IL VANGELO SECONDO LO SPIRITISMO

Allan Kardec

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1 — Preghiere generiche

Preghiera domenicale


2. Prefazione— Gli Spiriti hanno raccomandato di porre la Preghiera domenicale all'inizio di questa raccolta, non solamente come preghiera, ma anche come simbolo. Essa, fra tutte le preghiere, è quella che gli Spiriti mettono al primo posto, sia perché viene da Gesù stesso (Matteo 6:9-13), sia perché può sostituirle tutte a seconda del pensiero che le si attribuisce. È il più bell'esempio di concisione, un vero capolavoro di eccellenza nella sua semplicità. In effetti, in una forma quanto mai essenziale, essa riesce a riassumere tutti i doveri dell'uomo verso Dio, verso .lui stesso e verso il prossimo. Racchiude una professione di fede, un atto di adorazione e di sottomissione, la domanda di cose necessarie alla vita terrena, e il principio della carità. Proferirla per conto di qualcuno è chiedere per lui ciò che si domanderebbe per se stessi.

Ciononostante, è a causa della sua stessa brevità che il significato profondo, racchiuso nelle poche parole di cui è composta, sfugge alla maggior parte degli uomini. Questo perché generalmente viene recitata senza riflettere sul significato di ciascuna delle sue frasi. Viene pronunciata come una formula la cui efficacia è proporzionale al numero di volte che è ripetuta, che è quasi sempre uno dei numeri cabalistici tre, sette o nove, tratti dall'antica credenza superstiziosa sul potere dei numeri e in uso nelle pratiche magiche.

Per surrogare le esitazioni che la concisione di questa preghiera genera nella mente, con il consiglio e l'assistenza dei buoni Spiriti, a ogni proposizione è stato aggiunto un commento che ne sviluppa il significato e ne mostra le applicazioni. Secondo le circostanze e il tempo disponibile, si può dunque dire la Preghiera domenicale semplice o ampliata.


3. Preghiera


I. Padre nostro, che sei nei Cieli, sia santificato il Tuo nome!

Crediamo in Voi, Signore, perché tutto ci rivela la Vostra potenza e la Vostra bontà. L'armonia dell'universo testimonia una saggezza, una prudenza e una preveggenza che oltrepassano tutte le facoltà umane. Il nome di un Essere sovranamente grande e saggio è inscritto in tutte le opere della creazione, dal filo d'erba e il più piccolo insetto, fino agli astri che si muovono nello spazio. Ovunque noi vediamo la prova di una sollecitudine paterna. È cieco chi non Vi riconosce nelle Vostre opere, presuntuoso chi non Vi glorifica, ingrato chi non Vi rende grazie.

II. Venga il Tuo Regno!

Signore, Voi avete dato agli uomini leggi piene di saggezza e che farebbero la loro felicità se essi le osservassero. Con queste leggi, essi potrebbero stabilire fra loro la pace e la giustizia e aiutarsi reciprocamente, anziché nuocersi come fanno. I forti sosterrebbero i deboli invece di opprimerli. Essi eviterebbero i mali che generano abusi ed eccessi di ogni genere. Tutte le miserie di questa Terra sono provocate dalla violazione delle Vostre leggi, perché non c'è una sola infrazione che non abbia le sue fatali conseguenze.

Voi avete dato all'animale l'istinto, che gli indica i limiti delle sue necessità e a cui si conforma automaticamente. Ma all'uomo, oltre all'istinto, avete dato l'intelligenza e la ragione e anche la libertà di osservare o di infrangere quelle leggi che lo riguardano personalmente, ossia la libertà di scegliere fra il bene e il male, affinché abbia il merito e la responsabilità delle sue azioni.

Per nessuno può essere ammessa l'ignoranza delle vostre leggi perché, nella Vostra previdenza paterna, avete voluto che queste leggi fossero impresse nella coscienza di ognuno, senza distinzione di culto o di razza. Le viola chi Vi disconosce.

Giorno verrà in cui, secondo la Vostra promessa, tutti le praticheranno. Allora l'incredulità sarà scomparsa, tutti Vi riconosceranno come il sovrano Padrone di tutte le cose, e il regno delle Vostre leggi sarà il Vostro regno sulla Terra.

Degnatevi, Signore, di affrettare il suo avvento, dando agli uomini la luce necessaria per condurli sul cammino della verità.

III. Sia fatta la Tua volontà così in Cielo come in Terra!

Se la sottomissione è un dovere dei figli rispetto al padre, dell'inferiore rispetto al superiore, quanto sarà più grande quella della creatura rispetto al suo Creatore! Fare la Vostra volontà, Signore, vuol dire osservare le Vostre leggi e sottomettersi senza lamentarsi ai decreti divini. L'uomo si sottometterà quando comprenderà che siete Voi la fonte di tutta la saggezza, e che senza di Voi nulla si può. Allora l'uomo farà la Vostra volontà sulla Terra, come gli eletti in Cielo.

IV. Dacci oggi il nostro pane quotidiano.

Dateci il nutrimento per il mantenimento delle forze fisiche e dateci anche il nutrimento spirituale per lo sviluppo del nostro Spirito.

L'animale il suo cibo lo trova, ma l'uomo lo ottiene dalla sua attività e dalle risorse della sua intelligenza, perché Voi lo avete creato libero.

Voi gli avete detto: «Tu trarrai il tuo nutrimento dalla terra, con il sudore della tua fronte». Perciò gli avete fatto obbligo del lavoro, affinché esercitasse la sua intelligenza attraverso la ricerca dei mezzi per poter provvedere alle proprie necessità e al suo benessere, chi con il lavoro materiale, chi con il lavoro intellettuale. Senza il lavoro, egli sarebbe rimasto sempre allo stesso livello né avrebbe potuto aspirare alla felicità degli Spiriti superiori.

Voi assistete l'uomo di buona volontà che si affida a Voi per il necessario, ma non quello che si crogiola nell'ozio volendo ottenere tutto senza fatica, né quello che cerca il superfluo (vedere cap. XXV di quest'opera).

Tanti sono quelli che soccombono per le loro stesse colpe, per la loro incuria, la loro imprevidenza o la loro ambizione e per non aver voluto accontentarsi di ciò che gli avete dato! Costoro sono gli artefici della loro stessa sfortuna e non hanno il diritto di lamentarsi, perché vengono puniti secondo i loro peccati. Ma anche costoro non sono da Voi abbandonati, perché Voi siete infinitamente misericordioso e tendete loro una mano per soccorrerli quando, come il figliol prodigo, ritornano sinceramente a Voi (vedere cap. V, n. 4 di quest'opera).

Prima di lamentarci della nostra sorte, domandiamoci se non è opera nostra; a ogni disgrazia che ci succede, domandiamoci se non sarebbe dipeso da noi evitarla. Ma diciamoci anche che Dio ci ha dato l'intelligenza per superare gli ostacoli e che dipende da noi farne buon uso.

Poiché la legge del lavoro è la condizione dell'uomo sulla Terra, dateci, Signore, il coraggio e la forza di compierlo. Dateci anche la prudenza, l'accortezza e la moderazione, affinché non ne perdiamo il frutto.

Dateci dunque, Signore, il nostro pane quotidiano, ossia i mezzi per acquistare con il lavoro il necessario per vivere, poiché nessuno ha il diritto di reclamare il superfluo.

Se non ci sarà possibile lavorare, confidiamo nella Vostra divina Provvidenza.

Se, malgrado i nostri sforzi, sarà nei Vostri disegni sottoporci alle più dure privazioni, noi le accetteremo come una giusta espiazione degli errori che abbiamo potuto commettere in questa vita o in altre vite precedenti, perché Voi siete giusto. Noi sappiamo che non esistono pene immeritate, e che Voi non castigate mai senza una causa.

Preservateci, mio Dio, dal nutrire invidia verso coloro che possiedono quello che noi non possediamo o verso coloro che hanno il superfluo, mentre noi non abbiamo neppure il necessario. Perdonate loro se dimenticano la legge di carità e d'amore verso il prossimo che Voi avete loro insegnato (vedere cap. XVI, n. 8 di quest'opera).

Allontanate anche dal nostro spirito il pensiero di negare la Vostra giustizia, allorché vediamo la prosperità del malvagio e l'infelicità che prostra a volte l'uomo dabbene. Noi sappiamo ora, grazie ai nuovi lumi che a Voi è piaciuto offrici, che la Vostra giustizia sempre si attua e che nessuno può sfuggirle. Sappiamo anche che la prosperità materiale del malvagio è effimera, come effimera è la sua esistenza fisica, e che gli procurerà terribili disgrazie, mentre la felicità riservata a chi soffre con rassegnazione sarà eterna (vedere cap. V, nn. 7, 9, 12, 18 di quest'opera).

V. Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Perdona le nostre offese, come noi le perdoniamo a chi ci offende.

Ogni nostra inosservanza alle Vostre leggi, Signore, è un'offesa nei Vostri confronti, e un debito che con Voi contraiamo e che prima o poi dovremo saldare. Noi ne affidiamo la remissione alla Vostra infinita misericordia, con la promessa di impegnarci a non contrarne degli altri.

Voi avete fatto espressamente per noi una legge sulla carità. Ma la carità non consiste solamente nell'assistere il proprio simile nel bisogno, essa sta anche nel dimenticare e nel perdonare le offese. Con quale diritto reclameremmo la Vostra indulgenza, se noi stessi ne difettassimo nei confronti di quelli di cui ci lamentiamo?

Dateci, o mio Dio, la forza di soffocare nel nostro animo qualsiasi risentimento, odio o rancore. Fate che la morte non ci sorprenda con un desiderio di vendetta nell'animo. Se Voi vorrete toglierci oggi stesso da questo mondo, concedeteci di presentarci a Voi puri da ogni animosità, sull'esempio di Cristo le cui ultime parole furono di perdono per i Suoi aguzzini (vedere cap. X di quest'opera).

Le persecuzioni che i malvagi ci fanno patire fanno parte delle nostre prove terrene, e noi dobbiamo accettarle senza lamentele, come tutte le altre prove. Non dobbiamo maledire coloro che con la loro malvagità ci indicano il cammino della felicità eterna. Non avete Voi forse detto, per bocca di Gesù: «Felici quelli che soffrono per la giustizia!»? Benediciamo dunque la mano che ci colpisce e ci umilia, perché le piaghe del corpo fortificano la nostra anima, e noi saremo risollevati dalla nostra condizione di umiliazione (vedere cap. XII, n. 4 di quest'opera).

Benedetto sia il Vostro nome, Signore, per averci insegnato che la nostra sorte non è irrevocabilmente fissata dopo la morte, che noi troveremo in altre esistenze il modo di riscattare e riparare i nostri errori passati e di compiere in una nuova vita ciò che non abbiamo potuto fare in questa per il nostro avanzamento (vedere cap. IV; V, n. 5 di quest'opera).

Attraverso ciò si spiegano tutte le apparenti incongruenze della vita. Si tratta della luce gettata sul nostro passato e sul nostro futuro, il segno luminoso della Vostra sovrana giustizia e della Vostra bontà infinita.

VI. Non abbandonarci alla tentazione, ma liberaci dal male [1]

Dateci, Signore, la forza di resistere alle suggestioni di cattivi Spiriti che tentassero di fuorviarci dalla via del bene, ispirandoci cattivi pensieri.

Ma noi stessi siamo Spiriti imperfetti, incarnati su questa Terra per espiare le nostre colpe e per migliorarci. La causa prima del male è in noi, e i cattivi Spiriti non fanno che approfittare delle nostre inclinazioni viziose, nelle quali ci trattengono per tentarci.

Ogni imperfezione è una porta aperta all'influenza degli Spiriti malvagi, mentre essi sono impotenti e rinunciano a qualsiasi tentativo nei confronti degli esseri perfetti. Tutto ciò che noi potremo fare per allontanarli è inutile, se non ci opporremo a loro con una volontà incrollabile nel bene e una rinuncia assoluta al male. È dunque verso noi stessi che dobbiamo dirigere i nostri sforzi. Solo così i cattivi Spiriti si allontaneranno naturalmente, perché è il male che li attira, mentre il bene li respinge (vedere in questo stesso cap. "Preghiera per gli ossessi" al n. 81).

Signore, sosteneteci nella nostra debolezza. Ispirateci, attraverso la voce dei nostri angeli custodi e dei buoni Spiriti, la volontà di correggerci delle nostre imperfezioni, al fine di chiudere agli Spiriti impuri l'accesso alle nostre anime (vedere in questo stesso cap. n. 11).

Il male non è assolutamente opera Vostra, Signore, perché dalla sorgente di ogni bene non può affatto sgorgare alcunché di malvagio. Siamo noi stessi che creiamo il male infrangendo le Vostre leggi e facendo cattivo uso della libertà che Voi ci avete dato. Quando gli uomini osserveranno le Vostre leggi, il male scomparirà dalla Terra, come è già scomparso nei mondi più avanzati.

Il male non è una fatale necessità per nessuno. Esso può sembrare irresistibile solo a chi vi si abbandoni con compiacimento. Se noi abbiamo la volontà di fare il male, possiamo avere anche quella di fare il bene. Per questo, o mio Dio, domandiamo la Vostra assistenza e quella dei buoni Spiriti, per resistere alle tentazioni.

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[1] Certe traduzioni riportano: «Nonindurci in tentazione» (et ne nos inducas in tentationem).Questa espressione lascerebbe intendere che la tentazione viene da Dio, che Egli spinga, cioè, volontariamente gli uomini al male. È un pensiero blasfemo che assimilerebbe Dio a Satana, e non può essere stato quello di Gesù. Esso è del resto conforme alla dottrina comune sul ruolo del demonio. (Vedere Il Cielo e l'Inferno, cap. X, "I demoni")

VII. Così sia.

Vogliate, Signore, che i nostri desideri si compiano! Noi però ci inchiniamo dinanzi alla Vostra saggezza infinita. Per tutte le cose che non ci è dato comprendere, sia fatta la Vostra santa volontà e non la nostra, perché Voi volete solo il nostro bene e sapete meglio di noi ciò che ci è utile.

Vi rivolgiamo questa preghiera, o mio Dio, per noi stessi. Ve la rivolgiamo anche per tutte le anime sofferenti, incarnate o disincarnate, per i nostri amici e i nostri nemici, per tutti quelli che implorano la nostra assistenza, e in particolare per X...

Imploriamo per tutti la Vostra misericordia e la Vostra benedizione.

Nota - Si può citare qui ciò per cui si ringrazia Dio e ciò che si domanda per se stessi e per altri (vedere qui di seguito le preghiere nn. 26 e 27).


Riunioni spiritiste


4. Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro. (Matteo 18:20)

5. Prefazione — Essere riuniti nel nome di Gesù non vuol dire che è sufficiente stare insieme fisicamente, ma che bisogna esserlo anche spiritualmente, in comunione d'intenti e di pensiero tesi al bene. Allora sì che Gesù si trova in mezzo all'assemblea: Lui o i puri Spiriti che lo rappresentano. Ed è lo Spiritismo che ci fa comprendere come gli Spiriti possono essere fra noi. Essi sono presenti con il loro corpo fluidico o spirituale e con lo stesso aspetto che ci permetterebbe di riconoscerli nel caso si rendessero visibili. Più sono elevati nella gerarchia, maggiore è il loro potere di irraggiamento. È per questo che essi hanno il dono dell'ubiquità e possono trovarsi in molti luoghi simultaneamente, bastando a ciò un solo raggio del loro pensiero.

Con queste parole Gesù ha voluto mostrare l'effetto dell'unione e della fraternità. Non è il numero più o meno grande ad attrarLo perché invece di due o tre persone Egli avrebbe potuto dire dieci o venti. Ad attrarLo è il sentimento di carità che anima le une verso le altre. Quindi, per questo, basta che ce ne siano due. Ma, se queste due persone pregano ognuna per proprio conto, pur rivolgendosi a Gesù; se non c'è fra loro comunione di pensiero; se non sono mosse da un sentimento di mutua benevolenza; se addirittura si guardano in modo ostile, con odio, invidia e gelosia; se le correnti fluidiche dei loro pensieri si respingono, anziché attrarsi in un comune slancio di simpatia, allora esse non sono per niente riunite in nome di Gesù. Gesù è solo il pretesto della riunione e non il vero movente (vedere cap. XXVII, n. 9 di quest'opera).

Ciò non implica assolutamente che Gesù sia sordo alla voce di una sola persona. Se Egli non ha affatto detto: «Andrò da chiunque mi chiami», è perché Egli esige prima di tutto l'amore del prossimo, che si può dimostrare meglio quando si è in tanti, piuttosto che isolatamente, e che esclude ogni sentimento di carattere personale. Ne consegue che se, in un'assemblea numerosa, solamente due o tre persone sono unite nel cuore da un sentimento veramente caritatevole, mentre le altre si isolano e si concentrano in pensieri egoistici e mondani, Egli sarà con le prime due o tre e non con le altre. Non è dunque nella simultaneità delle parole, dei canti o degli atti esteriori che consiste la riunione in nome di Gesù, ma nella comunione di pensieri secondo lo spirito di carità personificato da Gesù (vedere cap. X, nn. 7 e 8; cap. XXVII, nn. 2, 3, 4 di quest'opera).

Tale deve essere il carattere delle riunioni spiritiste serie, di quelle in cui si vuole sinceramente il concorso dei buoni Spiriti.

6. Preghiera (All'inizio della riunione) — Noi preghiamo il Signore Iddio Onnipotente di mandarci Spiriti buoni per assisterci, di allontanare quelli che potrebbero indurci in errore e di concederci la luce necessaria per distinguere la verità dalla menzogna.

Allontanate, Signore, anche gli Spiriti malevoli, incarnati o disincarnati, che potrebbero tentare di gettare fra noi la discordia e di distoglierci dalla carità e dall'amore per il prossimo. Se qualcuno tentasse di introdursi qui, fate che non trovi accoglimento nel cuore di nessuno di noi.

Buoni Spiriti, che vi degnate di venire a istruirci, rendeteci docili ai vostri consigli. Allontanate da noi qualsiasi pensiero d'egoismo, orgoglio, invidia e gelosia. Ispirateci l'indulgenza e la benevolenza verso i nostri simili presenti o assenti, amici o nemici. Infine fate sì che, attraverso i sentimenti da cui saremo animati, noi possiamo riconoscere la Vostra salutare influenza.

Donate ai medium, cui darete l'incarico di trasmetterci i Vostri insegnamenti, la coscienza della santità della missione che è stata loro affidata e della gravità dell'atto che essi stanno per compiere, affinché agiscano con il fervore e il raccoglimento necessari.

Se nell'assemblea si trovano persone attirate da altro intendimento che non sia il bene, aprite loro gli occhi alla luce e perdonateli, come noi li perdoneremmo se venissero con intenzioni malevole.

Noi preghiamo in particolare lo Spirito di X..., nostra guida spirituale, di assisterci e di vegliare su di noi.

7. (Alla fine della riunione) — Ringraziamo gli Spiriti buoni che sono venuti qui per comunicare con noi, li preghiamo di aiutarci a mettere in pratica le istruzioni che ci hanno dato e di far in modo che ognuno di noi, uscendo da qui, si senta fortificato nella pratica del bene e dell'amore verso il prossimo.

Desideriamo pure che queste istruzioni siano di vantaggio per gli Spiriti sofferenti e per quelli ignoranti o viziosi, che hanno potuto assistere a questa riunione e sui quali noi invochiamo la misericordia di Dio.


Per i medium


8. «Avverrà negli ultimi giorni», dice Dio, «che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. Anche sui miei servi e sulle mie serve, in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno.» (Atti 2:17-18)

9. Prefazione — Ha voluto il Signore che luce fosse fatta per tutti gli uomini e penetrasse ovunque attraverso la voce degli Spiriti, affinché tutti potessero acquisire le prove dell'immortalità. È con questo obiettivo che gli Spiriti si manifestano oggi in tutti i punti della Terra. La medianità che si rivela in persone di qualsiasi età e condizione, negli uomini e nelle donne, nei bambini e nei vecchi, è uno dei segnali del compiersi dei tempi profetizzati.

Per conoscere le cose del mondo visibile e scoprire i segreti della natura materiale Dio ha dato all'uomo la vista organica, i sensi e strumenti speciali. Con il telescopio egli spinge il suo sguardo nelle profondità dello spazio e con il microscopio scopre il mondo dell'infinitamente piccolo. Per penetrare nel mondo invisibile, Dio gli ha dato la medianità.

I medium sono gli interpreti incaricati di trasmettere agli uomini gli insegnamenti degli Spiriti o, per meglio dire, sono gli organi materiali attraverso i quali gli Spiriti si esprimono per rendersi intelligibili agli uomini. La loro missione è sacra, perché ha lo scopo di schiudere gli orizzonti della vita eterna.

Gli Spiriti vengono a istruire gli uomini sui loro destini futuri, al fine di condurli sulla via del bene e non certo per risparmiar loro il lavoro materiale che devono compiere su questa Terra per migliorarsi e non per favorire la loro ambizione e la loro cupidigia. Ecco ciò che i medium devono ben comprendere per evitare di fare un cattivo uso della loro facoltà. Coloro che comprendono la gravità del mandato di cui sono investiti lo svolgono religiosamente. La loro stessa coscienza li condannerebbe, come rei di atto sacrilego, qualora usassero, con finalità di divertimento o distrazione per sé e per gli altri, una facoltà che è stata loro concessa con scopi ben più seri e che li mette in contatto con gli esseri d'oltretomba.

Come interpreti dell'insegnamento degli Spiriti, i medium devono svolgere un ruolo importante nella trasformazione morale che è in atto. I servizi che essi possono rendere sono commisurati al buon indirizzo che essi danno alla loro facoltà. Quelli infatti che si trovano su una strada errata sono più nocivi che utili alla causa dello Spiritismo. Con le cattive impressioni che producono, essi ritardano più di una conversione. È per questo che sarà loro domandato conto dell'uso che avranno fatto di una facoltà concessa per il bene dei loro simili.

Il medium che voglia conservare l'assistenza dei buoni Spiriti deve lavorare per il suo stesso miglioramento. Chi vuole aumentare e sviluppare la sua facoltà dovrà lui stesso crescere moralmente e astenersi da tutto ciò che tendesse a distoglierlo dal suo fine provvidenziale.

Se i buoni Spiriti si servono a volte di strumenti imperfetti, è per dare ai medium buoni consigli e tentare di ricondurli al bene. Ma se trovano dei cuori insensibili, per cui i loro avvertimenti non vengono ascoltati, si ritirano. E i cattivi avranno allora campo libero (vedere cap. XXIV, nn. 11 e 12 di quest'opera).

L'esperienza dimostra che, in quelli che non mettono a profitto i consigli che ricevono dai buoni Spiriti, le comunicazioni, dopo aver avuto un breve splendore, regrediscono a poco a poco, e i medium finiscono per cadere nell'errore, nel vaniloquio e nel ridicolo, segni incontestabili dell'allontanamento dei buoni Spiriti.

Ottenere l'assistenza dei buoni Spiriti, allontanare gli Spiriti leggeri e bugiardi, tale dev'essere l'obiettivo degli sforzi costanti di tutti i medium seri. Senza ciò la medianità è una facoltà sterile, che può persino diventare un danno per chi la possiede, perché può degenerare in una pericolosa ossessione.

Il medium che comprende il suo dovere, invece di inorgoglirsi per una facoltà che non è di sua proprietà, dal momento che gli può venir tolta, attribuisce a Dio quanto di buono riesce a realizzare. Se le sue comunicazioni meritano degli elogi, non se ne fa un vanto, perché sa che esse non dipendono dai suoi meriti personali, e ringrazia Dio di aver permesso che i buoni Spiriti venissero a manifestarsi a lui. Se le sue comunicazioni danno luogo a critiche, non si offende perché sa che quelle comunicazioni non sono opera del suo Spirito. Ammette di non essere stato un buono strumento e di non possedere tutte le qualità necessarie per opporsi alle interferenze dei cattivi Spiriti. È per questo che cerca di acquisire tali qualità e domanda, con la preghiera, la forza che gli manca.

10. Preghiera — Dio Onnipotente, permettete ai buoni Spiriti di assistermi nella comunicazione che sono qui a chiederVi. Preservatemi dalla presunzione di credermi al riparo dai cattivi Spiriti, dall'orgoglio che potrebbe indurmi in errore nel valutare ciò che ottengo, da tutti i sentimenti contrari alla carità nei confronti degli altri medium. Se venissi indotto in errore, ispirate a qualcuno l'idea di avvertirmi, e a me l'umiltà che mi farà accettare la critica con riconoscenza e prendere su di me, e non trasferire sugli altri, i consigli che i buoni Spiriti vorranno dettarmi.

Se fossi tentato di ingannare chicchessia o di vantarmi per la facoltà che Vi è piaciuto accordarmi, Vi prego di togliermela piuttosto di permettere che essa venga fuorviata dal suo scopo provvidenziale, che è il bene di tutti e il mio stesso avanzamento morale.