21. Il dogma dell'eternità
assoluta delle pene è dunque inconciliabile con il progresso dell'anima,
poiché vi opporrebbe un ostacolo invalicabile. Questi due principi si
annullano per forza di cose l'un l'altro; se esiste l'uno, non può
esistere l'altro. Quale dei due esiste? La legge del progresso è palese:
non è una teoria, questo è un fatto convalidato dall'esperienza; è una
legge di natura, una legge divina, imprescrittibile. Dunque, poiché essa
esiste e poiché non può conciliarsi con l'altra, vuol dire che l'altra
non esiste. Se il dogma dell'eternità delle pene fosse una verità,
sant'Agostino, san Paolo e molti altri non avrebbero mai visto il cielo
se fossero morti prima del progresso che ha originato la loro
conversione.
A quest'ultima asserzione, si risponde che la
conversione di questi personaggi santi non è il risultato del progresso
dell'anima, ma della grazia che fu loro accordata e dalla quale essi
furono toccati.
Ma a questo punto è voler giocare con le
parole. Se essi hanno commesso il male e più tardi compiuto il bene,
significa che essi sono diventati migliori; essi dunque sono progrediti.
Dio avrebbe, perciò, accordato loro, attraverso un favore speciale, la
grazia di correggersi? Perché a loro sì e ad altri no? Si tratta sempre
della dottrina dei privilegi, incompatibile con la giustizia di Dio e
con il Suo amore, eguale per tutte le Sue creature.
Secondo
la Dottrina Spiritista, in accordo con le parole stesse del Vangelo, con
la logica e con la giustizia più rigorosa, l'uomo è il figlio delle sue
opere, durante questa vita e dopo la morte; egli non deve nulla al
favore: Dio lo ricompensa dei suoi sforzi e lo punisce per la sua
negligenza, per tutto il tempo ch'egli è negligente.