


La giustizia umana non fa alcuna eccezione riguardo all'individualità degli esseri che deve punire. Commisurando il delitto al delitto stesso, essa colpisce indistintamente coloro che l'hanno commesso, e la medesima pena raggiunge il colpevole senza distinzione di sesso e qualunque sia la sua educazione. La giustizia divina procede diversamente. Lepunizioni corrispondono al grado di avanzamento degli esseri ai quali esse sono inflitte. L'eguaglianza del crimine non costituisce l'eguaglianza tra gli individui; due uomini colpevoli, col medesimo capo d'accusa, possono essere separati dalla diversità delle prove, sprofondando l'uno nell'opacità intellettiva dei primi cerchi iniziali, mentre l'altro, avendo oltrepassato quei cerchi, dispone della lucidità che affranca lo Spirito dal turbamento. Non sono più, allora, le tenebre a punire, ma la vividezza della luce spirituale. Essa trafigge l'intelligenza terrena e le fa provare gli spasimi di una piaga al vivo.

Gli esseri disincarnati, perseguitati dalla rappresentazione materiale dei loro crimini, subiscono la scossa dell'elettricità fisica: soffrono, cioè, attraverso i sensi. Coloro che sono già smaterializzati percepiscono attraverso lo Spirito un dolore di gran lunga superiore, che annienta, tra i suoi flutti amari, il ricordo dei fatti, per lasciar sussistere soltanto la nozione delle loro cause.

L'uomo può, dunque, malgrado la criminalità delle sue azioni, possedere un avanzamento interiore e, mentre le passioni lo fanno agire come un bruto, le sue migliorate facoltà lo elevano al di sopra della densa atmosfera degli strati inferiori. L'assenza di ponderazione e di equilibrio, tra il progresso morale e il progresso intellettivo, produce le anomalie così frequenti nelle epoche di materialismo e di transizione.

La luce, dunque, che tortura lo Spirito colpevole è precisamente il raggio spirituale, che inonda con la sua luminosità i segreti recessi del suo orgoglio e gli discopre la vacuità del suo essere frammentario. Sono questi i primi sintomi e le prime angosce dell'agonia spirituale. Essi annunciano la separazione o dissoluzione degli elementi intellettuali e materiali, che compongono la primitiva dualità umana e che debbono scomparire nella grandiosa unità dell'essere compiuto.

Jean Reynaud


Queste tre comunicazioni, ottenute simultaneamente, si completano l'una con l'altra e presentano il castigo sotto un nuovo aspetto, eminentemente filosofico e razionale. È probabile che gli Spiriti, volendo trattare questo problema dopo un esempio, abbiamo provocato, a tal fine, la comunicazione spontanea dello Spirito colpevole.

A fianco di questo quadro, basato su un fatto, ecco, per stabilire un parallelo, il quadro che un predicatore traccia dell'inferno, durante la Quaresima, a Montreuil-sur-Mer, nel 1864:

"Il fuoco dell'inferno è milioni di volte più intenso di quello della Terra. Inoltre, se accadesse che uno dei corpi che vi bruciano, e che mai si consumano, fosse gettato sul nostro pianeta, lo appesterebbe da un capo all'altro! L'inferno è una vasta e oscura caverna, irta di chiodi acuminati, di lame di spada ben appuntite, di lame di rasoio ben affilate, nella quale vengono scagliate le anime dei dannati" (vedere la Rivista Spiritista del luglio 1864, pag. 199).

Angèle, una nullità sulla Terra

(Bordeaux, 1862)

Uno Spirito si presenta spontaneamente al medium sotto il nome di Angèle.

1. Vi pentite delle vostre colpe?

«No.»

— Allora perché venite da me?

«Per provare.»

— Non siete dunque felice?

«No.»

— Soffrite?

«No.»

— Che cosa, dunque, vi manca?

«La pace.»

Certi Spiriti considerano sofferenze solo quelle che ricordano loro i dolori fisici, pur ritenendo il loro stato morale insopportabile.

2. Come può mancarvi la pace nella vita spirituale?

«Ho rimpianto del passato.»

— Il rimpianto del passato è un rimorso. Vi pentite, allora?

«No. È per timore del futuro.»

— Che cosa temete?

«L'ignoto.»

3. Volete raccontarmi ciò che avete fatto nella vostra ultima esistenza? Questo mi aiuterà forse a illuminarvi.

«Nulla.»

4. Qual era la vostra posizione sociale?

«Media.»

— Siete stata sposata?

«Sono stata sposa e madre.»

— Avete compiuto con fervore i doveri di questo doppio ruolo?

«No. Mio marito mi annoiava, mi annoiavano anche i miei figli.»

5. Come avete trascorso la vostra vita?

«Divertendomi quand'ero ragazza, annoiandomi quand'ero una giovane donna.»

— Quali erano le vostre occupazioni?

«Nessuna.»

— E chi si occupava della vostra casa?

«La domestica.»

6. Non è forse in questa inutilità che bisogna ricercare la causa dei vostri dispiaceri e delle vostre paure?

«Forse hai ragione.»

— Convenirne non è sufficiente. Volete, per riparare a questa esistenza inutile, aiutare gli Spiriti colpevoli, che soffrono intorno a noi?

«In che modo?»

— Aiutandoli con i vostri consigli e le vostre preghiere.

«Non so pregare.»

— Lo faremo insieme. Imparerete. Volete?

«No.»

— Perché?

«È fatica.»


Istruzioni della guida del medium

Noi ti diamo delle istruzioni, mettendoti sotto gli occhi i diversi gradi di sofferenza e di condizione degli Spiriti condannati all'espiazione, a seguito delle loro colpe.

Angèle era una di quelle creature senza iniziativa, la cui vita è inutile tanto agli altri che a sé stessa. Non amando che il piacere, incapace di cercare, nello studio, nell'adempimento dei doveri verso la famiglia e la società, quelle soddisfazioni del cuore che sole possono dare interesse alla vita — perché appartengono a ogni età —, essa non ha potuto impiegare i suoi anni più giovani che in frivole distrazioni. Ma quando i doveri seri sono sopraggiunti, il mondo ha fatto il vuoto intorno a lei, perché lei aveva fatto il vuoto nel suo cuore. Senza serie manchevolezze, ma anche senza qualità, ella ha fatto l'infelicità di suo marito, distrutto l'avvenire dei suoi figli e rovinato il loro benessere con la sua incuria e la sua indifferenza. Ha compromesso l'equilibrio e l'affettività dei figli innanzi tutto con il suo esempio, poi abbandonandoli alle cure delle domestiche che neppure si dava la pena di scegliere. La sua vita è stata inutile al bene e, anche per questo, colpevole, poiché il male nasce dal bene negletto. Sappiate tutti che non è sufficiente astenersi dagli errori: bisogna praticare le virtù che a essi sono opposte. Studiate i comandamenti del Signore, meditateli e considerate che, se essi vi pongono una barriera che vi arresta sul ciglio della cattiva strada, nel medesimo tempo vi inducono a tornare indietro per imboccare la strada opposta, quella che conduce al bene. Il male è opposto al bene; perciò colui che vuole evitarlo deve entrare nella strada opposta, altrimenti la sua vita è inutile, e le sue opere sono morte. Dio, il Padre nostro, non è il Dio dei morti, ma il Dio dei vivi.

— Posso domandarvi qual era stata l'esistenza anteriore di Angèle? L'ultima dovrebbe esserne stata la conseguenza.

«Ella aveva vissuto nell'inutilità e nella beata pigrizia della vita monastica. Pigra ed egoista per inclinazione, ha voluto sperimentare la vita di famiglia, ma lo Spirito ha progredito molto poco. Ha sempre respinto la voce intima che le presentava il pericolo; la china era dolce ed ella ha preferito abbandonarvisi piuttosto che fare lo sforzo di arrestarsi all'inizio. Ancor oggi comprende il pericolo che comporta mantenersi in questa neutralità, ma non si sente la forza di fare il minimo tentativo per uscirne. Pregate per lei. Svegliatela. Fate che i suoi occhi si aprano alla luce: è un dovere. Non trascuratene nessuno.

L'uomo è stato creato per l'attività: attività di spirito è la sua essenza; attività del corpo è una necessità. Realizzate dunque le condizioni della vostra esistenza, come Spirito destinato alla pace eterna. Quale corpo destinato al servizio dello Spirito, il vostro corpo altro non è che una macchina sottoposta alla vostra intelligenza. Lavorate, coltivate dunque l'intelligenza, affinché essa dia un impulso salutare allo strumento che deve aiutarla nell'adempimento della sua missione. Non concedete al vostro corpo né riposo né tregua, e tenete sempre presente che la pace alla quale voi aspirate vi sarà data soltanto dopo il lavoro. Quindi, quanto più a lungo avrete trascurato il lavoro, tanto più a lungo durerà per voi l'ansia dell'attesa.

Lavorate, lavorate incessantemente. Adempite a tutti i vostri doveri, senza eccezioni. Eseguiteli con zelo, con coraggio, con perseveranza, e la vostra fede vi sosterrà. Colui che, nella vostra società, svolge con coscienza il compito più ingrato e più vile, è cento volte più elevato agli occhi dell'Altissimo di colui che impone questo compito agli altri, trascurando il suo. Tutto è da considerare un gradino per salire al cielo: non spezzatelo, dunque, sotto i vostri piedi, e consideratevi circondati da amici che vi tendono la mano e che sostengono quelli che ripongono la loro forza nel Signore.»

Monod

Uno Spirito annoiato.

(Bordeaux, 1862)

Questo Spirito si presenta spontaneamente al medium, e chiede delle preghiere.

1. Che cosa vi spinge a chiedere delle preghiere?

«Sono stanco di errare senza scopo.»

— È da molto tempo che vi trovate in questa situazione?

«Da circa centottant'anni.»

— Sulla Terra che cosa avete fatto?

«Niente di buono.»

2. Qual è la vostra posizione tra gli Spiriti?

«Sono tra gli annoiati.»

— Ma questa non costituisce una categoria.

«Tra di noi, tutto costituisce categoria. Ogni sensazione trova quelle simili o quelle simpatiche con cui riunirsi.»

3. Perché, se non siete stato condannato alla sofferenza, siete rimasto per cosi lungo tempo senza progredire?

«Ero condannato alla noia: è una sofferenza tra noi. Tutto ciò che non è letizia è dolore.»

— Siete, dunque, stato costretto all'erraticità, vostro malgrado?

«Sono cause troppo sottili per la vostra intelligenza materiale.»

— Provate a farmele comprendere. Sarà per voi un inizio di utilità.

«Non potrei, non avendo termini di paragone. Una vita spenta sulla Terra lascia allo Spirito, che non ha saputo approfittarne, ciò che il fuoco lascia alla carta ch'esso ha consumata: scintille, che ricordano alle ceneri, ancora unite tra loro, ciò che sono state e la causa della loro nascita o — se vuoi — della distruzione della carta. Queste scintille sono il ricordo dei legami terreni che attraversano lo Spirito fino a quando non avrà disperso le ceneri del suo corpo. Soltanto allora egli, essenza eterea, ha la consapevolezza di sé stesso e desidera il progresso.»

4. Quale potrebbe essere stata la causa di questa noia di cui vi lamentate?

«É la conseguenza dell'esistenza. La noia è figlia della inoperosità. Io non ho saputo impiegare i lunghi anni che ho passato in Terra, la loro conseguenza si è fatta sentire in questo mondo.»

5. Gli Spiriti che, come voi, errano in preda alla noia, non possono far cessare questo stato quando lo vogliono?

«No. Essi non lo possono mai, perché la noia paralizza la loro volontà. Essi subiscono le conseguenze della loro esistenza; sono stati inutili, non hanno avuta alcuna iniziativa e non trovano alcuna collaborazione tra di loro. Sono abbandonati a sé stessi finché la stanchezza di questo stato neutro fa loro desiderare di cambiarlo. Allora, al minimo accenno di volontà che si risveglia in loro, trovano appoggio e buoni consigli che, assecondandoli nei loro sforzi, li aiutano a perseverare.»

6. Potreste dirmi qualcosa sulla vostra vita terrena?

«Ahimè, ben poche cose! Devi comprendermi. La noia, l'inutilità, l'inoperosità provengono dalla pigrizia. La pigrizia è madre dell'ignoranza.»

7. Le vostre esistenze anteriori non vi hanno fatto progredire?

«Sì, tutte, ma ben poco, poiché tutte sono state le une il riflesso delle altre. C'è sempre un progresso, ma così poco sensibile, che per noi è inapprezzabile.»

8. In attesa che voi ricominciate un'altra esistenza, vorreste venire più spesso da me?

«Chiamami per costringermici. Potrai farmi solo un favore.»

9. Potreste dirmi perché la vostra scrittura cambia così spesso?

«Perché tu mi fai molte domande; ciò mi affatica, e io ho bisogno di aiuto.»

La guida del medium. È il lavoro mentale che lo affatica e che ci obbliga a prestargli il nostro aiuto perché egli possa rispondere alle tue domande. È inattivo nel mondo degli Spiriti, come lo è stato nel mondo terrestre. Noi l'abbiamo condotto da te per tentare di trarlo fuori dall'apatia di questa noia — che è una vera sofferenza, più penosa a volte delle più acute sofferenze — perché può prolungarsi all'infinito. Riesci a immaginarti la tortura della prospettiva di una noia senza fine? La maggior parte degli Spiriti di questa categoria ricerca una esistenza terrena solo come distrazione, per rompere l'insopportabile monotonia della esistenza spirituale. Così arrivano sulla Terra spesso senza determinate risoluzioni per compiere il bene. È per questo che devono sempre ricominciare, fino a quando il progresso non si faccia sentire in loro!

La regina d'Oude

Morta in Francia nel 1858

1. Che sensazione avete provato lasciando la vita terrena?

«Non saprei dire. Provo ancora un certo turbamento.»

— Siete felice?

«Rimpiango la vita... non so... provo un acuto dolore... la vita me ne avrebbe liberato... vorrei che il mio corpo si levasse dal sepolcro.»

2. Rimpiangete di non essere stata sepolta nel vostro paese e di trovarvi invece sepolta tra i Cristiani?

«Sì. La terra indiana peserebbe meno sul mio corpo.»

— Che cosa pensate degli onori funebri tributati alle vostre spoglie?

«Sono stati ben poca cosa. Io ero una regina, e non tutti hanno piegato le ginocchia davanti a me... Lasciatemi... mi si costringe a parlare... io non voglio che voi sappiate ciò che sono ora... Sono stata regina, sappiatelo bene.»

3. Noi rispettiamo il vostro rango e vi preghiamo di volerci rispondere col proposito di istruirci. Pensate che vostro figlio recupererà un giorno gli Stati di suo padre?

«Certamente. Il mio sangue regnerà; ne è degno.»

—Attribuite alla restaurazione di vostro figlio la medesima importanza che era vostra da viva?

«Il mio sangue non può mescolarsi con quello del popolo.»

4. Non si è potuto scrivere sul vostro atto di morte il vostro luogodi nascita. Vorreste ora comunicarcelo?

«Io sono nata dal più nobile sangue dell'India. Credo di essere nata a Delhi.»

5. Voi che siete vissuta tra gli splendori del lusso e che siete stata circondata di onori, che cosa ne pensate adesso?

«Che mi erano dovuti.»

— Il rango che avete occupato sulla Terra ve ne assicura uno più elevato nel mondo dove vi trovate oggi?

«Io sono sempre regina... mi si inviino degli schiavi per servirmi!... Non so: non pare che ci si occupi di me qui... tuttavia sono sempre io.»

6. Appartenevate alla religione musulmana o a una religione indù?

«Musulmana. Ma io ero troppo grande per occuparmi di Dio.»

— Quale differenza c'è, per voi, tra la religione che voi professate e la religione cristiana, dal punto di vista della felicità umana?

«La religione cristiana è assurda. Dice che tutti sono fratelli!»

— Qual è la vostra opinione su Maometto?

«Non era figlio di re.»

— Credete ch'egli ebbe una missione divina?

«Ma che m'importa questo?»

— Qual è la vostra opinione sul Cristo?

«Il figlio del falegname non è degno di occupare la mia mente.»

7. Che cosa pensate dell'usanza secondo la quale le donne musulmane si sottraggono agli sguardi degli uomini?

«Penso che le donne sono fatte per dominare: io ero una donna.»

— Avete qualche volta invidiata la libertà di cui godono le donne in Europa?

«No. Che m'importava della loro libertà? Vengono forse servite in ginocchio, loro?»

8. Vi ricordate di aver avuto altre esistenze sulla Terra prima di quella che avete appena lasciata?

«Dovrei esser sempre stata una regina.»

9. Come mai siete venuta così prontamente alla nostra chiamata?

«Non l'ho voluto io; mi ci hanno costretta... Pensi forse che mi sarei degnata di rispondere? Chi siete dunque voi in confronto a me?»

— Chi vi ha indotto a venire?

«Io non lo so... tuttavia non dev'essercene di più importanti di me.»

10. Sotto quale forma siete qui?

«Io sono sempre regina... pensi tu dunque che io abbia cessato di esserlo?... Siete poco rispettoso... Sappiate che ci si rivolge in altro modo alle regine.»

11. Se potessimo vedervi vi vedremmo con i vostri ornamenti, con i vostri gioielli?

«Certamente!»

— Come accade che, avendo lasciato tutto ciò, il vostro Spirito ne abbia conservato l'apparenza, soprattutto quella dei vostri ornamenti?

«Essi non mi hanno affatto lasciato... Io sono sempre bella come lo ero... non so che idea vi siate fatti di me! È vero, però, che non mi avete mai vista.»

12. Che impressione provate a trovarvi in mezzo a noi?

«Se lo potessi, non sarei qui. Voi mi trattate con così poco rispetto!»

San Luigi. Lasciatela stare. La poveretta è smarrita. Abbiate pietà del suo accecamento. Che lei vi serva di esempio. Voi non sapete quanto soffre il suo orgoglio.

Evocando questa grandezza decaduta — ora nella tomba — noi non speravamo in risposte di grande profondità, visto il genere di educazione delle donne di quel paese. Ma noi pensavamo di trovare in questo Spirito, se non proprio della filosofia, almeno una cognizione più vicina alla realtà, e delle idee più sensate relativamente alle vanità e alle grandezze terrene. Ben lungi da ciò, vediamo che in lei le idee terrene hanno mantenuta tutta la loro forza; che l'orgoglio niente ha perduto delle sue illusioni; ch'ella lotta contro la sua stessa fragilità; e che, in effetti, molto deve soffrire per la sua impotenza.

Xumène

(Bordeaux, 1862)

Sotto questo nome, uno Spirito si presenta spontaneamente alla medium, abituata a questo genere di manifestazioni, poiché la sua missione pare essere quella di assistere gli Spiriti inferiori, che la sua guida spirituale conduce a lei con un doppio scopo: l'istruzione stessa della medium e l'avanzamento degli Spiriti inferiori.

— Chi siete? Questo nome è quello di un uomo o di una donna?

«Di un uomo, che di più infelici non ce n'è. Io soffro tutti i tormenti dell'inferno.»

— Se l'inferno non esiste, come potete provarne i tormenti?

«È una domanda superflua.»

— Se io me ne rendo ben conto, altri però potrebbero aver bisogno di spiegazioni.

«Di questi altri io non mi preoccupo.»

— L'egoismo non è forse tra le cause delle vostre sofferenze?

«Torse.»

— Se volete sentirvi sollevato, cominciate col ripudiare le vostre malvagie inclinazioni.

«Non occuparti di questo; non è affar tuo. Comincia tu a pregare per me come per gli altri, poi si vedrà.»

— Se non mi aiutate col vostro pentimento, la preghiera sarà poco efficace.

«Se tu parli, invece di pregare, mi farai progredire ben poco.»

— Desiderate dunque avanzare?

«Forse. Non si sa mai. Vediamo se la preghiera allevia le mie sofferenze! L'essenziale è questo.»

— Allora unitevi a me con la ferma volontà di ottenerne giovamento.

«Va, pure.»

— (Dopo una preghiera della medium.) Siete soddisfatto?

«Non come avrei voluto.»

— Un rimedio applicato per la prima volta non può guarire immediatamente un vecchio malanno.

«È possibile.»

— Vorreste ritornare?

«Sì, se tu mi chiami.»

La guida della medium. Figlia mia, dovrai penare molto, con questo Spirito indurito, ma non ci sarebbe molto merito a salvare quelli che non si sono perduti. Coraggio! Persevera e trionferai. Non ce ne sono di così colpevoli da non poter essere corretti con la persuasione e con l'esempio, perché anche gli Spiriti più perversi alla lunga finiscono per emendarsi. Se non si riesce subito a riportarli ai buoni sentimenti — cosa che spesso è impossibile — la fatica che uno ha impiegato non è perduta. Le idee che sono state in essi gettate li agitano e li fanno riflettere, loro malgrado. Sono semi che presto o tardi daranno i loro frutti. Non si spezza una pietra al primo colpo di piccone.

Ciò che ti dico qui, figlia mia, si applica anche agli incarnati, e tu devi comprendere, poiché lo Spiritismo non rende immediatamente uomini perfetti neppure gli adepti più credenti. La credenza è un primo passo, la fede viene in seguito, e la trasformazione avrà anch'essa il suo turno. Ma molti dovranno venire a ritemprarsi nel mondo degli Spiriti.

Fra gli induriti non ci sono soltanto Spiriti perversi e malvagi. Grande è il numero di coloro che senza cercare di commettere il male, rimangono indietro per orgoglio, indifferenza o apatia. Essi non sono meno infelici, perché soffrono tanto più della loro inerzia in quanto non hanno, in compenso, le distrazioni del mondo. La prospettiva dell'infinito rende loro intollerabile la posizione in cui si trovano, e tuttavia non hanno né la forza né la volontà di uscirne. Sono, costoro, quelli che nell'incarnazione conducono quelle esistenze inoperose, inutili per sé e per gli altri, e che spesso finiscono col suicidarsi, senza seri motivi, per una sorta di ripugnanza verso la vita.

Questi Spiriti, generalmente, sono più difficili da ricondurre al bene di quanto lo siano coloro che sono decisamente malvagi, perché in loro vi è dell'energia. Una volta illuminati, costoro si votano al bene col medesimo ardore con cui si erano votati al male. Agli altri occorreranno, senza dubbio, molte esistenze per progredire sensibilmente. Ma a poco a poco, vinti dalla noia — come altri dalla sofferenza — essi cercheranno una distrazione in un'occupazione qualsiasi che, più tardi, diventerà per loro un bisogno.




Capitolo VIII - ESPIAZIONI TERRENE

Marcel

il bambino del n. 4

In un ospizio di provincia c'era un bambino di otto o dieci anni circa, che versava in uno stato difficile a descriversi. Egli veniva indicato soltanto con il numero 4. Completamente sfigurato, sia per deformità naturale, sia come conseguenza della malattia, le sue gambe storpie arrivavano a sfiorargli il collo; la sua magrezza era tale che allo sporgere delle ossa la pelle gli si dilaniava; il suo corpo era un'unica piaga, e le sue sofferenze atroci. Apparteneva a una povera famiglia israelita, e questa sua triste condizione durava da quattro anni. La sua intelligenza era notevole per la sua età; la sua dolcezza, la sua pazienza e la sua rassegnazione erano ammirevoli. Il medico, alle cui cure si trovava affidato, preso da pietà per questo povero essere in qualche modo abbandonato — non sembrava, infatti, che i suoi genitori venissero spesso a trovarlo — si interessò a lui, e parlava con piacere con lui, attratto dalla sua precocità intellettuale. Non solo lo trattava con bontà, ma, quando le sue occupazioni glielo permettevano, andava da lui a leggergli qualcosa, e si stupiva della chiarezza del suo giudizio su cose che sembravano decisamente al di sopra della sua età.

Un giorno il fanciullo gli dice: "Dottore, abbiate la bontà di darmi ancora delle pillole, come le ultime che mi avete prescritto". "E perché, piccolo mio?" chiede il medico. "Te ne ho date a sufficienza, e ho paura che una quantità maggiore potrebbe farti male." "Vedete... Il fatto è", riprende il fanciullo, "che io soffro a tal punto che ho un bel trattenermi per non gridare e un bel pregare Dio di darmi la forza per non disturbare gli altri malati che sono accanto a me, ma io spesso fatico molto a trattenermi. Le pillole mi addormentano, e per quel tempo almeno non disturbo nessuno".

Sono sufficienti queste parole per dimostrare l'elevatezza d'animo che quel corpo deforme racchiudeva. Dove quel fanciullo aveva attinto simili sentimenti? Di certo non poteva essere nell'ambiente in cui era stato allevato, e d'altronde, all'età in cui aveva incominciato a soffrire, non poteva ancora concepire certi ragionamenti. Essi, dunque, erano in lui innati. Ma allora perché, pur avendo quel bimbo così nobili istinti, Dio lo condannava a una vita tanto miserabile e tanto dolorosa, ammesso ch'Egli avesse creato quell'anima nello stesso tempo in cui aveva creato quel corpo, strumento di così crudeli sofferenze? Occorre, allora, o negare la bontà di Dio, o ammettere una causa anteriore, vale a dire la preesistenza dell'anima e la pluralità delle esistenze. Questo fanciullo è morto. I suoi ultimi pensieri furono rivolti a Dio e al medico caritatevole che aveva avuto pietà di lui.

Trascorso qualche tempo, il suo Spirito fu evocato presso la Società di Parigi, dove fece la seguente comunicazione (1863):

"Voi mi avete chiamato, e io sono venuto perché la mia voce si estenda al di là di questo circolo e bussi a tutti i cuori; perché l'eco che la mia voce farà vibrare si estenda fino alla loro solitudine. La mia voce ricorderà loro che l'agonia della Terra prepara alle gioie del Cielo, che la sofferenza non è che la scorza amara d'un frutto delizioso che dà coraggio e rassegnazione. La mia voce dirà agli uomini che sul giaciglio dove giace la miseria stanno gli inviati di Dio, la cui missione è quella d'insegnare all'Umanità che non c'è dolore che non possa essere sopportato con l'aiuto dell'Onnipotente e dei buoni Spiriti. La mia voce dirà loro ancora, di ascoltare i pianti che si mescolano alle preghiere, e di comprenderne la devota armonia, così diversa dagli accenti riprovevoli del pianto che si mescola alle bestemmie.

Uno dei vostri buoni Spiriti, grande apostolo dello Spiritismo, ha voluto lasciarmi stasera il suo posto. [1] Anch'io devo dire, a mia volta, qualche parola circa il progresso della vostra dottrina. Essa deve aiutare nella loro missione coloro che fra voi s'incarnano per imparare a soffrire. Lo Spiritismo sarà la pietra di paragone; essi avranno l'esempio e la voce. Ed è allora che i pianti saranno cambiati in grida d'allegria e in lacrime di gioia."

Sembra, da ciò che ci avete appena detto, che le vostre sofferenze non fossero affatto l'espiazione di errori anteriori.

«Esse non erano un'espiazione diretta, ma state pur certi che ogni dolore ha la sua giusta causa. Quello che voi avete conosciuto così miserabile è stato bello, grande, ricco e ammirato. Avevo adulatori e cortigiani, e di ciò sono andato superbo e orgoglioso. Ci fu un tempo in cui fui molto colpevole: ho rinnegato Dio e ho commesso del male nei confronti del mio prossimo; ma ho crudelmente espiato tutto questo, prima nel mondo degli Spiriti, in seguito sulla Terra. Ciò che ho sofferto, per pochi anni soltanto, in questa ultima e brevissima esistenza, io l'ho sofferto per una vita tutta intera fino all'estrema vecchiaia. Con il mio pentimento sono rientrato in grazia al cospetto del Signore, che si è degnato di affidarmi parecchie missioni, la cui ultima vi è nota. Sono stato io a sollecitarla per portare a termine la mia purificazione.

Addio, amici miei, ritornerò qualche volta tra voi. La mia missione è quella di consolare non d'istruire, ma qui sono tanti quelli, le cui ferite sono nascoste, che saranno contenti della mia venuta.»

Marcel

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[1] Sant'Agostino attraverso il medium al quale egli fa le abituali comunicazioni nella Società.
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Istruzione della guida del medium

Povero piccolo essere sofferente, scarno, piagato e deforme! Quali i gemiti ch'egli faceva risuonare in quell'asilo di miseria e di lacrime! E nonostante la sua tenera età, com'era rassegnato, quanto la sua anima già comprendeva lo scopo di quelle sofferenze! Egli capiva bene che al di là della tomba l'attendeva una ricompensa per i tanti pianti soffocati! Così, come pregava per coloro che non avevano, come lui, il coraggio di sopportare i loro mali; per coloro, soprattutto, che lanciavano al Cielo bestemmie invece di preghiere!

Se l'agonia è stata lunga, l'ora però della morte non è stata terribile. Senza dubbio, le membra si contorcevano in preda alle convulsioni e mostravano ai presenti un corpo deforme che si rivoltava contro la morte, secondo la legge della carne che vuole vivere a ogni costo. Ma un angelo planava al di sopra del letto del moribondo e cicatrizzava il suo cuore. Poi questo angelo ha portato sulle sue ali bianche quest'anima così bella che fuggiva via da quel corpo deforme, pronunciando queste parole: "Gloria sia resa a Voi, o mio Dio!" E quest'anima, salita verso l'Onnipotente, felice ha gridato: "Eccomi Signore! Voi mi avete data come missione d'imparare a soffrire. Ho io degnamente sopportata la prova?"

Ora lo Spirito del povero bambino ha ripreso le sue proporzioni: egli si libra nello spazio, andando dalla creatura debole a quella umile, e dice a tutte: "Speranza e coraggio". Liberatosi di tutta la materia e di ogni sozzura, è vicino a voi, vi parla, non più con la sua voce sofferente e gemebonda, ma con accenti decisi. E vi dice: "Quelli che mi hanno visto, hanno visto il bambino che non si lamentava, e vi hanno attinto la calma per i loro mali; i loro cuori si sono rafforzati nella dolce fiducia in Dio. Ecco lo scopo del mio breve passaggio sulla Terra".»

Sant’Agostino

Szymel Slizgol

Era un povero Israelita di Vilna, morto nel maggio del 1865. Per trent'anni, una ciotola in mano, aveva mendicato. Dappertutto nella città, si conosceva il suo grido: "Ricordatevi dei poveri, delle vedove e degli orfani!" Durante tutto quel periodo, Slizgol aveva raccolto 90.000 rubli. Ma per sé non tenne mai neppure un copeco. Consolava i malati, che curava lui stesso; pagava l'istruzione dei bambini poveri, distribuiva ai bisognosi il cibo che veniva donato a lui. Le ore della sera erano da lui destinate alla preparazione del tabacco da fiuto, che vendeva per sopperire alle proprie necessità. Ciò che gli restava apparteneva ai poveri. Szymel era solo al mondo. Il giorno dei suoi funerali, gran parte della popolazione della città seguì il corteo funebre, e i negozi rimasero chiusi.

(Società Spiritista di Parigi, 15 giugno 1865)

Evocazione. Troppo felice, e infine pervenuto alla pienezza di ciò cui più ambivo, e che ho pagato molto caro, sono qui, in mezzo a voi dall'inizio della serata. Vi ringrazio di occuparvi dello Spirito del povero mendicante, il quale con gioia, tenterà di rispondere alle vostre domande.

— Una lettera da Vilna ci ha fatto conoscere i particolari più notevoli della vostra esistenza. È per la simpatia ch'essi ci ispirano che noi abbiamo avuto il desiderio di intrattenerci con voi. Vi ringraziamo di essere venuto alla nostra chiamata, e poiché volete cortesemente risponderci, noi saremmo felici, per nostra istruzione, di conoscere la vostra situazione come Spirito e le cause che hanno motivato il genere della vostra ultima esistenza.

Innanzi tutto, accordate al mio Spirito, che ben comprende la sua vera posizione, il favore di dirvi la sua opinione su un pensiero che vi è venuto nei miei confronti. Se esso è falso, io chiedo il vostro consiglio.

Voi trovate singolare che la manifestazione pubblica abbia assunto un tale aspetto, per rendere omaggio all'uomo da nulla che ha saputo, con la sua carità, attirarsi una tale simpatia. Io non dico ciò per voi, caro maestro, né per te, caro medium, né per voi tutti Spiritisti veri e sinceri, ma io parlo per le persone indifferenti alla credenza. Non c'è in quel fatto niente di stupefacente. La forza di pressione morale che esercita la pratica del bene sull'Umanità è tale che, per quanto si possa essere materialisti, ci si inchina sempre: si venera il bene, a dispetto della tendenza che si ha verso il male.

Ora vengo alle vostre domande, che non sono dettate, da parte vostra, dalla curiosità, ma formulate semplicemente in vista dell'istruzione generale. Nel modo più breve possibile, vi dirò dunque, poiché ne ho la libertà, quali sono le cause che hanno motivato e determinato la mia ultima esistenza.

Molti secoli fa, vivevo col titolo di re, o almeno di principe sovrano. Nella sfera del mio potere, relativamente limitato in confronto ai vostri Stati attuali, io ero il padrone assoluto del destino dei miei sudditi. Agivo da tiranno, anzi, diciamo pure la parola esatta: da carnefice. Di carattere imperioso e violento, avaro e sensuale, da qui potete ben vedere quale doveva essere la sorte delle povere creature che vivevano sotto le mie leggi. Abusavo del mio potere per opprimere il debole, per trarre profitto da ogni specie di mestiere e di lavoro, di passione e di dolore, a vantaggio dei miei stessi vizi. Così, colpivo con una imposta anche il ricavato della mendicità; nessuno poteva mendicare se prima di tutto io non avessi preso la mia larga parte di ciò che la pietà umana lasciava cadere nella ciotola della miseria. E ancor di più: affinché, tra i miei sudditi, il numero dei mendicanti non diminuisse, io proibii a quegli sventurati di dare ai loro amici, ai loro parenti, ai loro vicini quella scarsa parte che loro avanzava. In una parola, io fui tutto ciò che vi è di più spietato verso la sofferenza e la miseria.

Persi, infine, ciò che voi chiamate vita fra tormenti e sofferenze orribili. La mia morte fu un modello di terrore per tutti quelli che, con me, ma su una scala meno vasta, condividevano il modo di vedere la vita. Rimasi nella condizione di Spirito errante per tre secoli e mezzo e quando, alla fine di questo lasso di tempo, compresi che lo scopo dell'incarnazione era ben diverso da quello che i miei sensi grossolani e ottusi mi avevano fatto perseguire, ottenni, a forza di preghiere, di rassegnazione e di rimorsi, il permesso di farmi materialmente carico di sopportare le medesime sofferenze — e anche più intense — che io avevo fatto patire. Ottenni questo permesso, e Dio mi concesse il diritto, attraverso il mio libero arbitrio, di accrescere le mie sofferenze morali e fisiche. Grazie al soccorso dei buoni Spiriti che mi assistevano, persistei nella mia risoluzione di praticare il bene, e di ciò rendo loro grazie, poiché mi hanno impedito di soccombere sotto l'incarico che mi ero assunto.

Infine, ho portato a termine un'esistenza che ha riscattato, con la sua abnegazione e la sua carità, ciò che l'altra aveva avuto di crudele e di ingiusto. Sono nato da genitori poveri; ben presto orfano, ho imparato a bastare a me stesso a quell'età in cui si è ancora considerati incapaci di comprendere. Ho vissuto sempre solo, senza amore, senza affetti e, anzi, all'inizio della mia vita, ho sopportato la brutalità che io avevo esercitato sugli altri. Si racconta che le somme da me raccolte sono state tutte consacrate al sollievo dei miei simili. È esatto. E aggiungo, senza enfasi e senza orgoglio, che molto spesso, a costo di privazioni relativamente gravi o anche molto gravi, ho aumentato il bene che la carità pubblica mi permetteva di fare.

Sono morto tranquillamente, confidando nel premio che la riparazione, fatta nella ultima esistenza, aveva ottenuto, e mi sento ricompensato al di là delle mie segrete aspirazioni. Ora io sono felice, molto felice di potervi dire che chiunque s'innalzi sarà abbassato e che colui che si umilia sarà innalzato.»

— Vogliate dirci, ve ne prego, in che cosa è consistita la vostra espiazione nel mondo degli Spiriti, e quanto tempo essa è durata dal momento della vostra morte fino al momento in cui la vostra sorte è stata addolcita dall'effetto del pentimento e dei buoni propositi che avete formulati. Diteci anche che cosa ha provocato in voi questo cambiamento di idee, nello stato di Spirito.

«Ricordi ben dolorosi voi mi riportate alla memoria! Quanto ho sofferto... Ma non me ne lamento: io ricordo!...Voi volete sapere di quale natura è stata la mia espiazione. Eccovela in tutto il suo terribile orrore.

Carnefice, come vi ho già detto, di ogni specie di buoni sentimenti, io rimasi attaccato a lungo, molto a lungo, attraverso il perispirito, al mio corpo in decomposizione. Fino alla sua completa putrefazione, io mi sentii roso dai vermi, e ciò mi faceva molto soffrire! Quando fui liberato dai legami che mi congiungevano allo strumento del mio supplizio, io ne subii un altro ancora più crudele. Dopo la sofferenza fisica, venne la sofferenza morale, e questa è durata ben più a lungo della prima. Sono stato messo in presenza di tutte le vittime che avevo torturato. Periodicamente, e con una forza più intensa della mia, venivo condotto di fronte alle mie azioni colpevoli. Io vedevo fisicamente e moralmente tutti i dolori che avevo inflitto. Oh, amici miei, quanto è terribile la vista costante di coloro ai quali si è fatto del male! Ne avete un vago esempio, fra voi, nel confronto tra l'accusato e la sua vittima.

Ecco, in breve, ciò che ho sofferto per due secoli e mezzo. Finché Dio toccato dal mio dolore e dal mio pentimento, sollecitato dalle guide che mi assistevano, concesse che io prendessi la vita di espiazione che voi conoscete.»

— Un particolare motivo vi ha indotto a scegliere la religione israelita nella vostra ultima esistenza?

«Una scelta operata non da me, ma che io ho accettata, secondo il consiglio delle mie guide. La scelta della religione israelita aggiungeva una piccola umiliazione in più alla mia vita di espiazione. Infatti, soprattutto in certi paesi, la maggioranza degli incarnati disprezza gli Israeliti, e particolarmente gli Ebrei mendicanti.»

— Nella vostra ultima esistenza, a quale età avete incominciato a mettere in atto le risoluzioni che avevate preso? Come vi è venuta questa idea? Nel periodo in cui vi prodigavate con tanta abnegazione nella carità, avevate una qualche intuizione circa la causa che vi spingeva a ciò?

«Nacqui da genitori poveri, ma intelligenti e avari. Ancora ragazzo, fui privato dell'affetto e delle carezze di mia madre. Io provai per la sua perdita un vivo dolore, tanto più che mio padre, dominato dall'avidità del guadagno, mi abbandonò del tutto. I miei fratelli e le mie sorelle, tutti maggiori di me, non sembravano accorgersi delle mie sofferenze. Un altro Ebreo, mosso da un pensiero più egoistico che caritatevole, mi raccolse e mi insegnò a lavorare. Ricoprì largamente, con i proventi dei miei lavori che spesso oltrepassavano le mie forze, ciò che gli ero potuto costare. Più tardi mi affrancai da questo giogo e mi misi a lavorare per conto mio.

Ma dappertutto, nell'attività come nel riposo, io ero perseguitato dal ricordo delle carezze di mia madre, e nella misura in cui avanzavo nell'età, il suo ricordo s'incideva più profondamente nella mia memoria, e maggiormente rimpiangevo le sue cure e il suo amore.

Ben presto rimasi l'unico della mia famiglia; in pochi mesi, la morte si portò via tutta la mia famiglia. Fu allora che incominciò a delinearsi il modo in cui avrei passato il resto della mia esistenza. Due dei miei fratelli avevano lasciato degli orfanelli. Turbato dal ricordo di quanto io avevo sofferto, volli preservare quei poveri piccoli esseri da una giovinezza simile alla mia. Non potendo il mio lavoro essere sufficiente alla sussistenza di noi tutti, incominciai a tendere la mano, non per me, ma per gli altri. Dio non doveva lasciarmi la consolazione di gioire dei miei sforzi: i poveri piccoli mi abbandonarono per sempre. Capivo bene ciò che a loro era mancato: la madre. Decisi allora di chiedere l'elemosina per le vedove infelici, le quali, non potendo provvedere né a sé stesse né ai loro bambini, s'imponevano privazioni che le portavano alla tomba, lasciando dei poveri orfani che restavano così abbandonati e votati ai tormenti che io stesso avevo sofferto.

Avevo allora trent'anni, pieno di forze e di salute, mi si vide mendicare per la vedova e per l'orfano. Gli inizi furono penosi, e dovetti sopportare più di una umiliante parola. Ma allorché si vide che io realmente distribuivo tutto ciò ricevevo in nome dei miei poveri, allorché mi si vide aggiungervi ancora l'eccedenza delle mie entrate, acquistai una sorta di considerazione, per me gratificante.

Sono vissuto poco più di sessant'anni e mai ho mancato all'impegno che mi ero imposto. Neppure un avvertimento della coscienza è sopraggiunto mai a farmi supporre che un motivo anteriore alla mia esistenza fosse la causa della mia maniera di agire. Soltanto una volta, prima ancora che incominciassi a chiedere l'elemosina, udii queste parole: "Non fate agli altri ciò che non vorreste che si facesse a voi". Io rimasi colpito dalla morale generale contenuta in quelle poche parole e molto spesso mi sorprendevo ad aggiungervi queste: "Ma fate loro, invece, ciò che voi vorreste che fosse fatto a voi". Con l'aiuto del ricordo di mia madre e di quello delle mie sofferenze, io continuai a seguire il corso che la mia coscienza mi diceva buono.

Chiudo questa lunga comunicazione dicendovi grazie! Io non sono ancora perfetto, ma ben sapendo che il male non conduce che al male, farò di nuovo, come ho già fatto, il bene per raggiungere la felicità.»

Szymel Slizgol

Julienne-Marie

l'accattona

Nel comune di Villate, presso Nozai (Loira-Inferiore), abitava una povera donna, di nome Julienne-Marie, vecchia, inferma e che viveva della carità pubblica. Un giorno cadde in uno stagno, da cui fu tratta in salvo da un abitante del paese, M. A.... , il quale abitualmente le offriva il suo aiuto. Trasportata a casa sua, vi morì poco dopo per le conseguenze dell'incidente. Fu opinione generale ch'ella avesse voluto suicidarsi. Il giorno stesso del suo decesso, quello che l'aveva salvata, che è Spiritista e medium, avvertì in tutta la sua persona una sorta di sfioramento — come di qualcuno che fosse accanto a lui — senza tuttavia darsene una ragione. Quando apprese della morte di Julienne-Marie, gli balenò l'idea che fosse il suo Spirito che era venuto a visitarlo.

Secondo il parere di uno dei suoi amici, membro della Società Spiritista di Parigi, che egli aveva messo al corrente di ciò che gli era accaduto, fece l'evocazione di questa donna, con lo scopo di esserle utile. Ma prima di tutto chiese consiglio alle sue guide protettrici, dalle quali ricevette la seguente risposta:

"Tu puoi evocarla, e ciò le farà piacere, quantunque il servigio, che tu ti proponi di renderle, sia a lei del tutto inutile; ella è felice ed è grata a coloro che sono stati con lei compassionevoli. Tu sei uno dei suoi buoni amici, non ti lascia quasi mai e s'intrattiene spesso con te, a tua insaputa. Presto o tardi, i servizi resi sono ricompensati; se questo non avviene per opera del beneficato, avviene per opera di coloro che a lui s'interessano, prima della sua morte come anche dopo. Quando lo Spirito non ha ancora avuto il tempo di riconoscersi, ci sono altri Spiriti, a quello simpatici, che testimoniano a suo nome tutta la sua riconoscenza. Eccoti spiegato ciò che tu hai provato il giorno della sua morte. Ora è lei che ti aiuta nel bene che vuoi fare. Ricordati ciò che disse Gesù: 'Colui che è stato abbassato sarà innalzato'. Tu avrai la consapevolezza dei servigi ch'ella può renderti, se tuttavia le chiederai assistenza solo per essere utile al prossimo."

Evocazione. Buona Julienne-Marie, so che siete felice, ed è tutto quello che volevo sapere. Ciò, però, non m'impedisce di pensare spesso a voi né di ricordarvi sempre nelle mie preghiere.

«Abbi fiducia in Dio. Ispira ai tuoi malati una fede sincera e vi riuscirai quasi sempre. Non preoccuparti mai della ricompensa che te ne verrà: sarà al di sopra delle tue aspettative. Dio sa sempre ricompensare, come merita, colui che si dedica al sollievo dei suoi simili e apporta nelle sue azioni un completo disinteresse, senza ciò tutto è soltanto un'illusione e una chimera. Innanzi tutto occorre la fede, altrimenti è il nulla. Ricorda questa massima e tu sarai stupito dei risultati che otterrai. I due malati che hai guarito ne sono la prova; nelle condizioni in cui si trovavano, con i semplici e soli rimedi, tu avresti fallito.

Quando tu domanderai a Dio di permettere ai buoni Spiriti di riversare su di te il loro fluido benefico, se questa domanda non ti fa provare un involontario trasalimento, significa che la tua preghiera non è abbastanza fervida da essere ascoltata: essa lo è solo nelle condizioni che io ti indico. È ciò che tu hai provato quando hai detto dal profondo del tuo cuore: "Dio onnipotente, Dio misericordioso, Dio di bontà senza limiti, esaudite la mia preghiera e permettete ai buoni Spiriti di assistermi nella guarigione di... Abbiate pietà di lui, mio Dio, e rendetegli la salute. Senza di Voi, io non posso nulla. Sia fatta la Vostra volontà".

Ora, una parola su di me, e ciò ti confermerà quanto è stato qui detto, poco sopra.

Lo Spiritismo ti spiega il mio linguaggio come Spirito: io non ho bisogno di entrare nei dettagli su questo argomento. Credo sia anche inutile farti partecipe della mia esistenza precedente. La condizione in cui mi hai conosciuta su questa Terra deve farti comprendere e aiutarti a valutare le altre mie esistenze che non sempre sono state esenti da macchia. Votata a una vita di miseria, inferma e non potendo lavorare, ho mendicato per tutta la vita. Non ho accumulato denaro; per la mia vecchiaia, le mie piccole economie si limitavano a un centinaio di franchi, che io riservavo al tempo in cui le mie gambe non avrebbero più potuto reggermi. Dio ha giudicato la mia prova e la mia espiazione sufficienti e vi ha posto termine, liberandomi dalla vita terrena, senza sofferenza; perché io non mi sono affatto suicidata, come dapprima si credette. Sono morta all'improvviso sull'orlo dello stagno, nel momento in cui rivolgevo la mia ultima preghiera a Dio. Il pendio del terreno è la causa della presenza del mio corpo nelle acque.

Non ho sofferto. Sono felice d'aver potuto compiere la mia missione senza intralci e con rassegnazione. Mi sono resa utile nella misura delle mie forze e dei miei mezzi, e ho evitato di far torto al mio prossimo. Oggi ne ricevo la ricompensa e ne rendo grazie a Dio, nostro divino Maestro, che addolcisce l'amarezza delle prove facendoci dimenticare, in vita, le nostre antiche esistenze, e mette sul nostro cammino delle anime caritatevoli, perché ci aiutino a sopportare il fardello delle nostre colpe passate.

Persevera anche tu e, come me, ne sarai ricompensato. Io ti ringrazio delle tue buone preghiere e del servizio che mi hai reso. Non lo dimenticherò mai. Un giorno noi ci rivedremo e molte cose ti saranno spiegate; per il momento ciò sarebbe superfluo. Sappi solo che io ti sono molto grata e che sarò sempre accanto a te quando avrai bisogno di me per consolare chi soffre.»

La povera e buona donna, Julienne-Marie


Evocato presso la Società di Parigi, il 10 giugno 1864, lo Spirito di Julienne-Marie, dettò la seguente comunicazione:

"Grazie, caro presidente, di aver voluto ammettermi nel vostro centro. Voi avrete certo saputo che le mie esistenze anteriori, come posizione sociale, erano più elevate. Se sono ritornata a subire questa prova della povertà, è stato per punirmi d'un vano orgoglio che mi aveva fatto respingere ciò che era povero e miserabile. Ho subito, allora, questa giusta legge del taglione, che mi ha reso la povera più orrenda di questo paese. E quasi perché provassi la bontà di Dio, io non ero respinta da tutti: era questa la mia paura più grande. Così ho sopportato la mia prova senza lamentarmi, presagendo una vita migliore dalla quale non sarei più dovuta tornare su questa terra d'esilio e di calamità.

Quale felicità, il giorno in cui la nostra anima, giovane ancora, può rientrare nella vita spirituale per rivedere gli esseri amati! Perché anch'io ho amato e sono felice d'aver ritrovato coloro che mi hanno preceduta. Grazie al buon M.A..., che mi ha aperto la porta della riconoscenza. Senza la sua medianità, io non avrei potuto ringraziarlo, provargli che la mia anima non dimentica le felici influenze del suo buon cuore, e raccomandargli di diffondere la sua divina credenza. Egli è chiamato a ricondurre sulla retta via le anime perdute. Sia dunque egli sempre certo del mio appoggio. Si, io posso rendergli centuplicato quanto di bene egli mi ha fatto, istruendolo sulla strada che voi seguite. Ringraziate il Signore di aver permesso agli Spiriti di darvi delle istruzioni per incoraggiare il povero nei suoi travagli e frenare il ricco nel suo orgoglio. Rendetevi conto di quale vergogna ci si copra nel respingere uno sventurato. Possa io servirvi come esempio, al fine di evitare di venire, come me, a espiare le vostre colpe in quelle dolorose condizioni sociali che vi collocano tanto in basso da fare di voi il rifiuto della società."

Julienne-Marie

Trasmessa questa comunicazione a M.A...., egli ottenne a sua volta quella che qui segue, e che ne è la conferma.

"Mia buona Julienne-Marie, poiché volete aiutarmi con i vostri buoni consigli, alfine di farmi progredire sulla strada della nostra divina dottrina, abbiate la bontà di comunicare con me. Io farò tutto ciò che posso per mettere a profitto i vostri insegnamenti.

Ricordati della raccomandazione che sto per farti, e non allontanartene mai. Sii sempre caritatevole a seconda delle tue possibilità; tu sai bene che cosa sia la carità e come la si debba praticare in tutte le situazioni della vita terrena. Non c'è dunque bisogno che io venga a darti alcun insegnamento in proposito; sarai tu il miglior giudice di te stesso, seguendo tuttavia la voce della tua coscienza, la quale non t'ingannerà mai, se tu l'ascolterai sinceramente.

Non illuderti sulle missioni che avete da compiere: piccoli e grandi hanno ciascuno la loro. La mia è stata penosa ma io meritavo una simile punizione a causa delle mie esistenze precedenti, come ho appena confessato al buon presidente della Società Madre di Parigi, alla quale un giorno voi tutti vi unirete. Quel giorno non è così lontano, come tu pensi. Lo Spiritismo procede a passi da gigante, malgrado tutto quello che vien fatto per ostacolarlo. Procedete dunque tutti senza paura, ferventi adepti della dottrina, e i vostri sforzi saranno coronati dal successo. Che v'importa di ciò che si dirà di voi? Ponetevi al di sopra di una critica derisoria, che ricadrà sugli avversari stessi dello Spiritismo.

Quei superbi! Si credono forti loro, pensando di potervi facilmente annientare! Ma voi, miei buoni amici, state tranquilli e non temete di misurarvi con loro, poiché essi sono più facili da superare di quanto voi possiate credere. Tra di loro, molti hanno paura e temono che la verità finisca per abbagliare i loro occhi. Attendete, e a loro volta verranno per concorrere al coronamento dell'opera."

Julienne-Marie

Questo caso è pieno di insegnamenti per chiunque mediterà le parole di questo Spirito, in queste tre comunicazioni. Tutti i grandi principi dello Spiritismo si trovano qui riuniti. Fin dalla prima comunicazione, lo Spirito dimostra la sua superiorità attraverso il suo linguaggio. Simile a una fata benefica, questa donna, oggi risplendente e come trasformata, viene a proteggere colui che non l'ha respinta sotto gli stracci della miseria. Si tratta dell'applicazione di queste massime del Vangelo: "I grandi saranno abbassati e i piccoli saranno elevati. Felici gli umili, felici gli afflitti, perché essi saranno consolati. Non disprezzate i piccoli, perché colui che è piccolo in questo mondo può essere più grande di quanto voi crediate".

Max

il mendicante

In un villaggio della Baviera morì, verso l'anno 1850, un vecchio quasi centenario conosciuto con il nome di papà Max. Poiché non aveva famiglia, nessuno conosceva con precisione la sua origine. Da circa mezzo secolo, oppresso dalle infermità, che lo ponevano fuori condizione per guadagnarsi da vivere con il lavoro, non aveva altre risorse che la pubblica carità, ch'egli dissimulava andando a vendere, nelle fattorie e nei castelli, almanacchi e piccoli oggetti. Gli avevano dato il soprannome di "conte Max", e i bambini lo chiamavano sempre e soltanto "signor conte", cosa di cui egli sorrideva senza formalizzarsi. Perché questo titolo? Nessuno avrebbe saputo spiegarlo. Era diventata un'abitudine. Forse era a causa della sua fisionomia e delle sue maniere la cui distinzione contrastava con i suoi stracci. Parecchi anni dopo la sua morte, Max apparve in sogno alla figlia del proprietario di un castello, nella cui scuderia egli veniva ospitato, poiché non aveva un suo proprio domicilio. Egli le disse: "Vi ringrazio di esservi ricordata del povero Max nelle vostre preghiere, perché esse sono state ascoltate dal Signore. Voi, anima caritatevole, che vi siete interessata allo sventurato mendicante, desiderate sapere chi io sia. Sto per accontentarvi: ciò sarà per tutti un grande insegnamento".

E fece così un racconto, pressappoco in questi termini:

"Un secolo e mezzo fa circa, io ero un ricco e potente signore di questa contrada, ma anche un uomo vacuo, orgoglioso e infatuato della mia nobiltà. La mia immensa fortuna ad altro non è mai servita se non ai miei piaceri, e vi bastava appena, perché io ero un giocatore, un debosciato e passavo la mia vita tra gli stravizi. I miei vassalli, che credevo creati a mio uso e consumo come gli animali delle fattorie, venivano sfruttati e trattati malissimo per sopperire ai miei sperperi. Io rimanevo sordo ai loro lamenti, come a quelli di tutti i disgraziati, i quali, secondo me, dovevano ritenersi onoratissimi di sottostare ai miei capricci. Sono morto a un'età poco avanzata, debilitato dagli eccessi, ma senza aver subito alcuna vera disgrazia; tutto, al contrario, sembrava sorridermi, di modo che agli occhi di tutti ero uno dei beati del mondo. Il mio rango mi valse funerali sontuosi, i gaudenti rimpiansero in me il signore fastoso, ma non una lacrima fu versata sulla mia tomba, non una preghiera nata dal cuore fu per me rivolta a Dio, e la mia memoria fu maledetta da tutti coloro di cui avevo accresciuta la miseria. Ah, quanto terribile è la maledizione di coloro che noi abbiamo reso infelici. Essa non ha cessato di risonare alle mie orecchie per lunghi anni, che mi sono parsi un'eternità! E alla morte di ciascuna delle mie vittime, c'era una nuova figura minacciosa o ironica che si levava davanti a me e mi perseguitava incessantemente, senza che io potessi trovare un angolo buio per sottrarmi alla sua vista! Non un solo sguardo amico! I miei antichi compagni di stravizi, infelici come me, mi fuggivano e sembravano dirmi con disprezzo: 'Tu non puoi più pagare i nostri piaceri'. Oh, quanto avrei pagato allora un istante di riposo, un bicchiere d'acqua per spegnere la sete bruciante che mi divorava! Ma io non possedevo più nulla, e tutto l'oro che avevo disseminato a piene mani sulla Terra non produsse una sola benedizione, una sola, hai capito, figlia mia?!

Alla fine, sopraffatto dalla fatica, esausto e sfiancato come un viandante che non veda il termine del suo cammino, gridai: 'Mio Dio, abbiate pietà di me! Quando finirà, dunque, questa orribile situazione?' Allora una voce, la prima che udissi dopo che avevo lasciato la Terra, mi disse: 'Quando tu vorrai'. — 'Che cosa occorre fare, gran Dio?' risposi io. Dite: io mi sottometto a tutto'. — 'Bisogna che tu ti penta; che tu ti umili davanti a coloro che tu hai umiliato; che tu li preghi d'intercedere per te, perché la preghiera dell'offeso che perdona è sempre gradita al Signore . Mi umiliai, pregai i miei vassalli e i miei servitori, che erano davanti a me e i cui visi, di volta in volta più benevoli, finirono per scomparire. Questo, allora, fu per me come una nuova vita; la speranza fece posto alla disperazione, e io ringraziai Dio con tutte le forze del mio animo. La voce mi disse in seguito: 'Principe!' e io risposi: 'Non vi è qui altro principe al di fuori di Dio onnipotente, il quale umilia i superbi. Perdonatemi, Signore, perché io ho peccato. Fate di me il servitore dei miei servitori, se tale è la Vostra volontà'.

Qualche anno più tardi, io nacqui di nuovo, ma questa volta in una famiglia di poveri abitanti di un villaggio. I miei genitori morirono quando ero ancora un fanciullo, e io restai solo al mondo e senza alcun appoggio. Mi guadagnai da vivere come potei, ora come operaio, ora come garzone di fattoria, ma sempre onestamente, perché credevo in Dio questa volta. All'età di quarant'anni, una malattia mi ostacolò nei movimenti degli arti. Dovetti così mendicare per più di cinquant'anni su quelle medesime terre di cui ero stato il padrone assoluto, ricevere un tozzo di pane nelle fattorie che avevo posseduto e dove, con amara derisione, fui soprannominato 'il signor conte', molto felice spesso di trovare riparo nella scuderia del castello che era stato il mio. Nel sonno, mi piaceva percorrere lo stesso castello dove avevo troneggiato da despota.

Quante volte, nei miei sogni, mi sono rivisto in mezzo alle mie antiche fortune! Queste visioni mi lasciavano al risveglio un indefinibile senso di amarezza e di rimpianto; mai, però, dalla mia bocca è sfuggito un solo lamento. E, quando a Dio è piaciuto richiamarmi a Lui, io L'ho benedetto d'avermi dato il coraggio di sopportare senza lamenti questa lunga e penosa prova, della quale ricevo oggi la ricompensa. Quanto a voi, figlia mia, vi benedico per aver pregato per me."

Noi raccomandiamo questo caso a quanti sono convinti che gli uomini non avrebbero più freni se non avessero davanti a sé la prospettiva delle pene eterne. E ci domandiamo se la prospettiva d'un castigo come quello di papà Max è meno proficua per arrestare gli uomini sulla via del male, di quella di torture senza fine alle quali, oggi, nessuno crede più.

Storia di un domestico

In una famiglia di elevata condizione sociale, c'era un giovane domestico il cui volto intelligente e fine ci colpì per la sua aria distinta. Nelle sue maniere non aveva nulla di grossolano o plebeo; la sua sollecitudine nel servire i suoi padroni era ben lontana da quella servile ossequiosità propria della gente della sua condizione. L'anno seguente, ritornando in quella famiglia, non vedemmo più quel ragazzo e chiedemmo se fosse stato licenziato. "No" ci fu risposto. "Era andato a passare qualche giorno al suo paese e lì è morto. Noi lo rimpiangiamo molto, poiché era un'eccellente persona e aveva inoltre dei sentimenti veramente al di sopra della sua condizione. Ci era molto attaccato e ci aveva dato prove della più profonda devozione."

Più tardi ci verme l'idea di evocare questo giovane uomo, ed ecco ciò che ci ha detto:

"Nella mia penultima incarnazione, io appartenevo, come si dice sulla Terra, a un'ottima famiglia, ma rovinata dalle prodigalità di mio padre. Io sono rimasto orfano molto giovane e senza risorse. Mi ha accolto, allora, un amico di mio padre, che mi ha allevato come un suo figlio e mi ha fatto impartire un'ottima educazione, della quale mi sono un po' troppo insuperbito. Quell'amico è oggi il signor De G..., al cui servizio voi mi avete visto. Io ho voluto, nella mia ultima esistenza, espiare il mio orgoglio nascendo in condizione servile, e ho trovato l'occasione di dimostrare la mia riconoscenza al mio benefattore. Gli ho anche salvata la vita, senza ch'egli se ne sia mai accorto. Era nello stesso tempo una prova, per me, da cui sono uscito vittorioso, poiché sono stato abbastanza forte da non lasciarmi corrompere dal contatto di un ambiente quasi sempre vizioso. Nonostante i cattivi esempi, sono rimasto puro e ne ringrazio Dio, perché ne sono ricompensato con la felicità di cui godo."

— In quali circostanze avete salvato la vita al signor De G...?

«Durante una passeggiata a cavallo, in cui da solo lo seguivo, vidi che un grosso albero stava per abbattersi su di lui e che lui non si accorgeva di nulla. Lo chiamo emettendo un grido terribile; egli si volta bruscamente e proprio in quell'attimo l'albero cade ai suoi piedi. Senza quell'improvviso scatto, che io avevo in lui provocato, egli sarebbe rimasto schiacciato.»

Il signor De G..., al quale il fatto fu riferito, l'ha perfettamente ricordato.

— Perché siete morto così giovane?

«Dio aveva giudicato la mia prova sufficiente.»

— Come avete potuto trarre vantaggio da questa prova, dal momento che non avevate memoria della causa che l'aveva motivata?

«Nella mia umile condizione, di quell'orgoglio mi restava l'istinto, che io sono stato molto felice di aver potuto dominare, il che ha fatto sì che la prova fosse proficua; senza ciò, avrei dovuto ricominciarla. Il mio Spirito aveva memoria nei suoi momenti di libertà e, al risveglio, mi restava un vago e intuitivo desiderio di resistere alle mie tendenze, che io sentivo essere perverse. Ho avuto più merito a lottare così che se mi fossi chiaramente ricordato del passato. Il ricordo della mia antica condizione sociale avrebbe esaltato il mio orgoglio e mi avrebbe turbato, mentre così non ho avuto da combattere che le tentazioni della mia nuova condizione.»

— Voi avete ricevuto una brillante educazione. A che cosa vi è servita nella vostra ultima esistenza, dal momento che non ricordavate le cognizioni che avevate acquisito?

«Quelle cognizioni sarebbero state inutili, anzi un vero controsenso nella mia nuova condizione. Esse sono rimaste però allo stato latente, e oggi le ritrovo. Tuttavia non sono state del tutto inutili, perché hanno sviluppato la mia intelligenza. Io avevo istintivamente il gusto delle cose elevate, la qual cosa mi ispirava della repulsione di fronte agli esempi bassi e ignobili che avevo sotto gli occhi. Senza questa educazione io non sarei stato che un valletto.»

— Gli esempi di servitori devoti ai loro padroni fino all'abnegazione hanno come causa relazioni precedenti?

«Non dubitatene. Questo, perlomeno, è il caso più comune. Questi servitori sono, a volte, membri stessi della famiglia, oppure, come nel mio caso, dei beneficati che pagano un debito di riconoscenza, mentre, allo stesso tempo, la loro abnegazione li aiuta a progredire. Voi non potete immaginare tutti gli effetti di simpatia o antipatia che queste relazioni anteriori producono nel mondo. No, la morte non interrompe queste relazioni, che si perpetuano spesso di secolo in secolo.»

— Perché questi esempi di servitori devoti sono così rari al giorno d'oggi?

«Di ciò bisogna accusare lo spirito d'egoismo e d'orgoglio del vostro secolo, spirito sviluppatosi attraverso la miscredenza e le idee materialiste. Con la cupidigia e il desiderio di guadagno se ne va la vera fede, e con essa se ne va lo spirito di abnegazione. Lo Spiritismo, riconducendo gli uomini al sentimento del vero, farà rinascere le virtù dimenticate.»

Niente può, meglio di questo esempio, far risaltare l'utilità dell'oblio delle esistenze anteriori. Se il signor De G... avesse ricordato ciò ch'era stato il suo giovane domestico, sarebbe stato molto in imbarazzo con lui, e non l'avrebbe neppure tenuto in quella condizione. Egli avrebbe così ostacolato la prova che si è rivelata, invece, proficua per entrambi.

Antonio B...

Sepolto vivo — La legge del taglione

Il signor Antonio B..., scrittore di un certo valore, stimato dai suoi concittadini essendosi distinto nell'esplicare, in Lombardia, pubbliche funzioni con profonda integrità, cadde verso il 1850, in seguito a un attacco apoplettico, in uno stato di morte apparente che venne disgraziatamente scambiata, come talvolta accade, per morte reale. L'errore era tanto più plausibile, in quanto si era creduto di ravvisare sul suo corpo i segni della decomposizione. Quindici giorni dopo la sepoltura, una circostanza fortuita indusse la famiglia a chiedere l'esumazione: un medaglione era stato inavvertitamente lasciato dentro la bara. Ma grande fu lo stupore degli astanti quando, all'apertura della cassa, si scoprì che il corpo aveva cambiato posizione, che si era girato! E, cosa orrenda, si vide che una mano del defunto risultava in parte rosicchiata. Fu allora chiaro a tutti che lo sventurato Antonio B... era stato sepolto ancora vivo, e che aveva dovuto soccombere sotto la stretta della disperazione e della fame.

Il signor Antonio B..., evocato presso la Società di Parigi, nell'agosto del 1861, su richiesta di uno dei suoi parenti, diede le spiegazioni che qui di seguito riportiamo.

1. Evocazione. «Che cosa volete da me?»

2. Uno dei vostri parenti ci ha pregato di evocarvi. Noi lo facciamo con piacere e saremmo felici se voleste cortesemente risponderci.

«Sì, desidero rispondervi.»

3. Ricordate, voi, le circostanze della vostra morte?

«Ah, certamente sì! Me le ricordo! Ma perché risvegliare la memoria di quel castigo?»

4. È poi certo che siete stato sotterrato vivo per errore?

«Così deve essere stato, perché la morte apparente ha avuto tutti i caratteri di una morte reale. Io ero quasi esangue. [2] Non si deve imputare a nessuno un fatto previsto ancor prima della mia nascita.»

5. Se queste domande sono di natura tale da farvi soffrire, preferireste che smettessimo?

«No, continuate pure.»

6. Noi vorremmo sapervi felice, perché avete lasciato sulla Terra la reputazione di un uomo dabbene.

«Ve ne ringrazio molto. So che pregherete per me. Cercherò di rispondervi, ma se non ci riuscissi, lo farà per me una delle vostre guide.»

7. Potete descrivere le sensazioni che avete provato in quei terribili momenti?

«Oh, quale dolorosa prova sentirsi rinchiuso tra quattro assi, così da non potere né muoversi né spostarsi! E non poter chiamare! La voce non risuonava più in quell'ambiente totalmente privo di aria! Oh, quale tortura è quella di uno sventurato che si sforza invano di respirare, in un'atmosfera insufficiente e deprivata della parte respirabile! Ahimè, ero come un condannato nella bocca di un forno, salvo il calore! Oh, non auguro a nessuno simili torture! No, io non auguro a nessuno una fine come la mia! Ahimè, crudele punizione d'una crudele e feroce esistenza! Non chiedetemi a che cosa pensavo, ma piombavo nel passato e vagamente intravedevo l'avvenire.»

8. Voi dite: crudele punizione di una feroce esistenza. Ma la vostra reputazione, fino a quel giorno intatta, non faceva supporre niente di simile. Potete spiegarci?

«Che cos'è mai la durata di un'esistenza di fronte all'eternità?! Certo, nella mia ultima incarnazione ho cercato di ben agire; ma quella fine era stata da me accettata prima ancora di rientrare nell'Umanità. Ah, perché m'interrogate su quel passato doloroso che soltanto io, insieme agli Spiriti, ministri dell'Onnipotente, conoscevo? Sappiate dunque — bisogna che ve lo dica — che in un'esistenza anteriore io avevo murato una donna, mia moglie, murata viva in una grotta! È la pena del taglione che io ho dovuto applicare a me stesso. Dente per dente, occhio per occhio.»

9. Noi vi ringraziamo, per aver voluto cortesemente rispondere alle nostre domande, e preghiamo Dio di perdonarvi il passato in considerazione dei meriti della vostra ultima esistenza.

«Ritornerò più avanti. Del resto, lo Spirito di Éraste completerà questa mia comunicazione.»

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[2] Privo di sangue. Decolorazione della pelle a causa della privazione di sangue.
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Istruzione alla guida del medium

Ciò che dovete trarre da questo insegnamento è che tutte le vostre esistenze si legano l'una all'altra e che nessuna di esse è indipendente dalle altre. Le preoccupazioni, i fastidi, come i grandi dolori che colpiscono gli uomini, sono sempre le conseguenze di una vita anteriore delittuosa o semplicemente male impiegata. Tuttavia — devo dirvelo — le fini simili a quella di Antonio B... sono rare. Se questo uomo, la cui ultima esistenza è stata esente dal biasimo, è finito in tal modo, il fatto è che lui stesso aveva sollecitata una morte simile, al fine di abbreviare il tempo della sua erraticità e raggiungere più rapidamente le alte sfere. Infatti, dopo un periodo di turbamento e di sofferenza morale per espiare ancora il suo spaventoso delitto, questo gli sarà perdonato ed egli si innalzerà verso un mondo migliore dove ritroverà la sua vittima, che lo attende e che lo ha già da lungo tempo perdonato. Sappiate dunque trarre profitto da questo esempio crudele, miei cari Spiritisti, per sopportare con pazienza le sofferenze fisiche, le sofferenze morali e tutte le piccole miserie della vita.

Quale profitto può trarre l'Umanità da simili punizioni?

«I castighi non esistono per rafforzare l'Umanità, ma per punire l'individuo colpevole. Infatti l'Umanità non ha alcun interesse nel vedere soffrire uno dei suoi. Qui la punizione è stata adeguata alla colpa. Perché ci sono i pazzi? Perché gli ebeti? Perché i paralitici? Perché ci sono quelli che muoiono nel fuoco? Perché ci sono quelli che vivono per anni fra le torture di una lunga agonia, senza potere né vivere né morire? Ah, credetemi, rispettate la sovrana volontà e astenetevi dal sondare la ragione dei decreti della Provvidenza! Dio è giusto e fa soltanto il bene.»

Éraste


Non c'è forse in questo caso un grande e terribile insegnamento? Così la giustizia di Dio raggiunge sempre il colpevole, e anche se talvolta è tardiva, non per questo segue meno il suo corso. Non è altamente morale sapere che, se grandi colpevoli portano a termine piacevolmente le loro esistenze, e spesso nell'abbondanza dei beni terreni, l'ora dell'espiazione prima o poi suonerà anche per loro? Pene di tale natura si comprendono, non solo perché sono in qualche modo sotto i nostri occhi, ma anche perché esse sono logiche: vi si crede, perché la ragione le ammette.

Un'esistenza onorevole non esenta dunque dalle prove della vita, perché sono state scelte o accettate come integrazione dell'espiazione; è il saldo di un debito che si paga prima di ricevere il premio del progresso compiuto.

Se si considera come, nei secoli passati, fossero frequenti, anche nelle classi più elevate e più illuminate, gli atti di barbarie che oggi tanto ci inorridiscono; se si tiene conto di tutti gli omicidi che venivano commessi in quelle epoche in cui ci si prendeva gioco della vita del proprio simile, e in cui il potente schiacciava senza scrupoli il debole, allora si comprenderà quanti debbano essercene, fra gli uomini dei nostri giorni, che ancora hanno da lavare il loro passato; né ci si stupirà più del numero tanto considerevole di uomini che muoiono vittime di incidenti isolati o di catastrofi collettive. Il dispotismo, il fanatismo, l'ignoranza e i pregiudizi del Medioevo, e dei secoli che a esso sono seguiti, hanno trasmesso alle generazioni future un debito immenso che non è stato ancora liquidato. Molte disgrazie ci sembrano immeritate solo perché noi non vediamo che il presente.

Il signor Letil

Il signor Letil, industriale dei dintorni di Parigi, è morto nell'aprile del 1864, in modo orribile. Una caldaia di vernice in ebollizione aveva preso fuoco e gli si era rovesciata addosso. In un batter d'occhio egli fu ricoperto dalla materia incandescente, e capì immediatamente di essere perduto. In quel momento egli, solo in fabbrica con un giovane apprendista, ebbe il coraggio di portarsi fino alla sua abitazione, distante più di duecento metri. Quando poterono prestargli i primi soccorsi, le sue carni erano completamente bruciate e cadevano a pezzi; le ossa di una parte del corpo e del viso erano a nudo. Egli visse così dodici ore tra le più orribili sofferenze, conservando nonostante ciò tutta la sua presenza di spirito fino all'ultimo istante, e mettendo ordine nei suoi affari con una lucidità perfetta. Durante questa crudele agonia, non fece udire alcun lamento, alcun sussurro, e morì pregando Dio. Era un uomo onorabilissimo, di carattere dolce e cordiale, amato e stimato da tutti coloro che l'avevano conosciuto. Aveva abbracciato le idee spiritiste con entusiasmo ma con scarsa riflessione. Per questo motivo, essendo un po' medium lui stesso, cadde vittima di numerose mistificazioni che tuttavia non indebolirono la sua fede. La sua fiducia in ciò che gli dicevano gli Spiriti aveva sconfinato, in certe circostanze, fino all'ingenuità.

Evocato nella Società di Parigi, il 29 aprile 1864, pochi giorni dopo la sua morte, e ancora sotto l'impressione della terribile scena di cui era stato vittima, egli fece la seguente comunicazione:

"Una profonda tristezza mi abbatte! Ancora sconvolto dalla mia tragica morte, mi pare d'essere sotto i ferri di un carnefice. Quanto ho sofferto! Oh, quanto ho sofferto! Ne tremo ancora tutto. Mi sembra di sentire ancora l'odore fetido che le mie carni bruciate esalavano tutt'intorno a me. Un'agonia di dodici ore, quella che tu provasti, o Spirito colpevole! Ma egli ha sofferto senza lamentarsi, così Dio gli darà il Suo perdono.

O mia diletta! Non piangere più per me, i miei dolori vanno calmandosi. Io non soffro più realmente, ma il ricordo equivale alla realtà. La conoscenza dello Spiritismo mi aiuta molto. Io ora mi accorgo che, senza questa dolce credenza, io sarei rimasto nel delirio in cui ero stato gettato da quella morte spaventosa.

Ma io ho un consolatore che non mi ha più lasciato dopo il mio ultimo respiro. Io parlavo ancora e già lo vedevo accanto a me; mi sembrava che fosse un riflesso dei miei dolori che mi dava le vertigini e mi mostrava dei fantasmi... No. Era il mio angelo custode che, silenzioso e muto, mi consolava attraverso il cuore. Dacchè io ebbi detto addio alla Terra, egli mi disse: 'Vieni, figlio mio, torna a vedere il giorno'. Respirai più liberamente, credendo di uscire da un sogno spaventoso. Parlai della mia adorata sposa, del coraggioso ragazzo che si era dedicato a me. ‘Sono tutti sulla Terra’ mi disse; 'tu, figlio mio, sei tra noi'. Cercai la mia casa, e l'angelo mi ci lasciò entrare accompagnandomi. Vidi tutti in lacrime; tutto era triste e in lutto in quella serena dimora d'un tempo. Non potei sostenere più a lungo la vista di quel doloroso spettacolo. Troppo sconvolto; disse alla mia guida: 'O mio buon angelo, usciamo via da qui!' 'Sì, usciamo,' disse l'angelo, 'e cerchiamo il riposo'.

Da allora, soffro meno. Se non vedessi la mia sposa così inconsolabile, i miei amici così tristi, io sarei quasi felice.

La mia buona guida, il mio caro angelo, ha voluto rivelarmi perché io ebbi una morte così dolorosa; per vostro insegnamento, figli miei, vi farò una confessione.

Due secoli fa mandai al rogo una ragazza, innocente come si può esserlo alla sua età: ella aveva fra i dodici e i quattordici anni. Di che cosa la si accusava? Ahimè, d'essere stata complice di una congiura contro la politica sacerdotale. Io ero italiano e giudice inquisitore; i carnefici non osavano toccare il corpo della ragazza: io stesso, allora, fui giudice e carnefice. O giustizia, giustizia di Dio, tu sei grande, e io mi sono a te sottomesso. Avevo tanto promesso a me stesso di non vacillare nel giorno della lotta che ho avuta la forza di mantenere la parola. Io non mi sono mai lagnato, e Voi, o mio Dio, mi avete perdonato! Quando, dunque, il ricordo della mia povera e innocente vittima si cancellerà dalla mia memoria? È questo ciò che mi fa ancora soffrire! Così, è necessario che anche lei mi perdoni.

O voi, figli della nuova dottrina, voi a volte dite: 'Noi non sappiamo ciò che abbiamo fatto precedentemente, ed è per questo che non possiamo evitare i mali a cui ci esponiamo a causa dell'oblio del passato'. O miei fratelli, benedite Dio! Se egli ve ne avesse lasciato il ricordo, per voi non ci sarebbe alcun riposo sulla Terra. Perseguitati senza tregua dai rimorsi, potreste mai avere un solo istante di pace?

L'oblio è un beneficio, come il ricordo è qui una tortura. Ancora qualche giorno e, quale ricompensa per la pazienza con la quale ho sopportato i miei dolori, Dio mi concederà l'oblio della mia colpa. Ecco la promessa che mi è appena stata fatta dal mio buon angelo."

Il carattere del signor Letil, nella sua ultima esistenza, prova quanto il suo Spirito fosse migliorato. La sua condotta è stata il risultato del suo pentimento e delle risoluzioni che aveva preso; ma ciò non era sufficiente. Era necessario ch'egli suggellasse i suoi proponimenti con una grande espiazione; era necessario ch'egli patisse come uomo ciò che aveva fatto patire agli altri. La rassegnazione, in quella terribile circostanza, doveva essere per lui la prova più grande, e fortunatamente per lui non l'ha fallita. La conoscenza dello Spiritismo senza dubbio ha contribuito a sostenere il suo coraggio, attraverso la fede sincera nell'avvenire che la Dottrina gli aveva dato. Egli sapeva che i dolori della vita sono delle prove e delle espiazioni e vi si era sottomesso senza lagnarsene, dicendo anzi: "Dio è giusto, e io quei dolori li ho meritati".

Uno scienziato ambizioso

La signora B..., di Bordeaux, non ha provato le angosce terribili della miseria, ma è stata per tutta la vita martire di dolori fisici per le innumerevoli gravi malattie da cui è stata colpita, per settant'anni, fin dall'età di cinque mesi, e che, quasi ogni anno, l'hanno condotta sulla soglia della tomba. Per tre volte fu avvelenata dalle prove che la scienza esitante fece su di lei; il suo temperamento, rovinato tanto dai rimedi quanto dalle malattie, l'ha lasciata fino alla fine dei suoi giorni in preda a intollerabili sofferenze, che niente poteva calmare. Sua figlia, spiritista, cristiana e medium, chiedeva a Dio nelle sue preghiere di attenuare quelle prove crudeli; ma la sua guida spirituale le disse di chiedere, per la madre, semplicemente la forza di sopportarle con pazienza e rassegnazione e le dettò le seguenti istruzioni:

"Tutto nell'esistenza umana, ha la sua ragion d'essere. Non c'è una sola delle sofferenze che voi avete causato che non trovi un'eco nelle sofferenze che voi sopportate; non uno dei vostri eccessi che non trovi un contrappeso in una delle vostre privazioni; non una lacrima cade dai vostri occhi che non sia per dover lavare una vostra colpa, talvolta un crimine. Sopportate dunque con pazienza e rassegnazione i vostri dolori fisici o morali, per quanto crudeli essi vi sembrino, e pensate al contadino, a cui la fatica spezza le membra; ma egli va avanti nel suo lavoro senza fermarsi, perché ha sempre davanti a sé le spighe dorate, che saranno i frutti della sua perseveranza. Tale è la sorte dell'infelice che sulla vostra Terra soffre. L'aspirazione verso la felicità, che deve essere il frutto della sua pazienza, lo renderà forte contro i dolori temporanei dell'Umanità.

Così avviene per tua madre. Ogni dolore che essa accetta come espiazione corrisponde alla cancellazione di una macchia dal suo passato, e quanto più rapidamente tutte la macchie saranno cancellate, tanto più rapidamente ella sarà felice. Soltanto la mancanza di rassegnazione rende la sofferenza sterile, poiché in tal caso le prove si dovranno ricominciare. Quello, dunque, che è più utile per lei sono il coraggio e la sottomissione; perciò bisogna pregare Dio e i buoni Spiriti perché le accordino entrambi i requisiti.

Tua madre fu un tempo un bravo medico, vissuto in una classe sociale dove per assicurarsi il benessere non si paga nulla e dove fu ricolmato di doni e onori. Avido di gloria e di ricchezze, volendo raggiungere gli apici della scienza — non con lo scopo di alleviare le sofferenze dei suoi fratelli, dal momento che non era un filantropo, ma con lo scopo di accrescere la sua reputazione e, di conseguenza, la sua clientela — per portare a buon fine gli studi non c'era considerazione che potesse fermarlo. La madre era martirizzata sul suo letto di sofferenze, perché egli aveva in programma uno studio sulle convulsioni ch'egli stesso le provocava; il bambino era sottoposto a quegli esperimenti che avrebbero dovuto dargli la chiave di certi fenomeni; il vecchio vedeva abbreviarsi i suoi giorni; l'uomo vigoroso si sentiva infiacchito dalle prove che sarebbero dovute servire a costatare l'azione del tale o del talaltro beveraggio. E tutti questi esperimenti venivano tentati su infelici che non nutrivano alcuna diffidenza. La soddisfazione della cupidigia e dell'orgoglio, la sete dell'oro e del successo, tali furono i moventi della sua condotta. Sono occorsi secoli e terribili prove per domare questo Spirito orgoglioso e ambizioso. Poi il pentimento ha cominciato la sua opera di rigenerazione, e la riparazione volge ormai al termine, perché le prove di questa ultima esistenza possono dirsi soavi paragonate a quelle che ha già sopportato. Coraggio, dunque; se la pena è stata lunga e crudele, la ricompensa accordata alla pazienza, alla rassegnazione e all'umiltà sarà grande.

Coraggio a tutti voi che soffrite! Pensate quanto poco tempo dura la vostra esistenza materiale. Pensate alle gioie dell'eternità. Invocate la speranza, questa amica devota di ogni cuore che soffre; invocate la fede, sorella della speranza; la fede che vi mostra il cielo dove la speranza vi fa entrare anzitempo. Chiamate dunque a voi queste amiche che il Signore vi offre. Esse vi circondano, vi sostengono e vi amano. La loro costante sollecitudine vi conduce a Colui che voi avete offeso, trasgredendo le Sue leggi."

Dopo la sua morte, la signora B... ha dato, a sua figlia e alla Società Spiritista di Parigi, delle comunicazioni che riflettono le più eccellenti qualità e dove ella conferma ciò che era stato detto sulle sue esistenze anteriori.

Charles de Saint-G..., ebete

(Società Spiritista di Parigi, 1860)

Charles de Saint-G... era un ragazzo idiota di tredici anni, ancora incarnato, le cui facoltà intellettive erano d'una nullità tale da non riconoscere i suoi genitori, e che a stento poteva prendere da sé stesso il cibo per nutrirsi. C'era in lui un arresto completo dello sviluppo in tutto il sistema organico.

1. (A san Luigi) Vorreste dirci se possiamo fare l'evocazione dello Spirito di questo ragazzo?

«Voi potete evocarlo come se evocaste lo Spirito di un morto.»

2. La vostra risposta ci farebbe supporre che l'evocazione potrebbe esser fatta in qualsiasi momento.

«Sì, poiché la sua anima è unita al suo corpo con legami materiali e non con legami spirituali. Essa può sempre, in qualsiasi momento, liberarsene.»

3. Evocazione di Charles de Saint-G... «Io sono un povero Spirito, attaccato alla Terra come un uccello che vi sia legato per una zampa.»

4. Allo stato attuale, come Spirito, avete consapevolezza della vostra nullità in questo mondo?

«Certamente. Io ho piena consapevolezza della mia cattività.»

5. Quando il vostro corpo dorme e il vostro Spirito si libera, avete le idee tanto lucide come se foste in uno stato normale?

«Quando il mio corpo infelice riposa, io sono un po' più libero d'innalzarmi verso il Cielo cui aspiro.»

6. Provate, come Spirito, un sentimento di pena per il vostro stato corporale?

«Sì, poiché è una punizione.»

7. Vi ricordate della vostra esistenza precedente?

«Oh, sì! Essa è la causa del mio esilio attuale.»

8. Che genere di esistenza era?

«Quella di un giovane libertino, ai tempi di Enrico III.»

9. Voi dite che la vostra condizione attuale è una punizione. Non l'avete dunque scelta?

«No.»

10. In che modo la vostra esistenza attuale può essere utile al vostroavanzamento nello stato di nullità in cui vi trovate?

«Ma davanti a Dio, che me l'ha imposta, essa non è per me una nullità.»

11. Potete prevedere la durata della vostra esistenza attuale?

«Non con esattezza. Ancora alcuni anni, e poi ritornerò nella mia patria.»

12. Dalla vostra precedente esistenza fino alla vostra attuale esistenza, che cosa avete fato come Spirito?

«È per il fatto ch'ero uno Spirito leggero che Dio mi ha imprigionato.»

13. Nel vostro stato di veglia, avete consapevolezza di ciò che accade intorno a voi? E ciò malgrado l'imperfezione dei vostri organi?

«Io vedo e sento, ma il mio corpo né vede né comprende nulla.»

14. Possiamo noi fare qualcosa che vi torni utile?

«Nulla.»

15. (A san Luigi) Le preghiere per uno Spirito reincarnato possono avere la medesima efficacia di quelle per uno Spirito errante?

«Le preghiere, oltre che sempre utili, sono a Dio gradite; nella posizione di questo povero Spirito, esse non possono servirgli a niente; gli serviranno più tardi, perché Dio ne terrà conto.»

Questa evocazione conferma ciò che è stato sempre detto sugli ebeti. La loro nullità non dipende dalla nullità del loro Spirito che, eccezion fatta per gli organi, fruisce di tutte le sue facoltà. L'imperfezione degli organi non è altro che un ostacolo alla libera manifestazione dei pensieri; essa non li annienta affatto. È come il caso di un uomo vigoroso le cui braccia fossero serrate da lacci.


Istruzione di uno Spirito sugli idioti e sui cretini rilasciata alla Società di Parigi


I cretini sono degli esseri puniti sulla Terra per il cattivo uso ch'essi hanno fatto di importanti qualità. La loro anima è imprigionata in un corpo i cui organi impotenti non possono esprimere i loro pensieri. Questo mutismo morale e fisico è una delle più crudeli punizioni terrene; e spesso essa è scelta dagli Spiriti pentiti per riscattare le loro colpe. Questa prova non è sterile, perché lo Spirito non rimane stazionario nella sua prigione carnale: quegli occhi ebeti vedono, quel cervello represso comprende, ma niente può tradursi né nella parola né nello sguardo e, salvo il movimento, essi si trovano moralmente nello stato dei letargici e dei catalettici, i quali vedono e intendono ciò che accade intorno a loro, senza però poterlo esprimere. Quando voi, in sogno, avete quei terribili incubi in cui volete sfuggire a un pericolo, per cui lanciate grida per chiedere aiuto, mentre la vostra lingua rimane attaccata al palato e i vostri piedi attaccati al suolo, voi, per un istante, provate ciò che il cretino prova costantemente. È la paralisi del corpo unita alla vita dello Spirito.

Quasi tutte le infermità hanno così la loro ragion d'essere, poiché nulla accade senza una causa. Ciò che voi chiamate l'ingiustizia del destino è invece l'applicazione della più alta giustizia. Anche la follia è una punizione per l'abuso di alte facoltà: il folle ha due personalità: quella che sragiona e quella che possiede la coscienza dei suoi atti, senza poterli dirigere. Quanto ai cretini, la vita contemplativa e isolata della loro anima, che non ha le distrazioni del corpo, può essere tanto agitata quanto le esistenze complicate al massimo dagli avvenimenti. Alcuni si ribellano contro il loro supplizio volontario, si pentono di averlo scelto e provano un desiderio furioso di ritornare a un'altra vita, desiderio che fa loro dimenticare la rassegnazione della vita presente e i rimorsi della vita passata di cui essi hanno coscienza. Infatti cretini e folli ne sanno più di voi, e sotto la loro impotenza fisica si nasconde una potenza morale di cui voi non avete nessuna idea. Gli atti di furore o d'imbecillità a cui il loro corpo si lascia andare vengono giudicati dall'essere interiore, il quale ne soffre e se ne vergogna. Pertanto, sbeffeggiarli, ingiuriarli, maltrattarli anche, come talvolta accade, vuol dire aumentare le loro sofferenze, facendo sentir loro ancor più duramente la loro fragilità e abiezione. Se potessero farlo, essi accuserebbero di viltà coloro che agiscono in questo modo solo perché sanno che la loro vittima non può difendersi.

Il cretinismo non è una delle leggi di Dio, e la scienza potrebbe sconfiggerlo, poiché esso è il risultato materiale dell'ignoranza, della miseria e della sordidezza. I nuovi mezzi d'igiene che la scienza, divenuta più pratica, ha messo a disposizione di tutti, tendono a sconfiggerlo. Essendo il progresso la condizione espressa dall'Umanità, le prove imposte si modificheranno e seguiranno il cammino dei secoli. Le prove diventeranno tutte di carattere morale, e quando la vostra Terra, ancora giovane, avrà compiuto tutte le fasi della sua esistenza, essa diventerà un soggiorno di felicità come accade per altri pianeti più avanzati.

Pierre Jouty, padre del medium


Ci fu un tempo in cui l'anima dei cretini veniva messa in discussione, e ci si chiedeva se essi appartenessero veramente alla specie umana. La maniera con cui lo Spiritismo li fa considerare non è forse di alta moralità e di grande insegnamento? Non c'è forse materia per serie riflessioni, pensando che quei corpi disgraziati racchiudono anime che hanno forse brillato nel mondo, che sono tanto lucide e tanto pensanti quanto le nostre, sotto lo spesso involucro che ne soffoca le manifestazioni, e che, un giorno, lo stesso potrebbe essere di noi, se abusassimo delle facoltà che la Provvidenza ci ha elargito?

In quale altro modo si potrebbe spiegare il cretinismo? Come farlo concordare con la giustizia e la bontà di Dio, senza ammettere la pluralità delle esistenze? Se l'anima non ha già vissuto, significa che è stata creata contemporaneamente al corpo. In questa ipotesi, come giustificare la creazione di anime così diseredate, come quelle dei cretini, da parte di un Dio giusto e buono? Qui, infatti, non si tratta di uno di quegli incidenti, come la follia per esempio, che si può prevenire o guarire. Questi esseri nascono e muoiono nel medesimo stato; e, non avendo alcuna nozione del bene e del male, qual è la loro sorte nell'eternità? Saranno essi felici come gli uomini intelligenti e laboriosi? Ma perché dovrebbero godere di questo favore, dal momento che non hanno fatto niente di bene? Si troveranno allora in quello che si chiama limbo, cioè in una condizione mista, che non è né la felicità né l'infelicità. Ma perché questa eterna inferiorità? È forse colpa loro se Dio li ha creati cretini? Noi sfidiamo tutti coloro che respingono la dottrina della reincarnazione ad abbandonare questa via senza uscita. Con la reincarnazione, al contrario, ciò che sembrava una ingiustizia diventa una mirabile giustizia. Ciò che appariva inesplicabile si spiega così nella maniera più razionale.

Del resto, non ci risulta che quanti respingono questa dottrina l'abbiano mai combattuta con argomenti diversi da quello della loro personale ripugnanza a ritornare sulla Terra. A questo noi rispondiamo: Dio non domanda il vostro permesso per farvici ritornare, così come il giudice non consulta i desideri del condannato per mandarlo in prigione. Ciascuno ha la possibilità di non ritornare sulla Terra migliorando sé stesso quanto basti per meritare di passare in una sfera più elevata. È dunque per spogliarsi di queste infermità morali che ci si deve impegnare, se si vuole salire di grado.

Si sa che, in certi paesi, gli idioti, lungi dall'essere oggetto di disprezzo, sono circondati da amorevoli cure. Non potrebbe questo sentimento tendere a un'intuizione del vero stato di questi infelici? Essi sono tanto più degni di riguardi in quanto il loro Spirito, che ben comprende la propria condizione, deve soffrire nel vedersi considerato un rifiuto della società.

Lì, anzi, avere in famiglia uno di questi esseri è considerato un privilegio, una benedizione. È, questa, una superstizione? È possibile, poiché presso gli ignoranti la superstizione si mescola alle idee più sante senza che essi se ne rendano conto. In tutti i casi, è, per i genitori, un'occasione per esercitare una carità, tanto più meritoria in quanto, essendo generalmente poveri, questo è per loro un carico senza alcuna ricompensa materiale. Si ha più merito nel circondare di cure affettuose un figlio disgraziato, piuttosto che un figlio le cui qualità offrono un qualche risarcimento. Orbene, essendo la carità del cuore una delle virtù più gradite a Dio, essa attira sempre la Sua benedizione su coloro che la praticano. Questo sentimento, innato in tali persone, equivale a questa preghiera: "Grazie, mio Dio, di averci dato come prova terrena un essere debole da sostenere e un afflitto da consolare".

Adélaïde-Marguerite Cosse

Era un'umile e povera domestica di un paese della Normandia, precisamente nei pressi di Harfleur. A undici anni entrò al servizio di una famiglia di ricchi allevatori di bestiame del suo paese. Alcuni anni dopo, una inondazione della Senna travolge, annegandoli, tutti gli animali! Altre disgrazie sopraggiungono. I suoi padroni cadono in miseria. Adélaïde lega il suo destino al loro, soffoca la voce dell'egoismo e, non ascoltando che la voce del suo cuore generoso, fa loro accettare cinquecento franchi da lei risparmiati. Non solo, ma continua a lavorare per i suoi padroni senza alcuna retribuzione. Alla loro morte, si fa carico della loro figlia, rimasta vedova e senza risorse. Lavora nei campi e mette in casa ogni suo guadagno. Poi, Adélaïde si sposa e, aggiungendosi la giornata del marito alla sua, ecco che ora sono in due a mantenere la povera donna, che lei chiama sempre "la sua padrona!" Questo sublime sacrificio è durato quasi mezzo secolo.

La Società d'Emulazione di Rouen non abbandonò nell'oblio questa donna degna di grande rispetto e ammirazione, le conferì una medaglia d'onore e le assegnò un compenso in denaro. Si associarono a questa testimonianza di stima le logge massoniche di Le Havre, che le offrirono una piccola somma per accrescere il suo benessere. Infine, l'amministrazione locale si occupò della sua sorte, con delicatezza, in modo da non urtare la sua suscettibilità.

Un attacco di paralisi ha portato via in un attimo e senza sofferenze questo angelo di bontà. In modo semplice, ma dignitoso, le sono stati resi gli ultimi onori; alla testa del corteo funebre c'era il segretario comunale.


(Società di Parigi, 27 dicembre 1861)

Evocazione. Noi preghiamo Dio onnipotente di permettere allo Spirito di Marguerite Gosse di comunicare con noi.

«Sì. Dio vuole concedermi questa grazia.»

— Noi siamo felici di testimoniarvi la nostra ammirazione per la condotta che avete tenuto durante la vostra esistenza terrena, e speriamo che la vostra abnegazione sia stata giustamente ricompensata.

«Sì. Dio è stato, per la Sua serva, pieno d'amore e di misericordia. Ciò che io ho fatto, ciò che voi giudicate ben fatto, era cosa del tutto naturale.»

— A beneficio della nostra istruzione, potreste dirci qual è stata la causa dell'umile condizione che avete occupato sulla Terra?

«In due esistenze consecutive, io avevo occupato una posizione abbastanza elevata: e il bene in tale posizione mi era facile; lo praticavo senza sacrifici, perché ero ricca. Trovavo, però, che progredivo lentamente, ed è per questo che ho chiesto di ritornare sulla Terra in una delle posizioni più basse, nella quale avrei dovuto lottare io stessa contro le privazioni; e a ciò mi ero preparata a lungo. Dio ha sostenuto il mio coraggio, e io ho potuto raggiungere l'obiettivo che mi ero proposta, grazie all'aiuto spirituale che Dio mi ha concesso.»

—Avete rivisto i vostri antichi padroni? Diteci, ve ne prego, qual è la vostra posizione di fronte a loro, e se vi considerate sempre una loro subordinata.

«Sì, li ho rivisti. Al mio arrivo, essi erano in questo mondo. Vi dirò, in tutta umiltà, ch'essi mi considerano come se io fossi di gran lunga superiore a loro.»

— Avevate un motivo particolare per legarvi a loro piuttosto che ad altri?

«Nessun motivo d'obbligo. Avrei raggiunto il mio scopo altrove e dappertutto. Li ho scelti per saldare verso di loro un debito di riconoscenza. Un tempo, essi erano stati buoni verso di me e mi avevano reso dei servigi.»

— Quale futuro pensate che vi aspetti?

«Io spero di essere reincarnata in un mondo, dove il dolore è sconosciuto. Forse mi riterrete assai presuntuosa, ma io vi rispondo con tutta la schiettezza del mio carattere. Del resto, io mi rimetto alla volontà di Dio.»

— Noi vi ringraziamo per aver risposto al nostro appello e siamo certi che Dio vi colmerà delle Sue bontà.

«Grazie. Possa Dio benedirvi e far provare a voi tutti, morendo, gioie così pure come quelle che sono state offerte a me!»

Clara Rivier

Clara Rivier era una bambina di dieci anni, appartenente a una famiglia di contadini, in un villaggio del sud della Francia. Giaceva completamente inferma da quattro anni. Durante la sua vita, ella non ha mai fatto sentire un solo lamento, né dato un solo segno d'impazienza. Sebbene fosse priva d'istruzione, consolava la famiglia afflitta intrattenendola sulla vita futura e parlando della felicità che vi avrebbe trovato. Clara è morta nel settembre del 1862, dopo quattro giorni di spasimi e di convulsioni, durante i quali non ha mai cessato di pregare Dio. "Io non temo la morte" diceva, "poiché una vita di felicità mi è riservata dopo." A suo padre che piangeva diceva: "Consolati, tornerò a trovarti. La mia ora è vicina, lo sento; ma quando essa arriverà, io lo saprò e ti avvertirò per tempo". Infatti, allorché il momento fatale stava per accadere, la bambina chiamò tutti i suoi e disse: "Non ho che cinque minuti ancora da vivere; datemi le vostre mani". E, come aveva annunciato, spirò.

Da quel momento, uno Spirito perturbatore ha iniziato a visitare la casa della famiglia Rivier, dove devasta tutto. Colpisce il tavolo come se stringesse in pugno una mazza; agita il drappeggio dei letti e le tende; mette in disordine le stoviglie. Questo Spirito appare, sotto le sembianze di Clara, a una sua sorellina più piccola, che ha solo cinque anni. Secondo questa bambina, sua sorella le ha spesso parlato, e queste apparizioni le fanno spesso lanciare grida di gioia e dire: "Ma guardate dunque quanto Clara è bella!"

1. Evocazione di Clara Rivier. «Sono accanto a voi e sono disposta arispondere.»

2. Da dove vi pervenivano, sebbene così giovane e senza istruzione, le elevate idee che esprimevate, prima della vostra morte, riguardo alla vita futura?

«Quelle idee mi venivano dal poco tempo che avevo dovuto trascorrere sul vostro pianeta e dalla mia precedente incarnazione. Ero medium quando lasciai la Terra e medium ero quando tornai tra di voi. C'era in me una predestinazione: sentivo e vedevo ciò che dicevo.»

3. Come può accadere che una bambina della vostra età non abbia emesso alcun lamento durante quattro anni di sofferenze?

«Perché la sofferenza fisica era dominata da una potenza più grande, quella del mio angelo custode, che io vedevo continuamente accanto a me. Egli sapeva alleggerire tutto ciò che io provavo e rendeva la mia volontà più forte del dolore.»

4. Come avete potuto prevedere il momento della vostra morte?

«Me lo preannunciava il mio angelo custode. Mai egli mi ha ingannata.»

5. Voi avevate detto a vostro padre: "Consolati, io verrò a farti visita". Come avviene allora che voi, animata da così buoni sentimenti verso i vostri genitori, veniate a tormentarli, dopo la vostra morte, facendo una tale baraonda in casa loro?

«Io ho senza dubbio una prova o, piuttosto, una missione da compiere. Se vengo a rivedere i miei genitori, credete forse che sia per niente? Quei rumori, quel bailamme, quei tafferugli provocati dalla mia presenza sono un avvertimento. In tutto questo sono aiutata anche da altri Spiriti la cui turbolenza ha la sua ragion d'essere, come io ho la mia quando appaio alla mia sorellina. Grazie a noi, molte convinzioni stanno per nascere. I miei genitori avevano una prova da subire. Ben presto essa cesserà, ma soltanto dopo aver convinto una folta schiera di Spiriti.»

6. Così, non siete voi personalmente a causare quel trambusto?

«Io sono aiutata da altri Spiriti che servono alla prova riservata ai miei cari genitori.»

7. Come si spiega che vostra sorella vi ha riconosciuta, se non siete voi a causare quelle manifestazioni?

«Mia sorella ha visto solo me. Ella possiede ora una seconda vista, e questa non sarà l'ultima volta che la mia presenza andrà a consolarla e a raggiungerla.»

8. Perché, così giovane, siete stata afflitta da tante infermità?

«Avevo delle colpe anteriori da espiare. Avevo abusato della salute e della posizione brillante di cui godevo nella mia precedente incarnazione; allora Dio mi ha detto: "Hai goduto molto, in modo smisurato, e allo stesso modo soffrirai. Eri orgogliosa, e sarai umile; eri fiera della tua bellezza e sarai inferma; invece della vanità, ti sforzerai di acquisire la carità e la bontà". Io ho agito secondo la volontà di Dio, e il mio angelo custode mi ha aiutata.»

9. Vorreste che dicessimo qualcosa ai vostri genitori?

«Su richiesta di un medium, i miei genitori hanno praticata molta beneficenza. Essi hanno avuto ragione a non pregare sempre con le labbra: bisogna pregare con la mano e con il cuore. Dare a coloro che soffrono è pregare, è essere Spiritisti.

Dio ha dato a tutte le anime il libero arbitrio, vale a dire la facoltà di progredire, e a tutte ha dato la medesima aspirazione. È per questo motivo che la veste di rozzo panno tocca più da vicino di quanto generalmente non si pensi la veste di broccato d'oro. Pertanto, ravvicinate le distanze con la carità; fate entrare il povero in casa vostra, fategli coraggio, consolatelo, non umiliatelo. Se si sapesse praticare dappertutto questa grande legge della coscienza, non si avrebbero, in determinate epoche, queste grandi miserie che disonorano i popoli civili, e che Dio invia per punirli e per aprire loro gli occhi.

Genitori cari, pregate Dio, amatevi, praticate la legge del Cristo; non fate agli altri ciò che non vorreste che fosse fatto a voi; implorate Dio, il quale vi mette a dura prova per mostrarvi che la Sua volontà è santa e grande come Lui. Sappiate, in previsione dell'avvenire, armarvi di coraggio e di perseveranza, perché voi siete destinati a soffrire ancora: occorre saper meritare una buona posizione in un mondo migliore, dove la comprensione della giustizia divina diventa la punizione dei cattivi Spiriti.

Sono sempre accanto a voi, miei cari genitori. Addio, o piuttosto arrivederci. Sia con voi la rassegnazione, la carità, l'amore per i vostri simili, e un giorno sarete felici.»

Clara

Com'è bello questo pensiero: "La veste di rozzo panno tocca più da vicino la veste di broccato d'oro di quanto generalmente non si pensi". È un'allusione agli Spiriti che, da un'esistenza all'altra, passano da una posizione brillante a una posizione umile o miserabile, poiché essi sovente espiano in un ambiente infimo l'abuso che hanno perpetrato riguardo ai doni che Dio aveva loro accordato. È una giustizia, questa, che tutti comprendono.

Un altro pensiero, non meno profondo, è quello che attribuisce le calamità dei popoli all'infrazione della legge di Dio, poiché Dio punisce i popoli così come punisce gli individui. È certo che, se essi praticassero la legge della carità, non ci sarebbero né guerre né grandi miserie. È alla pratica di questa legge che lo Spiritismo conduce. Sarebbe dunque per questo ch'esso incontra così acerrimi nemici? Le parole di questa bambina ai suoi genitori sono forse le parole di un demonio?

Françoise Vernhes

Cieca dalla nascita, figlia di un mezzadro dei dintorni di Tolosa, morì nel 1855 all'età di quarantacinque anni. Si occupava costantemente di insegnare il catechismo ai bambini, per prepararli alla prima comunione. Quando il testo del catechismo fu cambiato, ella non ebbe alcuna difficoltà a insegnare loro quello nuovo, perché li conosceva entrambi a memoria. Una sera d'inverno, in compagnia di sua zia, ritornando da una gita di parecchi chilometri, doveva attraversare un bosco dai sentieri orridi e pieni di fango, e le due donne furono costrette a camminare con la massima precauzione sul ciglio dei fossati. La zia voleva condurla per mano, ma Francoise le rispose: "Non preoccupatevi per me, non corro alcun pericolo di cadere, io. Vedo sulla mia spalla una luce che mi guida. Seguitemi, sarò io a condurre voi". Arrivarono così a casa senza alcun incidente, guidando la cieca quella che aveva l'uso degli occhi.


Evocazione a Parigi, nel maggio del 1865

— Avreste la bontà di darci una spiegazione di quella luce che vi guidò in quella notte oscura, e che era visibile soltanto a voi?

«Ma, come? Persone come voi, che sono in rapporto continuo con gli Spiriti, hanno bisogno di una spiegazione per un fatto simile? Era il mio angelo custode che mi guidava!»

— Era proprio la nostra opinione, ma desideravamo averne la conferma. Avevate coscienza in quel momento che era il vostro angelo custode quello che vi faceva da guida?

«No, ne convengo. Tuttavia credevo in una protezione celeste. Avevo così a lungo pregato il nostro Dio buono e clemente d'aver pietà di me!... È così crudele essere ciechi!... Sì, è molto crudele, ma riconosco anche che è cosa giusta. Coloro che peccano con gli occhi devono essere puniti attraverso gli occhi, ed egualmente per tutte le facoltà di cui gli uomini sono dotati e di cui abusano. Non cercate, dunque, per le numerose sventure che affliggono l'umanità, altra causa all'infuori di quella che le è naturale: l'espiazione. L'espiazione è meritoria solo quando viene sopportata con sottomissione, e può essere addolcita se, con la preghiera, si attirano le influenze spirituali che proteggono i colpevoli del penitenziario umano e infondono speranza e consolazione nei cuori afflitti e sofferenti.»

— Voi vi siete dedicata all'istruzione religiosa dei bambini poveri. Avete incontrato delle difficoltà ad acquisire le conoscenze necessarie all'insegnamento del catechismo, che voi sapevate a memoria malgrado la vostra cecità e quantunque esso fosse stato cambiato?

«I ciechi hanno generalmente doppi gli altri sensi, se mi si concede questa espressione. L'osservazione non è una delle facoltà minori della loro natura. La loro memoria è come un casellario, dove sono collocati ordinatamente, in modo che non ne scompaiano mai, gli insegnamenti di cui essi hanno le tendenze e le attitudini. Non essendoci nulla di esteriore in grado di offuscare questa facoltà, ne risulta ch'essa può essere sviluppata in maniera notevole attraverso l'educazione. Ma questo non era il caso in cui mi trovavo io, poiché a me non era stato impartito alcun genere d'educazione. Io non posso che ringraziare ancor di più Dio per aver concesso che questa facoltà fosse in me tale da permettermi di svolgere la mia missione di devozione presso quei bambini. Al tempo stesso, ciò costituiva una riparazione per il cattivo esempio che io avevo dato loro nella mia precedente esistenza. Tutto è argomento serio per gli Spiritisti; essi non hanno perciò che da guardarsi intorno, e questo sarà loro più utile che lasciarsi fuorviare dalle sottigliezze filosofiche di certi Spiriti che si beffano di loro, lusingando il loro orgoglio con frasi di grande effetto, ma prive di senso.»

— Dal vostro linguaggio, vi riteniamo intellettualmente avanzata, allo stesso modo che la vostra condotta sulla Terra è una prova del vostro avanzamento morale.

«Moltomi resta ancora da acquisire; sulla Terra però sono molti quelli che passano per ignoranti, perché la loro intelligenza è velata dall'espiazione; ma alla morte questi veli cadono, e quei poveri ignoranti sono spesso più istruiti di coloro che li disdegnavano per la loro ignoranza. Credetemi l'orgoglio è la pietra di paragone attraverso cui si riconoscono gli uomini. Tutti coloro il cui cuore è accessibile all'adulazione o che hanno troppa fiducia nella loro scienza sono sulla cattiva strada. Generalmente essi non sono sinceri: diffidatene. Siate umili come il Cristo e, come Lui, portate la vostra croce con amore, così da avere accesso al regno dei Cieli.»

Françoise Vernhes

Anna Bitter

Essere colpiti dalla perdita di un figlio adorato è un dolore bruciante. Ma vedere un figlio unico, che ti offre le più belle speranze e sul quale hai concentrato tutti i tuoi affetti, deperire sotto i tuoi occhi e spegnersi senza sofferenze, per una causa sconosciuta, per una di quelle bizzarrie della Natura che sconvolgono l'acutezza della Scienza; avere inutilmente dato fondo a tutte le risorse della Medicina, essere giunti alla certezza che non c'è più alcuna speranza e dover sopportare questa angoscia giorno dopo giorno, per lunghi anni senza prevederne il termine, è un crudele supplizio che la ricchezza, lungi dall'attenuarlo, accresce, data l'impossibilità di vederla goduta dall'essere adorato.

Tale era la situazione del padre di Anna Bitter. Così una cupa disperazione si era impossessata della sua anima, e il suo carattere si inaspriva via via di più alla vista di quello spettacolo snervante, il cui esito non poteva essere che fatale, benché indeterminato. Un amico di famiglia, iniziato allo Spiritismo, credette fosse il caso di interrogare il suo Spirito protettore su questo argomento, e ne ricevette la seguente risposta:

"Voglio darti la spiegazione dello strano fenomeno che hai sotto gli occhi, perché so che chiedendomelo tu non sei mosso da una indiscreta curiosità, ma dall'affetto che tu porti a questa povera creatura, e anche perché ne scaturirà per te, che credi nella giustizia di Dio, un proficuo insegnamento. Coloro che il Signore vuole colpire devono chinare il capo e di certo né maledirLo né rivoltarGlisi contro, poiché Egli non colpisce mai senza una causa. La povera ragazza, della quale l'Onnipotente aveva sospeso la sentenza di morte, deve ben presto ritornare da noi, perché Dio ha avuto pietà di lei. Suo padre, questo sventurato tra gli uomini, deve essere colpito nell'unico affetto della sua vita per essersi preso gioco dei sentimenti di coloro che lo circondano. Per un attimo il suo pentimento ha toccato l'Altissimo, e la morte ha tenuto sospesa la sua spada su quel capo così caro. Ma la ribellione è tornata, e il castigo segue sempre dappresso la ribellione. Quand'è su questa Terra che voi siete castigati, ritenetevi felici! Pregate, amici miei, per questa povera fanciulla: la giovinezza le renderà difficili gli ultimi istanti. Infatti la linfa è così abbondante in quel povero essere, malgrado il suo stato di deperimento, che l'anima se ne distaccherà a fatica. Oh, pregate! Più tardi ella vi aiuterà e vi consolerà, perché il suo Spirito è più elevato degli Spiriti delle persone che le stanno intorno.

È grazie a un permesso speciale del Signore che ho potuto rispondere a ciò che mi hai chiesto, perché bisogna che questo Spirito sia aiutato, affinché il distacco sia per lui più facile."

Il padre di Anna Bitter è morto dopo aver sopportato il vuoto dell'isolamento in seguito alla perdita della sua creatura. Ecco le prime comunicazioni che l'una e l'altro hanno dato dopo la loro morte.

La figlia. "Grazie, amico mio, di esservi interessato a questa povera fanciulla, e di aver seguito i consigli della vostra buona preghiera. Sì, grazie alle vostre preghiere, ho potuto lasciare più facilmente il mio involucro terrestre, dal momento che mio padre, ahimè, non pregava: lui malediceva. Io, tuttavia, non gliene voglio: ciò accadeva in seguito alla sua grande tenerezza per me. Prego Dio di fargli la grazia di venire illuminato prima di morire. Io lo esorto, lo incoraggio; la mia missione è proprio quella di addolcire i suoi ultimi istanti. A volte un raggio di luce divina sembra giungere fino a lui; ma non è che un lampo fugace, e ben presto ripiomba nelle sue idee primitive. Non c'è in lui che un germe di fede, presto soffocato dagli interessi mondani, e che solo nuove e più terribili prove potranno sviluppare. Almeno, temo molto che sia così. Quanto a me, non avevo che un resto di espiazione da subire, ed è per questo ch'essa non è stata né troppo dolorosa né troppo difficile. Durante la mia strana malattia, io non soffrivo; ero piuttosto uno strumento di prova per mio padre, poiché, nel vedermi in quello stato, egli soffriva più di quanto non soffrissi io stessa. Io ero rassegnata, lui non lo era affatto. Oggi ne sono ricompensata, Dio mi ha fatto la grazia di abbreviare il mio soggiorno sulla Terra, e di ciò io lo ringrazio. Tra i buoni Spiriti che mi attorniano io sono felice; tutti noi attendiamo alle nostre occupazioni con gioia: l'inattività, infatti, sarebbe un crudele supplizio."

Il padre (un mese dopo, circa, la sua morte). Il nostro scopo, quando vi chiamiamo, è quello di informarci sulla vostra situazione nel mondo degli Spiriti, per esservi utili se ciò fosse in nostro potere.

«Al mondo degli Spiriti! Ma io non ne vedo affatto! Vedo solo uomini che ho conosciuto, e nessuno di essi pensa a me, né mi rimpiange; al contrario, sembrano contenti di essersi liberati di me.»

— Vi rendete conto della vostra situazione?

«Perfettamente. Per un certo periodo ho creduto di essere ancora uno del vostro mondo, ma ora so benissimo di non farne più parte.»

— Come mai allora non vedete altri Spiriti attorno a voi?

«Lo ignoro. Tutto è comunque chiaro intorno a me.»

— Non avete ancora rivisto vostra figlia?

«No. È morta; io la cerco, la chiamo, ma inutilmente. Quale vuoto orribile mi ha lasciato sulla Terra la sua morte! Morendo, mi dicevo che l'avrei senza dubbio ritrovata. Invece, niente! Attorno a me sempre e solo il vuoto: nessuno che mi rivolga una parola di consolazione e di speranza. Addio. Vado a cercare mia figlia.»

La guida del medium. Questo uomo non era né ateo né materialista; ma era di quelli che vagamente credono, senza però preoccuparsi né di Dio né dell'avvenire, assorbiti come sono dagli interessi terreni. Profondamente egoista, senza dubbio avrebbe sacrificato tutto per salvare sua figlia, ma avrebbe anche sacrificato, senza alcuno scrupolo, tutti gli interessi altrui per il suo profitto personale. All'infuori che per sua figlia, non aveva attaccamento per nessuno. Dio, per tutto ciò, lo ha punito, come voi ben sapete; gli ha tolto la sua consolazione sulla Terra e siccome non si è ancora pentito, egualmente gliel'ha tolta nel mondo degli Spiriti. Egli sulla Terra non si interessava a nessuno, e qui nessuno si interessa a lui. Egli è solo, abbandonato: questa è la sua punizione. Sua figlia è tuttavia accanto a lui, ma egli non la vede; se la vedesse, la sua punizione cesserebbe, ma che cosa fa lui, in tali circostanze? Si rivolge a Dio? Si pente? No. Si lamenta sempre, bestemmia anche; in una parola, fa esattamente quello che faceva sulla Terra. Aiutatelo, con la preghiera e con i consigli, a venir fuori dal suo accecamento.

Joseph Maître

il cieco

Joseph Maître apparteneva al ceto medio della società; godeva di una modesta agiatezza che lo poneva al riparo dal bisogno. I suoi genitori gli avevano fatto dare una buona educazione per destinarlo all'industria, ma a vent'anni il giovane divenne cieco. È morto nel

1845, intorno alla cinquantina. Circa dieci anni prima della sua morte, era stato colpito da un'altra infermità: era diventato completamente sordo, cosicché i suoi rapporti con il mondo degli incarnati potevano aver luogo solo attraverso il tatto. Non vedere più era già molto doloroso, ma non sentire più era un supplizio crudele per chi, avendo goduto di tutte le sue facoltà, doveva ancor di più risentire degli effetti di questa doppia privazione. Quale la causa di questa sua triste sorte? Questa non era la sua ultima esistenza, perché la sua condotta era sempre stata esemplare. Era un figlio buono, dal carattere dolce e benevolo, e quando si vide, per di più, privato dell'udito, accettò questa nuova prova con rassegnazione, e mai lo si udì lagnarsene. I suoi discorsi denotavano una perfetta lucidità di spirito e una intelligenza fuori dal comune.

Una persona che l'aveva conosciuto, presumendo che si potessero trarre utili insegnamenti da un colloquio con lui, ne evocò lo Spirito e, in risposta alle domande che gli furono rivolte, ottenne da lui la comunicazione che di seguito riportiamo.

(Parigi, 1863)

"Amici miei, vi ringrazio di esservi ricordati di me, benché, forse, non vi sarebbe venuto in mente, se non aveste sperato di trarre qualche vantaggio dalla mia comunicazione. Ma so che un motivo più serio vi anima, ed è per questo che con piacere mi presento al vostro appello, felice di servire al vostro orientamento. Possa il mio esempio aggiungersi alle numerose prove che gli Spiriti vi danno della giustizia di Dio.

Voi mi avete conosciuto cieco e sordo, e vi sarete chiesti che cosa io avessi fatto per meritare una simile sorte. Ve lo dirò. Prima di tutto, sappiate che quella era la seconda volta che io venivo privato della vista. Nella mia precedente esistenza, agli inizi del secolo, io divenni cieco all'età di trent'anni in seguito ad eccessi d'ogni genere, che avevano minato la mia salute e indebolito i miei organi. E questa era già una punizione per aver io abusato dei doni che avevo ricevuto dalla Provvidenza; ero, infatti, largamente dotato. Ma, invece di riconoscere che ero io la causa prima della mia infermità, ne accusavo quella stessa Provvidenza, alla quale, del resto, credevo poco. Ho bestemmiato contro Dio, L'ho rinnegato, L'ho accusato dicendo che, se Egli esisteva, doveva essere ben ingiusto e malvagio, dal momento che faceva tanto soffrire le Sue creature. Avrei dovuto, al contrario, ritenermi fortunato per non essere costretto, come tanti altri miserabili ciechi, a mendicare il mio pane. E invece no; non pensavo che a me e alla privazione delle gioie che mi era stata imposta. Sotto il dominio di queste idee e per la mia mancanza di fede, ero diventato irascibile, esigente, in una parola insopportabile per tutti quelli che vivevano attorno a me. La vita era ormai senza scopo per me, e non pensavo più all'avvenire, cui guardavo come a una chimera. Dopo aver inutilmente esaurito tutte le risposte della Scienza, considerando impossibile la mia guarigione mi risolsi a farla finita. E mi suicidai.

Al mio risveglio, ahimè, mi ritrovai immerso nelle medesime tenebre della mia vita. Tuttavia non tardai a capire che non appartenevo più al mondo corporale, ero uno Spirito, ma uno Spirito cieco. La vita d'oltretomba era dunque una realtà! Invano cercavo di liberarmi di quell'idea, per sprofondare nel nulla: mi scontravo col vuoto. Se quella vita doveva essere per sempre — come avevo sentito dire — io dunque sarei stato in quella situazione per l'eternità? Quel pensiero era spaventoso. Io non soffrivo fisicamente, ma dirvi le angosce e i tormenti del mio Spirito è cosa impossibile. Quanto tempo durò tutto questo? Lo ignoro. Ma quanto quel tempo mi sembrò lungo!

Spossato, sfiancato, tornai infine in me stesso. Compresi che un potere superiore gravava su di me; mi dissi allora che se quel potere poteva abbattermi, poteva anche consolarmi, e ne implorai la pietà. Nella misura in cui io pregavo — e il mio fervore aumentava — qualcosa mi suggeriva che quella crudele posizione avrebbe avuto un termine. Infine si fece luce. Massima fu la mia estasi quando intravidi i fulgori celesti e quando distinsi gli Spiriti, che mi attorniavano, sorridermi con benevolenza e fluttuare radiosi nello Spazio. Volli seguire le loro tracce, ma una forza invisibile mi trattenne. Allora uno di loro mi disse: Dio, che tu rinnegasti, ha tenuto conto del tuo ritorno a Lui e ci ha permesso di renderti la luce. Ma tu hai ceduto solamente alla coercizione e alla stanchezza. D'ora in poi se vuoi partecipare alla felicità di cui si gode qui, bisogna che tu provi la sincerità del tuo pentimento e dei tuoi buoni sentimenti, ricominciando la tua prova terrena, in condizioni tali che ti troverai esposto a ricadere nei medesimi sbagli, perché questa prova sarà ancora più dura della prima'. Accettai prontamente, ripromettendomi di non più fallire.

Sono dunque tornato sulla Terra nelle condizioni che voi conoscete. Non mi è stato difficile essere buono, poiché non ero malvagio per natura; mi ero ribellato a Dio, e Dio mi aveva punito. Mi sono reincarnato con fede innata, perciò non mi lagnai più contro di Lui, e accettai la doppia infermità con rassegnazione e come una espiazione che doveva avere la sua origine nella sovrana giustizia. L'isolamento in cui mi sono trovato negli ultimi anni non aveva nulla di disperante, perché avevo fede nell'avvenire e nella misericordia di Dio. Ciò mi è stato molto proficuo, perché durante quella lunga notte, in cui tutto era silenzio, la mia anima, più libera, si protendeva verso l'Eterno e intravedeva l'infinito attraverso il pensiero. Quando la fine del mio esilio è giunta, il mondo degli Spiriti non ha avuto per me che splendori e ineffabili gioie.

Il confronto con il passato mi fa considerare la mia situazione felicissima e ne rendo grazie a Dio. Ma quando spingo lo sguardo in avanti, vedo quanto io sia ancora lontano dalla perfetta felicità. Ho espiato, ma ora bisogna che ripari. La mia ultima esistenza non è stata utile che a me soltanto. Spero di incominciarne presto una nuova, in cui possa essere utile agli altri: sarà questa la riparazione alla mia inutilità precedente. Allora soltanto potrò avanzare sulla via benedetta, aperta a tutti gli Spiriti di buona volontà.

Ecco la mia storia, amici miei. Se il mio esempio può illuminare qualcuno dei miei fratelli incarnati ed evitare loro il fango in cui io sono caduto, avrò incominciato a pagare il mio debito."

Joseph