13. Dio è sovranamente
giusto. La sovrana giustizia non è la più inesorabile giustizia, né
quella che lascia ogni colpa impunita; è quella che tiene conto del bene
e del male nel modo più rigoroso, che ricompensa l'uno e punisce
l'altro nella più equa proporzione, e non si sbaglia mai.
Se,
per una colpa temporanea, che è sempre il risultato della natura
imperfetta dell'uomo e, spesso, dell'ambiente in cui egli si trova,
l'anima potesse essere punita eternamente, senza speranza né di un
alleviamento né di perdono, non ci sarebbe allora nessuna proporzione
tra l'errore e la punizione: dunque non ci sarebbe giustizia.
Se il colpevole ritorna a Dio, si pente e chiede di riparare al male
che ha fatto, si tratta in questo caso di un ritorno al bene, ai buoni
sentimenti. Se il castigo è irrevocabile, questo ritorno al bene è senza
frutto; e, poiché non si è tenuto conto del bene, questa non è
giustizia. Fra gli uomini, il condannato che si ravvede vede commutata
la sua pena, a volte anche tolta. Dunque, nella giustizia umana, ci
sarebbe più equità che nella giustizia divina!
Se la condanna
è irrevocabile, il pentimento è inutile; il colpevole, non avendo
niente da sperare dal suo ritorno al bene, persiste nel male. Dimodoché
non solo Dio lo condanna a soffrire eternamente, ma a rimanere anche nel
male per l'eternità. Ciò non apparterrebbe né alla giustizia né alla
bontà.