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IL VANGELO SECONDO LO SPIRITISMO > Capitolo XXVII - DOMANDATE EVI SARÀ DATO
Capitolo XXVII - DOMANDATE EVI SARÀ DATO
Qualità della preghiera
1. Quando
pregate, non siate come gli ipocriti; poiché essi amano pregare stando
in piedi nelle sinagoghe e agli angoli delle piazze per essere visti
dagli uomini. Io vi dico in verità che questo è il premio che ne hanno.
Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta,
rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto; e il Padre tuo, che
vede nel segreto, te ne darà la ricompensa. Nel pregare non usate
troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi
per il gran numero delle loro parole. Non fate dunque come loro, poiché
il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele
chiediate. (Matteo 6:5 8)
2. «Quando
vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate
affinché il Padre vostro, che è nei cieli, vi perdoni le vostre colpe.
Ma se voi non perdonate, neppure il Padre vostro che è nei cieli
perdonerà le vostre colpe.» (Marco 11:25-26)
3. Disse ancora questa parabola per certuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due
uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l'altro
pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: "O
Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri,
ingiusti, adulteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte
alla settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo". Ma il
pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi
al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: "O Dio, abbi pietà di me,
peccatore!" Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato,
piuttosto che quello; perché chiunque s'innalza sarà abbassato; ma chi
si abbassa sarà innalzato». (Luca 18: 9-14)
4. Le qualità della preghiera sono da Gesù chiaramente definite. «Quando pregate — dice — non
pregate stando in piedi nelle sinagoghee agli angoli delle piazze per
essere visti dagli uomini. Ma, quando pregate, rivolgete la preghiera al
Padre vostro che è nel segreto. Nel pregare non usate troppe parole,
pensando di essere esauditi per il gran numero delle parole, poiché il
Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele
chiediate. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro
qualcuno, perdonatelo». La preghiera, infatti, non sarebbe gradita a
Dio se non partisse da un cuore purificato da tutti i sentimenti
contrari alla carità. Pregate infine con umiltà, come il Pubblicano, e
non con ostentazione, come il Fariseo. Esaminate i vostri difetti e non
le vostre qualità e, se vi confrontate con gli altri, cercate ciò che
c'è di male in voi (vedere cap. X, nn. 7 e 8 di quest'opera).
Efficacia della preghiera
5. Perciò vi dico: tutte le cose che voi domanderete pregando, credete che le riceverete, e voi le otterrete. (Marco 11:24)
6. Ci sono persone che
contestano l'efficacia della preghiera e si basano sul principio secondo
il quale, poiché Dio conosce i nostri bisogni, è superfluo farglieli
conoscere. Queste persone aggiungono ancora che, essendo tutto
nell'universo sottomesso a leggi eterne, i nostri voti non possono
cambiare i decreti di Dio.
Senza dubbio ci sono delle leggi naturali e immutabili che Dio non può abrogare secondo il capriccio di ognuno. Ma da qui a credere che tutte le circostanze della vita siano alla mercé della fatalità, la distanza è grande. Se così fosse, l'uomo sarebbe solo uno strumento passivo, senza libero arbitrio e senza iniziativa. In questa ipotesi, non gli rimarrebbe che chinare la testa sotto i colpi del destino, senza cercare di evitarli. Egli, perciò, non avrebbe dovuto cercare di deviare il fulmine. Dio non gli ha certo dato il raziocinio e l'intelligenza per non servirsene, la volontà per non volere, l'attività per restarsene inattivo. Essendo l'uomo libero di agire in un senso o nell'altro, le sue azioni hanno, per lui e per gli altri, delle conseguenze subordinate a ciò ch'egli fa o non fa. Grazie alla sua iniziativa, ci sono dunque dei fatti che sfuggono necessariamente alla fatalità e che non vanificano l'armonia delle leggi universali più di quanto l'anticipo o il ritardo di un pendolo non vanifichi la legge che presiede al suo movimento. Dio può dunque accogliere certe domande senza derogare all'immutabilità delle leggi che reggono l'insieme, rimanendo la Sua adesione sempre subordinata alla Sua volontà.
Senza dubbio ci sono delle leggi naturali e immutabili che Dio non può abrogare secondo il capriccio di ognuno. Ma da qui a credere che tutte le circostanze della vita siano alla mercé della fatalità, la distanza è grande. Se così fosse, l'uomo sarebbe solo uno strumento passivo, senza libero arbitrio e senza iniziativa. In questa ipotesi, non gli rimarrebbe che chinare la testa sotto i colpi del destino, senza cercare di evitarli. Egli, perciò, non avrebbe dovuto cercare di deviare il fulmine. Dio non gli ha certo dato il raziocinio e l'intelligenza per non servirsene, la volontà per non volere, l'attività per restarsene inattivo. Essendo l'uomo libero di agire in un senso o nell'altro, le sue azioni hanno, per lui e per gli altri, delle conseguenze subordinate a ciò ch'egli fa o non fa. Grazie alla sua iniziativa, ci sono dunque dei fatti che sfuggono necessariamente alla fatalità e che non vanificano l'armonia delle leggi universali più di quanto l'anticipo o il ritardo di un pendolo non vanifichi la legge che presiede al suo movimento. Dio può dunque accogliere certe domande senza derogare all'immutabilità delle leggi che reggono l'insieme, rimanendo la Sua adesione sempre subordinata alla Sua volontà.
7. Sarebbe illogico dedurre dalla massima, «Tutte le cose, che voi domanderete pregando, voi le otterrete», che
è sufficiente domandare per ottenere. Così come sarebbe ingiusto
accusare la Provvidenza se essa non accoglie tutte le richieste che le
vengono rivolte, dal momento che la Provvidenza sa meglio di noi ciò che
per noi è bene. Proprio come avviene quando un padre saggio rifiuta al
figlio le cose contrarie all'interesse di quest'ultimo. L'uomo,
generalmente, vede solo il presente. Ora, se la sofferenza è utile per
la sua felicità futura, Dio lo lascerà soffrire, come il chirurgo lascia
soffrire il malato per un'operazione che deve portarlo alla guarigione.
Ciò che Dio gli accorderà, se si rivolge a Lui con fiducia, è il coraggio, la pazienza e la rassegnazione. Ciò che gli concede ancora sono i mezzi per superare le difficoltà, con l'aiuto delle idee che gli fa suggerire dai buoni Spiriti, lasciandogliene così il merito. Dio assiste quelli che si aiutano da soli, secondo la massima "Aiutati che il Cielo ti aiuterà", e non quelli che si aspettano tutto dall'aiuto altrui, senza fare uso delle loro stesse facoltà. Ma per lo più si preferisce essere soccorsi da un miracolo senza dover sobbarcarsi a una qualsiasi fatica (vedere cap. XXV, n. 1 e segg. di quest'opera).
Ciò che Dio gli accorderà, se si rivolge a Lui con fiducia, è il coraggio, la pazienza e la rassegnazione. Ciò che gli concede ancora sono i mezzi per superare le difficoltà, con l'aiuto delle idee che gli fa suggerire dai buoni Spiriti, lasciandogliene così il merito. Dio assiste quelli che si aiutano da soli, secondo la massima "Aiutati che il Cielo ti aiuterà", e non quelli che si aspettano tutto dall'aiuto altrui, senza fare uso delle loro stesse facoltà. Ma per lo più si preferisce essere soccorsi da un miracolo senza dover sobbarcarsi a una qualsiasi fatica (vedere cap. XXV, n. 1 e segg. di quest'opera).
8. Facciamo un esempio. Un
uomo si perde nel deserto, soffre terribilmente la sete, si sente venir
meno e si lascia cadere a terra. Prega Dio di assisterlo e attende. Ma
nessun angelo viene a portargli da bere. Ciononostante uno Spirito buono
gli suggerisce di alzarsi e di seguire uno
dei sentieri che si trovano davanti a lui. Allora, con movimento
meccanico, l'uomo raccoglie le sue forze, si alza e cammina alla
ventura. Giunto su un'altura, scopre in lontananza un ruscello alla cui
vista riprende coraggio. Se ha fede griderà: «Grazie, mio Dio, del
pensiero che mi avete ispirato e della forza che mi avete dato». Se non
ha fede, dirà: «Che bell'idea ho avuto! Che fortuna ho
avuto a prendere il sentiero di destra anziché quello di sinistra. Il
caso serve pure qualche volta! Mi compiaccio per il mio coraggio e per non essermi lasciato abbattere!»
Ma, si dirà, perché lo Spirito buono non gli ha detto chiaramente: «Segui questo sentiero e in fondo troverai ciò di cui hai bisogno?» Perché non gli si è mostrato per guidarlo e sostenerlo nel suo momento di debolezza? In questo modo l'avrebbe convinto dell'intervento della Provvidenza. Prima di tutto per insegnargli che bisogna aiutarsi da se stessi e fare uso delle proprie forze. In secondo luogo, attraverso l'incertezza, Dio verifica la fiducia in Lui e la sottomissione alla Sua volontà. Quest'uomo si trovava nella condizione di un bambino che cade: se scorge qualcuno, grida e aspetta che vengano a rialzarlo; se non vede nessuno si sforza e cerca di alzarsi da solo.
Se l'angelo che accompagnava Tobia gli avesse detto: «Io sono mandato da Dio per guidarti nel tuo viaggio e preservarti da ogni danno», Tobia non avrebbe avuto nessun merito perché, fidandosi del suo compagno, non avrebbe avuto neppure bisogno di pensare: è per questo che l'angelo si è fatto riconoscere solo al ritorno.
Ma, si dirà, perché lo Spirito buono non gli ha detto chiaramente: «Segui questo sentiero e in fondo troverai ciò di cui hai bisogno?» Perché non gli si è mostrato per guidarlo e sostenerlo nel suo momento di debolezza? In questo modo l'avrebbe convinto dell'intervento della Provvidenza. Prima di tutto per insegnargli che bisogna aiutarsi da se stessi e fare uso delle proprie forze. In secondo luogo, attraverso l'incertezza, Dio verifica la fiducia in Lui e la sottomissione alla Sua volontà. Quest'uomo si trovava nella condizione di un bambino che cade: se scorge qualcuno, grida e aspetta che vengano a rialzarlo; se non vede nessuno si sforza e cerca di alzarsi da solo.
Se l'angelo che accompagnava Tobia gli avesse detto: «Io sono mandato da Dio per guidarti nel tuo viaggio e preservarti da ogni danno», Tobia non avrebbe avuto nessun merito perché, fidandosi del suo compagno, non avrebbe avuto neppure bisogno di pensare: è per questo che l'angelo si è fatto riconoscere solo al ritorno.
Azione della preghiera. Trasmissione del pensiero
9. La preghiera è
un'invocazione attraverso cui ci si mette in relazione mentale con
l'essere al quale ci si rivolge. Essa può avere per oggetto una
richiesta, un ringraziamento o una glorificazione. Si può pregare per se
stessi o per altri, per i vivi o per i morti. Le preghiere indirizzate a
Dio vengono udite dagli Spiriti incaricati della realizzazione della
Sua volontà; quelle indirizzate ai buoni Spiriti vengono anch'esse
riportate a Dio. Quando ci si rivolge ad altri esseri anziché a Dio, è
solo a titolo di intermediari, di intercessori, perché niente può essere
fatto senza la volontà di Dio.
10. Lo Spiritismo ci fa
comprendere l'azione della preghiera, spiegando le modalità di
trasmissione del pensiero, sia che l'essere pregato venga al nostro
appello, sia che il nostro pensiero giunga a lui. Per rendersi conto di
ciò che succede in certe circostanze, bisogna immaginare tutti gli
esseri, incarnati e disincarnati, immersi nel fluido universale che
occupa lo spazio, così come su questa Terra lo siamo noi nell'atmosfera.
Questo fluido riceve un impulso dalla volontà, che è il veicolo del
pensiero, come l'aria è il veicolo del suono, con la differenza che le
vibrazioni dell'aria sono circoscritte, mentre quelle del fluido
universale si estendono all'infinito. Perciò, quando il pensiero viene
diretto a un essere qualsiasi, sulla Terra o nello spazio, da incarnato a
disincarnato o da disincarnato a incarnato, una corrente fluidica si
stabilisce dall'uno all'altro, trasmettendo il pensiero come l'aria
trasmette il suono.
La forza della corrente è commisurata a quelle del pensiero e della volontà. È così che la preghiera viene captata dagli Spiriti, in qualsiasi posto essi si trovino, è così che gli Spiriti comunicano fra di loro, è così che ci trasmettono le loro ispirazioni, ed è così che si stabiliscono dei rapporti a distanza fra gli incarnati.
Questa spiegazione è rivolta soprattutto a quelli che non con prendono l'utilità della preghiera puramente mistica, la quale non riguarda assolutamente la preghiera a fini pratici, ma ha lo scopo di rendere intelligibili i suoi effetti, dimostrando che essa può avere un'azione diretta ed effettiva. Non per questo essa resta meno subordinata alla volontà di Dio, giudice supremo di tutte le cose, il solo che può rendere la sua azione efficace.
La forza della corrente è commisurata a quelle del pensiero e della volontà. È così che la preghiera viene captata dagli Spiriti, in qualsiasi posto essi si trovino, è così che gli Spiriti comunicano fra di loro, è così che ci trasmettono le loro ispirazioni, ed è così che si stabiliscono dei rapporti a distanza fra gli incarnati.
Questa spiegazione è rivolta soprattutto a quelli che non con prendono l'utilità della preghiera puramente mistica, la quale non riguarda assolutamente la preghiera a fini pratici, ma ha lo scopo di rendere intelligibili i suoi effetti, dimostrando che essa può avere un'azione diretta ed effettiva. Non per questo essa resta meno subordinata alla volontà di Dio, giudice supremo di tutte le cose, il solo che può rendere la sua azione efficace.
11. Con la preghiera, l'uomo
attrae a sé il concorso dei buoni Spiriti, che vengono a sostenerlo
nelle sue buone risoluzioni e gli ispirano buoni pensieri. Egli
acquisisce così la forza morale necessaria per vincere le difficoltà e
ritornare sulla retta via, qualora se ne fosse allontanato. In questo
modo può allontanare i mali che attirerebbe con i suoi errori. Un uomo,
per esempio, vede la sua salute pregiudicata dagli eccessi da lui
commessi e si porta dietro, fino alla fine dei suoi giorni, una vita di
sofferenza. Ha il diritto di lamentarsi se non ottiene la guarigione?
No, perché avrebbe potuto trovare nella preghiera la forza per resistere
alle tentazioni.
12. Se dividessimo in due
parti i mali della vita — nell'una i mali che l'uomo non può evitare e
nell'altra le tribolazioni di cui è egli stesso causa, dovuti
innanzitutto alla sua incuria e ai suoi eccessi (vedere cap. V, n. 4 di
quest'opera) — si noterà che quest'ultima parte supera di molto la prima
per numero di mali. È dunque perfettamente evidente che l'uomo è
l'autore della maggior parte delle sue afflizioni e che potrebbe
evitarle se agisse sempre con saggezza e prudenza.
È pure certo che queste miserie sono il risultato delle nostre infrazioni alle leggi di Dio, e che, se noi osservassimo puntualmente queste leggi, saremmo perfettamente felici. Se, inoltre, non superassimo i limiti del necessario nella soddisfazione dei nostri bisogni, non contrarremmo le malattie che sono la conseguenza dei nostri eccessi e non incorreremmo nelle tribolazioni che esse comportano. Se poi mettessimo dei limiti alla nostra ambizione, non vivremmo nel timore della rovina. Se non volessimo salire più in alto di quanto possiamo, non avremmo paura di cadere. Se fossimo umili, non subiremmo le delusioni dell'orgoglio ferito. Se praticassimo la legge della carità, non saremmo né maldicenti né invidiosi né gelosi ed eviteremmo le dispute e i contrasti. Se non facessimo del male a nessuno, non ne temeremmo la vendetta ecc.
Ammettiamo pure che l'uomo nulla possa sugli altri mali e che qualsiasi preghiera fosse superflua per preservarsene, non sarebbe già molto essersi liberato di quelli originati da lui stesso? Ora, a questo punto l'azione della preghiera si comprende agevolmente, perché essa ha per effetto di evocare l'ispirazione salutare dei buoni Spiriti, di domandar loro la forza per resistere ai cattivi pensieri, la cui attuazione può esserci funesta. In questo caso, non è il male che essi allontanano da noi, ma allontanano noi stessi dal cattivo pensiero che può causare il male. Essi non contravvengono in nessun modo ai decreti di Dio né minimamente sospendono il corso delle leggi della natura. Semplicemente ci impediscono di infrangerle, guidando id nostro libero arbitrio. Ma lo fanno a nostra insaputa, in modo occulto, per non limitare la nostra volontà. L'uomo si trova allora nella posizione di chi sollecita i buoni consigli e li mette in pratica, ma è sempre libero di seguirli oppure no. Dio vuole che sia così, per lasciargli la responsabilità dei suoi atti e il merito della scelta fra il bene e il male. È in questo caso che l'uomo è sempre certo di ottenere ciò che chiede, se lo chiede con fervore. È in questo caso soprattutto che si possono applicare le parole: «Domandate e vi sarà dato».
L'efficacia della preghiera, anche se ridotta a queste dimensioni, non produrrebbe forse già un grandissimo risultato? È stato riservato allo Spiritismo di dimostrarci la sua azione mediante la rivelazione dei rapporti esistenti fra il mondo fisico e quello spirituale. Ma non solo a questo si limitano gli effetti della preghiera.
La preghiera è raccomandata da tutti gli Spiriti. Rinunciare alla preghiera significa disconoscere la bontà di Dio, significa rinunciare alla loro assistenza per noi stessi, al bene che si può loro fare per gli altri.
È pure certo che queste miserie sono il risultato delle nostre infrazioni alle leggi di Dio, e che, se noi osservassimo puntualmente queste leggi, saremmo perfettamente felici. Se, inoltre, non superassimo i limiti del necessario nella soddisfazione dei nostri bisogni, non contrarremmo le malattie che sono la conseguenza dei nostri eccessi e non incorreremmo nelle tribolazioni che esse comportano. Se poi mettessimo dei limiti alla nostra ambizione, non vivremmo nel timore della rovina. Se non volessimo salire più in alto di quanto possiamo, non avremmo paura di cadere. Se fossimo umili, non subiremmo le delusioni dell'orgoglio ferito. Se praticassimo la legge della carità, non saremmo né maldicenti né invidiosi né gelosi ed eviteremmo le dispute e i contrasti. Se non facessimo del male a nessuno, non ne temeremmo la vendetta ecc.
Ammettiamo pure che l'uomo nulla possa sugli altri mali e che qualsiasi preghiera fosse superflua per preservarsene, non sarebbe già molto essersi liberato di quelli originati da lui stesso? Ora, a questo punto l'azione della preghiera si comprende agevolmente, perché essa ha per effetto di evocare l'ispirazione salutare dei buoni Spiriti, di domandar loro la forza per resistere ai cattivi pensieri, la cui attuazione può esserci funesta. In questo caso, non è il male che essi allontanano da noi, ma allontanano noi stessi dal cattivo pensiero che può causare il male. Essi non contravvengono in nessun modo ai decreti di Dio né minimamente sospendono il corso delle leggi della natura. Semplicemente ci impediscono di infrangerle, guidando id nostro libero arbitrio. Ma lo fanno a nostra insaputa, in modo occulto, per non limitare la nostra volontà. L'uomo si trova allora nella posizione di chi sollecita i buoni consigli e li mette in pratica, ma è sempre libero di seguirli oppure no. Dio vuole che sia così, per lasciargli la responsabilità dei suoi atti e il merito della scelta fra il bene e il male. È in questo caso che l'uomo è sempre certo di ottenere ciò che chiede, se lo chiede con fervore. È in questo caso soprattutto che si possono applicare le parole: «Domandate e vi sarà dato».
L'efficacia della preghiera, anche se ridotta a queste dimensioni, non produrrebbe forse già un grandissimo risultato? È stato riservato allo Spiritismo di dimostrarci la sua azione mediante la rivelazione dei rapporti esistenti fra il mondo fisico e quello spirituale. Ma non solo a questo si limitano gli effetti della preghiera.
La preghiera è raccomandata da tutti gli Spiriti. Rinunciare alla preghiera significa disconoscere la bontà di Dio, significa rinunciare alla loro assistenza per noi stessi, al bene che si può loro fare per gli altri.
13. Nell'acconsentire alla
richiesta che Gli viene indirizzata, Dio sovente dimostra di voler
ricompensare l'intenzione, la devozione e la fede di colui che prega.
Ecco perché la preghiera dell'uomo dabbene ha più merito al cospetto di
Dio ed è sempre più efficace. L'uomo peccatore e malvagio, infatti, non
può pregare con il fervore e la fiducia, che possono nascere solo dal
sentimento della vera pietà. Dal cuore dell'egoista, di colui che prega a
parole, potranno nascere solo parole, ma
non lo slancio della carità, che dà alla preghiera tutta la sua potenza.
Ciò è talmente evidente che istintivamente ci si raccomanda di
preferenza alle preghiere di coloro di cui si avverte una condotta
gradita a Dio, perché sono più ascoltati.
14. Se la preghiera esercita
una specie di azione magnetica, si potrebbe credere che sia un effetto
subordinato a una potenza fluidica. Ma non è affatto così. Gli Spiriti,
esercitando questa azione sugli uomini, integrano, quando ciò è
necessario, le carenze di colui che prega, sia agendo direttamente a suo nome, sia dandogli momentaneamente una forza eccezionale, quando viene giudicato degno di questo favore o se ciò può essergli utile.
L'uomo che non si creda abbastanza buono per esercitare un'influenza salutare non deve astenersi dal pregare per gli altri, nella convinzione di non essere degno d'essere ascoltato. La coscienza della propria inferiorità è una prova d'umiltà gradita a Dio, il quale tiene sempre conto dell'intenzione caritatevole che anima tale individuo. Il suo fervore e la sua fiducia in Dio sono un primo passo verso il ritorno al bene, che i buoni Spiriti sono felici di incoraggiare. La preghiera che viene rifiutata è quella dell'orgoglioso, che ha fedenella sua potenza e nei suoi meriti e che crede di potersi sostituire alla volontà dell'Eterno.
L'uomo che non si creda abbastanza buono per esercitare un'influenza salutare non deve astenersi dal pregare per gli altri, nella convinzione di non essere degno d'essere ascoltato. La coscienza della propria inferiorità è una prova d'umiltà gradita a Dio, il quale tiene sempre conto dell'intenzione caritatevole che anima tale individuo. Il suo fervore e la sua fiducia in Dio sono un primo passo verso il ritorno al bene, che i buoni Spiriti sono felici di incoraggiare. La preghiera che viene rifiutata è quella dell'orgoglioso, che ha fedenella sua potenza e nei suoi meriti e che crede di potersi sostituire alla volontà dell'Eterno.
15.
La potenza della preghiera si trova nel pensiero e non riguarda né le
parole né il luogo né il momento in cui si fa. Si può perciò pregare
ovunque e in qualsiasi momento, da soli o con gli altri. L'influenza del
luogo e del tempo riguarda le circostanze, che possono favorire il
raccoglimento. La preghiera collettiva ha un'azione più potente a patto, però, che tutti quelli che pregano si uniscano col cuore in uno stesso pensiero e abbiano lo stesso scopo. È
come se molti gridassero all'unisono. Ma che importanza ha essere
riuniti in molti se ognuno agisce isolatamente e per conto suo? Cento
persone riunite possono pregare come degli egoisti, mentre due o tre,
uniti da una comune aspirazione, pregheranno come veri fratelli in Dio, e
la loro preghiera avrà più potenza di quella degli altri cento (vedere
cap. XXVIII, nn. 4 e 5 di quest'opera).
Preghiere intelligibili
16.
Se quindi non comprendo il significato del linguaggio sarò uno
straniero per chi parla, e chi parla sarà uno straniero per me. (...)
Poiché se prego in altra lingua, prega lo spirito mio, ma la mia
intelligenza rimane infruttuosa. (...) Altrimenti, se tu benedici Dio
soltanto con lo spirito, colui che occupa il posto come semplice uditore
come potrà dire: Amen!» alla tua preghiera di ringraziamento, visto che
non sa quello che tu dici? Quanto a te, certo, tu fai un bel
ringraziamento; ma l'altro non è edificato. (I Corinzi 14:11, 14, 16-17)
17. La preghiera ha valore
solo per il pensiero che la anima. Ora, è impossibile animare con un
pensiero ciò che non si comprende, perché ciò che non si comprende non
può toccare il cuore. Per la stragrande maggioranza, le preghiere in una
lingua che non si comprende sono solo un insieme di parole che non
dicono niente allo spirito. Affinché la preghiera commuova, bisogna che
ogni parola risvegli un'idea. Ma, e se non la si comprende, essa non può
risvegliare niente. La si ripete come una semplice formula, che ha più o
meno valore secondo il numero di volte che viene ripetuta. Molti
pregano per dovere, alcuni persino in conformità all'abitudine. Ecco
perché si giudicano assolti quando hanno detto una preghiera un
determinato numero di volte e nel tale o talaltro ordine. Dio legge nel
fondo dei cuori, vede il pensiero e la sincerità, e significherebbe
sminuirne la grandezza qualora Lo si ritenesse più sensibile alla forma
che allo spirito (vedere cap. XXVIII, n. 2 di quest'opera).
Sulla preghiera per i morti e per gli Spiriti sofferenti
18. La preghiera viene
richiesta dagli Spiriti sofferenti. Per loro è utile perché, constatando
che si pensa a loro, si sentono meno trascurati, sono insomma meno
infelici. Ma la preghiera ha su di loro un'azione più diretta: rianima
il loro coraggio, fa leva sul loro desiderio di pentimento e di
riparazione e può distoglierli dal pensiero del male. È in questo modo
che la preghiera può non solo alleggerire, ma abbreviare le loro
sofferenze (vedere Il Cielo e l'Inferno, 2a parte: "Esempi").
19. Certe persone non
ritengono necessario pregare per i morti, perché, secondo il loro credo,
per l'anima ci sono solo due alternative: salvarsi o essere condannata
alle pene eterne, e pertanto nell'uno e nell'altro caso la preghiera è
inutile. Senza discutere il valore di questo convincimento, ammettiamo
per un istante che le pene eterne esistano, e che le nostre preghiere
siano impotenti a porvi fine. Noi domandiamo se, in questa ipotesi, è
logico, caritatevole e cristiano rifiutare la preghiera per i dannati.
Queste preghiere, per quanto nell'impossibilità di liberarli, non sono
forse per loro un segno di pietà che può alleviare le sofferenze? Sulla
Terra, quando un uomo è condannato all'ergastolo, anche se non c'è
alcuna speranza di ottenerne la grazia, è forse impedito a una persona
caritatevole di andare a sostenerne i ferri per alleggerirgli il peso?
Quando qualcuno è colpito da un male incurabile, si deve forse, dal
momento che non c'è alcuna speranza di guarigione, abbandonarlo senza
consolazione? Immaginate che fra i condannati possa trovarsi una persona
che vi è stata cara, un amico, forse un padre, una madre o un figlio.
Perché secondo voi, non potendosi sperare nella grazia, dovreste
rifiutargli un bicchiere d'acqua per sedarne la sete? Un medicamento per
curare le sue ferite? Voi non fareste per lui quello che fareste per un
forzato? Non gli dareste una testimonianza d'amore, una consolazione?
No, ciò non sarebbe cristiano. Un credo che inaridisca il cuore non può
allearsi con quello di Dio, che mette al primo posto tra i doveri
l'amore per il prossimo.
La non-eternità delle pene non implica affatto la negazione di una pena temporanea, perché Dio nella Sua giustizia non può confondere il bene con il male. Ora, negare in questo caso l'efficacia della preghiera sarebbe come negare l'efficacia della consolazione, dell'incoraggiamento e dei buoni consigli. Sarebbe negare la forza che si può trarre dall'assistere moralmente coloro che ci vogliono bene.
La non-eternità delle pene non implica affatto la negazione di una pena temporanea, perché Dio nella Sua giustizia non può confondere il bene con il male. Ora, negare in questo caso l'efficacia della preghiera sarebbe come negare l'efficacia della consolazione, dell'incoraggiamento e dei buoni consigli. Sarebbe negare la forza che si può trarre dall'assistere moralmente coloro che ci vogliono bene.
20. Altri si fondano su una
ragione più pretestuosa: l'immutabilità dei decreti divini. Dio, dicono
essi, non può mutare le Sue decisioni su richiesta delle Sue creature.
Se così fosse, niente più sarebbe stabile' nel mondo. È necessario che
l'uomo, pertanto, non chieda niente a Dio: deve solo sottomettersi a Lui
e adorarlo.
C'è in questa idea un fraintendimento circa l'immutabilità della legge divina o, meglio, una ignoranza della legge per quanto concerne il castigo futuro. Questa legge è rivelata dagli Spiriti del Signore oggi che l'uomo è maturo per comprendere ciò che nella fede è conforme o contrario agli attributi divini.
Secondo il dogma sull'eternità assoluta delle pene, non si prende in considerazione il rimorso del colpevole né il suo pentimento, e inutile è qualsiasi suo desiderio di migliorarsi. Come dire che egli è condannato a restare nel male eternamente. Se invece è condannato per un tempo determinato, la pena cesserà quando il tempo sarà esaurito. Ma chi dice che allora sarà giunto ad avere sentimenti migliori? Chi dice, sull'esempio di molti condannati della Terra alla loro uscita di prigione, che non sarà cattivo quanto prima? Nel primo caso si manterrebbe nel dolore della punizione un uomo ritornato al bene. Nel secondo, si grazierebbe chi è rimasto colpevole. La legge di Dio è più previdente. Sempre giusta, equa e misericordiosa, non fissa nessuna durata della pena, qualunque essa sia. Si riassume così:
C'è in questa idea un fraintendimento circa l'immutabilità della legge divina o, meglio, una ignoranza della legge per quanto concerne il castigo futuro. Questa legge è rivelata dagli Spiriti del Signore oggi che l'uomo è maturo per comprendere ciò che nella fede è conforme o contrario agli attributi divini.
Secondo il dogma sull'eternità assoluta delle pene, non si prende in considerazione il rimorso del colpevole né il suo pentimento, e inutile è qualsiasi suo desiderio di migliorarsi. Come dire che egli è condannato a restare nel male eternamente. Se invece è condannato per un tempo determinato, la pena cesserà quando il tempo sarà esaurito. Ma chi dice che allora sarà giunto ad avere sentimenti migliori? Chi dice, sull'esempio di molti condannati della Terra alla loro uscita di prigione, che non sarà cattivo quanto prima? Nel primo caso si manterrebbe nel dolore della punizione un uomo ritornato al bene. Nel secondo, si grazierebbe chi è rimasto colpevole. La legge di Dio è più previdente. Sempre giusta, equa e misericordiosa, non fissa nessuna durata della pena, qualunque essa sia. Si riassume così:
21. «L’uomo subisce sempre
le conseguenze delle sue colpe, e non c'è una sola infrazione alla legge
di Dio che non abbia la sua pena.»
«Ta severità del castigo è proporzionale alla gravità della colpa.»
«La durata del castigo per qualsiasi colpa è indeterminata ed è subordinata al pentimento del colpevole e al suo ritorno al bene. La pena dura quanto persiste l'ostinazione nel male: sarà eterna se l'ostinazione è eterna; sarà di breve durata se il pentimento è immediato.»
«Nel momento stesso in cui il colpevole implora misericordia, Dio lo sente e gli invia la speranza. Ma il semplice pentimento del male non basta: ci vuole la riparazione. È per questo che il colpevole viene sottoposto a nuove prove, nelle quali può, sempre di sua volontà, fare del bene in riparazione del male che ha fato.»
«L'uomo è così costantemente arbitro della sua stessa sorte, potendo abbreviare la sua pena o prolungarla indefinitamente. La sua felicità o infelicità dipende dalla sua volontà di fare il bene.»
Questa è la legge, legge immutabile e conforme alla bontà e alla giustizia di Dio.
Lo Spirito colpevole e infelice, in questo modo, può sempre salvarsi da solo; sarà la legge di Dio a indicargli a quali condizioni può farlo. Le cose che per lo più gli mancano sono la volontà, la forza e il coraggio. Se con le nostre preghiere noi gli ispiriamo questa volontà, se lo sosteniamo e lo incoraggiamo, se con i nostri consigli gli diamo i lumi che gli mancano, noi non sollecitiamo affatto Dio a derogare alla Sua legge, ma noi diventiamo gli strumenti per l'applicazione della Sua legge d'amore e di carità, alla quale Egli ci permette anche di partecipare, affinché offriamo noi stessi una prova di carità (vedere Cielo e l'Inferno, 1a parte, cap. IV, VII, VIII).
«Ta severità del castigo è proporzionale alla gravità della colpa.»
«La durata del castigo per qualsiasi colpa è indeterminata ed è subordinata al pentimento del colpevole e al suo ritorno al bene. La pena dura quanto persiste l'ostinazione nel male: sarà eterna se l'ostinazione è eterna; sarà di breve durata se il pentimento è immediato.»
«Nel momento stesso in cui il colpevole implora misericordia, Dio lo sente e gli invia la speranza. Ma il semplice pentimento del male non basta: ci vuole la riparazione. È per questo che il colpevole viene sottoposto a nuove prove, nelle quali può, sempre di sua volontà, fare del bene in riparazione del male che ha fato.»
«L'uomo è così costantemente arbitro della sua stessa sorte, potendo abbreviare la sua pena o prolungarla indefinitamente. La sua felicità o infelicità dipende dalla sua volontà di fare il bene.»
Questa è la legge, legge immutabile e conforme alla bontà e alla giustizia di Dio.
Lo Spirito colpevole e infelice, in questo modo, può sempre salvarsi da solo; sarà la legge di Dio a indicargli a quali condizioni può farlo. Le cose che per lo più gli mancano sono la volontà, la forza e il coraggio. Se con le nostre preghiere noi gli ispiriamo questa volontà, se lo sosteniamo e lo incoraggiamo, se con i nostri consigli gli diamo i lumi che gli mancano, noi non sollecitiamo affatto Dio a derogare alla Sua legge, ma noi diventiamo gli strumenti per l'applicazione della Sua legge d'amore e di carità, alla quale Egli ci permette anche di partecipare, affinché offriamo noi stessi una prova di carità (vedere Cielo e l'Inferno, 1a parte, cap. IV, VII, VIII).
Istruzioni Degli Spiriti
Modo di pregare
22.
Il primo dovere di ogni creatura umana, il primo atto che deve indicare
il ritorno alla vita attiva di ogni giorno è la preghiera. Voi pregate
quasi tutti, ma quanto pochi sanno veramente pregare! Che cosa volete
che importino al Signore quelle frasi che voi rileggete una dopo l'altra
meccanicamente, per abitudine, come un dovere da compiere e che, come
tale, vi pesa?
La preghiera del Cristiano, dello Spiritista di qualsiasi culto egli sia, dev'essere fatta al momento del risveglio. Essa deve elevarsi fino ai piedi della maestà divina con umiltà e profondità, in uno slancio riconoscente per tutti i benefici concessi fino a quel giorno; riconoscente per la notte trascorsa, durante la quale vi è stato permesso, benché a vostra insaputa, di ritornare dai vostri amici, dalle vostre guide, per trarre al loro contatto nuove forze e una maggior perseveranza. Deve levarsi umile ai piedi del Signore, per raccomandargli la vostra debolezza, domandargli il Suo appoggio, la Sua indulgenza, la Sua misericordia. Dev'essere profonda, perché è la vostra anima che deve elevarsi fino al Creatore, che deve trasfigurarsi come Gesù sul Monte Tabor e giungere candida e radiosa di speranza e d'amore.
La vostra preghiera deve contenere sì la domanda delle grazie di cui avete bisogno, ma un bisogno reale. Inutile pertanto domandare al Signore di abbreviare il tempo delle vostre prove, di darvi felicità e ricchezza. Domandategli invece di concedervi beni ben più preziosi, quelli cioè della pazienza, della rassegnazione e della fede. Non dite, come succede a molti di voi: «Non vale la pena pregare, perché Dio non esaudisce la mia preghiera». Che cosa domandate a Dio per lo più? Vi siete mai ricordati di chiedergli il vostro miglioramento morale? Solo poche volte. Voi pensate sempre a chiedergli la riuscita nelle vostre imprese terrene e sovente avete esclamato: «Dio non si occupa di noi, se se ne occupasse non ci sarebbero tante ingiustizie». Insensati! Ingrati! Se voi scendeste nel profondo della vostra coscienza, trovereste quasi sempre in voi stessi l'origine dei mali di cui vi lamentate. Domandate dunque, prima di tutto, il vostro miglioramento morale, e vedrete quale torrente di grazie e di consolazioni si riverserà su di voi (vedere cap. V, n. 4 di quest'opera).
Voi dovete pregare incessantemente. Ma per questo non è necessario che vi ritiriate nella vostra nicchia o che vi gettiate in ginocchio sulla pubblica piazza. La preghiera quotidiana è l'adempimento stesso dei vostri doveri, dei vostri doveri senza eccezione, di qualsiasi natura essi siano. Non è forse un atto d'amore verso il Signore assistere i vostri fratelli per una qualsiasi necessità, morale o fisica? Non è forse un atto di riconoscenza elevare il vostro pensiero verso di Lui allorché qualcosa di felice vi tocca, un incidente vi viene evitato, una contrarietà vi ha semplicemente solo sfiorato? E sarà ancora un atto di gratitudine se voi direte, anche solo mentalmente: «Siate benedetto, Padre mio!» Non è forse un atto di contrizione — quando avete coscienza di aver sbagliato — quello di dire umilmente al Supremo Giudice, anche solo con un rapido pensiero: «Perdonatemi, mio Dio, perché io ho peccato (per orgoglio o per egoismo o per mancanza di carità). Ora, datemi la forza di non sbagliare più e il coraggio di riparare»?
Questo indipendentemente dalle normali preghiere del mattino e della sera e dei giorni consacrati. Ma, come voi potete notare, la preghiera può essere di tutti i momenti, senza apportare alcuna interruzione al vostro lavoro. Al contrario, detta così, lo santifica. E credete pure: uno solo di questi pensieri, che parta dal cuore, è ascoltato dal Padre vostro celeste più delle lunghe preghiere dette per abitudine, sovente senza un determinato motivo e alle quali vi chiama automaticamente l'ora convenuta.
La preghiera del Cristiano, dello Spiritista di qualsiasi culto egli sia, dev'essere fatta al momento del risveglio. Essa deve elevarsi fino ai piedi della maestà divina con umiltà e profondità, in uno slancio riconoscente per tutti i benefici concessi fino a quel giorno; riconoscente per la notte trascorsa, durante la quale vi è stato permesso, benché a vostra insaputa, di ritornare dai vostri amici, dalle vostre guide, per trarre al loro contatto nuove forze e una maggior perseveranza. Deve levarsi umile ai piedi del Signore, per raccomandargli la vostra debolezza, domandargli il Suo appoggio, la Sua indulgenza, la Sua misericordia. Dev'essere profonda, perché è la vostra anima che deve elevarsi fino al Creatore, che deve trasfigurarsi come Gesù sul Monte Tabor e giungere candida e radiosa di speranza e d'amore.
La vostra preghiera deve contenere sì la domanda delle grazie di cui avete bisogno, ma un bisogno reale. Inutile pertanto domandare al Signore di abbreviare il tempo delle vostre prove, di darvi felicità e ricchezza. Domandategli invece di concedervi beni ben più preziosi, quelli cioè della pazienza, della rassegnazione e della fede. Non dite, come succede a molti di voi: «Non vale la pena pregare, perché Dio non esaudisce la mia preghiera». Che cosa domandate a Dio per lo più? Vi siete mai ricordati di chiedergli il vostro miglioramento morale? Solo poche volte. Voi pensate sempre a chiedergli la riuscita nelle vostre imprese terrene e sovente avete esclamato: «Dio non si occupa di noi, se se ne occupasse non ci sarebbero tante ingiustizie». Insensati! Ingrati! Se voi scendeste nel profondo della vostra coscienza, trovereste quasi sempre in voi stessi l'origine dei mali di cui vi lamentate. Domandate dunque, prima di tutto, il vostro miglioramento morale, e vedrete quale torrente di grazie e di consolazioni si riverserà su di voi (vedere cap. V, n. 4 di quest'opera).
Voi dovete pregare incessantemente. Ma per questo non è necessario che vi ritiriate nella vostra nicchia o che vi gettiate in ginocchio sulla pubblica piazza. La preghiera quotidiana è l'adempimento stesso dei vostri doveri, dei vostri doveri senza eccezione, di qualsiasi natura essi siano. Non è forse un atto d'amore verso il Signore assistere i vostri fratelli per una qualsiasi necessità, morale o fisica? Non è forse un atto di riconoscenza elevare il vostro pensiero verso di Lui allorché qualcosa di felice vi tocca, un incidente vi viene evitato, una contrarietà vi ha semplicemente solo sfiorato? E sarà ancora un atto di gratitudine se voi direte, anche solo mentalmente: «Siate benedetto, Padre mio!» Non è forse un atto di contrizione — quando avete coscienza di aver sbagliato — quello di dire umilmente al Supremo Giudice, anche solo con un rapido pensiero: «Perdonatemi, mio Dio, perché io ho peccato (per orgoglio o per egoismo o per mancanza di carità). Ora, datemi la forza di non sbagliare più e il coraggio di riparare»?
Questo indipendentemente dalle normali preghiere del mattino e della sera e dei giorni consacrati. Ma, come voi potete notare, la preghiera può essere di tutti i momenti, senza apportare alcuna interruzione al vostro lavoro. Al contrario, detta così, lo santifica. E credete pure: uno solo di questi pensieri, che parta dal cuore, è ascoltato dal Padre vostro celeste più delle lunghe preghiere dette per abitudine, sovente senza un determinato motivo e alle quali vi chiama automaticamente l'ora convenuta.
(V. Monod, Bordeaux, 1862)
Felicità della preghiera
23. Venite,
voi che volete credere: gli Spiriti celesti accorrono e vengono ad
annunciarvi grandi cose. Dio, figli miei, apre i Suoi tesori per
distribuirvi i Suoi benefici. Uomini increduli! Se voi sapeste come la
fede faccia bene al cuore e porti l'anima al pentimento e alla
preghiera! La preghiera! Ah! come sono toccanti le parole che si
pronunciano nel momento in cui si prega! La preghiera è la rugiada
divina che attenua il calore troppo intenso delle passioni. Figlia
primogenita della fede, ci porta sul sentiero che conduce a Dio. Nel
raccoglimento e nella solitudine, voi siete con Dio. Per voi, non ci
sono più misteri, perché Egli si rivela a voi. Apostoli del pensiero,
per voi si schiude la vera vita. La vostra anima si libera della materia
e viaggia in quei mondi infiniti ed eterei che i poveri umani
disconoscono.
Camminate, camminate nei sentieri della preghiera e sentirete le voci degli angeli. Quale armonia! Non si tratta più del rumore caotico e degli accenti striduli della Terra. Queste sono le lire degli arcangeli, sono le voci dolci e soavi dei serafini, più leggere della brezza del mattino quando passa tra il fogliame dei vostri grandi boschi. In quali delizie voi camminerete! Le vostre parole non potranno descrivere questa felicità, tanto essa vi pervaderà attraverso tutti i pori, tanto la fonte alla quale si beve pregando è viva e rigeneratrice! Dolci le voci e inebrianti i profumi di cui l'anima gode e s'esalta quando si lancia in queste sfere sconosciute e abitate dalla preghiera! Senza contaminazione alcuna di desideri carnali, tutte le aspirazioni sono divine. E anche voi, come Cristo, che pregava portando al Calvario la Sua croce del Golgota, pregate. Portate anche voi la vostra croce e anche voi sentirete le dolci emozioni che attraversavano la Sua anima, benché oppresso dal legno infamante. Andava a morire, ma per vivere la vita celeste nella dimora del Padre.
Camminate, camminate nei sentieri della preghiera e sentirete le voci degli angeli. Quale armonia! Non si tratta più del rumore caotico e degli accenti striduli della Terra. Queste sono le lire degli arcangeli, sono le voci dolci e soavi dei serafini, più leggere della brezza del mattino quando passa tra il fogliame dei vostri grandi boschi. In quali delizie voi camminerete! Le vostre parole non potranno descrivere questa felicità, tanto essa vi pervaderà attraverso tutti i pori, tanto la fonte alla quale si beve pregando è viva e rigeneratrice! Dolci le voci e inebrianti i profumi di cui l'anima gode e s'esalta quando si lancia in queste sfere sconosciute e abitate dalla preghiera! Senza contaminazione alcuna di desideri carnali, tutte le aspirazioni sono divine. E anche voi, come Cristo, che pregava portando al Calvario la Sua croce del Golgota, pregate. Portate anche voi la vostra croce e anche voi sentirete le dolci emozioni che attraversavano la Sua anima, benché oppresso dal legno infamante. Andava a morire, ma per vivere la vita celeste nella dimora del Padre.
(Sant'Agostino, Parigi, 1861)