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IL VANGELO SECONDO LO SPIRITISMO > Capitolo XII - AMATE I VOSTRI NEMICI
Capitolo XII - AMATE I VOSTRI NEMICI
Rendere bene per male
1. «Voi
avete udito che fu detto: "Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico".
Ma io vi dico: amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono,
fate del bene a quelli che vi odiano, e pregate per quelli che vi
maltrattano e che vi perseguitano, affinché siate, figli del Padre
vostro che è nei cieli; poiché egli fa levare il suo sole sopra i
malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se
infatti amate quelli che vi amano, che premio ne avete? Non fanno lo
stesso anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che
fate di straordinario? Non fanno anche i pagani altrettanto?» (...) «Poiché
io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e
dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli.» (Matteo 5:43-47, 20)
2. «Se
amate quelli che vi amano, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori
amano quelli che li amano. E se fate del bene a quelli che vi fanno dei
bene, quale grazia ve ne viene? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se
prestate a quelli dai quali sperate di ricevere, qual grazia ne avete?
Anche i peccatori prestano ai peccatori per riceverne altrettanto. Ma
amate i vostri nemici, fate del bene, prestate senza sperarne nulla e il
vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; poiché egli è
buono verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi come è
misericordioso il Padre vostro.» (Luca 6:32-36)
3. Se l'amore del prossimo è
il principio della carità, amare i propri nemici ne è la sublime
applicazione, perché questa virtù è una delle più grandi vittorie
riportate sull'egoismo e sull'orgoglio.
Comunque, generalmente, si fraintende sul significato del termine amare, in questa circostanza. Gesù non ha affatto inteso, con queste parole, che si deve avere per il proprio nemico la tenerezza che si ha per un fratello o un amico. La tenerezza presuppone la fiducia. Ora, non si può avere fiducia in colui che si sa che ci vuole del male. Non si possono avere con lui le effusioni dell'amicizia, perché lo si ritiene capace di abusarne. Fra persone che diffidano le une delle altre, non si potrebbero avere quegli slanci di simpatia che ci sono fra persone che hanno affinità di pensiero. Infine, non si può trarre lo stesso piacere trovandosi con un nemico piuttosto che con un amico.
Questo sentimento è proprio conseguenza di una legge fisica: quella di assimilazioni e di repulsione dei fluidi. Il pensiero malevolo invia una corrente fluidica la cui sensazione è sgradevole; il pensiero benevolo vi avvolge in un'aura piacevole. In ciò sta la differenza fra le sensazioni che si provano in presenza di un amico o di un nemico. Amare i propri nemici non vuol dire, quindi, che non si debbano fare delle differenze fra loro e gli amici. Questo precetto sembra difficile, persino impossibile da mettere in pratica, solo perché si crede erroneamente che prescriva di dare ai nemici lo stesso posto che occupano gli amici nel nostro cuore. Se la povertà del linguaggio umano obbliga a servirsi di una stessa parola per esprimere sfumature diverse di sentimenti, sarà la ragione a dover fare i distinguo secondo il caso.
Amare i propri nemici, dunque, non significa affatto provare per loro affetto — che non esiste nella natura —, poiché la relazione con un nemico fa battere il cuore in modo ben diverso da quella con un amico. Amare i propri nemici sta nel non avere contro di loro né odio né rancore né desiderio di vendetta; sta nel perdonare senza secondi fini e senza condizioni il male che ci hanno fatto; sta nel non mettere ostacoli alla riconciliazione; sta nell'augurare loro del bene anziché del male; sta nel gioire anziché soffrire del bene che può loro capitare; sta nel tendere loro una mano in caso di necessità; sta nell'astenersi in parole e azioni da tutto ciò che può danneggiarli; sta infine nel rendere loro bene per male, senza volerli umiliare. Chiunque fa ciò adempie a quanto prescrive la massima: «Amate i vostri nemici».
Comunque, generalmente, si fraintende sul significato del termine amare, in questa circostanza. Gesù non ha affatto inteso, con queste parole, che si deve avere per il proprio nemico la tenerezza che si ha per un fratello o un amico. La tenerezza presuppone la fiducia. Ora, non si può avere fiducia in colui che si sa che ci vuole del male. Non si possono avere con lui le effusioni dell'amicizia, perché lo si ritiene capace di abusarne. Fra persone che diffidano le une delle altre, non si potrebbero avere quegli slanci di simpatia che ci sono fra persone che hanno affinità di pensiero. Infine, non si può trarre lo stesso piacere trovandosi con un nemico piuttosto che con un amico.
Questo sentimento è proprio conseguenza di una legge fisica: quella di assimilazioni e di repulsione dei fluidi. Il pensiero malevolo invia una corrente fluidica la cui sensazione è sgradevole; il pensiero benevolo vi avvolge in un'aura piacevole. In ciò sta la differenza fra le sensazioni che si provano in presenza di un amico o di un nemico. Amare i propri nemici non vuol dire, quindi, che non si debbano fare delle differenze fra loro e gli amici. Questo precetto sembra difficile, persino impossibile da mettere in pratica, solo perché si crede erroneamente che prescriva di dare ai nemici lo stesso posto che occupano gli amici nel nostro cuore. Se la povertà del linguaggio umano obbliga a servirsi di una stessa parola per esprimere sfumature diverse di sentimenti, sarà la ragione a dover fare i distinguo secondo il caso.
Amare i propri nemici, dunque, non significa affatto provare per loro affetto — che non esiste nella natura —, poiché la relazione con un nemico fa battere il cuore in modo ben diverso da quella con un amico. Amare i propri nemici sta nel non avere contro di loro né odio né rancore né desiderio di vendetta; sta nel perdonare senza secondi fini e senza condizioni il male che ci hanno fatto; sta nel non mettere ostacoli alla riconciliazione; sta nell'augurare loro del bene anziché del male; sta nel gioire anziché soffrire del bene che può loro capitare; sta nel tendere loro una mano in caso di necessità; sta nell'astenersi in parole e azioni da tutto ciò che può danneggiarli; sta infine nel rendere loro bene per male, senza volerli umiliare. Chiunque fa ciò adempie a quanto prescrive la massima: «Amate i vostri nemici».
4. Amare i propri nemici è
un non senso per il miscredente. Quello, per il quale la vita presente
rappresenta il tutto, vede nel suo nemico solo un essere nocivo, che
turba la sua tranquillità e crede di potersene sbarazzare solo con la
morte. Da qui il desiderio di vendetta, non essendoci nessun altro
interesse a perdonare se non quello di soddisfare il proprio orgoglio
agli occhi del mondo. Perdonare, in certi casi, gli sembra persino una
debolezza indegna di lui. Se non si vendica, conserva comunque del
rancore e un segreto desiderio di fare del male.
Per il credente, e per lo Spiritista in particolare, il modo di vedere è tutt'altro, perché egli volge lo sguardo al passato e al futuro, fra i quali la vita presente è solo un punto. Egli sa che, per la destinazione stessa della Terra, deve aspettarsi di trovare degli uomini cattivi e perversi; che le cattiverie alle quali è esposto fanno parte delle prove che deve subire. Il punto di vista elevato dal quale osserva gli rende le vicissitudini meno amare, sia che vengano da uomini o da cose. Se non si lamenta delle prove, non deve lamentarsi neppure di coloro che ne sono gli strumenti. Se, invece di lamentarsi, ringrazia Dio di metterlo alla prova, deve ringraziare la mano che gli dà l'occasione di dimostrare la sua pazienza e rassegnazione. Questi pensieri lo predispongono naturalmente al perdono. Egli sente inoltre che quanto più è generoso tanto più egli cresce ai suoi stessi occhi e si trova fuori dal tiro dei dardi del suo malvagio nemico.
Come l'uomo che occupa un livello elevato su questa Terra non si sente offeso dagli insulti di colui che ritiene inferiore, così avviene per chi nel mondo morale si eleva al di sopra del mondo materiale. Egli comprende che l'odio e il rancore lo avvilirebbero e lo sminuirebbero. Ora, per essere superiore al proprio avversario, bisogna avere un'anima più grande, più nobile, più generosa.
Per il credente, e per lo Spiritista in particolare, il modo di vedere è tutt'altro, perché egli volge lo sguardo al passato e al futuro, fra i quali la vita presente è solo un punto. Egli sa che, per la destinazione stessa della Terra, deve aspettarsi di trovare degli uomini cattivi e perversi; che le cattiverie alle quali è esposto fanno parte delle prove che deve subire. Il punto di vista elevato dal quale osserva gli rende le vicissitudini meno amare, sia che vengano da uomini o da cose. Se non si lamenta delle prove, non deve lamentarsi neppure di coloro che ne sono gli strumenti. Se, invece di lamentarsi, ringrazia Dio di metterlo alla prova, deve ringraziare la mano che gli dà l'occasione di dimostrare la sua pazienza e rassegnazione. Questi pensieri lo predispongono naturalmente al perdono. Egli sente inoltre che quanto più è generoso tanto più egli cresce ai suoi stessi occhi e si trova fuori dal tiro dei dardi del suo malvagio nemico.
Come l'uomo che occupa un livello elevato su questa Terra non si sente offeso dagli insulti di colui che ritiene inferiore, così avviene per chi nel mondo morale si eleva al di sopra del mondo materiale. Egli comprende che l'odio e il rancore lo avvilirebbero e lo sminuirebbero. Ora, per essere superiore al proprio avversario, bisogna avere un'anima più grande, più nobile, più generosa.
I nemici disincarnati
5. Lo spiritista ha anche
altri motivi per essere indulgente con i suoi nemici. Egli sa
innanzitutto che la cattiveria non è affatto uno stato permanente
dell'uomo, che essa attiene a una imperfezione passeggera e che, come il
bambino si corregge dei suoi difetti, così l'uomo malvagio riconoscerà
un giorno i suoi torti e diventerà buono.
Egli sa pure che la morte lo libera solo della presenza fisica del suo nemico, ma che costui può continuare con il suo odio anche dopo aver lasciato la Terra. Pertanto la vendetta fallirebbe il suo scopo e avrebbe, al contrario, l'effetto di produrre un ulteriore inasprimento che potrebbe continuare da un'esistenza all'altra. Spetta allo Spiritismo dimostrare, per mezzo dell'esperienza e della legge che regge i rapporti del mondo visibile con il mondo invisibile, che l'espressione «spegnere l'odio nel sangue» è completamente falsa e che è vero invece che è il sangue a nutrire l'odio anche oltre la tomba. Di conseguenza spetta allo Spiritismo dare una effettiva ragione d'essere e un'utilità pratica al perdono e alla sublime massima del Cristo «Amate i vostri nemici». Non ci sono cuori così perversi da essere insensibili alle buone maniere, anche se non se ne rendono conto. Con le buone maniere si elimina inoltre qualsiasi motivo di rappresaglia. Di un nemico possiamo così fare un amico prima e dopo la morte. Con le cattive maniere lo si inasprisce, ed è allora che serve da strumento della giustizia di Dio per punire chi non l'ha perdonato.
Egli sa pure che la morte lo libera solo della presenza fisica del suo nemico, ma che costui può continuare con il suo odio anche dopo aver lasciato la Terra. Pertanto la vendetta fallirebbe il suo scopo e avrebbe, al contrario, l'effetto di produrre un ulteriore inasprimento che potrebbe continuare da un'esistenza all'altra. Spetta allo Spiritismo dimostrare, per mezzo dell'esperienza e della legge che regge i rapporti del mondo visibile con il mondo invisibile, che l'espressione «spegnere l'odio nel sangue» è completamente falsa e che è vero invece che è il sangue a nutrire l'odio anche oltre la tomba. Di conseguenza spetta allo Spiritismo dare una effettiva ragione d'essere e un'utilità pratica al perdono e alla sublime massima del Cristo «Amate i vostri nemici». Non ci sono cuori così perversi da essere insensibili alle buone maniere, anche se non se ne rendono conto. Con le buone maniere si elimina inoltre qualsiasi motivo di rappresaglia. Di un nemico possiamo così fare un amico prima e dopo la morte. Con le cattive maniere lo si inasprisce, ed è allora che serve da strumento della giustizia di Dio per punire chi non l'ha perdonato.
6. Si possono dunque avere
dei nemici fra gli incarnati e fra i disincarnati. I nemici del mondo
invisibile manifestano la loro avversione attraverso le ossessioni e i
soggiogamenti, a cui molte persone sono soggette e che sono una variante
nelle prove della vita. Queste prove, come le altre, aiutano
l'avanzamento e devono essere accettate con rassegnazione, in quanto
conseguenza della natura inferiore del globo terrestre. Se non ci
fossero uomini cattivi sulla Terra, non ci sarebbero Spiriti cattivi
intorno alla Terra. Dunque, se si deve avere dell'indulgenza e della
benevolenza per i nemici incarnati, se ne deve avere anche per quelli
che sono disincarnati.
Un tempo si sacrificavano le vittime nel sangue per placare gli dei infernali, che altro non erano che gli Spiriti cattivi. Agli dei infernali sono succeduti i demoni, che sono la stessa cosa. Lo Spiritismo viene a dimostrare che questi demoni altro non sono che le anime degli uomini perversi, i quali non si sono ancora spogliati degli istinti materiali e che si possono placare solo sacrificando il proprio odio, ossia con la carità. La carità riesce non solo a impedir loro di fare del male, ma anche a ricondurli sulla via del bene, contribuendo alla loro salvezza. È così che la massima «Amate i vostri nemici» non è affatto circoscritta alla stretta cerchia della Terra e della vita presente, ma rientra nella grande legge della solidarietà e della fraternità universale.
Un tempo si sacrificavano le vittime nel sangue per placare gli dei infernali, che altro non erano che gli Spiriti cattivi. Agli dei infernali sono succeduti i demoni, che sono la stessa cosa. Lo Spiritismo viene a dimostrare che questi demoni altro non sono che le anime degli uomini perversi, i quali non si sono ancora spogliati degli istinti materiali e che si possono placare solo sacrificando il proprio odio, ossia con la carità. La carità riesce non solo a impedir loro di fare del male, ma anche a ricondurli sulla via del bene, contribuendo alla loro salvezza. È così che la massima «Amate i vostri nemici» non è affatto circoscritta alla stretta cerchia della Terra e della vita presente, ma rientra nella grande legge della solidarietà e della fraternità universale.
Se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra
7. «Voi
avete udito che fu detto: "Occhio per occhio e dente per dente". Ma io
vi dico: non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla
guancia destra, porgigli anche l'altra; e a chi vuol litigare con te e
prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. Se uno ti costringe a
fare un miglio, fanne con lui due. Dà a chi ti chiede, e a chi desidera
un prestito da te, non voltar le spalle.» (Matteo 5:38-42)
8. I pregiudizi del mondo su
ciò che è stato definito convenzionalmente il punto d'onore danno luogo
a quella suscettibilità ombrosa, che nasce dall'orgoglio e
dall'esaltazione della personalità e che porta l'uomo a rendere ingiuria
per ingiuria, ferita per ferita, cosa che appare come giustizia per
colui il cui senso morale non si eleva al di sopra delle passioni
terrene. È per questo che la legge mosaica diceva: «Occhio per occhio,
dente per dente», legge consona ai tempi in cui viveva Mosè. Gesù è
venuto e ha detto: «Rendete bene per male». Ha detto inoltre: «Non
opponete resistenza al male che vi vogliono fare; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra». All'orgoglioso
questa massima può sembrare codardia, perché non comprende che ci vuole
più coraggio a sopportare un insulto che a vendicarsi, e ciò sempre a
causa del suo modo di vedere, che non va oltre il presente. Bisogna
allora prendere questa massima alla lettera? No, non più di quella che
dice di strappare il proprio occhio se esso è motivo di scandalo.
Portare questa massima alle estreme conseguenze sarebbe condannare ogni
reazione, persino legale, e lasciare via libera ai malvagi liberandoli
da ogni remora. Se non si ponesse un freno alla loro aggressività,
presto tutti i buoni ne sarebbero vittima. Lo stesso istinto di
conservazione, che è una legge di natura, avverte che non si deve
porgere benevolmente il collo all'assassino. Con queste parole Gesù non
ha dunque impedito di difendersi, ma ha condannato la vendetta, dicendo
di porgere l'altra guancia quando una è stata colpita, ossia, sotto
altra forma, di non rendere male al male. Dice che l'uomo deve accettare
con umiltà tutto ciò che tende a contenere il suo orgoglio; che è più
glorioso per lui essere colpito che colpire, sopportare pazientemente
un'ingiustizia che commetterne una; che è meglio essere ingannati che
ingannare, essere rovinati che rovinare. È, allo stesso tempo, la
condanna del duello, che è un'altra manifestazione dell'orgoglio.
La fede nella vita futura e nella giustizia di Dio, che non lascia mai il male impunito, può solo dare la forza di sopportare pazientemente gli attacchi fatti ai nostri interessi e al nostro amor proprio. È per questo che diciamo incessantemente: «Guardate avanti; più vi elevate con il pensiero al di sopra della vita materiale, meno sarete colpiti dalle cose della Terra».
La fede nella vita futura e nella giustizia di Dio, che non lascia mai il male impunito, può solo dare la forza di sopportare pazientemente gli attacchi fatti ai nostri interessi e al nostro amor proprio. È per questo che diciamo incessantemente: «Guardate avanti; più vi elevate con il pensiero al di sopra della vita materiale, meno sarete colpiti dalle cose della Terra».
Istruzioni Degli Spiriti
La vendetta
9. La
vendetta è uno degli ultimi relitti lasciatoci dai costumi barbari che
tendono a sparire fra gli uomini. Essa è, con il duello, una delle
ultime vestigia di quegli usi barbari sotto i quali si dibatteva
l'umanità agli albori dell'era cristiana. È per questo che la vendetta è
un indizio certo dello stato arretrato degli uomini, che se ne vanno
liberando, e degli Spiriti che possono ancora ispirarla. Dunque, amici
miei, questo sentimento non deve mai far vibrare l'animo di chiunque si
dica e si affermi spiritista. Vendicarsi, lo sapete, è talmente
contrario a questa prescrizione di Cristo: “Perdonate i vostri nemici!»
che chi si rifiuta di perdonare, non solo non è Spiritista, ma non è
nemmeno Cristiano. La vendetta è un'ispirazione così più funesta che la
falsità e la bassezza sono sue compagne inseparabili. In effetti, chi si
abbandona a questa fatale e cieca passione non si vendica quasi mai
apertamente. Quando è il più forte, aggredisce come un animale selvatico
colui che chiama suo nemico, accecato dalla passione, dalla collera e
dall'odio. Ma più frequentemente assume un atteggiamento ipocrita,
dissimulando nel profondo del suo cuore i cattivi sentimenti che lo
animano. Prende vie traverse, segue nell'ombra il suo nemico, il quale
nulla sospetta, e attende il momento propizio per colpirlo senza venirne
danneggiato. Si nasconde alla sua vista spiandolo continuamente, gli
tende degli odiosi tranelli e, all'occasione, mette del veleno nel suo
bicchiere. Quando il suo odio non giunge a queste estreme conseguenze,
lo attacca nella sua onorabilità e nei suoi affetti. Non indietreggia
davanti alla calunnia, e le sue perfide insinuazioni, abilmente sparse
ai quattro venti, vanno gonfiandosi cammin facendo. Così, quando il
perseguitato si presenta negli ambienti dove è passato il soffio
velenoso del suo calunniatore, si meraviglia di incontrare visi freddi
che prima conosceva amichevoli e benevoli. Si stupisce quando mani, che
una volta cercavano la sua, si rifiutano di stringergliela. Infine è
annientato quando i suoi amici più cari e vicini si girano e lo
sfuggono. Ah! Il vile che si vendica così è cento volte più colpevole di
chi affronta direttamente il nemico e lo insulta a viso aperto.
Via dunque questi barbari costumi! Via questi usi di altri tempi! Qualsiasi Spiritista che pretendesse di avere ancora oggi il diritto di vendicarsi sarebbe indegno di continuare a far parte della falange che ha assunto il motto: ,Fuori dalla carità, nessuna salvezza!» Ma no, non saprei arrendermi all'idea che un membro della grande famiglia spiritista possa mai cedere in futuro all'impulso della vendetta anziché a quello del perdono.
Via dunque questi barbari costumi! Via questi usi di altri tempi! Qualsiasi Spiritista che pretendesse di avere ancora oggi il diritto di vendicarsi sarebbe indegno di continuare a far parte della falange che ha assunto il motto: ,Fuori dalla carità, nessuna salvezza!» Ma no, non saprei arrendermi all'idea che un membro della grande famiglia spiritista possa mai cedere in futuro all'impulso della vendetta anziché a quello del perdono.
(Jules Olivier, Parigi, 1862)
L'odio
10.
Amatevi l'un l'altro e sarete felici. Assumetevi soprattutto il compito
di amare quelli che vi ispirano indifferenza, odio e disprezzo. Cristo,
che dovete erigere a vostro modello, vi ha dato l'esempio di questa
abnegazione. Missionario d'amore, ha amato fino a donare il Suo sangue e
la Sua vita. Il sacrificio che vi obbliga ad amare quelli che vi
offendono e vi perseguitano è penoso, ma è esattamente questo che vi
rende superiori a loro. Se voi li odiate come essi vi odiano, non valete
più di loro. È questa l'ostia immacolata offerta a Dio sull'altare dei
vostri cuori, l'ostia dai gradevoli profumi che salgono fino a Lui.
Quantunque, se la legge d'amore vuole che si amino indistintamente tutti
i fratelli, essa non corazzi il cuore dai cattivi comportamenti. È, al
contrario, la prova più penosa. Lo so perché durante la mia ultima
esistenza terrena ho provato questo tormento. Ma Dio è là e punisce in
questa vita e nell'altra quanti venissero meno alla legge d'amore. Non
dimenticate, miei cari figli, che l'amore avvicina a Dio e che l'odio ce
ne allontana.
(Fénelon, Bordeaux, 1861)
Il duello
11. È
veramente grande solo chi, considerando la vita come un viaggio che
deve condurlo alla meta, fa poco caso alle asperità del cammino e non si
lascia mai sviare neppure per un istante dalla dritta via. Gli occhi
incessantemente fissi alla meta, poco gli importa che i rovi e le spine
del sentiero possano causargli danno, giacché essi lo sfiorano appena
senza ferirlo e non gli impediscono di avanzare. Mettere a repentaglio
la propria vita per vendicarsi di una ingiuria vuol dire indietreggiare
davanti alle prove della vita. È sempre un crimine agli occhi di Dio, e
se voi non vi faceste ingannare dai pregiudizi, come succede, sarebbe
una ridicola e grandissima follia agli occhi degli uomini.
È criminosa la morte dovuta a un duello, persino la vostra legislazione lo riconosce. Nessuno ha diritto, in nessun caso, di attentare alla vita di un suo simile. È un crimine agli occhi di Dio che ha tracciato la vostra linea di condotta. Qui, più che in qualsiasi altro caso, voi siete giudici della vostra stessa causa. Ricordatevi che vi sarà perdonato secondo quanto voi stessi avrete perdonato. Attraverso il perdono vi avvicinate alla Divinità, perché la clemenza è sorella della potenza. Finché una sola goccia di sangue umano cadrà sulla Terra per mano dell'uomo, il vero Regno di Dio non sarà ancora giunto, questo regno di pacificazione e d'amore che deve bandire per sempre dal vostro globo l'animosità, la discordia, la guerra. Allora, la parola duello esisterà nel vostro linguaggio solo per indicare un ricordo lontano e vago di un passato che non è più: Gli uomini non conosceranno fra loro altro antagonismo che la nobile rivalità del bene.
È criminosa la morte dovuta a un duello, persino la vostra legislazione lo riconosce. Nessuno ha diritto, in nessun caso, di attentare alla vita di un suo simile. È un crimine agli occhi di Dio che ha tracciato la vostra linea di condotta. Qui, più che in qualsiasi altro caso, voi siete giudici della vostra stessa causa. Ricordatevi che vi sarà perdonato secondo quanto voi stessi avrete perdonato. Attraverso il perdono vi avvicinate alla Divinità, perché la clemenza è sorella della potenza. Finché una sola goccia di sangue umano cadrà sulla Terra per mano dell'uomo, il vero Regno di Dio non sarà ancora giunto, questo regno di pacificazione e d'amore che deve bandire per sempre dal vostro globo l'animosità, la discordia, la guerra. Allora, la parola duello esisterà nel vostro linguaggio solo per indicare un ricordo lontano e vago di un passato che non è più: Gli uomini non conosceranno fra loro altro antagonismo che la nobile rivalità del bene.
(Adolphe, Vescovo di Algeri, Marmande, 1861)
12.
Senza dubbio il duello può, in certi casi, essere una prova di coraggio
fisico, di disprezzo della vita, ma è incontestabilmente la prova di
una viltà morale, come il suicidio. Il suicida non ha il coraggio di
affrontare le vicissitudini della vita: il duellante non ha quello di
affrontare le offese. Cristo non vi ha forse detto che ci vuole più
coraggio a porgere la guancia sinistra a chi vi ha colpito la destra,
che a vendicare un affronto? Cristo non ha forse detto a Pietro,
nell'Orto degli Ulivi: «Rimettete le vostre spade nel fodero, perché chi di spada ucciderà, di spada morirà»? Con
queste parole Gesù non condanna forse per sempre il duello? Infatti,
figli miei, che cos'è questo coraggio che nasce da un temperamento
violento, sanguigno e collerico e che si adombra alla prima offesa? Dove
sta dunque la grandezza d'animo di colui che alla minima ingiuria vuole
lavare l'onta con il sangue? Ma che tremi! Perché sempre, in fondo alla
sua coscienza, una voce gli griderà: «Caino! Caino! Che cosa hai fatto a
tuo fratello?» «Ho dovuto ricorrere al sangue per salvare il mio
onore», così dirà a questa voce. Ma essa gli risponderà: «Hai voluto
salvare il tuo onore agli occhi degli uomini per quei pochi istanti che
ti restano da vivere sulla Terra e non hai pensato a salvarlo davanti a
Dio!» Povero insensato! Quanto sangue avrebbe allora dovuto domandare
Cristo per tutti gli oltraggi che ha ricevuto? Non solamente voi l'avete
ferito con le spine e la lancia, non soltanto lo avete appeso a un
patibolo infamante, ma, ancora nel mezzo della Sua agonia, Egli ha
potuto intendere lo scherno di cui veniva fatto oggetto. Quale
riparazione, dopo tanti oltraggi, vi ha domandato? L'ultimo grido
dell'Agnello fu una preghiera per i suoi aguzzini. Oh! Come Lui, anche
voi perdonate e pregate per quelli che vi offendono.
Amici, ricordate questo precetto: «Amatevi gli uni con gli altri» e allora a un colpo inferto dall'odio si risponderà con un sorriso e all'oltraggio con il perdono. Il mondo senza dubbio si ergerà furioso contro di voi e vi tratterà da vile, ma voi levate alta la testa e mostrate allora che la vostra fronte non teme di coronarsi di spine, sull'esempio di Cristo, ma che la vostra mano non vuole essere complice di un cosiddetto delitto autorizzato da una falsa apparenza di onore, che altro non è se non orgoglio e amor proprio. Creandovi, Dio vi ha dato forse il diritto di vita e di morte degli uni sugli altri? No, ha dato questo diritto solo alla natura, per riformarsi e ricostruirsi, ma a voi non ha minimamente permesso di disporre di voi stessi. Come il suicida, colui che duella sarà segnato dal sangue quando arriverà a Dio, e per l'uno e per l'altro il Sovrano Giudice tiene in serbo lunghi e aspri castighi. Se ha minacciato della sua giustizia chi dice raca a suo fratello, quanto sarà più severa la pena per chi apparirà davanti a Dio con le mani rosse del sangue di suo fratello!
Amici, ricordate questo precetto: «Amatevi gli uni con gli altri» e allora a un colpo inferto dall'odio si risponderà con un sorriso e all'oltraggio con il perdono. Il mondo senza dubbio si ergerà furioso contro di voi e vi tratterà da vile, ma voi levate alta la testa e mostrate allora che la vostra fronte non teme di coronarsi di spine, sull'esempio di Cristo, ma che la vostra mano non vuole essere complice di un cosiddetto delitto autorizzato da una falsa apparenza di onore, che altro non è se non orgoglio e amor proprio. Creandovi, Dio vi ha dato forse il diritto di vita e di morte degli uni sugli altri? No, ha dato questo diritto solo alla natura, per riformarsi e ricostruirsi, ma a voi non ha minimamente permesso di disporre di voi stessi. Come il suicida, colui che duella sarà segnato dal sangue quando arriverà a Dio, e per l'uno e per l'altro il Sovrano Giudice tiene in serbo lunghi e aspri castighi. Se ha minacciato della sua giustizia chi dice raca a suo fratello, quanto sarà più severa la pena per chi apparirà davanti a Dio con le mani rosse del sangue di suo fratello!
(Sant'Agostino, Parigi, 1862)
13.
Il duello, inteso come ciò che un tempo si chiamava Giudizio di Dio, è
una delle istituzioni barbare che ancora reggono la società. Che direste
voi se vedeste immergere i due antagonisti nell'acqua bollente o messi a
contatto di un ferro rovente per dirimere la loro disputa, e se vedeste
dare ragione a chi uscisse meglio dalle prove? Considerereste questo
costume insensato. Il duello è ancora peggio. Per un duellante
espertissimo, è un assassinio commesso a sangue freddo con la più
assoluta premeditazione, poiché egli è sicuro del colpo che andrà a
vibrare all'avversario. Per questo, invece quasi certo di soccombere a
causa della sua debolezza e della sua imperizia, è un suicidio commesso
con la più fredda premeditazione. So che sovente si cerca di evitare
questa alternativa, ugualmente criminale, affidandosi al caso. Ma allora
non è forse, sotto altra forma, un ritornare al Giudizio di Dio del
Medioevo? Per di più all'epoca si era infinitamente meno colpevoli. Il
nome stesso di Giudizio di Dio sta a indicare una fede — ingenua per la verità ma pur sempre una fede
— nella giustizia di Dio, che non poteva lasciar soccombere un innocente. Nel duello, invece, ci si affida alla forza bruta, cosicché è l'offeso spesso a soccombere.
Oh, stupido amor proprio, sciocca vanità e folle orgoglio, quando sarete dunque sostituiti dalla carità cristiana, dall'amore per il prossimo e dall'umiltà di cui Cristo ha dato l'esempio e il precetto? Allora soltanto spariranno questi mostruosi pregiudizi che ancora governano gli uomini e che le leggi sono impotenti a reprimere, perché non basta interdire il male e prescrivere il bene, bisogna che il principio del bene e l'orrore per il male siano nel cuore dell'uomo.
— nella giustizia di Dio, che non poteva lasciar soccombere un innocente. Nel duello, invece, ci si affida alla forza bruta, cosicché è l'offeso spesso a soccombere.
Oh, stupido amor proprio, sciocca vanità e folle orgoglio, quando sarete dunque sostituiti dalla carità cristiana, dall'amore per il prossimo e dall'umiltà di cui Cristo ha dato l'esempio e il precetto? Allora soltanto spariranno questi mostruosi pregiudizi che ancora governano gli uomini e che le leggi sono impotenti a reprimere, perché non basta interdire il male e prescrivere il bene, bisogna che il principio del bene e l'orrore per il male siano nel cuore dell'uomo.
(Uno Spirito Protettore, Bordeaux, 1861)
14.
Che opinione si avrà di me, dite voi sovente, se rifiuto la riparazione
che mi viene richiesta, o se non fa richiedo a chi mi ha offeso? I
pazzi come voi, gli uomini arretrati, vi biasimeranno, ma quelli
illuminati dalla fiaccola del progresso intellettuale e morale diranno
che voi agite secondo la vera saggezza. Riflettete un istante: per una
parola spesso detta a caso, e assolutamente inoffensiva, da parte di uno
dei vostri fratelli, il vostro orgoglio si sente urtato, per cui voi
gli rispondete in modo pungente, e da qui scaturisce una provocazione.
Prima di arrivare al momento decisivo, domandatevi se avete agito da
cristiano. Quale conto voi dovrete alla società se la priverete di uno
dei suoi membri? Pensate al rimorso di aver tolto a una moglie suo
marito, a una madre il figlio, a dei figli il padre, loro sostegno.
Certamente chi commette un'offesa deve all'offeso una riparazione. Ma
non sarebbe più onorevole per lui darla spontaneamente riconoscendo i
propri torti, anziché esporre la vita di chi ha diritto di lamentarsi?
Quanto all'offeso, convengo che qualche volta può trovarsi gravemente
colpito, sia nella sua persona sia in rapporto a coloro che gli sono
cari. Non è più soltanto in gioco l'amor proprio, il cuore è ferito,
soffre. Ma, oltre al fatto che è stupido giocarsi la vita per un
miserabile capace di un'infamia, anche se questi morisse, qualsiasi sia
stato il suo affronto, forse che tale affronto non esisterebbe più? Il
sangue sparso non dà più rinomanza a un fatto che, se fosse falso,
cadrebbe di per sé e, se fosse vero, dovrebbe rifugiarsi nel silenzio?
Non resta dunque che la soddisfazione della vendetta appagata. Triste
soddisfazione, ahimè! che sovente lascia già in questa vita dei cocenti
rimorsi. E se è l'offeso a soccombere, dov'è la riparazione?
Quando la carità sarà la regola di condotta degli uomini, essi conformeranno le loro azioni e le loro parole a questa massima: Non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi». Allora spariranno tutte le cause di dissenso e, con esse, quelle che sono causa di duelli e di guerre, che sono poi duelli tra i popoli.
Quando la carità sarà la regola di condotta degli uomini, essi conformeranno le loro azioni e le loro parole a questa massima: Non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi». Allora spariranno tutte le cause di dissenso e, con esse, quelle che sono causa di duelli e di guerre, che sono poi duelli tra i popoli.
(François-Xavier, Bordeaux, 1861)
15. L'uomo
di mondo, l'uomo fortunato che per una parola pungente, un motivo
banale, mette in gioco la sua vita, quella vita che Dio gli ha dato, e
mette a repentaglio la vita del suo simile, quella vita che appartiene
solo a Dio, costui è colpevole cento volte di più del miserabile che,
spinto dalla cupidigia, a volte dalla necessità, penetra nella casa
altrui, ruba ciò che brama e uccide chi lo intralcia nel suo piano.
Costui è quasi sempre un uomo senza alcuna educazione, che ha solo una
nozione approssimativa del bene e del male, mentre il duellante
appartiene quasi sempre alla classe più illuminata. L'uno uccide
brutalmente, l'altro con metodo e stile, cosa che lo rende scusabile
presso la società. Aggiungo anche che il duellante è infinitamente più
colpevole dell'infelice che, cedendo a un sentimento di vendetta, uccide
in un momento di esasperazione. Il duellante non ha la minima scusa,
perché anche se è preso dalla passione, fra l'offesa e la riparazione ha
sempre del tempo per riflettere. Egli agisce dunque freddamente e con
premeditazione. Tutto è calcolato e studiato per ammazzare con la
maggior certezza possibile l'avversario. È vero che espone egli pure la
sua vita, ed è questo che riabilita il duello agli occhi del mondo,
poiché vi si scorge un atto di coraggio e di sprezzo per la propria
vita. Ma c'è del vero coraggio quando si è sicuri di sé? Il duello,
residuo dei tempi della barbarie, quando il diritto del più forte faceva
la legge, sparirà con una più sana interpretazione del vero senso
dell'onore e man mano che l'uomo avrà una fede più viva nella vita
futura.
(Augustin, Bordeaux, 1861)
16. Nota
— I duelli diventano sempre più rari, ma di tanto in tanto se ne vedono
dolorosi esempi, benché il numero non sia paragonabile a quello di un
tempo. Allora, un uomo non usciva di casa senza prevedere uno scontro e
pertanto prendeva delle precauzioni.
Un segno caratteristico del costume dei tempi e dei popoli sta nella consuetudine di portare armi, esibite o celate, offensive e difensive. L'abolizione di questo uso testimonia il civilizzarsi dei costumi ed è interessante seguirne il progresso dall'epoca in cui i cavalieri non cavalcavano mai se non corazzati e armati di lancia, fino ad arrivare a munirsi di una semplice spada, divenuta più un ornamento e un accessorio del blasone che un'arma offensiva.
Un altro aspetto dei costumi è dato dal fatto che una volta i duelli individuali avevano luogo per strada, sotto gli occhi della gente, che si scostava per lasciare campo libero. Oggi ci si nasconde. Oggi la morte di un uomo è un avvenimento, un avvenimento che commuove. Una volta, invece, non ci si faceva caso. Lo Spiritismo toglierà quest'ultimo retaggio di barbarie, infondendo negli uomini lo spirito di carità e di fraternità.
Un segno caratteristico del costume dei tempi e dei popoli sta nella consuetudine di portare armi, esibite o celate, offensive e difensive. L'abolizione di questo uso testimonia il civilizzarsi dei costumi ed è interessante seguirne il progresso dall'epoca in cui i cavalieri non cavalcavano mai se non corazzati e armati di lancia, fino ad arrivare a munirsi di una semplice spada, divenuta più un ornamento e un accessorio del blasone che un'arma offensiva.
Un altro aspetto dei costumi è dato dal fatto che una volta i duelli individuali avevano luogo per strada, sotto gli occhi della gente, che si scostava per lasciare campo libero. Oggi ci si nasconde. Oggi la morte di un uomo è un avvenimento, un avvenimento che commuove. Una volta, invece, non ci si faceva caso. Lo Spiritismo toglierà quest'ultimo retaggio di barbarie, infondendo negli uomini lo spirito di carità e di fraternità.